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GIOIELLI - ON-LINE

STORIA DEI GIOIELLI

Già nei tempi antichi l'uomo conosceva i minerali, sia per quanto riguarda i metalli lavorabili sia per l'incastonatura delle pietre, sia per l'uso delle sostanze colorati. La conoscenza era però strettamente legata al mito, alle superstizioni.
Plinio il Vecchio, vissuto tra il 23 e il 79 dopo Cristo, in un suo libro elenca pietre dagli strani poteri e originatesi nello stomaco degli animali oppure per effetto della luce lunare. Ad esempio si riteneva che il diamante avesse il potere di preservare chi lo portava dalla pazzia e dalla paura; oppure un'amnestia appesa al collo con una corda fatta di peli di cane si supponeva fosse un rimedio sicuro contro il morso del serpente. Durante il MedioEvo alle vecchie superstizioni de ne aggiunsero molte altre: basti pensare che Alberto Magno, nel XIII secolo, discuteva se le pietre potessero avere o no l'anima. Anche durante il Rinascimento si continuò a mescolare nel regno minerale realtà e finzione, Paracelso credeva in una relazione metafisica tra il mondo minerale e i pianeti e le stelle. Ancora si conservano tracce di queste credenze: c'è gente che porta la propria pietra zodiacale, ritenendo che vi sia un'influenza sugli eventi umani. E' comunque evidente che molte delle civiltà primordiali avevano familiarità con la lavorazione dei minerali.
Gli Incas lavoravano il rame già intorno al 1000 avanti Cristo. Greci e i Romani facevano largo uso di rame e di bronzo.
Il re Salomone è passato alla storia anche per i lavori minerari condotti intorno al 950 avanti Cristo, per estrarre il rame.
Una cosa è sicura è cioè che l'evolversi delle civiltà e il primato economico dei diversi popoli sono strettamente legati alla scoperta e utilizzazione di giacimenti di minerali utili. Per quanto riguarda il nostro territorio, parrebbe addirittura che gli stessi Etruschi abbiano sfruttato i minerali metalliferi. Certo è che i Romani hanno lasciato traccia della loro attività mineraria. Per i secoli successivi non vi sono documenti attestanti ricerche e sfruttamenti minerali nel Vicentino. La prima data certa (almeno attualmente) è il 1282: in tale data si registra una concessione ad alcuni bergameschi di cercare minerali nelle nostra zona. Nei secoli XV-XVI vi fu un forte incremento dell'industria estrattiva e della lavorazione dei metalli: ciò è senza dubbio una delle fonti principali di progresso e lo testimonia la cospiqua immigrazione di popolazioni tedesche alla ricerca di posti di lavoro. I nomi di Fusine e Forni ricorrono spesso alla nostra zona, a testimonianza dell'attività mineraria. I Fusinieri, una delle famiglie più importanti della storia dell'artigianato scledense, devono il nome a "fuxina" (offficina) e "fuxinarius". La loro officina si trovava a Pivebelvicino e vi è traccia nei documenti, già dal 1477, dell'attività estrattiva.
La zona di Pieve, pur importante per l'artigianato ferriero, era legata a quella di Torrebelvicino, dove le officine o "fuxine" erano parecchie. "... unum fornum pro colando venam ferri in pertinentiis Turris Belviciniin dicta villa in ora da Paxe sive fuxine de Turri...": questo scriveva il notaio A.Migliorini alla data 5/12/1489. In questa officina si colavano anche i minerali del Tretto, estraendo il ferro, l'argento, l'oro, (??) e altri.
Gio.Battista Dragonziono da Fano così scriveva nel 1526 nella "Lode di Schio"
Lì purgan le fucine et fan rimbombo
l'oro, l'argento; il rame, il ferro, il piombo...
La storia ufficiale dell'industria mineraria vicentina sotto la Repubblica di Venezia ha il suo inizio in una domanda di investitura del 1414 concessa dal senato veneto a due cittadini, uno di Piovene e l'altro di Luisiana.
Le "investiture" o permessi davano il diritto di ricercare le "vene" dei metalli e di lavorarle con l'obbligo di pagare allo stato la "decima" sul prodotto e di vendere alla Zecca di Venezia i metalli preziosi.
L'attività estrattiva e la lavorazione del ferro conservò un ritmo sostenuto durante la prima metà del secolo XVI, ma nella seconda metà del secolo l'attività diminuì fino quasi a scomparire
La crisi era dovuta al mancato rispetto "dei privilegi, gratie et esentioni" precedentemente concessi, per cui molti lavoratori si cercarono un altro lavoro.
Come curiosità, si deve notare come alla progressiva decadenza dell'attività mineraria faccia riscontro una progressiva ascesa dell'ars lane specialmente a Schio.
Il campo di sfruttamento era andato via via restringendosi: la regione del Tretto, famosa per i minerali argentiferi, venne un po' alla volta abbandonata e l'attenzione dei ricercatori andò concentrandosi nel tratto meridionale della zona metallifera, compreso fra il Leogra a l'Agno e spettante in gran parte al distretto di Torrebelvicino.
Questa è l'area sfruttata alla fine dell'ottocento e inizi del novecento.
Attualmente nessuna miniera è in attività. Le cave per l'escavazione e le strutture per l'essicazzione del caolino sono state l'ultimo segno, in epoca recente, dell'attività estrattive sulle alture del Tretto e a Pievebelvicino, in Val Mercanti. Quanto al crollo dell'attività estrattiva metallifera occorre dire che in realtà le possibilità offerte delle vene sono sempre state influenzate dalle sfavorevoli condizioni di giacitura dei minerali.
L'andamento verticale dei filoni, lo spessore ed entità spesso esigui facevano dire a Marc'Antonio Castagna, sovrintendente alle miniere della Serenissima :"(i filoni)... vanno per il più a gruppi interrotti et come a salti, onde ne viene dispendioso et incerti il cavamento".
In effetti nel corso di questi ultimi secoli molti pozzi, molte gallerie sono state successivamente abbandonate.
L'ultima miniera di pirite,galena e blenda, in esercizio in epoca fascista, è stata abbandonata agli inizi della seconda guerra mondiale.
Ben più importante in questo secolo l'utilizzo del caolino, non solo per la ceramica ma anche per ricavare la cosiddetta "terra saponaria"usata in passato per la "purgatura dei pannilani".
Quanto alla tecnica estrattiva, per molti anni la produzione di dipese dal piccone e dalla forza fisica dei minatori. In seguito venne adottata la tecnica della "lavorazione a fuoco" per intaccare più facilmente rocce molto dure.
Si accostavano alla parete da sbriciolare fasci di legna accesi: tecnica molto antica, era usata addirittura dagli Egiziani per estrarre gli obelischi scolpiti direttamente nella roccia.
Nel '600 compare una nuova tecnica destinata ad imporsi sempre più fino ai nostri giorni: l'utilizzo della polvere da sparo per sbriciolare le roccie. Tale tecnica fu tuttavia abbandonata causa la sfavorevole giacitura dei metalli e la conseguente scarsa resa.
Si è parlato di miniere e di cave in precedenza ed è forse opportuno puntualizzare la distinzione da operare :
La differenza tra cava e miniera sta nel tipo di materiale che viene estratto o,con termini tecnici, coltivato.
I minerali metalliferi, le pietre preziose, i refrattari, alcuni combustibili sono estratti in miniera.
Si aprono cave, invece, per marmi e altre pietre ornamentali e da costruzione, sabbia, ghiaia, torba,...
Sia le miniere che le cave possono essere in sotterraneo o a cielo aperto.