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FARINATA DEGLI UBERTI
Testi tratti dal sito: www.eresie.it di Douglas Swannie

GLI ERETICI - FARINATA DEGLI UBERTI

Spiera, Francesco (1502-1548)



La vita
Francesco Spiera nacque nel 1502 a Cittadella, vicino a Padova, dove studiò
legge, diventando in seguito un noto avvocato. Verso i quarant'anni, S. si
accostò, assieme al nipote Girolamo Facio, alle idee riformiste,
presentategli dall'amico umanista e grammatico Pietro Speciale (o Speziale),
maestro di scuola a Cittadella fino dal 1536.
Il 15 novembre 1547, su segnalazione di cinque sacerdoti e del vescovo di
Vicenza, S. e suo nipote vennero denunciati all'Inquisizione per idee
luterane. In particolare lo si accusò di aver tradotto il Padre Nostro in
italiano, di aver letto libri proibiti come il Beneficio di Cristo di
Benedetto Fontanini da Mantova, laTragedia del libero arbitrio di Francesco
Negri, il Pasquino in estasi di Celio Secondo Curione, e la Opera utilissima
intitolata dottrina vecchia et nuova dell'umanista Urban König (Regius)
(1489-1541), oltre ad aver propagandato idee luterane quali il rifiuto
dell'autorità papale, del rito della messa, del valore delle opere,
dell'intercessione dei santi, del suffragio dei morti, dell'esistenza del
Purgatorio ed infine di aver messo in dubbio il significato canonico del
Sacramento dell'Eucaristia.
Venne arrestato e messo nella stessa cella dove già era detenuto da quattro
anni un altro accusato di idee riformiste, Baldo Lupetino. Il 24 maggio 1548
iniziò l'interrogatorio davanti al Tribunale dell'Inquisizione: S. un po'
ammise gli addebiti, un po' si difese, ma, dopo soli cinque giorni di
processo, ebbe un crollo psichico (secondo la versione del Vergerio, pensò
alle possibili conseguenze per sua moglie e i suoi figli) e accettò di
abiurare pubblicamente il 26 giugno dello stesso anno nella cappella di San
Teodoro, in San Marco a Venezia, seguito da una seconda abiura a Cittadella
il 1 luglio.
A quel punto, subentrò nella mente dell'avvocato di Cittadella la
convinzione di aver tradito Gesù Cristo e il Vangelo, e di essere destinato
alla dannazione eterna. Egli entrò quindi in una profonda depressione, si
ammalò rapidamente e nonostante le cure dei medici e il conforto di Pier
Paolo Vergerio, accorso al suo capezzale e che si offrì di pagare le
relative spese mediche, le sue condizioni di salute peggiorarono
vistosamente in pochi mesi.
Nel tentativo di ottenere cure migliori, egli fu portato a Padova, in casa
di un parente, Giacomo Nardini, ma in dicembre rientrò a Cittadella, dove il
27 dicembre 1548, schiacciato dal rimorso, S. si spense a soli 46 anni.


Le reazioni in seguito alla sua morte
Il caso Spiera ebbe una grande diffusione negli ambienti protestanti del
Cinquecento grazie anche agli autorevoli personaggi, che, colpiti dal caso
umano e religioso, fecero resoconti molto particolareggiati noti anche
all'estero.
Già si è detto di Pier Paolo Vergerio, che dichiarò che dall'episodio
dell'avvocato di Cittadella aveva tratto la forza di prendere la via
dell'esilio. Fu, secondo alcuni autori, la sua "esperienza della torre"
(Turmerlebnis), di luterana memoria.
Ma l'agonia colpì anche i testimoni oculari Bartolomeo Fonzio e Matteo
Gribaldi Mofa, che scrisse a riguardo la Historia de quondam quem hostes
Evangelii in Italia coegerunt abijcere agnitam veritatem, influenzò Celio
Secondo Curione, che redasse una Francisci Spierae (.) historia, e infine lo
stesso Calvino, che ne fece riferimento in una polemica sorta con i
luterani, dopo che quest'ultimi avevano accusato i calvinisti di far morire
la gente disperata.
La polemica era sorta dopo la comparsa di un'epistola del 1550 di Giorgio
Siculo: Epistola di Georgio Siculo servo fedele di Jesu Christo alli
cittadini di Riva di Trento contra il mendatio di Francesco Spiera et falsa
dottrina de' Protestanti. Lo scritto aveva una valenza anti-protestante, non
certo cattolica, ma di stampo anabattista o tipicamente del filone di
pensiero di Miguel Serveto, e si inserì nella polemica del Siculo contro la
dottrina calvinista della predestinazione.


Molinos, Miguel de (1640-1696) e Quietismo



La vita
Il mistico Miguel de Molinos nacque il 21 dicembre 1640 a Muniesa, vicino a
Saragoza, in Spagna. Da giovane egli studiò, laureandosi e venendo ordinato,
a Valencia, dove successivamente poté godere del beneficio (rendita) della
locale chiesa di San Tommaso e fu confessore per un convento di suore.
Nel 1662 egli si trasferì a Roma, dove divenne amico del cardinale Benedetto
Odescalchi, il futuro Papa (energico, saggio ma alquanto intransigente)
Innocenzo XI (1676-1689). Nel 1675 M. pubblicò, in italiano, la sua Guida
spirituale, che disinvolge l'anima e la conduce per l'interior cammino
all'acquisto della perfetta contemplazione e del ricco tesoro della pace
interiore, seguita poco dopo dal Trattato della Comunione quotidiana. I due
testi passarono abbastanza inosservati fino al 1681, quando il predicatore
gesuita Paolo Segneri (1624-1694) attaccò le idee di M., pur non citandolo
direttamente.
Una prima inchiesta dell'Inquisizione assolse il mistico spagnolo, tuttavia
i soliti gesuiti non ebbero problemi a scatenare il re di Francia, Luigi XIV
(1654-1715), ansioso di mettere in difficoltà Innocenzo XI con il quale era
ai ferri corti per le posizioni gallicane della monarchia francese, a
denunciare, attraverso il cardinale César d'Estrées (1628-1714),
ambasciatore presso la Santa Sede, la presenza di un eretico a Roma proprio
nella persona di M., oltretutto amico del Papa.
M. fu arrestato nel maggio 1685 e, nonostante le intercessioni di amici
altolocati, fu processato per eresia e immoralità (quest'ultima accusa fu un
malinteso derivato da una particolare interpretazione della sua dottrina:
vedi sotto): la sentenza di condanna fu pronunciata il 3 settembre 1687
nella chiesa domenicana di Santa Maria sopra Minerva a Roma. M. dovette fare
pubblica ammissione dei propri errori e fu condannato alla prigione a vita e
a vestirsi con il saio dei penitenti.
Infine il 2 novembre 1687 Innocenzo XI firmò la bolla Colestis pastor, che
condannò 68 proposizioni contenute nella Guida spirituale e in altre opere
di M.
M. morì in carcere il 28 dicembre 1696.


La dottrina
Il quietismo mirava a privilegiare un rapporto diretto, una vera unione, con
Dio, ottenuto mediante uno stato di quiete, di passività, di annullamento
della volontà e di ogni pensiero intellettuale, rifiutando la consolidata
gerarchia ecclesiastica. L'uomo doveva percorrere la sua via interna
annichilandosi, abbandonandosi totalmente alla volontà di Dio senza pensare
a premi o punizioni e rimanere perinde ac cadaver (come un cadavere).
Facendo ciò, l'anima si annichiliva e ritornava alla fonte, l'essenza di
Dio, nella quale veniva trasformata e divinizzata.
Erano quindi disprezzate le attività esteriori del Cristianesimo, come le
preghiere (più il fedele si abbandonava alla volontà di Dio e più gli
risultava difficile recitare anche un semplice Padre Nostro), i sacramenti,
la ritualità.
L'accusa di immoralità rivolta a M. derivava dal convincimento quietista che
quando la purezza dell'anima fosse stata raggiunta con l'annichilazione
sopra descritta, l'uomo non doveva più chiedere niente a Dio, ma anche non
offrire resistenza alle tentazioni in quanto egli non avrebbe potuto più
peccare. Del resto un eventuale peccato (opera del diavolo) non andava
neanche confessato cosicché lo spirito potesse vincere il diavolo grazie
alla sua pace e all'unione più intima con Dio. Un credo questo simile a
quello del movimento medioevale dei fratelli del libero spirito, che, al
riguardo, rimandavano al passo di San Paolo: Tutto è puro per i puri
(Lettera a Tito 1,15).
Elementi della dottrina quietista si possono ritrovare nella storia del
Cristianesimo occidentale fino al `500: in alcune scuole gnostiche, nei
messaliani, nel movimento dei begardi e beghine, nei già citati fratelli del
libero spirito, nei mistici tedeschi come Johannes Eckhart, negli
alumbrados, e perfino nei santi mistici cattolici Teresa d'Avila (1515-1582)
e Giovanni della Croce (1542-1591).
Inoltre, nel XVII secolo, idee o istanze simili a quelle quietiste si
ritrovano espresse dai quaccheri di George Fox, dal giansenismo, dalla
mistica eterodossa francese (quietista ante-litteram) Antoinette Bourignon,
dal mistico spagnolo Juan Falconi (1596-1638), e soprattutto dai precursori
del pietismo luterano: Johann Arndt aveva pubblicato nel 1606 il suo lavoro
più famoso, Vier Bücher vom Wahren Christhentum [Quattro (diventati poi sei)
libri sul vero cristianesimo] e Jean de Labadie, dopo il 1650, aveva fondato
comunità mistica di adepti che si ritenevano predestinati alla salvezza e
che rifiutavano sacramenti, pratiche religiose, dogmi e gerarchia
ecclesiastica.


Il quietismo dopo Molinos
In Italia il più famoso seguace di M. fu il vescovo (poi cardinale) di Iesi,
Pier Matteo Petrucci, condannato nel 1687, mentre molto peggio andò ai
francescani minori conventuali Antonio Bevilacqua e Carlo Maria Campana,
decapitati nelle Carceri Nuove il 26 marzo 1695. Inoltre, nel 1708, fece
notevole scalpore il processo al prete bresciano Giuseppe Beccarelli
(1666-1716), accusato di quietismo, ma forse più noto per le gravi accuse di
sodomia nei confronti dei giovani che frequentavano il collegio bresciano,
di cui il Beccarelli era direttore.
Comunque la nazione dove il quietismo ebbe la diffusione più duratura fu la
Francia: a parte la mistica Antoinette Bourignon, gli esponenti più in vista
furono Jeanne Marie Guyon (detta Madame Guyon), una mistica ben introdotta
nell'aristocrazia francese e amica di Francoise d'Aubigne, Marchesa de
Maintenon (1635-1719) e moglie morganatica del re Luigi XIV (1654-1715); il
confessore della Guyon, padre François Lacombe (1643-1715); e l'arcivescovo
di Cambrai François de Fénelon.
Il grande nemico del quietismo fu Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704),
predicatore e vescovo di Meaux, in Francia. Egli dispose l'arresto e
l'imprigionamento alla Bastiglia di Madame Guyon, entrò in polemica accesa
con Fénelon e fu il principale artefice della condanna, nel 1699, di
quest'ultimo da parte di Papa Innocenzo XII (1691-1700).



Niclaes (o Niclas), Hendrik (o Heinrich) (ca.1502- ca.1580) e Famiglia
d'amore o familisti e grindletoniani



La vita
I dati sulla nascita di Hendrik Niclaes sono alquanto confusi: egli nacque
il 9 o 10 Gennaio 1502 (o forse 1501), probabilmente a Münster, dove
comunque visse nella prima parte della sua vita come merciaio. Da piccolo fu
soggetto a visioni mistiche e all'età di 27 anni, essendosi accostato alle
dottrine riformiste, fu imprigionato con l'accusa di eresia.
Dopo la sua liberazione dovuta per mancanza di prove, N. emigrò con la sua
famiglia ad Amsterdam, dove però fu nuovamente imprigionato con l'accusa di
essere stato complice nella famosa rivoluzione anabattista di Münster
(1534-1535).
In seguito N. si dedicò ad una vita, simile a quella seguita nel secolo
successivo dai pietisti. Nel 1539-40 N. ebbe una visione di Dio, che
riversava su di lui lo spirito del vero amore di Gesù Cristo, secondo le sue
parole. La stessa visione lo sollecitò a fondare una comunità denominata
Famiglia d'amore (Familia caritatis) (solo omonimo del movimento odierno,
fondato nel 1968 da David Brandt Berg): si trasferì quindi nella remota
provincia della Frisia orientale, ad Emden, dove visse per vent'anni,
viaggiando spesso, in Olanda, Fiandre, Francia e Inghilterra, sia per motivi
legati alla sua professione di merciaio che per motivi religiosi.
Il suo credo religioso, come tracciato nel suo principale libro
Un'introduzione alla Santa Comprensione dello Specchio di Giustizia, era
infatti una miscela di varie dottrine:
L'antinomianismo (o antinomismo): le leggi dell'uomo non erano più valide
per chi aveva ottenuto il perfetto stato di grazia divina. Questo spirito
divino, secondo il concetto antinomiano di N., metteva la comunità e suoi
adepti al di sopra della Bibbia, dei Credi, della liturgia e delle leggi. In
questo senso, anche le dottrine della setta medioevale dei Fratelli del
libero spirito non gli erano certo estranee,
Il panteismo mistico, e
L'anabattismo (per entrare nella comunità bisognava essere ribattezzati),
quest'ultimo derivato dall'influenza di David Joris.
Tuttavia, poiché N. e suoi seguaci non seguivano alcuna particolare forma di
liturgia, molti di loro, compreso lo stesso N. continuavano a ritenersi
parte della Chiesa Cattolica. Contemporaneamente essi osservavano una
stretta forma di nicodemismo (il praticare di nascosto un credo religioso,
adeguandosi in pubblico a seguire quello ufficiale), che non favorì certo la
diffusione della setta, rimasta sempre confinata a livello di parenti e
amici intimi degli adepti.
Tuttavia la propaganda di N. non poté passare inosservata per sempre e circa
vent'anni dopo, nel 1560, egli dovette fuggire per evitare l'arresto da
parte delle autorità di Emden.
A quel punto N. condusse una vita errante, risiedendo a Kampen, Utrecht, in
Inghilterra fino al 1569, ed infine, dal 1570, a Colonia.
E fu proprio a Colonia, dove pare N. morì nel 1580 circa.


La Famiglia d'Amore e i familisti
La dottrina di N. sopravvisse al suo ideatore almeno fino al 1604 sotto
forma di comunità di familisti segretamente costituite e sparse in Olanda,
Germania, Francia e Fiandre.
Un caso a parte furono i familisti in Inghilterra, il cui capo Christopher
Vitel tradusse molti degli scritti di N. in inglese.
Nel 1574 e nel 1580 il governo inglese di Elisabetta I (1558-1603)
procedette contro i familisti, condannando i loro libri e imprigionando gli
aderenti. Particolarmente accanito nella persecuzione nei loro confronti fu
il predicatore puritano John Knewstub (1544-1624).
Tuttavia la setta non scomparve, come testimoniano le petizioni, non
accolte, indirizzate dai familisti al successivo re Giacomo I (1603-1625),
il quale comunque accusava questa setta di essere tra i principali
responsabili della nascita del Puritanesimo.
Un caso a parte di familismo fu la setta denominata dei grindletoniani, dal
paese di Grindleton, nella contea inglese dello Yorkshire, influenzata dalle
prediche del pastore Roger Brerely (m. 1637) e attiva dal 1610 al 1630 circa
e i cui collegamenti con i familisti sembrano abbastanza accertati,
particolarmente per quanto concerne la dottrina antinomiana. Brerely infatti
predicava che la dottrina del Vangelo insegnava non quello che dobbiamo fare
a Dio, ma casomai quello che noi dobbiamo ricevere da Lui.
Anche il reverendo John Pordage, fondatore della Società dei Filadelfi, fu
influenzato dal familismo e durante il periodo storico repubblicano del
Commonwealth (1649-1658) di Oliver Cromwell, diversi libri familisti furono
ristampati: si ritiene che per il suo famoso libro Pilgrim's Progress lo
scrittore battista John Bunyan abbia tratto ispirazione da alcuni concetti
familisti.
Infine durante la Restaurazione (dopo il 1660), la setta scomparve,
fagocitato da gruppi radicali come i Quaccheri, (George Fox, il fondatore,
disse di aver convertito molti familisti alla sua causa) Battisti e
Unitariani, e all'inizio del diciottesimo secolo, gli autori riferirono di
solo un anziano adepto ancora in vita.


Fanini, Fanino (o Fannio, Camillo) (ca. 1520-1550)



La vita
Fanino Fanini (o Camillo Fannio) nato a Faenza nel 1520 circa da una agiata
famiglia di fornai, era il primogenito dei tre figli di Melchiorre Fanini
(m. 1546) e Chiara Brini. Nel 1542 F. sposò Barbara Baroncini, da cui ebbe
due figli, Giovanni Battista e Giulia, ed intraprese il mestiere di
famiglia, ma poco dopo iniziò ad interessarsi alle idee calviniste,
probabilmente in seguito alla lettura del Beneficio di Christo di Benedetto
Fontanini da Mantova e della Tragedia intitolata libero arbitrio di
Francesco Negri da Bassano, e, dopo la conversione, si diede ad un'intensa
attività di propaganda.
Fu arrestato nel 1547 e processato dall'inquisitore Alessandro da Lugo, ma
fu liberato "per pietà" e bandito da Faenza e dallo Stato della Chiesa.
Tuttavia F. rimase in Romagna e, associatosi agli evangelisti Barbone
Morisi, Giovan Matteo Bulgarelli, Alessandro Bianchi e Nicola Passerino,
fece una massiccia propaganda calvinista a Lugo, Imola e Bagnacavallo, dove
fecero proselitismo perfino nel convento femminile di Santa Chiara.
I punti principali delle prediche semplici, ma efficaci, di F. furono la
negazione dei sacramenti dell'Eucaristia e dell'Ordinazione, della messa e
dell'intercessione dei santi, della recita del rosario e della pratica del
digiuno, ma a Bagnacavallo il 27 febbraio 1549 F. fu arrestato per la
seconda volta e recluso nella rocca di Lugo per diciotto mesi, ed in seguito
venne trasferito a Ferrara per il processo. Tuttavia immediatamente dopo
l'arresto il cardinale Alessandro Farnese (1520-1589), nipote del Papa Paolo
III (1534-1549), chiese l'estradizione del prigioniero a Roma: era l'inizio
di un lungo tira e molla tra il papato e il duca di Ferrara Ercole II d'Este
(1543-1559), geloso della sua autonomia giudiziaria. Anche durante il
processo, il duca riuscì infatti a far affiancare l'inquisitore di Ferrara
Girolamo Papino da un domenicano, un francescano, ma soprattutto da tre
giudici "laici" nominati dalla corte ducale.
Il processo, comunque, si concluse il 25 settembre 1549 con la condanna al
rogo di F., eppure il duca fu notevolmente recalcitrante nel far eseguire la
sentenza, anche per una inusitata corsa alla solidarietà con tentativi di
far liberare il fornaio faentino da parte di illustri personaggi dell'epoca,
come il famoso capitano di ventura Camillo Orsini(1491-1559), la nuora
Lavinia Franciotti della Rovere Orsini e Olimpia Morato: le ultime due,
probabilmente sollecitate dalla duchessa Renata, moglie di Ercole II,
cercarono di intercedere presso il duca nella primavera 1550 e visitarono il
prigioniero in carcere per portargli l'elemosina della duchessa.
Perfino Renata in persona cercò di intervenire presso il marito, tuttavia
essendo già in odore di eresia calvinista (sarebbe stata poi relegata nel
palazzo di San Francesco, denominata per questo Palazzo della Duchessa), il
suo tentativo fu vano, se non ulteriormente compromettente per la sua
posizione a corte.
Dopo l'elezione del nuovo papa, Giulio III (1550-1555) nel febbraio 1550, il
duca fu fatto oggetto di pressioni e ricatti da parte del famigerato
inquisitore cardinale Giovanni Pietro Carafa, poi Papa Paolo IV (1555-1559):
Carafa alluse che se Ercole non avesse acconsentito all'esecuzione di F.,
l'Inquisitore Generale avrebbe aperto un procedimento contro la duchessa
Renata d'Este.
A questo punto, per scaricarsi la responsabilità, Ercole si fece mandare da
Giulio III una breve di autorizzazione alla condanna a morte di F.: il
povero fornaio, nonostante un tentativo della moglie e dei figli di
convincerlo ad abiurare, fu giustiziato mediante impiccagione, seguita dal
rogo, a Ferrara il 22 agosto 1550.


Le reazioni all'esecuzione
F. fu subito eletto ad esempio di martire protestante da parte di diversi
riformatori, come Francesco Negri, che scrisse nel 1550 De Fanini faventini
ac Dominici bassanensis morte (..) in merito all'esecuzione capitale del
fornaio di Faenza e di Domenico Cabianca da Bassano, conterraneo di Negri.
Anche Giulio Della Rovere esaltò la figura di F. nella seconda edizione
della sua popolare Esortazione alli dispersi per l'Italia, titolo poi
modificato in Esortazione al martirio, testo in cui spingeva i potenziali
martiri della fede riformata ad affrontare la morte.
Anche all'estero, e più precisamente a Ginevra, la vita ed il martirio di F.
furono descritti nel martirologio calvinista Actiones et monimenta martyrum
e nelle Icones di Théodore de Bèze.


Farel, Guillaume (1489-1565)



Guillaume Farel nacque nel 1489 da una famiglia nobile vicino a Gap (nel
Delfinato, in Francia). Benché i suoi genitori avessero deciso per lui una
carriera militare, F. si iscrisse invece all'università di Parigi, studiando
filosofia, teologia e lingue antiche sotto il noto umanista Jacques Le Fèvre
d'Étaples (o Jacobus Faber Stapulensis), che, in seguito, lo raccomandò come
professore nel Collegio Lemoine, fondato nel XIII secolo dall'omonimo
cardinale (1250-1313).
Nel 1520 Le Fèvre d'Étaples si trasferì a Meaux, chiamato dal vescovo
riformatore Guillaume Briçonnet, che lo nominò vicario generale e nel 1521
lo stesso F. seguì il maestro, prendendo parte al progetto di Le Fèvre e di
Briçonnet di una riforma, dall'interno e pur accettandone la gerarchia,
della Chiesa Cattolica.
F. non fu mai ordinato prete, ma a Meaux gli fu autorizzato a predicare:
tuttavia dopo pochi anni egli dovette lasciare la Francia, a causa delle
persecuzioni a cui fu soggetto Le Fèvre d'Étaples, il quale aveva
incrementato le proprie simpatie verso le dottrine riformiste. Le Fèvre
rimase comunque intoccabile sotto la protezione personale del re di Francia,
Francesco I (Le Fèvre ne era stato il maestro della cugina/cognata Renata,
futura duchessa d'Este e protettrice della causa riformista a Ferrara), ma
F. decise di cambiare aria.
Egli si recò quindi a Basilea, dai riformatori Ecolampadio e Haller, dove
tuttavia la sua accorata predica iconoclasta ed anti-cattolica gli costò
l'espulsione chiesta a gran voce, tra gli altri, da Erasmo da Rotterdam.
Dopo aver operato a Strasburgo, dove conobbe Bucero, e a Montéliard (da cui
venne esiliato nel 1525 dopo aver scaraventato un'immagine di Sant'Antonio
nel fiume!), F. fu assunto come predicatore ad Aigle, nel cantone di Berna
nel 1526, dove, tuttavia, decise prudentemente di agire sotto lo pseudonimo
di Ursinus. Dopo due anni, nel 1528, F. ottenne dalle autorità cantonali il
permesso di predicare ovunque entro i limiti del cantone di Berna, cosa che
fece con il suo abituale stile veemente.
Il permesso venne poi esteso ai cantoni di Vaud e Neuchâtel e fu proprio in
quest'ultima città che nell'ottobre 1530, con la folla, da lui sobillata, in
piena furia iconoclasta, F. proclamò l'adesione alla Riforma di Neuchâtel
stessa.
Nel 1531-1532 F. visitò i Valdesi durante il loro sinodo di Chanforan e il
suo accorato intervento fu fondamentale nella loro decisione di aderire alla
Riforma.
Nell'ottobre 1532, all'età di 43 anni, F. si recò a Ginevra, allora città
indipendente principalmente cattolica e parte del cantone di Berna: il suo
soggiorno fu breve e molto contrastato. Benché iniziasse a predicare solo in
case private, fu ben presto chiamato dal vescovo per essere giudicato: pare
che il giudizio per poco non si trasformò direttamente in un linciaggio. F.
fu addirittura fatto segno di colpi di arma da fuoco e poté mettersi in
salvo attraversando in barca il lago. Stessa sorte lo subì il predicatore
Antoine Froment (1509-1581), inviato poco dopo da F.
Il 28 marzo 1533, in seguito all'intervento militare di Berna, fu garantita
la libertà di culto ai protestanti, e, sebbene nel gennaio 1534 il vescovo
cattolico avesse ancora la forza di proibire le prediche non autorizzate e
di ordinare il rogo delle Bibbie protestanti, il rientro di F. nello stesso
1534 e la sua partecipazione a dibattiti pubblici accelerò l'avanzata delle
idee riformiste, culminata, il 27 agosto 1535, con il decreto di adesione di
Ginevra alla Riforma da parte del Concilio dei Duecento.
E fu in questa situazione che nel luglio 1536 capitò di passaggio a Ginevra,
durante un suo viaggio a Strasburgo, Giovanni Calvino, immediatamente
convinto da F., in maniera fin troppo energica (lo avrebbe maledetto, se non
avesse accettato di restare!), a rimanere ad insegnare teologia.
Nel 1536 i due installarono un governo teocratico regolato dalle Ordinanze,
ma molto poco tollerante, basato sulla censura morale e la scomunica, la cui
severità spinse il consiglio cittadino ad esiliare F. e Calvino nel 1538. F.
si recò a Neuchâtel e Calvino a Strasburgo e quando quest'ultimo fu
richiamato a Ginevra nel 1541, egli volle accanto il suo compagno di fede.
Tuttavia F. non rimase molto a Ginevra: già nel 1542 andò a Metz per
diffondere la Riforma. Si racconta che in questa città F. fosse riuscito,
durante una predica in un cimitero domenicano, a sovrastare con la propria
voce le campane del vicino convento fatte suonare proprio per disturbare la
sua omelia.
Ma l'ambiente ostile e le persecuzioni del duca Antonio di Lorena
(1508-1544) lo obbligarono nel 1544 a tornare a Neuchâtel, dove mantenne, a
distanza, la fraterna amicizia con Calvino, anche durante il discusso
episodio della condanna di Michele Serveto del 1553.
Solamente quando F., nel 1558, alla bella età di 69 anni, decise di sposarsi
con una vedova di Rouen, i rapporti con Calvino si raffreddarono e il
riformatore di Ginevra esortò altri predicatori a "sopportare con pazienza
la follia di questo vecchio scapolo"!
Calvino morì nel 1564 e questo lutto segnò profondamente F., che eppure,
l'anno successivo, il 1565, ebbe ancora l'energia di recarsi a Metz a
predicare con la sua solita verve. Tuttavia lo sforzo gli fu fatale e il 13
settembre 1565 egli morì.
Nel 1876 fu gli dedicato un monumento alla memoria da parte della
popolazione di Neuchâtel.


Farinata degli Uberti (m. 1264)



Farinata, soprannome di Manente degli Uberti, fu un famoso condottiero
ghibellino di Firenze vissuto nella prima ½ del XIII secolo.
Aderente alla Chiesa catara di Firenze, egli rappresentò la sintesi di
quella alleanza politica e di convenienza, che spesso si realizzò in quel
periodo tra catari e ghibellini.
Nel 1239, F. fu eletto a capo della fazione ghibellina di Firenze, la quale
riuscì a cacciare i guelfi dalla città nel 1248. Tuttavia al rientro di
questi ultimi, F. andò in esilio a Siena, da dove organizzò l'esercito
ghibellino con l'apporto delle truppe di Manfredi (1232-1266), figlio del
defunto imperatore Federico II (1212-1250).
Con questo esercito, F. affrontò e sconfisse i guelfi nella battaglia di
Montaperti del 4 settembre 1260, ma successivamente fu lui stesso ad opporsi
con successo alla distruzione di Firenze da parte delle truppe ghibelline.
F. morì nel 1264, ma 19 anni dopo, nel 1283 egli fu accusato postumo di
eresia e il suo corpo e quello della moglie Maria Adeletta  furono riesumati
e i resti dispersi, mentre i beni dei figli Lapo, Federico e Maghinardo
furono confiscati e loro stessi mandati in esilio.
F. fu citato da Dante nell'Inferno nel gironi degli eretici, nel canto VI,
79, ma soprattutto nel canto X,31 e seguenti:
Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai?
Vedi là Farinata che s'è dritto:
da la cintola in sù tutto 'l vedrai".


Unitarianismo (o unitarismo o antitrinitarismo) (XVI - XVII secolo)



Termine teologico per indicare la fede nell'unicità di Dio e nella
contemporanea negazione del dogma della Trinità. Ne consegue anche la
negazione della divinità di Cristo.
L'unitarianismo è stato, a parte l'anabattismo, la terza grande alternativa
nella galassia protestante, oltre al luteranesimo e allo
zwinglianismo/calvinismo.


La storia
La dottrina dell'unitarianismo viene fatta tradizionalmente risalire agli
inizi del Cristianesimo, ed in particolare agli eretici del periodo intorno
al Concilio di Nicene (325), come Ario (infatti gli unitariani furono
proprio chiamati ariani dai loro detrattori), Paolo di Samosata, Noeto di
Smirne, Prassea e Sabellio. Nel medioevo il concetto antitrinitario non
scomparì del tutto, ma rimase nella filosofia di Abelardo e Roscellino.
Venendo al periodo rinascimentale, i primi studiosi ad aver espresso
concetti antitrinitari furono nel 1527 Martin Borrhaus (nome umanistico:
Cellarius) (1499-1564), amico di Martin Lutero, e il predicatore anabattista
Ludwig Haetzer (1500-1529), ma fu soprattutto la pubblicazione a Hagenau, in
Alsazia, nel 1531, del famoso libro De trinitatis erroribus (Gli errori
sulla Trinità) del medico spagnolo Miguel Servet (Michele Serveto) a gettare
nello scompiglio i più famosi pensatori protestanti dell'epoca, da Lutero
("un libro abominevolmente malvagio") a Melantone, Ecolampadio, Bucero.
Quest'ultimo tuonò dal proprio pulpito che l'autore avrebbe meritato di
essere squartato! E proprio in seguito alla pubblicazione di questo libro
tutti i riformatori dell'epoca decisero di rinforzare l'importanza
dottrinale della Santa Trinità. Dopo una vita tribolata da continue
persecuzioni, Serveto finì i suoi giorni, messo al rogo a Ginevra nel 1553
da un altro dei pensatori riformisti, che più lo detestavano, Giovanni
Calvino.
Ma la morte di Serveto fece levare moltissime voci di protesta, tra cui
quelle dei protestanti italiani Giovanni Valentino Gentile, Matteo Gribaldi
Mofa, Giorgio Biandrata e Giovanni Paolo Alciati della Motta, i quali furono
costretti ad emigrare da Ginevra, portando, pur con sfumature diverse, i
germi della dottrina antitrinitaria soprattutto dal 1560 nell'Europa
orientale, cioè in Polonia, Moravia e Transilvania.


Antitrinitari in Polonia
Qui le dottrine antitrinitarie non erano totalmente sconosciute, tant'è vero
che già nel 1538 una anziana donna di 80 anni, Caterina Weygel (o Vogel),
era stata bruciata sul rogo a Cracovia per una sospetta eresia
antitrinitaria. Ma sotto il regno di Sigismondo II Augusto (1543-1572) si
crearono le premesse per lo sviluppo delle idee antitrinitarie in Polonia.
L'antesignano fu Petrus Gonesius (Piotr Z Goniazde), che aveva studiato a
Padova nel 1552-54 con Gribaldi Mofa e da lui era stato convertito.
Già nel secondo sinodo della Chiesa Riformata Polacca (fondata da Jan Laski)
del 1556, Gonesius espresse forti concetti antitrinitari, ma fu solo con
l'arrivo di Giorgio Biandrata e di Lelio Sozzini nel 1558 che la corrente
unitariana trovò dei veri leader e formò una comunità, soprattutto di esuli
italiani, a Piñczòw vicino a Cracovia.
Tuttavia, poco dopo, ci fu per loro un durissimo colpo quando i cattolici,
rappresentati dal nunzio apostolico cardinale Giovanni Francesco Commendone
(1523-1584), convinsero il re Sigismondo II Augusto ad emettere nell'agosto
1564 l'editto di Parczów, che stabiliva l'espulsione di tutti gli stranieri
non cattolici.
Agli antitrinitari italiani, compreso il famoso ex vicario generale dei
Cappuccini, Bernardino Ochino appena giunto in Polonia, non restò che
emigrare in Moravia o in Transilvania.


L'esilio in Moravia
Il margraviato di Moravia, pur facendo parte dei possedimenti assurgici,
godeva di una ampia autonomia, anche in campo religioso. Un esempio pratico
fu l'accoglienza positiva riservata per le comunità di anabattisti, guidati
da Balthasar Hübmaier e Jakob Hutter, perseguitati senza pietà in tutto il
resto dell'Europa.
Austerlitz (Slavkov in ceco), in particolare, fu una città dove fecero capo
diverse correnti religiose dissidenti, compresi gli antitrinitari: nel 1564,
scacciati dalla Polonia in seguito all'editto di Parczów, un gruppo di
antitrinitari italiani, comprendente Niccolò Paruta (che formò in seguito
delle comunità denominate seminaria veritas), Gentile, Alciati della Motta,
Ochino, si recò nella città morava. Furono seguiti nei successivi anni da
altri dissidenti come Marcello Squarcialupi, Andrea Dudith-Sbardellati e
Niccolò Buccella, che man mano, con il miglioramento della situazione
polacca, decisero di rientrare in Polonia.


Ripresa delle attività in Polonia
Già dopo la dieta di Piotrków della Chiesa Riformata Polacca del 1564 che
decretò l'esclusione degli antitrinitari, ci fu una separazione tra una
ecclesia major calvinista ed una ecclesia minor di fede antitrinitaria.
Gli antitrinitari, in quel periodo, si erano frazionati in quattro correnti,
qui riassunti dal nome dei capi-scuola:
Stanislao Farnowski (Farnovius, m.1615): come Gonesio, i suoi seguaci
pensavano che Cristo era pre-esistito alla creazione del mondo e quindi era
giusto adorarlo, ma non adottavano la stessa venerazione per lo Spirito
Santo.  Erano inoltre contrari al battesimo degli infanti. Nel 1568 il
gruppo di Farnowski si separò dalla chiesa unitariana polacca,
concentrandosi in una zona a cavallo del confine con l'Ungheria. La
secessione durò circa 50 anni e, dopo la morte del loro leader, i suoi
seguaci vennero riassorbiti dagli unitari o dai calvinisti.
Martin Czechowic: egli era un ariano molto radicale: Cristo era un uomo come
gli altri, ma essendo nato senza peccato, fu divinizzato e era giusto
adorarlo. Prendendo, come Gonesio, dagli anabattisti, Czechowic si opponeva
al battesimo dei bambini, all'uso delle armi, al coinvolgimento in incarichi
pubblici e alla proprietà privata.
Grzegorz Pawel: il gruppo di Cracovia di Pawel negava sia la pre-esistenza
di Cristo, sia la necessità di adorarlo. Come Gonesio e Czechowic, Pawel
aveva convinzioni anabattiste e in più era un millenarista.
Szymon Budny: per Budny Cristo era un uomo ed era idolatria adorarlo. Venne
scomunicato nonostante il suo vasto seguito in Lituania.
Un punto di svolta fondamentale per l'ecclesia minor fu l'arrivo in Polonia
nel 1579 di Fausto Sozzini, nipote di Lelio, che divenne ben presto la guida
di tutti gli antitrinitariani locali.
Socini pose la sua residenza a Cracovia, sebbene il centro di riferimento
per l'unitarismo polacco fosse la vicina cittadina di Raków, dove era stato
fondato un seminario di studi antitrinitari nel 1569 e dove, tra il 1603 ed
il 1605, sarebbe stato redatto il catechismo ufficiale della setta.
Nello stesso periodo Socini entrò nella polemica tra gli adoranti (al cui
pensiero lui aderiva) e i non-adoranti, come Ferenc Dàvid, Giacomo
Paleologo, Jànos Sommer e Andrea Dudith Sbardellati. (vedi capitolo
"Antitrinitari in Transilvania").
Socini, con il suo De Jesu Christi filii Dei natura sive essentia, attaccò i
non-adoranti come giudaizzanti, che volevano, tra l'altro, santificare il
sabato, secondo un uso sabbatariano, che si sarebbe poi diffuso in
Inghilterra, portatovi proprio dagli unitariani profughi dalla Polonia.
Il pensiero di Socini, fortemente razionale, accettava un solo Dio, mentre
Gesù Cristo era semplicemente un uomo crocefisso, il cui compito era di
rivelare Dio agli uomini, permettendo loro di raggiungere così la salvezza,
seguendo il Suo esempio. Per lui la Sacra Scrittura, redatta da uomini, non
era indenne da errori, e l'uomo doveva basarsi sulla propria etica per
osservare i comandamenti e non era quindi necessaria la grazia divina. Egli,
inoltre, negava l'esistenza dell'inferno, il peccato originale, la necessità
dei sacramenti, la predestinazione.
Un bel programma in un secolo caratterizzato dal fanatismo religioso degli
opposti estremismi!
Nel 1588 Socini riuscì nell'impresa di unire tutte le fazioni unitariane al
sinodo di Brest (in suo onore, da quel momento gli unitariani si
denominarono sociniani), ma negli anni successivi dovette fronteggiare la
reazione, anche di piazza, dei cattolici: nel 1591 il suo punto d'incontro a
Cracovia fu devastato dalla folla e nel 1598 Socini stesso fu malmenato,
scampando per poco ad un linciaggio.
Egli morì nel 1604 e sulla sua tomba vennero scritte queste significative
parole: Crolli la superba Babilonia: Lutero ne distrusse i tetti, Calvino le
mura, Socini le fondamenta.
Pochi anni dopo, nel 1610, la potente organizzazione gesuita sbarcò in
Polonia decretando il rapido declino degli unitariani in Polonia: nel 1611
fu bruciato sul rogo a Varsavia l'unitariano Jan Tyskiewicz, un agiato
cittadino di Bielsk, e nel 1638 i sociniani furono espulsi da Raków e ne fu
chiuso il seminario.
Il colpo finale per l'unitarismo in Polonia fu il bando di espulsione per
tutti gli unitariani polacchi, deciso nel 1658 e diventato esecutivo il 10
luglio 1660, che li costrinse o ad uniformarsi o ad emigrare in altri paesi
europei (in Olanda, dove la maggior parte si trasferì aderendo alla Chiesa
Arminiana dei rimostranti, in Germania, e in Transilvania, dove però essi
non aderirono alla Chiesa Unitariana Transilvana, ma formarono una chiesa
autonoma a Kolozsvàr estinguendosi nel 1793).
L'ultima sacca di resistenza unitariana in Polonia si estinse nel 1811 e
solo nel 1921 furono riaccettate le congregazioni unitariane nella nazione
rinata dopo secoli di dominazione straniera. Ma la successiva occupazione
nazista nel 1939 e l'instaurazione del comunismo ha fatto sì che
l'unitarianismo polacco potesse incominciare a muovere nuovamente qualche
timido passo solamente dopo la caduta del muro di Berlino, negli anni '90
del XX secolo.
L'attuale Chiesa unitariana in Polonia comprende solo qualche centinaio di
fedeli.


Antitrinitari in Transilvania
Nel 1562 Giorgio Biandrata si recò in Transilvania, a Gyulafehérvár (Alba
Julia), dove fece la conoscenza e divenne amico di Ferenc Dàvid, vescovo
della Chiesa Riformata di Transilvania e cappellano personale del principe
Giovanni II Sigismondo Zapolya (1541-1571). Biandrata fece leggere a Dàvid
una copia della famosa Christianismi restitutio (La restaurazione del
Cristianesimo) di Miguel Serveto, convertendolo all'antitrinitarismo.
Il successivo sinodo nazionale a Gyulafehérvár del 1566 risultò un trionfo
per gli antitrinitari, sottolineato dalla pubblicazione del libro di Dàvid
De vera et falsa unius Dei, Filii et Spiritus Sanctii cognitione (Della
falsa e vera conoscenza dell'unità di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo),
nel quale il riformatore transilvano ridicolizzava la dottrina della Trinità
e perorava la causa della tolleranza religiosa per tutte le fedi.
Questo discorso venne poi ripreso durante la Dieta di Torda nel gennaio
1568, dove  Giovanni II Sigismondo Zapolya riconobbe la piena libertà a
tutte le confessioni religiose: fu la prima dichiarazione, al mondo, di
tolleranza religiosa mai pronunciata da un regnante. Oltre a questo, il re
aderì apertamente all'unitarismo con molti nobili della corte e Dàvid
divenne il capo della Chiesa Unitariana di Transilvania.
Nel 1570 Dàvid entrò in contatto, e ne fu influenzato, con lo studioso
italo-greco Giacomo Paleologo e il suo discepolo locale, il rettore del
ginnasio di Kolozsvár, János Sommer (1540-1574). Paleologo polemizzava con
un altro famoso antitrinitario, Fausto Socini, a riguardo della figura di
Gesù Cristo, che, per il Socini, era un vero uomo crocefisso, il cui compito
era di rivelare Dio agli uomini, permettendo loro di raggiungere così la
salvezza, seguendo il Suo esempio. Il Paleologo, invece, negava il ruolo di
guida del Cristo, per i fedeli verso la salvezza, e rifiutava,
conseguentemente, ogni forma di adorazione di Gesù Cristo. Per questo, il
Paleologo e i suoi seguaci, tra cui si associò anche Dàvid, vennero
denominati antitrinitari non-adoranti in contrapposizione al pensiero
sociniano di tipo adorante. Alla corrente non-adorante aderì anche l'ex
vescovo cattolico e ambasciatore (di madre italiana) Andrea
Dudith-Sbardellati.
Purtroppo il momento magico per Dàvid finì solo tre anni dopo, nel 1571 con
la morte, a soli 31 anni, di Giovanni II Sigismondo e la salita al trono del
cattolico Stefano I Báthory (1571-1586), che tolse a Dàvid l'incarico di
cappellano personale del re e gli impedì di pubblicare altri scritti. Nel
1579 i suoi nemici riuscirono a farlo arrestare e imprigionare nella
fortezza di Déva dove, a causa del clima rigido e del fisico debilitato,
Dàvid  morì nel novembre dello stesso anno.
La Chiesa Unitariana di Transilvania, fondata da Dàvid, pur attraverso mille
traversie, spietate persecuzioni da parte degli Asburgo cattolici e feroci
pogrom da parte di fanatici ortodossi rumeni, esiste ancora oggi formata da
125 chiese, sebbene divisa dal 1949 in un troncone in Ungheria (25.000
fedeli, ed uno di etnia ungherese in
Transilvania/Romania (circa 80.000 fedeli).


Sociniani in Inghilterra
Attraverso l'Olanda, che accolse molti esuli sociniani, l'antitrinitarismo
giunse in Inghilterra, dove il principale esponente fu John Biddle, preside
del liceo di Gloucester, che pubblicò, nel 1647, il primo trattato
dell'unitarismo inglese, Twelve arguments against the Deity of the Holy
Spirit (dodici ragioni contro la divinità dello Spirito Santo) a uso privato
per pochi amici, uno dei quali lo tradì, facendolo rinchiudere in carcere
nel 1645 per ordine dei magistrati di Gloucester.
Nel 1646 Biddle fu convocato a Londra per essere giudicato da una
commissione di teologi, ma, nell'attesa della sentenza, fu confinato in
prigione a Westminster dove rimase per vari motivi per i successivi 5 anni.
Infatti, imprudentemente, nel 1647, Biddle fece pubblicare le sue Dodici
ragioni, suscitando un putiferio: a gran voce venne chiesta la sua condanna
a morte, prevista anche dalla recentemente approvata (nel 1648) legge
Ordinance for punishing heresies and blasphemies (ordinanza per punire
eresie e blasfemie), ma nel 1652, grazie alla Act of Oblivion (legge di
oblio), egli poté finalmente uscire di prigione.
Una volta libero, Biddle fondò una piccola congregazione sociniana a Londra,
traducendo testi base dei sociniani (o unitariani) polacchi, come il
Catechismo di Racow (in Polonia), la prima dichiarazione dei principi
sociniani, ma soprattutto pubblicò nel 1654 la sua opera più celebre, il
Twofold Catechism (Catechismo doppio), dove in 24 capitoli egli bandì tutte
le espressioni e dottrine non originarie delle Scritture, come
transustanziazione, peccato originale, Dio fatto uomo, Madre di Dio etc.
Insomma non ci fu un solo punto della teologia dell'epoca che non fosse
rimesso in discussione da lui, sebbene utilizzasse l'astuta tecnica delle
domande aperte, senza mai precisare la propria fede.
Nonostante ciò, per ordine del parlamento, le copie del suo libro furono
bruciate sul rogo e lui stesso imprigionato nel carcere di Newgate, ma, per
l'ennesima evoluzione della turbolenta situazione politica inglese (era
stato sciolto il parlamento), fu liberato.
Biddle continuò per tutta la vita a professare attivamente le proprie idee e
per questo venne più volte condannato al confino e al carcere fino alla sua
morte avvenuta nel 1662.
Il principale esponente dell'unitarismo inglese dopo Biddle fu Thomas Emlyn
(1663-1741), che fondò una congregazione unitariana a Londra nel 1705, ma va
anche citata l'attività del teologo neo-ariano Samuel Clarke con il suo
trattato Scripture Doctrine of the Trinity (Scrittura dottrina sulla
Trinità), del 1712.
In seguito si affermò Joseph Priestley (1733-1804), che divise il suo tempo
tra la chimica (individuò, tra l'altro, la molecola dell'ossigeno) e le
predicazioni unitariane, e Theophilus Lindsey che nel 1774 fondò la prima
chiesa ufficiale di ispirazione sociniana a Londra.
Nel 1791 un gruppo di teppisti distrusse sia la casa che il laboratorio di
Priestley, che qualche anno dopo prese la decisione di emigrare in America,
dove fondò una chiesa unitariana in Pennsylvania.
Nel frattempo, in Inghilterra si era formata nel 1825 la British and Foreign
Unitarian Association, che dovette lottare contro le leggi britanniche
varate per proibire agli unitariani di accettare lasciti donati dai
puritani, cosa che verrà aggiustata soltanto con una nuova legge nel 1844.
Nel 1840 avvenne una grave scissione nel movimento: i "cristiani liberi" di
James Martineau, convinti in una fede più intuitiva e meno "razionale", si
separarono fino al 1928, anno in cui le due anime dell'unitarismo inglese si
rifusero nella attuale General Assembly of Unitarian and Free Christian
Churches. 


Unitariani in America
Come già detto, Joseph Priestley fu uno dei predicatori che aiutò la
diffusione dell'unitarismo negli Stati Uniti, dove la dottrina però si
sviluppò abbastanza lentamente: prendendo spunto dalle prediche in
Inghilterra di Priestley, due chiese di Boston, la West Church del pastore
Jonathan Mayhew (1720-1766) e la First Church del pastore Charles Chauncy
(1705-1787) divennero unitariane.
Nel 1825 si formò la American Unitarian Association, ma, come per la crisi
degli unitariani inglesi del 1840, anche il pensiero unitariano americano fu
fortemente scosso dalle idee di William Ellery Channing, che inserì elementi
pietisti e filantropici. Lo scontro tre le due anime, mistica-pietistica da
una parte e razionale dall'altra, avrebbe caratterizzato la storia degli
unitariani americani negli anni seguenti: per esempio, nel 1865 la
conferenza nazionale unitariana adottò una piattaforma programmatica
nettamente cristiana, provocando il distacco della minoranza razionalista
che fondò la Free Religious Association (associazione religiosa libera).


L'unitarianismo odierno
Venendo ai giorni nostri, nel 1961 avvenne la svolta con la fusione degli
unitariani statunitensi con il movimento dell'universalismo, fondato dall'ex
pastore metodista John Murray, che credeva nella salvezza di tutti gli
uomini e negava la dannazione eterna.
La fusione diede luogo alla American Unitarian Universalist Association, poi
solo Unitarian Universalist Association, che conta oggi 502.000 aderenti. 
Nonostante la diffusione relativamente bassa dell'unitarismo/universalismo,
ben 5 presidenti degli Stati Uniti hanno professato una fede unitariana e/o
universalista: Thomas Jefferson (che gli unitariani danno come loro seguace,
anche se una sua adesione ufficiale non c'è mai stata), John Adams, John
Quincy Adams, Millard Fillmore  William Howard Taft.
L'associazione, nella quale la corrente razionalista ha oramai preso il
sopravvento, è un movimento basato su congregazioni autogestite senza una
comune formula religiosa ufficiale, retaggio della sua travagliata storia e
dell'apporto di idee molto diversificate e perfino contrastanti: si nota un
interesse più nella libera ricerca della verità.
Infatti, da una statistica risulta che solo il 3% degli aderenti considera
Dio come un essere soprannaturale e il 40% come simbolo dell'amore o di
altri processi naturali. Inoltre 90% non crede nella immortalità dell'anima
e 64% ammette di non pregare mai o di farlo raramente.
In compenso, gli unitariani universalisti si sono sempre schierati in
battaglie civili contro la pena di morte, a favore del divorzio, l'aborto,
l'eutanasia, per il controllo delle nascite, per la riforma carceraria, per
l'educazione sessuale nelle scuole.
L'associazione mantiene contatti con simili organizzazioni in Inghilterra,
Irlanda, Filippine, Ungheria, Francia e Cecoslovacchia e fa parte della
International Association for (Liberal Christianity) and Religious Freedom
(IARF) , che afferma di rappresentare 1.500.000 aderenti in 25 paesi.


Fausto di Milevi (manicheo) (fine IV secolo)



Fausto, nato a Milevi (in Numidia, parte dell'attuale Algeria) da famiglia
povera, si recò a Roma, dove si convertì al  Manicheismo, abbandonando
moglie e figli.
Diventò un episcopus, ma soprattutto sviluppò una certa notorietà negli
ambienti manichei per le sue capacità di ottimo oratore.
Nel 383 si recò a Cartagine, dove fu arrestato e successivamente condannato
all'esilio, ma la sentenza non fu mai eseguita. Fu infatti a Cartagine che,
nel 400, F. scrisse un trattato in favore del Manicheismo, confutato da
Sant'Agostino in una sua monumentale opera in 33 volumi. C'è da dire che
indubbiamente Agostino sapeva quello di cui stava disquisendo, visto che lui
stesso era stato manicheo in gioventù.


Fausto di Riez (ca. 405-ca. 490) (semipelagianista)



Fausto nacque in Britannia nel 405 ca., studiò legge e da giovane entrò nel
monastero di Lérins, dove fu ordinato sacerdote e nel 432 diventò abate del
monastero stesso, quando il precedente abate, Massimo, fu nominato vescovo
di Riez, in Provenza.
Nel 452 o 457, alla morte del suo predecessore, F., a sua volta, fu nominato
vescovo di Riez.
Fu sempre un fiero oppositore dell'arianesimo e per questo impegno fu
mandato in esilio dal re dei Visigoti, Eurico, di fede ariana, che regnava
al tempo sulla Gallia meridionale: F. poté fare ritorno a Riez, solo otto
anni dopo, alla morte del re.
Nel 475, a F. fu richiesto, da parte del vescovo di Arles, Leonzio, di
scrivere una condanna del pelagianismo, ma il risultato fu uno scritto Libri
duo de Gratia Dei et humanae mentis libero arbitrio, intriso, per contro, di
semipelagianesimo.
Il libro fu attaccato, circa 30 anni dopo la morte di F., da San Fulgenzio,
vescovo di Ruspe (in Nord Africa), il "novello Sant'Agostino", il quale,
esiliato in Sardegna dal re ariano dei Vandali, Trasmundo, ne scrisse una
confutazione, accelerando quindi la fine della dottrina semipelagianista,
condannata definitivamente dal secondo sinodo di Orange del 529.
Ma ciò avvenne molto dopo la morte, avvenuta nel 490 ca., di F., che morì in
odore di santità: i suoi fedeli, che lo considerarono tale, eressero in suo
onore una basilica.


Fedeli d'Amore (XIII secolo)



Con Fedeli d'Amore si intende un gruppo medioevale di tipo iniziatico,
presente nel XIII secolo in Italia, Francia (soprattutto Provenza) e Belgio,
e probabilmente derivato dalla corrente letteraria dei trovatori molto
diffusi nel secolo precedente.
I F. erano dediti al culto della "Donna (o Dama) Unica", una religione
esoterica di tipo gnostico caratterizzata da un linguaggio segreto (parlar
cruz), ideato acciocché la propria dottrina non fosse accessibile ai non
iniziati, la gente grosa,  secondo le parole del più famosa tra i F.,
Francesco da Barberino.
Secondo Mircea Eliade, la Dama simbolizzava l'intelletto trascendente, cioè
l'Intelligenza accessibile al discernimento spirituale, o meglio Madonna
Intelligenza, la "vedova che non era vedova", perché suo marito, il Papa,
era spiritualmente morto essendosi dedicato totalmente alle cose temporali.
I F. mischiavano volutamente i concetti di morte e amore, che, in un gioco
di parole provenzale, diventava a (senza) mor(t) (morte), quindi eterno.
Infatti il F. desiderava morire d'amore, perché, facendo così, l'umano e il
divino si congiungevano in un unico sublime ed eterno amore.
E' probabile, ma non certa, l'appartenenza di Dante Alighieri (1265-1321) ai
F.: per lui la Dama Unica fu Beatrice, elevata a figura santa e paragonabile
alla Vergine Maria in persona.
L'unico impegno storico degli aderenti, per altro abbastanza assenti, fu
quello di cercare di far minare il potere temporale del Papa, auspicando
l'intervento di re, come Federico III d'Aragona e di Sicilia (1296-1337) o
di imperatori come Ludovico il Bavaro (1328-1347), per abbattere il Papa e
instaurare nuovamente il potere imperiale di Roma.


Felice di Urgel (m. 818)



Felice era, alla fine del VIII secolo, il vescovo di Urgel, città nella
Marca Spagnola, quella stretta fascia di confine della Catalogna
settentrionale, rimasta sotto il regno franco di Carlomagno, anche dopo
l'invasione della penisola iberica da parte degli arabi nel 711.
Nel 785, F. fu coinvolto nella polemica adozionista, scatenata l'anno
precedente dal vescovo di Toledo, Elipando, il quale aveva accusato Migezio,
un prete al seguito del legato pontificio, il vescovo Egila, di predicare
che Dio si fosse rivelato in successione come il Padre in Davide, come il
Figlio in Gesù e come Spirito Santo in San Paolo e quindi che Cristo non
esistesse prima dell'incarnazione.
Elipando, per reazione, aveva scritto una confessione di fede nel 784 a
Siviglia tracciando una precisa linea di demarcazione tra Cristo come Dio e
Cristo come uomo. Il primo era Figlio di Dio a tutti gli effetti per
generazione e natura, ma il Cristo uomo era Figlio di Dio per adozione. Per
dare maggiore spessore alla sua dottrina, Elipando pensò bene di assicurarsi
l'appoggio di F., ai tempi un apprezzato teologo, al quale scrisse nel 785
per chiedere il suo parere.
F. appoggiò l'idea adozionista di Elipando e trovò nella lettura dei Padri
della Chiesa e nella liturgia mozarabica (il rito in vigore in Spagna fino
alla liberazione del 1492) terminologie come homo adoptivus o adoptatus,
applicato all'incarnazione di Cristo. L'apporto di F. fu talmente decisivo
che questa eresia venne anche chiamata feliciana.
Per questo Elipando e F. furono accusati di nestorianesimo da parte di
Beato, abate di Libana e Eterio, vescovo di Osma, i quali furono, a loro
volta, accusati dai loro avversari di monofisismo.
Il fatto che Elipando operasse dalla Spagna islamica e che l'unico re
cristiano in grado di intervenire su F. fosse Carlomagno (771-814),
momentaneamente disinteressato alla diatriba (stava ancora leccandosi le
ferite dopo la disfatta di Roncisvalle del 778), fece sì che questa eresia
potesse svilupparsi senza particolari ostacoli per qualche anno.
Tuttavia nel concilio di Ratisbona (Regensburg) del 792 F. fu condannato e
conseguentemente abiurò, ma, ritornato in Spagna e rifugiatosi da Elipando,
a Toledo, ritrattò tutto.
Fu quindi convocato da Carlomagno nel 794 il sinodo di Francoforte, dove
furono condannate le idee dei due eresiarchi. Carlomagno in persona scrisse
ai due vescovi, esortandoli a rinunciare al loro errore: non soltanto F. non
ritrattò, ma rincarò la dose, chiamando Gesù Cristo Deus nuncipativus (Dio
per denominazione).
Carlomagno, informato della posizione di F., coinvolse il teologo di corte,
l'anglosassone Alcuino di York, abate di Tours e consigliere spirituale di
Carlomagno stesso.
A sua volta Alcuino informò tre autorità come i vescovi Paolino di Aquileia,
Richibodo di Treviri e Teodulfo di Orléans, i quali indussero il neo-eletto
Papa Leone III (795-816) a condannare l'adozionismo in un sinodo a Cividale
del Friuli nel 795.
Anche questo tentativo non servì comunque ad arginare l'adozionismo
spagnolo, che fu invece debellato da due fatti quasi contemporanei avvenuti
nel 800: una missione, organizzata da San Benedetto d'Aniane (750-821) nella
neonata Marca Spagnola, la quale riportò molti spagnoli all'ortodossia e il
concilio di Aquisgrana (Aix-la-Chapelle o Aachen), dove F. e Alcuino si
fronteggiarono in una disputa teologica.
Anche questa volta F. ritrattò, ma, non fidandosi più, Carlomagno lo fece
affidare alla sorveglianza di Leidrado di Lione, presso il quale F. morì nel
818, apparentemente pentito. Apparentemente perché, dopo la sua morte, il
successore di Leidrado, il vescovo Agobaro, trovò fra le sue carte, degli
scritti in cui F. ricusava pienamente la sua precedente ritrattazione e
confermava la sua idea adozionista.


L'adozionismo, nella forma proposta dai due eresiarchi sopravvisse nella
Spagna islamica fino al IX secolo.


Fox (Foxe), George (1624-1691) e quaccheri o Società degli amici o Amici
della Verità o Figli della Luce



La vita
George Fox (o Foxe), il fondatore del movimento dei quaccheri, nacque a
Drayton-in-the-Clay (oggigiorno Fenny Drayton), nella contea inglese del
Leicestershire, nel luglio 1624 da una famiglia puritana di tessitori. In un
primo momento i genitori avevano deciso una carriera di pastore religioso
per il figlio, ma questi, che dimostrò precocemente una notevole repulsione
per il "clero mercenario", fu poi avviato all'apprendistato come calzolaio.
Un giorno, nel 1643, F., ormai diventato un giovane di 19 anni, (fin troppo)
serio e onesto, fu scioccato dalla proposta di una bevuta in compagnia,
fatta da due amici puritani: abbandonò quindi la casa paterna senza un soldo
in tasca e con la sola compagnia di una Bibbia, per iniziare una ricerca
mistica per la sua illuminazione spirituale. Dapprima, come un vero seeker,
egli vagò cercando di chiarire i suoi dubbi e confrontandosi con gli
insegnamenti della Chiesa Anglicana e delle innumerevoli sette,
prevalentemente di dottrina calvinista, che costellavano la galassia
protestante inglese dell'epoca. Ma non ebbe le risposte cercate, in quanto
il calvinismo predicava che solo gli eletti erano predestinati alla salvezza
eterna, il che, secondo la sua forma antinomiana più estrema, implicava che
il comportamento morale era irrilevante a questo scopo e F. non poteva certo
accettare una separazione tra religione e moralità: per lui bisognava
moralmente impegnarsi per ottenere la sconfitta del peccato.
Nel 1646 F. ebbe una illuminazione: la pace non deriva dalla lettura delle
Sacre Scritture, ma da una luce interna, una scintilla divina che ogni uomo
porta in sé (Dio è in ogni uomo) e che deve sviluppare ed espandere. Questo
pensiero portò anche al convincimento dell'inutilità di una struttura
ecclesiastica formale e di un clero educato all'uopo.
Dal 1647 F. iniziò a predicare nel centro-nord dell'Inghilterra e ben presto
fu perseguitato: imprigionato a Nottingham, messo alla gogna e quasi
lapidato a Mansfield, imprigionato per sei mesi con l'accusa di blasfemia a
Derby. Proprio in quest'ultima città il giudice Gervase Bennet chiamò
spregiativamente F. e i suoi seguaci con l'appellativo, diventato poi molto
diffuso, di quaccheri, dall'inglese to quaker = tremare, in quanto essi
tremavano in presenza dello Spirito di Dio.
F. e i suoi preferirono chiamarsi invece Gente di Dio o Amici della Verità o
Figli della Luce. In seguito la denominazione ufficiale della setta sarebbe
diventata Società degli Amici.
Tra il 1649 ed il 1675 F. fu imprigionato per ben otto volte, ma questo non
gli impedì di diffondere rapidamente le sue dottrine, soprattutto nel
nordovest dell'Inghilterra, nelle contee del Lancashire, West Yorkshire e
Cumberland. Qui nel 1652 F. vinse alla sua causa diversi seekers, battisti e
puritani e soprattutto conobbe a Swarthmoor Hall, il primo  protettore (di
una certa influenza) della setta, il giudice puritano Thomas Fell e sua
moglie Margaret (1614-1702). Quest'ultima, alla morte del marito nel 1669,
sarebbe diventata la moglie di F. e una mirabile organizzatrice
dell'amministrazione centrale del movimento. Nella seconda metà degli anni
'50 i quaccheri si diffusero anche a Londra e nel sud del paese fino a
raggiungere la cifra stimata di 60.000 convertiti entro il 1660.
Non contento di agire solo sul territorio inglese, F. allargò l'attività
missionaria al Galles e alla Scozia, mentre suoi adepti predicarono nel
Massachusetts, isole Barbados, Olanda, Germania, Polonia fino alla visita
fatta nientedimeno che al sultano turco da parte della quacchera Mary Fisher
nel 1658.
Sicuramente i mussulmani trattarono meglio i quaccheri di quello che fecero
i loro stessi fratelli cristiani: infatti alcune abitudini dei quaccheri li
misero nei guai, soprattutto il rifiuto di prestare giuramento e di pagare
le decime alla Chiesa (la Casa col Campanile, come la chiamava F.).
Per questo motivo, nel periodo del Commonwealth (1649-1660), solitamente
abbastanza tollerante verso le sette protestanti inglesi grazie
all'intervento personale del Lord Protettore Oliver Cromwell (1599-1658),
proprio i quaccheri furono tra i più perseguitati: si calcola che più di
2.000 fedeli furono imprigionati e 32 morirono per i maltrattamenti subiti.
Eppure, nonostante ciò, l'unica tra le innumerevoli sette protestanti
inglesi del XVII secolo che si consolidò e si espanse, anche dopo la
restaurazione nel 1660 del re Carlo II (1649-1685), fu proprio quella dei
quaccheri, che anzi assorbì una larga fetta delle altre sette dissidenti,
quando queste entrarono in crisi esistenziale. Significativo fu la
conversione al quaccherismo del fondatore della setta dei levellers, John
Lilburne.
Anche i quaccheri dovette subire, come altri, il problema degli estremismi:
il più significativo fu quello di James Nayler, che rappresentò l'ala più
ranter (caratterizzata da eccessi antinomiani) del movimento. Arrestato nel
1656 perché aveva inscenato un'entrata a dorso d'asino in Bristol, simile a
quello di Gesù in Gerusalemme, fu liberato solo nel 1659 e nel 1660 si
riconciliò con F., morendo poi nello stesso anno.
Nel gennaio 1661 il capo della setta dei quinto-monarchisti, il commerciante
in botti Thomas Venner (m.1661), tentò una disperata insurrezione nel
gennaio 1661 contro la restaurazione della monarchia, ma, come era
prevedibile, il colpo fallì e Venner e gli altri capi della rivolta furono
decapitati. Le successive repressioni stroncarono definitivamente il
movimento quinto-monarchista, oltre a perseguitare anche altre sette
accusate di aver partecipato al tentato golpe, come i giacobiti e i
sabbatariani, ma soprattutto i quaccheri, di cui 4.230 furono messi in
prigione.
Negli anni successivi le persecuzioni nei confronti dei quaccheri salirono
continuamente di tono ed anch'essi dovettero subire le conseguenze degli
atti contenuti nel Codice Clarendon (1661-1665), voluto dal Lord
Cancelliere, Edward Hyde, 1° Conte di Clarendon (1609-1674), originariamente
emessi per stroncare il movimento puritano, ma esteso a tutte le sette
cosiddetti non-conformisti, quelle cioè che non avevano voluto conformarsi
all'Uniformity Act, uno degli atti del Codice Clarendon, che erano:
Corporation Act (1661), che escludeva i non-conformisti dai pubblici uffici.
Uniformity Act (1662), che obbligava all'uso del Libro delle Preghiere della
Chiesa Anglicana.
Conventicle Act (1664), che proibiva funzioni religiose non-conformiste.
Five Mile Act (1665), che proibiva ai pastori non-conformisti di avvicinarsi
alle città.
In questo periodo F. venne arrestato nel 1664 a Swarthmoor ed ancora nel
1670 a Londra, dove aveva partecipato deliberatamente ad una riunione
quacchera non autorizzata.
Nonostante ciò, al 1665 risalì l'importante conversione di quel William
Penn, fondatore dello stato della Pennsylvania, rifugio sicuro per i
dissenzienti inglesi in fuga dalla madrepatria.
Finalmente nel 1672 la Declaration of Indulgence (dichiarazione di
indulgenza) permise più libertà di culto ai dissenzienti, compreso i
quaccheri: fu seguita da analoghe dichiarazioni nel 1687 e 1688 promulgate
dal re cattolico Giacomo II (1685-1688), nel tentativo di ottenere
l'appoggio dei non-conformisti contro la Chiesa Anglicana.
Ma, con la Gloriosa Rivoluzione del 1688/9 Giacomo II fu cacciato,
estinguendosi così il dominio in Inghilterra della dinastia Stuart. Salì
infatti al potere, con il titolo di Guglielmo III (1689-1702), il principe
olandese Guglielmo d'Orange, genero di Giacomo II e lontano discendente di
Enrico VIII.
Nel 1689 fu emanata la Toleration Act (atto di tolleranza) del 1689, voluto
dal nuovo re, e che garantì la libertà di culto religioso a tutti i
non-conformisti, eccetto i cattolici e gli unitariani. Poco dopo fu concesso
ai quaccheri l'esenzione al giuramento, sostituito con una dichiarazione
semplice di conferma.
Al momento della morte di F. il 13 gennaio 1691, i quaccheri nelle Isole
Britanniche erano circa 50.000.


Dottrina e comportamento
Come già detto, dalla illuminazione avuta nel 1646 F. si convinse che la
pace non derivasse dalla lettura delle Sacre Scritture, ma da una luce
interna, una scintilla divina che ogni uomo portava in sé (Dio è in ogni
uomo) e che egli doveva sviluppare ed espandere.
Nel contempo, però, F. credeva nella presenza del male nell'Uomo e nella
necessità di combatterlo il più possibile.
Ma il quaccherismo non era solo un credo, ma anche una maniera di vita,
basata sulle parole chiave Verità e Sincerità, che rifiutava il lusso per
favorire la semplicità nel vestiario, nei comportamenti e nel modo di
parlare. Per esempio, in questa ultima situazione i quaccheri dell'epoca,
rivolgendosi a qualcuno, usavano la forma thee, equivalente al familiare tu
in italiano, rispetto al più formale you, equivalente all'italiano voi.
Inoltre i quaccheri furono tra i primi ad applicare la parità dei sessi,
razze, nazioni o classi sociali.
Le riunioni di culto tuttora si svolgono regolarmente, uno o due volte alla
settimana, senza un programma predefinito, in quanto le riunioni servono a
far sentire ai presenti la presenza di Dio come giuda spirituale. Certe
volte, specie negli ultimi anni, può essere impiegato un ministro del culto.


La storia della setta dopo la morte di Fox
Già ad iniziare dal 1660, i quaccheri iniziarono ad emigrare nelle colonie
americane. Nel 1674 alcuni di essi acquistarono terreni nel New Jersey, ma
fu soprattutto William Penn che diede loro una grande opportunità nella sua
colonia, denominata Pennsylvania: qui entro il 1684 si stabilirono circa
7.000 Amici della Verità. In seguito i quaccheri cercarono di stabilirsi
anche in altre colonie americane, incontrando in alcuni casi, come nel Rhode
Island, un ambiente favorevole, ma non nel Massachusetts dove vennero
perseguitati.
Dal 1690 si fece largo nel movimento una fase cosiddetta quietistica, cioè
di maggiore introspezione e limitata attività pubblica. Tuttavia le rigide
regole interne, come ad esempio il divieto di matrimonio, pena l'espulsione
dal movimento, con persone non quacchere o senza il consenso dei genitori,
portarono ad una involuzione del numero dei fedeli tali da minacciare nel
XVIII secolo l'estinzione del movimento stesso.
Per loro fortuna, l'impatto delle idee metodiste di John Wesley ebbe un
effetto di risveglio anche sul movimento quacchero.
All'inizio del XIX secolo, nel 1827, si acuirono le diversità interne
nell'ambito del movimento e dal filone principale (ortodosso) si separarono
tre gruppi:
Coloro che seguivano le idee di Elias Hicks, denominati quindi hicksiti:
essi contestavano l'autenticità e autorità divina della Bibbia e della
figura storica di Gesù Cristo, preferendo di concentrarsi di più sul
concetto della luce interna.
I seguaci di Joseph John Gurney, i gurneyiti, più portati all'evangelismo.
Il gruppo più piccolo, i wilburiti, facevano riferimento a John Wilbur ed
erano legati alla rigida tradizione quacchera del XVII secolo.


La Società degli Amici oggigiorno
Oggigiorno la Società degli Amici conta circa 200.000 (secondo altre
statistiche 300.000) nel mondo, con circa 109.000 in Stati Uniti, dove il
gruppo più numeroso è la Society of Friends (Friends United Meeting) (il
gruppo ortodosso con 65.000 membri e 519 chiese).
Le altre denominazioni sono riunite in:
Friends General Conference (hicksita, 26.000 fedeli), Evangelical Friends
Alliance (gurneyita 25.000 membri) Religious Society of Friends
(Conservative) (wilburiti circa 2.000).
Gli altri paesi includono l'Inghilterra (18.000 fedeli) e la zona
dell'Africa orientale (Kenya, Madagascar, etc. per un totale di 45.000).
I quaccheri rifiutano di giurare, sono stati attivi nel movimento per
l'abolizione della schiavitù (fin dal 1688) e per i diritti degli indiani
d'America, nella lotta contro l'alcolismo e la pena di morte e sono
filantropi.
Un altro punto importante è l'obiezione di coscienza: nel 1917 è stato
formato il American Friends Service Committee, un comitato quacchero per
fornire opportunità di servizio civile ai loro giovani fedeli obiettori di
coscienza, che ha ricevuto, assieme al britannico The Friends Service
Council, il Premio Nobel per la Pace nel 1947.
Infine, nonostante la limitata diffusione della Società degli Amici, ben due
presidenti degli Stati Uniti, Herbert Hoover e Richard Nixon, erano
quaccheri.

Fénelon, François-Marie de Salignac de La Mothe (1651-1715)



La vita
Il vescovo e teologo francese François-Marie de Salignac de La Mothe-Fénelon
nacque nel castello di Fénelon, nella regione francese del Périgord, il 6
agosto 1651 da un'antica e nobile famiglia: il padre era Pons de Salignac,
conte de la Mothe-Fénelon, e la madre si chiamava Louise de La Cropte.
Il giovane F., di salute cagionevole, fu educato da un precettore privato
fino all'età di 12 anni, quando egli fu iscritto dal padre alla vicina
università di Cahors per studiare retorica e filosofia. Nel 1666 egli
dichiarò il proprio interesse per una carriera ecclesiastica e quindi lo zio
Antoine, marchese de Fénelon, amico di San Vincenzo de Paoli (1580-1660), si
impegnò a mandarlo a Parigi, al Collége du Plessis, i cui studenti
frequentavano le lezioni di teologia alla Sorbona. Qui F. divenne amico del
coetaneo Louis Antoine De Noailles (1651-1729), il futuro arcivescovo di
Parigi che sarebbe stato il capo della contestazione dell'alto clero
francese alla bolla Unigenitus del 1713, emessa da Papa Clemente XI
(1700-1721) in piena polemica giansenista.
Nel 1669 egli entrò al prestigioso collegio di teologia di Saint Sulpice e
nel 1675 fu ordinato sacerdote. La sua carriera pubblica iniziò nel 1678/9,
quando fu incaricato dall'arcivescovo di Parigi, Harlay de Champvallon, di
occuparsi della comunità Nouvelles Catholiques, riservata alle giovani
donne, che avevano abiurato dalla religione protestante.
Nel 1685 il re francese Luigi XIV (1654-1715) revocò l'Editto di Nantes,
voluto da Enrico IV (1589-1610) nel 1598, come atto di pacificazione con gli
ugonotti. Dietro suggerimento dell'amico Jacques Bénigne Bossuet
(1627-1704), famoso predicatore e vescovo di Meaux, F. fu inviato
nell'inverno 1686/7 a Saintonge, in piena zona ugonotta, per condurvi una
campagna di riconversione al cattolicesimo, compito che comunque assolse
senza ricorrere alla violenza.


Incontro con Guyon
Ma nell'anno precedente (1685) erano successi due fatti che non avrebbero
tardato ad avere un'influenza sul prelato francese: in maggio era stato
arrestato a Roma Miguel de Molinos, fondatore delle dottrina quietista, e a
Grenoble Jeanne Guyon aveva pubblicato il suo libro più famoso Moyen court
et facile de faire oraison (metodo breve e facile per pregare). Proprio la
Guyon, rientrata a Parigi, fu arrestata nel 1688 con l'accusa di eresia, ma,
liberata l'anno dopo grazie ad un'abiura delle sue idee e all'interessamento
della sua protettrice, la Duchessa di Béthune-Charost, venne introdotta nei
circoli religiosi che gravitavano intorno alla corte del re e che erano
presieduti dalla moglie morganatica di Luigi XIV, Francoise d'Aubigne,
Marchesa de Maintenon (1635-1719). Qui la Guyon conobbe F. e quest'ultimo
rimase affascinato dalla spiritualità e pietà della mistica, di cui divenne
il principale seguace, posizione che lo avrebbe, in seguito, rovinato.
Ma il momento della sua caduta in disgrazia era allora molto lontano e il
brillante prelato si mise, nel frattempo, in luce nel campo pedagogico con
la pubblicazione nel 1687 del Traité de l'education des filles (trattato
sull'educazione delle ragazze), scritto su richiesta della Duchessa di
Beauvilliers, madre di otto figlie e moglie del potente Duca (m. 1714),
nominato nel 1689 governatore dei nipoti del re Luigi XIV. Il Duca apprezzò
talmente il lavoro di F. che lo nominò tutore del Duca di Borgogna, allora
potenziale erede al trono, ma poi morto prematuramente nel 1712.
F. prese a cuore il delicato incarico e scrisse diverse opere morali
all'uopo, come Fables (favole), Dialogues des Morts (dialoghi dei morti), ma
soprattutto il Télémaque (Telemaco), un lavoro (pubblicato solo nel 1699),
che, prendendo spunto dalla ricerca di Telemaco del padre Ulisse, educava il
giovane principe ai doveri del suo rango. Luigi XIV (che non aveva ancora
letto il Télémaque) fu riconoscente per il lavoro svolto e diede a F.
dapprima, nel 1694, il titolo di abate di Saint-Valéry con una rendita di
14.000 livree annuali, e successivamente, nel febbraio 1696, lo nominò
arcivescovo di Cambrai.


Gli articoli di Issy
Tuttavia nel 1694 avvenne l'episodio degli articoli di Issy, che in seguito
avrebbe stroncato la carriera dell'inarrestabile prelato: infatti il vescovo
di Chartres, Paul de Godet des Marais (1647-1709) aveva sottoposto i lavori
di Madame Guyon ad una commissione riunitasi ad Issy e di cui faceva parte
Bossuet, de Noailles e lo stesso F., e che deplorò in quell'anno le idee
della mistica francese con un documento contenente 34 articoli, detti, per
l'appunto, Articoli di Issy.
Madame Guyon fu condannata nel 1696 a sette anni di carcere alla Bastiglia,
ma Bossuet volle rincarare la dose, pubblicando successivamente un'ulteriore
riprovazione, dettagliata da un suo approfondimento sugli Articoli di Issy.
F. si rifiutò di firmarla, giustificando il suo gesto con la motivazione che
il suo onore non gli permetteva di condannare una donna già punita, ed anzi
alimentò la polemica, pubblicando nel 1697 la propria rilettura degli
articoli in un libro denominato Explications de Maximes des Saints
(spiegazioni delle massime dei santi).
Il libro suscitò le ire del re, che nominò una commissione, formata da
Bossuet, de Noailles e de Godet des Marais, per esaminare e censurare il
lavoro di F., ma l'arcivescovo di Cambrai giocò d'anticipo, mandando l'opera
a Roma, per essere giudicata dalla Santa Sede: la polemica si trascinò
avanti per due anni, durante i quali i due ex amici, Bossuet e F., si
scannarono dialetticamente, ma, alla fine 23 proposizioni tratte dal libro
vennero condannate, il 12 marzo 1699, da Papa Innocenzo XII (1691-1700).


L'esilio a Cambrai
F. accettò la sentenza e fece atto di sottomissione alla decisione papale e
la Santa Sede non richiese altro, ma certamente più intransigente fu Luigi
XIV, ulteriormente indispettito dalla pubblicazione nel 1699 del Telemaco,
nel quale egli ravvisò una certa critica al suo operato. Il re punì quindi
l'arcivescovo bandendolo dalla corte e ordinandogli di non lasciare mai più
la sua diocesi di Cambrai. F. compì il suo dovere episcopale con grande
dignità e disciplina e la sua opera non fu neppure interrotta dalla guerra
di successione spagnola, che infuriò tremenda sul territorio della diocesi
tra il 1700 ed il 1714.
In occasione della polemica sorta in seguito alla pubblicazione delle
Réflexions morales (riflessioni morali) dello scrittore giansenista Pasquier
Quesnel, F. si allineò nella difesa della bolla Unigenitus del 1713 di Papa
Clemente XI, sebbene trattò sempre con cortesia i giansenisti, pur non
condividendo le loro dottrine.
Infine F. intervenne, a più riprese, dal suo esilio di Cambrai, per
criticare, quando fosse necessario, l'operato della monarchia francese
mediante lettere, come l'Esame di coscienza sui doveri della monarchia, e
memoriali, come il Memoriale sulle precauzioni da prendere dopo la morte del
Duca di Borgogna, dai quali si evince che il prelato fosse fortemente
contrario alla monarchia assoluta e favorevole ad una forma di governo
controllato dall'aristocrazia e dai Stati Generali. F. intervenne anche con
una lettera (pubblicata postuma nel 1716) all'Accademia di Francia per
raccomandare maggiori attività letterarie e uno studio più approfondito
della lingua francese.
F. morì a Cambrai il 7 gennaio 1715.


La dottrina
La dottrina di F., contenuta nelle sue Spiegazioni, secondo alcuni autori si
può definire semi-quietista e, secondo altri, di cristianesimo neo-platonico
(secondo i neo-platonici il fine ultimo dell'uomo è la contemplazione
dell'Uno/Dio attraverso l'estasi) .
Secondo F., nello stato quietista di contemplazione e abbandono in Dio
(l'indifferenza sacra), l'anima ama Dio per quello che Lui è, non per
guadagnare particolari meriti presso di Lui: essa esercita le virtù senza
avvertire il fatto che queste sono proprio virtù. Tuttavia essa deve
fedelmente collaborare con questo stato di grazia: infatti se continua a
nutrire amore per se stessa, non ne può avere per il suo stesso Creatore. La
perfezione dunque consiste nel liberarsi del proprio sé (concetto preso
dalle idee della Guyon): il Cristo non è stato il redentore del singolo, ma
di tutta la razza umana.


Confraternita Rosa Croce (rosacrocianesimo o società dei rosacrociani) (XVII
secolo)



Premessa e paternità dei manifesti rosacrociani
Nel 1614 comparve a Cassel, in Germania, il manifesto base, dal titolo
Allgemeine und General Reformation der ganzen weiten Welt (Riforma generale
ed universale di tutto il mondo) di un misterioso movimento mistico
occultistico, denominato Confraternita Rosa Croce. Il documento venne
seguito l'anno successivo da un ulteriore manifesto dal titolo Fama
Fraternitas R. C. Ambedue gli scritti lanciavano un appello a tutti gli
studiosi di cabala e occultismo di concorrere a formare una società segreta,
che potesse aiutare la rinascita dell'umanità e all'epoca apparvero come
anonimi, ma la loro paternità come quella (certa) del successivo libro
alchemico, Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz, pubblicato nel 1616,
venne attribuita al pastore luterano Johann Valentin Andreae, che, secondo
lo storico Paul Arnold, smentì di averli scritti ed anzi dichiarò, in
seguito, di aver concepito Le nozze chimiche per ridicolizzare un diffuso
interesse dell'epoca verso l'occultismo.
Tuttavia altre interpretazioni moderne propendono proprio per un diretto
coinvolgimento di Andreae, sebbene mediato da una stesura, a più mani, dei
sopraccitati testi concepita all'interno del cosiddetto Cerchio di Tubinga,
un circolo mistico-occultista di circa trenta aderenti, comprendenti, fra
gli altri, lo stesso Andreae, Tobias Hess (1558-1614), Johann Arndt, Wilhelm
von Wense (m. 1641), Tobias Adami (m. 1643) e Christophe Besold (1577-1638),
amico fraterno di Andreae.


Definizione di rosacrociano
Secondo Franz Hartmann, il rosacrociano è "una persona che mediante il
processo di risveglio spirituale, ha ottenuto una conoscenza pratica del
significato segreto della Rosa e della Croce (..) Chiamare una persona
rosacrociana non significa fare di lui un rosacrociano. Il vero rosacrociano
non può essere creato; egli deve crescere per diventarlo mediante
l'espansione del potere divino nel suo cuore".
Le idee dei rosacrociani nacquero da un immenso crogiolo nel quale erano
confluiti: il pensiero di Traiano Boccalini (1556-1613), autore di un testo
satirico chiamato Ragguagli di Parnasso, tradotto da Besold; le visioni
utopiche del filosofo domenicano Tommaso Campanella, i cui scritti furono
portati in Germania da Tobias Adami nel 1613; le profezie di Gioacchino da
Fiore; i mistici tedeschi del XIV secolo come Johannes Tauler e Johannes
Eckhart e scienze occulte come la cabala, l'alchimia e l'ermetismo.


La leggenda di Christian Rosenkreuz (1378-1484)
I manifesti facevano quindi riferimento a questa misteriosa fratellanza, di
tipo occultistico, cabalistico, e teosofico, fondata da un nobile tedesco,
filosofo ed ex monaco, Christian Rosenkreuz, che sarebbe vissuto ben 106
anni tra il 1378 ed il 1484. Egli, viaggiando tra Damasco, Cairo,
Gerusalemme e Fez, sarebbe stato iniziato da alcuni sapienti arabi, che
erano stati in grado di rivelargli tutti i segreti della sua vita, passata,
presente e futura, e di guarirlo da una grave malattia con l'aiuto della
Pietra Filosofale.
Al ritorno in Germania, egli avrebbe fondato, nel 1407, un ordine
rosacrociano con tre, in seguito otto, confratelli e sarebbe vissuto ancora
77 anni. La sua tomba sarebbe rimasta celata fino alla sua riscoperta nel
1604, da cui l'aumentato interesse nei confronti del suo ordine all'inizio
del XVII secolo.
Oggigiorno la tesi che Rosenkreuz sia un personaggio storicamente esistito è
la meno accreditata, perfino tra i moderni rosacrociani. Altri autori
propendono per l'ipotesi che il nome copra, attraverso uno pseudonimo, un
personaggio storico in vista, secondo alcuni Francesco Bacone (1561-1626),
secondo altri Cornelius Agrippa di Nettesheim, oppure, più probabilmente,
che tutta la vicenda vada letta in senso strettamente allegorico.


Primi passi del rosacrocianesimo
Comunque il riferimento nei manifesti ad una supposta società segreta
provocò una grande eccitazione in tutta l'Europa (soprattutto in Francia,
Inghilterra, Austria e Paesi Bassi): famosi occultisti, come l'inglese
Robert Fludd (1574-1637) o il tedesco Michael Maier (1568-1622), o perfino
il grande filosofo francese René Descartes (Cartesio)(1586-1654), chiesero
pubblicamente di essere contattati dai misteriosi rosacrociani o, meglio,
affermarono addirittura di essere già entrati nella società. Un po' ovunque
sorsero gruppi auto-nominatisi rosacrociani, anche se poi nessuno riuscì a
trovare fisicamente i rosacrociani, per il semplice motivo che essi, come
società segreta strutturata, non esistevano proprio.
Nel frattempo, nel 1616, gli stessi autori (il precedentemente citato
circolo di Tubinga), spaventati dall'incredibile impatto dei loro manifesti
e dalle reazioni negative delle chiese ufficiali, decisero di non uscire
allo scoperto e di osservare il più rigoroso anonimato, abbandonando quindi
alla riprovazione pubblica Andreae, l'unico tra loro che aveva avuto il
coraggio di firmare un testo.
E rapido arrivò il declino: già dal 1619 i principali occultisti,
interessati al movimento, iniziarono a dissociarsi e lo stesso Andreae,
indispettito per il voltafaccia dei suoi ex amici, pubblicò, tra il 1617 ed
il 1618, l'Invitatio ad Fraternitatem Christi (Invito alla Confraternita di
Cristo), dove egli cercò di lanciare, in contrapposizione al
rosacrocianesimo, un movimento innovatore, una specie di "Città Cristiana"
(Christianopolis), una Nuova Gerusalemme posta direttamente sotto la
protezione di Dio.
Nel 1628, dopo una pausa forzata a causa di un periodo della Guerra dei
Trent'anni (1618-1648), scrisse un nuovo manifesto Verae unionis in Christo
specimen, nel quale, attaccando Calvinisti, Anabattisti, Schwenckfeldiani, e
i suoi ex-amici rosacrociani, egli esortava alla formazione di una Società
Cristiana.
L'ultimo episodio avvenne in Olanda, quando il pittore e alchimista Johannes
Symonsz van der Beeck (o Beke) (nome umanistico: Torrentius) (1589-1644),
venne imprigionato il 30 agosto 1627 e processato: lo sfortunato pittore era
probabilmente solo un libertino e gaudente, ma venne considerato il leader
della Rosa Croce olandese. Fu torturato e venne condannato come
bestemmiatore e per aver praticato l'alchimia, con un suo amico, tale
Christiaen Coppens, addirittura al rogo, pena poi trasformata in carcere per
vent'anni. Per fortuna, grazie al re d'Inghilterra Carlo I (1625-1649), suo
ammiratore, Torrentius venne rilasciato dalla prigione nel 1630 ed emigrò in
Inghilterra, ritornando dopo qualche anno in patria, dove morì ad Amsterdam
nel 1644.


Rosa croce e massoneria
E proprio in Inghilterra la Rosa Croce non tramontò mai definitivamente, ma
i suoi ideali vennero inglobati nella nascente massoneria speculativa.
Tradizionalmente si considera l'elemento di passaggio tra queste due scuole
di pensiero il grande alchimista, antiquario e astrologo Elias Ashmole
(1617-1692), pubblico difensore della Rosa Croce nel 1650 e massone dal
1646, sebbene in generale, intorno alla metà del XVII secolo, ci fu un
rifiorire di pubblicazioni rosacrociane, come la traduzione in inglese, a
cura di John Heydon (n. 1629), della Fama Fraternitatis nel 1652 o i testi
alchemici, di ispirazione rosacrociana, di Thomas Vaughan (1622-1665), che
scriveva sotto lo pseudonimo di Eugenius Philalethes.
In seguito l'influenza dei Rosa Croce fu rilevante sulla massoneria degli
anni 1720-1730 e divenne parte degli alti gradi massonici: il 18° grado del
rito scozzese si denomina, per l'appunto, Principe di Rosa Croce. Verso il
1757 il tedesco Hermann Fictuld (m. 1777) fondò la Confraternita della Rosa
Croce d'Oro, ma nei metodi e nei rituali, oramai questa era più un ordine
massonico, che un diretto discendente degli anni della Fama Fraternitatis.
Nel 1866 il funzionario della Grande Loggia d'Inghilterra, Robert Wentworth
Little (1840-1878) fondò la Societas Rosicruciana in Anglia, aperta ai soli
massoni cristiani trinitari, ma anche in Francia ci fu nel
XIX secolo un rinnovato interesse per il rosacrocianesimo, alimentato dai
lavori dell'occultista Eliphas Levi (1810-1875), che ispirarono la
fondazione dell'Ordine Cabalistico della Rosa-Croce nel 1887, voluta dagli
occultisti Stanislas de Guaita (1861-1897), Gérard Encausse, detto Papus
(1865-1916) e Joséphin Péladan (1858-1918). Quest'ultimo fondò poi, nel
1890, l'Ordine della Rosa-Croce Cattolica del Tempio e del Graal.


I rosacrociani oggigiorno
Oggi i principali gruppi rosacrociani sono otto, derivati spesso da ambienti
massonici o teosofici americani e quasi tutti caratterizzati dall'offerta di
corsi (spesso per corrispondenza) di astrologia, occultismo ed esoterismo e
dalla stampa di un proprio periodico:
1. Fraternitas Rosae Crucis, la più antica confraternita, fondata da Pascal
Beverly Randolph (1825-1875) nel 1858, è associata con la Church of
Illumination (Chiesa dell'Illuminazione), che si occupa dell'insegnamento
esoterico del gruppo. La sede centrale è a Quakertown, nella Pennsylvania.
La denominazione legale riporta anche la dicitura Beverly Hall Corporation. 
2. Societas Rosicruciana in Civitatibus Foederatis (S.R.I.C.F.), fondata nel
1880 da un gruppo di massoni americani, che nel 1878 si erano fatti iniziare
dalla Societas Rosicruciana in Anglia in Inghilterra. Condizione necessaria
per l'adesione è, come per il gruppo inglese, essere massone cristiano
trinitaro.
3. Societas Rosicruciana in America (S.R.I.A.), nata nel 1907 da una
scissione della precedente, quando alcuni membri espressero il desiderio di
aprire l'insegnamento rosacrociano ai profani (cioè ai non massoni).
Collegato alla società esiste anche il Seminario di Studi Biblici: infatti
il forte connotato cristiano mistico della società fu dato dal principale
divulgatore, George Winslow Plummer (1877-1944), che divenne vescovo della
Chiesa Ortodossa Americana nel 1934. 
4. The Ancient and Mystical Order Rosae Crucis (A.M.O.R.C.), il più diffuso
e noto gruppo rosacrociano fu fondato dall'occultista Harvey Spencer Lewis
(1883-1939) nel 1915, dopo essere stato iniziato nel 1909 in Francia.
Nonostante abbia incorporato una chiesa rosacrociana (Pristine Church of the
Rose Cross) negli anni '20, la confraternita insiste sul suo aspetto laico
con gradi e ritualistica di forte sapore massonico. Negli anni '30 Lewis ha
dotato la sede centrale di San Jose (California) di una propria università,
planetario, biblioteca e museo egizio (Lewis era infatti convinto che
l'ordine fosse stato fondato dal faraone Tutmosis III nel 1450 a.C.).
L'AMORC è presente in diversi paesi e, nonostante diverse defezioni a favore
di nuove e nascenti organizzazioni rosacrociane, esso rimane il gruppo più
numeroso (gli organizzatori citano un numero di aderenti di 6 milioni, ma
pare più realistica la cifra di qualche centinaia di migliaia di adepti). In
Italia esso è presente con due logge (a Milano, sede centrale, e a Verona),
ma anche diversi altri punti organizzati, denominati capitoli e pronai.
L'afflusso agli incontri viene rinforzato dalla presenza di emigrati di
colore, originari dell'Africa, dove l'AMORC è particolarmente diffuso.
5. The Rosicrucian Fellowship, fondato nel 1907 da Max Heindel, pseudonimo
dell'aristocratico e ingegnere tedesco-danese Carl Louis von Grasshoff
(1865-1919), emigrato in America nel 1903 e con la passione per
l'occultismo. Heindel fu anche iscritto alla Società Teosofica e allievo di
Rudolf Steiner. La forte impronta teosofica, religiosa e rituale venne da
Heindel trasferita nel suo gruppo rosacrociano, che è caratterizzata da un
vivo interesse anche per l'astrologia: la Fellowship, con sede a Oceanside
(California), pubblica tutti gli anni le effemeridi, indispensabili per i
calcoli astrologici. E' presente anche in Italia come Associazione
Rosicruciana Oceanside (A.R.C.O.), con sede a Vaprio d'Agogna (Novara). 
6. Rosicrucian Anthroposophic League, una scissione della precedente fatta
da S.R. Parchement con particolare rilievo alle tematiche antroposofiche di
Steiner. La sua sede a San Francisco. Non ha un sito web ufficiale.
7. Lectorium Rosicrucianum, uno dei più popolari gruppi, fu fondato nel 1924
da alcuni membri olandesi del Rosicrucian Fellowship, guidati da Jan van
Rijckenborgh, pseudonimo di Jan Leene (1896-1968), ma solo nel 1935 essi si
staccarono dall'obbedienza madre, formando un ordine, detto dei Manichei.
Dopo la seconda guerra mondiale, il gruppo assunse nel 1945 il nome attuale
di Lectorium Rosacrucianum. Il Lectorium, con sede americana a Bakersfield
(California), fa riferimento a correnti e tradizioni esoteriche, mistiche
cristiane (con particolare interesse per il pensiero di Jakob Böhme),
gnostiche dualistiche e catare, teosofiche, antroposofiche, massoniche. Gli
adepti praticano la dottrina della trasfigurazione (il rinunciare a vivere
secondo l'ordine stabilito dagli uomini per vivere, attraverso un processo
iniziatico, secondo quello divino) per evitare il tormento delle continue
reincarnazioni. Il gruppo è presente in Italia dal 1980 in 11 città e ha la
sede principale a Dovadola, in provincia di Forlì. 8. Ausar Auset Society,
fondata nel 1975 a New York da R.A.Straughn, noto anche con il nome
religioso di Ra Un Nefer Amen, un ex membro del Rosicrucian Anthroposophic
League, che ha particolarmente diffuso le sue idee occultiste alla comunità
nera americana, alla quale ha anche dedicato testi di approfondimento sulla
condizione sociale degli afro-americani.


Puritanesimo (XVI - XVII secolo)



Definizione
Il puritanesimo fu un movimento spontaneo ed estremista, sorto nel XVI
secolo, nell'ambito del Protestantesimo inglese, che tendeva a "purificare",
cioè rendere pura, la Chiesa Anglicana da tutte le forme "corrotte" e non
previste dalle Sacre Scritture. I puritani pensavano, infatti, che la
Riforma inglese, sotto Elisabetta I (1558-1603), non si era spinta a
sufficienza nella ristrutturazione dell'impianto ecclesiastico, accettando
troppi compromessi con il Cattolicesimo soprattutto per quanto riguardava la
liturgia, i paramenti e la gerarchia episcopale.


Le origini
Si può far risalire la nascita del p. al 1563, quando scoppiò la
Controversia sui Paramenti, generata dall'opposizione di alcuni prelati e
teologi, soprattutto dell'Università di Cambridge, all'uso, da parte degli
ecclesiastici, del cappello e toga nella vita giornaliera e della cotta in
chiesa. Altri bersagli dell'attacco p. furono altri segni esteriori come il
segno della Croce, la musica d'organo in chiesa, ma soprattutto la gerarchia
basata sui arcivescovi e vescovi, in altre parole, l'episcopato stesso.
I teorici del movimento furono i teologi Thomas Cartwright, Walter Travers
(ca. 1548-1635) e William Perkins (1558-1602).


Dottrina e comportamento
La teologia p. era prevalentemente calvinista, di cui veniva particolarmente
sottolineata la predestinazione, ma venivano anche presi a riferimento
alcuni autori classici pre-cristiani come Seneca e Platone, e l'umanista
ugonotto francese Pierre de la Ramée (Petrus Ramus) (1515-1572) ucciso dai
cattolici nella notte di San Bartolomeo (23 agosto 1572).
Una caratteristica della teologia p. era il patto tra Dio e la comunità dei
santi visibili, un concetto non del tutto nuovo, simile a quello già
espresso da alcuni teologi anabattisti come Balthasar Hubmaier, e da
riformisti svizzeri, come lo stesso Giovanni Calvino.
Così Cartwright e Perkins definirono questa dottrina del patto:
Dio aveva promesso ad Adamo la vita eterna, ma la caduta dell'uomo lo stava
portando alla dannazione.
Tuttavia era stato sancito un patto tra Dio ed Abramo e quindi se l'uomo
avesse avuto fede in Cristo e nella Sua opera, si sarebbe salvato.
In senso lato, questo patto era stato stabilito tra Dio e la comunità dei
cristiani. Il fedele, dunque, doveva riunirsi a pregare Dio pubblicamente in
comunità con altri fedeli.
Il comportamento dei p. consisteva quindi in esperienze religiose dirette e
pubbliche, una moralità severa (di stile calvinista) e riti religiosi molto
semplificati.


Ramificazioni
Il principale filone del P. fu rappresentato dal presbiterianesimo, che
prediligeva una amministrazione della Chiesa basata su un governo centrale
di presbiteri, cioè gli anziani, sia chierici che laici, simile a quello
sviluppato dai presbiteriani in Scozia, sotto la guida di Andrew Melville.
Da questo concetto si discostarono nettamente i congregazionalisti o
indipendenti, che credevano nella indipendenza ed autonomia di ciascuna
congregazione di fedeli.


La storia
Dal 1570 i p. iniziarono ad attaccare il sistema episcopale della Chiesa
Anglicana: nel 1572 fu pubblicato da due puritani, John Field (1545-1588) e
Thomas Wilcox (1549-1603), un appello, sotto forma di manifesto, dal titolo
Admonition to the Parlament (Ammonimento al Parlamento), che esortava ad
organizzare la Chiesa Anglicana con una struttura non episcopale.
Thomas Cartwright, rientrato dalla Svizzera, condivise questi concetti e
contribuì alla stesura di un secondo Ammonimento, che lo mise seriamente nei
guai: dovette fuggire all'estero, rimanendo lontano dall'Inghilterra fino al
1585.
Alla salita al trono di Giacomo I (già re di Scozia dal 1567 con il titolo
di Giacomo VI) nel 1603, i p. ritornarono a chiedere garanzie per nuove
riforme con la Millenary Petition (petizione millenaria), e una conferenza,
sotto la presidenza del re, venne indetta a Hampton Court nel 1604. Tuttavia
ben poche concessioni vennero fatte ai p. e Giacomo I, che era profondamente
convinto che la tesi di fondo della petizione p. fosse eliminare i vescovi
con l'intento successivo di eliminare il re,  ovviamente appoggiò
apertamente la posizione dei vescovi anglicani con la famosa frase che
sintetizzava il suo timore di fondo: No bishop, no king [nessun vescovo
(equivale a) nessun re]. L'unica concessione ai p., degna di nota, fu
l'autorizzazione alla pubblicazione di una versione della Bibbia, compilata
da un panel di teologi e studiosi e denominata Authorised Version (versione
autorizzata) o King James Bible (Bibbia di Re Giacomo).
Le successive persecuzioni ordinate dall'arcivescovo di Canterbury, William
Laud (1573-1645) furono durissime: ad esempio nel 1630 il medico p.
Alexander Leighton, padre del futuro arcivescovo di Glasgow Richard
Leighton, per aver osato criticato la Chiesa d'Inghilterra, fu esposto alla
gogna, frustato, gli fu tagliato un orecchio e rotto un lato del naso. Non
contenti i giudici lo fecero marchiare a fuoco sulla faccia con la scritta
SS (seminatore di sedizione). In seguito il medico fu riportato sulla gogna
e fu finito l'opera di mutilazione con il taglio dell'altro orecchio e la
rottura dell'altro lato del naso. Infine il tapino fu sbattuto in carcere
per il resto dei suoi giorni.
Non c'è quindi da meravigliarsi che le persecuzioni provocassero così tante
emigrazioni in Olanda e soprattutto verso colonie americane, come il New
England, ed in particolare la Massachusetts Bay, teatro di una crescente
emigrazione di massa di p. e dissidenti religiosi (più di mille persone solo
nel 1630), spinti a fuggire a causa delle politiche repressive ordinate dal
re Carlo I (1625-1649). Entro il 1640 più di ventimila dissidenti religiosi
erano emigrati sulle coste della Massachusetts Bay, formando uno dei nuclei
dei futuri Stati Uniti d'America.
Comunque i p. rimasti in patria si organizzarono a tal punto che, allo
scoppio della Guerra Civile in Inghilterra nel 1642, erano diventati un vero
e proprio influente partito in parlamento, il cui capo, Oliver Cromwell
(1599-1658), sarebbe diventato il futuro Lord Protettore. Essi, con il
soprannome di Roundheads (teste rotonde, dal tipo di elmo utilizzato),
giocarono un ruolo decisivo nell'esercito parlamentare, e contribuirono
all'arresto ed esecuzione capitale dell'odiato arcivescovo Laud nel 1645, ma
soprattutto alla sconfitta e alla successiva decapitazione nel 1649 del re
Carlo I.
Tuttavia con la restaurazione nel 1660 della monarchia con Carlo II
(1649-1685) i p. furono progressivamente isolati e perseguitati dalla Chiesa
Anglicana in seguito ai vari atti contenuti nel Codice Clarendon
(1661-1665), voluto dal Lord Cancelliere, Edward Hyde, 1° Conte di Clarendon
(1609-1674). I p., oramai una confederazione di varie sette dissenzienti,
avevano perso sia il loro antico potere di influenza che la loro
denominazione originaria e furono chiamati non-conformisti, proprio perché
non avevano voluto mai conformarsi all'Uniformity Act, uno degli atti del
Codice Clarendon, che erano:
Corporation Act (1661), che escludeva i non-conformisti dai pubblici uffici.
Uniformity Act (1662), che obbligava all'uso del Libro delle Preghiere della
Chiesa Anglicana.
Conventicle Act (1664), che proibiva funzioni religiose non-conformiste.
Five Mile Act (1665), che proibiva ai pastori non-conformisti di avvicinarsi
alle città.


Il p. rimase nella forma originaria solamente in America, sulla costa
orientale, dove si sviluppò grazie a personaggi come il difensore della
tolleranza religiosa Roger Williams, fondatore della colonia di Rhode
Island, ma ebbe anche oscuri momenti come la caccia alle streghe a Salem,
ispirata dagli scritti del p. Cotton Mather.
Iniziò a declinare gradualmente nel XVIII secolo, sopravvivendo solo nel
Massachusetts, con Jonathan Edwards e i suoi seguaci, fino all'inizio del
1800.


Filadelfi, Società dei (Philadelphian Society) (1670-1730)



Una setta di mistici religiosi operanti a Londra nella seconda metà del
1600, fondati dal reverendo John Pordage e dalla behmenista Jane Leade (o
Lead).


John Pordage (1608-1681)
John Pordage, un uomo di chiesa molto devoto, era il rettore della chiesa di
Bradfield, vicino a Reading, nella contea inglese del Surrey,
Egli fu influenzato dalle idee del movimento familista di Henrik Niclaes, ma
soprattutto si appassionò agli scritti di Jacob Boehme, leggendoli
avidamente, man mano che venivano tradotti e pubblicati tra il 1644 ed il
1662.
Per queste sue idee, nel 1655 a P. furono sospesi i benefici per ordine dei
Triers, un corpo di commissari, fondato da Oliver Cromwell (1599-1658) e
preposto ad esaminare ed approvare predicatori e professori universitari
prima del loro insediamento. Solo nel 1660, con la restaurazione del re
Carlo II (1649-1685), egli fu reintegrato nella sua precedente funzione.
Nel 1663 P. incontrò Jane Leade e, insieme a lei, proprio per promuovere un
maggiore interesse verso il pensiero di Boehme, P. fondò nel 1670 il circolo
teosofico dei Filadelfi (The Philadelphians) dal nome della chiesa
menzionata nel seguente passo dell'Apocalisse di San Giovanni (Ap. 3,7):
All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi:
Così parla il Santo, il Verace,
Colui che ha la chiave di Davide:
quando egli apre nessuno chiude,
e quando chiude nessuno apre.
Dopo la morte di P. nel 1681, Leade divenne, a tutti gli effetti, capo del
circolo.


Jane Leade (1623-1704)
Nata nel 1623 da una famiglia agiata di Norfolk, Jane Ward, nel 1638 all'età
di 15 anni, ebbe un'esperienza mistica quando, ballando durante una festa di
Natale, sentì una voce che le diceva: "Cessa tutto questo, Io voglio
condurti ad un altro ballo, poiché questo è solo Vanità". Da questo momento
L. divenne melanconica e si isolò dal mondo esterno, assumendo di fatto un
pensiero simile a quello della corrente dei quietisti, tutto ciò fino al
1643, quando sposò il mercante William Leade, con il quale ebbe quattro
figlie ed un matrimonio tutto sommato felice durato 27 anni.
Nel 1663 L. incominciò a frequentare il reverendo Pordage e nel 1670, dopo
la morte del marito, con lui fondò a Bradfield il circolo teosofico dei
Filadelfi (The Philadelphians) [in seguito Società dei Filadelfi per la
promozione della pietà e della filosofia divina (The Philadelphian Society
for the Advancement of Piety and Divine Philosophy)] diventandone la
profetessa.
Infatti nello stesso 1670, L. ebbe, per ben tre volte, una visione di una
dama, che si definiva la Vergine Sapienza (Sophia). In seguito annotò le sue
esperienze mistiche nel suo diario, dal titolo A Fountain of Gardens (una
fontana di giardini), dove tracciò le regole del circolo (dette Leggi del
Paradiso dal titolo di uno dei suoi numerosi libri) il cui scopo era di
"promuovere il Regno di Dio migliorando la vita, insegnando la moralità più
eccelsa e facendo valere il dovere della fratellanza universale, della pace
e dell'amore".
La dottrina di L. era una miscela di quietismo, come già detto, e di
dualismo behmenita. Inoltre ella credeva nella rigenerazione e nella
resurrezione delle anime, nella parusia (secondo venuta di Cristo) e
nell'apocatastasi (la salvezza per tutto il creato: angeli e uomini, anche
se peccatori o dannati, e demoni).
Nelle riunioni del circolo, gli aderenti praticavano, come i sufi
nell'Islam, una meditazione silenziosa o un ballo ritmico e armonico per
migliorare la disciplina spirituale.
L. pubblicò molti libri sulle sue esperienze, come Heavenly Cloud (la nube
celeste) del 1681, The Revelation of the Revelations (la rivelazione delle
rivelazioni) del 1683, anno in cui L. si occupò anche di far pubblicare,
postumo, il libro di Pordage, Theologica Mistica. In 23 anni, tra il 1681 ed
il 1704, L. scrisse e pubblicò circa 15 libri.
Dal 1693 i libri di L. furono tradotti in olandese e tedesco, stimolando la
diffusione delle sue idee anche sul continente. In Germania Eva von Buttlar
fondò nel 1697 il ramo tedesco della Società dei Filadelfi sotto forma di
una comunità rigorosamente regolamentata, dove beni e relazioni sessuali
(sic!) erano a disposizione di tutti i membri. L'esperimento tedesco fallì
ben presto, chiudendo le attività nel 1706.
Dal 1694 L. iniziò ad essere aiutata dal giovane medico Francis Lee
(1661-1719), professore di Oxford, che divenne in seguito suo genero e suo
successore nella guida della Società dei Filadelfi.
Infine, dopo 65 anni di attività, L. morì il 19 agosto 1704 all'età di 81
anni.
L'anno prima (1703) sotto la spinta di Lee, i filadelfi avevano tracciato la
loro confessione scritta di fede, tuttavia, dopo la morte della fondatrice
e, nel 1719, quella di Lee stesso, la setta rapidamente declinò scomparendo
intorno al 1730.



Renato, Camillo (o Paolo Ricci o Lisia Fileno o Fileno Lunardi)
(ca.1500-1575)



La vita
Paolo Ricci, meglio conosciuto come Camillo Renato, nacque nel 1500 ca. in
Sicilia, probabilmente a Palermo, ma si hanno poche notizie sulla prima
parte della sua vita: si sa comunque che diventò frate minorita. Va
precisato inoltre che, a parte la regione d'origine ed una certa
misteriosità sulla prima parte della sua vita, R., contrariamente alle
convinzioni di alcuni autori, non ha nulla in comune con il corregionale
Giorgio Rioli (detto Giorgio Siculo).
In seguito R. frequentò i circoli evangelici di Juan de Valdès a Napoli e
visse a Venezia, mentre dalla fine degli anni '30 del XVI secolo egli pose
il suo campo d'azione nell'Emilia, nel triangolo compreso fra Bologna,
Modena e Ferrara. A Bologna, probabilmente sotto lo pseudonimo dello
studente di diritto Fileno Lunardi, R. poté approfondire i suoi studi del
pensiero di Erasmo da Rotterdam, insieme agli agostiniani Giulio Della
Rovere, Ortensio Lando e Ambrogio Cavalli, e all'umanista abruzzese Giovanni
Angelo Odoni. Abitò inoltre a Modena, dove l'Accademia del Grillenzoni fece
da centro di diffusione delle sue idee. R. infatti già iniziava ad esprimere
alcune sue tipiche idee radicali, come l'opposizione del culto dei santi e
della Madonna, e la negazione del valore dei sacramenti.
Inoltre, tra i primi in Italia ad interessarsi all'anabattismo e
all'antitrinitarismo, R. aveva letto i testi di Miguel Serveto e sembra che
avesse, intorno al 1550, convertito all'anabattismo il misterioso Tiziano,
pare un ex frate friulano e poi mercante ed uno dei più attivi propagatori
dell'anabattismo.
Quando finalmente si decise a convertirsi alla dottrina riformata (seppur
con una serie di importanti distinguo), R. decise di cambiare il proprio
nome in Camillo Renato, proprio per sottolineare la sua "rinascita".
Ma, con l'avanzare del suo radicalismo religioso, aumentarono anche i guai
giudiziari: nel 1540 a Modena, sotto lo pseudonimo di Lisia Fileno, aveva
dovuto fare una pubblica ritrattazione delle sue idee e nel 1542 R. fu
arrestato a Ferrara per eresia. Per sua fortuna, Renata di Francia
intercesse per farlo uscire da prigione: libero, R. prese immediatamente la
via dell'esilio per la Valtellina, insieme a Celio Secondo Curione.
In Valtellina, ai tempi parte del territorio elvetico del Cantone Grigioni,
R. divenne dapprima tutore dei figli di Raffaele Pallavicini a Caspano,
vicino a Morbegno, poi, nel 1545 fu maestro di scuola nella vicina Traona e
infine visse a Vicosoprano, in Val Bregaglia.
Nel 1546 fece un viaggio a Vicenza per partecipare ai Collegia Vicentina,
dove si riunirono i principali anabattisti e antitrinitariani veneti
dell'epoca.
Ritornato in Valtellina, nel 1547 R. si trasferì a Chiavenna, il centro più
importante per la Riforma nei cantoni svizzeri di lingua italiana, dove
conobbe Lelio Sozzini, ma qui, dopo un breve periodo iniziale di simpatia
reciproca, egli entrò in rotta di collisione con il pastore riformato
Agostino Mainardi, che, nell'esercizio delle sue funzioni, si sentì in
dovere di contestare le pericolose idee protocristiane e anabattiste, che R.
propagandava presso la popolazione delle vallate valtellinesi. Infatti nel
1548, come reazione all'avanzata delle idee troppo estremiste del pensatore
siciliano, Mainardi, eccessivamente rigoroso, cercò di obbligare tutti i
fedeli della Chiesa riformata di Chiavenna di giurare fedeltà ad una
Confessione di Fede, che egli si era fatto approvare dalle autorità
religiose di Coira, Zurigo e Basilea. L'azione gli alienò l'amicizia con
Francesco Negri da Bassano, con il quale aveva avuto dei buoni rapporti fino
a quel momento e che provocatoriamente si rifiutò di far battezzare il suo
neonato se prima Mainardi non avesse firmato una Confessione di Fede redatta
da Negri stesso, e con Francesco Stancaro, che accusò Mainardi di troppa
ortodossia, e troppo poco dialogo, in questa diatriba sorta sull'opportunità
dei sacramenti.
La lunga e amara controversia sulla Cena del Signore con Mainardi, ebbe un
amaro epilogo per R. (magnus haereticus, secondo Mainardi): essendosi
rifiutato di cessare di propagare le sue dottrine egli fu scomunicato il 6
luglio 1550.
Del resto, anche in una lettera scritta un mese dopo (il 3 agosto 1550) da
Altieri d'Aquila a Heinrich Bullinger (curiosamente anche lo stesso R. aveva
una vasta corrispondenza con il riformatore svizzero) l'ex diplomatico
definì R. anabaptistarum patronus, cioè protettore degli anabattisti.
A R. non rimase che ritirarsi in un punto non meglio precisato della
Valtellina, dopo aver polemicamente pubblicato un elenco di 125 errori,
scandali, contraddizioni vari di Mainardi dal 1545 in poi.
Di R. non si sentì più parlare eccetto che nel 1554, quando, indignato per
l'esecuzione sul rogo di Michele Serveto, R. scrisse a proposito un lungo
poema, De injusto Serveti incendio e lo inviò a Calvino in persona.
In vecchiaia, da una testimonianza del 1560, pare fosse diventato cieco e
morì nel 1575, sempre in Valtellina.


Il pensiero
Il punto essenziale del pensiero mistico spirituale di R., espresso nel suo
Trattato del Battesimo e della Santa Cena, scritta in italiano (cosa rara
all'epoca), era la vera rinascita spirituale del credente, che si sentiva
unito in spirito e carità con gli altri fedeli in un unico corpo mistico.
Il tutto rendeva per R. ovviamente superfluo ogni sacramento e
manifestazione esteriore e utilitaristica della religione cristiana. Da ciò
quindi derivava il principale motivo del contendere con Mainardi: l'idea di
considerare la Cena del Signore come una semplice memoria della morte di
Cristo e, similmente, il Battesimo come una mera affermazione della fede
individuale di ogni credente.
D'altra parte, questa poca importanza attribuita, o addirittura rifiuto del
Battesimo (vedi anche lo scritto Adversus baptismum del 1548) mette in serio
dubbio una supposta appartenenza di R. al movimento anabattista.
Inoltre per R., le anime, dopo la morte, non godevano subito della vita
ultraterrena, ma stavano in uno stato di sonno fino al giorno del Giudizio
Universale, un concetto che accosta curiosamente R. ad un papa medioevale
molto criticato: Giovanni XXII! Questi aveva infatti incautamente dichiarato
nel 1331 che le anime dei morti in grazia di Dio avrebbero goduto della
"visione beatifica" non subito dopo la morte, come affermava la tradizione,
ma solo alla resurrezione dei morti e che, nell'attesa, essi avrebbero
dormito godendo del conforto di Cristo "sotto l'altare". L'affermazione del
papa fu condannata dai teologi dell'Università di Parigi nel 1333.


I seguaci
R. influenzò diversi pensatori e riformati dell'epoca, di cui si possono
citare, a parte l'ebraista Francesco Stancaro, sopra menzionato: il
bolognese Ulisse Aldrovandi (1522-1605), coinvolto nel 1549-50 in un
processo per eresia, proprio come presunto seguace di R.; il pastore di
Casaccia (in Val Bregaglia, nell'attuale cantone Grigioni) e scrittore
Bartolomeo Silvio di Cremona; il medico Pietro Bresciani di Casalmaggiore.


Grande scissione d'Oriente (1054) e filioque



Filioque
Formula in lingua latina inserita nel Credo Cattolico al punto: "Credo nello
Spirito Santo, ... che procede dal Padre (e dal Figlio = Filioque)". Questo
concetto viene anche denominato da alcuni autori come "Doppia Processione
dello Spirito Santo".
La relativa dottrina fu per prima esposta in alcuni documenti di Patristica
del IV secolo (scritti di San Basilio, Sant'Atanasio, San Gregorio
Nazianzo), ma successivamente la formula stessa fu aggiunta al Credo Niceno
Costantinopolitano in occasione del III Concilio di Toledo del 589.
Tuttavia nel 787, durante il II Concilio Ecumenico di Nicea (ultimo concilio
ufficialmente riconosciuto dai Cristiani Ortodossi), il Patriarca di
Costantinopoli, San Tarasio ribadì la formulazione nicena del Credo senza
l'aggiunta del Filioque.
In Oriente, infatti, i vari patriarcati (soprattutto quello di
Costantinopoli) rifiutavano questa aggiunta, in quanto vedevano l'unità
divina riferita all'unica fonte divina del Padre, da cui procedevano sia il
Figlio che lo Spirito Santo: quest'ultimo procedeva, a sua volta, attraverso
o per il Figlio (per Filium). I teologi franchi criticarono questa
"dimenticanza" orientale, mentre il loro imperatore Carlomagno (771-814)
fece anche di più: approfittando di una ambasciata all'emiro di Baghdad per
cercare alleanze in chiave anti-bizantina, convinse l'abate Giorgio del
monastero latino sul Monte degli Olivi in Palestina ad adottare la nuova
formula, scatenando la reazione del vicino monastero greco di San Sabba e
del mondo cristiano orientale.
Nonostante il richiamo alla prudenza di Papa Adriano IV (772-795) e
l'esplicito invito del successore Papa San Leone III (795-816) a non
utilizzare questa formula, essa divenne gradualmente di uso comune
nell'Occidente, fino ad essere accettata dalla liturgia romana nel 1014.
Il primo patriarca d'Oriente a sollevare la questione con una tale forza da
creare un temporaneo scisma fu Fozio di Costantinopoli, nipote di Tarasio,
il quale nella sua enciclica del 867 proclamò la condanna del concetto di
Filioque, dando quindi luogo ad una scissione, che rientrò solo vent'anni
dopo, nel 886 circa.


Grande scissione d'Oriente (o d'Occidente, secondo gli Ortodossi)
Il processo di separazione fra le Chiese d'Oriente e d'Occidente fu lento,
inesorabile e costellato da episodi significativi già nel VIII e IX secolo,
come quello dell'iconoclastia o quello già citato di Fozio, tuttavia fu solo
durante il patriarcato di Michele Cerulario  (1043-1058) che si è collocata
la data ufficiale del "divorzio".
Nel 1054, infatti, Cerulario si incontrò con il legato papale Umberto di
Silva Candida per discutere di questioni dogmatiche: l'incontro ebbe un
esito drammatico quando il 16 luglio 1054, Silva Candida scomunicò
Cerulario, e fu a sua volta scomunicato, assieme al Papa Leone IX
(1048-1054), dal patriarca di Costantinopoli.
Fu l'inizio della scissione e di una lunga serie di incomprensioni
reciproche: i rapporti tra l'Oriente e l'Occidente peggiorarono fino
all'onta della IV Crociata del 1204, finita in un indegno saccheggio di
Costantinopoli ad opera dei crociati, che instaurarono un impero latino
nella regione fino al 1261.
Una prima prova di riconciliazione avvenne durante il Concilio di Lione del
1274, ma il tentativo più serio avvenne nel periodo 1439-1445 durante il
Concilio iniziato a Ferrara, proseguito a Firenze ed infine terminato a
Roma, dove si cercò di superare i punti di contrasto dogmatico che
esistevano tra le Chiese latine e greche, queste ultime incalzate
dall'avanzata turca.


I principali punti di controversia erano:
La doppia processione dello Spirito Santo (procede sia dal Padre che dal
Figlio),
La dottrina del purgatorio, che i greci rifiutavano,
Il primato del Papa,
L'uso del pane non lievitato nell'Eucaristia.
Si arrivò ad un accordo di riunificazione firmato il 5 Luglio 1439, che ebbe
tuttavia breve durata solo fino al 1453, anno in cui i Turchi conquistarono
Costantinopoli.
A quel punto, infatti, pur restando intatto il prestigio del Patriarcato di
Costantinopoli, al quale il Sultano Mehmed II diede la giurisdizione su
tutti i cristiani residenti nell'impero ottomano, si svilupparono una serie
di Chiese Ortodosse indipendenti, cosiddette autocefale, la più importante
delle quali diventò gradualmente la Chiesa Ortodossa Russa e Mosca fu
denominata la "terza Roma" dopo Roma stessa e Costantinopoli.
Nel 1964 lo storico incontro tra il Papa Paolo VI (1963-1978) ed il
Patriarca Atenagora (1948-1972) permise almeno di revocare le rispettive
scomuniche del 1054, ma l'ipotesi di una prossima riunione sembra ancora
abbastanza lontana.



Filipono, Giovanni di Cesarea (m. dopo 568) e triteismo



Giovanni Filipono, da non confondere con un altro Filipono, pure lui
filologo, ma vissuto nel I secolo A.D., nacque a Cesarea e fu un filologo,
filosofo aristotelico, astronomo, teologo cristiano e scrittore prolifico,
ma del quale pochissimi scritti sono giunti a noi.
Egli divenne, intorno alla metà del VI secolo, vescovo triteista di
Alessandria.
Il triteismo fu una dottrina eretica, che in pratica tendeva a scindere la
Trinità di Dio in tre divinità separate e comparve diverse volte durante la
storia del Cristianesimo, per esempio, con Gotescalco di Orbais o Gioacchino
da Fiore, e fu condannata dal IV Concilio Lateranense del 1215.
In tardi età, F. fu convocato dall'imperatore Giustiniano (527-565) per
spiegare le sue dottrine, ma non si presentò adducendo motivi di età e
salute. Ciò non gli impedì di essere condannato dal Patriarca di
Costantinopoli, Giovanni Scolastico, contro il quale F. pubblicò un feroce
libello nel 568. Si presuppone che poco dopo, F. sia morto.


Melantone, Philipp (Schwarzerd) (1497-1560) e adiaforisti e filippisti



La vita
Philipp Schwarzerd, figlio dell'armaiolo Georg Schwarzerd, nacque il 16
Febbraio 1497 a Bretten, vicino alla Foresta Nera nella regione del Baden.
All'età di 10 anni, egli andò a vivere con la nonna a Pforzheim e qui fu
educato ad una solida cultura classica, ma soprattutto fu fortemente
influenzato dal prozio materno, il famoso umanista Johann Reuchlin, che lo
convinse a cambiare il proprio cognome in Melantone, la traduzione greca di
quello originario tedesco, il cui significato era "terra nera".
Nel 1509, all'età di soli 12 (!) anni, M., vero ragazzo prodigio, si
iscrisse all'università di Heidelberg ed ottenne il baccalaureato due anni
dopo: già nel 1512 era pronto per diventare Maestro di arti liberali, ma la
domanda fu respinta per la giovane età. M. si recò quindi all'università di
Tübingen, l'ateneo del prozio, dove continuò gli studi per altri due anni e
nel 1514, divenne finalmente Maestro, giungendo primo tra 11 candidati.
Iniziò immediatamente ad insegnare come docente nella stessa università e
nel contempo si mise a studiare teologia privatamente, in quanto aveva una
scarsissima considerazione dei docenti dell'epoca.
Sempre durante il suo periodo a Tübingen, prese le difese del prozio,
professore di Ebraico alla stessa università, quando questi entrò in una
vivace polemica con gli inquisitori domenicani di Colonia, che si erano
messi a distruggere scritture ebraiche.
Nel 1518, dietro raccomandazione sempre di Reuchlin, M. ottenne la cattedra
di Greco all'università di Wittenberg e fece un'ottima impressione su Martin
Lutero nel suo discorso iniziale. Alla giovane università (fondata solo 16
anni prima) M. completò i suoi studi di teologia, ottenendo il baccalaureato
nel 1519, e divenendo docente della stessa materia.
L'amicizia con Lutero si approfondì sempre più e, già dall'inizio, vediamo
il giovane professore affiancare il più esperto riformatore, come durante la
nota disputa di Lipsia, organizzata dal nunzio papale Carl Von Miltitz
(1480-1529) dal 27 Giugno al 16 Luglio 1519, tra il teologo Johann Eck
(1486-1543) e i due amici e colleghi Andreas Bodenstein (Carlostadio) e
Martin Lutero. Per questo confronto, M. scrisse alcune note per Lutero con
citazioni della Bibbia, che contraddicevano le posizioni papali.
I due erano diametralmente opposti come carattere: secondo lo storico Philip
Schaff, Lutero era paragonabile ad un selvaggio torrente di montagna, mentre
M. si poteva definire un calmo ruscello di campagna. Se l'impeto di Lutero
era l'ideale per fare breccia sulla gente comune, la cultura di M. fu
fondamentale per diffondere la Riforma presso gli intellettuali.
Nel 1521, M. scrisse la sua principale opera Loci communes rerum
theologicarum, dedicato a Re Enrico VIII d'Inghilterra, il primo testo che
presentasse sistematicamente la teologia della Riforma. In essa M. sviluppò
il concetto della salvezza per grazia in Cristo come risposta al peccato
umano, ma toccò, nelle ben 50 edizioni del libro durante la sua vita, molti
argomenti della teologia luterana: dai sacramenti a studi sul Vecchio e
Nuovo Testamento, sempre con lo stile moderato e inconfondibile che lo
contraddistingueva.
Sempre nel 1521, M. venne a contatto con i "Profeti di Zwickau" millenaristi
apocalittici capeggiati da Nicholas Storch, che, espulsi dal loro paese,
cercarono di esportare le loro idee a Wittenberg: essi furono ascoltati da
Amsdorf, M. e Andreas Bodenstein (Carlostadio) e riuscirono ad impressionare
favorevolmente Carlostadio e perfino ad installare dei dubbi in M., colpito
dalla loro conoscenza della Bibbia.
La situazione, precipitata in seguito ad una serie di episodi di
iconoclastia provocati da Carlostadio, divenne così critica che Lutero
stesso dovette lasciare il suo rifugio nel castello di Wartburg e tornare a
Wittenberg il 7 Marzo 1522 per rimettere ordine tra i propri seguaci. Fu in
questa occasione che M. dimostrò di non avere il carisma necessario per
diventare un vero leader.
Nell'Ottobre 1529 M. partecipò al Colloquio di Marburg, dove si approfondì
il divario tra Lutero e lo zurighese Huldreich Zwingli sul tema
dell'Eucaristia e nell'anno successivo, 1530, egli fu uno dei protagonisti
della prima dieta di Augusta, dove i vari riformisti si presentarono
separati e, nonostante la conciliatoria Confessio Augustana, tracciata da M.
stesso, lo strappo con i protestanti svizzeri, che presentarono la loro
Fidei ratio, divenne un dato di fatto: anche la grave sconfitta militare che
questi ultimi subirono nel 1531 a Zurigo (con la morte di Zwingli) non
permise un raccostamento ai fratelli tedeschi, bensì un proseguimento nel
calvinismo, culminato con la Confessio Helvetica del 1539.
Martin Lutero morì il 18 Febbraio 1546 e M. dovette prendere delle decisioni
importanti, senza il conforto del maestro: nel 1548 egli respinse l'interim
di Augusta, la formula dottrinale provvisoria fra protestanti e cattolici in
attesa delle risultanze del Concilio di Trento.
Negli ultimi 10 anni della sua vita (1550-1560), M. si dedicò alla
riorganizzazione della Chiesa luterana su una base semi-episcopale e alla
riforma della scuola e delle università in Germania (per questo fu
soprannominato praeceptor Germaniae), ma soprattutto fu impegnato in
frequenti e frustranti discussioni e polemiche con gli altri teologi
luterani.
A lui e ai suoi seguaci, denominati anche filippisti,  fu rinfacciato uno
strisciante cripto-calvinismo per le sue presunte simpatie verso alcuni
punti della dottrina di Giovanni Calvino, soprattutto perché M. era incline
ad aderire al concetto calvinista della presenza spirituale di Cristo nella
Cena del Signore, e non alla dottrina luterana della presenza fisica di
Cristo.
M. morì a Wittenberg il 19 Aprile 1560.


La teologia
Nella teologia di M. c'erano degli importanti distinguo dalla linea di
Lutero, che portarono il mite teologo sotto il mirino dei luterani più
oltranzisti, come Nikolaus von Amsdorf o Mattija Vlacic (Mattia Flacio
Illirico).
Detto sopra del pensiero di M. sulla presenza di Cristo nella Cena del
Signore, per quanto concerne la salvezza dell'uomo, M. espose la sua teoria,
contrastante con il suo maestro, nell'edizione del 1535 dei Loci communes:
Lutero infatti disprezzava totalmente il valore delle opere buone per
ottenere la salvezza, ma M. era dell'idea che le opere buone erano
necessarie per ottenere perlomeno la "felicità eterna": questa tesi fu anche
sostenuta dal teologo Joannes Major (Majoris) (1496-1550), professore di
Wittenberg, denunciato, a sua volta, dai soliti Amsdorf e Flacio Illirico.
Per quanto concernono alcune dottrine e pratiche della Chiesa Cattolica,
Lutero era dell'avviso che dovevano essere combattute, mentre per M. erano
indifferenti, e quindi potevano essere anche ammesse. La controversia fu
denominata adiaforista dal latino adiaphora (cose indifferenti dal punto di
vista morale).
Inoltre Lutero era convinto che l'uomo non poteva contribuire alla propria
salvezza, ma M., in età matura, credeva che la volontà umana era utile
perlomeno per lottare contro la debolezza insita nell'uomo: questo pensiero
fu detto sinergistico.


Le opere
M. fu un uomo di enorme cultura (secondo alcuni autori, secondo solo a
Erasmo da Rotterdam) e scrisse, tra l'altro, a parte i Loci communes e la
Confessio Augustana, di cui si è già detto, una Apologia in difesa della
Confessio, una Instructio visitatorum, per i visitatori delle chiese
luterane, una vasta raccolta dei suoi insegnamenti, riuniti nel Corpus
Philippicum, ed un trattato sul metodo di studio della teologia.


Zanchi, Girolamo (1516-1590)



Girolamo Zanchi nacque ad Alzano Lombardo (vicino a Bergamo), il 2 Febbraio
1516, da una famiglia di avvocati. Da giovane si dedicò a studi umanistici e
teologici presso il monastero agostiniano di Santo Spirito a Bergamo, dove
era entrato nel 1530, in seguito alla morte dei suoi genitori.
Nella primavera del 1541, Z. venne nominato predicatore nell'ordine dei
Regolari Canonici Lateranensi e venne chiamato al convento di San Frediano a
Lucca, dove diventò amico di Massimiliano Celso Martinengo e Celio Secondo
Curione. Qui, Z. e Martinengo subirono l'influenza del nuovo priore Pietro
Martire Vermigli, che li introdusse alle idee della Riforma, facendoli
conoscere diversi riformatori svizzeri e tedeschi, ed ad una nuova maniera
di approcciare lo studio delle Sacre Scritture.
A Lucca Z. scrisse un commento alla Christianae religionis institutio di
Calvino, con il titolo di Compendium praecipuorum capitum Docrinae
Christianae.
Nel 1542, braccato dall'Inquisizione, Vermigli fuggì da Lucca, ma, in sua
assenza, Z. e Martinengo continuano nella loro opera riformista ed
insegnando rispettivamente teologia e greco antico.
Tuttavia nel 1551, accusato da Girolamo Muzio (1490-1576) di aver predicato
la giustificazione sola fide, anche Martinengo prese la via dell'esilio con
l'intenzione di recarsi in Inghilterra. Si fermò invece a Ginevra, dove
accettò l'offerta di Calvino e di Galeazzo Caracciolo di diventare il
pastore della Chiesa degli Italiani in esilio.
Martinengo venne seguito nell'ottobre dello stesso 1551 da Z., che, da
Alzano attraverso il passo di San Marco, si rifugiò in un primo momento a
Chiavenna, nei Grigioni, e successivamente si trasferì a Ginevra.
Durante il suo periodo svizzero, Z. entrò in contatto con diversi
riformatori dell'epoca, come Wolfgang Musculus (nome umanistico di Wolfgang
Müslin o Mäuslin) (1497-1563) a Berna, Pierre Viret (1511-1571) a Losanna, e
i ginevrini Calvino e Théodore de Bèze.
Nel 1553, su raccomandazione di Curione, suo futuro suocero (ne sposò
infatti, nello stesso anno, la figlia Violante), Z. venne invitato da Jakob
Sturm (1489-1553), capo della Riforma calvinista a Strasburgo, a coprire il
posto di professore di Sacre Scritture al collegio di San Tommaso, il cui
rettore era il cugino Johann Sturm (1507-1589).
Benché Z. venisse apprezzato nella sua attività, il suo soggiorno a
Strasburgo fu alquanto tormentato, a causa dei tentativi del predicatore
luterano Johannes Marbach (1521-1581) di riportare la città sotto
l'influenza del luteranesimo.
Alla morte di Jakob Sturm pochi mesi dopo, Marbach, come nuovo capo della
Riforma, pretese che tutti i docenti sottoscrivessero la Confessio
Augustana, di chiara ispirazione luterana, che Z. si rifiutò di firmare,
preferendo il dialogo con tutte le componenti del protestantesimo.
L'impasse venne momentaneamente superata dall'arrivo di Vermigli, in fuga
dall'Inghilterra ridiventata cattolica sotto Maria Tudor, e a cui era stata
offerta una cattedra al collegio di San Tommaso, sempre dietro accettazione
della Confessio Augustana per iscritto. Vermigli la firmò per proforma e
convinse Z. a fare altrettanto, ma Marbach, che aveva chiaramente capito di
non essere riuscito a portare i due sulla strada del luteranesimo, fece loro
una guerra di logoramento psicologico finché, nel 1556, Vermigli abbandonò
Strasburgo per Zurigo, dove successe a Conrad Pellican (Pellicanus)
(1478-1556), come professore di ebraico.
Z. rimase quindi solo a fronteggiare l'offensiva luterana, addolorato
oltretutto dalla morte della moglie Violante nell'ottobre 1556 e dell'amico
Martinengo nel 1557.
Nel 1561 Marbach riuscì finalmente a convincere un riluttante Johann Sturm a
portare il caso di Z., e delle sue idee sulla Santa Cena e sulla
predestinazione, davanti ai magistrati della città.
Il riformatore di Alzano fu comunque prosciolto dall'accusa di eterodossia,
ma l'ambiente per lui si era definitivamente guastato tant'è che, due anni
dopo nell'estate 1563, Z. accettò la posizione di primo pastore nella
parrocchia riformata di Chiavenna, in Valtellina (dal 1512 sotto il cantone
protestante dei Grigioni), succedendo ad Agostino Mainardi.
Z. risedette a Chiavenna dal 1563 al 1567, ma, esasperato dai continui
dissapori con il secondo pastore Simone Fiorillo e dall'irrequietezza dei
gruppi settari, decise infine di accettare l'invito del principe Frederick
III Palatino, detto il Pio (regnante: 1559-1576) di occuparsi della cattedra
di teologia all'università di Heidelberg, dove si recò nell'inverno del
1568.
Ad Heidelberg Z. iniziò a lavorare su una monumentale opera di teologia
riformata: nel 1572 pubblicò il primo volume sulla Trinità, ed in seguito il
secondo sulla teologia propriamente detta ed il terzo sulla creazione.
Tuttavia quando era impegnato nella stesura del quarto volume sul peccato,
la caduta e la legge, il 26 ottobre 1576 morì Frederick III, a cui successe
il figlio Ludwig VI (regnante: 1576-1583), di fede luterana.
Z., dovette quindi abbandonare il progetto in corso e non lo riprese mai
più. Oltretutto egli ritenne opportuno accettare l'ospitalità del
secondogenito di Federick III, il calvinista Conte Palatino Johann Casimir
(1543-1593), che aveva organizzato il Casimirianum, un asilo sicuro per i
teologi calvinisti, a Neustadt-an-der-Haardt, nei suoi possedimenti del
Pfalz-Lautern.  Nel 1583 morì Ludwig VI e il fratello Johann Casimir,
reggente del trono del nipote minorenne Federick IV, detto il Giusto
(regnante: 1583-1610), reintrodusse il calvinismo nel Palatinato.
A Z. venne nuovamente offerta la cattedra ad Heidelberg, ma egli, stanco e
malato (sarebbe diventato cieco in poco tempo) declinò l'invito ed allora il
principe reggente gli offrì generosamente una rendita a vita.
Nel 1585, all'età di 69 anni, Z. completò la sua De religione christiana
fides, una confessione di fede per i suoi figli piccoli.
Cinque anni più tardi, il 19 novembre 1590, egli morì durante una visita ad
Heidelberg, dove fu inumato nella chiesa dell'università.


Flacio Illirico (Flacius Illyricus), Matthias (o Matija Vlacic o Francovich)
(1520-1575) e flacianismo



La vita
Matija (Matthias) Vlacic (nome umanistico Flacius Illyricus) nacque il 3
Marzo 1520 ad Albona (oggigiorno Labin) in Istria, allora parte della
repubblica di Venezia.
Dopo aver trascorso l'infanzia in Istria e a Venezia, secondo alcuni autori,
gli fu sconsigliata la carriera ecclesiastica dallo zio Baldo Lupetino, un
francescano conventuale convertito al luteranesimo e condannato a morte nel
1556 per le sue idee religiose, che, invece, lo esortò a studiare in
Germania, dove F., dal 1539, frequentò le università di Augsburg, Basilea,
Tübingen e Wittenberg.
In quest'ultima università, F. divenne nel 1544 all'età di 24 anni,
professore di lingua ebraica e greca. Sempre a Wittenberg, F. conobbe Martin
Lutero, e ne divenne un fervente seguace, aderente, come Nikolaus von
Amsdorf, alla corrente dei luterani più osservanti, i cosiddetti
gnesio-luterani, e per questo spesso in conflitto con Philipp Melantone, per
alcune interpretazioni del pensiero di Lutero.
Così accadde per la controversia adiaforista del 1547, scatenata dalle
posizioni di Melantone, che considerava indifferenti alcune dottrine e
pratiche della Chiesa Cattolica, che, invece, Lutero combatteva. Il nome
della controversia derivava dal latino adiaphora (cose indifferenti dal
punto di vista morale).
Nel 1557 F. divenne professore del Nuovo Testamento all'università di Jena,
dove egli rielaborò la sua teoria sul peccato originale, suscitando
un'ondata di proteste.
Infatti, durante una disputa svolta a Weimar nel 1560 con il teologo e
seguace di Melantone, Victorin Strigel (1524-1569), F. enunciò che il
peccato originale non fosse un accidente (cioè quanto appartiene ad una
cosa, ma che non rientra nella sua essenza, secondo il concetto
aristotelico) dell'uomo, bensì parte della sua stessa sostanza. Facendo
così, però, F. cadeva nel dilemma insolvibile: O Satana è il creatore della
sostanza o Dio e il creatore del peccato, come disse il suo ex amico e
teologo gnesio-luterano Tilemann Hesshusen (1527-1588).
La teoria di F. venne definitivamente condannata nella Formula di Concordia
del 1577, ma nel frattempo F. aveva lasciato l'università di Jena nel 1562,
conducendo una vita errante, fatta di frequenti spostamenti a causa delle
persecuzioni dei suoi avversari, fino a Francoforte, dove finalmente si
stabilì e dove morì in ospedale l'11 Maggio 1575.


Le opere
Autore molto prolifico, F. scrisse circa 140 opere, molte delle quali mai
pubblicate. Tra le sue opere più conosciute si ricordano:
Catalogus testium veritatis (1556): per F., testimone della verità, la
dottrina di Lutero era solo un'interpretazione della Sacra Scrittura.
Ecclesiastica Historia (1559), una monumentale opera, in sei volumi,
concepita da un gruppo di studiosi luterani, con a capo lo stesso F.,
denominati i Centuriatori (in quanto l'opera era divisa in secoli, o
centurie) di Magdeburgo, dalla città, dove la maggior parte dell'opera era
stata scritta.
Clavis scripturae sacrae (1567), un dizionario enciclopedico su tutte le
parole bibliche, nel quale si discuteva sull'interpretazione della Sacra
Scrittura.
Grazie a quest'ultima opera, F. venne considerato il fondatore della
filosofia ermeneutica, cioè della arte dell'interpretazione dei passaggi
"difficili" della Sacra Scrittura, pur restando valido il principio luterano
della sola scriptura.