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LA DIETA NELL'ANTICHITA'
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DIETA ED ALIMENTAZIONE DEGLI ANTICHI ROMANI |
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L'ALIMENTAZIONE DEI ROMANI
I frutti della terra.
I prodotti alimentari e gli ingredienti usati nella cucina romana erano
numerosi, anche se molti erano riservati a pochi privilegiati.
I mercati e l'annona.
I ricchi facevano venire i prodotti dai loro domini, mentre le classi più
povere si recavano ai mercati della città.
I negozi erano vicino al Foro, cioè nel centro della città.
Un esempio famoso è il mercato di Traiano a Roma, formato da due terrazze di
negozi e magazzini. Vi si vendevano prodotti alimentari, dell'artigianato e
vasellame. A Roma c'erano anche mercati del pesce, del bestiame e delle
verdure.
L'annona era il servizio che assicurava la distribuzione e il controllo
sulla vendita del raccolto dell'anno sopratutto del grano e del vino.
L'annona salaria era il prezzo del sale.
Il penus familiare e il focolare.
Il penus era la riserva familiare delle provviste per i membri della
famiglia, i servitori e gli schiavi.
La nicchia del penus era accanto al focolare.
Il primo elemento del focolare, centro della vita, era la legna.
Le carbonariae tabernae erano imprese di legname e depositi di carbone.
Il carbone era usato per la cottura di certi alimenti e per il
riscaldamento.
Le ceneri venivano utilizzate per il candeggio della biancheria e come
fertilizzante per i campi.
L'acqua.
L'acqua era importante nell'alimentazione e nell'igiene quotidiana; serviva
inoltre per l'irrigazione dei giardini.
L'impluvium era la cisterna che nelle case raccoglieva l'acqua
piovana.Poiché quest'acqua imputridiva, veniva fatta bollire e si beveva
calda o raffreddata.
A Roma vennero costruiti 14 acquedotti. Avere l'acqua in casa era però una
vera rarità. Essa era un dono pubblico, alla portata di tutti.
I romani la raffreddavano con la neve: così gli alimenti troppo caldi erano
accompagnati da bevande molto fredde.
C'erano diversi tipi di bevande: la posca, formata da acqua e aceto, l'acqua
mulsa, formata da acqua e miele, l'idromele, formato da acqua piovana e
miele.
Il sale.
Era conservato nel penus. Serviva per le offerte agli dei, per il
nutrimento, per la conservazione di alcuni alimenti, per preparare il vino e
per impedire che l'olio diventasse spesso. 1 Romani lo mangiavano da solo
con il pane.
Il pane.
Era un alimento di base.
Prima di conoscere il pane i Romani mangiavano la polta, cioè una zuppa di
cereali.
Il primo frumento usato per fare il pane era chiamato farro o spelta.
La prima focaccia romana era guarnita con formaggio, olive, uova e funghi.
Poiché il pane era molto duro, veniva mangiato intinto nel vino, nell'olio,
nelle minestre o con le salse.
Cerano molte varietà di pane: alcuni tipi erano scadenti, altri erano pani
preparati con miele, vino, latte, olio, frutti canditi e pepe.
Anticamente il pane veniva fabbricato in casa; poi vennero aperte le
panetterie da cuochi e artigiani specializzati che avevano mulini e forni.
I pistores dulciarii erano gli artigiani specializzati nella preparazione
dei dolci.
Le verdure.
I Romani mangiavano diversi tipi di verdure: radici, rape, barbabietole,
carote, ravanelli, maceroni, bulbi, cipolle, aglio, porri, asparagi, funghi,
cavoli, lattuga, cicoria o indivia, carciofi, cetrioli, fave, lenticchie e
piselli.
La frutta.
1 Romani mangiavano diversi tipi di frutta: nocciole, prugne, ciliegie,
more, fragole, sorbe nere, mirtilli, pinoli, castagne, ghiande, mele, uva,
fichi, olive, pesche, albicocche, datteri, melone, cocomero e zucca.
I prodotti animali.
I Romani, fin dai tempi più antichi, consumarono alimenti di origine
animale. Per questo allevavano animali, dai quali ottenevano uova, formaggi,
latte e carne.
Le uova.
I Romani mangiavano le uova per un loro equilibrio alimentare e questo
spiega il loro rispetto per i volatili.
Venivano preparate come oggi, alla coque, al tegamino, sode oppure
strapazzate.
Il latte e il formaggio.
Il latte inizialmente era un alimento indispensabile per i Romani in tutti i
pasti e veniva impiegato in vari prodotti.
Veniva utilizzato il latte di capra, di vacca, di asina e di cavalla.
Era bevuto fresco oppure aromatizzato. Inizialmente era usato anche per
zuppe e minestre; poi il brodo di carne sostituì il latte.
Trovò un impiego fondamentale nelle pasticcerie.
Il burro era usato raramente, in quanto non era conosciuta la tecnica per
conservarlo.
Lo yogurt era fatto con latte, aceto e cipolla.
Il formaggio diventò presto una pietanza completa: veniva ottenuto
amalgamando il latte con un succo ottenuto dal rigurgito di un vitellino o
di un bambino non ancora svezzato.
I formaggi avevano diversi sapori: quello affumicato era ottenuto facendo
assorbire il fumo alla forma di formaggio che era tenuta nelle fiscellae
(contenitori forati); quello salato era pressato a mano e poi immerso in
salamoia. Il formaggio era utilizzato per fare la polenta taragna e veniva
usato come condimento.
La carne, il pollame e la selvaggina.
La carne viene introdotta nella vita romana quando subentra
l'urbanizzazione: i Romani la sostituirono ai vegetali, poiché, abitando in
città, non coltivavano più l'orto.
La carne più utilizzata dai Romani era quella di suino, perché del suino si
mangiava tutto.
La carne dei montoni e delle capre era la meno pregiata - infatti veniva
venduta al mercato per pochi soldi - mentre quella dell'agnello e del
capretto erano le più pregiate per la loro morbidezza.
Il bue, invece, inizialmente non veniva utilizzato per la gastronomia, ma
nel lavoro dei campi. Infatti esso non poteva essere mangiato poiché
ritenuto sacro. Più tardi venne usato per i bolliti, a causa della sua carne
che poteva essere conservata più a lungo e condita con salsine piccanti.
Inoltre questa carne veniva utilizzata durante i banchetti in onore degli
dei.
Un contributo a tavola era la selvaggina che veniva cacciata.
C'erano delle riserve chiamate vivaria dove veniva allevata la selvaggina di
grossa taglia, come il cinghiale, la cui carne era la più ricercata e la più
costosa. Tra la selvaggina di piccola taglia troviamo la lepre, il ghiro,
l'oca, l'anatra e la lumaca.
Importante è notare che la selvaggina non veniva sacrificata.
Il pesce e i frutti di mare.
Molto più tardi arrivò nell'alimentazione romana il pesce. Tra i pesci più
mangiati troviamo l'orata, la triglia, la sogliola e il luccio. Tutti questi
pesci erano accompagnati da verdure bollite, carni o fegati.
I frutti di mare anticamente erano mangiati durante il periodo della
carestia, ma vennero ben presto considerati piatti pregiati e prelibati.
Venivano mangiati cotti o crudi, conservai in giare con sale e insaporiti
con salsine.
Venivano consumati datteri di mare, ostriche, polipi, seppie, astici,
scampi, gamberi e rane.
Il vino.
Questa bevanda aveva soprattutto un carattere sacro - carattere che si è
conservato nella religione cristiana.
Gli uomini non potevano berlo prima di aver compiuto trent'anni ed era
proibito alle donne;esisteva infatti una prova, chiamata "ius osculi"
(diritto del bacio), che permetteva al marito di dare un bacio alla moglie
sulla bocca per vedere se aveva rispettato questa regola.
1 Romani conoscevano il vino rosso, che però chiamavano nero, e il vino
bianco, ma non quello secco. I vini erano pesanti, acidi o amari.
Il vino era bevuto in coppe molto larghe e quasi piatte.
Esso si beveva anche se non era buono e veniva usato come condimento.
Era conservato fino a 15 anni e più era vecchio più era costoso.
Altri tipi di vino erano quelli mielati - con il miele - e quelli pepati.
Una bevanda molto consumata dai Romani poveri e dai Barbari era la birra.
I Romani in cucina
L'arte culinaria.
Ogni cittadino romano ricco possedeva una cucina vera e propria e aveva al
suo servizio almeno due o tre schiavi capeggiati dai migliori cuochi, che
gli preparavano i pasti. Per le grandi occasioni venivano addirittura messi
a disposizione dei cuochi con tutta la loro squadra di cucina; insieme a
loro si potevano anche affittare suonatori di flauto, artisti e acrobati. Il
cuoco spesso faceva suoi i gusti del padrone per soddisfare al meglio i suoi
desideri in cucina.
Dei cibi venivano osservate prima di tutto le virtù dietetiche e medicinali.
La culla della gastronomia europea è stata la Sicilia, punto d'incontro di
varie influenze.
Nella cucina romana fondamentali erano i condimenti, che venivano usati per
la maggior parte dei cibi. Nel corso della preparazione si pensa addirittura
che i cibi perdessero il loro sapore originale per la cottura (la carne
veniva cotta almeno due volte: la prima nel latte e la seconda o con le
verdure o arrostita) e per i condimenti eccessivi; nelle ricette non
compaiono mai i dosaggi.
Le spezie indispensabili in cucina erano: lo zafferano, il pepe, lo zenzero,
ecc.
Il sale veniva adoperato sia per la conservazione sia per usi dietetici, ad
esempio per allontanare la peste o il raffreddore o per la digestione.
I Romani traevano molti condimenti dall'aceto; per legare le salse usavano
la fecola e, non conoscendo lo zucchero, utilizzavano il miele come
dolcificante.
I Romani condivano il cibo con lo strutto (grasso di maiale) e con l'olio.
Essi avevano la tendenza a mescolare il dolce con il salato. Nei vari
impasti si mescolavano la carne di pollo, di porco e il pesce con gli
uccelli selvatici. L'uovo era molto usato.
Molto comune era una focaccia salata alle erbe e al formaggio, chiamata
moretum.
A conclusione del pasto c'era frutta e qualche stuzzichino.
Nei condimenti facevano sempre la loro comparsa il miele e il garum, un
condimento quest'ultimo fatto con scarti di pesce conservati col sale; il
garum veniva usato anche quando il cibo era dolce.
I brodi di verdura facevano bene al ventre, perciò la loro preparazione era
considerata a metà strada tra la medicina e l'arte culinaria. Ad esempio, il
brodo di cavolo, mescolato alla farina d'orzo, era considerato molto
efficace per curare piaghe ed ulcere.
Anche a quel tempo si facevano tisane, ma esse non erano decotti di foglie e
di fiori, bensì una specie di crema intermedia tra la minestra e una salsa
vera e propria.
I cuochi romani erano bravissimi nell'imitare, in quanto sapevano far
credere a chi mangiava i loro piatti di stare mangiando pesce al posto di
anatra: ad esempio Nicodemo, il re di Britannia, una sera aveva desiderato
acciughe pur trovandosi a grande distanza dal mare; il suo cuoco gliene
servì un'imitazione consistente in una rapa tagliata a lunghe fettine
bollite con olio, sale e semi di papavero.
Il cibo era però diverso a seconda della classe sociale di appartenenza.
Gli schiavi mangiavano cibo che non variava molto durante l'anno; era sempre
costituito da grano, che variava da 4 moggi d'inverno a 4 moggi e mezzo
d'estate. Esso veniva chiamato triticum. Agli schiavi spettava una razione
giornaliera di vino non molto buono. Agli schiavi incatenati e ai soldati
romani venivano distribuiti o 1 kg e 300 g di pane al giorno o fichi e 262
litri di vino all'anno; a tale nutrimento si aggiungevano bulbi di piante,
cipolle, rape ed altre radici, leguminose e verdure fresche a seconda della
stagione.
Anche i contadini allo stato libero avevano lo stesso nutrimento degli
schiavi.
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