GLI ERETICI - ENRICO
VIII D'INGHILTERRA |
Bay (Baio), Michel de (1513-1589) e baianismo
La vita Michel de
Bay (o Michel Baius), nato nel 1513 a Melun, nella regione belga del
Hainault, studiò filosofia all'università di Lovanio (Louvain). Dopo
la laurea e l'ordinazione a prete, egli fu nominato direttore del
collegio Standonk, a Lovanio, nel 1541. Divenuto docente di filosofia nel
1544, egli mantenne la cattedra fino al 1550, quando, una volta laureato
anche in teologia, fu nominato presidente del collegio Adrien, sempre a
Lovanio, e divenne il sostituto di Jean Leonardi (Hasselius), professore di
Sacre Scritture, in quel momento impegnato nel concilio di Trento. B. iniziò
a lavorare a nuove idee dottrinali assieme a Jan Hessels (1522-1566), a sua
volta sostituto di Josse Ravesteyn (Tiletanus) (1506-1570), professore di
teologia della stessa università e impegnato anch'egli nel concilio della
Controriforma. Tuttavia, quando i due titolari di cattedra rientrarono nel
1552 da Trento, essi si resero conto ben presto delle idee non precisamente
ortodosse dei loro sostituti e chiesero quindi la condanna di 18 proposizioni
di B. e Hessels da parte dell'università parigina della Sorbona.
Tuttavia, nonostante la censura ufficiale, i due teologi dissidenti furono
scelti, a sorpresa, nel 1561 per rappresentare l'università di Lovanio al
concilio di Trento, dove, però, essi, dopo polemiche e discussioni, furono
inviati nel 1563 ufficialmente come teologi del re di Spagna, Filippo II
(1556-1598). Dopo la morte di Hessels, 79 idee di B. (e di Hessels stesso)
furono poi pubblicate nel 1566 nella sua opera Opuscula omnia, condannata
dalla bolla papale Ex omnibus afflictionibus, firmata da Papa Pio V
(1566-1572) il 1 ottobre 1567, dove, però, non venne menzionato il nome del
teologo belga, probabilmente nella speranza che egli si ravvedesse. Tuttavia
per tutta la sua vita, B. non fece altro di abiurare le sue idee, quando era
sotto pressione o accusato, per poi, passata la tempesta, ritornare sulle
proprie posizioni. Nel 1570 B. fu nominato decano della facoltà di
teologia, ma le sue idee furono sistematicamente attaccate sia da (San)
Roberto Bellarmino (1542-1621), professore di teologia a Lovanio tra il 1570
ed il 1576, che da Leonhard Lessius (1554-1623), successore di Bellarmino dal
1576. Infine, sotto la pressione da parte di Papa Gregorio XIII (1572-1585) e
del suo incaricato, il teologo e filosofo gesuita Francisco Toledo
(Toletus) (1532-1596), B., nel frattempo diventato cancelliere
dell'università, fu costretto a firmare una definitiva abiura nel 1579. Per
gli ultimi dieci anni della vita di B. non si segnalano altri fatti degni di
nota, fino alla sua morte avvenuta a Lovanio il 16 settembre
1589.
La dottrina del baianismo Sicuramente B. fu influenzato dal
pensiero, condiviso da alcuni teologi domenicani dell'epoca, di reazione
contro la Riforma protestante, e che si basava su una più attenta e diretta
rilettura delle Sacre Scritture e dei Padri della Chiesa, come San Cipriano,
Sant'Ambrogio e soprattutto Sant'Agostino, ricusando le interpretazioni della
Scolastica medioevale. Dall'altra parte, era forte anche la reazione nel
mondo cattolico contro la rigida applicazione, soprattutto da parte della
Compagnia di Gesù, dei concetti espressi nel Concilio di Trento (1545-1563):
esteriorità del culto, passiva accettazione dei sacramenti, soggezione senza
discussione alla gerarchia della Chiesa. I gesuiti, in particolare,
applicavano un lassismo benevolo verso i peccatori sottomessi alla Chiesa,
tenendo conto di tutta una serie di attenuanti, basati sui casi di coscienza,
mentre non esitavano di usare il pugno di ferro contro i dissidenti, anche se
questi erano armati delle migliori intenzioni religiose e
morali. Capostipite di questo pensiero gesuita fu il teologo Luis de
Molina (1535-1600), autore di Concordia liberi arbitrii cum gratiae donis,
divina praescientia, providentia, praedestinatione et reprobatione (1588).
Per Molina l'efficacia della grazia non sta nella sostanza della grazia
stessa, bensì nella preconoscenza divina che l'uomo collaborerà
spontaneamente con la grazia. Fortemente influenzato quindi da
Sant'Agostino, l'impianto dottrinale di B., denominato baianismo dal nome del
teologo, si inserì in questa polemica in atto sul concetto della grazia. I
punti fondamentali del baianismo furono: Nello stato dell'uomo prima del
peccato originale, l'innocenza non è un dono soprannaturale di Dio, ma un
complemento della natura umana. Questo stato include tra i suoi requisiti la
destinazione al paradiso, l'immunità dalla sofferenza, l'ignoranza e la
morte. Il successivo peccato originale non è semplicemente una privazione
della grazia, ma una concupiscenza, trasmessa in maniera ereditaria anche
ai bambini innocenti, e, nonostante il libero arbitrio, l'uomo, senza la
grazia divina, non è capace altro che di peccare. Il dono della primitiva
innocenza viene restaurato da Dio e Cristo mediatore: la redenzione e la
grazia infatti ci permettono di recuperare questi valori, operando una scelta
in cui sostituiamo la concupiscenza (che non possiamo eliminare, ma almeno
tenere sotto controllo) con la Carità. In questi tre punti, B. venne accusato
di mischiare l'antica eresia del pelagianesimo (stato primitivo dell'uomo)
con le idee contemporanee: calvinista (la successiva caduta dell'uomo) e
luterana (il concetto della redenzione). Il baianismo non sopravvisse al
suo ideatore, ma senz'altro diversi suoi elementi si ritrovarono circa
ottant'anni dopo, nel 1640, nel giansenismo.
Ibas ( o Iba o Hibas) di
Edessa (m. 457)
Iba divenne vescovo di Edessa nel 439, succedendo a
Rabbula, uno dei sostenitori di Cirillo di Alessandria, e fu uno dei docenti
di quella scuola persiana di teologia di Edessa, che educò tutta una
generazione di vescovi persiani sulle basi della dottrina
nestoriana. Aveva, infatti, un'identità di vedute con la scuola di Antiochia,
ed in particolare con Diodoro di Tarso, Teodoro di Mopsuestia, di cui
tradusse gli scritti in siriano, e Teodoreto di Ciro. Nelle discussioni
cristologiche, iniziate da Nestorio, Ibas mantenne una posizione di
mediazione, condannando sia Nestorio per il rifiuto del termine Theotokos
(Madre, o portatrice, di Dio) attribuito alla Vergine Maria, ma anche Cirillo
d'Alessandria per i metodi utilizzati nella diatriba. La sua avversione per
Cirillo fu preso a pretesto dal successore di questi, Dioscoro di
Alessandria, acceso sostenitore di Eutiche e del monofisismo, che accusò I.
di nestorianesimo e riuscì a farlo deporre nel famigerato Concilio di Efeso
del 449 (il latrocinium, secondo Papa Leone Magno). I. fu arrestato per
impedire la sua partecipazione al Concilio, dove egli fu condannato assieme a
tutti i teologi della scuola di Antiochia (Domno di Antiochia, Eusebio di
Dorileo e Teodoreto di Ciro) con l'accusa, appunto, di nestorianesimo e
l'insegnamento monofisita di Eutiche venne dichiarato ortodosso. Papa
Leone Magno annullò le decisioni di questo Concilio, ma in contrasto con il
pensiero papale, l'imperatore lo ritenne valido. Tuttavia l'inattesa morte
dall'Imperatore Teodosio II (450) e l'esecuzione capitale del potente
protettore di Eutiche, il ministro eunuco Crisafio, rimisero in gioco gli
Ortodossi, che ottennero dall'imperatrice (Santa) Pulcheria, essa stessa
fervente cattolica ortodossa, e dall'imperatore Marciano (450-457), la
convocazione di un Concilio a Calcedonia nell'Ottobre 451. In questo
concilio vennero condannati sia il monofisismo che il nestorianesimo, e I. fu
dichiarato, ma non all'unanimità, ortodosso. Infatti per non cadere nel
monofisismo, I. era contrario, nella diatriba sulle nature di Cristo, ad
attribuire alla Persona Divina gli attributi della natura umana e
viceversa. Nonostante ciò, I. morì indisturbato nel 457 ca. Alla sua
morte, buona parte degli appartenenti alla scuola persiana di Edessa
fuggirono in Persia, per confluire nella scuola di Nisibis, fondata dal
vescovo Barsumas. Quasi 100 anni dopo la sua morte, T. venne associato con
Nestorio e condannato postumo, nel 544, dall'editto dell'imperatore
Giustiniano (527-565) contro i Tre Capitoli, gli scritti, cioè di I. stesso,
Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Ciro. In particolare ad I. si
rinfacciava una lettera scritta a Maris di Beit-Ardashir, cioè il vescovo
nestoriano di Seleucia-Ctesiphon e patriarca di Persia, dove si criticava
Cirillo di Alessandria ed il Concilio di Efeso. La sua lettera, ma non la sua
persona, venne condannata dal II Concilio di Costantinopoli del 553, sebbene
questa condanna fu il risultato di una fortissima pressione esercitata da
Giustiniano sul Papa Vigilio (537-555), letteralmente sequestrato affinché
approvasse la scomunica decretata dal Concilio.
Libera Intelligenza o
Uomini di Intelligenza (da metà XIV secolo)
Movimento eretico del XIV
secolo, derivato dai Fratelli del Libero Spirito del XII secolo. Sembra che
la Libera Intelligenza sia stata fondata intorno al 1350 da una donna di
Bruxelles, chiamata Bloemardinne, che, come nella dottrina del Libero
Spirito, affermava che si poteva raggiungere un tale stato di grazia da poter
commettere qualsiasi atto senza correre il rischio di peccare, secondo il
detto di San Paolo: Tutto è puro per i puri (Lettera a Tito 1,15). Alcuni
autori cattolici riportarono che essi, forti di questo convincimento, si
lasciavano andare soprattutto ad atti contro la morale ed in effetti
Bloemardinne predicava una dottrina di libero amore, chiamato "amore
serafico". I suoi seguaci la venerarono come una mistica e le attribuirono
doti taumaturgiche anche dopo la morte. Successivamente il movimento fu
capeggiato da Guglielmo Hilderniss (o Hindernissen), un carmelitano, assieme
al suo discepolo Giles Cantor. Entrambi furono processati nel 1410 da parte
del vescovo di Cambrai, Pierre d'Ailly (1350-ca. 1420) e condannati alla
clausura perpetua in convento. Gli atti del processo aiutano a capire di più
su questo movimento: sembra che essi seguissero le profezie di Gioacchino da
Fiore, ma che, contrariamente al mistico calabrese, non erano convinti
dell'immediatezza dell'era dello Spirito Santo. Rifiutavano inoltre i
sacramenti, perché la morte di Gesù Cristo sulla croce rendeva inutile la
Confessione e relativa assoluzione e seguivano le dottrine panteistiche di
Amaury di Béne e Davide di Dinant, affermando l'esistenza di Dio in ogni cosa
e quindi considerando la Comunione superflua in quanto nell'ostia non ci
sarebbe stato più presenza di Dio confrontata con qualsiasi altra
cosa. Gli Uomini di Intelligenza, inoltre, erano convinti di essere
talmente pervasi dallo Spirito Santo da poter interpretare la Bibbia come e
meglio del clero ufficiale e che questo loro stato di grazia li permettesse
di risorgere come esseri spirituali. Per quanto concerne l'amore serafico,
pare che le donne del gruppo non potevano rifiutarsi di avere rapporti
sessuali con gli altri membri (alla faccia del serafico!), in quanto questo
atto veniva considerato come una preghiera (sic!). E se ci fosse stata fra
esse qualcuna che si fosse rifiutata, poteva essere pure violentata. Sotto
la spinta delle persecuzioni dell'Inquisizione, nel 1418 alcuni profughi
francesi della zona di Lilla e Tournai, cioè dalla Piccardia, e per questo
denominati piccardi (secondo alcuni fantasiosi autori una corruzione del
termine begardi) decisero di emigrare nella Boemia hussita. Qui,
secondo alcuni autori cattolici, essi si lasciarono andare ad atti contro la
morale, come atti sessuali extra matrimoniali, come l'abitudine di girare
nudi come Adamo ed Eva nell'Eden, e come l'uso comunitario di tutti i beni
(comprese le donne). Per questo furono soprannominati Adamiti e, come loro
capo si proclamò un ex predicatore hussita, dell'ala taborita, Martin
Huska.
Curiosità: secondo una discussa ipotesi (formulata dallo studioso
tedesco Wilhelm Fraenger), il noto pittore fiammingo Hieronymus Bosch
(1450-1516) potrebbe aver aderito a suo tempo a questo movimento o a quello
del Libero Spirito : ciò si dedurrebbe da una "lettura" simbolica di alcuni
dei suoi dipinti più complessi e allucinanti, come il trittico Il giardino
delle delizie, particolarmente nel suo pannello centrale.
Ulimann, Wolfgang (m. 1528)
Wolfgang Ulimann, il cui vero
cognome era Schorant, nacque a San Gallo, in Svizzera, da una delle più
importanti famiglie della città. Da giovane, U. era entrato nel monastero
premonstratense [l'ordine monastico fondato nel 1120 da San Norberto
(1080-1134) nella valle di Prémontré, in Francia] di San Lucio a Chur (Coira)
nel cantone Grigioni, ma nel Novembre 1524, abbandonò il monastero per
dedicarsi alla predicazione riformista presso la casa della gilda dei
tessitori. Tuttavia, grazie al predicatore anabattista Hans Höchrutiner, U.
si accostò poco dopo alle dottrine del gruppo di Conrad Grebel. Nel Febbraio
1525, saputo che Grebel era a Sciaffusa, U. andò a trovarlo e ne fu
convertito alla causa: U. fu il primo anabattista a ricevere il battesimo
mediante totale immersione nelle acque del Reno. Infatti fino a quel momento
gli anabattisti celebravano, versando semplicemente un mestolo di acqua
sulla testa. U. fu molto attivo nel proselitismo anabattista nel cantone
San Gallo e per questo entrò in conflitto con l'umanista riformista Joachim
von Watt, detto Vadiano (1484-1551), cognato di Grebel, ma fedele seguace di
Ulrich Zwingli. Lo stesso Grebel nell'Aprile 1525 si recò a San Gallo per
dare manforte: i risultati furono eccellenti e ben 500 persone furono
rapidamente riconvertiti. Meno proficuo fu il tentativo di Grebel di
convincere il cognato ad essere meno severo con il movimento anabattista. La
reazione infatti della Riforma, guidata da Vadiano stesso fu molto dura:
dapprima furono espulsi gli anabattisti forestieri, poi a quelli nativi fu
ordinato a rendere conto del proprio operato davanti al consiglio
cittadino. U. presentò un memorandum in cui egli espose i seguenti
punti: Il battesimo dei bambini era in contrasto con le Scritture. Inoltre
era in contrasto con l'insegnamento di Gesù, che aveva ordinato di battezzare
quelli che credevano. Nei primi secoli della Chiesa, fino a San Cipriano e
Tertulliano, il battesimo degli adulti era la pratica normale, e solo
successivamente era stato sostituito da quello degli infanti.
Nel
Maggio 1525, Zwingli pubblicò il suo opuscolo dottrinale Vom
Tauff, Widertauff und Kindertauff (Del battesimo, contro-battesimo e
battesimo dei bambini): nonostante la massima diffusione data allo scritto da
parte delle autorità riformiste di San Gallo, gli anabattisti locali
rigettarono le tesi di Zwingli, preferendo il testo del noto teologo
anabattista Balthasar Hübmaier, Von dem Christenlichen Tauff der glaübigen
(Del battesimo cristiano dei credenti), pubblicato poco dopo in risposta allo
scritto di Zwingli. Nel Giugno 1525 le autorità cittadine organizzarono
una disputa pubblica tra riformatori, guidati da Vadiano e anabattisti,
guidati da U.: il risultato fu, come sempre, identico a quello ottenuto da
simili confronti in quegli anni. Infatti il Consiglio non volle, e del resto
non poteva, accettare le tesi troppo estremiste degli anabattisti e quindi il
5 Giugno emanò tutta una serie di misure repressive, che portarono
all'involuzione e successiva estinzione del movimento anabattista a San
Gallo. U. stesso, che non volle uniformarsi alle disposizioni, fu esiliato il
17 Giugno, riaccettato dopo la promessa di uniformarsi alle misure emanate,
e successivamente imprigionato per aver disatteso all'impegno. Uscito di
prigione, U. si trasferì nel 1526 nel cantone Grigioni, dove per un pelo
sfuggì ad un arresto in massa di anabattisti a Fläsch, vicino a Coira. U.
andò quindi nel cantone Appenzell, ma fu catturato nel 1528 a Waldsee, in
Tubinga (Germania meridionale), mentre accompagnava un gruppo di anabattisti
di Appenzell in Moravia e, non avendo ritrattato, fu messo a morte mediante
decapitazione (altri testi riportano che fu arso sul rogo).
Hofmann,
Melchior (ca. 1495-1543)
La vita Melchior Hofmann,
l'ispiratore spirituale della dittatura anabattista di Münster, nacque a
Schwäbisch Hall, nel Svevia (Germania meridionale) nel 1495 ca. da una
modesta famiglia: non poté infatti ricevere altro che un'istruzione
elementare e solo dopo, mentre svolgeva la sua professione di pellicciaio, si
fece una cultura autodidatta in argomenti religiosi. Come il futuro
confratello Hans Denck, anche H. si appassionò di letture mis tiche, come gli
scritti di Johannes Tauler o, soprattutto, la Theologia Germanica, un
popolare trattato mistico del 14° secolo, scritto a quanto sembra da un
sacerdote dell'ordine teutonico, che consigliava la povertà di spirito e
l'abbandono di se stessi a Dio come mezzo per poter partecipare alla Sua
natura divina, attraverso il Suo amore. Nel 1522 H. aderì entusiasticamente
alla Riforma di Martin Lutero, dopo averne letti i scritti. Unì quindi il
proprio mestiere di commerciante pellicciaio a quello di predicatore luterano
errante, viaggiando dal 1523 al 1529 in Livonia (l'attuale Estonia), Svezia e
Danimarca. In Livonia la sua predicazione suscitò vive polemiche, soprattutto
a Dorpat (l'odierna Tartu), dove i suoi sermoni scatenarono una violenta
campagna popolare contro le immagini sacre. Le autorità locali chiesero
allora un esame dottrinale della sua attività di predicatore: H.
ottenne l'approvazione sia dei teologi di Riga, sia di Lutero stesso dopo che
H. si era recato a Wittenberg. Con tutti questi attestati H. tornò fiducioso
a Dorpat nell'estate 1525, ma la contestazione del clero locale per le
sue idee escatologiche ed apocalittiche riprese vigorosa. Si trasferì allora
a Reval (Tallinn, la capitale dell'Estonia) in autunno, ma anche qui si
alienò le simpatie del clero locale, a causa dei suoi feroci attacchi contro
la mediocrità del livello morale della Chiesa locale. H. fu quindi
definitivamente espulso dalla Livonia, trasferendosi nel 1526 in Svezia:
eppure anche qui non rinunciò allo spirito polemico, che già conteneva
diversi punti cari alla dottrina anabattista, come il valore solo celebrativo
della Comunione, la predicazione anche di laici, il rifiuto dell'imposizione
dello stato in materia di fede. A questi si univa lo spirito apocalittico con
la previsione della parusia (seconda venuta di Cristo) per il 1533. Fu per
questo espulso dalla Svezia per ordine di re Gustavo Vasa (1523-1560) nel
Gennaio 1527: nuovo trasloco, passando attraverso Lubecca, nella
regione dello Schleswig-Holstein, allora parte del regno danese. Qui,
nonostante la benevolenza del re Federico I (1523-1533), si consumò
lo strappo definitivo di H. con la Chiesa luterana, culminata in
una sconfessione dell'operato di H., scritta da Lutero in persona ed in
un confronto pubblico, che vide H. perdente, con i luterani a Flensburg
nel 1529. Oramai ben pochi stati si resero disponibili ad accogliere
quest'uomo, foriero di polemiche e tensioni, e perfino la piccola contea
della Frisia Orientale [sotto il conte Enno II (1528-1540)], dove egli si era
rifugiato, non si dimostrò un porto sicuro. Fu allora, nel Giugno 1529,
che H. migrò a Strasburgo, città presa d'esempio come fucina di nuove idee
religiose e dotata di un sufficiente spirito di tolleranza per i
radicali. Qui egli lavorò per sviluppare la sua dottrina spirituale ed
apocalittica, scambiando pareri con lo spiritualista Caspar Schwenckfeld e
pubblicando diversi libretti a sfondo profetico apocalittico. A Strasburgo H.
venne a contatto con gli anabattisti Wilhelm Reublin e Pilgram Marpeck,
dapprima perorando la loro causa presso il consiglio cittadino, poi
convertendosi lui stesso all'anabattismo e facendosi ribattezzare. Fu
costretto, per questo motivo, ed anche per la sua personale interpretazione
dell'Apocalisse, ad un ennesimo esilio nella primavera del 1530: decise di
ritornare nella Frisia orientale, ad Emden, dove ebbe molto più successo
della sua visita precedente e dove ribattezzò 300 persone, fondando una
fiorente comunità anabattista. La particolare posizione geografica della
Frisia orientale permise l'afflusso di radicali e dissidenti religiosi dalla
Germania e dall'Olanda, soprattutto i sacramentari, che rifiutavano i
sacramenti e la transustanziazione. La cosa preoccupò non poco le autorità
locali che riuscirono a far espellere H., non prima che quest'ultimo passasse
il testimone al suo collaboratore Jan Trijpmacher (m. 1530). Nei tre anni
seguenti H. viaggiò spesso in Germania, a Strasburgo (spesso in forma
clandestina), e in Olanda (dove battezzò nel 1532 Jan Matthys, l'ideatore
della dittatura anabattista di Münster), in particolare ad Amsterdam. Qui si
consumò uno delle tante tragedie di cui è costellata la tormentata vicenda
degli anabattisti: Trijpmacher e altri nove anabattisti furono processati,
torturati e decapitati nel Dicembre 1530. Poiché, sotto le torture essi
avevano rivelato molti particolari sull'organizzazione anabattista in zona,
H. ordinò prudentemente agli adepti un arresto temporaneo (Stillstand) di
tutte le attività religiose per due anni, come già aveva fatto Caspar
Schwenckfeld nel 1526. Successivamente H. visitò più volte Strasburgo e alla
fine questi viaggi gli furono fatali: nella primavera 1533, l'anno da lui
profetizzato per il ritorno di Cristo, egli si recò manifestamente nella
città alsaziana ed anzi, poiché le autorità locali non lo avevano neppure
ricercato all'inizio del suo soggiorno, fu lui stesso a provocare il suo
arresto con la pubblicazione in Maggio di un opuscolo, Vom Schwert (La
spada), contenente l'annuncio della parusia di Cristo e l'inizio del Suo
regno a Strasburgo: H. stesso avrebbe assunto il ruolo del profeta Elia, in
attesa del compimento di quanto predetto. A quel punto il Consiglio di
Strasburgo lo fece arrestare e sottoporre inizialmente ad un regime
carcerario blando, mentre, nel frattempo, gli permise di partecipare al
Sinodo Generale di Strasburgo del Giugno 1533, dove H. ribadì le sue
convinzioni, confutate con disprezzo da Bucero. Quest'ultimo gli consigliò
ironicamente di tornare a fare il commerciante
di pellicce! L'instaurazione della dittatura anabattista di Münster nel
Gennaio 1534 aggravò però la posizione di H., benché egli continuasse a
respingere il millenarismo estremo di quella città e a insistere che
Strasburgo fosse la città prescelta per l'inizio del Regno di
Cristo. Furono gradualmente rese più severe le sue condizioni carcerarie:
prima in una cella isolata senza carta per scrivere o libri, poi in una
cella completamente sigillata con il poco cibo calato con una cesta da una
botola sul soffitto. Ciononostante H. resistette in queste condizioni
disumane per ben 10 anni, morendo infine nell'inverno 1543. H. rimane una
figura primaria nell'anabattismo del suo tempo, sia per aver operato un
efficace proselitismo in Olanda e Germania settentrionale sia per aver
insistito sull'aspetto millenaristico, dalla quale prese spunto la follia
collettiva anabattista di Münster, alla quale, ironia della sorte, lo stesso
H. sarebbe sopravvissuto per otto anni, sebbene incarcerato
a Strasburgo.
La dottrina e le opere H. scrisse una abbondante
serie di opuscoli per precisare il suo pensiero: i due capisaldi della sua
dottrina anabattista furono la teoria della "carne celeste" ed il
millenarismo. La teoria della carne celeste era basata su un concetto, di
vago tenore docetico, che Cristo non si era incarnato nel corpo materiale nel
grembo della madre, bensì aveva portato il suo corpo celeste per essere così
immune dal peccato originale. Questa era comunque una rielaborazione di
un concetto, già espresso da gnostici del II secolo come Valentino
e, soprattutto Apelle, e portato avanti nei secoli attraverso i Bogomili e
i Catari e più recentemente da Schwenckfeld. Per quanto concerne il
millenarismo, H. espresse il proprio pensiero nell'opuscolo Auslegung der
heimlichen Offenbarung Joannis (Esposizione della rivelazione segreta di
Giovanni) del 1530, dove H., come un novello Gioacchino da Fiore, aveva
diviso la storia della Chiesa in tre periodi: il primo dagli apostoli
all'inizio del dominio dei papi, il secondo coincidente con il dominio
secolare della Chiesa, il terzo in cui lo Spirito avrebbe preso il
sopravvento sulla Scrittura. Ma prima del nuovo avvento di Cristo, previsto
per il 1533, due testimoni degli ultimi giorni sarebbero stati uccisi dai
papisti e dai luterani e i turchi avrebbero distrutto la Gerusalemme
spirituale.
Brötli, Johannes (Hans), detto Panicellus (m.
1528)
Johannes (Hans) Brötli (in svizzero-tedesco = panino, da cui il
nome umanistico di Panicellus), unico religioso svizzero che aderì al
movimento anabattista di Zurigo fin dalle sue origini nel 1523, era
originario del cantone Grigioni, e al tempo dell'inizio del movimento faceva
l'aiuto parroco del villaggio di Zollikon, vicino a Zurigo. A Zollikon B.
si era pronunciato, nell'estate 1524, contro il battesimo dei bambini e
questa posizione fu seguita da Conrad Grebel, fondatore del movimento
anabattista, che si rifiutò di far battezzare suo figlio, nato
da poco. Nel cantone Zurigo B. rimase ed operò fino al 21 Gennaio 1525: in
quella data infatti il consiglio cittadino, nell'ambito delle misure contro
gli anabattisti, ordinò l'espulsione dalla città e dal cantone di tutti
gli anabattisti non cittadini zurighesi, tra cui B. stesso. B. allora si
recò, con Wilhelm Reublin, a Hallau, nel cantone Sciaffusa, dove fu così
efficace nella sua predica da convincere quasi tutti gli abitanti a farsi
ribattezzare. Mentre era a Hallau, B. cercò come Grebel, Reublin e Felix
Mantz, di portare alla propria causa il principale riformatore del cantone
Sciaffusa, Sebastian Hofmeister (Oconomus)(1476-1533). Questi, in un primo
momento, sembrò essere infatti convinto delle affermazioni degli
anabattisti, soprattutto in tema di battesimo degli infanti, ma in seguito si
rivelò una delusione per il movimento, preferendo schierarsi con Zwingli,
anzi diventando anche uno dei più feroci oppositori
dell'anabattismo. Tuttavia, per quanto concerneva la comunità anabattista di
Hallau, le autorità di Sciaffusa non potevano fare molto in quel momento a
causa dell'appoggio dato al paese dalla vicina città tedesca di Waldshut,
centro anabattista, dove operavano Reublin e Balthasar Hubmaier Ma nel
1525 gli Asburgo repressero l'anabattismo a Waldshut, facendo venire meno la
sua protezione sul paese di Hallau, i cui abitanti anabattisti si diedero
allora alla clandestinità. B. stesso e l'ebanista anabattista Hans Rueger,
che aveva avuto un certo ruolo nelle insurrezioni locali durante la Guerra
dei Contadini, furono catturati nel 1527 e Rueger fu decapitato nello stesso
anno. B. invece riuscì a fuggire, per essere poi catturato e, secondo
alcuni autori, bruciato sul rogo nel 1528.
Williams, Roger
(ca.1603-1683)
Roger Williams nato a Londra nel 1603 ca. da James
Williams, un mercante di stoffe, e da Alice Pemberton, attirò da giovane
l'attenzione di Sir Edward Coke, capo della Corte di Giustizia Reale, che
ammirò la sua capacità trascrivere fedelmente sermoni e lunghi discorsi. Nel
1621 Coke fece mandare il giovane W. dapprima alla Sutton Hospital (poi
conosciuta come Charterhouse School), poi all'università di Cambridge, al
collegio Pembroke Hall, dove ottenne il baccalaureato in arti nel
1627. W., molto versato nelle lingue straniere (conosceva il latino,
greco, ebraico, francese e olandese), fu ordinato sacerdote della
Chiesa d'Inghilterra e nel 1629 accettò il posto di cappellano di Sir
William Masham a Otes, nella contea del Sussex, dove conobbe e sposò Mary
Barnard nello stesso anno. Nel dicembre 1630, W. e la moglie emigrarono
nelle colonie americane, arrivando nel Massachusetts nel febbraio del 1631.
Gli fu ben presto offerto il posto di pastore nella comunità puritana di
Boston, ma egli scioccò i maggiorenti della città, dichiarandosi un
separatista e affermando che non avrebbe mai accettato un posto in una
comunità che riconosceva l'autorità della Chiesa d'Inghilterra. Preferì,
invece, accettare lo stesso posto presso la piccola comunità di Salem, ma i
magistrati di Boston, nel frattempo, indispettiti dal suo rifiuto, fecero
pressione sulle autorità di Salem perché W. fosse allontanato. Egli si
recò allora nella colonia di Plymouth, fondata nel 1620 dai Padri Pellegrini,
ispirati dal separatista John Robinson, e qui abitò per circa due anni ed
ebbe molti contatti anche con i nativi, rispettando la loro dignità umana e
conquistando la loro fiducia. Tuttavia alla lunga le sue idee furono troppo
ardite anche per i separatisti, e quindi nel 1633 W. dovette rientrare a
Salem. Poco dopo il suo ritorno W. finì nuovamente sulla lista nera dei
maggiorenti del Massachusetts, per averli criticati aspramente per la
mancanza di tolleranza religiosa e per aver affermato che il documento con
cui il re d'Inghilterra aveva assegnato i territori ai coloni non era valido,
in quanto detti territori appartenevano legittimamente agli indiani. Per
questo W. fu bandito dalla colonia nel novembre 1635: in un primo momento gli
fu permesso di restare fino alla primavera 1636, ma, accortosi che
egli proseguiva imperterrito nella sua polemica, il governatore Haynes inviò
un drappello di soldati per arrestarlo e rinviarlo con la forza in
Inghilterra. W., tuttavia, aveva ancora qualche buon amico negli alti
vertici, come l'ex governatore John Winthrop, che lo mise in guardia,
permettendogli di fuggire giusto in tempo: egli si allontanò da casa in pieno
inverno, rifugiandosi dagli indiani Narragansett e dal loro capo Canonicus,
che lo accolse calorosamente come un amico e che gli concedette un
appezzamento di terra lungo il fiume Moshassuck. Qui, nello stesso 1636,
W. fondò la colonia battezzata Providence (successivamente la capitale del
Rhode Island) in onore della Divina Provvidenza, e dove W. applicò una vera e
totale tolleranza nei confronti di tutte le religioni, attirando ben presto
rifugiati quaccheri (che emigrarono a Providence nel 1656 e furono rispettati
da W. anche se egli non accettò mai la loro dottrina), ebrei e battisti:
tutti vissero in armonia con gli indiani Narragansett. Quando, più tardi,
il nuovo governatore Endicott lo invitò a ritornare nel Massachusetts, W.,
piccato, rispose che si sentiva molto più sicuro tra i selvaggi cristiani
Narragansett che tra i cristiani selvaggi della colonia della Massachusetts
Bay! Nel 1639 W. aderì per un breve periodo alla corrente religiosa dei
battisti, facendosi ribattezzare nel marzo da Ezekiel Holliman, e fondando,
con quest'ultimo e altre dieci persone, la prima chiesa battista a
Providence, ma, dopo quattro mesi, se ne allontanò, diventando un seeker. La
chiesa battista di Providence può dirsi la prima dello stato di Rhode Island,
ma non, come comunemente si crede, la prima in USA, essendo stata preceduta
da quella fondata nel 1638 a Newport da John Clarke. Nel 1643-44 W. si
recò in Inghilterra per ottenere la concessione ufficiale del territorio e
l'autorizzazione (rinnovata da una seconda visita, assieme a John Clarke, nel
1651-54, durante la quale conobbe e diventò amico del famoso poeta John
Milton) di unire Providence ad altre colonie locali, tra cui Newport del
sopramenzionato Clarke e Portsmouth, fondata nel 1638 da Anne Hutchinson.
Durante il viaggio mise per iscritto le sue conoscenze, compilando un
dizionario delle lingue indiane, dal titolo Key to the Indian Languages [una
chiave per (l'interpretazione delle) lingue indiane]. Ma anche sul suolo
inglese, W. non rimase inattivo e intervenne nel dibattito in corso sulla
tolleranza religiosa scrivendo tre opuscoli su: le conseguenze nefaste del
controllo statale del religione, l'illogicità del congregazionalismo non
separato dalla chiesa anglicana, la tolleranza religiosa, particolarmente
verso i battisti. Essi crearono molto scompiglio e a Providence, dove egli
rivestì diversi incarichi ufficiali durante la sua vita, W. dovette usare
tutta la sua esperienza per mediare tra le colonie e gli indiani, in maniera
da evitare pericolose frizioni, ma nonostante i suoi sforzi nel 1676 scoppiò
una sanguinosa guerra indiana, la cosiddetta Guerra di Re Filippo dal
soprannome dato a Metacomet, capo delle tribù indiane algonchine. La
mediazione di W. poté salvare preziose vite umane, ma non riuscì
ad impedire la distruzione di Providence stessa il 26 marzo 1676. W. morì
a Providence nel 1683.
Clarke, John (1609-1676)
John
Clarke nacque nella contea inglese del Bedfordshire l'8 ottobre 1609 e si
laureò in medicina, attività che esercitò a Londra. Tuttavia,
essendosi convertito al battismo, dovette subire le conseguenze delle
persecuzioni scatenate dall'arcivescovo di Canterbury, William Laud
(1573-1645) contro le sette non-conformiste nel 1637 e decise quindi di
emigrare nelle colonie americane. Nel novembre 1637 C. e la moglie
Elisabeth sbarcarono a Boston, nella colonia del Massachusetts Bay, ed ebbero
una amara delusione, trovando un'intolleranza da parte dei maggiorenti
puritani pari a quella lasciata in Inghilterra. C. non si perse d'animo:
raccolse un gruppo di dissidenti e con loro si mosse nel marzo 1638 dapprima
verso la Narragansett Bay, la zona dove si era installato il gruppo di Roger
Williams nel 1636, poi più a sud. Qui acquistò, il 24 marzo, dagli indiani un
territorio, dove poté fondare la cittadina di Newport e la locale Chiesa dei
Battisti, la prima degli USA, di cui egli fu nominato pastore. La Chiesa
di Newport aderì al movimento dei battisti particolari [nato da una scissione
della congregazione Jacob-Lathrop-Jessey fondata nel 1616 da Henry Jacob
(1553-1624)] che cercarono di mantenere qualche forma di contatto con
l'establishment anglicano, contrapposta ai battisti generali, che si
distinsero per il rifiuto di compromessi con la Chiesa Anglicana. Nel
frattempo, nella vicina Massachusetts, fu emanata una legge nel 1644
che bandiva il battismo e questa fu applicata quando, nel luglio 1651, C.,
John Crandall e Obadiah Holmes fecero visita a William Witter, un battista
cieco, che viveva a Lynn, vicino a Boston. I tre infatti furono sorpresi,
arrestati per aver organizzato una funzione religiosa battista non
autorizzata e condannati ad una forte multa o ad essere frustati in pubblico.
In agosto un ignoto amico pagò le multe e Crandall e C. furono rilasciati,
mentre Holmes rifiutò il pagamento e fu quindi frustato. Nello stesso
1651, C. si recò in Inghilterra, assieme a Roger Williams, per farsi
rinnovare la concessione ufficiale del territorio del Rhode Island. I due
riuscirono nell'intento e Williams rientrò nelle colonie nel 1654, mentre C.
rimase in Inghilterra fino alla restaurazione della monarchia
con l'insediamento sul trono del re Carlo II (1649-1685) nel 1660. Dallo
stesso re C. ottenne nel 1663 una nuova concessione ufficiale per Rhode
Island. Nel 1664 C. fece ritorno a Newport, dove riprese la sua attività di
pastore fino al giorno della sua morte, avvenuta il 20 aprile
1676.
Enrico VIII d'Inghilterra (1509-1547) e
Anglicanesimo
L'Inghilterra fu unica nella sua scelta di
staccarsi dalla Chiesa Cattolica: il risultato finale fu la Chiesa Anglicana,
teologicamente una miscela di dottrina cattolica e riformata, ma in pratica
indipendente da tutte e due.
Situazione storica Già prima del XVI
secolo, l'Inghilterra aveva conosciuto eresie particolarmente radicate sul
territorio, come, ad esempio nel XIV secolo, John Wycliffe e i suoi poveri
predicatori, e il conseguente movimento lollardo, che persisteva anche ai
tempi di re Enrico VIII. L'Inghilterra, inoltre, cercava di sviluppare la
propria società, rifondata, dopo la lunga e devastante Guerra delle Due Rose
(1455-1485), su un nazionalismo piuttosto marcato e ovviamente desiderava
evitare, il più possibile, le interferenze esterne. Quindi era chiaro che
le ingerenze del papa sugli affari interni inglesi, il pagamento dei tributi
a Roma, la corruzione nel quale versava il clero cattolico inglese, un quarto
circa del suolo nazionale in mano alla Chiesa, un sistema di giudizio e
pagamento delle tasse differenziato per gli uomini di chiesa erano problemi
decisamente maldigeriti dalla nazione e dal suo re.
Enrico VIII
(1509-1547) Enrico VIII, nato nel 1491, salì sul trono a soli 18 anni, nel
1509, dopo la morte del padre Enrico VII (1485-1509). Nel primo periodo del
suo regno egli diede l'impressione di un devoto fedele della Chiesa
Cattolica: scrisse perfino un Assertio Septem Sacramentorum nel 1521 e fu
molto efficace nell'opporsi alla diffusione del luteranesimo in Inghilterra.
Il tutto gli fece guadagnare il titolo di Difensor fidei (difensore della
fede) da parte del papa. Ma la crisi con Roma arrivò nel 1527: infatti
Enrico era sposato, per volontà politica di suo padre, dal 1509 con Caterina
d'Aragona, vedova di suo fratello Arturo. A quel tempo, questo matrimonio si
poté celebrare solamente con la dispensa di Papa Giulio II
(1503-1513). Dopo 18 anni, il re chiese al Papa Clemente VII (1523-1534)
l'invalidazione della dispensa papale, ma la questione era infatti molto
delicata: da una parte Enrico era seriamente preoccupato per la successione
al trono d'Inghilterra a causa del matrimonio con la più anziana Caterina,
che non era riuscita a dare un erede maschio al re: l'unica superstite delle
sue varie gravidanze era la figlia Maria. Però, dall'altra parte
bisognava considerare le implicazioni internazionali: Caterina era anche
zia dell'imperatore Carlo V (1519-1558)! L'intermediario papale
[l'arcivescovo di Salisbury Lorenzo Campeggio (1472-1539)] e quello del re
[il cardinale e Lord Cancelliere Thomas Wolsey (1474-1530)], scelti per
condurre la trattativa, tirarono per le lunghe senza arrivare ad una
conclusione e lo stesso Papa Clemente VII, dopo aver subito il sacco di Roma
e la prigionia da parte dei lanzichenecchi di Carlo V nel 1527, non voleva
ulteriormente provocare l'imperatore, perciò nel 1529 avocò a Roma il diritto
di decidere sulla questione, ma anche lui, debole o troppo prudente, continuò
a posporre la decisione finale. Lo stato di impasse fu superato grazie a
Thomas Cranmer, docente universitario alla Jesus College di Cambridge, il
quale suggerì al re di consultare le principali università europee.
Oltretutto, secondo Cranmer, anche dalle stesse Sacre Scritture veniva la
conferma della scelta di separazione, secondo un passo del Levitico (20:21):
Se un uomo sposa la moglie di suo fratello commette un'impurità; essi
rimarranno senza figli. Benché la proposta di Cranmer non permettesse di
raggiungere l'unanimità di consensi, tuttavia la maggioranza delle risposte
fu favorevole a Enrico. Anno dopo anno, Enrico VIII, consigliato da Cranmer,
nominato nel 1532 arcivescovo di Canterbury, alzò sempre più il tiro contro
la Chiesa Cattolica. Nel frattempo, però, Cranmer si era nel frattempo
sposato con Margaret, nipote del riformatore luterano Andreas Osiander:
dovette occultare la presenza della moglie e perfino mandarla all'estero per
non dispiacere al re. Nel 1530 il re accusò molti prelati inglesi di
violare, a loro favore, gli statuti, denominati Praemunire, (editti nel 1353,
1365 e 1393), i quali concedevano che le cause legali coinvolgenti uomini di
chiesa fossero portate davanti a corti papali fuori dall'Inghilterra, solo
dopo il beneplacito del re. La vittima più illustre di questa accusa fu
Thomas Wolsey, che già caduto in disgrazia per la sua inefficienza
dimostrata durante le trattative per la separazione del re, fu messo sotto
accusa, ma morì di malattia il 30 novembre 1530 durante il suo trasferimento
a Londra. Nel 1531 Enrico fece votare dal parlamento "l'atto di supremazia"
con la quale egli si fece riconoscere Capo Supremo della Chiesa in
Inghilterra. Nel 1532 decise che i tributi andavano pagati alla corona e non
a Roma.
Lo strappo con Roma Lo strappo definitivo arrivò nel 1533,
quando il re sposò in segreto la sua nuova fiamma, Anna Bolena, la quale già
aspettava un figlio da lui, e, tre mesi dopo, Cranmer, facendosi forte di un
decreto parlamentare sulla autonomia della Chiesa inglese nelle decisioni
interne, dichiarò sciolto il matrimonio di Enrico con Caterina e riconobbe
ufficialmente quello con Anna Bolena. Il papa Clemente VII reagì con la
scomunica del re, di Anna Bolena e di Thomas Cranmer nel luglio 1534 e con
l'interdizione (cessazione dell'amministrazione dei sacramenti)
dell'Inghilterra, provvedimento che sarebbe stato tremendo nel medioevo, ma
che fu praticamente ignorata nel XVI secolo. Clemente morì nel settembre
1534: il successore, Paolo III (1534-1549), ideatore del Concilio di Trento,
dovette gestire un rapporto con la Corona d'Inghilterra, che peggiorava ogni
giorno sempre di più. Infatti Enrico VIII rispose alla scomunica nel novembre
1534 con tre atti: Un ulteriore "atto di supremazia" (il re era il Capo
Supremo sulla Terra della Chiesa di Inghilterra) con il diritto di reprimere
le eresie e di scom unicare; L'obbligo per tutti gli inglesi di giurare
solamente davanti al re, e non davanti a qualche autorità straniera
(sic!); La condanna per tradimento per chi osasse dire che il re fosse
eretico, tiranno o scismatico. La pressione sulla Chiesa cattolica inglese
fu elevatissima: sotto il coordinamento del Vicario Generale Thomas Cromwell,
i monasteri furono chiusi e i loro beni incamerati dalla corona e tutti i
prelati dovettero giurare di rispettare l'atto di supremazia, solo Tommaso
Moro (Thomas More) (1478-1535), il grande filosofo umanista erasminiano,
autore dell'Utopia, ed ex Lord Cancelliere, e John Fisher (1469-1535),
vescovo di Rochester ed ex confessore di Caterina d'Aragona, si opposero ed
entrambi furono decapitati per tradimento. Ambedue furono successivamente
nominati santi dalla Chiesa cattolica. Ma la cosa più curiosa fu che, dal
punto di vista dottrinale, almeno in questa prima fase, Enrico VIII non aveva
affatto rotto con il cattolicesimo: in linea di massima, egli si mostrò un
buon cattolico e solo dopo, durante il breve regno del figlio Edoardo VI
(1547-1553), si fecero largo con più decisione elementi cari alla
Riforma. Ma ai tempi di Enrico VIII queste idee potevano costare care: se ne
rese conto anche Thomas Cromwell, che cercò di spingere la monarchia verso
il luteranesimo, facendo adottare i Dieci Articoli (The Ten Articles),
articoli di fede di chiara ispirazione luterana (sola fide e semplificazione
a soli tre Sacramenti) e, con le Ingiunzioni Reali del 1538, fece mettere
una Bibbia in latino ed una in inglese in ogni chiesa (sola
scriptura!). L'esperimento fallì e Cromwell, caduto in disgrazia, anche
perché ritenuto il responsabile del matrimonio, poi fallito, del re con Anna
di Cleves, fu condannato per tradimento e decapitato nel luglio 1540. Nel
1537 Enrico ritornò con decisione ai dogmi cattolici, facendo redigere il
Bishop's book (il libro del vescovo), che conservava i sette sacramenti, il
culto della Vergine e dei santi e proibiva la lettura individuale
della Bibbia. Il libro fu poi rivisto in senso ancora più cattolico e
ristampato nel 1543 con il titolo di King's book (il libro del re). Nel
1539 il parlamento inglese approvò i Sei Articoli (The Six Articles), che
confermarono, tra l'altro, la validità del dogma della transustanziazione,
l'Eucaristia sotto una sola specie, il celibato per i prelati, le Messe
private e la confessione. Riprese quindi con vigore la persecuzione contro i
protestanti: fu bruciato sul rogo nel 1540 il luterano Robert Barnes; il
traduttore William Tyndale, il quale aveva pubblicato la prima Bibbia (Nuovo
Testamento) in inglese nel 1535, fu denunciato all'inquisizione spagnola, che
lo bruciò a Bruxelles nel 1536; la protestante Anne Askew fu processata e
bruciata sul rogo nel 1546; alti prelati di chiare simpatie riformiste, come
i vescovi Hugh Latimer e John Hooper, l'ex frate agostiniano Miles Coverdale,
traduttore del primo Antico Testamento in inglese, e lo stesso Thomas
Cranmer, dovettero o rifugiare all'estero o rivedere drasticamente le proprie
idee o perlomeno adottare un atteggiamento nicodemitico. Insomma alla sua
morte nel 1547, Enrico VIII lasciò sia i cattolici che i protestanti inglesi
del tutto insoddisfatti.
Edoardo VI (1547-1553) Il nuovo re
Edoardo VI, figlio di Jane Seymour (terza delle sei mogli di Enrico), aveva
solo nove anni, quando salì al trono d'Inghilterra e quindi il potere
effettivo era concentrato nelle mani del reggente e Lord Protettore, suo zio
Edward Seymour, duca di Somerset (1506-1552). Somerset era un buon amico di
Cranmer e un convinto assertore della Riforma, che riprese vigore: Latimer
poté nuovamente predicare, Hooper poté rientrare dall'esilio, la chiese
protestanti vennero addobbate secondo il loro credo, cioè senza immagini, la
Comunione veniva data sotto ambedue le forme e Cranmer poté far rientrare la
moglie. Nel 1549 venne pubblicato il Book of Common Prayer (il libro
delle preghiere), compilato su richiesta di Cranmer per semplificare i libri
di preghiere e di funzioni religiose in latino e risalenti al
periodo medioevale. Il suo utilizzo obbligatorio venne prescritto dall'Atto
di Uniformità del 1549 stesso. Però dal punto di vista dottrinale ne
risultò un miscuglio di idee diverse (cattoliche e luterane) e non
soddisfaceva nessuno: quindi, nel 1552, fu rivisto, tuttavia questa volta in
un senso fortemente riformato di tipo svizzero, con l'ausilio di Calvino in
persona, che scrisse a Edoardo VI e al conte di Somerset per aiutarli nella
revisione. Ma soprattutto grazie al nuovo Lord Protettore, John Dudley
(1502-1553), conte di Warwick e al vescovo di Londra Nicholas Ridley, diverse
personalità della Riforma svizzera zwingliano-calvinista furono chiamate in
Inghilterra e diedero il proprio contributo: Martin Bucero da Strasburgo,
l'italiano Pietro Martire Vermigli, professore ad Oxford, il polacco Jan
Laski. Anche nel caso di questa seconda versione, un apposito Atto di
Uniformità del 1552 ne prescrisse l'utilizzo con, in più, l'obbligo di
partecipare alle funzioni religiose e la condanna per imprigionamento per la
partecipazione a qualsiasi altra forma di riunione religiosa. Infine nel
1553 vennero pubblicati i 42 Articoli (The forty-two articles), la collezione
delle formule dottrinali anglicane, rimaste sulla carta per la morte del
re.
Maria Tudor (1553-1558) Infatti il 6 luglio 1553 Edoardo VI, a
soli 15 anni, morì di tubercolosi, e dopo l'infelice avventura di Lady Jane
Grey (1537-1554), cugina di Edoardo e regina per soli 9 giorni (poi
decapitata nel 1554), salì al trono la cattolica Maria Tudor, figlia di
quella Caterina d'Aragona, il cui ripudio aveva innestato lo scisma della
Chiesa d'Inghilterra. Inizialmente la regina impostò il suo regno sulla
tolleranza religiosa, ma nel contempo chiese ed ottenne, il 3 gennaio 1555,
dal parlamento inglese il ritorno all'obbedienza a Roma, ratificato dal
cardinale inglese Reginald Pole (1500-1558). Ironia della sorte, Pole, che
per poco non diventò papa nel 1549 (sarebbe bastato che avesse accettato
l'elezione per adorationem), fu perfino sospettato di eresia da parte del
Papa Paolo IV (1555-1559) per le sue idee moderatamente riformiste. Sul
piano personale, Maria aveva sposato nel 1554 suo cugino di secondo grado, il
figlio dell'imperatore Carlo V, Filippo di Spagna [il futuro Filippo II
(1556-1598)], undici anni più giovane di lei: fu una delle decisioni più
infelici del suo regno. Oltre all'impopolarità presso i suoi sudditi, Maria
soffrì il dramma personale perché non riuscì mai ad avere il tanto aspettato
erede. Forse per l'influenza dei consiglieri cattolici spagnoli o a causa
di manifestazioni protestanti anti-monarchiche o per i consigli del
Lord Cancelliere, l'arcivescovo di York Stephen Gardiner (1483-1555), Maria
si trasformò ben presto in una delle più feroci persecutrici della Riforma
in Inghilterra, tale da meritarsi il soprannome di Maria la Sanguinaria:
furono imprigionati e successivamente bruciati sul rogo Cranmer, Ridley,
Latimer e Hooper. Ridley e Latimer furono addirittura arsi sulla stessa
pira. Ma il boia non si fermò qui: in tutto tra 273 e 288 (a secondo delle
fonti) protestanti furono arsi sul rogo, più di 800 fuggirono (come
Coverdale) in Germania e Svizzera e 2.000 preti furono espulsi perché
sposati. Maria morì il 17 novembre 1558. Qualche ora più tardi morì il
cardinale Pole, il fautore del momentaneo riavvicinamento dell'Inghilterra
alla Chiesa cattolica.
Elisabetta I (1558-1603) Nel 1558 salì
sul trono d'Inghilterra Elisabetta,figlia di Anna Bolena: essa fu la vera
fondatrice della Chiesa Anglicana, una sintesi dottrinale tra liturgia
cattolica e dogmatismo calvinista. Il suo regno non incominciò certo nella
migliore maniera: i cattolici la consideravano un'usurpatrice e l'arcivescovo
di Canterbury, Nicholas Heath (m. 1578), si rifiutò perfino
di incoronarla. Tuttavia Elisabetta fu soprattutto una abile donna
politica e dissimulò con cura il suo credo religioso: non si dichiarò
ufficialmente protestante per non dare lo spunto ad una possibile grande
alleanza tra Spagna, Francia e Scozia, ma d'altronde adottò il
protestantesimo, senza usare i toni accesi dei predecessori. I suoi primi
passi furono improntati sulla diplomazia e compromesso: non si fece più
chiamare, come il padre Enrico VIII, capo supremo della Chiesa d'Inghilterra,
bensì più modestamente Governatore Supremo, pur negando l'autorità giuridica
del papa. Nel frattempo rese obbligatorio nel 1559, con un ennesimo Atto di
Uniformità, il Prayer Book, nella seconda versione di Edoardo VI, tuttavia
rivisto in senso cattolico. Eppure la rivolta degli alti prelati cattolici
era stata quasi totale: 15 vescovi, 12 decani, 15 direttori di collegi
religiosi e circa 200/300 preti rassegnarono le dimissioni o furono privati
del titolo. Nel 1559 fu eletto il nuovo arcivescovo di Canterbury, Matthew
Parker, un uomo moderato e conciliante, che aveva sofferto sotto Maria Tudor,
ideale per Elisabetta in quella posizione, ma per la sua investitura si
dovettero scomodare quattro ex prelati che erano stati vescovi nel periodo di
Edoardo VI, stante la situazione sopra descritta. I 42 articoli di Edoardo
VI (1553) (le formule dottrinali anglicane) diventarono nel 1571, sotto
Elisabetta I, i 39 articoli, compromesso fortemente voluto da Parker, tra
elementi cattolici, luterani e calvinisti. L'altro grande teologo del regno
elisabettiano fu Richard Hooker (1554-1600), spiritualista e apologista, che
scrisse il ponderoso Treatise on the laws of ecclesiastical polity (trattato
sulle leggi del governo ecclesiastico) a difesa della scelta episcopale nella
struttura della Chiesa d'Inghilterra. La reazione di Roma fu lenta: solo
nel 1570 il Papa Pio V (1566-1572) si decise a scomunicare Elisabetta e a
sciogliere gli inglesi dal dovere di obbedienza: errore gravissimo in un
paese che non aveva certo bisogno di alimentare il fuoco della polemica
anti-papale. Nel 1587, sotto la minaccia dell'invasione spagnola e in
seguito all'ennesima congiura per far cadere la regina e sostituirla con
Maria Stuarda (1542-1587), Elisabetta fece decapitare l'ex regina di
Scozia, fuggita in Inghilterra nel 1568, dove venne detenuta in cattività
fino alla sua esecuzione. La mossa aveva il preciso scopo politico di
togliere di mezzo una possibile protagonista (fra l'altro diretto successore
in linea gerarchica di Elisabetta) che potesse catalizzare le proteste dei
cattolici inglesi. La reazione dei spagnoli avvenne l'anno dopo, 1588, ma
la disfatta della loro flotta di invasione, la famosa Invincible Armada
(Invincibile Armata), mise l'Inghilterra al sicuro da ingerenze
esterne. Rimasero comunque i conflitti interni: ovviamente una politica
di compromesso non poteva certo piacere agli opposti estremi. Soprattutto
gli estremisti protestanti, i Puritani, benché rintuzzati spesso da Hooker,
dal 1570 in avanti attaccarono le apparenze esteriori (paramenti sfarzosi,
l'uso dei vescovi ecc.), secondo loro un retaggio papista, rendendo amari
gli ultimi anni per l'anziana regina, che si spense nel
1603.
Horebiti (XV secolo)
Gli Horebiti furono gli
aderenti all'ala estremista del movimento hussita, ed erano simili all'altra
fazione più conosciuta dei taboriti. Gli H. presero il loro nome dal biblico
Monte Horeb, o Sinai (da dove Mosè discese portando le tavole della legge) e
si arroccarono su un monte della Boemia settentrionale, che soprannominarono,
per l'appunto, Horeb. Questa decisione era stata presa interpretando alla
lettera il passo del Vangelo di Marco (XIII, 14): Quando poi vedrete
l'abominazione della desolazione posta là dove non deve stare, allora quelli
che sono in Giudea fuggano verso i monti. Nella loro opposizione alla
Chiesa Cattolica, gli H. si diedero a saccheggi, distruzioni e uccisioni di
preti e nobili finché furono sterminati dall'ala più moderata degli
Utraquisti.
Osiander (Hosemann), Andreas
(1498-1552)
Il teologo luterano Andreas Hosemann (nome umanistico
Osiander) nacque nel 1498 a Gunzenhausen, vicino a Norimberga. Si convertì
alla Riforma nel 1522 e nello stesso anno partecipò alla Dieta imperiale di
Norimberga, ed in quella occasione egli conobbe e fece amicizia con Alberto
di Brandeburgo-Ansbach, che partecipava con il preciso intento di cercare
protezione contro le mire del re di Polonia, dopo una guerra malamente
persa. O. fu un teologo molto prezioso per la diffusione della Riforma nella
Svevia (1528-29) e nel Brandeburgo (1530) e per l'apporto a molti colloqui
con i cattolici e i calvinisti, come ad esempio il colloquio di
Marburg dell'ottobre 1529, dove con grande sconforto di Lutero si approfondì
il divario tra luterani e lo zurighese Huldreich Zwingli sul
tema dell'Eucaristia. Tuttavia, di carattere alquanto intransigente, O. si
pose spesso in contrasto con altri riformatori, tra cui Zwingli stesso, e nel
1548 questa sua durezza lo obbligò ad abbandonare la Germania per cercare
rifugio presso Alberto di Brandeburgo, che gli offrì il ruolo di primo
professore di teologia all'università di Köninsberg (in Prussia), fondata da
Alberto stesso nel 1544. Nel 1550 O. pubblicò il suo principale lavoro De
justificatione, dove entrò in polemica con il suo maestro, contestando la
dottrina luterana della giustificazione per fede (sola fide). Per i
luterani infatti la giustificazione per fede era istantanea: il credente,
cioè, veniva all'istante pronunciato innocente davanti alla corte divina, il
tutto per esclusiva opera dei meriti di Cristo. Per O. invece, tramite la
fede, lo spirito di Cristo viene a dimorare nell'anima del fedele, non
permettendogli di essere automaticamente giusto, ma facendolo diventare
progressivamente giusto. Un'appropriazione interiore, cioè, della natura
divina di Cristo porta quindi alla progressiva santificazione
dell'anima. O. morì a Köninsberg nel 1552.
Lentulo (o Lentolo),
Scipione (1525-1599)
Scipione Lentulo (o Lentolo), nato a Napoli
nel 1525, entrò, a vent'anni, nell'ordine dei francescani ed ottenne il
dottorato di teologia a Venezia nel 1549. Nel 1555 lasciò il monastero per
sposarsi, per questo fu imprigionato dall'Inquisizione per due anni: solo nel
1557 riuscì a fuggire a Ginevra, dove fu convertito alla religione
riformata. Dotto e valente storico, L. scrisse probabilmente l'unica opera
storica dell'epoca sui valdesi, dal titolo Historia delle grandi e
crudeli persecutioni fatte ai tempi nostri in Provenza, Calabria e Piemonte
contro il popolo che chiamano valdese dove entrò in polemica con i
nicodemiti, esaltando il martirio di coraggiosi personaggi, come l'ex
cappuccino e pastore riformato della valle d'Angrogna, Gioffredo Varaglia,
bruciato sul rogo a Torino nel 1558 e il posto, lasciato vacante proprio da
Varaglia, fu offerto nel 1559 a L. da parte dei pastori di Ginevra. Nel
1560 L. tradusse in lingua italiana la bozza della confessione di fede degli
ugonotti per inviarla al duca di Savoia, Emanuele Filiberto (1559-1580), ma
da lì a poco scoppiarono nuovamente gli scontri (soprattutto in Valle
d'Angrogna) tra valdesi e savoiardi, dopo il lungo periodo di pace per le
Valli Valdesi, favorito dall'occupazione militare da parte dell'esercito
francese rinforzato da diversi reparti mercenari luterani. Nel 1561 tra il
Duca di Savoia e i valdesi si arrivò ad un armistizio, l'accordo di Cavour,
che portò ad una qualche forma di libertà di culto per i Valdesi. Ma l'ala
oltranzista di L. contestò questo patto e i maggiorenti valdesi decisero di
espellere il focoso pastore di Angrogna per motivi di sicurezza. L. dovette
quindi emigrare in Valtellina (dal 1512 sotto il cantone protestante dei
Grigioni), dove accettò il pastorato della comunità di Montesondrio.
Tuttavia, dopo alcuni anni, oppresso dalla gotta e affaticato dalle grandi
distanze che doveva percorrere nella sua comunità frazionata in tanti
villaggi dispersi sulle montagne (di cui si lamentò in una lettera
al riformatore Johann Heinrich Bullinger a Zurigo dell'8 settembre 1567),
egli assunse, nel 1567, il compito di pastore a Chiavenna, posizione che
detenne per ben 30 anni, fino a poco prima della sua morte nel 1599. Egli
era succeduto a Girolamo Zanchi, il quale aveva abbandonato questo posto, tra
gli altri motivi, a causa dall'irrequietezza dei gruppi settari, anabattisti
e antitrinitari. Anche L. dovette gestire sia a Montesondrio, che a
Chiavenna, il difficile rapporto soprattutto con gli antitrinitari: prese
infatti posizione contro Camillo, fratello di Lelio Sozzini, opponendosi a
che egli risiedesse a Chiavenna. Ma prese anche le sue brave cantonate:
ospitando per esempio il bolognese Battista Bovio, che in seguito si rivelò
essere un antitrinitario difensore del libero arbitrio e probabile seguace di
Sébastien Castellion, oppure raccomandando presso Bullinger e Theodore de
Béze l'ex domenicano pugliese Alessandro Maranta, che poi si fece espellere
ignominiosamente da Ginevra nel 1573, riconvertendosi infine al
cattolicesimo. Contro il proliferare di sette eterodosse, L. riuscì a far
intervenire i pastori di Coira: essi emisero nel 1570 un decreto, che
obbligava qualsiasi predicatore riformato nella Valtellina a dichiarare la
propria adesione alla Confessio Rhaetica. Tuttavia, L. non riuscì a
convincere lo svizzero Fabrizio Pestalozzi, trasferito in Polonia, a
mantenere la fede riformata, nonostante un intenso scambio epistolare:
Pestalozzi sarebbe infatti diventato un antitrinitario. Nel 1575 L.
partecipò al Sinodo di Coira, organizzato dal pastore Kaspar Hubenschmid (ca.
1535-1595), e nel 1596, un anno prima di ritirarsi, per i servizi resi alla
comunità, gli fu assegnato una pensione di sei pezzi d'oro all'anno. Morì
a Chiavenna nel 1599.
Hubmaier, Balthasar
(1480/1-1528)
La gioventù Balthasar Hubmaier, il più famoso
teologo anabattista, nacque nel 1480/1 a Friedberg, vicino ad Augsburg
(Augusta) in Baviera, da una povera famiglia contadina. Nonostante ciò, egli
riuscì con mille difficoltà a completare gli studi universitari, dapprima a
Friburgo e, in seguito, ad Ingolstadt, seguendo il suo maestro, il più
giovane, ma già affermato, teologo Johann Eck (1486-1543). H. divenne
sacerdote nel 1510 e dottore in teologia nel 1512, iniziando immediatamente a
lavorare per l'università di Ingolstadt, di cui divenne vice-rettore nel
1515. Nel 1516 H. fu nominato predicatore della cattedrale di
Ratisbona (Regensburg), in Baviera, dove ebbe molto successo, ma dove si
lasciò anche coinvolgere in una violenta campagna contro gli ebrei, culminata
con la loro cacciata dalla città. In seguito a questo non edificante
episodio, la sua popolarità presso i cittadini cristiani salì comunque alle
stelle, suscitando l'invidia dell'ordine dei Domenicani e convincendolo
quindi a trasferirsi in un posto più tranquillo. Prese dunque la decisione
di recarsi nel 1521 a Waldshut, vicino al confine con la Svizzera, nel sud
del Baden Württenberg, allora (dal 1520 al 1534) sotto il dominio degli
Asburgo.
La conversione alla Riforma Fino a quel momento H. era
stato un cattolico osservante, ma dal soggiorno a Waldshut in avanti si
accostò sempre più alle idee riformiste, leggendo gli scritti di Lutero e
scambiando lettere con Zwingli ed Ecolampadio. Con i due riformatore svizzeri
H. si trovò spesso d'accordo, soprattutto nel primato della Sacra Scrittura e
nella lotta contro l'uso delle immagini e contro la messa in latino, tuttavia
incominciò anche ad essere sempre più in contrasto con loro per quanto
concerneva il battesimo dei bambini. A riguardo man mano egli si accostò alle
posizioni espresse dal gruppo anabattista di Conrad Grebel. Nel 1524 H. si
impegnò a fondò per la conversione alla Riforma della Germania meridionale:
introdusse la messa in tedesco, abolì il celibato e il digiuno, ma la sua
azione venne contrastata dal vescovo di Costanza Hugo von Hohenlandenberg
(vescovo: 1496-1529, m. 1532) e dagli Asburgo, che tentarono inutilmente di
fare delle pressioni sulle autorità di Waldshut, acciocché lo espellessero:
fu comunque lo stesso riformatore che decise di rifugiarsi, nel Settembre
1524 a Sciaffusa, in Svizzera, per evitare guai peggiori alla città
tedesca. A Sciaffusa H. scrisse una delle sue opere migliori: Von Ketzern und
ihren Verbrennern (Sugli eretici e su coloro che li bruciano), contro
le persecuzioni dei suoi nemici, cattolici e Asburgo, che nuovamente,
questa volta al consiglio di Sciaffusa, chiesero la sua estradizione.
Comunque H., anche qui, tolse le autorità dall'imbarazzo, ritornando a
Waldshut in Ottobre.
La conversione all'anabattismo Qui egli
riprese la sua azione riformatrice, ma con un forte connotato anabattista,
alla quale dottrina dichiarò di aderire nel Gennaio 1525, mese in cui si
sposò con Elsbeth Hügeline. In Aprile fu battezzato da Wilhelm Reublin, e nei
giorni successivi lui stesso battezzò circa trecento persone. Dal Maggio 1525
H. entrò in una polemica sul battesimo, a colpi di opuscoli dottrinali, con
Zwingli: iniziò il riformatore di Zurigo con Vom Tauff, Widertauff und
Kindertauff (Del battesimo, contro-battesimo e battesimo dei bambini), al
quale H. rispose con Von dem Christenlichen Tauff der glaübigen (Del
battesimo cristiano dei credenti). Zwingli accusò il colpo pubblicando il
piccato e polemico Über dr. Balthazars Tauffbüchlin waarhaffte
gründte antwurt (Risposta all'opuscolo del dr. Balthazar sul battesimo), ma
H. rintuzzò l'attacco pubblicando Ein Gesprech auf Zwinglen Tauffbüchlein
von dem Kindertauff (Discorso sull'opuscolo di Zwingli intorno al battesimo
dei bambini). In questi scritti l'impianto dottrinale di H. sul battesimo
si fondava su una visione catartica del sacramento, purificatrice dei
peccati, che doveva seguire la confessione ed il pentimento ed evidentemente
non era applicabile ai neonati per ovvi motivi. Nel frattempo il contrasto
con gli Asburgo prese una piega molto drammatica: nell'autunno 1525
Ferdinando d'Asburgo fece porre d'assedio Waldshut, con il pretesto della
repressione della rivolta dei contadini, ma anche con l'obiettivo di
riportare il Cattolicesimo nella città. Waldshut si arrese il 5 Dicembre 1525
e H., non volendo piegarsi ai voleri del nemico, fuggì con la moglie e
qualche amico a Zurigo.
H. a Zurigo Qui H., perseguitato e lacero,
entrò il 7 Dicembre di nascosto, ritenendo saggiamente di non far sapere la
cosa alle autorità, poiché era ancora viva l'impressione per le polemiche
anabattiste e la successiva condanna di Grebel, Mantz e Blaurock. Tuttavia,
qualche giorno dopo, egli venne scoperto ed arrestato su ordine delle
autorità cittadine, che rifiutarono l'estradizione chiesta dagli Asburgo, ma
accettarono la richiesta di un confronto pubblico con Zwingli. L'esito di
questo dibattito fu scontatamente a favore di Zwingli, il quale mise
l'avversario di fronte ad un aut-aut: o ritrattare o abbandonare la città.
H., malato e stanco, scrisse la sua ritrattazione, ma quando il 5 Gennaio
1526 gli fu richiesto di leggerla pubblicamente davanti alla cittadinanza,
egli negò tutto lanciandosi in una appassionante quanto pericolosa apologia
del battesimo degli adulti, interrotta a forza dalle guardie, che lo
imprigionarono nuovamente nella famigerata Wasserturm. Questa volta per
essere più sicuro del pentimento di H., Zwingli lo fece spietatamente
torturare fino ad ottenere una piena ritrattazione, che fu da H. reiterato
pubblicamente per ben tre volte.
H. a Nikolsburg Disprezzato dagli
anabattisti e dai riformatori, per motivi ovviamente diversi, e ricercato
attivamente dalle spie degli Asburgo, H. lasciò segretamente Zurigo nel 1526,
dirigendosi verso Ausgburg (Augusta), dove nell'Aprile dello stesso anno
fondò una comunità anabattista e battezzò Hans Denck. Ma già nel Luglio
1526 H. se ne andò da Augusta e si diresse a Nikolsburg (oggigiorno Mikulov),
nella Moravia meridionale, invitato dai signori del luogo, appartenenti ad un
ramo della nobile famiglia dei Liechtenstein. Il successo ottenuto da H. a
Nikolsburg andò oltre ogni più rosea previsione: non solo egli convertì sia i
signori Leonhard e Johann von Liechtenstein che i due predicatori luterani
della città, Hans Spittelmaier (1497-1528) e Oswald Glait (m. 1546), ma
ribattezzò anche circa 6.000 persone durante la sua permanenza, creando a
Nikolsburg quel centro di riferimento, che gli anabattisti perseguitati in
Europa anelavano disperatamente. E i perseguitati risposero entusiasticamente
alla possibilità di rifugio in Moravia, affluendo talmente numerosi che
la popolazione di Nikolsburg crebbe fino a sfiorare le 12.000 unità. A
Nikolsburg H. si dedicò ad elaborare la dottrina anabattista attraverso
la pubblicazione di circa 18 opere tra scritti, trattati, brevi saggi, il
più famoso dei quali furono i Zwölf Artikel des christlichen Glaubens
(Dodici articoli della fede cristiana) del 1526. H. era fautore di un
coinvolgimento dei cristiani nella vita politica e nella difesa con le armi,
se necessario, della propria autonomia: i suoi seguaci furono per questo
detti Schwertler (i portatori di spada). Questa posizione alimentò dei
dissidi interni al movimento anabattista con la corrente pacifista degli
Stabler (i portatori di bastone), seguaci di Jakob Wideman, detto Jakob il
guercio (m.1535 ca.). La polemica peggiorò con l'arrivo di Hans Hut, che
diede un sapore apocalittico alle sue predicazioni per aver fissato la data
della parusia (seconda venuta di Cristo sulla terra) per la Pentecoste del
1528. Hut riuscì a spezzare il movimento anabattista, portando dalla sua
parte gli adepti più radicali, che mal tolleravano i compromessi di H. con le
autorità locali e propendevano per un anabattismo estremo secondo un concetto
caro al fondatore Conrad Grebel.
La fine La situazione
precipitò quando i signori di Liechtenstein fecero arrestare Hut, poi evaso:
i successivi tumulti creati dai seguaci di Hut misero anche H. in cattiva
luce presso i governanti stessi. Fu questo probabilmente il motivo perché
essi acconsentirono, nell'autunno 1527, all'estradizione di H. e della moglie
in Austria, su richiesta degli Asburgo, dove vennero arrestati e imprigionati
nel castello di Kreuzenstein, nell'Austria inferiore. Dapprima Ferdinando
d'Asburgo adoperò la linea morbida, facendo parlare H. nel Dicembre 1527 con
il suo vecchio amico, il teologo cattolico Johann Faber (1478-1541), che
cercò di convincerlo, per la verità con un fare molto brusco e prepotente, ad
una parziale ritrattazione delle sue idee. Ma gli Asburgo volevano una totale
e incondizionata resa del teologo anabattista, che egli, nonostante le
torture, non volle dare: fu quindi condannato a morte per eresia e
sedizione. Il 10 Marzo 1528 H. fu bruciato sul rogo a Vienna, perdonando i
suoi nemici, e pochi giorni dopo anche la moglie venne uccisa, gettata con
una pietra al collo nel Danubio.
La dottrina Attraverso i suoi
innumerevoli scritti, H. fu il primo teologo a cercare di sistemare la
nebulosa (fino ad allora) dottrina anabattista: la Chiesa era vista come una
comunità di rigenerati fondata su due patti con Dio: il Battesimo e la Cena
del Signore. Egli infatti concepì il Battesimo come un voto, una pubblica
testimonianza della fede cristiana, un vero arruolamento nella Chiesa dei
credenti. La Cena del Signore (Eucaristia) era invece una pubblica
testimonianza dell'amore cristiano, non andava inteso come un sacrificio, ma
come la commemorazione della morte e delle sofferenze di Cristo, che aveva
dato il Suo corpo per la nostra salvezza. Tuttavia H. in polemica con i
concetti protestanti della salvezza per fede e della predestinazione, era
convinto che i credenti fossero comunque tenuti a vivere secondo gli
ordinamenti di Cristo e che la comunità dovesse punire pubblicamente il
fedele per i suoi peccati commessi, anche come esempio per gli
altri. Inoltre vi erano molti ruoli nella società che dovevano essere
ricoperti, anche se sgradevoli, come la difesa e l'esercizio della giustizia,
e per H. questo compito spettava alle autorità costituite. Questo concetto
avvicinò, pur con alcune sfumature diverse, la posizione di H. a quelle di
Zwingli e Lutero, differendo alquanto da quella degli altri anabattisti, come
ad esempio Michael Sattler.
Hus (o Huss), Jan (ca. 1369-
1415)
La vita Jan Hus nacque nel 1369 ca. a Husinec, nella
Boemia meridionale. Suo padre morì quando egli ancora giovane, perciò fu
cresciuto dalla madre, e poi mandato a studiare all'università di Praga, dove
H. frequentò con pieno successo i corsi di teologia e filosofia, studiando
con Stanislao di Znojmo. Nel 1393 H. conseguì il titolo di Baccelliere in
arti, nel 1396 la relativa laurea, nel 1400 fu ordinato sacerdote ed infine
nel 1402 diventò decano dell'università di Praga. Nello stesso tempo egli
fu nominato predicatore nella Cappella di Betlemme, una comunità religiosa
fondata nel 1391, per un auspicato ritorno all'originale Chiesa di Cristo e
degli Apostoli, da Mathis di Janow, allievo, a sua volta, dei riformatori Jan
Milic Kromerìz (fondatore della comunità "Nuova Gerusalemme") e Conrad
Waldhouser. Inoltre in quegli anni H. fu fortemente influenzato dagli
scritti, tradotti in ceco, di John Wycliffe, il riformatore inglese, e
riportati in patria da un gruppo di studenti boemi della facoltà di teologia
di Oxford, recatisi in Inghilterra al seguito della principessa Anna di
Boemia, promessa sposa a re Riccardo II d'Inghilterra (1377-1399). Nel
1403 l'università di Praga condannò 45 tesi contenuti negli scritti
di Wycliffe: H., tuttavia, tradusse ugualmente il suo Trialogus in ceco e
lo fece circolare in patria. Oltretutto egli era un eccellente predicatore
e favoriva l'uso della lingua ceca, al posto del latino, e questo lo
rese molto popolare presso i boemi che stavano sviluppando sempre più il
senso di "nazione". Nonostante le sue idee abbastanza eterodosse, fino al
1408, H. poté godere della protezione dell'arcivescovo di Praga, Zbynek (o
Sbinko) von Hasenburg. In quell'anno l'alto prelato ricevette una lettera di
Papa Gregorio XII (1406-1415), preoccupato del diffondersi delle idee di
Wycliffe in Boemia, e soprattutto della possibilità che il re Venceslao IV,
detto il Pigro (1378-1419), potesse mostrare simpatie verso esse. Tutto
ciò si complicò nel 1409 con la decisione del re stesso di favorire
la componente ceca dell'università di Praga, di cui H. era il
massimo esponente, permettendo ad essa di avere, nelle assemblee, tre voti,
mentre alle altre nazionalità presenti in Boemia fu concesso solo un voto
ciascuno. Questo portò ad una crisi senza precedenti: i docenti e studenti
tedeschi (forse 20.000 persone) lasciarono Praga per emigrare a Lipsia o in
zone a loro etnicamente più affini. Poiché Gregorio XII mostrò segni di
voler intervenire nella complessa diatriba, re Venceslao proibì ogni contatto
tra il clero locale ed il Papa: quest'ultimo reagì interdicendo Praga
attraverso l'arcivescovo Zbynek. La situazione, già così articolata, venne
ulteriormente complicata dai vari interventi dei candidati Papi (non solo
Gregorio XII, ma anche gli antipapi Benedetto XIII, Alessandro V e il suo
successore Giovanni XXIII), che in quel momento nero per la Chiesa, si
stavano scannando per il seggio pontificio. Infatti in una bolla del
Dicembre 1409 l'antipapa Alessandro V proibì la predicazione in Boemia
all'infuori dei luoghi consacrati e la diffusione degli scritti di
Wycliffe. Contro questa decisione H., forte dell'appoggio del re, si appellò,
inviando al successore di Alessandro, l'antipapa Giovanni XXIII, i suoi
compagni di fede Stanislao di Znojmo e Stefano di Pàlec, ma Zbynek, oramai
diventato suo nemico, lo bandì nel 1410: re Venceslao reagì molto male a
questo affronto e fu probabilmente il mandante dell'assassinio
dell'arcivescovo nel Settembre 1411. Nel 1412 H. prese una posizione
fortemente polemica, assieme all'amico Girolamo di Praga, nei confronti di
Giovanni XXIII, il quale faceva vendere le indulgenze con lo scopo molto
terreno di finanziare la guerra contro il papa Gregorio XII. Questa posizione
critica scatenò la reazione di Giovanni XXIII con la scomunica del
predicatore ceco. La bolla papale di scomunica fu bruciata in piazza durante
una manifestazione popolare a Praga, ma tre seguaci di H. furono arrestati
e decapitati per ordine del re, che mostrò quindi di aver ritirato
l'appoggio a H. in quanto si dice il sovrano fosse stato indispettito dal
suo atteggiamento: infatti anche Venceslao stesso avrebbe potuto usufruire
delle entrate derivate dalla vendita delle indulgenze. H., a questo punto,
osteggiato da più parti e con un ordine papale di cattura sulla testa, pensò
bene di lasciare Praga nel 1412, rifugiandosi nelle campagne della Boemia
meridionale per predicare fra i contadini e scrivere le sue opere più
importanti, come Interpretazione del credo, dei dieci comandamenti e della
preghiera del Signore e Della simonia, in ceco e De ecclesia in
latino. Rientrato a Praga nel 1414, fu invitato dal re di Germania Sigismondo
di Lussemburgo (re dal 1410) a partecipare, munito di un salvacondotto,
al Concilio di Costanza del 1415 per chiarire le sue idee. Purtroppo,
essendosi recato a Costanza con l'amico fraterno Girolamo di Praga, H. fu
proditoriamente arrestato, nonostante il salvacondotto, e minacciato di morte
se non avesse ritrattato le sue idee ritenute eretiche. H. rimase
coraggiosamente sulle sue posizioni e dichiarò che lo avrebbe fatto se si
fosse dimostrato che egli era in contrasto con le Sacre Scritture. H. fu
quindi condannato per eresia e bruciato sul rogo il 6 Luglio 1415 e le sue
ceneri gettate nel fiume Reno. La stessa sorte toccò a Girolamo di
Praga l'anno successivo e perfino Wycliffe, morto oramai da 30 anni, fu
condannato postumo per eresia, ma solo nel 1428 e dietro pressioni di Papa
Martino V (1417-1431): il suo corpo fu riesumato e bruciato sul rogo e le
ceneri sparse nel fiume Swift. La condanna sul rogo di H., da parte del re
tedesco Sigismondo, fu un colossale errore politico, che fece assurgere la
figura di H. a martire della riforma in Boemia e del nazionalismo
ceco. Già quattro anni dopo, nel 1419, le truppe hussite scatenarono una
guerra che durò fino alla pace di Jihlava del 1436 e alla fondazione nel
1467 dell'Unione dei fratelli boemo-moravi. Più recentemente la figura di
H. è stata riabilitata da Papa Giovanni Paolo II in un suo viaggio pastorale
a Praga il 28 Aprile 1997.
La dottrina Come si è già detto, H. fu
fortemente influenzato dagli scritti di Wycliffe: nel suo testo De ecclesia
H. riprese le idee del riformatore inglese in tema di predestinazione e di
rifiuto dell'investitura divina del papato. Un altro punto delle sua riforme
fu l'utraquismo, cioè la Comunione offerta sotto la forma sia del pane che
del vino (il termine deriva dal latino sub utraque specie), secondo il
Vangelo di Giovanni (VI,54): Chi si ciba della mia carne e beve il mio sangue
ha vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. A dir la verità, la
Chiesa dei primi secoli (fino al XII secolo) aveva praticato la Comunione
sotto ambedue le forme e, ai tempi di H., anche le Chiese orientali lo
facevano, ma successivamente era stata ristretta al solo officiante e
abbandonata l'usanza per i fedeli a causa del rischio che qualcuno potesse
versare, in maniera sacrilega, per terra il Sangue di Cristo. Questa
usanza fu condannata dal Concilio di Costanza (1414-1417), ma la decisione
scatenò le guerre hussite fino al Concilio di Basilea (1431-1439), dove fu
permesso ai boemi di comunicarsi con ambedue le forme. Recentemente (2001) la
Chiesa Cattolica ha accettato che anche i cattolici possono ricevere la
Comunione sotto ambedue le forme. Infine H. lottò contro le indulgenze, i
pellegrinaggi, il ricorso all'intercessione dei santi e la venerazione delle
reliquie, probabilmente in ciò influenzato dal pensiero delle comunità
valdesi, esistenti all'epoca in Boemia ed in seguito assorbite dagli hussiti
stessi.
Huska, Martin (XV secolo) e Adamiti
Nel 1418
alcuni profughi francesi perseguitati per le loro idee religiose, provenienti
dalla zona di Lilla e Tournai, cioè dalla Piccardia, e per questo denominati
piccardi (secondo alcuni fantasiosi autori una corruzione del termine
begardi) raggiunsero la Boemia hussita. Essi predicavano le dottrine dei
Fratelli del Libero Spirito, e della Libera Intelligenza, due movimenti
diffusi, dal XII secolo, nella Francia settentrionale, in Germania, nei Paesi
Bassi e in Italia, e che professavano l'indipendenza dall'autorità
ecclesiastica e la possibilità di vivere secondo una vita apostolica, poiché
i propri adepti erano convinti di essere pervasi dallo Spirito
Santo. Questo stato di divinità coincideva con la totale scomparsa dei
tormenti della coscienza: essi quindi ritenevano di essere talmente perfetti
da poter commettere qualsiasi atto senza correre il rischio di peccare,
secondo il detto di San Paolo: Tutto è puro per i puri (Lettera a Tito
1,15). Alcuni autori cattolici riportarono che i piccardi si lasciavano
andare ad atti contro la morale, come atti sessuali extra matrimoniali,
avevano l'abitudine di girare nudi come Adamo ed Eva nell'Eden, e mettevano
in comune tutte le cose, comprese le donne. Per questo furono
soprannominati Adamiti. A capo di questo gruppo si mise un predicatore
hussita, Martin Huska, soprannominato Loquis, precedentemente aderente
all'ala estremista dei taboriti. Egli fissò il quartiere generale della setta
su un'isola sul fiume Nezàrka e diede alla dottrina del gruppo una
interpretazione pessimistica ed apocalittica della società, come quella degli
Zeloti (la setta apocalittica giudaica, risalente ai tempi di Gesù e opposta
ai Romani e che annoverò tra i suoi aderenti anche l'apostolo Simone). H.
inoltre negava la transustanziazione (la presenza del Corpo di
Cristo nell'Eucaristia) e incoraggiava atroci profanazioni. Per questo egli
venne arrestato, torturato e bruciato sul rogo dentro un barile. Anche la
sua setta non durò molto a lungo: il comportamento dei suoi seguaci disgustò
gli hussiti, che nell'Ottobre 1421, al comando di Jan Zizka, circondarono gli
Adamiti nel loro accampamento e li massacrarono tutti.
Hussiti (o
Ussiti) (dal XV secolo)
L'inizio del movimento Gli Hussiti
furono i seguaci del riformatore Jan Hus, bruciato sul rogo durante il
Concilio di Costanza il 6 Luglio 1415. Immediatamente dopo la morte del
riformatore ceco, essi protestarono vivamente contro l'ingiusta sentenza e
già nel Settembre dello stesso anno, ben 452 nobili boemi e moravi inviarono
una nota di protesta per l'accusa di eresia, formulata contro Hus. Negli
anni successivi la morte del loro caposcuola, da subito venerato come martire
della riforma in Boemia e del nazionalismo ceco, gli h. si organizzarono
sotto vari predicatori, il più importante dei quali fu Jakoubek di Stribo,
successore di Hus alla Cappella di Betlemme, e autore nel 1420 dei Quattro
articoli di Praga, il manifesto del credo hussita: Libertà per i preti di
predicare le Sacre Scritture in lingua locale. Comunione eucaristica sotto
ambedue le forme, il calice contenente il vino e il pane, data sia agli
adulti che ai bambini. Espropriazione dei beni ecclesiastici e povertà del
clero. Pene temporali per i peccati mortali commessi da membri del
clero.
Ben presto il movimento h. si spezzò in varie
correnti: Dall'espressione latina, usata per la Comunione sotto ambedue le
forme, sub utraque specie, nacque il nome dei h. della fazione moderata,
denominata utraquisti oppure calixtini (o calinisti o calicisti) dal latino
calix, il calice contenente il Sangue di Cristo. Essa era principalmente
formata da universitari, aristocratici e borghesi. Gli h., invece, della
fazione estremista formata da contadini e poveri, si denominarono taboriti,
dal Monte Tabor, una collina vicino alla città di Serimovo Ústí, nella Boemia
meridionale, ribattezzata così in onore del monte della trasfigurazione di
Cristo. Una terza componente radicale del movimento hussita fu quella dei
horebiti: un altro nome dal sapore biblico dal Monte Horeb, o Sinai, da dove
Mosè discese portando le tavole della legge. Infine un quarto gruppo fu
quello degli adamiti o piccardi, fondati dal predicatore Martin
Huska.
Le crociate contro gli hussiti La situazione precipitò nel
Luglio 1419, quando i taboriti, condotti da Jan Troznowski, detto Zizka, il
leggendario condottiero cieco da un occhio, defenestrarono sette magistrati
del re Venceslao IV (1378-1419), detto il Pigro, che non intendevano
rilasciare alcuni loro compagni: i giudici trovarono una orribile morte
infilzati sulla punta delle lance dei soldati appostati nel cortile
sottostante. Il mese successivo morì re Venceslao, si dice di crepacuore per
l'accaduto, e suo fratellastro Sigismondo di Lussemburgo (colui che aveva
permesso il rogo di Hus a Costanza), re di Germania dal 1410, si proclamò re
di Boemia e fece invadere la regione nel Marzo 1420, forte di una bolla
papale di Martino V (1417-1431), che scomunicava tutti gli h., indicendo una
crociata contro essi. La crociata si rivelò un vero disastro per gli
imperiali, più volte sconfitti nel corso del 1420 dalle truppe hussite, sotto
il comando di Zizka, il quale mostrò le sue notevolissime doti di
stratega. Nel frattempo gli h. ebbero a che fare con la setta dissidente
degli adamiti di Martin Huska, detto Loquis: costui negava la
transustanziazione (la presenza del Corpo di Cristo nell'Eucaristia) e
incoraggiava atroci profanazioni. Per questo Huska fu arrestato, torturato e
bruciato sul rogo dentro un barile. La resa dei conti con i suoi seguaci
avvenne nel 1421, quando gli h. circondarono gli adamiti nel loro
accampamento su un'isola sul fiume Nezàrka e, al comando di Zizka, li
massacrarono tutti. Alla fine del 1421 i crociati ci provarono di nuovo: un
nuovo e più potente esercito invase la Boemia, ma fu ancora sconfitto dalle
truppe di Zizka (oramai completamente cieco dal 1421) a Kuttenberg nel
Gennaio 1422. Tuttavia, al posto della pace, seguì invece un periodo di
incertezze e lotte intestine nel movimento h. e la proposta di unire le parti
in conflitto sotto il governatorato di Sigismondo Korybut, delegato del
pretendente al trono, il Granduca di Lituania, Witold, fallì per la sconfitta
inflittagli dalle truppe di Zizka nel 1423. Ma nell'Ottobre 1424 Zizka fu
improvvisamente sconfitto da un nemico ben più insidioso di quelli che aveva
incontrato fino a quel momento: la peste contratta durante una spedizione
militare contro la Moravia. Il movimento dei taboriti sbandò paurosamente,
frazionandosi ulteriormente, finchè venne nominato capo Andreas Prokop (o
Procopius) (1380-1434), detto il Grande o lo Sbarbato, altrettanto abile dal
punto di vista militare come il suo predecessore. Prokop sconfisse i crociati
tedeschi a Aussig (1426) e a Mies (1427) e invase le regioni della Lusazia
(Lausitz), Slesia, Sassonia, Baviera fino a Norimberga. Nonostante ciò,
nel 1430 l'ostinato Papa Martino V fece organizzare un'ulteriore crociata,
forte di 130.000 uomini, al comando del principe Federico di Brandeburgo:
l'esito, quasi scontato, fu l'ennesima disfatta dei crociati a Taus, nella
Boemia occidentale, il 14 Agosto 1431.
Le Compactata di
Basilea Finalmente i cattolici capirono che era necessario arrivare ad
una trattativa pacifica e a fare delle concessioni agli h.: al Concilio
di Basilea (1431-1439) si arrivò alla stesura delle Compactata, una serie
di deroghe dottrinali, che riproducevano i Quattro Articoli di Praga. Ma
questo compromesso non fu accettato dalla fazione dei taboriti: si dovette
giungere ad una guerra fratricida tra utraquisti (momentaneamente alleati con
i cattolici) e taboriti, conclusasi con la sconfitta di questi ultimi nella
battaglia di Lipau (o Lipany) del 30 Maggio 1434, dove fu ucciso anche
Prokop. Infine nel 1436, alla Dieta di Iglau (Jihlava) in Moravia, i
cattolici e gli h. accettarono reciprocamente le Compactata e l'obbedienza al
Concilio. Fu formata una Chiesa Cattolica boema indipendente con a capo
l'arcivescovo Jan Rokyzana. Tuttavia l'accordo non portò la sperata pace
in Boemia, dove continuarono nuove lotte interne culminate nel 1448, quando
il governatore di Praga, Giorgio Podiebrad reagì con forza ai tentativi dei
cattolici di riprendersi i beni confiscati durante le guerre hussite e di
rievangelizzare la regione con una attività martellante dei predicatori
francescani agli ordini del Vicario generale, San Giovanni Capistrano
(1386-1456). Podiebrad venne nominato reggente nel 1452 e re di Boemia nel
1458, sostenendo attivamente il rito utraquista, ma scontrandosi dapprima con
Papa Pio II (1458-1464), che nel 1462 dichiarò nulle le Compactata del 1436,
e poi con il successore Papa Paolo II (1464-1471), che lo scomunicò nel
1466. Podiebrad fu deposto nel 1470 e morì l'anno successivo. In seguito
gli h. giocarono un ruolo sempre più marginale nelle vicende della loro
nazione: già nel 1457 molti di loro aderirono ad un movimento separato,
denominato Unitas Fratrum o Fratelli Boemi. Questo era collegato all'attività
del riformatore Petr Chelcický (1390-1460) e divenne gradualmente la fazione
più numerosa dell'eredità hussita fondendosi con i valdesi boemi nel 1467 e
diventando l'Unione dei fratelli boemi-moravi, che tuttora esiste come chiesa
evangelica indipendente. Gli utraquisti, invece, durarono in patria fino al
1620, quando in piena guerra dei Trent'anni (1618-1648) (scatenata, tra
l'altro, da un'altra defenestrazione di Praga), molti furono costretti a
convertirsi al Cattolicesimo o andare in esilio in Ungheria o in
Polonia. Oggigiorno la Chiesa Hussita Ceca conta circa 170.000 membri ed ha
avuto recentemente la soddisfazione morale di vedere la Chiesa
Cattolica accettare (nota della Congregazione vaticana per il Culto del
2002) finalmente la Comunione sotto le due specie, caratteristica degli h.,
ma tenacemente combattuta di cattolici per secoli.
Hut, Hans
(m.1527)
Hans Hut nacque a Haina, un villaggio presso Römhild, e
risedette successivamente a Bibra, vicino a Meiningen (tutti paesi della
Turingia meridionale): la data di nascita è sconosciuta. Egli era un
rilegatore di libri ed aveva aderito in gioventù al luteranesimo, per il
quale aveva operato un'intensa azione di propaganda per tutta la Germania e
Austria, grazie al suo secondo mestiere di libraio ambulante. Tuttavia nel
1524 H. decise di allontanarsi dal luteranesimo, poiché non era convito della
necessità del battesimo dei bambini e nonostante un viaggio a Wittenberg per
farsi aiutare dai teologi locali in questo suo dubbio, rientrato a Bibra,
prese la decisione di non far battezzare il suo ultimo figlio. Questa
decisione gli costò l'espulsione da parte dei signori locali, Hans e Georg
von Bibra-Schwebenheim, che lo costrinsero a vendere i suoi beni ed
ad andarsene. H. si recò allora con la famiglia a Norimberga, dove
incontrò Hans Denck e Thomas Müntzer, per il quale (probabilmente) stampò due
opuscoli: Hochverursachte Schutzrede wider das geistlose sanftlebende Fleisch
in Wittenberg (Apologia ben fondata e risposta alla carne senza spirito
che vive mollemente in Wittenberg), uno dei suoi più violenti opuscoli
contro Lutero (che chiamava Dottor bugiardo e il Drago), e Ausgedrückte
Entblössung das falschen Glaubens (L'esplicita messa a nudo della falsa
fede). H. rimase molto influenzato dalle parole rivoluzionarie di Müntzer e
quando scoppiò la Guerra dei Contadini nel Maggio 1525, corse a
Frankenhausen, non si sa se per parteciparvi o se per solo vendere i propri
libri. Fatto sta che non appena iniziò la battaglia se ne allontanò
spaventato: fu tratto in arresto per essere poi rilasciato. Decise quindi
di tornare a Bibra, proprio mentre era in corso una rivolta locale di
contadini capitanata da Jörg Haug, che invitò H. a predicare per i rivoltosi.
Anche questa sedizione fu repressa e H. decise di cambiare aria, recandosi ad
Ausgburg (Augusta), dove il 26 Maggio, abbandonate le sue velleità
rivoluzionarie, fu convertito all'anabattismo e ribattezzato da Hans Denck,
diventato successivamente il nuovo capo del gruppo di Augusta, dopo la
partenza in Luglio di Balthasar Hübmaier per la Moravia. Come novello
missionario, H. predicò il suo nuovo credo per tutta la Germania e l'Austria,
convertendo un numero molto rivelante di persone, oltre a coordinare la
comunità di Augusta, soprattutto dopo il Novembre 1526, quando Denck decise
di recarsi a Strasburgo. H. pose molto l'accento sul carattere apocalittico
delle sue predicazioni fissando la data della parusia (seconda venuta di
Cristo sulla terra) per la Pentecoste del 1528. Per il millenarista H., il
fedele doveva aspettare (oramai erano gli ultimi giorni!) il ritorno di
Cristo, patendo pazientemente le sofferenze delle persecuzioni, come un vero
e proprio battesimo di sangue. Questa visione estrema della vita in terra non
mancò di attirare critiche dai suoi compagni di fede come Denck, ma
soprattutto da Hübmaier. Questi infatti era riuscito a creare a Nikolsburg
(Mikulov) in Moravia, una comunità anabattista, che ebbe un successo
straordinario: non solo era riuscito a convertire sia i nobili Leonhard e
Johann von Liechtenstein che i due predicatori luterani della città, Hans
Spittelmaier (1497-1528) e Oswald Glait (m. 1546), ma anche a ribattezzare
circa 6.000 persone durante la sua permanenza, creando a Nikolsburg quel
centro di riferimento, che gli anabattisti perseguitati in Europa anelavano
disperatamente. A Nikolsburg Hübmaier era fautore di un coinvolgimento dei
cristiani nella vita politica e nella difesa con le armi, se necessario,
della propria autonomia: i suoi seguaci furono per questo detti Schwertler (i
portatori di spada). Tuttavia questa posizione alimentò i dissidi interni
al movimento anabattista con la corrente pacifista degli Stabler (i portatori
di bastone), seguaci di Jakob Wideman, detto Jakob il guercio (m.1535 ca.).
La polemica peggiorò proprio con l'arrivo, alla fine del 1526, di H., che
si schierò con il partito degli Stabler, spezzando il movimento
anabattista locale e portando dalla sua parte gli adepti più radicali, che
mal tolleravano i compromessi di Hübmaier con le autorità locali e
propendevano per un anabattismo estremo secondo un concetto caro al fondatore
Conrad Grebel. La situazione precipitò quando i signori di Liechtenstein
fecero arrestare H., che riuscì però ad evadere da una finestra del loro
castello. Riacquistata la libertà, H. andò in Austria a fare proselitismo,
recandosi successivamente, nell'Agosto 1527, ad Augusta per presenziare al
"Sinodo dei martiri", dove si riunirono quasi tutti i capi anabattisti
dell'epoca e dove, con la mediazione di Denck, furono fissati i punti di un
grandioso programma missionario. Il programma fu però stroncato sul
nascere dalla reazione cattolica e luterana ed il titolo di "Sinodo dei
martiri" derivò tristemente dalla morte violenta che colpì quasi tutti gli
anabattisti presenti. Anche H. non sfuggì a questo destino: arrestato il 15
Settembre ad Augusta stessa, fu torturato ed interrogato per un periodo di
due mesi e mezzo. Il 6 Dicembre 1527, dopo un'ennesima tortura, fu riportato
in cella svenuto e non si accorse quindi di nulla quando una candela accesa
nella sua cella cadde sulla paglia, creando un principio di incendio e
uccidendolo per asfissia da fumo. Tuttavia i suoi giudici non si
accontentarono di una fine così poco "spettacolare" e decisero quindi di
mettere in piedi una macabra sceneggiata, che ricorda vagamente il famigerato
Processo al Cadavere di Papa Formoso: legato il cadavere su una sedia,
finirono il processo e pronunciarono la sentenza di morte, mandando il corpo
sul rogo il giorno dopo la sua morte in cella. H. ebbe un enorme effetto
sulla diffusione dell'anabattismo in Germania e Austria e il gruppo
missionario, che si creò intorno a lui, fu denominato Circolo di Hut, dove si
svilupparono ed affermarono alcuni concetti fondamentali delle sue prediche,
come la sofferenza passiva e non violenta dei fedeli perseguitati nell'attesa
della parusia, l'importanza della comunità fraterna ed il non coinvolgimento
con le autorità locali per questioni di giustizia
terrena.
Hutchinson Marbury, Anne (1591-1643)
Anne
Marbury nacque nel luglio 1591 (prima del giorno 20 quando fu battezzata) ad
Alford, nella contea inglese del Lincolnshire ed era la figlia del reverendo
Francis Marbury e di Bridget Dryden. H. crebbe in una famiglia che aveva già
conosciuto l'intolleranza religiosa. Infatti il padre era stato messo in
prigione per due volte per aver ripetutamente predicato contro l'incompetenza
del clero anglicano. Nel 1612 H. sposò a Londra il mercante William
Hutchinson e nel 1634, con il marito, emigrò a Boston, nel Massachusetts,
dove ben presto dovette fare i conti con i metodi decisamente poco
democratici in uso nella colonia della Massachusetts Bay. Qui i pastori
puritani obbligavano tutti a pregare e digiunare, mantenendo un rigoroso
controllo disciplinare anche sulle riunioni religiose, ma H. iniziò ad
organizzare autonomamente degli incontri settimanali per commentare i
sermoni, ai quali parteciparono centinaia di donne di Boston, attirando anche
uomini (pastori e magistrati). H. predicava una forma di antinomianismo (o
antinomismo), in particolare che si poteva raggiungere la salvezza basandosi
su una esperienza interiore con lo Spirito Santo, e non osservando
rigorosamente le leggi religiose delle istituzioni e i precetti dei
predicatori, un pensiero che ricordava da vicino quello della setta, molto
popolare in Inghilterra all'inizio del XVII secolo, dei familisti e dei
grindletoniani (un gruppo verosimilmente collegato ai familisti
stessi). Ma il caso creato da H. investì la colonia puritana del
Massachusetts anche per i risvolti di una lotta politica, che portava con sé:
infatti si fronteggiavano due fazioni, da una parte, favorevoli a H., il
governatore della colonia (solamente per un anno, il 1636) Sir Henry Vane,
il predicatore John Wheelwright (cognato di H.) e il predicatore John
Cotton, mentore spirituale della donna; dall'altra contrari erano il
reverendo John Wilson e John Winthrop, che divenne il nuovo governatore della
colonia nel 1637. I puritani di Boston, che, nel 1635 per mezzo
dell'allora governatore Haynes, già avevano trattato con durezza Roger
Williams obbligandolo a fuggire nel Rhode Island, ancora una volta furono
severissimi con chi attentava al loro predominio religioso nel Massachusetts,
comportandosi così in maniera non molto dissimile dei loro stessi persecutori
in Inghilterra, come il famigerato vescovo anglicano William Laud
(1573-1645), la cui azione li aveva obbligati ad emigrare nelle colonie
americane. Nel novembre 1637 H. e Wheelwright vennero così processati dalla
Corte Generale come eretici. Wheelwright fu esiliato nel New Hampshire,
mentre H. fu posta agli arresti domiciliari, con la speranza che abiurasse le
sue idee religiose, fino al 15 marzo 1638, quando fu nuovamente processata:
tra i suoi accusatori più accaniti ci fu proprio il suo mentore John Cotton.
H. fu scomunicata e bandita da Boston, che lei abbandonò con il marito, i
figli e 60 seguaci per sistemarsi in una isola, oggigiorno parte di Rhode
Island, denominata Aquidneck, da loro acquistata dagli indiani Narragansetts
(quelli stessi che avevano accolto favorevolmente Roger Williams) e ivi
fondarono la colonia di Pocasset, l'odierna Portsmouth. Nel 1642 morì il
marito William e H. si recò allora a vivere a Pelham Bay, nella colonia
olandese di Nuova Amsterdam (la futura New York), ma nell'agosto 1643 essa fu
massacrata con cinque dei suoi figli (eccetto una figlia) e tutta la servitù,
durante una razzia compiuta dagli indiani Mohicani. I puritani di Boston
di allora videro questa tragica morte come un segno della punizione divina,
tuttavia molti studiosi del XX secolo, tra cui la moglie del presidente degli
USA Eleanor Roosvelt, rivalutarono la figura di H., considerandola come la
prima donna americana che lottò per la tolleranza religiosa e contro la
discriminazione verso le donne.
Hutter, Jakob (m. 1536) e
Hutterian Brethen (Fratellanza hutterita)
La vita Jakob Hutter
nacque a Moos (Moso) in Val Pusteria (Alto Adige), vicino a Saint Lorenzen
(San Lorenzo di Sebato) in un anno imprecisato. Si sa molto poco della sua
vita prima della sua conversione all'anabattismo, se non che aveva studiato
da ragazzo a Brunico e che da adulto si era recato a Praga per imparare il
mestiere di cappellaio, da cui il soprannome di Hutter. Fu convertito
all'anabattismo a Klagenfurt, in Austria, e dal 1529 si fece notare per
l'intensa attività di predicatore nella sua valle d'origine. Tuttavia, a
causa della crescente attività della repressione cattolica, scatenata dalla
rivolta del 1525 dei contadini comandati da Michael Gaismair, gli anabattisti
tirolesi incominciarono a valutare la possibilità di trasferirsi in
Moravia. Qui, infatti, grazie soprattutto alla instancabile attività di
Balthasar Hübmaier a Nikolsburg, già dal 1526 si era creata una situazione
di tolleranza per gli anabattisti, favorita dalla nobile famiglia locale
dei Liechtenstein, anch'essa convertita e ribattezzata da
Hübmaier.
Gli anabattisti ad Austerlitz Dopo le tragiche morti di
Hübmaier nel 1528 e di Hans Hut nel 1527, la maggior parte degli anabattisti
residenti si erano trasferiti in un ambiente più a loro favorevole ad
Austerlitz, protetti dal signore locale Ulrich von Kaunitz (m. 1570). Qui,
tuttavia, si svilupparono dei gravi contrasti all'interno della comunità tra
il capo, Jakob Wideman, detto Jakob il guercio (m.1535 ca.) ed il noto
teologo anabattista Wilhelm Reublin, che accusava Widemann di gestire la
comunità di Austerlitz in malo modo. Lo scontro tra Widemann e il gruppo
dissidente capitanato da Reublin e dal tirolese Jörg Zaunring (m.1533 ca.)
sfociò in un esodo di questi ultimi verso la comunità anabattista di Auspitz,
sempre in Moravia, dove però rimasero tensioni a causa di Reublin, che, in
contrasto con le rigide leggi della comunità in tema di gestione di tutti i
beni in comune, si era fatto beccare con un gruzzolo personale di denaro in
casa e per questo era stato espulso con ignominia dalla comunità stessa. Lo
stesso Zaunring, colpevole di aver riaccolto in casa la moglie adultera senza
il consenso preventivo della comunità, fu successivamente scomunicato e
scacciato.
H. ad Austerlitz Fu quindi necessario chiamare dal
Tirolo H., che giunse a svolgere la sua attività di predicatore nella Pasqua
1531. Egli ricompattò la comunità anabattista della zona, che arrivò a
sfiorare i 4.000 fedeli ed organizzò l'esodo degli anabattisti tirolesi nel
1533-1534. L'emigrazione della primavera 1534 attirò tuttavia l'attenzione
di Ferdinando d'Asburgo (n. 1503, imperatore 1558-1564), mortale nemico
degli anabattisti anche a causa dell'orrore suscitato dalla dittatura di
Münster. Egli, vista la difficoltà di arrestare gli emigranti, decise di
obbligare i nobili moravi a espellere nel 1535 gli anabattisti dal loro
territorio.
La fine Purtroppo il destino di H., perseguitato
personalmente e con accanimento da Ferdinando d'Asburgo, fu molto amaro: il
25 novembre 1535 H. fu catturato assieme alla moglie ed ad alcuni amici a
Chiusa (Klausen), qualche mese dopo il suo rientro in Tirolo. Trasferito
ad Innsbruck, non furono lesinate le più atroci torture per farlo parlare e
svelare la sua attività missionaria, ma H., eroicamente e stoicamente, non
cedette e fu quindi bruciato sul rogo il 25 gennaio 1536. La moglie, evasa,
fu catturata e giustiziata (pare per annegamento) due
anni dopo.
Hutterian brethen (fratellanza hutterita) In seguito
all'ordine di espulsione del 1535, anche i seguaci di H., chiamati Fratelli
hutteriti (dal nome del loro fondatore), nonostante un disperato ed accorato
appello al governatore della Moravia, furono obbligati o ad andarsene o a
cercare di confondersi, spezzettandosi in gruppetti poco appariscenti, nelle
zone più isolate della Moravia e della Slovacchia. Dopo la morte di
Ferdinando d'Asburgo nel 1564, iniziò per gli hutteriti il cosiddetto periodo
d'oro con la costituzione di centinaia di Bruderhof (fattorie comunitarie)
che portò la popolazione della setta a circa 20-30.000 adepti. In seguito,
tuttavia, essi dovettero intraprendere una serie di migrazioni: circa 200
famiglie hutterite si trasferirono nel 1621 in Transilvania su invito del
principe Gabor II Bethlen (1613-1630), con la promessa di una sostanziale
libertà religiosa. Fu un bene per loro perché i confratelli rimasti in
Moravia e Slovacchia furono quasi completamente sterminati durante la guerra
dei Trent'anni (1618-1648) o dovettero accettare delle conversioni (spesso di
facciata) al cattolicesimo. Le successive emigrazioni portarono gli hutteriti
transilvani in Valacchia, Ucraina, e, grazie alla loro fama di ottimi
contadini, nel 1770, a Molotschna (vicino ad Odessa sul Mar Nero), da dove,
nel 1874, a causa dell'introduzione della leva militare obbligatoria in
Russia, essi decisero di recarsi in Stati Uniti (principalmente nel Sud
Dakota) ed in Canada nel 1918.
Gli hutteriti in Nord
America Oggigiorno nel Nord America vivono circa 36.000 hutteriti,
prevalentemente agricoltori, in circa 434 colonie, divisi in tre gruppi,
denominati dai nomi dei loro fondatori e divisi non solo geograficamente ma
anche nel metodo di conduzione delle rispettive colonie: Schmiedeleut [in
Canada (Manitoba) e USA (North Dakota, South Dakota e Minnesota)]
ulteriormente divisi dal 1992 con la scissione dei
Committee Hutterites, Dariusleut [in Canada (Saskatchewan, Alberta,
British Colombia) e USA (Washington e Montana)], Lehrerleut (come
Dariusleut). Ogni colonia agricola hutterita consta di circa 60/160 persone
(quando viene superato questo numero, la colonia si divide e genera un'altra
colonia "figlia"), che vivono in comunione dei beni, e basa la propria
economia sulla coltivazione di campi e allevamento di bestiame. Inoltre
alcune colonie provvedono alla fabbricazione di attrezzature e materiale
da costruzione utile per le altre colonie. La colonia viene gestita da
un consiglio formato da un capo colonia, un capo fattoria e due o tre
diaconi, che prendono tutte le più importanti decisioni in tema di lavori da
svolgere e disciplina della colonia. Gli hutteriti parlano ancora un
antico dialetto sud-tirolese, ma usano il tedesco per le cerimonie, gli
uomini adulti portano la barba ma non i baffi poiché li vedono come un odiato
simbolo militarista (sono tutti rigorosamente antimilitaristi e obiettori di
coscienza), vestono con vestiti semplici fatti in casa e passano il tempo
libero praticando moderne attività sportive ed hanno una passione per il
canto in coro. Confrontando con le (apparentemente simili) colonie degli
amish, gli hutteriti praticano la comunione dei beni, non disdegnano l'uso
di macchinari moderni, praticano sport e attività ludiche mentre gli
amish accettano la proprietà privata, rifiutano i macchinari, e non indulgono
in attività come sport e canto. La filosofia hutterita è quella della
vita comunitaria frugale e non del rifiuto totale della vita moderna,
tipico degli amish. Il sito ufficiale degli hutteriti è
http://www.hutterites.org Infine la vita semplice e isolata degli hutteriti
ha attratto la cinematografia americana e sono stati girati almeno due film
con riferimenti alla setta: 49th parallel (49° parallelo) di Michael
Powell (1941) Holy matrimony (Marito a sorpresa) di Leonard Nimoy
(1994)
Società dei Fratelli Simili agli hutteriti sono gli
aderenti alla Società dei Fratelli o Bruderhofer (sito ufficiale:
http://www.bruderhof.org/) o neo-hutteriti, una setta, di ispirazione
hutterita, fondata nel 1920 in Germania dal teologo indipendente Eberhard
Arnold ed espulsa dai nazisti nel 1937. Dopo un periodo in Inghilterra e
Paraguay (durante la guerra), i bruderhofer sono emigrati in USA nel 1954 e
risiedono ora negli stati di New York e Pennsylvania. Nel 1930 essi si
unirono agli hutteriti dariusleut, ma nel 1950 decisero di rinunciare a
questa unione per l'insanabile divario tra i due gruppi in termini di
abitudini pratiche e usi quotidiani.
Ibas ( o Iba o Hibas) di Edessa (m.
457)
Iba divenne vescovo di Edessa nel 439, succedendo a Rabbula,
uno dei sostenitori di Cirillo di Alessandria, e fu uno dei docenti di quella
scuola persiana di teologia di Edessa, che educò tutta una generazione di
vescovi persiani sulle basi della dottrina nestoriana. Aveva, infatti,
un'identità di vedute con la scuola di Antiochia, ed in particolare con Diodoro
di Tarso, Teodoro di Mopsuestia, di cui tradusse gli scritti in siriano, e
Teodoreto di Ciro. Nelle discussioni cristologiche, iniziate da Nestorio,
Ibas mantenne una posizione di mediazione, condannando sia Nestorio per il
rifiuto del termine Theotokos (Madre, o portatrice, di Dio) attribuito alla
Vergine Maria, ma anche Cirillo d'Alessandria per i metodi utilizzati nella
diatriba. La sua avversione per Cirillo fu preso a pretesto dal successore di
questi, Dioscoro di Alessandria, acceso sostenitore di Eutiche e del
monofisismo, che accusò I. di nestorianesimo e riuscì a farlo deporre nel
famigerato Concilio di Efeso del 449 (il latrocinium, secondo Papa Leone
Magno). I. fu arrestato per impedire la sua partecipazione al Concilio, dove
egli fu condannato assieme a tutti i teologi della scuola di Antiochia (Domno di
Antiochia, Eusebio di Dorileo e Teodoreto di Ciro) con l'accusa, appunto, di
nestorianesimo e l'insegnamento monofisita di Eutiche venne dichiarato
ortodosso. Papa Leone Magno annullò le decisioni di questo Concilio, ma in
contrasto con il pensiero papale, l'imperatore lo ritenne valido. Tuttavia
l'inattesa morte dall'Imperatore Teodosio II (450) e l'esecuzione capitale del
potente protettore di Eutiche, il ministro eunuco Crisafio, rimisero in gioco
gli Ortodossi, che ottennero dall'imperatrice (Santa) Pulcheria, essa stessa
fervente cattolica ortodossa, e dall'imperatore Marciano (450-457), la
convocazione di un Concilio a Calcedonia nell'Ottobre 451. In questo concilio
vennero condannati sia il monofisismo che il nestorianesimo, e I. fu dichiarato,
ma non all'unanimità, ortodosso. Infatti per non cadere nel monofisismo, I. era
contrario, nella diatriba sulle nature di Cristo, ad attribuire alla Persona
Divina gli attributi della natura umana e viceversa. Nonostante ciò, I. morì
indisturbato nel 457 ca. Alla sua morte, buona parte degli appartenenti alla
scuola persiana di Edessa fuggirono in Persia, per confluire nella scuola di
Nisibis, fondata dal vescovo Barsumas. Quasi 100 anni dopo la sua morte, T.
venne associato con Nestorio e condannato postumo, nel 544, dall'editto
dell'imperatore Giustiniano (527-565) contro i Tre Capitoli, gli scritti, cioè
di I. stesso, Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Ciro. In particolare ad I.
si rinfacciava una lettera scritta a Maris di Beit-Ardashir, cioè il vescovo
nestoriano di Seleucia-Ctesiphon e patriarca di Persia, dove si criticava
Cirillo di Alessandria ed il Concilio di Efeso. La sua lettera, ma non la sua
persona, venne condannata dal II Concilio di Costantinopoli del 553, sebbene
questa condanna fu il risultato di una fortissima pressione esercitata da
Giustiniano sul Papa Vigilio (537-555), letteralmente sequestrato affinché
approvasse la scomunica decretata dal Concilio.
Iconoclastia
(VIII-IX secolo)
L'iconoclastia (dal greco eikonoklasmos,
distruzione di immagini) fu un'eresia dal 725 al 842, che scavò un profondo
solco tra Roma e le Chiese Cristiane d'Oriente e preparò il terreno allo scisma
di Fozio del 867.
Origini L'iconoclastia cristiana, nel VIII
secolo, prese spunto indubbiamente dall'influenza esercitata dai Mussulmani, i
quali condannavano (e condannano) qualsiasi rappresentazione della divinità in
forma umana. Oltre a questo, un certo peso l'aveva probabilmente avuto
l'atteggiamento dei pauliciani, contrari alle immagini sacre, che nel VII secolo
avevano avuto la possibilità di influenzare, in tal senso, alcuni alti prelati
delle Chiese Orientali, come, ad esempio, Costantino, vescovo di Nacolia, in
Frigia. Questi prelati, comunque, avevano già espresso critiche sull'abuso di
immagini sacre soprattutto da parte dei monaci, i quali attribuivano spesso
poteri taumaturgici a quadri sacri, alcuni dei quali venivano perfino spacciati
come dipinti mediante intervento divino.
Prima persecuzione
iconoclasta Le perplessità furono raccolte dall'imperatore Leone III
(717-741), fondatore della dinastia isaurica, che lanciò una campagna di riforma
moralizzatrice della Chiesa, pubblicando nel 726 un editto in cui dichiarò il
culto delle immagini sacre alla stregua di quello di idoli e ordinò la
distruzione di queste immagini nelle chiese. Seguirono disordini di piazza e
persecuzioni nei confronti dei monaci recalcitranti nei confronti dell'editto
imperiale. Scese in campo anche Papa (San) Gregorio II (715-731), il quale,
convinto dell'efficacia educativa delle immagini, si impegnò in una lunga, ma
alquanto inconcludente, prova di forza epistolare con Leone: ognuno rimase sulle
proprie posizioni. Tuttavia, l'azione energica di Gregorio mise in crisi
l'autorità imperiale in Italia: fu scomunicato l'esarca Paolo, che cercò
inutilmente di arrestare il Papa e da questo periodo i Papi iniziarono a
considerarsi i “sovrani” del Ducato romano, la regione sotto il loro controllo.
Si schierò contro questa furia distruttrice anche San Giovanni Damasceno,
che, per la verità, era ben al riparo dall'eventuale reazione dell'imperatore,
poiché abitava vicino a Gerusalemme, nel Califfato arabo. La furia
iconoclasta, nel frattempo, si allargò con la distruzione delle reliquie dei
santi e si sviluppò perfino in un rifiuto dell'intercessione dei santi. La
polemica non si calmò né con la morte di Gregorio II nel 731, poiché il
successore San Gregorio III (731-741) continuò la battaglia con uguale vigore,
né con la morte di Leone III nel 741: il figlio Costantino V Copronimo (741-775)
fu un persecutore di immagini anche più accanito del padre. Nel 754
Costantino convocò un concilio a Costantinopoli, al quale si rifiutarono di
partecipare il Papa e i patriarchi di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, e
che ovviamente si concluse con la conferma della condanna delle immagini sacre e
diede luogo ad una persecuzione nei confronti dei monaci senza
precedenti. L'iconoclastia scese di tono durante il regno di Leone IV
(775-780), figlio di Costantino, soprattutto grazie all'imperatrice Irene,
segretamente favorevole alla venerazione delle immagini. Come reggente del
figlio minorenne Costantino VI (780-797), Irene fece riaprire i monasteri e
riammettere le immagini sacre nelle chiese. Inoltre Irene convocò nel 787 il
secondo Concilio di Nicea, dove fu dichiarata l'adesione alla dottrina della
venerazione delle immagini, esposta in una lettera inviata all'imperatrice da
Papa Adriano I (772-795), dove si precisava che le immagini venivano venerate
(proskynesis) non con la stessa adorazione (latreia) dovuta a Dio e che l'onore
a loro dovuto era comunque trasposto verso il santo venerato.
Seconda
persecuzione iconoclasta Tuttavia, 27 anni dopo Nicea, la campagna
iconoclasta riprese con nuovo vigore, sotto l'imperatore Leone V l'Armeno
(813-820), il quale fece rimuovere le immagini sacre da chiese ed edifici
pubblici, poiché egli era convinto che le sfortune dell'impero erano da
attribuire ad un giudizio negativo di Dio sulla venerazione delle immagini. Fu
esiliato anche San Teodoro Studita, ideatore del concetto dell'equivalenza tra
iconoclastia e monofisismo, poiché ambedue negavano, a loro modo, la natura
umana di Cristo. Leone V fu assassinato in una congiura di palazzo nel 820,
ma i successori Michele II il Balbuziente (820-829) e Teofilo (829-842)
perseguitarono accanitamente i cattolici, oramai identificati come adoratori di
immagini. Ancora una volta fu una imperatrice a mettere fine alle
persecuzioni, la moglie di Teofilo, Teodora, che, come Irene, fu la reggente per
il figlio minorenne, Michele III detto l'Ubriaco (842-867, di cui fino al 856
con la reggenza della madre) e, come Irene, reinstallò le immagini e liberò i
monaci imprigionati, uno dei quali, Metodio, divenne patriarca di
Costantinopoli. Fu convocato nel 842 un concilio a Costantinopoli, che
rinnovò le decisioni di Nicea e la scomunica dell'iconoclastia. Venticinque
anni dopo iniziò il Grande Scisma d'Oriente con il patriarca
Fozio.
Iconoclastia in Occidente Anche in Occidente, nel regno dei
Franchi di Carlomagno, alcuni vescovi reagirono negativamente alle conclusioni
di Nicea ed emanarono nel 790 delle controdeduzioni, elaborate dal monaco
Angilberto, in cui venivano accettate le immagini sacre nelle chiese, ma veniva
ribadito che solo Dio poteva essere adorato, Queste conclusioni vennero respinte
da Papa Adriano I (772-795). Durante la seconda persecuzione iconoclasta,
nuovamente i vescovi franchi, riuniti a Parigi nel 825, cercarono di proporre
una formula di compromesso, sponsorizzata dall'imperatore franco Ludovico I il
Pio (814-840), da presentare a Papa Eugenio II (824-827). Comunque le
risultanze del II Concilio di Nicea furono gradualmente accettate in
Occidente. Ci furono solo alcuni casi isolati, il più famoso dei quali fu il
vescovo di Torino, Claudio, che nel 824 distrusse tutte le immagini e croci
nella sua diocesi, ma venne successivamente condannato dal Concilio di
Parigi.
Illuminati (Alumbrados) (XVI secolo)
Per
illuminati si intendono entusiasti religiosi, anche molto diversi tra loro, che
affermano di comunicare ad un più alto livello spirituale, cioè direttamente con
Dio. Questo termine è ricorso almeno cinque volte nella storia del pensiero
umano in riferimento a: Il gruppo spagnolo degli Alumbrados, di cui qui si
tratta. I Rosacroce (XVII secolo). Un movimento francese, presente nel sud
del paese a partire dal 1722, affine a quello dei profeti francesi
ugonotti. Una società segreta pseudo-massonica, di ispirazione utopistica e
rivoluzionaria, fondata nel 1778 dall'ex gesuita e professore di diritto
canonico all'università di Ingolstadt, Adam Weishaupt. La setta ebbe un notevole
successo all'epoca (vi aderì anche Goethe), ma fu sciolta, sotto l'accusa di
ordire un complotto eversivo, per ordine del governo bavarese nel 1785. Un
altro nome degli aderenti alla corrente mistica massonica dei Martinisti,
fondata dal nobile Louis Claude de Saint Martin (1743-1803) come variante di una
precedente società massonica, istituita da Jacques de la Case Martinez de
Pasqually (n.1727), le cui idee vanno sotto il nome di martinesismo.
Gli Alumbrados Intorno al 1492, si manifestò in Spagna un gruppo
spontaneo, di probabile origine gnostica, denominato degli Alumbrados
(illuminati in spagnolo), che, secondo alcuni autori, si era formato da non
meglio precisate influenze provenienti dall'Italia. Secondo una leggenda, il
gruppo era stato formato, all'inizio del XIV secolo, da templari in fuga dalle
persecuzioni del re francese Filippo il Bello (1285-1314). Il movimento era
formato da uomini, ma soprattutto da donne, che mostravano la loro
“illuminazione dello Spirito Santo” mediante fenomeni di trance, estasi, visioni
mistiche e levitazioni ed era intriso di un forte antinomismo: le leggi del
Cristianesimo non erano più valide per chi aveva ottenuto il perfetto stato di
grazia attraverso le illuminazioni. Un movimento quindi molto pericoloso
sorto nel momento sbagliato in un paese, la Spagna, ancora alla ricerca di una
sua stabilità nazionale, dopo la conquista del regno di Granada nel 1492.
Infatti la successiva espulsione o conversione forzata degli arabi e la vasta
popolazione ebrea, sempre accusata di pratiche cripto-giudaiche, anche dopo la
sua conversione al Cristianesimo, anche essa obbligata, pena l'esilio, creavano
uno stato permanente di tensioni ed allarmismi esagerati nei confronti di
qualsiasi fenomeno eterodosso. Il primo leader riconosciuto del gruppo fu una
donna di Salamanca, nota come La Beata de Piedrahita, la quale affermava di
colloquiare direttamente con Dio e la Madonna, e per questo nel 1511 fu messo
sotto inchiesta da parte dell'Inquisizione spagnola, ma non fu condannata, pare,
grazie alle protezioni in alto loco. Anche i futuri santi Giovanni d'Avila
(1500-1569) e Ignazio da Loyola (ca. 1491-1556), quest'ultimo durante i suoi
studi nel 1527 all'università di Salamanca, furono ammoniti per le loro simpatie
verso gli a. Il caso più noto fu quello del 1529 a Toledo, dove un gruppo di
aderenti, con a capo una tale Isabel de la Cruz, fu condannato alla fustigazione
e alla prigione ed in seguito molte persone in Spagna, soprattutto a Cordoba,
vennero giustiziate con l'accusa (spesso generica) di essere degli aderenti al
movimento. Per esempio, nel 1546 venne processata a Cordoba una suora
dell'ordine delle Povere Clarisse, di nome Magdalena de la Cruz, che se la cavò
dall'accusa di eresia con una solenne e pubblica abiura. Un altro predicatore
a. fu Pedro Ruiz de Alcaraz, che esponendo le sue dottrine ad Escalona, nel
palazzo del marchese di Villena, influenzò in maniera decisiva il pensiero di un
giovane Juan de Valdés. Tuttavia, nonostante l'azione spietata
dell'Inquisizione, il movimento non fu totalmente estirpato e in seguito alcune
sue idee confluirono nel pensiero quietista sviluppato nel 1675 da Miguel de
Molinos. Il movimento ebbe anche un'effimera vita in Francia, soprattutto dal
1623 in Piccardia, dove si fuse nel 1634 con il gruppo dei Guérinets del curato
di Saint-George de Roye, Pierce Guérin, ma l'avventura terminò con la
soppressione ordinata nel 1635.
Incmaro di Reims (806-
882)
Incmaro, il più famoso degli arcivescovi di Reims, nacque
nel 806 da una famiglia franca nobile. Fu educato nell'abbazia di Saint Denis,
sotto la guida dell'abate Ilduino, la cui sorte seguì, nel bene e nel male,
negli anni successivi: infatti furono ambedue esiliati, nel 830, nell'abbazia di
Corvey in Sassonia, per ordine del re Ludovico il Pio (814-840). Nel 840 il
nuovo re dei Franchi occidentali Carlo il Calvo (imperatore 875-877) chiamò I.
al suo servizio, facendolo elevare al rango di arcivescovo di Reims nel 845,
ruolo che ricoprì per 37 anni. I., come tipico rappresentante del suo tempo,
si contraddistinse sempre per una azione, spesso piuttosto prevaricante, se non
addirittura violenta, di repressione di qualsiasi tentativo di subordinazione
dei suoi sottoposti: I chierici nominati dal suo predecessore Ebbone,
capeggiati da un tale Wulfado furono da I. deposti, nonostante i ripetuti
appelli dei Papi San Leone IV (847-855), Benedetto III (855-858) e San Niccolò I
Magno (858-867). I. fece deporre anche il vescovo suffraganeo di Soissons,
Rotado nel 862 e mantenne la sua decisione, nonostante una condanna da parte di
Papa Niccolò I per aver preso una decisione, che era di competenza papale. I.
litigò con il suo nipote, Incmaro il Giovane, vescovo di Laon, e si raccontò che
lo avesse fatto addirittura accecare per impossessarsi dei suoi
beni. Comunque l'episodio più famoso nel quale I. fu coinvolto fu la condanna
di Gotescalco: questi era un monaco del monastero di Orbais nella diocesi di
Soissons, nella Francia settentrionale, dove Gotescalco, riprendendo gli scritti
di Sant'Agostino riferiti alla predestinazione, era convinto che alcuni uomini
sarebbero destinati alla salvezza ed altri alla dannazione, non per i loro
meriti o colpe, ma per volontà divina e che quindi Cristo fosse venuto sulla
terra solo per annunciare che non tutti gli uomini erano destinati alla
perdizione. Nel 849, I. convocò il sinodo di Quiercy sur l'Oise per
condannare le dottrine di Gotescalco, che furono ben presto contestate e
confutate sia da Ratramno di Corbie che da Giovanni Scoto Eriugena (quest'ultimo
stimolato dallo stesso I.), ma ambedue questi teologi caddero in eresie di tipo
diverso: Ratramno sviluppò la teoria della duplice predestinazione, in cui
solo la salvezza dei buoni era predestinata da Dio, mentre la dannazione dei
cattivi derivava dal fatto che Dio prevedeva i relativi peccati. Questa teoria
venne poi ripresa con qualche variante da I. Scoto Eriugena, invece nella sua
opera De praedestinatione, fu ancora più radicale: poiché Dio era eterno, la
predestinazione o la previsione erano la stessa cosa: Dio predestinava alla
dannazione, perché prevedeva i peccati, e predestinava alla salvezza perché
prevedeva i meriti. Nel 853 I. convocò un secondo sinodo a Quiercy sur
l'Oise ed espose la sua teoria, molto simile a quella di Ratramno: i buoni erano
predestinati alla salvezza e i cattivi alla perdizione, ma il libero arbitrio
permetteva a chi voleva di salvarsi. Tuttavia un concilio del 855 a Valence
giudicò questa dottrina come eretica. Non si erano placati gli echi del
concilio di Valence, che I. fu coinvolto un'altra discussione con Ratramno e
Gotescalco sull'espressione latina, usata da tutti i preti nelle loro funzioni,
di Trina deitas unaque (Dio uno e trino). I. vide in questa formula un sospetto
di triteismo e la cambiò in Summa deitas (Sommo Dio): venne immediatamente
accusato dai suoi avversari di modalismo sabelliano, da cui si difese in un
Concilio da lui stesso convocato nel 860. Infine l'attivissimo I. fu
coinvolto per tutta la sua vita nella difesa dell'indipendenza del clero nei
confronti delle ingerenze degli imperatori nelle faccende ecclesiastiche (il
cosiddetto cesaropapismo). Tuttavia durante il suo vescovado, nel periodo tra
il 847 ed 852, e proprio nella stessa provincia di Reims, furono elaborati da un
autore anonimo, con lo pseudonimo di Isidoro Mercatore, i Falsi Decretali o
Pseudo-isidoriane, una serie di documenti, per la stragrande maggioranza
fasulli, il cui scopo era la difesa dei diritti dei vescovi contro i loro
arcivescovi metropolitani e l'affermazione di una supremazia papale risalente ai
primi secoli del Cristianesimo. Basandosi sul primo degli scopi sopracitati,
alcuni autori pensano che i falsari fossero seguaci del predecessore di I.,
Ebbone, con l'intento di mettere in cattiva luce l'operato di I.: già ai tempi
della destituzione, nel 862, del vescovo suffraganeo di Soissons, Rotado, i
Falsi Decretali erano ampiamente conosciuti. Durante il Rinascimento questi
documenti furono smascherati come falsi, da vari autori, tra cui David Blondel,
che scrisse il suo studio Pseudo-Isidorus et Turrianus vapulantes nel 1628.
Stessa sorte seguì un altro famoso falso, più o meno dello stesso periodo,
la Donatio Constatantini, il documento, elaborato tra il 750 ed il 850, in cui
si immaginò che l'imperatore Costantino il Grande avesse conferito privilegi e
ricchi possedimenti al Papa e alla Chiesa Cattolica Romana. Dopo la morte
dell'imperatore Carlo il Calvo nel 877, I. si adoperò per prevenire la crisi del
regno dei franchi occidentali, anche sotto il successore Ludovico il Balbo
(877-879), ma in seguito ad una incursione di Normanni nel 882 dovette
rifugiarsi ad Epernay, dove morì nello stesso anno.
Browne, Robert
(ca. 1550-1633) e Congregazionalisti o Indipendenti o Separatisti o
Brownisti
Brownisti o indipendenti o congregazionalisti Il
termine di Brownisti, dal nome del fondatore della setta Robert Browne, fu
comunemente usato per identificare gli Indipendenti o Separatisti della Chiesa
Anglicana prima del 1620. I seguaci di Browne furono denominati anche
congregazionalisti, in quanto credevano nella indipendenza ed autonomia di
ciascuna congregazione di fedeli e ciò in contrasto con le due altre anime del
protestantesimo inglese: Gli episcopali, la linea principale della Chiesa
Anglicana, convinti della necessità di preservare le figure dei vescovi ed
arcivescovi, e I presbiteriani, principale filone del puritanesimo inglese,
che prediligevano una amministrazione della Chiesa basata su un governo centrale
di presbiteri, cioè gli anziani, sia chierici che laici, simile a quello
sviluppato dai presbiteriani in Scozia, sotto la guida di Andrew Melville.
La vita Robert Browne nacque a Tolethorpe Hall, vicino a
Stamford, nella contea inglese del Lincolnshire, nel 1550 circa, da una antica e
benestante famiglia e compì i suoi studi universitari a Cambridge dal 1570 al
1573, ottenendo un baccalaureato in arti nel 1572 presso il Corpus Christi
College. A Cambridge B. fece amicizia con il più anziano compagno
d'università Robert Harrison (m. 1585) ed ambedue rimasero profondamente
influenzati dagli scritti, di ispirazione calvinista, del teologo puritano
Thomas Cartwright, sospeso dal proprio incarico, pochi anni prima, a causa delle
sue idee anti-episcopali, dal vice-cancelliere dell'università, John Whitgift
(ca. 1530-1604), futuro arcivescovo di Canterbury. Dopo il baccalaureato, B.
ritornò al Tolethorpe Hall, dove diventò il preside della locale scuola, ma in
seguito si mise nei guai per aver predicato senza permesso in alcune chiese di
Cambridge e di Londra e fu imprigionato. In seguito venne scarcerato grazie alle
sue conoscenze altolocate: infatti il Lord Gran Tesoriere, William Cecil, Barone
di Burghley (1520-1598) era un suo parente e negli anni successivi dovette
intervenire spesso per tirare B. fuori dai guai. Nel 1580 B. decise di
trasferirsi a Norwich, dove, insieme a Harrison, divenuto nel frattempo
Direttore dell'Ospedale Maggiore Saint Giles di Norwich, fondò nel 1581 la prima
congregazione religiosa indipendente. Questo atto fu criticato da Edmund Freake
(m. 1591), vescovo di Norwich, che li fece imprigionare con l'accusa di
predicare senza una licenza. Nuovamente fatti liberare da Lord Burghley, B. e
Harrison decisero di trasferire la comunità in Olanda, a Middleburg, nella
regione dello Zealand. Qui B. diede alle stampe nel 1582 i suoi due e più
famosi trattati (soprattutto il primo): A Treatise of Reformation without
Tarrying for Anie (Un trattato di Riforma senza aspettare alcuno), nel quale
ribadiva il diritto della Chiesa di operare le opportune riforme senza attendere
il permesso delle autorità civili, e A Booke which sheweth the life and manners
of all True Christians (Un libro che mostri la vita e i modi di tutti i veri
cristiani), che enunciava la teoria dell'indipendenza delle congregazioni
religiose. Nel 1583 copie delle opere di B. iniziarono a circolare in
Inghilterra, scatenando una violenta reazione. Fu infatti emanato un proclama
contro gli scritti di B. e contro coloro che li diffondessero: due seguaci della
congregazione di Norwich, John Copping e Elias Thacker pagarono con la loro vita
sulla forca la sfida alle autorità. Tuttavia anche nella congregazione di
Middleburg si evidenziarono dei problemi: infatti a causa di reciproche accuse
alle rispettive mogli, si ruppe l'amicizia con Harrison e B. decise di
trasferirsi via mare in Scozia con i propri seguaci nel gennaio 1584. Rimasto
solo, Harrison continuò a gestire la comunità fino alla sua morte avvenuta circa
due anni dopo, nel 1585. Ma neanche in Scozia B. ebbe vita facile: la sua
presenza a Edimburgo, Dundee e Saint Andrews venne ben presto segnalata alle
autorità religiose presbiteriane e fu quindi imprigionato. Stanco e deluso da
questa esperienza di soli pochi mesi, dopo il rilascio decise di ritornare in
Inghilterra nell'estate del 1584, ponendo la sua residenza a Stamford, vicino al
suo paese natale. Nuovamente fu accusato di scrivere e pubblicare fuori legge e
fu inquisito ed arrestato diverse volte, ma sempre liberato per intercessione di
Lord Burghley. Tuttavia nel 1586 successe il fatto più grave: a cause delle
sue ennesime prediche senza licenza, B. fu convocato davanti al vescovo Howard
di Peterborough, ma non essendosi presentato, fu scomunicato. Probabilmente
questo drastico provvedimento nei suoi confronti gli fece capire la necessità di
trovare un compromesso con la Chiesa Anglicana. Quindi, con la solita
intermediazione di Lord Burgley, B. abiurò le sue precedenti dottrine nel
novembre 1586. Ristabilito il suo ruolo nell'establishment anglicano, B. fu
nominato preside del liceo Saint Olaves di Southwark, ruolo che occupò fino al
1591 con una credibile aderenza ai principi della chiesa ufficiale, sebbene
proprio vicino a Southwark fu scoperta nell'ottobre 1587 una congregazione
brownista, organizzata dal reverendo John Greenwood, che, arrestato, rimase in
prigione per sei anni e nel 1593 venne impiccato. Tuttavia B. aveva ormai
sviluppato delle idee diverse da quelle della sua gioventù e contro Greenwood e
il suo confratello Henry Barrow, scrisse nel 1587-88 il polemico Reproofe of
certaine schismalical persons and their doctrine touching the hearing and
preaching of the word of God (Riprova di certe persone scismatiche e delle loro
dottrina riguardante l'ascolto e la predica della parola di Dio). Nel 1591
B. fu ordinato e gli fu offerto il beneficio della parrocchia di Achurch cum
Thorpe a Stamford, parte dei possedimenti dell'onnipresente Lord Burghley. Qui
B. rimase fino alla sua morte avvenuta nel 1633, all'età di 83 anni. Anche
l'episodio che condusse alla sua morte fu piuttosto significativo della perenne
sfida da lui lanciata contro l'autorità costituita: litigò infatti con un
gendarme, volarono parole grosse ed anche qualche pugno, e l'anziano fondatore
del Congregazionalismo si trovò rinchiuso nel carcere di Northampton, dove morì
appunto nell'ottobre 1633.
S. Ippolito (antipapa)
(c.170-c.236)
Ippolito, discepolo di S. Lorenzo, prese parte
attiva come teologo nelle dispute trinitariste del III secolo. Entrò in feroce
polemica con Papa Zefirino (199-217), che apertamente accusò di ignoranza e di
aver favorito esponenti del monarchianismo modalista, accettando del denaro in
cambio dell'appoggio dell'attività di Cleomene ed successivamente sostenendo
apertamente Sabellio. Alla morte del papa, nel 217, I. non nascose le sue
aspirazioni a ricoprire il ruolo di suo successore, ma gli fu preferito il
segretario di Zefirino, Callisto (217-222). Tuttavia I. non cedette il passo,
anzi fu eletto papa dai suoi seguaci, diventando il primo antipapa della storia
del Cristianesimo. Si oppose strenuamente a Callisto, rinfacciandogli un
passato, prima dell'elezione al soglio pontificio, non precisamente limpido (un
ex-schiavo imbroglione e ladro), e accusandolo di usare concetti
patripassianisti nei propri discorsi. Callisto gli rese pan per focaccia,
accusandolo di eresia, in quanto I. tendeva a sposare teorie fortemente
subordinazioniste nei suoi scritti teologici: un Figlio creato (non generato) da
Dio e con una essenza umana subordinata a quella divina. Questo scisma
persistette durante i papati di Urbano I (222-230) e Ponziano (230-235), con il
quale I. condivise il martirio nel 236/237 per stenti e privazioni, dopo essere
stato deportato nelle miniere in Sardegna, per ordine dell'imperatore Massimino
Trace (235-238). Secondo la tradizione, I. si riconciliò con Ponziano, poco
prima della loro duplice deportazione, ragione per cui fu fatto Santo dalla
Chiesa Cattolica.
Origenisti (III - VII
secolo)
Influenza su altri scrittori Enorme fu l'influenza di
Origene sul pensiero di altri famosi scrittori cristiani dal III fino al VII
secolo: San Dionisio (o Dionigi) d'Alessandria, detto il Grande (ca.190-264),
che rifiutò il sabellianesimo, utilizzando argomentazioni
origeniste. Teognosto (m. ca.282) e Pierio (m. ca.310), successori di O. come
direttori (rispettivamente nei periodi 250-280 e 280-305) della scuola di
catechismo e di teologia di Alessandria, il celebre Didaskaleion. San Panfilo
(c.240-309) ed Eusebio (c.260-c.340) (il famoso storico cristiano), ambedue di
Cesarea, che scrissero insieme l'apologia di Origene. Papa San Damaso I
(c.304-384), che tradusse due omelie di O.in latino. Didimo il Cieco
(c.313-398), teologo e strenuo difensore delle idee di O. e per questo
condannato dal Concilio di Calcedonia del 553. Sant'Ilario, vescovo di
Poitiérs (c.315-367), che studiò le opere di O. durante l'esilio in Frigia. I
tre Padri Cappadoci (San Basilio (c.330-379), San Gregorio di Nissa (c.330-395)
e San Gregorio di Nazianzo (329-389)), strenui difensori del credo
niceno. Sant'Ambrogio (c.339-397), vescovo di Milano, che ammirava ed
utilizzava largamente l'interpretazione allegorica della Bibbia, tipica di
Origene. San Girolamo (c.342-420), dapprima grande ammiratore di O., poi suo
detrattore. Tirranio Rufino di Aquileia, traduttore di molte opere di O. in
latino, concittadino e amico di San Girolamo, fino alla polemica tra i due,
proprio sulle dottrine origeniste. Evagrio Pontico (346-399), grande
ispiratore del monachesimo orientale e, attraverso il suo discepolo Giovanni
Cassiano (c.360-435), di quello occidentale. San Massimo di Crisopoli
(c.580-662), detto il Confessore, massimo teologo del VII secolo.
I
vari seguaci di O. diedero vita ad un movimento noto come origenismo, che, però,
non sempre fu portavoce del pensiero di Origene nell'accezione originaria e che
portò a due profonde crisi con il Cristianesimo ortodosso:
Prima
crisi origenista Un primo movimento origenista, nato nel monastero di Nitra
in Egitto e diffusosi in tutta la Palestina, si creò nella seconda metà del IV
secolo, portando nel 394 a frequenti litigi tra i suoi seguaci, capeggiati da
Giovanni, vescovo di Gerusalemme, e Sant'Epifanio, vescovo di Salamis (l'odierna
Famagosta, in Cipro), convinto anti-origenista. La polemica si arricchì,
ben presto, di altri protagonisti, come San Girolamo e Tirranio Rufino di
Aquileia, traduttore in latino di De principiis di Origene nel 397, ex amici
fraterni che, come già detto, si divisero, il primo arroccato su posizioni
ortodosse, il secondo strenuo difensore delle idee di Origene. La situazione,
già infuocata, precipitò con il clamoroso voltafaccia di Teofilo, patriarca di
Alessandria, dapprima convinto origenista ed improvvisamente, dal 400, nemico
implacabile di chiunque professasse queste idee, ma soprattutto avversario di
San Giovanni Crisostomo (ca. 345-407), Patriarca di Costantinopoli, oggeto
dell'esagerata invidia di Teofilo. Casomai ce ne fosse stato bisogno, la
decisione di Crisostomo di ospitare Sant'Isidoro di Pelusio e gli altri
origenisti in fuga da Alessandria aumentò l'acredine di Teofilo, che riuscì nel
suo intento di far condannare dal sinodo di Ad Quercum (la Quercia, sobborgo di
Costantinopoli) nel 403 ed esiliare il povero Crisostomo ad Antiochia e poi nel
Ponto. A quel punto, nuovo voltafaccia di Teofilo: egli, fatto sparire il suo
concorrente, riaccettò le idee origeniste e, come se nulla fosse, si mise
perfino a leggere i testi del teologo alessandrino.
Seconda crisi
origenista Nel 514 nella regione di Gerusalemme nacque il secondo movimento
origenista, infarcito di idee panteiste, i cui capi erano Nonno, che tenne unito
il movimento fino al 547, Teodoro Askidas, vescovo di Ancira e Domiziano,
vescovo di Cesarea in Cappadocia. Dopo la morte di Nonno nel 547, il
movimento si divise in due correnti, gli isocristi, estremisti, pensavano
che alla fine del mondo tutte le menti sarebbe stati uguali a Cristo, l'unico
non macchiato dal peccato originale, i protoctisti, moderati, consideravano
Cristo superiore alle altri menti e il migliore di tutte le creature. I
protoctisti rinunciarono alla dottrina di O. della pre-esistenza delle anime,
schierandosi a fianco dei cattolici ortodossi contro gli isocristi. Questi li
soprannominarono tetraditi, accusandoli di aver trasformato la Trinità in una
tetrade introducendovi anche la natura umana di Cristo. In quel periodo
l'imperatore Giustiniano scrisse il suo Liber adversus Origenem in cui condannò
24 punti dal De principiis, 10 dei quali vennero anatematizzati da un sinodo nel
543, decisione riconfermata durante il II Concilio ecumenico di Costantinopoli
del 553, il punto più basso di popolarità della teologia di Origene. Teodoro
Askidas e Domiziano, a sorpresa, firmarono il documento, operando anche loro,
come ai tempi Teofilo, un clamoroso voltafaccia, che permise loro di mantenere
onori e potere. Secondo alcuni storici contemporanei, però, la condanna
dell'origenismo avvenne in sessioni fuori dai lavori ufficiali del Concilio, il
cui scopo principale era la condanna dei Tre Capitoli, cioè dell'attività e dei
scritti di Teodoro di Mopsuestia, di Teodoreto di Ciro e di Iba di Edessa. A
questo punto, c'è da domandarsi se la Chiesa Cattolica, dopo tanti secoli, debba
ancora considerare come vincolante una condanna non pronunciata nei lavori
ufficiali di un concilio.
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