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PERSONAGGI ERETICI NELLA STORIA DELLA CHIESA
Testi tratti dal sito: www.eresie.it di Douglas Swannie

GLI ERETICI - LIBERO ARBITRIO

Unitarianismo (o unitarismo o antitrinitarismo) (XVI - XVII secolo)



Termine teologico per indicare la fede nell'unicità di Dio e nella
contemporanea negazione del dogma della Trinità. Ne consegue anche la
negazione della divinità di Cristo.
L'unitarianismo è stato, a parte l'anabattismo, la terza grande alternativa
nella galassia protestante, oltre al luteranesimo e allo
zwinglianismo/calvinismo.


La storia
La dottrina dell'unitarianismo viene fatta tradizionalmente risalire agli
inizi del Cristianesimo, ed in particolare agli eretici del periodo intorno
al Concilio di Nicene (325), come Ario (infatti gli unitariani furono
proprio chiamati ariani dai loro detrattori), Paolo di Samosata, Noeto di
Smirne, Prassea e Sabellio. Nel medioevo il concetto antitrinitario non
scomparì del tutto, ma rimase nella filosofia di Abelardo e Roscellino.
Venendo al periodo rinascimentale, i primi studiosi ad aver espresso
concetti antitrinitari furono nel 1527 Martin Borrhaus (nome umanistico:
Cellarius) (1499-1564), amico di Martin Lutero, e il predicatore anabattista
Ludwig Haetzer (1500-1529), ma fu soprattutto la pubblicazione a Hagenau, in
Alsazia, nel 1531, del famoso libro De trinitatis erroribus (Gli errori
sulla Trinità) del medico spagnolo Miguel Servet (Michele Serveto) a gettare
nello scompiglio i più famosi pensatori protestanti dell'epoca, da Lutero
("un libro abominevolmente malvagio") a Melantone, Ecolampadio, Bucero.
Quest'ultimo tuonò dal proprio pulpito che l'autore avrebbe meritato di
essere squartato! E proprio in seguito alla pubblicazione di questo libro
tutti i riformatori dell'epoca decisero di rinforzare l'importanza
dottrinale della Santa Trinità. Dopo una vita tribolata da continue
persecuzioni, Serveto finì i suoi giorni, messo al rogo a Ginevra nel 1553
da un altro dei pensatori riformisti, che più lo detestavano, Giovanni
Calvino.
Ma la morte di Serveto fece levare moltissime voci di protesta, tra cui
quelle dei protestanti italiani Giovanni Valentino Gentile, Matteo Gribaldi
Mofa, Giorgio Biandrata e Giovanni Paolo Alciati della Motta, i quali furono
costretti ad emigrare da Ginevra, portando, pur con sfumature diverse, i
germi della dottrina antitrinitaria soprattutto dal 1560 nell'Europa
orientale, cioè in Polonia, Moravia e Transilvania.


Antitrinitari in Polonia
Qui le dottrine antitrinitarie non erano totalmente sconosciute, tant'è vero
che già nel 1538 una anziana donna di 80 anni, Caterina Weygel (o Vogel),
era stata bruciata sul rogo a Cracovia per una sospetta eresia
antitrinitaria. Ma sotto il regno di Sigismondo II Augusto (1543-1572) si
crearono le premesse per lo sviluppo delle idee antitrinitarie in Polonia.
L'antesignano fu Petrus Gonesius (Piotr Z Goniazde), che aveva studiato a
Padova nel 1552-54 con Gribaldi Mofa e da lui era stato convertito.
Già nel secondo sinodo della Chiesa Riformata Polacca (fondata da Jan Laski)
del 1556, Gonesius espresse forti concetti antitrinitari, ma fu solo con
l'arrivo di Giorgio Biandrata e di Lelio Sozzini nel 1558 che la corrente
unitariana trovò dei veri leader e formò una comunità, soprattutto di esuli
italiani, a Piñczòw vicino a Cracovia.
Tuttavia, poco dopo, ci fu per loro un durissimo colpo quando i cattolici,
rappresentati dal nunzio apostolico cardinale Giovanni Francesco Commendone
(1523-1584), convinsero il re Sigismondo II Augusto ad emettere nell'agosto
1564 l'editto di Parczów, che stabiliva l'espulsione di tutti gli stranieri
non cattolici.
Agli antitrinitari italiani, compreso il famoso ex vicario generale dei
Cappuccini, Bernardino Ochino appena giunto in Polonia, non restò che
emigrare in Moravia o in Transilvania.


L'esilio in Moravia
Il margraviato di Moravia, pur facendo parte dei possedimenti assurgici,
godeva di una ampia autonomia, anche in campo religioso. Un esempio pratico
fu l'accoglienza positiva riservata per le comunità di anabattisti, guidati
da Balthasar Hübmaier e Jakob Hutter, perseguitati senza pietà in tutto il
resto dell'Europa.
Austerlitz (Slavkov in ceco), in particolare, fu una città dove fecero capo
diverse correnti religiose dissidenti, compresi gli antitrinitari: nel 1564,
scacciati dalla Polonia in seguito all'editto di Parczów, un gruppo di
antitrinitari italiani, comprendente Niccolò Paruta (che formò in seguito
delle comunità denominate seminaria veritas), Gentile, Alciati della Motta,
Ochino, si recò nella città morava. Furono seguiti nei successivi anni da
altri dissidenti come Marcello Squarcialupi, Andrea Dudith-Sbardellati e
Niccolò Buccella, che man mano, con il miglioramento della situazione
polacca, decisero di rientrare in Polonia.


Ripresa delle attività in Polonia
Già dopo la dieta di Piotrków della Chiesa Riformata Polacca del 1564 che
decretò l'esclusione degli antitrinitari, ci fu una separazione tra una
ecclesia major calvinista ed una ecclesia minor di fede antitrinitaria.
Gli antitrinitari, in quel periodo, si erano frazionati in quattro correnti,
qui riassunti dal nome dei capi-scuola:
Stanislao Farnowski (Farnovius, m.1615): come Gonesio, i suoi seguaci
pensavano che Cristo era pre-esistito alla creazione del mondo e quindi era
giusto adorarlo, ma non adottavano la stessa venerazione per lo Spirito
Santo.  Erano inoltre contrari al battesimo degli infanti. Nel 1568 il
gruppo di Farnowski si separò dalla chiesa unitariana polacca,
concentrandosi in una zona a cavallo del confine con l'Ungheria. La
secessione durò circa 50 anni e, dopo la morte del loro leader, i suoi
seguaci vennero riassorbiti dagli unitari o dai calvinisti.
Martin Czechowic: egli era un ariano molto radicale: Cristo era un uomo come
gli altri, ma essendo nato senza peccato, fu divinizzato e era giusto
adorarlo. Prendendo, come Gonesio, dagli anabattisti, Czechowic si opponeva
al battesimo dei bambini, all'uso delle armi, al coinvolgimento in incarichi
pubblici e alla proprietà privata.
Grzegorz Pawel: il gruppo di Cracovia di Pawel negava sia la pre-esistenza
di Cristo, sia la necessità di adorarlo. Come Gonesio e Czechowic, Pawel
aveva convinzioni anabattiste e in più era un millenarista.
Szymon Budny: per Budny Cristo era un uomo ed era idolatria adorarlo. Venne
scomunicato nonostante il suo vasto seguito in Lituania.
Un punto di svolta fondamentale per l'ecclesia minor fu l'arrivo in Polonia
nel 1579 di Fausto Sozzini, nipote di Lelio, che divenne ben presto la guida
di tutti gli antitrinitariani locali.
Socini pose la sua residenza a Cracovia, sebbene il centro di riferimento
per l'unitarismo polacco fosse la vicina cittadina di Raków, dove era stato
fondato un seminario di studi antitrinitari nel 1569 e dove, tra il 1603 ed
il 1605, sarebbe stato redatto il catechismo ufficiale della setta.
Nello stesso periodo Socini entrò nella polemica tra gli adoranti (al cui
pensiero lui aderiva) e i non-adoranti, come Ferenc Dàvid, Giacomo
Paleologo, Jànos Sommer e Andrea Dudith Sbardellati. (vedi capitolo
"Antitrinitari in Transilvania").
Socini, con il suo De Jesu Christi filii Dei natura sive essentia, attaccò i
non-adoranti come giudaizzanti, che volevano, tra l'altro, santificare il
sabato, secondo un uso sabbatariano, che si sarebbe poi diffuso in
Inghilterra, portatovi proprio dagli unitariani profughi dalla Polonia.
Il pensiero di Socini, fortemente razionale, accettava un solo Dio, mentre
Gesù Cristo era semplicemente un uomo crocefisso, il cui compito era di
rivelare Dio agli uomini, permettendo loro di raggiungere così la salvezza,
seguendo il Suo esempio. Per lui la Sacra Scrittura, redatta da uomini, non
era indenne da errori, e l'uomo doveva basarsi sulla propria etica per
osservare i comandamenti e non era quindi necessaria la grazia divina. Egli,
inoltre, negava l'esistenza dell'inferno, il peccato originale, la necessità
dei sacramenti, la predestinazione.
Un bel programma in un secolo caratterizzato dal fanatismo religioso degli
opposti estremismi!
Nel 1588 Socini riuscì nell'impresa di unire tutte le fazioni unitariane al
sinodo di Brest (in suo onore, da quel momento gli unitariani si
denominarono sociniani), ma negli anni successivi dovette fronteggiare la
reazione, anche di piazza, dei cattolici: nel 1591 il suo punto d'incontro a
Cracovia fu devastato dalla folla e nel 1598 Socini stesso fu malmenato,
scampando per poco ad un linciaggio.
Egli morì nel 1604 e sulla sua tomba vennero scritte queste significative
parole: Crolli la superba Babilonia: Lutero ne distrusse i tetti, Calvino le
mura, Socini le fondamenta.
Pochi anni dopo, nel 1610, la potente organizzazione gesuita sbarcò in
Polonia decretando il rapido declino degli unitariani in Polonia: nel 1611
fu bruciato sul rogo a Varsavia l'unitariano Jan Tyskiewicz, un agiato
cittadino di Bielsk, e nel 1638 i sociniani furono espulsi da Raków e ne fu
chiuso il seminario.
Il colpo finale per l'unitarismo in Polonia fu il bando di espulsione per
tutti gli unitariani polacchi, deciso nel 1658 e diventato esecutivo il 10
luglio 1660, che li costrinse o ad uniformarsi o ad emigrare in altri paesi
europei (in Olanda, dove la maggior parte si trasferì aderendo alla Chiesa
Arminiana dei rimostranti, in Germania, e in Transilvania, dove però essi
non aderirono alla Chiesa Unitariana Transilvana, ma formarono una chiesa
autonoma a Kolozsvàr estinguendosi nel 1793).
L'ultima sacca di resistenza unitariana in Polonia si estinse nel 1811 e
solo nel 1921 furono riaccettate le congregazioni unitariane nella nazione
rinata dopo secoli di dominazione straniera. Ma la successiva occupazione
nazista nel 1939 e l'instaurazione del comunismo ha fatto sì che
l'unitarianismo polacco potesse incominciare a muovere nuovamente qualche
timido passo solamente dopo la caduta del muro di Berlino, negli anni '90
del XX secolo.
L'attuale Chiesa unitariana in Polonia comprende solo qualche centinaio di
fedeli.


Antitrinitari in Transilvania
Nel 1562 Giorgio Biandrata si recò in Transilvania, a Gyulafehérvár (Alba
Julia), dove fece la conoscenza e divenne amico di Ferenc Dàvid, vescovo
della Chiesa Riformata di Transilvania e cappellano personale del principe
Giovanni II Sigismondo Zapolya (1541-1571). Biandrata fece leggere a Dàvid
una copia della famosa Christianismi restitutio (La restaurazione del
Cristianesimo) di Miguel Serveto, convertendolo all'antitrinitarismo.
Il successivo sinodo nazionale a Gyulafehérvár del 1566 risultò un trionfo
per gli antitrinitari, sottolineato dalla pubblicazione del libro di Dàvid
De vera et falsa unius Dei, Filii et Spiritus Sanctii cognitione (Della
falsa e vera conoscenza dell'unità di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo),
nel quale il riformatore transilvano ridicolizzava la dottrina della Trinità
e perorava la causa della tolleranza religiosa per tutte le fedi.
Questo discorso venne poi ripreso durante la Dieta di Torda nel gennaio
1568, dove  Giovanni II Sigismondo Zapolya riconobbe la piena libertà a
tutte le confessioni religiose: fu la prima dichiarazione, al mondo, di
tolleranza religiosa mai pronunciata da un regnante. Oltre a questo, il re
aderì apertamente all'unitarismo con molti nobili della corte e Dàvid
divenne il capo della Chiesa Unitariana di Transilvania.
Nel 1570 Dàvid entrò in contatto, e ne fu influenzato, con lo studioso
italo-greco Giacomo Paleologo e il suo discepolo locale, il rettore del
ginnasio di Kolozsvár, János Sommer (1540-1574). Paleologo polemizzava con
un altro famoso antitrinitario, Fausto Socini, a riguardo della figura di
Gesù Cristo, che, per il Socini, era un vero uomo crocefisso, il cui compito
era di rivelare Dio agli uomini, permettendo loro di raggiungere così la
salvezza, seguendo il Suo esempio. Il Paleologo, invece, negava il ruolo di
guida del Cristo, per i fedeli verso la salvezza, e rifiutava,
conseguentemente, ogni forma di adorazione di Gesù Cristo. Per questo, il
Paleologo e i suoi seguaci, tra cui si associò anche Dàvid, vennero
denominati antitrinitari non-adoranti in contrapposizione al pensiero
sociniano di tipo adorante. Alla corrente non-adorante aderì anche l'ex
vescovo cattolico e ambasciatore (di madre italiana) Andrea
Dudith-Sbardellati.
Purtroppo il momento magico per Dàvid finì solo tre anni dopo, nel 1571 con
la morte, a soli 31 anni, di Giovanni II Sigismondo e la salita al trono del
cattolico Stefano I Báthory (1571-1586), che tolse a Dàvid l'incarico di
cappellano personale del re e gli impedì di pubblicare altri scritti. Nel
1579 i suoi nemici riuscirono a farlo arrestare e imprigionare nella
fortezza di Déva dove, a causa del clima rigido e del fisico debilitato,
Dàvid  morì nel novembre dello stesso anno.
La Chiesa Unitariana di Transilvania, fondata da Dàvid, pur attraverso mille
traversie, spietate persecuzioni da parte degli Asburgo cattolici e feroci
pogrom da parte di fanatici ortodossi rumeni, esiste ancora oggi formata da
125 chiese, sebbene divisa dal 1949 in un troncone in Ungheria (25.000
fedeli, web-site: http://www.extra.hu/mue) ed uno di etnia ungherese in
Transilvania/Romania (circa 80.000 fedeli).


Sociniani in Inghilterra
Attraverso l'Olanda, che accolse molti esuli sociniani, l'antitrinitarismo
giunse in Inghilterra, dove il principale esponente fu John Biddle, preside
del liceo di Gloucester, che pubblicò, nel 1647, il primo trattato
dell'unitarismo inglese, Twelve arguments against the Deity of the Holy
Spirit (dodici ragioni contro la divinità dello Spirito Santo) a uso privato
per pochi amici, uno dei quali lo tradì, facendolo rinchiudere in carcere
nel 1645 per ordine dei magistrati di Gloucester.
Nel 1646 Biddle fu convocato a Londra per essere giudicato da una
commissione di teologi, ma, nell'attesa della sentenza, fu confinato in
prigione a Westminster dove rimase per vari motivi per i successivi 5 anni.
Infatti, imprudentemente, nel 1647, Biddle fece pubblicare le sue Dodici
ragioni, suscitando un putiferio: a gran voce venne chiesta la sua condanna
a morte, prevista anche dalla recentemente approvata (nel 1648) legge
Ordinance for punishing heresies and blasphemies (ordinanza per punire
eresie e blasfemie), ma nel 1652, grazie alla Act of Oblivion (legge di
oblio), egli poté finalmente uscire di prigione.
Una volta libero, Biddle fondò una piccola congregazione sociniana a Londra,
traducendo testi base dei sociniani (o unitariani) polacchi, come il
Catechismo di Racow (in Polonia), la prima dichiarazione dei principi
sociniani, ma soprattutto pubblicò nel 1654 la sua opera più celebre, il
Twofold Catechism (Catechismo doppio), dove in 24 capitoli egli bandì tutte
le espressioni e dottrine non originarie delle Scritture, come
transustanziazione, peccato originale, Dio fatto uomo, Madre di Dio etc.
Insomma non ci fu un solo punto della teologia dell'epoca che non fosse
rimesso in discussione da lui, sebbene utilizzasse l'astuta tecnica delle
domande aperte, senza mai precisare la propria fede.
Nonostante ciò, per ordine del parlamento, le copie del suo libro furono
bruciate sul rogo e lui stesso imprigionato nel carcere di Newgate, ma, per
l'ennesima evoluzione della turbolenta situazione politica inglese (era
stato sciolto il parlamento), fu liberato.
Biddle continuò per tutta la vita a professare attivamente le proprie idee e
per questo venne più volte condannato al confino e al carcere fino alla sua
morte avvenuta nel 1662.
Il principale esponente dell'unitarismo inglese dopo Biddle fu Thomas Emlyn
(1663-1741), che fondò una congregazione unitariana a Londra nel 1705, ma va
anche citata l'attività del teologo neo-ariano Samuel Clarke con il suo
trattato Scripture Doctrine of the Trinity (Scrittura dottrina sulla
Trinità), del 1712.
In seguito si affermò Joseph Priestley (1733-1804), che divise il suo tempo
tra la chimica (individuò, tra l'altro, la molecola dell'ossigeno) e le
predicazioni unitariane, e Theophilus Lindsey che nel 1774 fondò la prima
chiesa ufficiale di ispirazione sociniana a Londra.
Nel 1791 un gruppo di teppisti distrusse sia la casa che il laboratorio di
Priestley, che qualche anno dopo prese la decisione di emigrare in America,
dove fondò una chiesa unitariana in Pennsylvania.
Nel frattempo, in Inghilterra si era formata nel 1825 la British and Foreign
Unitarian Association, che dovette lottare contro le leggi britanniche
varate per proibire agli unitariani di accettare lasciti donati dai
puritani, cosa che verrà aggiustata soltanto con una nuova legge nel 1844.
Nel 1840 avvenne una grave scissione nel movimento: i "cristiani liberi" di
James Martineau, convinti in una fede più intuitiva e meno "razionale", si
separarono fino al 1928, anno in cui le due anime dell'unitarismo inglese si
rifusero nella attuale General Assembly of Unitarian and Free Christian
Churches (sito: http://www.unitarian.org.uk/)


Unitariani in America
Come già detto, Joseph Priestley fu uno dei predicatori che aiutò la
diffusione dell'unitarismo negli Stati Uniti, dove la dottrina però si
sviluppò abbastanza lentamente: prendendo spunto dalle prediche in
Inghilterra di Priestley, due chiese di Boston, la West Church del pastore
Jonathan Mayhew (1720-1766) e la First Church del pastore Charles Chauncy
(1705-1787) divennero unitariane.
Nel 1825 si formò la American Unitarian Association, ma, come per la crisi
degli unitariani inglesi del 1840, anche il pensiero unitariano americano fu
fortemente scosso dalle idee di William Ellery Channing, che inserì elementi
pietisti e filantropici. Lo scontro tre le due anime, mistica-pietistica da
una parte e razionale dall'altra, avrebbe caratterizzato la storia degli
unitariani americani negli anni seguenti: per esempio, nel 1865 la
conferenza nazionale unitariana adottò una piattaforma programmatica
nettamente cristiana, provocando il distacco della minoranza razionalista
che fondò la Free Religious Association (associazione religiosa libera).


L'unitarianismo odierno
Venendo ai giorni nostri, nel 1961 avvenne la svolta con la fusione degli
unitariani statunitensi con il movimento dell'universalismo, fondato dall'ex
pastore metodista John Murray, che credeva nella salvezza di tutti gli
uomini e negava la dannazione eterna.
La fusione diede luogo alla American Unitarian Universalist Association, poi
solo Unitarian Universalist Association, che conta oggi 502.000 aderenti. Il
sito web è http://www.uua.org/
Nonostante la diffusione relativamente bassa dell'unitarismo/universalismo,
ben 5 presidenti degli Stati Uniti hanno professato una fede unitariana e/o
universalista: Thomas Jefferson (che gli unitariani danno come loro seguace,
anche se una sua adesione ufficiale non c'è mai stata), John Adams, John
Quincy Adams, Millard Fillmore  William Howard Taft.
L'associazione, nella quale la corrente razionalista ha oramai preso il
sopravvento, è un movimento basato su congregazioni autogestite senza una
comune formula religiosa ufficiale, retaggio della sua travagliata storia e
dell'apporto di idee molto diversificate e perfino contrastanti: si nota un
interesse più nella libera ricerca della verità.
Infatti, da una statistica risulta che solo il 3% degli aderenti considera
Dio come un essere soprannaturale e il 40% come simbolo dell'amore o di
altri processi naturali. Inoltre 90% non crede nella immortalità dell'anima
e 64% ammette di non pregare mai o di farlo raramente.
In compenso, gli unitariani universalisti si sono sempre schierati in
battaglie civili contro la pena di morte, a favore del divorzio, l'aborto,
l'eutanasia, per il controllo delle nascite, per la riforma carceraria, per
l'educazione sessuale nelle scuole.
L'associazione mantiene contatti con simili organizzazioni in Inghilterra,
Irlanda, Filippine, Ungheria, Francia e Cecoslovacchia e fa parte della
International Association for (Liberal Christianity) and Religious Freedom
(IARF), che afferma di rappresentare 1.500.000 aderenti in 25 paesi.

Andreae (o Andrea), Johann Valentin (1586-1654)



La vita
Johann Valentin Andreae nacque il 17 agosto 1586 a Herrenberg, nello stato
tedesco del Württemberg, dal pastore luterano e alchimista Johann Andreae
(1554-1601), figlio, a sua volta, del famoso teologo luterano e rettore
dell'università di Tubinga, Jakob Andreae (1528-1590), noto come il Lutero
del Württemberg e uno degli artefici della Formula di Concordia del 1577.
Alla morte del padre nel 1601, la madre Maria Moser (1550-1631) trasferì la
famiglia a Tubinga, dove A. entrò alla facoltà di teologia, ottenendo il
baccalaureato nel stesso anno e diventando magister nel 1605, tuttavia, solo
due anni dopo, egli fu coinvolto in un losco giro di studenti universitari e
prostitute, dando così il pretesto al severo rettore Mathias Enslin, fautore
dell'assolutismo monarchico, di espellere l'ingenuo A., prendendosi così la
rivincita sulla potente e influente famiglia Andreae, sua avversaria nella
lotta per il potere in città.
A. decise allora di cambiare aria, andando a vivere per un anno a Strasburgo
e visitando, nel contempo, Heidelberg, Francoforte, Mainz e Lauingen, ma già
nel 1608 era di ritorno a Tubinga, diventando amico dell'avvocato Tobias
Hess (1558-1614) e di Abraham Hölzel, entrambi legati alle quelle correnti
mistiche luterane, il cui riferimento era lo scrittore e teologo Johann
Arndt, precursore del pietismo. Ancora una volta le discusse amicizie di A.
permisero al rettore di Tubinga, questa volta Johann Friedrich, di imbastire
un'inchiesta, con l'accusa di chiliasmo (millenarismo), contro A., il quale
venne salvato dalla condanna solo grazie all'intervento diretto del duca
Federico I di Württemberg (1593-1608), compagno di studi alchemici di suo
padre.
Tuttavia, essendogli stato impedito l'accesso all'università, A. lasciò
Tubinga, per visitare Berna, Friburgo, Losanna e Ginevra: in queste ultime
due città egli poté accertarsi di persona delle differenze tra il calvinismo
e il luteranesimo, che egli, come tanti altri studiosi mistici e pietisti,
considerava troppo legato ad un'osservanza rigida e superficiale della vita
religiosa.
Nel suo continuo pellegrinare A. visitò anche Lione, Parigi, Zurigo,
Basilea, e, in Italia, Venezia, Padova, Verona e Roma. Finalmente, nel 1612,
A. rientrò a Tubinga, dove il professore di teologia Matthias Hafenreffer
(1561-1619), amico della sua famiglia, riuscì a fargli continuare i suoi
studi di teologia e a farlo nominare pastore luterano a Vaihingen, un
piccolo centro del Württemberg (Tuttavia fu solo nel 1641 che A. fu nominato
dottore, honoris causa, in teologia).


Il manifesto dei Rosa Croce
Nel 1614 comparve a Cassel, in Germania, il manifesto base di un misterioso
movimento mistico occultistico, denominato Confraternita della Rosa+Croce,
dal titolo Allgemeine und General Reformation der ganzen weiten Welt
(Riforma generale ed universale di tutto il mondo). Questo venne seguito
l'anno successivo da un ulteriore manifesto dal titolo Fama Fraternitas R.
C. All'epoca ambedue gli scritti apparvero come anonimi, ma la loro
paternità, come quella (certa) del successivo libro alchemico, Le nozze
chimiche di Christian Rosenkreutz, pubblicato nel 1616, venne attribuita
all'A., che, secondo lo storico Paul Arnold, smentì di averli scritti e anzi
dichiarò, in seguito, di aver concepito Le nozze chimiche per ridicolizzare
un diffuso interesse dell'epoca verso l'occultismo.
Altre interpretazioni moderne propendono, invece, verso un maggior
coinvolgimento di A., sebbene mediata da una stesura a più mani dei testi e
concepita all'interno del cosiddetto Cerchio di Tubinga, un circolo
mistico-occultista di circa trenta aderenti, comprendenti, fra gli altri, lo
stesso A., Tobias Hess (1558-1614), Johann Arndt, Wilhelm von Wense (m.
1641), Tobias Adami (m. 1643) e Christophe Besold (1577-1638), amico
fraterno di A..
Ispiratore delle idee dei rosacrociani fu il pensiero di due scrittori
italiani: Traiano Boccalini (1556-1613), autore di un testo satirico
chiamato Ragguagli di Parnasso, tradotto da Christophe Besold, e il filosofo
domenicano utopista Tommaso Campanella, i cui scritti furono portati in
Germania da Tobias Adami nel 1613.


Reazioni in Europa al manifesto
Comunque il riferimento nei manifesti ad una supposta società segreta
provocò una grande eccitazione in tutta l'Europa (soprattutto in Francia,
Inghilterra, Austria e Paesi Bassi): famosi occultisti, come l'inglese
Robert Fludd (1574-1637) o il tedesco Michael Maier (1568-1622) o perfino il
grande filosofo francese René Descartes (Cartesio)(1586-1654), chiesero
pubblicamente di essere contattati dai misteriosi rosacrociani o, meglio,
affermarono addirittura di essere già entrati nella società.
Ovunque sorsero gruppi auto-nominatisi rosacrociani, sebbene nel frattempo,
nel 1616, gli stessi autori, spaventati dall'incredibile impatto dei loro
manifesti e dalle reazioni negative delle chiese ufficiali, decisero di non
uscire allo scoperto e di osservare il più rigoroso anonimato, abbandonando
quindi alla riprovazione pubblica l'unico tra loro che aveva avuto il
coraggio di firmare un testo: il nostro A.


Andreae si dissocia dalla Confraternita
Forse da qui si capisce come mai A., per tutto il resto della sua vita, si
desse tanto da fare per negare decisamente ogni appartenenza alla
Confraternita, attaccando amici e nemici. Tra il 1617 ed il 1618 A. pubblicò
l'Invitatio ad Fraternitatem Christi (Invito alla Confraternita di Cristo),
dove egli cercò di lanciare un movimento innovatore, una specie di "Città
Cristiana" (Christianopolis), una Nuova Gerusalemme posta direttamente sotto
la protezione di Dio.
Nel 1619 egli organizzò una serie di conferenze contro il calvinismo, su
commissione del duca Giovanni Federico di Württemberg, detto il Pacifico
(1608-1628), e qui conobbe il grande pedagogo e teologo moravo Jan Komensky,
detto Comenio.
Nel 1620 A. fu nominato sovrintendente dell'abbazia di Calw, ma a causa
della guerra dei Trent'anni (1618-1648), che imperversava nella Germania del
sud, un incendio distrusse parte dell'abbazia e alcuni manoscritti, tra cui
il Theophilus, sui quali A. stava lavorando. La guerra in atto convinse A.
della necessità di soprassedere al suo progetto della città cristiana per
dedicarsi, nel frattempo, alla fondazione di una società di soccorso
cristiano (Christliche Gottliebende Gesellschaft), per aiutare operai,
studenti, malati e poveri. In seguito alla battaglia di Stadtlohn del 1623 e
alla successiva pace tra l'Unione Evangelica e la Lega Cattolica, la
situazione politica migliorò momentaneamente e A. ne approfittò per
pubblicare un nuovo manifesto Verae unionis in Christo specimen, nel quale,
attaccando Calvinisti, Anabattisti, Schwenckfeldiani, e i suoi ex-amici
Rosacrociani, egli esortò alla formazione di una Società Cristiana.


Guerra dei Trent'anni
Ma poco dopo scoppiò la cosiddetta fase svedese della Guerra dei Trent'anni
con l'intervento del re svedese Gustavo II Adolfo (1611-1632): il conflitto
fu particolarmente violento nella Germania meridionale (quindi anche nel
Württemberg) e l'abbazia di Calw fu rasa al suolo nel 1634. A. fu impegnato
per quattro anni nel ricuperare fondi per la sua ricostruzione, sebbene fu
assalito da comprensibili momenti di scoramento, come rivelò nelle missive
al suo ammiratore Comenio.
Nel 1637 si recò a Strasburgo per incontrare il duca, in esilio, Eberardo
III di Württemberg (1628-1674), di cui favorì il rientro in patria l'anno
successivo. Come compenso per i suoi servigi, fu dal duca nominato nel 1639
predicatore di corte e consigliere del concistoro a Stoccarda e nel 1650
sovrintendente generale e abate della scuola del chiostro di Bebenhausen.
L'ultimo incarico fu quello di abate di Adelberg nel 1654, ma in quell'anno
stesso morì a Stoccarda il 27 giugno.


Haller, Berthold (1492-1536)



Berthold Haller nacque nel 1492 nella regione tedesca del Würtemberg. In
gioventù studiò teologia e fu compagno di studi e amico del riformatore
Philipp Melantone.
Completati i suoi studi di teologia, nel 1518, H. si recò a Berna, dapprima
come insegnante, poi come predicatore e riformatore: nel 1521 fu nominato
pastore della Cattedrale.
La sua adesione convinta alla Riforma risale al 1525, quando egli cessò di
dire Messa, ed si attivò per la diffusione del protestantesimo, assieme ad
altri compagni di fede, come l'ex francescano Sebastian Meyer, l'ex monaco
Franz Kolb (1465-1535) ed il pittore Niclaus Manuel (Deutsch) (1484-1530).
Le attività di proselitismo di H. lo portarono spesso in pericolo di vita e
la cosa non mancava di turbare il cauto e timido predicatore, il quale
doveva essere ogni tanto rincuorato dall'amico Ulrich Zwingli.
Per esempio, non privo di pericoli fu la trasferta di H. e di Johannes
Ecolampadio, che difesero coraggiosamente le posizioni riformiste nel
dibattito di Baden (nel cantone Aargau, una roccaforte cattolica)
organizzato dai cantoni cattolici (Uri, Schwyz e Unterwalden) nel 1526 con
l'invito al noto teologo cattolico Johann Eck (1486-1543), proprio quello
della disputa di Lipsia del 1519 con Carlostadio e Lutero. Era stato
invitato, in realtà, Zwingli, ma questi, temendo per la propria incolumità,
decise di non presenziare di persona. Ovviamente ambedue le parti
proclamarono la propria vittoria alla fine del dibattito.
Al suo rientro a Berna, H. dovette subire una reazione anti-riforma,
scaturita dalle conseguenze della Guerra dei Contadini del 1525, che portò
all'espulsione di Meyer e a pesanti intimidazioni contro H., revocate nel
1527, quando le elezioni portarono i riformisti al potere.
Nel Giugno 1528 si tenne nella stessa città i cosiddetti Colloqui di Berna,
da alcuni autori definiti la reazione protestante a Baden: il clima non
proprio favorevole ai cattolici portò ad una serie di rifiuti alla
partecipazione da parte dei cantoni, degli ecclesiastici e dei più noti
teologi cattolici, come ad esempio Eck. Quindi di fronte ad una massiccia e
qualificata partecipazione protestante (Zwingli, H., Ecolampadio, Kolb,
Capito e Bucero), i cattolici contrapposero una delegazione non di grande
rilievo.
I riformatori ottennero quindi una scontata vittoria e H. in persona fu
incaricato di redigere le seguenti dieci tesi o conclusioni adottate dalla
chiesa di Berna come confessione di fede:
La Chiesa Cristiana, il cui capo è Cristo, nasce dalla Parola di Dio, e
tiene fede solo ad essa.
La Chiesa Cristiana non fa leggi senza la Parola di Dio. Le tradizioni sono
vincolanti se fondate sulla Parola di Dio.
Cristo è l'unica saggezza, rettitudine, soddisfazione e redenzione per i
peccati del mondo. Quindi neghiamo Cristo quando confessiamo un altro modo
di salvezza.
La presenza essenziale e corporale del sangue e corpo di Cristo
(nell'Eucaristia) non è dimostrabile attraverso le Sacre Scritture.
L'attuale forma della Messa, in cui Cristo viene offerto a Dio Padre per i
peccati dei vivi e dei morti è contrario alle Scritture, una blasfemia
contro il santissimo sacrificio, passione e morte di Cristo, ed un abominio
davanti a Dio.
Poiché solo Cristo è morto per noi, solo Lui deve essere adorato come
difensore e mediatore tra Dio Padre e i credenti. Perciò è contrario alla
Parola di Dio proporre e invocare alti mediatori.
Le Scritture non fanno menzione di un purgatorio dopo questa vita. Perciò
tutte le messe e altre funzioni per i morti sono inutili.
L'adorazione di immagini è contraria alle Scritture. Perciò le immagini
devono essere abolite quando diventano fonte di adorazione.
Nelle Scritture il matrimonio non è proibito ad alcuna classe di uomini, ma
la fornicazione e la lascivia sono proibite a tutti.
Poiché, secondo le Scritture, un fornicatore manifesto deve essere
scomunicato, ne consegue che la lascivia e il celibato impuro sono più
perniciosi al clero che a qualsiasi altra classe di uomini.


Queste tesi del 1528 e una liturgia protestante furono il maggiore successo
dell'attività riformatrice di H., che morì a Berna nel 1536.



Arminio (Arminius o Hermanzoon o Harmansz o Harmensen), Jacob (o Jacobus)
(1569-1609) e Arminianismo



La vita
Jacob Hermanzoon (nome umanistico Jacobus Arminius, meglio conosciuto come
Arminio) nacque il 10 ottobre 1560 a Oudewater, in Olanda meridionale, da un
arrotino, di nome Herman.
Erano tempi bui per i Paesi Bassi, percorsi dalle truppe spagnole del
tristemente noto Fernando Alvarez de Toledo (ca.1507-1582), duca d'Alba,
inviato dal re di Spagna, Filippo II (1556-1598) per reprimere il tentativo
di indipendenza dell'Olanda.
Anche la famiglia di A. venne tragicamente colpita dagli avvenimenti
dell'epoca: A., rimasto orfano di padre nell'anno della sua stessa nascita,
fu adottato da Theodorus Aemilius, un ex prete cattolico, diventato
protestante, che lo mandò a studiare ad Utrecht. Nel 1575, all'età di 15
anni, egli fu notato dal suo concittadino, il matematico Rudolf Snellius
(1546-1613), docente all'università di Marburg (in Germania), che lo portò
con sé per proseguire i suoi studi, ma, appena giunto a Marburg, fu
informato dell'assedio spagnolo di Oudewater: A. rientrò in tutta fretta,
per solo per apprendere la terribile notizia che, dopo l'espugnazione della
sua città natale, i soldati spagnoli avevano massacrarono tutta la sua
famiglia (madre, fratello e sorella).
Completamente solo al mondo, A. trovò, per sua fortuna, degli amici
generosi, che gli pagarono gli studi di teologia all'università di Leida.
Rivelatosi un brillante studente, nel 1582 A. proseguì i suoi studi, pagati
dalla gilda dei mercanti di Amsterdam, a Ginevra sotto la guida del
successore di Giovanni Calvino, Theodore de Béze.
Nel 1586 A.fece un lungo viaggio in Italia, assistendo alle lezioni a Padova
del filosofo umanista Jacopo Zabarella (1533-1589), ma poco dopo si sparse
in Olanda la voce che egli fosse caduto sotto l'influenza dei gesuiti, (San)
Roberto Bellarmino (1542-1621), ex-professore di teologia a Lovanio (tra il
1570 ed il 1576), e Francisco De Suarez (1548-1617). Fu quindi urgentemente
richiamato indietro ad Amsterdam, dove dovette fare una dichiarazione di
ortodossia calvinista e, fugati i dubbi sulla sua fede, venne nominato nel
1588 pastore di una comunità calvinista.
Nel 1589 egli fu direttamente chiamato in causa sia dal professore di
Franeker (nella Frisia occidentale) Martin Lydius per confutare due teologi
infralapsariani di Delft, che dal tribunale ecclesiastico di Amsterdam per
dibattere contro uno studioso laico, Dirk Koornhert, che aveva scritto
contro il supralapsarianismo e contro la dottrina della predestinazione,
chiedendo perfino la revisione della Confessio Belgica, elaborata nel 1561
da Guy de Bray.
A., approfondendo l'argomento, ebbe dei primi dubbi sulla incondizionata
predestinazione di Calvino, e decise di rifiutarlo, sviluppando un concetto
di libero arbitrio, del tutto estraneo al calvinismo.
Questa presa di posizione gli suscitò per anni critiche e pesanti attacchi
dall'establishment calvinista, che si acuirono quando nel 1602 A. successe a
Franz Junius (1545-1602), professore di teologia a Leida, nella cui
università A. fu fatto sistematicamente oggetto degli strali del teologo
supralapsariano Franz Gomar (Gomarius).
Tra il 1608 ed il 1609 egli pubblicò tre difese scritte delle sue dottrine,
ma nell'ottobre 1609, morì di consunzione a soli 49 anni.


Teologia dell'arminianismo
Nettamente diversa, quindi, dalle altre dottrine calviniste, l'arminianismo
credeva che Dio avesse dato all'uomo la libera scelta di accettarLo o di
rifiutarLo. Quindi dopo la caduta dell'uomo, Dio aveva provveduto per la
salvezza di tutti, ma solo chi credeva avrebbe potuto salvarsi, attraverso i
meriti dell'azione di Cristo e per mezzo della Grazia dello Spirito Santo.
Infatti A. era convinto che:
Sebbene Cristo fosse morto per tutti, solo i credenti potevano ottenere la
remissione dei peccati,
E comunque era necessaria la mediazione della Grazia dello Spirito Santo,
senza la quale non era possibile per l'uomo capire, volere e compiere il
bene.
Quindi tutte le buone azioni dell'uomo dovevano essere riferite alla Grazia,
che però non era irresistibile: era infatti sempre possibile per il credente
perderla.
L'a. introduceva quindi un concetto di libero arbitrio sebbene condizionato:
il teologo luterano del XX secolo Otto Heick infatti la definì con
l'ossimoro condizionalismo assoluto.
La reazione calvinista non si fece attendere e al concilio di Dort
(Dordrecht) del 1618-19 furono elaborati, contro l'a., i seguenti cinque
punti del calvinismo, denominati Canone di Dort (tra parentesi, in italico,
il pensiero degli arminiani):
Depravazione totale: l'uomo caduto in peccato non era assolutamente in grado
di salvarsi. (La natura umana permetteva all'uomo di credere o rigettare
Cristo, quindi egli non poteva essere totalmente depravato)
Elezione non condizionata: la volontà di Dio di salvare gli eletti non
poteva essere condizionata assolutamente dall'uomo. (L'elezione era
condizionata dalla conoscenza di Dio e dal libero arbitrio dell'uomo)
Espiazione limitata: l'espiazione attraverso la morte di Cristo era sì
sufficiente a salvare tutti gli uomini, ma efficace solo per gli eletti.
(L'espiazione era per tutti gli uomini, senza specifiche categorie di
eletti).
Grazia irresistibile: gli eletti non potevano resistere al dono della
grazia, dato dallo Spirito Santo. (L'uomo poteva resistere alla Grazia di
Dio, rifiutando di farsi salvare)
Perseveranza dei santi: coloro che sono stati rigenerati e giustificati
persevereranno nella fede. (Mediante certi comportamenti, perfino il
credente rigenerato e giustificato può essere dannato).


I successori di A.
Non avendo A. formalizzato la sua dottrina, sarebbe toccato ai suoi
successori Simon Bischop (nome umanistico: Episcopius) (1583-1643) e Jan
Uytenbogaert (1577-1644), sviluppare e sistemare le idee, che furono
presentate con forte spirito polemico agli Stati Generali olandesi nel 1610:
per questo la corrente degli arminiani fu detta dei rimostranti.
Al concilio di Dort (novembre 1618- maggio 1619), pur supportato
autorevolmente dall'Avvocato Generale dello Stato Jan (o Johan) Van
Oldenbarnevelt, che avrebbe pagato questa presa di posizione con la propria
testa (fu infatti decapitato il 14 maggio 1619) e dal teologo Ugo Grozio,
l'arminianismo fu condannato senza appello e i rimostranti furono
perseguitati durante il governo dello statolder Maurits (Maurizio)
d'Orange-Nassau (1584-1625): circa 200 predicatori furono espulsi dalla
Chiesa Riformata e 80 dovettero andare in esilio. La situazione perdurò fino
al 1632, anno dal quale i seguaci di A. furono finalmente lasciati in pace,
tuttavia solamente nel 1795 i rimostranti furono riconosciuti come chiesa
indipendente in Olanda.


La Chiesa arminiana dei Rimostranti oggi
Oggigiorno sono 21.500 gli aderenti alla chiesa arminiana, denominata The
Remonstrant Brotherhood (la Fratellanza dei Rimostranti) e aderente dal 1948
al Consiglio mondiale delle Chiese. Il web site http://www.remonstranten.org
è in lingua olandese ma l'introduzione e alcune pagine sono anche in
inglese.
Le dottrine di A. ebbero un effetto duraturo sul pensiero calvinista e
inoltre, esportate in Inghilterra, influenzarono diverse correnti religiose
protestanti, tra cui i pietisti, alcuni battisti, i pentecostali, le chiese
di santità, il movimento di Oxford.
Ma i concetti arminiani di responsabilità morale dell'uomo e del potere
santificante dello Spirito Santo furono soprattutto decisivi nello sviluppo
di una delle dottrine più popolari nel "grande risveglio" protestante del
XVIII secolo: il metodismo di John Wesley.


Browne, Robert (ca. 1550-1633) e Congregazionalisti o Indipendenti o
Separatisti o Brownisti



Brownisti o indipendenti o congregazionalisti
Il termine di Brownisti, dal nome del fondatore della setta Robert Browne,
fu comunemente usato per identificare gli Indipendenti o Separatisti della
Chiesa Anglicana prima del 1620. I seguaci di Browne furono denominati anche
congregazionalisti, in quanto credevano nella indipendenza ed autonomia di
ciascuna congregazione di fedeli e ciò in contrasto con le due altre anime
del protestantesimo inglese:
Gli episcopali, la linea principale della Chiesa Anglicana, convinti della
necessità di preservare le figure dei vescovi ed arcivescovi, e
I presbiteriani, principale filone del puritanesimo inglese, che
prediligevano una amministrazione della Chiesa basata su un governo centrale
di presbiteri, cioè gli anziani, sia chierici che laici, simile a quello
sviluppato dai presbiteriani in Scozia, sotto la guida di Andrew Melville.


La vita
Robert Browne nacque a Tolethorpe Hall, vicino a Stamford, nella contea
inglese del Lincolnshire, nel 1550 circa, da una antica e benestante
famiglia e compì i suoi studi universitari a Cambridge dal 1570 al 1573,
ottenendo un baccalaureato in arti nel 1572 presso il Corpus Christi
College.
A Cambridge B. fece amicizia con il più anziano compagno d'università Robert
Harrison (m. 1585) ed ambedue rimasero profondamente influenzati dagli
scritti, di ispirazione calvinista, del teologo puritano Thomas Cartwright,
sospeso dal proprio incarico, pochi anni prima, a causa delle sue idee
anti-episcopali, dal vice-cancelliere dell'università, John Whitgift (ca.
1530-1604), futuro arcivescovo di Canterbury.
Dopo il baccalaureato, B. ritornò al Tolethorpe Hall, dove diventò il
preside della locale scuola, ma in seguito si mise nei guai per aver
predicato senza permesso in alcune chiese di Cambridge e di Londra e fu
imprigionato. In seguito venne scarcerato grazie alle sue conoscenze
altolocate: infatti il Lord Gran Tesoriere, William Cecil, Barone di
Burghley (1520-1598) era un suo parente e negli anni successivi dovette
intervenire spesso per tirare B. fuori dai guai.
Nel 1580 B. decise di trasferirsi a Norwich, dove, insieme a Harrison,
divenuto nel frattempo Direttore dell'Ospedale Maggiore Saint Giles di
Norwich, fondò nel 1581 la prima congregazione religiosa indipendente.
Questo atto fu criticato da Edmund Freake (m. 1591), vescovo di Norwich, che
li fece imprigionare con l'accusa di predicare senza una licenza. Nuovamente
fatti liberare da Lord Burghley, B. e Harrison decisero di trasferire la
comunità in Olanda, a Middleburg, nella regione dello Zealand.
Qui B. diede alle stampe nel 1582 i suoi due e più famosi trattati
(soprattutto il primo): A Treatise of Reformation without Tarrying for Anie
(Un trattato di Riforma senza aspettare alcuno), nel quale ribadiva il
diritto della Chiesa di operare le opportune riforme senza attendere il
permesso delle autorità civili, e A Booke which sheweth the life and manners
of all True Christians (Un libro che mostri la vita e i modi di tutti i veri
cristiani), che enunciava la teoria dell'indipendenza delle congregazioni
religiose. Nel 1583 copie delle opere di B. iniziarono a circolare in
Inghilterra, scatenando una violenta reazione. Fu infatti emanato un
proclama contro gli scritti di B. e contro coloro che li diffondessero: due
seguaci della congregazione di Norwich, John Copping e Elias Thacker
pagarono con la loro vita sulla forca la sfida alle autorità.
Tuttavia anche nella congregazione di Middleburg si evidenziarono dei
problemi: infatti a causa di reciproche accuse alle rispettive mogli, si
ruppe l'amicizia con Harrison e B. decise di trasferirsi via mare in Scozia
con i propri seguaci nel gennaio 1584. Rimasto solo, Harrison continuò a
gestire la comunità fino alla sua morte avvenuta circa due anni dopo, nel
1585.
Ma neanche in Scozia B. ebbe vita facile: la sua presenza a Edimburgo,
Dundee e Saint Andrews venne ben presto segnalata alle autorità religiose
presbiteriane e fu quindi imprigionato. Stanco e deluso da questa esperienza
di soli pochi mesi, dopo il rilascio decise di ritornare in Inghilterra
nell'estate del 1584, ponendo la sua residenza a Stamford, vicino al suo
paese natale. Nuovamente fu accusato di scrivere e pubblicare fuori legge e
fu inquisito ed arrestato diverse volte, ma sempre liberato per
intercessione di Lord Burghley.
Tuttavia nel 1586 successe il fatto più grave: a cause delle sue ennesime
prediche senza licenza, B. fu convocato davanti al vescovo Howard di
Peterborough, ma non essendosi presentato, fu scomunicato.
Probabilmente questo drastico provvedimento nei suoi confronti gli fece
capire la necessità di trovare un compromesso con la Chiesa Anglicana.
Quindi, con la solita intermediazione di Lord Burgley, B. abiurò le sue
precedenti dottrine nel novembre 1586. Ristabilito il suo ruolo
nell'establishment anglicano, B. fu nominato preside del liceo Saint Olaves
di Southwark, ruolo che occupò fino al 1591 con una credibile aderenza ai
principi della chiesa ufficiale, sebbene proprio vicino a Southwark fu
scoperta nell'ottobre 1587 una congregazione brownista, organizzata dal
reverendo John Greenwood, che, arrestato, rimase in prigione per sei anni e
nel 1593 venne impiccato.
Tuttavia B. aveva ormai sviluppato delle idee diverse da quelle della sua
gioventù e contro Greenwood e il suo confratello Henry Barrow, scrisse nel
1587-88 il polemico Reproofe of certaine schismalical persons and their
doctrine touching the hearing and preaching of the word of God (Riprova di
certe persone scismatiche e delle loro dottrina riguardante l'ascolto e la
predica della parola di Dio).
Nel 1591 B. fu ordinato e gli fu offerto il beneficio della parrocchia di
Achurch cum Thorpe a Stamford, parte dei possedimenti dell'onnipresente Lord
Burghley. Qui B. rimase fino alla sua morte avvenuta nel 1633, all'età di 83
anni.
Anche l'episodio che condusse alla sua morte fu piuttosto significativo
della perenne sfida da lui lanciata contro l'autorità costituita: litigò
infatti con un gendarme, volarono parole grosse ed anche qualche pugno, e
l'anziano fondatore del Congregazionalismo si trovò rinchiuso nel carcere di
Northampton, dove morì appunto nell'ottobre 1633.


Quinto-monarchisti (XVII secolo)



I Fifth Monarchy Men o Fifth Monarchists (Quinto-monarchisti) furono un
movimento religioso millenarista inglese, attivo dal 1649 dal 1661, cioè per
tutto il periodo del Commonwealth del Lord Protettore Oliver Cromwell
(1599-1658).
Il nome di quinto-monarchisti della setta prese origine dall'episodio del
libro di Daniele, nell'Antico Testamento, dove il profeta interpretò il
sogno del re Nabucodonosor, profetizzando l'avvento di un quinto regno,
fatto sorgere da Dio e che avrebbe distrutto i precedenti e sarebbe durato
per sempre.
Questi riferimenti al millenarismo furono molto frequenti durante gli anni
1640-1660, il ventennio cioè della storia inglese che comprendeva la guerra
civile, la decapitazione del re Carlo I (1625-1649), e il successivo
interregno, periodo nel quale proliferarono sette e pubblicazioni
apocalittiche, come il popolare The personal reign of Christ upon Earth (il
regno personale di Cristo in terra) del 1642, scritto dal reverendo q. Henry
Archer, il quale profetizzò la conversione dei giudei e la distruzione di
turchi nel 1650 e la parusia (seconda venuta in terra di Cristo) per il
1700.
La setta q. generò intorno al 1649 da alcuni predicatori laici e religiosi
indipendenti e battisti, che avevano in comune lo spirito millenarista, il
cui messaggio era di prepararsi alla parusia, riformando il parlamento ed il
governo inglese. Altri elementi erano l'amore fraterno per i poveri, il
rilascio dal carcere dei debitori, l'abolizione delle tasse.
Il un primo momento i q. appoggiarono Oliver Cromwell, con la speranza che
egli avrebbe riformato la società corrotta, e in ciò essi si allinearono
alle attese del levellers di John Lilburne, ma quando Cromwell decise di
perseguitare i levellers e di reprimere un tentativo di ammutinamento di
solidarietà nell'esercito, usando la parte rimastagli fedele del New Model
Army [l'esercito parlamentare, comandato da Sir Thomas Faifax (1601-1671)],
nella battaglia di Burford del maggio 1649, i q. si trovarono ad essere
l'unica forza di opposizione al futuro Lord Protettore.
Cromwell tuttavia isolò progressivamente i q., dapprima sciogliendo nel
dicembre 1653 il parlamento Barebone [chiamato così dal nome da uno dei suoi
più influenti membri: Praise-God Barebone (ca.1596-1680)], dove i q. avevano
un notevole appoggio dai delegati radicali, poi varando un nuovo parlamento
e governo favorevoli alla sua politica.


Thomas Harrison
Alfiere della protesta q. fu l'ex generale di brigata Thomas Harrison
(1610-1660), deputato nel parlamento Barebone ed amico intimo di Cromwell.
Forte della sua immagine di eroe nazionale, Harrison poté parlare a nome dei
q., aiutando la loro causa, ma Cromwell spazzò via anche la sua opposizione,
facendolo degradare ed arrestare per ben due volte pretestuosamente per
sovversione. Ironia della sorte, Harrison fu fatto impiccare, e poi
squartare mentre ancora moribondo, non da già Cromwell, bensì nel 1660 dai
realisti di Carlo II (1649-1685), che non gli avevano mai perdonato di aver
firmato nel 1649 la condanna a morte di Carlo I.
Alla morte di Harrison, la leadership dell'ala più oltranzista dei q. fu
assunta dal commerciante in botti Thomas Venner (m.1661), che aveva già
organizzato dei complotti, falliti, contro Cromwell nel 1657 e 1659.
Venner tentò una disperata insurrezione nel gennaio 1661, ma, come era
prevedibile, il colpo fallì e Venner e gli altri capi della rivolta furono
decapitati. Le successive repressioni stroncarono definitivamente il
movimento q., oltre a perseguitare anche altre sette, a causa delle loro
dottrine simili a quelle dei q., come i quaccheri, i giacobiti e i
sabbatariani.


Libero arbitrio (circa 1540-1558)



Una delle sette inglesi del XVI secolo, nella quale confluirono gli eredi
del movimento lollardo, fu quella del Libero Arbitrio (Free Will) o Uomini
del Libero Arbitrio (Freewill Men o freewillers), attiva tra il 1540 ed il
1558, cioè durante i regni di Edoardo VI (1547-1553) e Maria Tudor
(1553-1558).
La dottrina della setta, come i precedenti lollardi, era basata sulla Bibbia
e su una sua attenta lettura, sulla massima diffusione e insegnamento delle
Sacre Scritture, sulla contestazione dell'esteriorità e la ritualità della
Chiesa Anglicana, sul concetto di Chiesa non visibile ma spirituale e
personale, che si voleva separata dalla Chiesa ufficiale (concetto ripreso
in periodo elisabettiano dai gruppi separatisti).
Tuttavia, contrariamente ai lollardi, il L. aveva fatto suo il concetto di
libero arbitrio, di lontana pelagiana memoria, sebbene sia più probabile
un'influenza sulla setta del pensiero di Erasmo da Rotterdam.
Il L. anticipò il pensiero di un altro famoso pensatore, quel Jacob
Hermanzoon, detto Arminio, che ebbe una notevole influenza sull'evoluzione
sul pensiero calvinista nella seconda metà del XVII secolo.
Capo della setta fu un certo Henry Harte (m. ca. 1557), un ex lollardo,
arrestato per i propri scritti e successivamente messo a morte sotto il
regno di Maria Tudor, periodo durante il quale la setta si estinse a causa
delle feroci persecuzioni.


Fratelli del Libero spirito (XII - XIII - XIV secolo)



I Fratelli del Libero Spirito fu un movimento, dal XII secolo, diffuso nella
Francia settentrionale, in Germania, nei Paesi Bassi, in Boemia e in Italia,
che professava l'indipendenza dall'autorità ecclesiastica e la possibilità
di vivere secondo una vita apostolica, poiché i propri adepti erano convinti
di essere pervasi dallo Spirito Santo.
Questo stato di divinità coincideva con la totale scomparsa dei tormenti
della coscienza: essi quindi ritenevano di essere talmente perfetti da poter
commettere qualsiasi atto senza correre il rischio di peccare, secondo il
detto di San Paolo: Tutto è puro per i puri (Lettera a Tito 1,15). Alcuni
autori cattolici riportarono che essi, forti di questo convincimento, si
lasciavano andare soprattutto ad atti contro la morale, come atti sessuali
extra matrimoniali.
Se ne ha notizia già dalla metà del XII secolo, quando i F. vennero
identificati nei pifres, predicatori ascetici eterodossi, combattuti dal
monaco Eckbert di Schönau.
La dottrina del movimento fu, all'inizio del XIII secolo, fortemente
influenzata dal pensiero apocalittico di Gioacchino da Fiore e quello
neoplatonico e panteista di Amaury di Bène, e successivamente dal teologo e
mistico Ortlieb di Strasburgo, i cui seguaci, chiamati ortlibarii, vennero
condannati dal Papa Innocenzo III (1198-1216).
Ai F. si fanno risalire parentele più o meno strette con il movimento degli
apostolici di Gerardo Segalelli, fra Dolcino da Novara, i movimenti dei
begardi e delle beghine e il grande mistico tedesco Eckhart von Hocheim.
Nel XIV secolo, il capo dei F. italiani, Bentivegna da Gubbio, fu condannato
al carcere a vita nel 1307 proprio da Ubertino da Casale, diventato poi uno
dei leader storici del movimenti dei francescani spirituali o fraticelli.
In Francia, nello stesso periodo, fece notizia la condanna al rogo della
beghina, simpatizzante con i F., Margherita La Porète nel 1310.
Altri F. condannati al rogo furono Berthold Rohrbach a Spira (Germania) nel
1356, Johannes Hartmann-Spinner nel 1370 ca. e Nicola da Basilea a Vienna
nel 1395.
Il movimento fu definitivamente condannato da Papa Clemente V (1305-1314)
nella bolla Dilectus Domini del 1311.
Tuttavia, alla metà del XIV secolo, apparve una sua variante nel movimento
della Libera Intelligenza o Uomini di Intelligenza, al quale potrebbe aver
aderito, secondo una curiosa ipotesi dello studioso tedesco Wilhelm
Fraenger, il noto pittore fiammingo Hieronymus Bosch (1450-1516).


Blaurock (o Cajacob o vom Hause Jakob), Jörg (ca. 1491-1528)



Jörg vom Hause Jakob (Giorgio della casa di Jakob), oppure Cajacob, nacque a
Bonaduz, nel cantone Grigioni, nel 1491-92 e frequentò le scuole a Chur.
Dal 1513 studiò alla università di Lipsia, diventando successivamente
sacerdote. Iniziò la sua carriera ecclesiastica nel 1516 come vicario a
Trins, vicino a Chur, rimanendoci fino al 1519. Successivamente fu chiamato
ad operare nel convento di San Lucio, sempre nelle vicinanze di Chur, ma nel
1523 si convertì alle idee della Riforma, abbandonando il monastero, si
sposò e si recò nel 1525 a Zurigo, la città del riformatore Zwingli.
Il suo soprannome di Blau rock derivò da un abito azzurro o turchino, che
era solito portare, mentre altri lo chiamavano der starke Jörg (il forte
Giorgio), sia per la figura possente che per il carattere forte ed
aggressivo.
Durante il suo soggiorno a Zurigo B. fu conquistato alla causa degli
anabattisti da Conrad Grebel. Benché avesse studiato, gli autori riportano
che B. non fosse un uomo di grande cultura: Zwingli stesso lo disprezzava
come un ignorante e "folle". Tuttavia la sua eloquenza nelle prediche fu
molto preziosa alla causa anabattista.
Tra il 10 e 17 Gennaio 1525, in seguito ad una disputa pubblica, si pervenne
alla frattura insanabile tra anabattisti e i riformatori svizzeri nelle
persone di Zwingli e Johann Heinrich Bullinger. Il risultato della disputa
fu scontato: il Consiglio cittadino censurò la posizione del gruppo di
Grebel, ordinando il battesimo immediato di tutti i bambini entro otto
giorni dalla loro nascita.
Il 21 Gennaio 1525, sfidando il divieto delle autorità cittadine, 15
anabattisti si riunirono in casa di Felix Mantz, e presero la decisione di
procedere al proprio ribattesimo, cosa che fecero la notte stessa: B. si
inginocchiò davanti a Grebel e gli chiese di essere battezzato,
successivamente fu B. a ribattezzare gli altri.
In seguito gli anabattisti si trasferirono a Zollikon, un villaggio ad otto
chilometri da Zurigo, dove fondarono la comunità dei "Fratelli in Cristo",
ma poco dopo B., Mantz ed altri furono arrestati su ordine del consiglio
cittadino di Zurigo e incarcerati nella torre di Wellenberg a Zurigo. Il 24
Febbraio B. fu scarcerato e proseguì nella sua attività di proselitismo fino
all'Ottobre 1525, quando, avendo interrotto una funzione in una chiesa nel
villaggio di Hinwil, fu arrestato e tradotto, insieme a Grebel e Mantz, a
Zurigo. Qui si tenne, tra il 6 e l'8 Novembre 1525, un'ulteriore disputa tra
gli anabattisti e Zwingli, che, scontento per l'ostinata posizione degli
avversari, li fece condannare dal Consiglio, il 18 Novembre, a rimanere in
carcere.
Il 5 e 6 Marzo 1526, dopo quattro mesi di duro carcere, il Consiglio cercò
di fiaccare la resistenza degli arrestati (i tre sopramenzionati più altri
14 compagni) condannandoli al carcere a pane e acqua, finché essi non
avessero ritrattato, ma 15 giorni dopo, approfittando di una clamorosa
distrazione, gli anabattisti riuscirono ad evadere.
Tra il momento della sua fuga e la sua nuova cattura, B. trascorse il
periodo errando per la Svizzera e battezzando nuovi adepti, finché le
autorità di Zurigo lo catturarono il 3 Dicembre 1526, assieme a Mantz in una
foresta vicino a Grüningen.
Mantz fu messo a morte per annegamento il 5 Gennaio 1527, mentre B. fu
spogliato e frustato con delle verghe e in seguito espulso dal territorio
del cantone di Zurigo.
Continuando la sua missione attraverso Berna, Biel, nei Grigioni e ad
Appenzell, da dove venne espulso, B. pervenne alla decisione di continuare
la sua opera in un'altra nazione. Si recò quindi in Alto Adige nel Maggio
1529, predicando e ribattezzando nella zona tra Chiusa (Klausen) e Neumarkt,
assieme al compagno Hans Langegger, finché il 14 Agosto 1529 le autorità di
Guffidaun li arrestarono e torturarono spietatamente per avere informazioni
sulla reale consistenza del fenomeno anabattista in zona.
Il 6 Settembre 1529 B. e Langegger furono arsi sul rogo vicino a Klausen.
Così morì, dopo Grebel nel 1526 e Mantz nel 1527, il terzo dei capi storici
del movimento anabattista e purtroppo non l'ultimo di una tragica lista.


Ecolampadio (Heusegen o Hausschein), Johannes (1482-1531)



La gioventù
Johannes Heusegen nacque nel 1482 a Weinsberg, vicino a Heilbronn, in
Svevia, nella Germania meridionale da una stimata famiglia borghese
originaria di Basilea, ma sulla grafia del suo cognome i testi riportano una
grande varietà di scelte: Heusegen, Hussgen, Heussgen, Husegen, Husschyn,
Hausschein, Huszgen. Più avanti egli decise di adottare la versione
umanistica Ocolampadius (Ecolampadio), che altro non era che la traduzione
in Latino della fonetica haus schein, cioè luce della casa.
E. studiò a Weinsberg e Heilbronn, quindi alla facoltà di legge
dell'università di Bologna, che però lasciò nel 1499 per iscriversi
all'università di Heidelberg, dove studiò teologia e letteratura.
Nel 1510 fu ordinato sacerdote e ottenne il posto di predicatore nel suo
paese natale, tuttavia non abbandonò gli studi, frequentando le università
di Tübingen (dove conobbe Melantone), di Stoccarda, dove studiò greco
antico, e, nuovamente, di Heidelberg, dove studiò l'ebraico e conobbe
Johannes Brenz e Wolfgang Capito (1478-1541),


L'adesione alla Riforma
Nel 1515 E. divenne predicatore a Basilea e finalmente, nel 1518, dottore in
teologia. Abbandonò la città svizzera e, dopo un periodo di 16 mesi ad
Augsburg, dove simpatizzò con le idee luterane, entrò in un convento
dell'ordine brigidino ad Altomünster (vicino a Monaco) nell'Aprile 1520.
Qui, tuttavia, entrò ben presto in conflitto con i suoi confratelli, quando
espresse le sue varie idee concernenti lo studio approfondito delle Sacre
Scritture rispetto alla Tradizione, l'opposizione alla Confessione e alla
transustanziazione nell'Eucaristia. A causa della sua posizione, fu
costretto a lasciare il convento nel Febbraio 1522 e divenne per qualche
mese il cappellano nel castello di Ebernburg del cavaliere Franz von
Sickingen (1481-1523), difensore di molti riformisti e dissidenti, come
Johannes Reuchlin e Martin Bucero.
Nel Novembre dello stesso anno, E. rientrò a Basilea, dove, nell'Agosto
1523, difese pubblicamente la dottrina luterana della giustificazione per
fede. Si schierò sempre più decisamente per la Riforma, diventando un buon
amico di Ulrich Zwingli e utilizzando come cassa di risonanza il pulpito
della Chiesa di San Martino, dove era stato nominato pastore nel 1525.


I dibattiti pubblici
E., accompagnato da Berthold Haller, difese inoltre coraggiosamente le
posizioni riformiste nel dibattito di Baden (nel cantone Aargau) organizzato
dai cantoni cattolici (Uri, Schwyz e Unterwalden) nel 1526 con l'invito al
noto teologo cattolico Johann Eck (1486-1543), proprio quello della disputa
di Lipsia del 1519 con Carlostadio e Lutero. Era stato invitato, in realtà,
Zwingli, ma questi, temendo per la propria incolumità, decise di non
presenziare di persona. Vi si recò quindi, al suo posto, E., che difese la
causa protestante in condizioni ambientali difficilissimi: il cantone Aargau
era infatti una roccaforte cattolica. Ovviamente ambedue le parti
proclamarono la propria vittoria alla fine del dibattito.
Un altro dibattito che lo vide protagonista fu il Colloquio di Berna del
Giugno 1528, in seguito al quale la città di Basilea decise di schierarsi
ufficialmente con la Riforma. Lo stesso 1528 fu un importante anno per E.,
in quanto sposò la ventiseienne Willibrandis Rosenblatt, vedova del
riformatore Ludwig Keller (Cellarius). Il destino di Willibrandis fu
alquanto curioso: infatti nel corso della sua vita essa sposò ben 4
riformatori: Keller, E., Wolfgang Capito e Martin Bucero!
Un acuto momento di crisi per la Riforma protestante fu la diatriba nel 1529
tra Zwingli e Lutero riguardante il Sacramento della Comunione:
Per Lutero, nella Comunione, grazia all'onnipotenza di Nostro Signore, vi
era la reale e sostanziale presenza del corpo e sangue di Cristo nel pane e
vino, che tutti i comunicandi ricevevano, che fossero degni o indegni,
credenti o miscredenti.
Per Z., invece, la Cena del Signore era solo una solenne commemorazione
della morte di Cristo, la sua presenza spirituale: egli rifiutava la
presenza reale del corpo e sangue, in quanto a) Gesù era asceso al cielo, b)
un corpo non poteva essere presente in più di un posto alla volta (in cielo
e nell'ostia) e c) due sostanze (il pane e il Corpo di Cristo) non potevano
occupare lo stesso spazio nello stesso momento.
Per cercare di dirimere questa polemica ed arrivare ad un accordo, prezioso
da un punto di vista politico per fare quadrato contro il Papa e
l'Imperatore, il Langravio Filippo di Hesse (Assia) (1504-1567) convocò una
riunione tra i tedeschi Lutero e Melantone e gli svizzeri Zwingli e E. nel
suo castello di Marburg.
La riunione ebbe inizio il 1 Ottobre 1529 con dei colloqui vis-a vis tra
Zwingli e il tranquillo Melantone, e tra Lutero ed il tollerante E.: il
saggio Langravio voleva ovviamente evitare uno scontro diretto tra le due
teste calde, Zwingli e Lutero.
Nonostante la redazione dei cosiddetti Articoli di Marburg alla fine dei
colloqui, il 3 Ottobre, l'incontro, apparentemente un buon compromesso, fu
sostanzialmente un fallimento, non soltanto dal punto di vista teologico
(non si arrivò ad un accordo sulla presenza corporale di Cristo nella
Comunione), ma anche per l'antipatia a pelle che i due capiscuola provavano
l'uno per l'altro. Lutero, a proposito della diatriba Sangue di
Cristo/semplice vino, dichiarò, molto poco diplomaticamente, che avrebbe
preferito bere sangue con il papa, piuttosto che il "semplice vino" con lo
svizzero Zwingli.


Gli ultimi anni
Nel 1530 E. incontrò i due "barba" (predicatori itineranti) valdesi, G.
Morel e P. Masson, che erano stati inviati presso i riformisti svizzeri
(incontrarono anche Bucero e Farel) per confrontarsi sulle rispettive
dottrine. Il riformatore di Basilea ebbe un ruolo rilevante nel convincere i
due a fare pressione sui propri confratelli per l'adesione, avvenuta poi nel
1532, dei valdesi stessi alla Riforma.
Nel 1531 egli conobbe il giovane antitrinitarista Michele Serveto, che E.
inutilmente tentò di convincere, con le maniere pacifiche, ad accettare la
dottrina della Trinità. Non così tanta tolleranza Serveto riscontrò in
Calvino, il quale lo fece bruciare sul rogo nel 1553 a Ginevra.
Nello stesso 1531 la salute, sempre malferma, di E. peggiorò sensibilmente
in seguito alle notizie della tragica morte, avvenuta l'11 Ottobre, nella
battaglia di Kappel dell'amico Zwingli. Il riformatore di Basilea
sopravvisse meno di due mesi all'amico e morì, all'età di soli 49 anni, il
24 Novembre 1531.


Butzer (Bucero), Martin (1491-1551)



Martin Kuhhorn o Butzer (nome umanistico Bucero) nacque a Schlettstadt
(Sélestat) in Alsazia l'11 Novembre 1491.
Dopo aver ricevuto una prima educazione di base alla scuola di latino della
sua città, B., all'età di quindici anni (nel 1506) entrò nell'ordine
domenicano, dove proseguì gli studi diventando prete. Successivamente fu
inviato all'università di Heidelberg dove si iscrisse alla facoltà di
teologia nel 1517.
L'anno seguente (1518) durante un incontro dell'ordine agostiniano, B. ebbe
l'opportunità di ascoltare Martin Lutero, che esponeva la propria dottrina e
ne fu talmente conquistato che nel 1521 chiese al Papa Leone X (1513-1521),
ed ottenne, la dispensa dai voti monastici.
Sempre nel 1521 B. si trasferì a Magonza (Mainz), diventando cappellano di
corte del principe elettore del Palatinato, Luigi V, detto il Pacifico
(1508-1544), ma già l'anno dopo fu nominato pastore a Landstuhl, vicino a
Kaiserslauten: qui si sposò con l'ex suora Elizabeth Silbereisen.
Tuttavia a causa della sua intensa attività di predicazione riformista, egli
fu scomunicato e trovò un primo rifugio nel castello di Weissenburg
(Wissembourg), in bassa Alsazia, di proprietà del cavaliere Franz von
Sickingen (1481-1523), difensore di molti riformisti e dissidenti, come
Johannes Reuchlin e Johannes Ecolampadio.
Successivamente, nel 1523, B. si trasferì a Strasburgo, dove la Riforma era
stata da poco introdotta con successo dal predicatore Mathias Zell
(1477-1548), nonostante diversi tentativi di assassinarlo.
A Strasburgo B. lavorò per venticinque anni come principale predicatore
della città, collaborando con gli altri noti riformisti, come il già citato
Zell, Wolfgang Capito (1478-1541) e Caspar Hedio (1491-1552). Egli si attivò
anche per una riforma della vita non solo ecclesiastica, ma anche sociale
della città, ed in questo fu sorretto da Jacob Strum (m. 1553), che divenne,
a livello del consiglio cittadino, il più accesso sostenitore della causa
protestante.
Nel 1527 B. pubblicò un libro di teologia, che influenzò notevolmente
Calvino, con il quale aveva in comune le stesse idee sulla predestinazione e
sul ruolo dello Spirito Santo.
Nel Giugno 1528 si tenne a Berna i cosiddetti Colloqui, con una massiccia e
qualificata partecipazione protestante svizzera (Zwingli, Berthold Haller,
Ecolampadio, Franz Kolb, Capito e B. stesso), alla quale i cattolici
contrapposero una delegazione non di grande rilievo, scelta dettata da una
serie di rifiuti alla partecipazione da parte degli ecclesiastici e dei
teologi cattolici più noti, come ad esempio Eck. Il risultato fu una
scontata vittoria dei riformatori e la redazione, a cura di Haller, delle
dieci tesi di Berna.
Come pensiero riformatore, B. aderì alla corrente zwingliana, ma ciò non gli
impedì, in varie occasioni, di cercare di agire come mediatore tra le
posizioni svizzere e quelle tedesche luterane. B. fu infatti uno degli
artefici dei colloqui di Marburg del 1529 tra Lutero e Zwingli per dirimere
la questione dei valore attribuito al sacramento dell'Eucaristia, pur
conclusisi con un nulla di fatto.
Nell'anno successivo, 1530, egli fu uno dei protagonisti della prima dieta
di Augusta, dove, assieme ai riformisti delle città di Costanza, di
Memmingen e di Lindau, presentò la Confessio Tetrapolitana (cioè, per
l'appunto, delle quattro città). La riunione si concluse con la
conciliatoria Confessio Augustana, tracciata da Philipp Melantone, che
tuttavia B. non accettò.
Ciò nonostante, la pace, almeno formale e di breve durata, tra Lutero e
Zwingli avvenne nel 1536 alla Concordia di Wittenberg, dove perlomeno si
ottenne un accordo, per quanto concerne l'Eucaristia, tra i luterani
tedeschi del nord e i riformatori della Germania del sud, capitanati da B.
stesso. Alla stesura dei cosiddetti Capitoli di Concordia, B. fu aiutato dal
riformatore italiano Bartolomeo Fonzio, un suo fedele collaboratore.
Dal 1538 al 1541, B. ebbe la possibilità di confrontarsi con Calvino, che
risiedeva a Strasburgo, dopo essere stato mandato in esilio da Ginevra.
Nel 1540, B. fu purtroppo protagonista, assieme a Lutero e Melantone,
dell'assenso alla bigamia del Langravio Filippo di Assia (Hesse)(1504-1567),
fatto che provocò un grave scandalo.
L'anno successivo (1541) la moglie Elizabeth Silbereisen morì di peste e B.
sposò la trentanovenne Willibrandis Rosenblatt, precedentemente vedova di
ben 3 riformatori: Ludwig Keller (Cellarius), Johann Ecolampadio e Wolfgang
Capito! Willibrandis gli diede 3 figli.
Negli anni successivi, B. partecipò a diverse conferenze tra cattolici e
protestanti (Hagenau 1540 e Regensburg 1541) e tentò inutilmente, nel 1542,
assieme a Melantone, di portare la Riforma a Colonia (Köln).
Nel 1548 B. respinse l'interim di Augusta, la formula dottrinale provvisoria
fra protestanti e cattolici in attesa delle risultanze del Concilio di
Trento. In seguito a ciò, dovette lasciare Strasburgo: diversi riformatori
come Calvino e Melantone gli offrirono ospitalità, ma egli decise di
accettare l'offerta dell'arcivescovo di Canterbury, Thomas Cranmer di
stabilirsi in Inghilterra, dove si recò nel 1549.
Qui B. fu altamente apprezzato sia da Cranmer che dal re Edoardo VI
(1547-1553) e finì i suoi giorni come professore di teologia a Cambridge,
dove lavorò alla sua opera De regno Christi e contribuì alla stesura del
Book of Common Prayer (il fondamentale libro delle funzioni religiose
anglicane).
B. morì il 28 Febbraio 1551 a Cambridge, ma non ebbe vita tranquilla,
neanche da morto: infatti nel 1556, sotto il regno della regina Maria Tudor
la Cattolica (detta la Sanguinaria) (1553-1558), la sua tomba fu distrutta e
le sue ossa bruciate sul rogo.
Toccò alla sorellastra di Maria, la regina Elisabetta I (1558-1603) di far
restaurare la tomba di B. con tutti gli onori dovuti.
B. fu, dopo Lutero e Melantone, il più influente dei riformatori tedeschi,
presso i quali si distinse nel tentativo di conciliare posizioni spesso non
coincidenti. Si può inoltre attribuire a B. il ruolo di ponte tra la Riforma
tedesca e quella inglese, che lui poté influenzare negli ultimi anni della
sua vita.



Turrettini, famiglia (XVI e XVII secolo)



Famiglia di riformatori esuli lucchesi (per la particolare situazione di
Lucca nel XVI secolo, vedi Burlamacchi) del XVI e XVII secolo, di cui si
ricordano:


1) Turrettini, Francesco (1547-1628)
Figlio del gonfaloniere (capo magistrato) Regolo, Francesco Turrettini, nato
a Lucca il 5 maggio 1547, fu il primo della famiglia a convertirsi alla
Riforma. In seguito a questa decisione, F. si trasferì all'estero, a Lione,
Ginevra (dal 1574 al 1579, e dove lo raggiunse la notizia della sua condanna
come eretico e relativa confisca dei suoi beni, pronunciata a Lucca il 28
febbraio 1578), Anversa (dal 1579 al 1585), Francoforte, Basilea e Zurigo
(dove si rifece una fortuna nel commercio della seta e sposò nel 1587
Camilla Burlamacchi, figlia di Michele), per stabilirsi definitivamente a
Ginevra nel 1592. Nel 1627 venne accettato come cittadino di Ginevra ed
eletto come membro dei Duecento e del Consiglio dei Quaranta. Assieme a
Pompeo Diodati, Orazio Micheli (n. 1553), Fabrizio Burlamacchi e Cesare
Balbani, F. creò il cartello dei commercianti di seta ginevrini, denominato
La Grande Boutique.
Morì nel 1628, alla vigilia di una grave crisi economica, che segnò il
declino dell'industria della seta, quindi la fortuna dei Turrettini, che
comunque sfornò da quel momento non più capaci mercanti, bensì ottimi
teologi riformati.


2) Turrettini, Bénédict (1588-1631)
Figlio primogenito di Francesco, Bénédict (Benedetto) Turrettini, nato a
Zurigo l'8 novembre 1588, era un apprezzato pastore riformato e dal 1612
professore di teologia. Nel 1620 fu delegato a partecipare al sinodo di
Ales, dove sostenne le ragioni di Franz Gomar contro Jacob Arminio e dove
furono introdotte in Francia le decisioni del sinodo di Dordrecht (tuttavia
negli ultimi anni della sua vita eglifu abbastanza tollerante verso gli
arminiani). Ebbe sei figli, di cui il terzogenito fu Francesco (o François).
Morì a Ginevra il 4 marzo 1631.


3) Turrettini, Francesco (o François) (1623-1687)
Il più famoso della famiglia Turrettini, Francesco (o François), terzogenito
di Bénédict, nacque il 17 ottobre 1623 a Ginevra, dove studiò all'accademia
sotto la direzione di Giovanni Diodati, Friedrich Spanheim (1600-1649),
Alexandre Morus (1578-1651) e Theodore Tronchin (1582-1657).
In seguito viaggiò per motivi di studio a Utrecht, Parigi [dove ebbe come
maestri Pierre Gassendi (1592-1655) e David Blondel], Saumur, Montaubon e
Nimes. A Saumur egli fu coinvolto in una disputa teologica con il teologo
Moise Amyraut, fautore dell'universalismo ipotetico o condizionale (la
volontà, cioè, di Dio di salvare tutti a condizione che essi avessero
creduto) contrapposto al concetto calvinista ortodosso della predestinazione
degli eletti.
F. ritornò nel 1648 a Ginevra e fu nominato pastore della locale comunità
italiana, mentre nel 1650 egli rifiutò la nomina alla cattedra di filosofia
dell'accademia di Ginevra, e nel 1652 si recò a Leida come pastore della
città, dopo la morte di Aaron Morus (1624-1652).
Richiamato indietro a Ginevra a furor di popolo nel 1653 fu nominato
successore (nel 1657) di Theodore Tronchin come professore di teologia
all'accademia, dove, nella sua attività educatrice, osservò una rigorosa
ortodossia riformata, lottando contro divagazioni arministe o sociniane.
F. fu incaricato diverse volte di svolgere missioni all'estero a favore
della repubblica di Ginevra, come nel 1661-62 quando, per cercare fondi
necessari alla fortificazione delle mura della città svizzera, si recò
presso gli Stati Generali in Olanda. Qui fu invitato a stabilirsi, ma
rifiutò per ritornare a svolgere un'attività di intermediazione a Ginevra,
dove l'arminista Louis Trochin (1629-1705) (il figlio di Theodore) stava
contestando la crescente intransigenza della Venerabile Compagnia dei
Pastori.
Nel 1669 F. si sposò con Isabelle de Masse e dal matrimonio nacquero 4
figli, di cui sopravvisse solo l'ultimo, Jean Alphonse.
Nel 1675 F. fu autore, assieme a Johann Heinrich Heidegger (1633-1698) di
Zurigo, Lukas Gernler (1625-1676) di Basilea ed ad altri riformatori, della
Formula consensus Ecclesiarum Helveticarum Reformatarum, la confessione di
fede calvinista, risposta ortodossa all'amyraldismo e che, dal 1679, i
pastori e i professori dell'accademia ginevrina dovevano obbligatoriamente
sottoscrivere.
Gli ultimi anni della sua vita furono amareggiati dalle notizie delle
persecuzioni dei valdesi da parte dei Duchi di Savoia [Vittorio Amedeo II di
Savoia (1675-1732) emise nel 1686 un editto, che stabiliva l'espulsione o la
conversione forzata dei protestanti piemontesi] e degli ugonotti in Francia,
dopo la revoca nel 1685 dell'editto di Nantes.
F. morì a Ginevra il 28 settembre 1687.
La sua attività letteraria comprende la monumentale opera principale
Institutio Theologiae Elencticae (1679-82), diversi sermoni (1674), i studi
sulla Giustificazione di Cristo (1666), il trattato I papisti e le
rivendicazioni dei riformati (1664).


4) Turrettini, Jean Alphonse (1671-1737)
L'unico figlio sopravvissuto di François, Jean Alphonse nacque a Ginevra il
13 agosto 1671 e studiò con il teologo arminista Louis Trochin, il filosofo
cartesiano Jean Robert Chouet (1642-1731) e gli storici Friedrich Spanheim e
Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704).
Conclusi brillantemente i suoi studi nel 1691, egli fece un viaggio di studi
in Olanda, in Inghilterra a Cambridge, conoscendo, fra gli altri, Isaac
Newton (1642-1727), e in Francia, dove venne influenzato dalle idee di
Nicholas Malebranche (1638-1715).
Ritornato a Ginevra per motivi di salute, nel 1693, all'età di 22 anni entrò
a far parte della Venerabile Compagnia dei Pastori e nel 1697 accettò
l'offerta di un professorato di Storia Ecclesiastica e successivamente, nel
1705, quella di docente di Teologia.
Il suo nome fu legato al periodo di liberalizzazione della disciplina
ecclesiastica calvinista (fu uno dei principali artefici nell'abolizione nel
1706 del Consensus Helveticus, tanto voluto da suo padre), all'apertura
dell'accademia ginevrina a materie non ecclesiastiche, come la matematica, e
alle variazioni introdotte nella liturgia rigidamente riferita agli
insegnamenti di Calvino. Fu uno dei più grandi pensatori irenici calvinisti
dell'epoca e i suoi sforzi, che ricordavano un po' quelli del teologo
luterano Georg Callisen (Calixtus), per una riunificazione con le altre
anime del protestantesimo (luteranesimo e anglicanesimo) interessarono
personaggi come il re di Prussia, Federico I (1701-1713), il filosofo
Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) e l'arcivescovo anglicano di
Canterbury William Wake (1657-1737).
Nella sua opera più famosa, la Nubes testium pro moderato et pacifico de
rebus theologicis judicio, et instituenda inter Protestantes concordia del
1719, egli cercò di distinguere fra dottrine fondamentali e sostanziali e
insegnamenti protestanti non essenziali: solo i primi, punti fondamentali
della fede, erano veramente necessari, per il resto era possibile trovare un
accordo a patto che si ricorresse di più alla tolleranza ed al dialogo con
le altre confessioni.
J. morì a Ginevra il 1 maggio 1737.


Dàvid, Ferenc (1510-1579) e Chiesa Unitariana di Transilvania



La gioventù
Ferenc Dàvid nacque nel 1510 circa a Kolozsvár (in romeno Cluj e in tedesco
Klausenburg), l'allora capitale ufficiosa del principato di Transilvania, da
una famiglia borghese probabilmente di origine sassone. 35 anni più tardi,
proprio in Kolozsvár fu pubblicata per la prima volta la traduzione completa
della Bibbia in ungherese a cura di Gaspar Heltai (m.1574), punto
fondamentale per lo sviluppo della Riforma nel paese.
Il giovane D. studiò alla scuola dei frati francescani di Kolozsvár, ed in
seguito si recò alla scuola della cattedrale di Gyulafehérvár (Alba Julia),
dove fu particolarmente brillante negli studi e dove fu impiegato al
servizio della chiesa per un breve periodo.
Egli finì i suoi studi in università estere, prima a Wittenberg poi a Padova
e finalmente nel 1551 rientrò in Ungheria per trovare una situazione
politica molto seria.


Situazione politica dell'Ungheria nel XVI secolo
Infatti, dopo la disfatta degli ungheresi contro i turchi a Mohacs nel 1526,
il paese magiaro era stato spartito nel 1533 in tre zone: la parte
principale all'impero ottomano, una striscia a nord-ovest agli Asburgo e la
parte orientale alla Transilvania del voivoda (poi principe) Giovanni I
Zapolya (1529-1540), che si era proclamato re d'Ungheria nonostante
l'opposizione degli Asburgo. A Giovanni I era succeduto il figlio minorenne
Giovanni II Sigismondo Zapolya (1541-1571, eccetto il periodo 1551-1556
quando il trono venne reclamato da Ferdinando d'Asburgo), ma, a causa della
sua giovanissima età, il suo regno venne governato fino al 1559 dalla
reggente, la madre Isabella (figlia di Sigismondo I Iagellone di Polonia e
di Bona Sforza) e la sua corte era posta a Gyulafehérvár.


Dàvid luterano
Tornando a D., dapprima egli si stabilì nel nord dell'Ungheria
(corrispondente all'attuale Slovacchia) diventando rettore della scuola
cattolica di Besztercze e successivamente parroco in una cittadina della
zona, ma verso il 1554, D. si accostò alle dottrine luterane e fu nominato
pastore nella sua città natale, Kolozsvár, e solo l'anno dopo, grazie alla
sua notevole popolarità, diventò rettore della scuola luterana nel 1555 e
pastore capo nell'anno successivo.
Nel 1557 arrivò al vertice della sua carriera luterana, quando fu
considerato capo della Riforma in Transilvania e sovrintendente dei luterani
ungheresi.
Egli incontrò in vari dibattiti pubblici il modalista Francesco Stancaro ed
esponenti del calvinismo locale, da cui ne uscì vincitore, ma fu un momento
di riflessione sulle proprie convinzioni religiose.


Dàvid calvinista
Infatti poco dopo entrò in crisi dopo aver riflettuto sulla visione
calvinista della Cena del Signore e fu convertito nel 1559 alla fede
riformata da Peter Juhász (nome umanistico Melius)(ca. 1536-1572) . Fu per
questo espulso dalla Chiesa luterana nel 1560, sebbene cercò di evitare,
purtroppo inutilmente, la spaccatura tra le due principali anime della
Riforma ungherese, il che avvenne irreparabilmente nel 1564.
Sempre nel 1564 D. fu eletto vescovo della Chiesa Riformata di Transilvania,
una delle poche chiese calviniste con un sistema episcopale, e divenne
cappellano personale del re Giovanni II Sigismondo.


Dàvid antitrinitriano
Nel frattempo, nel 1562, era giunto a Gyulafehérvár (Alba Julia),
proveniente dalla Polonia, il medico italiano e dissidente religioso Giorgio
Biandrata, che divenne amico di D. e gli fece leggere una copia della famosa
Christianismi restitutio (La restaurazione del Cristianesimo) di Miguel
Serveto, introducendolo all'antitrinitarismo o unitarismo.
La conversione di D. alla nuova fede fu evidente nel 1566, quando egli fece
rimuovere un professore della scuola di Kolozsvár per aver osato insegnare
la dottrina della Trinità: ma il docente licenziato, assieme al calvinista
Melius, chiese ed ottenne dal re la convocazione di un sinodo nazionale a
Gyulafehérvár, che si svolse nello stesso 1566 per essere poi aggiornato in
una nuova sede, a Torda (sempre in Transilvania).
Il sinodo risultò poi un trionfo per gli unitariani: D. e Biandrata poterono
battere così la concorrenza di Melius, che si consolò con la conferma, al
sinodo di Debrecen, della ortodossia calvinista nella rimanente parte
dell'Ungheria.
Nel frattempo Biandrata fece pubblicare il libro di D. De vera et falsa
unius Dei, Filii et Spiritus Sanctii cognitione (Della falsa e vera
conoscenza dell'unità di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo), nel quale il
riformatore transilvano ridicolizzava la dottrina della Trinità e perorava
la causa della tolleranza religiosa per tutte le fedi.
Questo discorso venne poi ripreso durante la Dieta di Torda nel gennaio
1568, dove  Giovanni II Sigismondo riconobbe la piena libertà a tutte le
confessioni religiose: fu la prima dichiarazione, al mondo, di tolleranza
religiosa mai pronunciata da un regnante.
Oltre a questo, il re aderì apertamente all'unitarismo con molti nobili
della corte e D. divenne il capo della Chiesa Unitariana di Transilvania.
Nel 1570 D. entrò in contatto, e ne fu influenzato, con lo studioso
italo-greco Giacomo Paleologo e il suo discepolo locale, il rettore del
ginnasio di Kolozsvár, János Sommer (1540-1574). Paleologo polemizzava con
un altro famoso antitrinitariano, Fausto Sozzini, a riguardo della figura di
Gesù Cristo, che, per il Sozzini, era un vero uomo crocefisso, il cui
compito era di rivelare Dio agli uomini, permettendo loro di raggiungere
così la salvezza, seguendo il Suo esempio. Il Paleologo, invece, negava il
ruolo di guida del Cristo, per i fedeli verso la salvezza, e rifiutava,
conseguentemente, ogni forma di adorazione di Gesù Cristo. Per questo, il
Paleologo e i suoi seguaci, tra cui si associò anche D., vennero denominati
antitrinitariani non-adoranti in contrapposizione al pensiero sociniano di
tipo adorante. Alla corrente non-adorante aderì anche l'ex vescovo cattolico
e ambasciatore (di madre italiana) Andrea Dudith-Sbardellati.
Purtroppo il momento magico per D. finì solo tre anni dopo, nel 1571 con la
morte a soli 31 anni di Giovanni II Sigismondo e la salita al trono del
cattolico Stefano I Báthory (1571-1586), divenuto in seguito anche re di
Polonia dal 1576 al 1586.
Stefano I Báthory tolse a D. l'incarico di cappellano personale del re e gli
impedì di pubblicare altri scritti: fu un momento molto amaro per D., che
oltretutto, pochi anni dopo, entrò in conflitto sia con Sozzini, che con
l'ex amico Biandrata, per la sopramenzionata polemica tra adoranti e
non-adoranti.
Dopo essere stato accusato di blasfemia da parte di Biandrata nell'aprile
1579, fu fatto arrestare in giugno e imprigionare nella fortezza di Déva
dove, a causa del clima rigido e del fisico debilitato, D.  morì il 15
novembre dello stesso anno.
La Chiesa Unitariana di Transilvania, fondata da D., pur attraverso mille
traversie, spietate persecuzioni da parte degli Asburgo cattolici e
spedizioni punitive da parte di fanatici rumeni ortodossi, esiste ancora
oggi formata da 125 chiese, sebbene divisa dal 1918 in un troncone ungherese
(di circa 70/80.000 fedeli) ed uno rumeno.


Helwys (o Elwes o Helwisse o Helwas) Thomas (ca. 1550- ca.1616) e la Chiesa
Battista Generale



Le notizie su Thomas Helwys (il cognome viene riferito anche come Elwes,
Helwisse o Helwas) sono molto scarse: egli nacque da una famiglia di
proprietari terreni (il padre si chiamava William Helwys) a Broxtowe Hall,
nella contea inglese del Nottinghamshire, nel 1550 circa, e ricevette una
buona educazione al collegio Gray's Inn, a Londra.
Non sono note altre informazioni fino al 1606, quando H. decise di aderire
ad una congregazione separatista, fondata da John Smyth e John Robinson,
nella valle del fiume Trent, alla confluenza delle contee del Lincolnshire,
Yorkshire e Nottinghamshire. Facevano parte del gruppo William Brewster,
Richard Clifton, Hugh Bromhead, e William Bradford (1590-1657). Quest'ultimo
sarebbe in seguito diventato il governatore della colonia dei Padri
Pellegrini a Plymouth nel Massachusetts.
A causa di divergenze interne (contrariamente a Robinson, Smyth voleva
tagliare ogni forma di amicizia con i puritani rimasti nell'ambito della
Chiesa Anglicana), il gruppo si spezzò in due tronconi, anche per motivi
geografici: H., Clifton e Bromhead rimasero con Smythe a Gainsborough (nella
contea del Lincolnshire), mentre gli altri, che vivevano vicino a Scrooby
(nella contea del Nottinghamshire), scelsero Robinson come loro capo.
Comunque ambedue i gruppi decisero di emigrare in Olanda nel 1608, Robinson
a Leida e Smyth ad Amsterdam.
Ad Amsterdam Smyth rincontrò il suo ex collega d'università Francis Johnson
(1562-1618), che aveva fondato una chiesa separatista in esilio, dopo aver
scontato quattro anni di prigione, fino al 1596, per aver stabilito
precedentemente una simile chiesa a Londra.
Smyth litigò ben presto con Johnson per una serie di ragioni, ma soprattutto
a causa del rifiuto di Smyth verso il battesimo dei bambini, un punto
piuttosto originale per una chiesa protestante inglese. Ciò era inizialmente
derivato dal rifiuto di tutto quello che veniva celebrato dalla Chiesa
Anglicana, incluso il battesimo infantile e poi, secondo Smyth, era
fondamentale credere per poter essere battezzati, una condizione
evidentemente impossibile per bambini neonati. Ma questa presa di posizione,
a quel tempo, suscitò scalpore perché faceva immediatamente venire alla
mente gli anabattisti e le atrocità della dittatura di Münster del 1534-36,
che avevano provocato tanti lutti e dolori in molte famiglie olandesi.
Comunque Smyth, H. e i loro seguaci decisero ugualmente di fondare una
seconda chiesa congregazionalista o separatista in Olanda nel 1609 e di
ribattezzarsi: dapprima Smyth battezzò se stesso, poi battezzò H. e gli
altri. Questo gesto di se-battesimo, come fu chiamato l'auto-battesimo di
Smyth, fu aspramente criticato da Clifton, alle cui obiezioni Smyth rispose
cercando l'adesione ad uno dei rami più importanti dell'anabattismo
mennonita olandese: quello dei waterlanders di Hans De Ries.
Tuttavia questa subitanea decisione fu contestata da H., il quale, non
volendo assimilare in toto la dottrina dei mennoniti, abbandonò la chiesa di
S., fondandone una nuova, sempre di tipo congregazionalista, denominata
successivamente Chiesa dei Battisti Generali, che scomunicò Smyth e tagliò
ogni relazione con lui entro il 1611.
Nello stesso anno H. espose le proprie idee nella sua Declaration of Faith
(dichiarazione di fede), accettando il convincimento di tipo calvinista che
i credenti fossero predestinati alla salvezza, ma respinse, d'altra parte,
che i peccatori fossero destinati alla dannazione: Dio avrebbe salvato
chiunque avesse accettato la Grazia da Lui donata agli uomini per essere da
loro, secondo il libero arbitrio, recepita o respinta.
Questa tesi non era farina del sacco di H., bensì proveniva dalle dottrine
del noto teologo calvinista Jakob Hermanzoon, detto Arminio, pubblicate nel
1610, ed in seguito condannate nel sinodo calvinista di Dort del 1618-19.
Inoltre, contrariamente a Smyth, H. accettò il dogma del peccato originale,
pur mantenendo la pratica del battesimo degli adulti (per immersione).
Infine H. prese le distanze dai mennoniti, respingendo la loro idea che i
cristiani non dovessero mai giurare o ricoprire ruoli nella magistratura.
L'anno successivo, H. decise, con un atto molto coraggioso (secondo H. era
meglio perdere la vita per Cristo nel proprio paese che fuggire per le
persecuzioni), di far rientrare in Inghilterra il proprio gruppo nel 1612 e
stabilirsi, nel vecchio ospedale di Spitafield, un quartiere nella parte
orientale di Londra.
Nel 1612 H. pubblicò il suo scritto A short declaration of the Mistery of
Iniquity (una breve dichiarazione sul mistero dell'iniquità), mandandone una
copia al re Giacomo I (1567-1625) in persona.
In questo scritto H. attaccò temerariamente la monarchia, che non doveva
imporre leggi in spregio delle coscienze dei sudditi, poiché, come lui
stesso scrisse, Il re è un uomo mortale, e non Dio, e perciò non ha alcun
potere di fare leggi e ordinanze per le anime mortali dei suoi sudditi e
imporre dei capi spirituali sopra di essi.
Il credo di H. prevedeva la massima tolleranza, anche per eretici, turchi,
ebrei o chiunque altro, ma il re Giacomo I non era dello stesso avviso e
fece perseguitare la chiesa di H.
Lo stesso fondatore venne imprigionato nel 1613, assieme all'altro leader
John Murton (1585-ca.1626), nel carcere di Newgate, dove morì probabilmente
entro il 1616.


Benché oggigiorno gli studiosi di storia delle religioni propendono per una
presenza di battisti sul territorio inglesi anche prima della Chiesa dei
Battisti Generali di H., quest'ultima, nondimeno, viene accettata come la
prima organizzazione battista operante in Inghilterra.
Negli anni successivi la morte di H., i suoi seguaci, denominati, come
detto, battisti generali, si distingueranno, per il rifiuto di compromessi
con la Chiesa Anglicana, dal movimento dei battisti particolari [nato da una
scissione della congregazione Jacob-Lathrop-Jessey fondata nel 1616 da Henry
Jacob (1553-1624)] che invece cercarono di mantenere qualche forma di
contatto con l'establishment anglicano.
Il futuro fu meno roseo per i battisti generali, che declinarono man mano
venendo entro il XVIII e XIX secolo riassorbiti dai metodisti o dagli
unitariani (quest'ultima fusione avvenne nel 1815), mentre dai battisti
particolari discendono le chiese battiste attualmente esistenti, molto
diffuse soprattutto in Stati Uniti.


Kuhlmann, Quirinus (1651-1689) e Gesueliti



Premessa
Alla morte di Jacob Boehme, i suoi seguaci, detti behmenisti, si diffusero
ovviamente in Germania, dove l'eredità spirituale di Boehme fu raccolta da
Abraham von Franckenberg (1593-1652) e dal discepolo di questi, il luterano
Johannes Schleffer (1624-1677), convinto quest'ultimo che il misticismo di
Boehme potesse abbattere le barriere esistenti tra le varie confessioni
religiose. Perseguitato dalle autorità luterane, Schleffer negli ultimi anni
si convertì al Cattolicesimo e scrisse alcune opere con lo pseudonimo di
Angelo Silesio.
Il discepolo più noto di Schleffer fu Quirinus Kuhlmann.


La vita
Il poeta mistico Quirinus Kuhlmann nacque a Breslavia il 25 febbraio 1651 da
una famiglia luterana. Dopo aver studiato presso il locale ginnasio, K.
scrisse tra il 1668 ed il 1670 svariati libri di poesie.
Nel 1670 K. fu inviato a Jena per studiare giurisprudenza all'università, e
qui ricevette attestati di stima nei suoi confronti, anche per la sua
originalissima maniera di concepire la poesia: infatti la sua Himmlische
Liebes-küsse (Baci d'amore divino) del 1671 fu una forma eccentrica di
sonetto, ottenuto utilizzando un automa meccanico, in cui le parole
intercambiabili tra loro generavano una serie di combinazioni esprimibile da
un numero a 117 cifre!
Nonostante la fama, K. decise di abbandonare l'ateneo tedesco per recarsi
nel 1673 in Olanda all'università di Leida. Qui conobbe Schleffer, che lo
introdusse alle opere di Boehme e questo fu l'ispirazione per uno dei suoi
lavori più famosi, il Neubegeisterten Böhme (i nuovi entusiasti di Boehme),
che lo rese popolare nell'ambiente dei mistici cristiani.
Nello stesso periodo, K. scrisse un'apologia dei Rosacroce, affermando che i
contenuti della Fama Fraternitas (il testo base rosacrociano) erano in
accordo con la Bibbia, e che la Sesta Era, ancora da venire, sarebbe stato
chiamata l'Era Rosacrociana. K. desiderava accelerare l'avvento di questa
nuova era e per questo fondò una confraternita denominata dei Gesueliti.
Tra il 1674 ed il 1677 K. visse, in giro per l'Europa, ad Amsterdam,
Groningen, Lubecca, Amburgo, in Inghilterra ed in Francia. Fermamente
convinto, come il suo maestro, che l'insegnamento potesse unire le
confessioni religiose, K. si recò in Medio Oriente per cercare di convertire
alla Cristianità, ovviamente senza successo, il Sultano turco [probabilmente
Maometto IV (1648-1687), o suo fratello Solimano III (1687-1691)].
Ma il passo fatale lo fece poco dopo in Russia: K. fu invitato a Mosca
nell'aprile 1689 dai circoli behmenisti, fondati dal mercante tedesco Konrad
Nordemann (m. 1689) e dal pittore Otto Henin (m. 1689). Qui K. non fece
troppo mistero sui suoi sogni millenaristici (la Russia doveva essere il
luogo dove realizzare l'Era Rosacrociana) e inviò diversi petizione al
reggente e futuro zar Pietro I, detto il Grande [come reggente di Ivan V:
1682-1696, come zar (poi imperatore): 1696-1725].
Ma le idee millenaristiche di K. e soci richiamarono l'attenzione del
pastore protestante di Mosca Meinecke, che li denunciò alle autorità. Si può
legittimamente supporre che dette idee non piacessero neppure al Patriarca
di Mosca Yakimovich (1674-1690) e alle autorità ecclesiastiche ortodosse,
già alle prese a reprimere tentativi di scissioni interne (nel 1682
l'arciprete dissidente Avvakum era stato bruciato sul rogo).
Quindi nello stesso 1689, K., Nordemann e Henin furono catturati a Mosca e
processati. Henin non resistette alle torture in carcere e si suicidò,
mentre K. e Nordemann furono condannati a morte per eresia. La sentenza fu
eseguita il 4 ottobre 1689: i due furono rinchiusi in una gabbia di legno
assieme a tutti gli scritti di K., considerati eretici, e bruciati vivi sul
rogo.


Curiosità
L'episodio della condanna ed esecuzione di K. fu descritto anche nel romanzo
Pietro I dello scrittore russo Aleksei Nikolaevic Tolstoy (1887-1945).


Acacio di Berea (m. 489)



Patriarca di Costantinopoli e ispiratore del cosiddetto scisma acaciano
(484-519).
Nel 471 Acacio successe al Patriarca Gennadio alla guida del Patriarcato di
Costantinopoli e per i primi anni della sua missione, non vi fu nulla di
particolare da segnalare.
Nel 476, l'imperatore ursupatore Basilisco fu convertito alla fede
monofisita dal Patriarca di Alessandria,  Timoteo Aeluro. In seguito a ciò,
Basilisco emise un decreto imperiale nel quale venivano rigettati gli
insegnamenti del concilio di Calcedonia del 451.
In questa occasione,  A. prese le difese dell'ortodossia, sebbene fu
necessario, in questa occasione, un ammonimento da parte di Papa Simplicio.
Ma, successivamente, sotto il regno dell'imperatore Zenone, scoppiò il caso
legato al seggio patriarcale di Alessandria: il partito monofisita aveva
destituito il patriarca Giovanni Talaia, con l'accusa di spergiuro,
sostituendolo con Pietro Mongo. A. vide questa situazione come
un'opportunità di affermare l'autorità ed il primariato del proprio seggio
su tutto l'oriente e indusse l'imperatore Zenone a pronunciarsi a favore di
Mongo, nonostante le proteste di Papa Simplicio.
Il passo successivo fu la redazione, nel 482, di un documento di riunione,
detto Henoticon, che riprendeva il credo di Nicea e Costantinopoli, ma che
in altri punti rimaneva alquanto ambiguo, in particolare sulla doppia natura
di Gesù Cristo. Il documento fu condannato dal nuovo Papa Felice III, che
cercò inutilmente di indurre A. a presentarsi a Roma per giustificare il
proprio comportamento. A. non solo non obbedì, ma riuscì anche a intimorire
e corrompere i legati papali, i vescovi Vitale e Miseno,  presentatisi a
Costantinopoli con la lettera papale di richiamo nei suoi confronti.
A questo punto, Felice III decretò la scomunica di A., ma anche il nuovo
legato, tale Tuto, latore di tale condanna, fu corrotto.
Era il 484, e da qui prese avvio lo scisma acaciano, destinato a rientrare
solamente nel 519, quando il Patriarca Giovanni II e l'imperatore Giustino
riconobbero la validità della dottrina calcedoniense.
A. rimase al proprio posto, protetto dall'imperatore Zenone e morì nel 489,
pare ultracentenario.


Lupetino (o Lupatino o Lupertino), Baldo (ca. 1492-1556)



I primi anni
Baldo Lupetino (o Lupatino o Lupertino) nacque nel 1492 circa ad Albona
(oggigiorno Labin) in Istria, allora parte della repubblica di Venezia. Si
formò culturalmente a Padova e Venezia e conobbe Pietro Speciale di
Cittadella.
Nel 1422 circa egli entrò nell'ordine dei francescani conventuali e divenne
un noto predicatore sia in lingua italiana che in quella slava.
In seguito si interessò, in maniera crescente, alle dottrine della Riforma e
influenzò così anche le scelte di campo del nipote Matija (Matthias) Vlacic
(nome umanistico Flacius Illyricus), a cui sconsigliò la carriera
ecclesiastica, esortandolo invece a studiare in Germania, dove
effettivamente Flacius si trasferì nel 1539.
In Istria e in Dalmazia [dove dal 1539 aveva stabilito il proprio campo
d'azione e dove poté predicare sotto la protezione del vescovo di Pola,
Giovanni Battista Vergerio (m.1548), fratello del più famoso Pier Paolo
Vergerio] L. si mise nei guai, predicando nella cattedrale di Cherso nel
1542 i concetti luterani di sola scriptura e di negazione delle indulgenze,
del purgatorio, del libero arbitrio, del culto della Madonna e dei santi.


L'arresto e la detenzione
Venne denunciato da un monaco confratello, Iacopo Curzula, arrestato per
ordine del nunzio papale, il 4 novembre 1542, e successivamente trasferito a
Venezia per essere rinchiuso in una prigione vicino all'Arsenale.
Nell'estate 1543 Flacius si mosse da Wittenberg per venire in soccorso dello
zio, munito di un appello alla clemenza (per Baldo Lupetino, uomo dotato di
singolare pietà e dottrina), sollecitato da Baldassarre Altieri ed
indirizzato al doge Pietro Lando (1539-1545), da parte del principe elettore
di Sassonia, Giovanni Federico (1532-1547) e dei principi luterani della
Lega Smalcaldica (alla quale alcuni senatori veneziani volevano che la
Serenissima aderisse).
Inoltre la catena di solidarietà dalla Germania per L. si mosse dal punto di
vista pratico: ricchi mercanti del Fondaco dei Tedeschi, come Wolf Herwart o
Johann Baier, lo aiutarono economicamente e perfino Caspar von Schwenckfeld,
pur rifiutando il suo impianto dottrinale, inviò del denaro.
Tuttavia gli sforzi di Flacius per liberare lo zio furono inutili:
nell'agosto 1543 L. fu multato di cinquecento ducati e condannato
all'ergastolo.
E poco dopo, la situazione politica di Venezia cambiò, purtroppo in peggio,
per i riformati con l'elezione del doge Francesco Donà (1545-1553), che
permise l'insediamento a pieno regime dell'Inquisizione del nunzio
apostolico Giovanni Della Casa (1503-1556), e con la diminuzione
dell'influenza dei principati tedeschi sulla Repubblica di Venezia a causa
della sconfitta della Lega Smalcaldica il 24 aprile 1547 a Mühlberg.
Ne fecero le spese l'avvocato di Cittadella Francesco Spiera, appena
rinchiuso nella stessa cella di L. e obbligato ad abiurare per evitare le
conseguenze alla famiglia, e lo stesso L., accusato, tra l'altro, di aver
convertito due compagni di prigione durante la detenzione e di aver scritto
e pubblicato un suo manoscritto, fatto uscire clandestinamente da prigione.
Il 27 ottobre 1547, alla fine del secondo processo, la Santa Inquisizione
condannò L. alla decapitazione, ma la pena non venne eseguita, secondo
alcuni autori, per pressioni esercitate dal vescovo di Capodistria Pier
Paolo Vergerio, ma ciò sembra poco credibile, considerando che anche
Vergerio, dal giugno 1546, era sotto inchiesta dell'Inquisizione veneziana.
E' più probabile il doge volesse commutare la condanna, confermando
l'ergastolo in corso.


La fine
Per diversi anni L. venne letteralmente dimenticato dalle autorità locali,
ma non da parte di eminenti personaggi di fede protestante: nel 1552 un
tentativo di intervento, da lui stesso sollecitato, di Renata d'Este gli
costò il regime duro a pane e acqua per cinque mesi, ed il 9 settembre 1555
intercesse a suo favore il Duca Christoph del Württemberg  (1550-1568)
presso il doge Francesco Valier (1554-1556), ma quest'ultimo rispose che il
governo di Venezia non poteva interferire con l'Inquisizione.
Il nuovo papa, l'intollerante Paolo IV (1555-1559), invece chiese, a gran
voce, una condanna di L. al rogo, ma il governo delle Serenissima decise
infine, il 30 agosto 1556, di eliminare lo scomodo prigioniero, procedendo
alla sentenza per annegamento nella laguna, senza rumore né strepito.
Dopo quasi 14 anni di detenzione, il 17 settembre 1556, L. fu quindi
ufficialmente degradato davanti all'Inquisitore e consegnato alla giustizia
civile, che lo fece, come detto, annegare, il giorno stesso o in uno dei
giorni successivi.