IL SARACENO Indirizzo: via augustariccio 25 Tel.: 089831148 - Fax.:
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SARACENA
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duomo Tel.: 089871243 - Fax.: - DEI CAVALIERI Indirizzo: via mauro
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L'origine della città e del nome è incerta. Secondo una leggenda il paese
prende il nome da Amalfi, una ninfa amata da Ercole che fu sepolta qui per
volere degli dei. Sicuramente abitata dai Romani al tempo delle prime
invasioni longobarde, era un castrum per la difesa del Ducato bizantino di
Napoli. La città godeva di un rapporto privilegiato con Bisanzio per l'abilità
degli amalfitani nel commercio marittimo. Ad un marinaio amalfitano, Flavio
Gioia, viene attribuito il perfezionamento della bussola. Questa abilità
marinaresca e le grandi capacità diplomatiche, permisero agli amalfitani di
navigare attraverso tutto il Mediterraneo stabilendo rapporti commerciali e
pacifici con tutti i popoli limitrofi, compresi i Saraceni. Nel IX secolo
Amalfi si staccò dal Ducato di Napoli costituendosi in stato autonomo ma suscitò
sempre le mire dei principi longobardi di Salerno, resistendo però per oltre due
secoli all'espansionismo longobardo. Nell'839 tutti i piccoli centri della
costa si strinsero intorno alla città ed Amalfi diventò la capitale del piccolo
stato retto prima da un comes eletto dai rappresentanti delle famiglie nobili
amalfitane, e in seguito da un dux, duca. In quel periodo i confini di Amalfi si
estendevano a Cetara, a Positano, compresa l'isola di Capri e l'arcipelago de Li
Galli, e verso l'interno, oltre i monti Lattari, fino a Gragnano. Era il
momento della massima espansione, durante il quale si avviava la fitta rete di
rapporti diplomatici e la rivalità con Pisa, Genova e Venezia non era un
pericolo per la città, che batteva una propria moneta, il tarì. Il commercio
e i traffici marittimi erano particolarmente floridi, e i mercanti amalfitani
avevano colonie nelle città più importanti del Mediterraneo. Centro cosmopolita
aperto sul Mediterraneo, a questo periodo risale il codice di diritto marittimo
noto come Tavola amalfitana. Nel 1039 Guaimario V, principe di Salerno
sottomise Amalfi per un breve periodo e nel 1071 la conquista normanna di Bari
pose fine alla presenza bizantina nell'Italia meridionale e diede inizio
all'affermazione della potenza normanna. Quando Roberto il Guiscardo cominciò a
dilagare nell'Italia Meridionale, il Ducato amalfitano, per sopravvivere, fu
costretto ad accettarne il protettorato per cui l’ultimo Duca, Marino Sebaste,
fu deposto. Contro il Guiscardo si formò una Lega guidata dal papa. Ne
approfittano i Pisani, acerrimi nemici degli Amalfitani che nel 1135, sbarcati
in forze lungo tutto il litorale, saccheggiarono i centri costieri. Due anni
dopo ritornano, questa volte oltre al saccheggio, distrussero tutte le
fortificazioni Negli anni a venire nella cittadina non si registrano
avvenimenti particolari che non siano epidemie o distruzioni. Oramai lontane le
glorie ducali, la Costiera Amalfitana ridotta feudo dotale assisteva avvilita ed
impotente all’avvicendarsi delle nobili casate cui l’invasore di turno la
destinava. Travagliata anche da lotte intestine Amalfi perse gran parte della
sua forza e del suo splendore finché, nel 1131, sotto Ruggiero II, fu
conquistata dal Regno normanno. Ruggiero II protesse le attività degli
amalfitani, che furono un aspetto importante dell'economia del Regno di Sicilia.
Ma nel 1135, mentre la flotta amalfitana era impegnata a tenere lontani i
Saraceni, i pisani sbarcarono sulla costa mettendo a ferro e fuoco Amalfi e le
città vicine. La potenza marittima di Amalfi era giunta al tramonto anche a
causa della politica antibizantina e antimusulmana dei Normanni che le
tagliarono i legami commerciali con l'Oriente. La rete di traffici si restrinse
soltanto ai porti del Sud dell'Italia. Nel 1343 una tempesta violentissima
distrusse tutta la flotta mercantile amalfitana e gli stessi arsenali. Nel
1398 la città divenne feudo dei Sanseverino, per passare poi ai Colonna e agli
Orsini e infine ai Piccolomini. Nel XV secolo con la dominazione aragonese
giunsero i mercanti catalani, che fecero concorrenza a quel che rimaneva della
flotta amalfitana. Dopo i secoli gloriosi di Amalfi medioevale, la storia
della città e degli altri insediamenti della costiera amalfitana fu
caratterizzata da un calo demografico, dall'isolamento dall'entroterra e da
incursioni piratesche. Nel 1643 una terribile e spietata pestilenza miete
quasi un terzo della popolazione costiera. La costa amalfitana conobbe una
crescente povertà: col declino dei commerci marittimi si incrementò
l'agricoltura sfruttando al massimo il terreno con colture di olivo, vite,
agrumi. La mancanza di vie di collegamento rese difficili anche le attività
industriali. Nel Settecento Amalfi era una città quasi disabitata e le famiglie
più nobili si erano spostate a Napoli. Nello stesso tempo nacquero piccole
attività artigianali legate alle antiche ma anche alle nuove forme di economia:
i "centrellari" costruttori di chiodi a Pogerola, i corallari, gli orafi, i
fabbri ed i calafati. Nel giugno del 1807 Giuseppe Bonaparte in visita al
regno, rimase folgorato dalla bellezza della Costiera Amalfitana e decise la
costruzione di una grande strada costiera che facilitasse l’accesso dalla
capitale Napoli alla Costiera. Iniziata nel 1816, proseguita dal Murat, la
strada venne inaugurata da Ferdinando II soltanto nel 1854. Nel 1879
passeggiando tra gli stretti viottoli dei paesini della Costiera Erik Ibsen
trovò l’ispirazione per completare Casa di bambole e Richard Wagner nel 1880, vi
si trattenne ad ascoltare ...le onde al di là dalla riva cullantisi mollemente
in un’alterna vicenda mormorano una dolce e misteriosa canzone. Alla vigilia
del XX secolo la costa di Amalfi fu riscoperta come ricercata meta turistica, e
nel giro di pochi decenni Amalfi, e tutta la costa hanno subito un'affluenza
turistica che ha decretato la fortuna della zona. Mauritius Cornelius Escher
approdato in Costiera nel 1923: nel cosiddetto periodo italiano, tra il 1922 ed
il 1935, alternando viaggi e soggiorni, l’artista realizzò 110 opere da lui
definite più che altro esercizi pratici, ma che in realtà preannunciavano la
grande stagione artistica degli anni ’30 e ’40. Nella Costiera sono nate quelle
bizzarre idee di uccelli, pesci, cieli, acque, nella Costiera nacque il magico
mondo di Escher. Negli anni ’60, quelli del boom economico e della dolce
vita romana che, in estate, viveva tra Capri ed Amalfi, registi, artisti d’ogni
genere ed avventurieri sono passati per la costiera, da questo splendido
connubio di arte e natura sono nati amori appassionati ed opere d’arte e
qualcuno qui è riuscito a ritrovare il paradiso da lungo tempo perduto.
Il Ducato di Amalfi (839-1131) 1. L’ascesa delle città
marinare L’invasione longobarda dell’anno 568 rompe l’unità politica della
penisola italiana e apre la strada a una distinzione fra i territori del Regno
italico — che si frazionerà in potentati sempre più autonomi, dando poi luogo
alla fioritura delle autonomie comunali —, i principati longobardi meridionali —
Benevento, Capua e Salerno — e i domìni romano-bizantini, che si frammenteranno
a loro volta in una serie di nuclei locali, soprattutto nei territori di
frontiera o nelle aree di maggiore frizione, come il litorale campano e la
laguna veneta. Nei secoli VII e VIII i musulmani dilagano nel Mediterraneo e
sbarcano in Italia, giungendo a conquistare la Sicilia e a isolare la Sardegna,
a costituire un emirato a Bari (840-870), a installarsi alle foci del Garigliano
e, da qui, a compiere scorrerie contro la stessa Roma, con l’attacco alle
basiliche di San Pietro e di San Paolo fuori le Mura, nell’846. La grande
offensiva condotta dall’impero d’Oriente sotto la dinastia macedone, fondata
dall’imperatore Basilio I (812-886), non ristabilisce l’egemonia di Bisanzio sui
mari, perché i saraceni, espulsi dall’Adriatico e dall’Italia peninsulare,
consolidano la loro presenza in Sicilia. Costrette a fronteggiare la minaccia
che longobardi e saraceni facevano gravare permanentemente sui loro territori,
le città costiere della Campania, prive di un retroterra territoriale
significativo e decisamente proiettate sul mare, assumono l’iniziativa politica
e militare per proteggere le coste e le vie di commercio. I duchi di Napoli —
che nel secolo VIII controllavano tutto il litorale tirrenico da Gaeta ad Amalfi
— sono i primi a emanciparsi dal supremo magistrato bizantino in Italia, lo
stratega di Sicilia, al quale dovevano la loro nomina, quindi si rendono
autonome le città di Amalfi e di Gaeta e, in ultimo, Sorrento. Ovunque, una
famiglia locale emerge fra le altre, rende stabile nelle sue mani la delega a
rappresentare l’autorità maggiore da cui dipende e, infine, afferma apertamente
l’autonomia della città, pur continuando a far parte di quello che lo storico
russo Dimitri Obolensky ha definito il Commonwealth bizantino. Inseriti fra
le pieghe di dominazioni regie e imperiali, e individuati da fluidi e incerti
confini, questi frammenti di territorio e di potenza navale testimoniano il
vigore delle popolazioni locali che, di fronte al disfacimento di grandi realtà
politiche e militari, danno vita a una mirabile varietà di "abiti" politici e
civili, che faranno dell’Italia, nei secoli seguenti, un campionario di Stati e
di società storiche. 2. La nascita del Ducato L’origine di Amalfi è legata
probabilmente alla sua funzione di castrum militare dentro il sistema difensivo
messo in opera dai bizantini per contenere le pressioni dei longobardi. La
civitas si sviluppa dal castrum del secolo VI, conservando ancora per lungo
tempo un aspetto più simile a un luogo fortificato che non a un centro di vita
civile ed economica. Le sue fortune si delineano dalla metà del secolo VIII,
quando, per circa settant’anni, le scorrerie arabe contro la Sicilia cessano e
si rafforza l’antico circuito commerciale fra l’isola, le città campane e
l’Africa musulmana. Quasi predestinata dalla geografia e dalla scarsa fertilità
delle sue terre alla marineria e al commercio, Amalfi acquista un’importanza
pari a quella del Ducato di Napoli, da cui dipende, ponendo le basi, insieme
alle altre città campane, del risveglio economico del Mediterraneo. Quando, nel
secolo IX, forti della loro superiorità marittima, i saraceni ottengono il
controllo dell’intero bacino, solo la Repubblica di Venezia e il Ducato di
Amalfi rimangono attivi sul mare, la prima collegata a Costantinopoli attraverso
l’Adriatico e lo Ionio, il secondo inserito, come capolinea cristiano, nel
sistema economico del mondo islamico. Nel corso del secolo IX Amalfi si
emancipa lentamente dalla sovranità napoletana, sottoponendosi all’autorità di
propri comites e praefecturii, sostituiti da duces verso la metà del secolo X.
L’autonomia della città è riconosciuta dall’imperatore d’Oriente, che insignisce
di titoli bizantini le autorità locali. Nell’anno 987 la cattedra vescovile di
Amalfi è eretta in metropolitana. Nel periodo di massimo splendore i confini
del Ducato corrono a oriente fra Cetara e Vietri, presso Salerno, e giungono a
occidente fino a Positano, comprendendo l’isola di Capri e la maggior parte dei
monti Lattari, vera muraglia di roccia che difendeva il territorio dalle
incursioni longobarde e sulle cui pendici occidentali erano i castelli di
Gragnano e di Lettere, principali difese del territorium stabiense, ai margini
del Ducato di Sorrento. Pur mantenendo una posizione oscillante nei confronti
dei saraceni, con i quali stabilisce intense e proficue relazioni commerciali,
il Ducato prende parte a tutte le principali spedizioni militari contro di essi,
distinguendosi nella vittoriosa battaglia navale di Ostia, combattuta in difesa
di Roma, nell’849, insieme alle unità di Napoli e di Gaeta, che rispondevano
all’appello di Papa san Leone IV (847-855); nella liberazione del vescovo di
Napoli sant’Atanasio (832-872), compiuta nell’872 grazie anche all’aiuto
dell’imperatore franco Ludovico II (825-875); e nella decisiva vittoria del
Garigliano, ottenuta nel 915 dalle forze della Lega di Roma — Capua, Gaeta,
Napoli, Amalfi, Salerno e Benevento —, organizzata da Papa Giovanni X
(914-928). Amalfi dà prova di abilità politica e militare, non inferiore alla
sua intraprendenza sul mare, anche di fronte agli assalti periodici dei
longobardi. Fra il 783 e il 785 la città è assediata dal potente principe di
Benevento, Arechi II (m. 788), ma è liberata con l’aiuto di forze napoletane;
nell’839 la sua popolazione è deportata a Salerno, ma l’anno seguente si ribella
vittoriosamente; nel 981, il principato longobardo di Salerno viene occupato per
due anni dal duca Mansone I (958-1004). 3. L’apogeo dei secoli X e
XI Città di frontiera fra la Cristianità e l’Islam, Amalfi svolge un ruolo
attivo di collegamento commerciale e culturale fra il mondo italico, il mondo
bizantino e quello arabo, diventando una delle poche città italiane la cui fama
è diffusa nel Mediterraneo orientale nel secolo X. Poiché la scarsità di risorse
economiche del Ducato impedisce agli amalfitani d’esportare prodotti propri, la
loro attività commerciale è basata sull’intermediazione: forniscono, infatti,
legname europeo agli Stati arabi dell’Africa Settentrionale, che ne sono
sprovvisti, oltre che ferro e cereali, portando in cambio sui mercati italiani
tessuti di seta, medicinali, oggetti di lusso e altre merci di origine araba e
bizantina. I negotiatores di Amalfi commerciano lungo le coste tirreniche e
nell’Italia Settentrionale, penetrano nell’Adriatico, stabilendosi a Ravenna e a
Durazzo, sono presenti sia nell’Italia Meridionale, dove un patto con Sicardo
(m. 839), principe longobardo di Benevento, garantisce loro libera circolazione,
sia sulla costa nordafricana e nel Levante, impiantando colonie — che si
amministravano con le leggi della madrepatria — a Tunisi, ad Alessandria, al
Cairo, a Tiro e soprattutto a Costantinopoli, dove ebbero un loro quartiere, con
terre, fondaci, una chiesa e un cimitero, prima ancora dei veneziani e dei
pisani. In Oriente si stabiliscono mercanti che accumulano ricchezze enormi,
come il celebre Pantaleone de comite Maurone, patrizio imperiale, che donò al
duomo di Amalfi, nel 1060, e alla badia di Montecassino, nel 1071, porte di
bronzo fuse a Bisanzio, e il cui figlio, Mauro, fondò ospizi a Gerusalemme e ad
Antiochia. Alla fine del secolo XI, prima della liberazione di Gerusalemme da
parte dei crociati nel 1099, alcuni mercanti e monaci benedettini di Amalfi, a
capo dei quali era frate Gerardo da Scala, venerato come beato dalla popolazione
cristiana, ottengono dal califfo d’Egitto il permesso di costruire presso il
Santo Sepolcro — per offrire assistenza ai pellegrini in Terrasanta — un
ospedale dedicato a San Giovanni Battista e una chiesa dal titolo di Santa Maria
dei Latini, dando origine all’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, poi di Rodi
e infine di Malta, il cui vessillo reca ancora la croce bianca o d’argento a
otto punte, antico simbolo civico di Amalfi. Gli amalfitani sono fra i primi
a diffondere presso i navigatori occidentali l’uso della bussola nautica e a
introdurre nella penisola italiana nuove modalità di produzione della carta, in
sostituzione della pergamena. Nei loro viaggi in Oriente acquisiscono anche
tecniche di costruzione e artistiche innovative, che consentono loro di
arricchire il sobrio stile romanico, tipico di tanti monumenti dei centri
campani, con influssi islamici e bizantini, dando origine al cosiddetto romanico
amalfitano. La vitalità della città si riflette anche nella ricchezza del suo
ordinamento giuridico, testimoniata dalle Consuetudines Civitatis — raccolta di
leggi interne, trascritta per la prima volta nel 1274, che dà notizia fra
l’altro del ruolo di primo piano assunto dalle donne amalfitane nella vita della
comunità — e dalle consuetudini marittime, che ebbero la loro più antica
codificazione nella Tabula de Amalpha, che ha costituito un punto di riferimento
per la navigazione nel Mediterraneo fino al secolo XVI. Molti documenti
testimoniano anche l’uso plurisecolare di riportare in ogni atto notarile
l’intera genealogia dei partecipanti, fino a un capostipite certo, segno
visibile del forte senso dell’unità familiare e della continuità del lignaggio
nel tempo. Il testo della Tabula e quello delle Consuetudines, insieme al
Chronicum Amalfitanum, una cronistoria degli avvenimenti principali, risalente
al secolo XIII, erano raccolti in un unico volume, conservato presso il seggio
dei nobili. 4. La decadenza Nel 1039 il principe Guaimario V (1013
ca.-1052) di Salerno, aiutato dai normanni della contea di Aversa, conquista il
Ducato di Amalfi e lo affida al duca Mansone II, conservandone il dominio
effettivo. Gli amalfitani reagiscono ancora e, nel 1052, riconquistano
l’indipendenza, sostituendo Mansone con il fratello Giovanni (m. 1069), ma la
pressione dei longobardi è tale che essi devono chiedere, nel 1073, la
protezione del normanno Roberto il Guiscardo (1015 ca.-1085), conte di Puglia.
In un primo momento il Ducato conserva la sua autonomia, pur dovendo impegnarsi
a prestare servitium et tributa, cioè milizie e sovvenzioni, ai suoi protettori
e a cedere loro un castello. Tre anni dopo, però, il conte Roberto, durante
l’assedio posto alla città di Salerno, coglie l’occasione per occupare Amalfi e
per trasformare il protettorato in un vero e proprio dominio, che soffoca
l’autonomia della città. Qualche mese più tardi anche il principato di Salerno
perde la sua plurisecolare indipendenza. Da allora, per un cinquantennio, la
storia di Amalfi è contrassegnata da violenti ribellioni — nel 1088, nel 1096 e
nel 1100 — contro la signoria normanna, finché, nel 1131, Ruggero II (1095
-1154), incoronato re di Sicilia l’anno precedente, sottomette definitivamente
la città, continuando però a riconoscerne il titolo ducale e i privilegi
mercantili. Quattro anni dopo, chiamata dai longobardi di Capua, che ancora
resistevano ai normanni, la flotta pisana saccheggia Amalfi e le città
limitrofe, infliggendo un colpo mortale alla loro economia. Affermatasi in
un’epoca di grandi rivolgimenti e di profonde trasformazioni, Amalfi, insieme ad
altre città della Campania e della Puglia, ha mostrato una notevole
intraprendenza e si è imposta come centro di vita economica e d’autonomia
politica. L’unificazione normanna del Mezzogiorno ha fatto venir meno quelle
ragioni d’autodifesa e d’iniziativa politica che avevano animato le imprese del
Ducato e che avrebbero sollecitato, ancora per alcuni secoli, le città lombarde
e toscane a elaborare nuove forme di autogoverno, ma sulle vie tracciate dalle
navi amalfitane il Regno di Sicilia poté proseguire per alcuni secoli
l’espansione politica e commerciale nell’Africa e nel Levante