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ALBERGHI E STORIA DI AMALFI

IL TUO ALBERGO IN COSTIERA AMALFITANA

IL SARACENO
Indirizzo: via augustariccio 25
Tel.: 089831148 - Fax.: 089831595 
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Indirizzo: via annunziatella 46
Tel.: - - Fax.: - 
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Indirizzo: via annunziatella 46
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Indirizzo: via pantaleone comite 33
Tel.: 089871002 - Fax.: 089871333 
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Indirizzo: via p. comite 19
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Indirizzo: via quasimodo 3
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AMALFI
Indirizzo: via dei pastai 3
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Indirizzo: piazzale dei protontini 7
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Indirizzo: piazza duomo
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DEI CAVALIERI
Indirizzo: via mauro comite 32
Tel.: 089831333 - Fax.: 089831354 
LA BUSSOLA
Indirizzo: lungomare dei cavalieri 16
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RESIDENCE
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RESIDENCE BELLEVUE
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FONTANA
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IL NIDO
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LA CONCHIGLIA
Indirizzo: piazzale dei protontini
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LA PETITE INCONNUE
Indirizzo: via giovanni d'amalfi 76
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LIDOMARE
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SANT'ANDREA
Indirizzo: via s. camera 1
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SOLE
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VILLA DELLA PRINCIPESSA
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Indirizzo: via dei pastai
Tel.: 089871057 - Fax.: - 
PROTO
Indirizzo: via dei curiali 4
Tel.: 089871003

L'origine della città e del nome è incerta.
Secondo una leggenda il paese prende il nome da Amalfi, una ninfa amata da Ercole che fu sepolta qui per volere degli dei.
Sicuramente abitata dai Romani al tempo delle prime invasioni longobarde, era un castrum per la difesa del Ducato bizantino di Napoli. La città godeva di un rapporto privilegiato con Bisanzio per l'abilità degli amalfitani nel commercio marittimo.
Ad un marinaio amalfitano, Flavio Gioia, viene attribuito il perfezionamento della bussola. Questa abilità marinaresca e le grandi capacità diplomatiche, permisero agli amalfitani di navigare attraverso tutto il Mediterraneo stabilendo rapporti commerciali e pacifici con tutti i popoli limitrofi, compresi i Saraceni.
Nel IX secolo Amalfi si staccò dal Ducato di Napoli costituendosi in stato autonomo ma suscitò sempre le mire dei principi longobardi di Salerno, resistendo però per oltre due secoli all'espansionismo longobardo.
Nell'839 tutti i piccoli centri della costa si strinsero intorno alla città ed Amalfi diventò la capitale del piccolo stato retto prima da un comes eletto dai rappresentanti delle famiglie nobili amalfitane, e in seguito da un dux, duca. In quel periodo i confini di Amalfi si estendevano a Cetara, a Positano, compresa l'isola di Capri e l'arcipelago de Li Galli, e verso l'interno, oltre i monti Lattari, fino a Gragnano.
Era il momento della massima espansione, durante il quale si avviava la fitta rete di rapporti diplomatici e la rivalità con Pisa, Genova e Venezia non era un pericolo per la città, che batteva una propria moneta, il tarì.
Il commercio e i traffici marittimi erano particolarmente floridi, e i mercanti amalfitani avevano colonie nelle città più importanti del Mediterraneo. Centro cosmopolita aperto sul Mediterraneo, a questo periodo risale il codice di diritto marittimo noto come Tavola amalfitana.
Nel 1039 Guaimario V, principe di Salerno sottomise Amalfi per un breve periodo e nel 1071 la conquista normanna di Bari pose fine alla presenza bizantina nell'Italia meridionale e diede inizio all'affermazione della potenza normanna. Quando Roberto il Guiscardo cominciò a dilagare nell'Italia Meridionale, il Ducato amalfitano, per sopravvivere, fu costretto ad accettarne il protettorato per cui  l’ultimo Duca, Marino Sebaste, fu deposto.
Contro il Guiscardo si formò una Lega guidata dal papa. Ne approfittano i Pisani, acerrimi nemici degli Amalfitani che nel 1135, sbarcati in forze lungo tutto il litorale, saccheggiarono i centri costieri. Due anni dopo ritornano, questa volte oltre al saccheggio, distrussero tutte le fortificazioni
Negli anni a venire nella cittadina non si registrano avvenimenti particolari che non siano epidemie o distruzioni. Oramai lontane le glorie ducali, la Costiera Amalfitana ridotta feudo dotale assisteva avvilita ed impotente all’avvicendarsi delle nobili casate cui l’invasore di turno la destinava.
Travagliata anche da lotte intestine Amalfi perse gran parte della sua forza e del suo splendore finché, nel 1131, sotto Ruggiero II, fu conquistata dal Regno normanno.
Ruggiero II protesse le attività degli amalfitani, che furono un aspetto importante dell'economia del Regno di Sicilia. Ma nel 1135, mentre la flotta amalfitana era impegnata a tenere lontani i Saraceni, i pisani sbarcarono sulla costa mettendo a ferro e fuoco Amalfi e le città vicine.
La potenza marittima di Amalfi era giunta al tramonto anche a causa della politica antibizantina e antimusulmana dei Normanni che le tagliarono i legami commerciali con l'Oriente. La rete di traffici si restrinse soltanto ai porti del Sud dell'Italia. Nel 1343 una tempesta violentissima distrusse tutta la flotta mercantile amalfitana e gli stessi arsenali.
Nel 1398 la città divenne feudo dei Sanseverino, per passare poi ai Colonna e agli Orsini e infine ai Piccolomini.
Nel XV secolo con la dominazione aragonese giunsero i  mercanti catalani, che fecero concorrenza a quel che rimaneva della flotta amalfitana.
Dopo i secoli gloriosi di Amalfi medioevale, la storia della città e degli altri insediamenti della costiera amalfitana fu caratterizzata da un calo demografico, dall'isolamento dall'entroterra e da incursioni piratesche.
Nel 1643 una terribile e spietata pestilenza miete quasi un terzo della popolazione costiera. La costa amalfitana conobbe una crescente povertà: col declino dei commerci marittimi si incrementò l'agricoltura sfruttando al massimo il terreno con colture di olivo, vite, agrumi. La mancanza di vie di collegamento rese difficili anche le attività industriali. Nel Settecento Amalfi era una città quasi disabitata e le famiglie più nobili si erano spostate a Napoli. Nello stesso tempo nacquero piccole attività artigianali legate alle antiche ma anche alle nuove forme di economia: i "centrellari" costruttori di chiodi a Pogerola, i corallari, gli orafi, i fabbri ed i calafati.
Nel giugno del 1807 Giuseppe Bonaparte in visita al regno, rimase folgorato dalla bellezza della Costiera Amalfitana e decise la costruzione di una grande strada costiera che facilitasse l’accesso dalla capitale Napoli alla Costiera. Iniziata nel 1816, proseguita dal Murat, la strada venne inaugurata da Ferdinando II soltanto nel 1854.
Nel 1879 passeggiando tra gli stretti viottoli dei paesini della Costiera Erik Ibsen trovò l’ispirazione per completare Casa di bambole e Richard Wagner nel 1880, vi si trattenne ad ascoltare ...le onde al di là dalla riva cullantisi mollemente in un’alterna vicenda mormorano una dolce e misteriosa canzone.
Alla vigilia del XX secolo la costa di Amalfi fu riscoperta come ricercata meta turistica, e nel giro di pochi decenni Amalfi, e tutta la costa hanno subito un'affluenza turistica che ha decretato la fortuna della zona.
Mauritius Cornelius Escher approdato in Costiera nel 1923: nel cosiddetto periodo italiano, tra il 1922 ed il 1935, alternando viaggi e soggiorni, l’artista realizzò 110 opere da lui definite più che altro esercizi pratici, ma che in realtà preannunciavano la grande stagione artistica degli anni ’30 e ’40. Nella Costiera sono nate quelle bizzarre idee di uccelli, pesci, cieli, acque, nella Costiera  nacque il magico mondo di Escher.
Negli anni ’60, quelli del boom economico e della dolce vita romana che, in estate, viveva tra Capri ed Amalfi, registi, artisti d’ogni genere ed avventurieri sono passati per la costiera, da questo splendido connubio di arte e natura sono nati amori appassionati ed opere d’arte e qualcuno qui è riuscito a ritrovare il paradiso da lungo tempo perduto.

Il Ducato di Amalfi (839-1131)
1. L’ascesa delle città marinare
L’invasione longobarda dell’anno 568 rompe l’unità politica della penisola italiana e apre la strada a una distinzione fra i territori del Regno italico — che si frazionerà in potentati sempre più autonomi, dando poi luogo alla fioritura delle autonomie comunali —, i principati longobardi meridionali — Benevento, Capua e Salerno — e i domìni romano-bizantini, che si frammenteranno a loro volta in una serie di nuclei locali, soprattutto nei territori di frontiera o nelle aree di maggiore frizione, come il litorale campano e la laguna veneta.
Nei secoli VII e VIII i musulmani dilagano nel Mediterraneo e sbarcano in Italia, giungendo a conquistare la Sicilia e a isolare la Sardegna, a costituire un emirato a Bari (840-870), a installarsi alle foci del Garigliano e, da qui, a compiere scorrerie contro la stessa Roma, con l’attacco alle basiliche di San Pietro e di San Paolo fuori le Mura, nell’846. La grande offensiva condotta dall’impero d’Oriente sotto la dinastia macedone, fondata dall’imperatore Basilio I (812-886), non ristabilisce l’egemonia di Bisanzio sui mari, perché i saraceni, espulsi dall’Adriatico e dall’Italia peninsulare, consolidano la loro presenza in Sicilia.
Costrette a fronteggiare la minaccia che longobardi e saraceni facevano gravare permanentemente sui loro territori, le città costiere della Campania, prive di un retroterra territoriale significativo e decisamente proiettate sul mare, assumono l’iniziativa politica e militare per proteggere le coste e le vie di commercio. I duchi di Napoli — che nel secolo VIII controllavano tutto il litorale tirrenico da Gaeta ad Amalfi — sono i primi a emanciparsi dal supremo magistrato bizantino in Italia, lo stratega di Sicilia, al quale dovevano la loro nomina, quindi si rendono autonome le città di Amalfi e di Gaeta e, in ultimo, Sorrento. Ovunque, una famiglia locale emerge fra le altre, rende stabile nelle sue mani la delega a rappresentare l’autorità maggiore da cui dipende e, infine, afferma apertamente l’autonomia della città, pur continuando a far parte di quello che lo storico russo Dimitri Obolensky ha definito il Commonwealth bizantino.
Inseriti fra le pieghe di dominazioni regie e imperiali, e individuati da fluidi e incerti confini, questi frammenti di territorio e di potenza navale testimoniano il vigore delle popolazioni locali che, di fronte al disfacimento di grandi realtà politiche e militari, danno vita a una mirabile varietà di "abiti" politici e civili, che faranno dell’Italia, nei secoli seguenti, un campionario di Stati e di società storiche.
2. La nascita del Ducato
L’origine di Amalfi è legata probabilmente alla sua funzione di castrum militare dentro il sistema difensivo messo in opera dai bizantini per contenere le pressioni dei longobardi. La civitas si sviluppa dal castrum del secolo VI, conservando ancora per lungo tempo un aspetto più simile a un luogo fortificato che non a un centro di vita civile ed economica. Le sue fortune si delineano dalla metà del secolo VIII, quando, per circa settant’anni, le scorrerie arabe contro la Sicilia cessano e si rafforza l’antico circuito commerciale fra l’isola, le città campane e l’Africa musulmana. Quasi predestinata dalla geografia e dalla scarsa fertilità delle sue terre alla marineria e al commercio, Amalfi acquista un’importanza pari a quella del Ducato di Napoli, da cui dipende, ponendo le basi, insieme alle altre città campane, del risveglio economico del Mediterraneo. Quando, nel secolo IX, forti della loro superiorità marittima, i saraceni ottengono il controllo dell’intero bacino, solo la Repubblica di Venezia e il Ducato di Amalfi rimangono attivi sul mare, la prima collegata a Costantinopoli attraverso l’Adriatico e lo Ionio, il secondo inserito, come capolinea cristiano, nel sistema economico del mondo islamico.
Nel corso del secolo IX Amalfi si emancipa lentamente dalla sovranità napoletana, sottoponendosi all’autorità di propri comites e praefecturii, sostituiti da duces verso la metà del secolo X. L’autonomia della città è riconosciuta dall’imperatore d’Oriente, che insignisce di titoli bizantini le autorità locali. Nell’anno 987 la cattedra vescovile di Amalfi è eretta in metropolitana.
Nel periodo di massimo splendore i confini del Ducato corrono a oriente fra Cetara e Vietri, presso Salerno, e giungono a occidente fino a Positano, comprendendo l’isola di Capri e la maggior parte dei monti Lattari, vera muraglia di roccia che difendeva il territorio dalle incursioni longobarde e sulle cui pendici occidentali erano i castelli di Gragnano e di Lettere, principali difese del territorium stabiense, ai margini del Ducato di Sorrento.
Pur mantenendo una posizione oscillante nei confronti dei saraceni, con i quali stabilisce intense e proficue relazioni commerciali, il Ducato prende parte a tutte le principali spedizioni militari contro di essi, distinguendosi nella vittoriosa battaglia navale di Ostia, combattuta in difesa di Roma, nell’849, insieme alle unità di Napoli e di Gaeta, che rispondevano all’appello di Papa san Leone IV (847-855); nella liberazione del vescovo di Napoli sant’Atanasio (832-872), compiuta nell’872 grazie anche all’aiuto dell’imperatore franco Ludovico II (825-875); e nella decisiva vittoria del Garigliano, ottenuta nel 915 dalle forze della Lega di Roma — Capua, Gaeta, Napoli, Amalfi, Salerno e Benevento —, organizzata da Papa Giovanni X (914-928).
Amalfi dà prova di abilità politica e militare, non inferiore alla sua intraprendenza sul mare, anche di fronte agli assalti periodici dei longobardi. Fra il 783 e il 785 la città è assediata dal potente principe di Benevento, Arechi II (m. 788), ma è liberata con l’aiuto di forze napoletane; nell’839 la sua popolazione è deportata a Salerno, ma l’anno seguente si ribella vittoriosamente; nel 981, il principato longobardo di Salerno viene occupato per due anni dal duca Mansone I (958-1004).
3. L’apogeo dei secoli X e XI
Città di frontiera fra la Cristianità e l’Islam, Amalfi svolge un ruolo attivo di collegamento commerciale e culturale fra il mondo italico, il mondo bizantino e quello arabo, diventando una delle poche città italiane la cui fama è diffusa nel Mediterraneo orientale nel secolo X. Poiché la scarsità di risorse economiche del Ducato impedisce agli amalfitani d’esportare prodotti propri, la loro attività commerciale è basata sull’intermediazione: forniscono, infatti, legname europeo agli Stati arabi dell’Africa Settentrionale, che ne sono sprovvisti, oltre che ferro e cereali, portando in cambio sui mercati italiani tessuti di seta, medicinali, oggetti di lusso e altre merci di origine araba e bizantina. I negotiatores di Amalfi commerciano lungo le coste tirreniche e nell’Italia Settentrionale, penetrano nell’Adriatico, stabilendosi a Ravenna e a Durazzo, sono presenti sia nell’Italia Meridionale, dove un patto con Sicardo (m. 839), principe longobardo di Benevento, garantisce loro libera circolazione, sia sulla costa nordafricana e nel Levante, impiantando colonie — che si amministravano con le leggi della madrepatria — a Tunisi, ad Alessandria, al Cairo, a Tiro e soprattutto a Costantinopoli, dove ebbero un loro quartiere, con terre, fondaci, una chiesa e un cimitero, prima ancora dei veneziani e dei pisani.
In Oriente si stabiliscono mercanti che accumulano ricchezze enormi, come il celebre Pantaleone de comite Maurone, patrizio imperiale, che donò al duomo di Amalfi, nel 1060, e alla badia di Montecassino, nel 1071, porte di bronzo fuse a Bisanzio, e il cui figlio, Mauro, fondò ospizi a Gerusalemme e ad Antiochia. Alla fine del secolo XI, prima della liberazione di Gerusalemme da parte dei crociati nel 1099, alcuni mercanti e monaci benedettini di Amalfi, a capo dei quali era frate Gerardo da Scala, venerato come beato dalla popolazione cristiana, ottengono dal califfo d’Egitto il permesso di costruire presso il Santo Sepolcro — per offrire assistenza ai pellegrini in Terrasanta — un ospedale dedicato a San Giovanni Battista e una chiesa dal titolo di Santa Maria dei Latini, dando origine all’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, poi di Rodi e infine di Malta, il cui vessillo reca ancora la croce bianca o d’argento a otto punte, antico simbolo civico di Amalfi.
Gli amalfitani sono fra i primi a diffondere presso i navigatori occidentali l’uso della bussola nautica e a introdurre nella penisola italiana nuove modalità di produzione della carta, in sostituzione della pergamena. Nei loro viaggi in Oriente acquisiscono anche tecniche di costruzione e artistiche innovative, che consentono loro di arricchire il sobrio stile romanico, tipico di tanti monumenti dei centri campani, con influssi islamici e bizantini, dando origine al cosiddetto romanico amalfitano.
La vitalità della città si riflette anche nella ricchezza del suo ordinamento giuridico, testimoniata dalle Consuetudines Civitatis — raccolta di leggi interne, trascritta per la prima volta nel 1274, che dà notizia fra l’altro del ruolo di primo piano assunto dalle donne amalfitane nella vita della comunità — e dalle consuetudini marittime, che ebbero la loro più antica codificazione nella Tabula de Amalpha, che ha costituito un punto di riferimento per la navigazione nel Mediterraneo fino al secolo XVI. Molti documenti testimoniano anche l’uso plurisecolare di riportare in ogni atto notarile l’intera genealogia dei partecipanti, fino a un capostipite certo, segno visibile del forte senso dell’unità familiare e della continuità del lignaggio nel tempo.
Il testo della Tabula e quello delle Consuetudines, insieme al Chronicum Amalfitanum, una cronistoria degli avvenimenti principali, risalente al secolo XIII, erano raccolti in un unico volume, conservato presso il seggio dei nobili.
4. La decadenza
Nel 1039 il principe Guaimario V (1013 ca.-1052) di Salerno, aiutato dai normanni della contea di Aversa, conquista il Ducato di Amalfi e lo affida al duca Mansone II, conservandone il dominio effettivo. Gli amalfitani reagiscono ancora e, nel 1052, riconquistano l’indipendenza, sostituendo Mansone con il fratello Giovanni (m. 1069), ma la pressione dei longobardi è tale che essi devono chiedere, nel 1073, la protezione del normanno Roberto il Guiscardo (1015 ca.-1085), conte di Puglia. In un primo momento il Ducato conserva la sua autonomia, pur dovendo impegnarsi a prestare servitium et tributa, cioè milizie e sovvenzioni, ai suoi protettori e a cedere loro un castello. Tre anni dopo, però, il conte Roberto, durante l’assedio posto alla città di Salerno, coglie l’occasione per occupare Amalfi e per trasformare il protettorato in un vero e proprio dominio, che soffoca l’autonomia della città. Qualche mese più tardi anche il principato di Salerno perde la sua plurisecolare indipendenza. Da allora, per un cinquantennio, la storia di Amalfi è contrassegnata da violenti ribellioni — nel 1088, nel 1096 e nel 1100 — contro la signoria normanna, finché, nel 1131, Ruggero II (1095 -1154), incoronato re di Sicilia l’anno precedente, sottomette definitivamente la città, continuando però a riconoscerne il titolo ducale e i privilegi mercantili. Quattro anni dopo, chiamata dai longobardi di Capua, che ancora resistevano ai normanni, la flotta pisana saccheggia Amalfi e le città limitrofe, infliggendo un colpo mortale alla loro economia.
Affermatasi in un’epoca di grandi rivolgimenti e di profonde trasformazioni, Amalfi, insieme ad altre città della Campania e della Puglia, ha mostrato una notevole intraprendenza e si è imposta come centro di vita economica e d’autonomia politica. L’unificazione normanna del Mezzogiorno ha fatto venir meno quelle ragioni d’autodifesa e d’iniziativa politica che avevano animato le imprese del Ducato e che avrebbero sollecitato, ancora per alcuni secoli, le città lombarde e toscane a elaborare nuove forme di autogoverno, ma sulle vie tracciate dalle navi amalfitane il Regno di Sicilia poté proseguire per alcuni secoli l’espansione politica e commerciale nell’Africa e nel Levante