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STORIA DEL MAR MEDITERRANEO

MARE MEDITERRANEO

Per meglio capire il Mediterraneo, il cui nome significa letteralmente “centro del mondo”, sarebbe utile conoscere la sua lunga e varia storia.

Geografia
Circa cinque milioni di anni fa, il Mar Mediterraneo era una vallata profonda e secca che divideva tre continenti: Europa, Africa e Asia, fino a quando un cataclisma fece una breccia nel muro di contenimento dell’oceano Atlantico ad ovest, verso l’odierna Gibilterra. In un processo durato molti, molti anni, una gigantesca cascata di acqua ha incominciato ad inondare l’intero bacino mediterraneo, facendo nascere un nuovo mare.
Analizzando più attentamente la configurazione di questo nuovo mare troviamo che è formato piuttosto da un insieme di mari: il mar Alboran, Golfo di Lione, il Tirreno, lo Ionio, il mar Egeo, l’Adriatico, ognuno con caratteristiche proprie. Nell’insieme il Mediterraneo è un mare profondo: dai 3000 ai 4000 metri. Questa profondità permette ad alcune specie di balene di viverci, come anche il pesce spada, il tonno e il delfino, quest’ultimo spesso incontrato dalle moderne barche da diporto durante le crociere.
Il Mediterraneo è un mare piuttosto chiuso. Vi è un piccolo scambio delle acque con l’Atlantico sullo stretto di Gibilterra e con il mar Nero sullo stretto del Bosforo ad Istanbul. All’estremo est, il canale di Suez, sebbene navigabile, è soltanto una comunicazione artificiale con il mar Rosso. Le coste africane ed asiatiche sono aride e piatte, mentre le coste europee, anche se non soggette a piogge pesanti, sono verdi e montagnose, con un clima più temperato. 
Il continente africano da sempre si spinge lentamente verso il continente europeo e questo ha causato l’innalzamento delle Alpi. La conseguente frattura nella crosta terrestre ha formato i vulcani: Etna, Stromboli e Vesuvio in Italia e Santorino in Grecia. Questo movimento verso il continente europeo è anche la causa della attività sismica in questa area.
In generale, il clima è tiepido e temperato: per l’appunto definito “mediterraneo”. Il clima è influenzato dall’aria calda e secca proveniente dal Sahara durante l’estate creando temperature ideali per le vacanze, e dall’aria più umida e fredda dall’Atlantico durante l’inverno. In effetti, questo clima si è dimostrato assai favorevole allo sviluppo della civiltà umana
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L’arrivo dell’uomo
L’uomo è arrivato piuttosto tardi sulla scena del Mediterraneo. Vi sono tracce dell’uomo di Neanderthal nelle caverne del Circeo a sud di Roma, nella costa ligure, a Gibilterra, in Francia ed in alcune altre aree. L’arrivo del nostro più diretto antenato, “Homo Sapiens”, si può datare intorno a 100.000 anni fa. Vista la sua attitudine alla guerra, si può legittimamente ipotizzare che l’Homo Sapiens Sapiens ha avuto un ruolo nel processo di estinzione dell’uomo di Neanderthal circa 30.000 anni fa.
Ogni ricorrente era glaciale ha prodotto drastici abbassamenti nei livelli del mare, mentre la stessa quantità d’acqua veniva depositata, sotto forma di alti strati di ghiaccio, nelle regioni polari. Questo ha permesso all’uomo primitivo di spostarsi e di popolare molte terre, comprese quelle che in seguito sarebbero diventate isole, una volta che il clima si fosse riscaldato, innalzando di nuovo i mari. E’ in questo modo che la Sardegna è stata popolata. Tribù erranti provenienti dalla attuale Toscana attraversarono l’Elba e la Corsica e arrivarono fino in Sardegna, circa 40.000 anni fa.
Con l’innalzamento del mare queste prime tribù sarde rimasero isolate per un lungo periodo, fino a quando visitatori, in barca, non vi approdarono molto più tardi. Oggi, il popolo sardo rimane unico rispetto alle altre popolazioni europee ed è un esempio relativamente “puro” delle tribù indo-europee che erravano l’Europa 40.000 anni fa. Un esempio simile è la popolazione basca che rimase isolata nelle montagne dei Pirenei tra la Spagna e la Francia.
L’uomo primitivo non si è fermato per molto davanti alle distese d’acqua limitate. La curiosità innata e la sete per l’avventura lo spinsero a costruire zattere primitive e barchette costruite con canne con cui hanno remato o si sono lasciati trasportare attraverso le acque, raggiungendo isole come Cipro e Malta 5000 anni fa, formando le basi delle popolazioni odierne. L’uomo ha lentamente popolato tutto il bacino mediterraneo. E in questo speciale e favorevole ambiente ha prosperato.
Oggi, il Mediterraneo rappresenta il crocevia della civiltà occidentale formato da molte e diverse culture. Città romane si trovano in tutto il Mediterraneo, città greche in Sicilia, la cultura araba pervade la Spagna, l’Islam è presente in Jugoslavia.
Per il turista-navigatore ciò rappresenta un miscuglio intrigante ed affascinante.
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Agricultura
Quando i mammut ancora vagavano per le dense foreste, l’Europa era popolata da qualche tribù nomade che viveva di caccia e raccoglieva frutta, bacche e grani di cereali. In seguito queste tribù iniziarono a pascolare il bestiame che era riuscito ad addomesticare e scoprirono la possibilità di coltivare i semi dei preziosi cereali circa 9000 anni fa. E’ probabile che questo ebbe inizio nell’area curda della Turchia attuale. Abitarono le coste alte del Mediterraneo, più adatte ai loro bisogni. Queste zone davano una produzione più efficiente e abbondante di cibo, che permise all’uomo di prosperare e di crescere numericamente.
Presto però era necessario scendere nei terreni più fertili dove si trovavano campi più grandi per coltivare i preziosi cereali, sempre più vitali per sfamare le crescenti popolazioni insediate in colonie, che in seguito sarebbero diventate villaggi e poi città.
Coloro che decisero di rimanere nelle terre più in alto hanno dovuto combattere continuamente contro la natura per poter sopravvivere. Nei secoli hanno faticosamente costruito i campi terrazzati su ripidi pendii delle colline, che oggi formano una veduta molto pittoresca del paesaggio mediterraneo. Fu anche un piano strategico rimanere nelle pendenze più inaccessibili: in tal modo era più facile fuggire ai frequenti saccheggiatori che infestavano le coste del Mediterraneo. Oggi possiamo ancora ammirare le splendide cittadine sulle sommità delle colline circondate da alte mura e torri difensive, sorte proprio per sfuggire ai predatori.
Invece, le coste orientali e del Nord Africa erano aride, mentre le terre fertili si trovavano nel bacino dei fiumi Tigri ed Eufrate, in Mesopotamia (“tra i fiumi”), in Persia e lungo il delta del Nilo in Egitto. Queste aree hanno avuto un maggior sviluppo dopo l’avvento dell’agricoltura e sono questi i luoghi che hanno visto la  vera nascita dell’uomo moderno.
Sono numerosi i popoli che prosperarono intorno al Mediterraneo laddove vi erano provviste di acqua pura e terre fertili e dove le conformazioni collinose  garantivano una certa sicurezza contro gli attacchi esterni. In condizioni favorevoli, gli insediamenti si svilupparono in civiltà. Queste civiltà crebbero ed estesero la loro influenza e il loro potere a seconda delle ambizioni del loro capo, arrivando alla creazione di veri imperi. Alcune civiltà sviluppatesi lungo le coste del Mediterraneo,  durarono qualche generazione, altre, come nel caso degli Egizi, 3000 anni.
Ad ogni modo, l’influenza di queste civiltà è sempre presente, perché noi siamo ciò che eravamo. Le mescolanze delle razze attraverso le migrazioni, le dominazioni, gli stupri e le seduzioni, fa sì che da queste popolazioni ognuno di noi conservi una parte dei loro geni, dei loro pensieri, della loro arte e delle loro religioni. Conoscerli e capirli, è conoscere e capire meglio noi stessi.
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Gli Egizi
L’allagamento, due volte all’anno, del vasto delta del Nilo, era per gli Egizi, un regalo divino. Portava acqua preziosa, concime per i campi e quindi abbondanti raccolti. Il cibo costante permise al popolo egizio di prosperare e la loro civiltà, in costante crescita, diventò una delle civiltà che durò più a lungo in tutto il Mediterraneo. La loro fiorente civiltà, sviluppatasi 5000 anni fa, durò ben 3000 anni.
Svilupparono una forma di scrittura illustrativa chiamato geroglifico. Adoravano molti dei, i quali davano loro la certezza di una vita ultraterrena. Infatti, le piramidi vennero costruite per proteggere i corpi mummificati e per preservare gli utensili necessari per la loro vita nell’aldilà.
 I venti costanti che soffiavano verso l’interno favorirono l’estendersi della loro influenza lungo tutto il Nilo, piuttosto che verso il Mediterraneo o lungo le sue aride coste. Sicuramente avranno anche capito che le loro barche da fiume con fondo piatto, non erano indicate per la navigazione in mare.
Il popolo della Mesopotamia
Le città-stato sviluppatesi in civiltà in Mesopotamia, sono state quelle dei Sumeri (la loro capitale era UR), dei Babilonesi (capitale, Babilonia) e degli Assiri (capitale, Nineve). Hanno inventato una forma cuneiforme di scrittura su tavole di argilla. Queste civiltà prosperarono dal 3000 A.C. fino a 550 A.C. Erano appassionati dell’astronomia e gli odierni nomi dei giorni della settimana derivano proprio dai loro studi. I giardini pensili a Babilonia erano una delle sette meraviglie del mondo antico.
Successivamente, i vicini Persiani dell’Iran centrale odierna, dalla loro capitale, Persepolis, incominciarono ad espandere la loro influenza su tutta l’area. I Persiani hanno iniziato a commerciare le loro merci e il loro abbondante cibo, sia a valle lungo il fiume verso l’oceano Indiano, sia attraverso il deserto fino alle rive del Mediterraneo, dove incontrarono i Fenici. Il loro impero comprendeva tutta la Mesopotamia, la Siria, l’Egitto e parte dell’Asia Minore. Attaccarono anche la Grecia senza successo e trovarono, in fine, la sconfitta con Alessandro il Grande nel 331 A.C.
I Palestinesi
La Palestina, situata sulla costa orientale del Mediterraneo, era una terra abitata da pastori, gli ebrei, che predicavano un solo Dio, mentre fino a quel momento i popoli adoravano molteplici figure divine. Questa piccola area avrebbe dato origine a tre religioni diverse: l’ebraica, la cristiana e l’islamica, che in seguito avrebbero raggiunto i complessivi 3 miliardi di fedeli in tutto il mondo. La città di Gerusalemme sarebbe stata contesa da ognuna di queste religioni come capitale propria. Questa contesa è ancora la causa dei conflitto ai giorni nostri.
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I Fenici
L’attitudine al commercio dei Persiani è stata tramandata ai Fenici, che abitarono la costa libanese del Mediterraneo nelle città antiche di Biblos, Sidon e di Tiro. Mentre gli Egizi commerciarono fra di loro principalmente lungo il Nilo, i Fenici, che disponevano solo di una striscia stretta di terra fertile lungo la costa per sostenersi, non potevano che guardare verso il mare per sperare in uno sviluppo. E’ da qui che l’uomo ha iniziato a navigare verso ovest, conquistando altri territori.
I Fenici erano ben forniti di foreste di magnifici cedri ed utilizzando questo legno, costruirono barche abbastanza potenti per affrontare il mar Mediterraneo. Con queste barche viaggiarono verso ovest colonizzando nuove terre. Le loro barche erano dotate sia di vele, sia di uomini che remavano e man mano diventarono sempre più grandi.
Vi erano tre rotte per navigare verso ovest:            
1.      A nord costeggiando la Turchia, la Grecia, Corfu, il tacco dell’Italia, lo stretto di Messina, la costa italiana fino all’Elba, poi l’attraversata per raggiungere la Corsica ed infine la Sardegna.
2.      La rotta verso sud seguiva la costa del nord Africa, sempre rimanendo a vista della terraferma, dove di notte si fermavano. Molti dei porti odierni distavano, per i Fenici, un giorno di navigazione dal successivo.
3.       La terza rotta, verso ovest, venne usata in seguito da marinai più esperti e con  strumenti più sofisticati. Questa rotta prevedeva una navigazione in alto mare  verso ovest senza terra a vista. Da Tiro navigarono fino a Cipro, poi verso Creta e Malta, arrivando a Cartagine. Navigarono di notte orientandosi con le stelle.

I Fenici erano dei mercanti pacifici. Erano interessati ad incrementare i loro commerci e di fondare nuove colonie nel “Far West” di allora: in Cipro, a Rodi e nelle isole dell’Egeo. Spingendosi ancora più lontano fondarono Tharros e Nora in Sardegna; Tashish, una grande colonia commerciale sulla costa della Spagna, e la città che sarebbe divenuta la capitale di tutte le colonie, Cartagine, nell’odierna Tunisia, che si trovava esattamente al centro del Mediterraneo. (Le rovine di queste città puniche, così straordinariamente ben preservate, sono assolutamente da visitare.)
A proposito, i Fenici sono gli inventori della scrittura moderna. Adoperarono un alfabeto di 22 lettere, utilizzate ancora oggi. La scrittura si è dimostrata rivoluzionaria per l’epoca. Ha permesso la comunicazione, e di conseguenza il commercio, tra le colonie distanti.
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I Greci
Durante questo stesso periodo, alcune tribù erranti si stabilirono in Grecia. Gli Eoli si fermarono nel nord, gli Ioni, che erano dei bravi navigatori, ad Atene ed i Dori nel Peloponneso e a Sparta.
Erano dei popoli litigiosi, sempre in guerra tra di loro. Erano insoddisfatti e irrequieti e di conseguenza sempre desiderosi di cambiamento e di miglioramenti. Forse sono state proprio queste caratteristiche a portarli ad uno sviluppo nelle arti, nella fisica ed in campo culturale.
I Greci hanno realizzato grandi imprese: in guerra, nelle colonizzazioni, nello sport, nella democrazia (vedi Pericle), nell’architettura, nella scultura (Fidia, Polykleitos, Lisippo, Prassile), nella mitologia, nell’astronomia, in geografia (Tolomeo), nel teatro (Sofocle, Eschilo) nella filosofia (Socrate, Platone, Aristotele, Parmenide) e nella matematica (Euclide, Archimede, Pitagora). Queste imprese sono largamente riconosciute e le loro opere sono alla base del pensiero occidentale.
I Greci odiavano i Persiani ed esultavano ad ogni confronto fisico. Vi sono infinite storie di guerre e battaglie fra questi due popoli. I Greci colonizzarono la Sicilia ed il sud dell’Italia. Hanno costruito magnifici templi a Paestum e ad Agrigento (anche questi due siti archeologici meritano di essere visitati), che non sfigurarono con l’Acropoli stessa di Atene.
I Persiani, che conquistarono Babilonia e l’Egitto, crearono un nuovo impero minacciando gli stessi Greci. Una imponente armata attaccò i Greci a Maratona, ma fallì, come fallì anche il secondo tentativo di conquistare Atene, dieci anni più tardi. Questo fallimento è stata la fortuna nostra, perché nei successivi 100 anni, Atene avrebbe prodotto tali imprese culturali che molte altre nazioni non avrebbero potuto produrre in 1000 anni.
Comunque, solo 100 anni più tardi la Grecia era indebolita dalla guerra tra Atene e Sparta e fu sopraffatta dai vicini Macedoni. I Macedoni volevano conquistare l’intero mondo conosciuto! Questa grande avventura, iniziata da Re Filippo, proseguì brillantemente con il figlio, che presto sarebbe stato conosciuto come Alessandro il Grande. Egli conquistò gran parte del mondo allora conosciuto, che andava dalla Grecia, fino in Egitto ed in Persia, spingendosi fino in India, in pochissimo tempo. Passarono soltanto dieci anni dalla conquista di Atene, da parte di Filippo, fino alla morte di Alessando il Grande nel 323 A.C. 
 Si può dire che la cultura della antica Grecia ha dominato il mondo fino ai giorni nostri. Le loro magnifiche sculture erano fonte di ispirazione per gli scultori romani, i quali hanno accuratamente copiato i capolavori dei Greci per adornare i palazzi di Roma. L’architetture greca, con la sua grazia, potenza e bellezza, veniva considerata un ideale di simmetria artistica. I Romani hanno spesso disegnato i loro edifici pubblici prendendo come modello i templi greci ed in particolare il Partenone.
Durante il Rinascimento, gli Europei riscoprirono l’arte romana e greca. Con il tempo l’architettura di influenza greca sarebbe stata usata in molte nazioni. Oggi le colonne doriche e ioniche, di ispirazione greca, dominano moltissimi palazzi governativi sparsi nel mondo.
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L'Odissea di Ulisse
Ulisse era l’eroe greco che conquistò Troia, nascondendosi dentro il cavallo di legno, che fu poi trascinato dentro le mura dal nemico troiano.
Lo scrittore Omero raccontò le tante successive avventure di Ulisse che navigava in giro per il Mediterraneo inesplorato. Questa epica storia è intitola “L’Odissea” ed è un racconto di fantasia, ma sicuramente è stata ispirata da tanti paurosi e stravaganti racconti di marinai dell’antichità al ritorno dalle loro esplorazioni dell’allora sconosciuto Mare Mediterraneo.
Omero inventa nomi nuovi per i luoghi dei suoi racconti e per gli storici è stato un lieto passatempo sin dai tempi dell’antica Grecia e Roma, a cercare di individuare i veri luoghi descritti nell’Odissea. C’è anche sempre stata un’accesa concorrenza da varie località turistiche che rivendicavano paternità per i luoghi visitati da Ulisse.
Comunque c’è una certa concordia riguardo a vari episodi dell’Odissea che si individuano in località situate in Sicilia, nella costa sud-ovest dell’Italia ed in Sardegna. In tempi antichi si trattava per i greci, di zone inesplorate del Mediterraneo e quindi ideale per l’ambientazione di un racconto avventuroso.
A proposito di questa zona, che per i greci era il “Far West”, una recente teoria di uno studiose sardo, Sergio Frau, ritiene che le Colonne di Ercole fossero situate, non nello Stretto di Gibilterra, ma più vicine: tra l’Africa e la Sicilia e che Atlantide sarebbe stato la Sardegna. Questo perché, alla fine dell’ultima era glaciale, il livello del mare era molto più basso e quindi lo Stretto molto più stretto, oltre il quale c’era l’ignoto.  
Nell’Odissea di Omero, possiamo constatare che lo Stretto di Messina, con i suoi paurosi (ma innocui) vortici marini, era il luogo ideale per domiciliare i mostri marini Scilla e Cariddi. Il vulcano Etna poi, era l’ispirazione che creò la caverna di Polifemo, il gigante con l’occhio solo, che divorò parte dell’equipaggio di Ulisse.
Le isole a nord della Sicilia, le Eolie, tra cui Stromboli e Vulcano, con il sempre presente vento furono per Omero un ovvio domicilio per Eolo, il dio del vento.
Le bellissime falesie di Capri sono diventate la dimora delle sirene che cercarono di incantare l’Ulisse legato all’albero della sua barca, per sentire i loro canti.
I Campi Flegrei vicino a Napoli sono ancora zona vulcanica ed attualmente in sussidenza, che sta lentamente immergendo le rovine romane nelle onde del mare. Dove altro poteva Ulisse scendere negli inferi per parlare con i morti?
Il promontorio roccioso del Circeo, l’unico in tutta la costa a sud di Roma, ha rivelato la presenza umana fin dai tempi preistorici, con la scoperta delle ossa dell’ uomo di neanderthal nelle sue caverne. Era qui che Ulisse fu ammaliato dalla bella maga Circe. 
Il nostro eroe marinaio deve essersi spinto fino in Sardegna, dato che gli storici hanno individuato nella baia di Porto Pozzo a nord-est dell’isola e nelle Bocche di Bonifacio, come località dei Lestrigoni.
Ulisse, come tutti i marinai dell’antichità, non avevano le carte nautiche, né il GPS, né le immagini meteo satellitari, per guidarli nelle loro navigazioni e dovevano per forza essere dei veri esperti marinai ed avere anche una certa dose di fortuna, per districarsi tra le tante isole e scogli e poter ritornare a casa. Infatti sono tanti a non esserci riusciti ed il fondo del mare mediterraneo è disseminato con tante navi antiche e con i loro carichi di anfore e tesori. 
Oggi invece il marinaio moderno può navigare in tutta sicurezza e visitare le tante meraviglie del Mediterraneo, e ripercorre le rotte faticosamente seguite dai nostri famosi eroi nell’antichità.
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I Romani
La tradizione vuole che Roma fu fondata nel 753 A.C. da Romolo e Remo, due trovatelli allevati da una lupa. In quel periodo la penisola italica era popolata a nord da selvagge tribù celtiche ed al centro da un popolo con una cultura abbastanza sviluppata, gli Etruschi.
Gli abitanti di Roma avevano grande determinazione ed erano molto legati alle loro terre ed alla loro città, che volevano forte e potente. Non avevano una predisposizione all’arte ed alla cultura come gli Ateniesi, ma una cosa era assai  importante per loro: la legge. Lentamente e con tenacia i Romani hanno esteso la loro autorità da città a città, lungo la costa della penisola, formando una federazione forte, con un potente esercito per far rispettare la legge e mantenere l’ordine.
L’attività sportiva per i Romani aveva un'altra importanza rispetto ai Greci. Piuttosto che praticarla personalmente partecipando a corse e lanciando giavellotti, i Romani preferivano lasciare queste attività ai loro schiavi, lasciandoli combattere l’uno contro l’altro e contro le bestie feroci nelle arene come il Colosseo.
Ormai i Greci avevano dovuto cedere il controllo delle loro colonie che avevano nel sud dell’Italia ai Fenici, che avevano conquistato gran parte del Mediterraneo. Tuttavia, Roma ora stava crescendo e stava diventando una forza contro cui fare i conti. Ben presto si sviluppò una grande rivalità tra Roma e Cartagine. I Romani non erano un popolo marinaio ed avevano dovuto copiare le navi fenicie ed infatti costruirono molte navi per contrastare la flotta nemica. Nel 241 A.C. conquistarono la Sicilia e poi Cartagine stessa nel 146 A.C., divenendo i nuovi dominatori del mare Mediterraneo, da allora conosciuto come il “Mare Nostrum”.
L’impero romano, che controllava tutte le coste del Mediterraneo, si estese fino in Inghilterra e lungo il fiume Reno in Germania e ad est fino in Ungheria, compresa la Romania, la Turchia ed il vicino oriente.
Lo splendore dell’impero romano durò alcuni secoli, fino a circa il 400 D.C. quando gli invasori, i Goti ed i Vandali, discersero dal nord, e gli Unni dall’Asia capeggiati da Attila, portando con sé terrore e devastazione. L’impero romano finì con la destituzione dell’ultimo imperatore nel 476 D.C., quando incominciò una nuova era: il Medioevo.
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Storia Recente
Da allora il Mediterraneo ha visto molti tumulti, dati dalla sete di ricchezza e di potere di alcuni capi. Molti imperi nacquero e morirono, alcuni nati dalla spada ed altri dal commercio. Le navi divennero più grandi e più adatti ad affrontare gli oceani, cosicché i lontani discendenti dei Fenici navigarono verso sempre ovest e scoprirono e conquistarono e popolarono le nuove terre delle Americhe.
La pirateria, le violenze carnali e le razzie continuarono nelle coste più isolate, fino al diciottesimo secolo. Ecco perché la Sardegna, particolarmente esposta agli attacchi via mare, non ha città lunghe le coste, tranne quelle fondate dai Fenici. Per il popolo della Sardegna, il mare era fonte di terrore. Tuttora si trovano le vecchie case di campagna costruite nei recessi delle rocce, ben nascoste dal mare.
Pisa, Genova, Ravenna e Venezia divennero le dominanti potenze marinare, accumulando molta ricchezza. Queste ricchezze si riflettono nei bellissimi edifici e nelle chiese e nei tesori artistici lì conservati. Durante il Rinascimento, l’Italia ha prodotto qualcosa come il 70% degli attuali tesori artistici di tutto il mondo!
Ad ogni modo, le provviste locali di legname cominciarono a diminuire, con l’impoverimento delle foreste. Non era più possibile mantenere o rinnovare le flotte ed il dominio dei mari quindi passò ad altre nazioni al di fuori del Mediterraneo: al Portogallo, all’Olanda ed in fine, all’Inghilterra.
Gibilterra rappresenta uno delle ultime roccaforti britanniche nel Mediterraneo, presidio a cui l’Inghilterra non vuole rinunciare. Come non rinuncia la Spagna al suo presidio, Ceuta, di fronte sulla costa marocchina. Più recentemente vediamo che la protezione del Mediterraneo è stata affidata alle forze NATO, capeggiate dagli Stati Uniti. La NATO possiede molte basi aeree e navali in questa area: Rota (Spagna), Napoli, Verona, Sigonella (in Sicilia), La Maddalena e Teulada (in Sardegna), Corfù, Malta, Turchia, Kosovo. La storia del Mediterraneo si sta ancora scrivendo: stiamo vivendo gli ultimi cambiamenti nei Balcani, in Palestina, i confini tra i paesi europei che vengono eliminati e le drammatiche migrazioni dai paesi più poveri a quelli più ricchi. Vi è ora un crescente senso di responsabilità da parte di tutti i paesi confinanti con il Mediterraneo verso questo mare. Si stanno finalmente compiendo passi concreti per la sua protezione, per mantenerlo pulito, sano e sicuro, per tutti coloro che sono abbastanza fortunati da poterlo navigare e da poterlo esplorare nelle sue molteplici meraviglie.

ACCIUGA
Engraulis encrasicolus L.
Cro.: Brgljun, incun. Dan.: Ansjos. Fra.: Anchois commun. Gre.: Antjoga,
gíavros. Ing.: Anchovy. Nor.: Ansjos.
Ola.:Ansjovis. Por.: Biquerão, enchova. Spa.: Anchoa, boquerón. Ted.:
Sardelle.
NOMI DIALETTALI
L'Acciuga è chiamata anche Alice. Il novellame è conosciuto con il nome,
comune a tutto il pesce azzurro, di Bianchetto. I nomi dialettali in
letteratura per indicare, adulti e giovanili, sono: Argentini e Nudini
(nov.) (Abruzzo); Aliciàstra, Aliciastrùni (Calabria); Alice `e sperone,
Alice annure (giov.) (Campania); Sardela, Sardòn (Friuli Venezia Giulia);
Amarou, Ancioa (Liguria); Sardela, Sardone (Marche); Aléce, Alice de sperone
(Puglia); Aléce Masculina (Sicilia); Anciona, Angioja (Sardegna); Anchiò,
Sardòn (Veneto).
DOVE VIVE
Engraulis encrasicolus è una specie pelagica, che vive in autunno ed inverno
a profondità maggiori (100-200 m), mentre soggiorna più vicina alla costa
per il resto dell'anno.
COME VIVE
L'Acciuga è una specie eurialina (si adatta bene a differenti salinità) e
tollera variazioni comprese tra il 5 ed il 41 ä. questa caratteristica le
permette di penetrare per alimentarsi in lagune, laghi salmastri od estuari.
gli individui, giovanili ed adulti, hanno abitudini gregarie (vivono in
branchi numerosi) ed effettuano limitate migrazioni.
LA RIPRODUZIONE
L'Acciuga ha sessi separati. La maturità sessuale è raggiunta al termine del
primo anno di vita (taglia di circa 9 cm). La riproduzione avviene da aprile
a novembre sotto costa. Le uova emesse (fino a 40.000 per femmina) sono
galleggianti, senza gocce oleose, ellittiche, con diametro di circa 1 mm.
Queste dopo 2-3 giorni schiudono e le larve, lunghe circa 2 mm, danno avvio
alla vita gregaria.
COSA MANGIA
L'Acciuga si nutre di plancton (piccoli Crostacei, larve di Molluschi,
ecc.), compreso il fitoplancton (plancton vegetale).
COME RICONOSCERLA
L'Acciuga è un Pesce di piccole dimensioni dal corpo affusolato con ventre
liscio ed arrotondato. La testa è allungata (circa 25% della lunghezza
totale) con ampie aperture branchiali. Il muso è prominente ed acuto. La
bocca, nella parte inferiore della testa, è grande ed oltrepassa il margine
posteriore degli occhi, che sono di notevoli dimensioni e negli adulti
presentano una membrana adiposa. La mascella inferiore, più corta della
superiore, porta piccoli denti. L'unica pinna dorsale è situata circa a metà
del corpo in posizione avanzata rispetto alle pinne anali; queste sono di
piccole dimensioni e situate in posizione mediana. Le pinne pettorali sono
sottili ed allungate e in posizione ventrale. Le squame sono presenti, ma
facilmente stac-cabili. Non è evidente linea laterale. La lunghezza massima
degli individui mediterranei è di 18-20 cm, comune 11-12 cm. La vita massima
è circa 4 anni. La colorazione, tipica delle specie pelagiche, è azzurro con
sfumature verdastre sul dorso, argentea sui fianchi e sul ventre. Le pinne
sul dorso e della coda sono di colore grigio chiaro, le altre biancastre.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
L'Acciuga è l'unica specie della famiglia Engraulidi nei mari europei.
Secondo alcuni Autori, una sottospecie è l'Acciuga di Faro (E. encrasicolus
roussoi), considerata da altri una specie distinta. Questa acciuga,
conosciuta come "Amaredda" per le sue carni, è presente solo nei laghi
salmastri di Giannizzi e Faro (Messina); E. encrasicolus differisce
dall'Acciuga di Faro per maggiore lunghezza, minore profondità (altezza) e
per colorazione diversa sul dorso (grigio sabbia con punteggiatura brunastra
in E. encrasicolus roussoi). L'Acciuga può essere anche confusa per la
colorazione, l'aspetto o le dimensioni con specie appartenenti agli
Argentinidi (Argentina), agli Aterinidi (Latterino) ed ai Clupeidi (Alaccia,
Sardina, Spratto). Tra le marcate differenze, per la distinzione sono
sufficienti due caratteristiche assenti nell'Acciuga: due pinne dorsali
negli Argentinidi (la seconda adiposa) e negli Aterinidi ed esistenza sul
ventre di una carenatura, più o meno profonda, nei Clupeidi (Alaccia,
Sardina, Spratto).
DIFFUSIONE E PESCA
L'Acciuga è diffusa in tutto il Mediterraneo, nel Mar Nero e nel Mar d'Azov
ed ampiamente presente lungo le nostre coste.
Questa specie è distribuita anche in Atlantico orientale, dalla parte
meridionale del Mare del Nord ed Isole Britanniche fino al Senegal.
Engraulis encrasicolus è pescata in modo professionale principalmente con
reti da traino pelagico (volanti) e da circuizione (lampara o cianciolo).
L'Acciuga nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto rispettivamente il 5° ed il 3°
posto della speciale classifica delle prime 50 specie prodotte in Italia. La
produzione di acciughe è passata dalle 32.413 tonnellate prodotte nel 1986,
alle 42.746 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
L'Acciuga è commercializzata fresca, congelata, salata, sott'olio, in salsa
ed in pasta (succo salato e concentrato). Le famiglie italiane nel 1998
hanno acquistato 13.471 tonnellate di acciughe fresche, con una diminuzione
del 12.2 % rispetto al 1997. Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato
di 9.545 lire, con una diminuzione del 14.6 % rispetto al 1997
(ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Engraulis encrasicolus è dal punto di vista alimentare un pesce
classificabile come semigrasso (in alcuni mesi il contenuto in grassi è
maggiore) e discretamente digeribile.
L'Istituto Nazionale della Nutrizione riferisce che 100 grammi di parte
edibile (carni) di acciughe fresche contengono 16.8 g di proteine, 1.51 g di
carboidrati e un basso contenuto in grassi (2.6 g), un alto contenuto in
vitamine e sali minerali: vitamina A (100 UI), complesso B (B1: 80 e B2: 210
mcg), Calcio (148 mg); Ferro (2.8 mg) e Fosforo (196 mg), mentre 100 grammi
di parte edibile di acciughe sott'olio contengono 25.9 g di proteine, 0.2 g
di carboidrati e 11.3 g di grassi, Calcio (44 mg); Ferro (1.3 mg) e Fosforo
(351 mg). Alcuni elementi sono persi (vitamine, sali minerali, ecc.), in
parte o completamente, nel prodotto trasformato (pasta d'acciughe, acciughe
sotto sale), dove 100 grammi di parte edibile di acciughe sotto sale
contengono 25.0 g di proteine e 3.1 g di grassi,
LA RICETTA
Proponiamo per le acciughe un antipasto di facile preparazione
Acciughe crude al limone
600 g di acciughe freschissime
succo di 5 limoni
2 cucchiai di olio extra vergine di oliva
sale
pepe
Pulire accuratamente, levando testa e spina, le acciughe, asciugarle e
disporle ben distese in un piatto piuttosto ampio.Salare, pepare e
cospargere le acciughe con il succo di 4 limoni.Lasciare a macerare per 12
ore. Una volta schiarite, togliere le acciughe dalla marinata e condirle con
olio ed il succo di limone. Servire. E' possibile conservare in frigorifero
le acciughe per una giornata.
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ANGUILLA
Anguilla anguilla L.
Cro.: Jegulja. Dan.: Ål. Fra.: Anguille d'Europe. Gre.: Chéli. Ing.:
European eel. Nor.: Ål. Ola.: Ål. Por.: Enguia, eiró. Spa.: Anguila. Ted.:
Aal, Flussaal.NOMI DIALETTALI
Le femmine mature più vecchie e grandi sono chiamati Capitoni. Alcuni dei
nomi dialettali usati in letteratura sono: Anguella (Abruzzo); Angidda,
Capituni (Calabria); Cuzzutella, Storta campagnola (Campania); Anzile,
Burattèl (Friuli Venezia Giulia); Ciriòla (Lazio); Anhilla, Anghilla
(Liguria); Anguella, Bisciatto (Marche); Angarone, Capomazzo (Puglia);
Anguid-da, Zuncurrunu (Sardegna); Ancidda, Anguidda (Sicilia); Cannaiola
(giovani), Cieche (novellame) (Toscana); Anguila, Buratèli (Veneto).
DOVE VIVE
L'Anguilla è una specie di fondo che può vivere in mare, in acque salmastre,
in acque dolci, sotterranee (anche caverne e pozzi) e termali.
COME VIVE
Anguilla anguilla può resistere a lungo fuori dall'acqua, grazie al muco che
ne ricopre la pelle ed alla capacità di mantenere
umide le branchie.
LA RIPRODUZIONE
L'Anguilla si riproduce in mare, ma vive per molto tempo (7 anni o più nel
caso dei capitoni) in acque dolci (anguilla gialla) fino a raggiungere la
maturità sessuale, quando migra verso il mare (migrazione catadroma). Il
differenziamento sessuale inizia ad una lunghezza di circa 14-18 cm. La
maturità sessuale è raggiunta nei maschi a 20-40 cm e nelle femmine a più di
40 cm. In inverno (ottobre - dicembre), gli individui europei maturi
(anguille argentine) discendono i fiumi (calata) per raggiungere l'area di
riproduzione (Mar dei Sargassi nell'Oceano Atlantico) dove si riprodu-cono.
Le larve (leptocefali) sono trasportate dalla corrente del Golfo fino alle
coste europee, dove completano la metamorfosi e ne risalgono i fiumi. A
questo stadio, le larve (ceche) sono trasparenti, fino a divenire ragani
(5-15 g). Non è esclusa la presenza di altre aree di riproduzione nel
Mediterraneo.
COSA MANGIA
A. anguilla è un predatore vorace, notturno, e si serve del fine olfatto per
individuare larve di Insetti, Vermi, Molluschi, Crostacei, Pesci e piccoli
Anfibi. Le larve si nutrono di piccoli organismi (Plancton) animali.
COME RICONOSCERLA
L'Anguilla adulta è un Pesce osseo dal corpo subcilindrico, allungato,
serpentiforme. La testa è allungata con le estremità della bocca che
terminano sotto il centro dell'occhio. La bocca è munita di minuscoli denti
in serie. La mandibola è più lunga della mascella. Sono presenti una narice
anteriore situata all'apice del muso, dotata di un piccolo tubulo ed una
narice posteriore. L'occhio è rotondo. La pinna dorsale è unita alla pinna
caudale, mentre le pinne pettorali sono molto corte e tondeggianti. La
pelle, viscida per la presenza di un'abbondante sostanza mucosa, è dotata di
squame minute più o meno nascoste. Le anguille gialle (immaturi) si
distinguono dagli adulti per i piccoli occhi, il muso largo e la colorazione
verde-bruna sul dorso e giallo limone sui fianchi. La colorazione negli
adulti è bruno-verdastra, talora grigia o quasi nera; il ventre è argenteo,
bianco o giallastro. Le femmine, più grandi dei maschi, possono rag-giungere
una lunghezza di circa 1 metro e pesare fino a 6 kg (capitoni); i maschi
rimangono, quasi sempre, sotto i 50 cm, con un peso di 150-200 g.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
La variabilità individuale spiega come a questo pesce siano stati assegnati,
in passato, diversi nomi. Tutti gli individui europei appartengono alla
specie A. anguilla; questa è molto simile alla specie nordamericana A.
rostrata. Le due specie sono considerate da alcuni studiosi una sola specie.
DIFFUSIONE E PRODUZIONE
L'Anguilla è presente in tutto il Mediterraneo ed in Oceano Atlantico, dalle
isole Azzorre ed alle coste del Marocco fino alle coste islandesi, norvegesi
e finlandesi. Lungo le nostre coste, è più comune sul versante Adriatico
(mare ed acque interne).La pesca professionale di questa specie è effettuata
in vari modi, ma soprattutto, nelle valli, nelle lagune e negli stagni
costieri, per mezzo di bertovelli e lavorieri. Queste trappole sfruttano la
migrazione verso il mare degli individui maturi. Anguilla anguilla è uno dei
pesci più allevati (allevamento estensivo ed intensivo) in tutto il mondo.
La Cina è oggi il maggior produttore mondiale di questa specie, allevata per
produrre il famoso kabajaki. L'Italia è stata nel 1995 il primo produttore
in Europa con 3000 t di prodotto ingrassato.L'Anguilla nel 1986 e nel 1995
ha raggiunto rispet-tivamente il 23° ed il 32° posto della speciale
classifica delle prime 50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata
dalle 5.528 tonnellate (di cui 3.300 in acquacoltura) prodotte nel 1986,
alle 3.886 tonnellate (3.000 in acquacoltura) del 1995 (dati FAO,
elaborazione ISMEA).
MERCATO
Specie di notevole interesse, è commercializzata viva, fresca, congelata,
affumicata ed in scatola.
CONSUMO
L'Anguilla è una specie conosciuta ed apprezzata già nell'antichità. In
Oriente, era considerata un animale sacro e, come ricorda lo storico latino
Plinio, la sua effigie adornava templi ad Eloro (Sicilia) ed in Caria.
Aristotele racconta che già nell'antica Grecia questa specie era pescata nel
fiume Stirmione per essere trasportata in vasche per l'allevamento. La carne
di Anguilla, ceche ed adulti, è anche oggi molto apprezzata dai consumatori
in tutto il mondo. Le sue carni sono bianche e gustose. Dal punto di vista
nutrizionale, la composizione in grassi, zuccheri e proteine dell'Anguilla
di fiume è diversa da quelle dell'Anguilla di mare. L'Istituto Nazionale
della Nutrizione indica infatti che 100 g di parte edibile (carni) di
Anguilla di fiume contengono un maggiore contenuto in proteine e zuccheri ed
un minor contenuto in grassi (14.6 g di proteine, 0.67 g di carboidrati e
19.63 g di grassi, contro gli 11.18 g di proteine, 0.06 g di zuccheri e
23.74 g di grassi dell'Anguilla di mare). Al contrario, il contenuto in sali
minerali e vitamine è lo stesso (vitamina B1: 80 mcg , vitamina B2: 210 mcg,
Calcio: 38 mg, Fosforo: 264 mg e Ferro: 1.2 g.
LA RICETTA
L'Anguilla ha preparazioni classiche (marinata, al sugo o fritta), ma da
anche ottimi risultati se arrostita.
Proponiamo una ricetta legata alla tradizione peschereccia:
Spiedini di anguilla alla brace
Per 4 persone
1 Anguilla di circa 0.5 Kg
alloro (o rosmarino)
2 cucchiai di aceto
sale, pepe
Lavare l'Anguilla in acqua e sale, privarla delle testa e tagliarla a
tronchetti (se grandi incidendoli). Condire i tronchetti di Anguilla con
pepe ed alloro (o rosmarino) ed infilare gli spiedini, preferibilmente di
legno aromatico (pino, ginepro, alloro). Preparare la brace preferibilmente
di legno di pino in un barbecue e cuocere gli spiedini, bagnandoli durante
la cottura con un ramoscello di alloro (o rosmarino) intinto nell'aceto, in
modo da sgrassare il pesce. Gli spiedini saranno pronti quando la pelle sarà
divenuta croccante.
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ARAGOSTA MEDITERRANEA
Palinurus elephas (Fabricius)
Cro.: Iseebi. Dan.: Languster. Fra.: Langouste rouge. Gre.: Astakos. Ing.:
Common spiny lobster. Nor.: Languster. Ola.: Langoesten. Por.: Lagosta.
Spa.: Langosta common. Ted.: Languste.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali disponibili in letteratura per questa specie sono:
Aligusta, Aliusta (Abruzzo); Aravosta, Ravosta (Campania); Agosta, Agusta
(Friuli Venezia Giulia); Aragusta, Alagousta (Liguria); Aligusta, Aliusta
(Lazio); Aligusta, Aliusta (Marche); Gravosta, Ravuosta, (Puglia); Arausta,
Ariusta (Sicilia); Aagusta (Sardegna); Ragosta (Toscana); Agosta, Langusta
(Veneto).
DOVE VIVE
L'Aragosta mediterranea vive comunemente a profondità comprese tra i 20 ed i
70 m, ma è possibile trovarla anche oltre i 200 m.E' specie demersale, che
vive di preferenza su fondi rocciosi o ghiaiosi. Si trova raramente su
fondali sabbiosi.
COME VIVE
Palinurus elephas alterna nel corso della vita compor-tamenti solitari e di
gruppo ed è presente a profondità minori da marzo a novembre, mentre migra a
profondità maggiori nella restante parte dell'anno.
LA RIPRODUZIONE
La specie è a sessi separati. I maschi attaccano le spermatofore sul ventre
della femmine e, all'emissione delle uova, avviene la fecondazione. Le
femmine portano le uova aderenti all'addome (femmine ovigere) anche per
mesi, ossigenandole con il movimento degli arti natatori, fino alla schiusa.
Le larve sono piatte, con lunghi arti e nuotano orizzontalmente in
superficie conducendo vita pelagica, per poi mutare più volte, fino a
diventare giovanili e posarsi sul fondo.Il periodo riproduttivo è variabile:
nel Mediterraneo occidentale è settembre-ottobre, nell'Adriatico,
marzo-giugno e agosto-settembre, dicembre-gennaio, lungo le coste sarde.
COME RICONOSCERLA
L'Aragosta mediterranea è un Crostaceo di taglia medio-grande, dal corpo
robusto, allungato, di forma tubulare, diviso in una parte anteriore
(cefalotorace: fusione tra testa e torace) ed una parte posteriore (addome)
segmentata. Il cefalotorace è ricoperto di un robusta corazza calcificata
(carapace), con numerose spine coniche e poco appuntite.Caratteristica la
presenza di due antenne lunghe più del corpo. Gli occhi sono peduncolati,
mobili e sormontati da grosse spine trian-golari, divergenti verso l'esterno
a forma di V, con interposto un piccolissimo rostro. Al cefalotorace sono
unite 13 paia di appendici, tra cui 5 sono arti per camminare (pereiopodi).
Questi, a differenza di altre specie della stessa famiglia, non hanno chele,
anche se presentano spine. L'addome è costituito da 6 segmenti mobili; i
primi 5 dispongono di un paio di appendici per il nuoto (pleiopodi). I
segmenti dell'addome sono lisci ed intersecati longitudinalmente da una
piega e con il bordo segmentato e terminano con un ampio ventaglio caudale
(telson) ben sviluppato. La colorazione del corpo è bruno rossastra o bruno
violacea con macchie chiare sul corpo. Caratteristica la presenza sui primi
5 segmenti addominali di un paio di grandi macchie simmetriche chiare. La
lunghezza massima di questa specie è di 50 cm, comune a 20-40 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Delle 32 specie di Aragosta presenti nei mari di tutto il mondo, 3 sono
presenti nel Mediterraneo; tra queste, Palinurus regius, diffusa unicamente
lungo brevi tratti della costa sud della Francia e della Penisola iberica, è
facilmente distinguibile dalle altre per la colorazione verde a diverse
tonalità. L'altra Aragosta presente nei nostri mari è Palinurus
mauritanicus, distinguibile da P. elephas per la presenza di caratteristiche
bande trasversali distinte sui pereiopodi, per le numerose macchie chiare su
carapace ed addome e per la minore divergenza delle spine sopra gli occhi.
DIFFUSIONE E PESCA
L'Aragosta mediterranea è uniformemente diffusa lungo le nostre coste,
occupando l'intero bacino del Mediterraneo, ad eccezione della parte
sudorientale. Questa specie è presente inoltre in buona parte del versante
est dell'Oceano Atlantico, dalla Norvegia alle Isole Britanniche a nord e
dal Marocco alle Isole Azzorre a sud. Il limite sud di distribuzione è Capo
Bojador (Marocco).Palinurus elephas è oggetto di pesca professionale
essenzialmente con attrezzi fissi (reti e nasse), sono possibili catture
lungo le nostre coste con reti di profondità.
MERCATO
L'Aragosta è commercializzata principalmente viva, ma anche fresca o
congelata. Le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 137 tonnellate di
aragoste fresche, con una diminuzione del 17 % rispetto al 1997. Il prezzo
medio al chilogrammo nel 1998 è stato di 56.102 lire, con un aumento del
26.3 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Palinurus elephas ha carni di grande pregio, apprezzate sin dall'antichità.
Raffigurazioni di questa specie sono presenti nei mosaici dei vivai
pompeiani, dove è anche raffigurata in un combattimento con un polpo.Il
valore nutrizionale di questa specie è molto buono, in particolare per
l'apporto proteico, di carboidrati e sali minerali.I dati dell'Istituto
Nazionale della Nutrizione indicano infatti che 100 grammi di parte edibile
(carni) di Aragosta contengono 16.20 g di proteine, 1.90 g di carboidrati e
1.00 g di grassi insaturi. L'Aragosta ha un buon contenuto in sali minerali
(Calcio: 60 mg; Fosforo: 280 mg, Ferro: 0.8 mg) ed in vitamine (B1: 150 mcg;
B2: 180 mcg).
LA RICETTA
Riportiamo una ricetta, sugo per condire pasta o riso, di facile
preparazione:
Salsa con aragosta al curry
Per 4 persone
300 g di polpa di Aragosta
1 cucchiaio di cipolla tritata finemente
30 g di burro
1 cucchiaio di curry
brodo di pesce (2 decilitri)
concentrato di pomodoro (1 cucchiaio)
Tagliare a pezzetti piccolissimi l'aragosta. Mettere in una padella il burro
e farlo rosolare con la cipolla. Aggiungere aragosta, curry, brodo di pesce
e concentrato di pomodoro.Sobbollire fino a quando la salsa sarà divenuta
densa e cremosa. Sugo ottima per pasta e riso, anche pilaf.
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CALAMARO MEDITERRANEO
Loligo vulgaris Lamarck
Cro.: Lignja, lignjun. Dan.: Blæksprutte. Fra.: Encornet. Gre.: Kalamári,
téftis. Ing.: Common squid, European squid. Nor.: Blekksprut. Ola.:
Inkvitvis, pijlinktvis. Por.: Lula, potra. Spa.: Calamar. Ted.: Tintenfisch,
Kalmar.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali utilizzati in letteratura per gli adulti di questa specie
sono: Calamare (Abruzzo); Calamaro verace, Calamaio, (Campania); Totano del
riso (Friuli Venezia Giulia); Caamàri, Totano gentile (Liguria); Calamaio
(Lazio); Trufello (Marche); Calamàre (Puglia); Calamàri, Calàmaio (Sicilia);
Calamàri, Tòtanu (Sardegna); Tòtano (Toscana); Calamàr (Veneto).
DOVE VIVE
Il Calamaro vive in mare aperto tra i 20 ed i 250 m, raggiungendo anche i
500 m. Si sposta in acque più profonde nel tardo autunno.
COME VIVE
Loligo vulgaris effettua migrazioni verticali ed orizzontali (verso la
costa). Il Calamaro si nutre durante le ore notturne, di preferenza e
maggiormente nel periodo estivo.
LA RIPRODUZIONE
La specie è a sessi separati. A maturità, i maschi producono spermatofore
(speciali sacchetti che contengono i gameti maschili), che introducono nel
corpo della femmina tramite un braccio modificato. Le femmine producono una
notevole quantità di uova di 2 mm di diametro circa), che depongono in tubi
gelatinosi (di circa 50-100 uova) che attaccano a supporti solidi. Le larve
a 22°C schiudono dopo circa 25 giorni. Nel Mediterraneo, questa specie si
riproduce durante gran parte dell'anno ed in misura maggiore all'inizio
della primavera e dell'autunno.
COSA MANGIA
Il Calamaro adulto si nutre di Pesce (che predilige), Molluschi, Crostacei e
Policheti. I giovanili mangiano larve di Crostacei. E' comune il
cannibalismo.
COME RICONOSCERLA
Il Calamaro è un Mollusco con corpo fusiforme e allungato. Il mantello
cilindrico contiene gran parte degli organi interni e nella parte apicale
porta due pinne unite a formare un rombo ad angoli smussati. All'interno del
mantello, c'è una conchiglia cornea (calamo, piuma o gladio) a forma di
lancia.La testa presenta lateralmente due occhi coperti da membrana cornea,
al centro dei quali è situato un organo di senso, presumibilmente olfattorio
o tattile. Al centro, è situata la bocca, da dove partono otto braccia corte
e non retrattili (due file di ventose) e due tentacoli più lunghi con
estremità clavata (4 file di ventose, di cui le 2 centrali più grandi). Nei
maschi, una delle braccia ha le ventose modificate in papille e viene
utilizzata come organo copulatorio. Sul dorso del mantello sono presenti
cromatofori (speciali cellule per la variazione di colorazione), che vengono
utilizzati per la trasmissione di segnali comportamentali (lotta tra maschi,
corteggiamento, ecc.).La colorazione è variabile, con diverse sfumature, che
vanno dal rossiccio-rosato al bruno. La specie vive dai due (femmine) ai tre
anni (maschi). Nel Mediterraneo, la lunghezza massima raggiungibile è di
30-40 cm (alcuni Autori riportano 50 cm); comuni sono individui di 15-25 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Due specie di Calamaro vivono nel Mediterraneo (Loligo forbesi e L.
vulgaris). L. vulgaris può essere distinto per la presenza sulle clave di
una fila mediana di ventose più grandi (stesse dimensioni in L. forbesi) e
di occhi più piccoli. L. vulgaris è spesso commercializzato insieme ad altri
calamari (genere Alloteuthis), da cui è facilmente riconoscibile per
l'estremità del mantello meno appuntita ed allungata (estremità più
appuntita ed allungata nel genere Alloteuthis). Il Calamaro mediterraneo è
spesso confuso con il Totano (Todares sagittatus e Illex coindetii). La
distinzione tra le specie è possibile dal momento che in L. vulgaris le
pinne, unite a formare un triangolo, oltre-passano la metà del mantello (2/3
circa), mentre in T. sagittatus e I. coindetii non ne superano la metà.
DIFFUSIONE E PESCA
Il Calamaro mediterraneo è comune e presente lungo le nostre coste. La
specie è distribuita nell'intero bacino del Mediterraneo ed in Atlantico
orientale da circa 55oN a 20oS (Isole Britanniche e Mare del Nord, fino al
Sud Africa). Loligo vulgaris è oggetto di pesca professionale con reti a
strascico, con reti a circuizione, con numerosi attrezzi da posta, ami ed
esche artificiali. E' catturato anche durante la notte utilizzando fonti
luminose.L'insieme delle specie Loligo nel 1986 e nel 1995 hanno raggiunto
il 20° posto della speciale classifica delle prime 50 specie prodotte in
Italia. La produzione di calamari è passata dalle 7.548 tonnellate prodotte
nel 1986, alle 5.734 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
Il Calamaro è commercializzato fresco o congelato, intero o lavorato
(anelli). Le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 11.932 tonnellate
di calamari freschi, con una diminuzione del 14 % rispetto al 1997. Il
prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato di 13.887 lire (aumento del 7.9
% rispetto al 1997) (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Il Calamaro è specie apprezzata fin dall'antichità. Raffigurazioni di questa
specie sono presenti su piatti di epoca Attica e della Magna Grecia.
L'Istituto Nazionale della Nutrizione indica che 100 grammi di parte edibile
(carni) di Loligo vulgaris contengono 250 UI di vitamina A, 70 mcg di
vitamina B1, 160 mcg di vitamina B2, 144 mg di Calcio, 189 mg di Fosforo e
17.4 mg di Ferro. Infine, 100 g di Calamaro mediterraneo fresco contengono
12.60 g di proteine, 1.74 g di grassi e 0.64 g di carboidrati. Tali valori
diventano di 1.31. g di proteine e 1.5 di lipidi nel calamaro congelato. Una
prova per verificare la residua vitalità di questo come di altri Molluschi è
toccarne leggermente la superficie: il contatto provoca un mutamento dei
colori dell'area e delle zone limitrofe dove è stato praticato lo stimolo.
Un modo agevole di riconoscere gli individui freschi è osservare la
colorazione che deve essere intensa, nitida e brillante. Questa col passare
del tempo si opacizza, sbiadisce; infine, compare un lieve ingiallimento
generale.
LA RICETTA
Tra i vari modi di cucinare i calamari, proponiamo:
Calamari ai frutti di mare
Per 4 persone
600 g di calamari;
50 g di gamberetti (anche surgelati);
50 g di polpa di granchio (anche in scatola);
1 spicchio di aglio tritato finemente;
1 cucchiaio di prezzemolo tritato finemente;
3 filetti di acciuga;
1 cucchiaio di pane grattugiato;
1 cucchiaio di pecorino grattugiato;
1 uovo;
succo di 1 limone;
1 bicchiere di vino bianco;
sale, pepe q.b.
Lavare i calamari, eliminando occhi ed interiora. Far bollire tentacoli e
braccia, insieme ai gamberetti, in acqua salata e resa acidula con succo di
limone. Tritare il tutto. Unire la polpa di granchio, aglio, prezzemolo,
pecorino e pane grattugiato e i filetti di acciuga.
Amalgamare l'insieme con l'uovo, salare e pepare. Riempire il mantello dei
calamari con l'impasto e chiudere con uno stecchino. Disporre i calamari
preparati in una pirofila, cospargerli con il vino e mettere in forno a
fuoco medio (200 gradi circa), dopo averli coperti con un foglio di
alluminio. A cottura ultimata, i calamari dovranno risultare teneri al tocco
della forchetta.
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CEFALO
Mugil cephalus L.
Cro.: Cipli. Dan.: Multe. Fra.: Mulet cabot. Gre.: Képhalos. Ing.: Common
grey mullet. Nor.: Multe. Ola.: Diklipharder. Por.: Taênha, mugem. Spa.:
Lisa, galupe, capiton, mujol. Ted.: Meeräsche.
NOMI DIALETTALI
Mugil cephalus è anche chiamato Volpina o Muggine. I nomi dialettali in
letteratura sono: Cefalo mazzone, Mugella (Abruzzo); Cefalu verace
(Calabria); Cefalo verace, Cefaro mazzone (Campania); Zòevli (Emilia);
Zèvoli, Maciato (Friuli Venezia Giulia); Cefalo vero, Cefalo comune (Lazio)
Carida, Mussao (Liguria); Baldighera, Mazzone (Marche) Capocefalo, Capuozzo
(Puglia); Capulatu, Lustru (Sicilia); Cefalu, Cafanu (Sardegna); Muggine
caparello, Mazzone (Toscana); Volpina e mecie (adulti), Meciati (giovanili)
(Veneto).
DOVE VIVE
Il Cefalo è una specie che vive su fondi rocciosi sabbiosi e melmosi. E'
comune sotto costa, ma anche in mare aperto (fino a profondità di oltre 300
m), alla foce di fiumi e di scarichi fognari. Penetra in acqua salmastra e
può vivere anche in acqua dolce.
COME VIVE
Mugil cephalus vive in piccoli branchi e può Compiere frequenti balzi fuori
dall'acqua. La specie tollera ampie variazioni di temperatura (euriterma) e
di salinità (eurialina), vivendo a temperature dai 2-3 ai 32-34 C ed a
salinità da 4 a 40 ä. I giovani in particolare migrano dal mare in laguna
(montata) in primavera.
LA RIPRODUZIONE
Il Cefalo raggiunge la maturità sessuale nei due sessi a circa tre anni
d'età. La riproduzione avviene in mare da agosto ad ottobre (nel
Mediterraneo). Le uova sono pelagiche, sferiche (diametro di circa 0.70 mm)
e con una goccia oleosa. Alla schiusa, le larve sono lunghe 2.5 mm e con
pigmento nero e giallo.
COSA MANGIA
Il Cefalo è onnivoro e detritivoro; la sua dieta di base è composta di
particellato inorganico ed organico, Plancton vegetale e microorganismi
(Crostacei, Molluschi e larve di Insetti).
COME RICONOSCERLA
Il Cefalo è un Pesce dal corpo fusiforme, robusto, cilindrico al centro e
più compresso in direzione della coda, coperto da 41-45 grandi squame
caduche. La testa è allargata, appiattita e coperta da piccole squame
accessorie, presenti anche sul dorso. La bocca è provvista di denti piccoli
con la parte inferiore sottile, mentre quella superiore più pronunciata. Le
narici sono ben separate. Gli occhi sono ricoperti di una membrana
trasparente (palpebra adiposa), più evidente negli adulti. Le pinne dorsali
sono due, di cui la prima situata a metà tra testa e coda ha quattro raggi
spinosi. Le pinne pettorali sono arrotondate e più lunghe delle pinne
ventrali e presentano alla base superiore un carat-teristico sviluppo osseo.
La linea laterale è assente. La vescica gassosa è di notevoli dimensioni.
L'intestino è caratterizzato da evaginazioni tubolari a fondo cieco (ciechi
pilorici), che in questa specie sono due e che, per disposizione e numero,
costituiscono un carattere distintivo in particolare nei giovanili. La
colorazione del dorso è grigio-cinereo scuro con riflessi azzurri o
verdastri, i fianchi ed il ventre sono argentati. Longitudinalmente sono
evidenti 6-7 fasce di colore bruno nerastro. Una macchia nerastra è presente
alla base delle pinne pettorali.Nel Mediterraneo, Mugil cephalus è il Cefalo
di maggiori dimensioni, raggiungendo una lunghezza massima di 70 cm e 8 Kg
di peso.L'accrescimento è rapido in particolare al primo anno di vita (14
cm); successivamente raggiunge 24 cm (secondo) e 33 cm (terzo anno).
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Nel Mediterraneo sono presenti 6 specie di Mugilidi, di cui 5 con maggiore
valore economico (Cefalo dorato o Liza aurata, Calamita o Liza ramada,
Verzelata o Liza saliens e Bosega o Chelon labrosus). Alcune delle
caratteristiche che permettono la non facile distinzione di Mugil cephalus
dalle altre 4 specie sono la palpebra adiposa molto estesa che circonda gli
occhi ed il numero minore di ciechi pilorici. Inoltre, Liza aurata, L.
ramada e L. saliens sono distinguibili da Mugil anche per il labbro
superiore più sottile. Al contrario, C. labrosus ha un il labbro superiore
più sviluppato e che presenta caratteristiche papille negli adulti.
DIFFUSIONE E PRODUZIONE
Mugil cephalus è diffuso in tutto il Mediterraneo, nel Mar Nero ed
ampiamente presente lungo le nostre coste. Questa specie è distribuita anche
nell'Atlantico nord orientale, dalla Baia di Biscay fino al nord Africa
(Isole Azzorre e Madeira comprese). Nei nostri mari, il Cefalo è pescato
professionalmente con reti da traino pelagico (volanti), da circuizione
(cianciolo), reti da posta, sciabiche, bilance, ecc.E' catturato in laguna
con i lavorieri (barriere fisse che sfruttano le migrazioni a scopo
alimentare, termico e riproduttivo). Il Cefalo è allevato (estensivo ed
intensivo) in tutto il mondo.Mugil cephalus nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto
il 37° ed il 35° della speciale classifica delle prime 50 specie prodotte in
Italia. La produzione, interamente da acquacoltura, è passata dalle 3.200
tonnellate prodotte nel 1986, alle 3.000 tonnellate del 1995 (dati FAO,
elaborazione ISMEA).
MERCATO
Il Cefalo è commercializzato fresco o congelato. Le famiglie italiane nel
1998 hanno acquistato 2.669 tonnellate di cefali freschi, con un aumento del
3.8 % rispetto al 1997. Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato di
18.903 lire, con un aumento del 12.7 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Mugil cephalus ha carni sode e saporite, il cui gusto dipende
dall'alimentazione e dalla qualità dell'ambiente in cui vive. Apprezzamento
particolare è riservato dai buongustai alla bottarga (ovario salato ed
essiccato). Il Cefalo è una specie apprezzata dai consumatori fin
dall'antichità. Lo scrittore greco Diomede narra della pesca nel Nilo di
questa specie nell'antico Egitto e della lavorazione delle uova per produrre
una sorta di bottarga. Raffigurazioni di questa specie ornano piatti di
epoca Attica e della Magna Grecia. Lo scrittore latino Plinio descrive le
tecniche di pesca a questa specie in Fenicia e nella Provincia romana della
Narborense e descrive i vivai per il mantenimento di questa specie di quel
periodo. Dal punto di vista nutrizionale, il Cefalo è un pesce semigrasso,
ma digeribile. L'Istituto Nazionale della Nutrizione riferisce infatti che
100 grammi di parte edibile (carni) di Mugil cephalus fresco contengono
15.80 g di proteine, 0.71 g di carboidrati e 6.78 g di grassi; sono presenti
inoltre vitamine: complesso B (B1: 80 e B2: 210 mcg), vitamina A (100 UI), e
sali minerali: Calcio (38 mg); Fosforo (264 mg) e Ferro (1.2 mg), mentre 100
grammi di parte edibile di bottarga contengono 35.5 g di proteine e 25.7 g
di grassi; non sono presenti vitamine e sali minerali:
LA RICETTA
Il Cefalo, come altro pesce bianco, ha una delle migliori preparazioni nella
"grigliata" .
Proponiamo una preparazione con bottarga di cefalo:
Pasta con la bottarga
Per 4 persone
30 g di bottarga
olio extravergine di oliva
prezzemolo tritato finemente
1 spicchio d'aglio
peperoncino
Mettere in un tegame olio, aglio e peperoncino, a piacere, e soffriggere.
Lasciare raffreddare e aggiungere la bottarga, tagliata a lamelle o
grattata, ed il prezzemolo. Condire gli spaghetti e servire.
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CERNIA
Epinephelus guaza L.
Cro.: Kirnja. Fra.: Mérou noir. Gre.: Rophós. Ing.: Dusky grouper. Ola.:
Tandbaars. Por.: Mero legítimo. Spa.: Mero. Ted.: Riesen-Zackenbarsch.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali usati in letteratura per indicare questa specie sono:
Cernia di scoglio, Cernia nera (Campania); Cerna, Tenca de mar (Friuli
Venezia Giulia); Zerola, Cernia di scoglio (Lazio); Anfouson, Luxerna de
scheuggio (Liguria); Ngernia (Puglia); Cerna, Gernia (Sardegna); Gerna,
Perchia di mari (Sicilia); Cernia di scoglio (Toscana); Tenca de mar
(Veneto).
DOVE VIVE
La Cernia vive su fondi rocciosi, ricchi di grotte e anfratti, a profondità
comprese tra 8 e 100 m. Occasionalmente, si spinge su fondi detritici ai
margini di praterie di Posidonia.
COME VIVE
Gli esemplari di Epinephelus guaza sono solitari, prediligendo occupare un
territorio proprio e annidarsi fra le rocce.
LA RIPRODUZIONE
Nel Mediterraneo, la riproduzione è in estate, quando gli individui maturi
sessualmente si riuniscono a profondità di 15-30 metri per emettere le uova
e gli spermatozoi (gameti). La Cernia è una specie che nel corso della vita,
inverte il proprio sesso, maturando successivamente la gonade femminile e
quella maschile. Gli ovari maturano prima: per i primi 10-12 anni di vita la
Cernia ha caratteristiche sessuali femminili, successivamente acquisisce
caratteri maschili (ermafrodita proteroginica). La maturità sessuale è
raggiunta ad una lunghezza di circa 40-80 cm.
COSA MANGIA
La Cernia è un predatore vorace che si nutre di Molluschi, in prevalenza
cefalopodi, Crostacei e Pesci.
COME RICONOSCERLA
La Cernia è un Pesce di notevoli dimensioni. Il corpo è massiccio e di forma
ovale. La bocca è ampia, più sporgente nella parte inferiore (mandibola)
rispetto alla superiore (mascella); su entrambe, è presente una fila esterna
di denti anteriori caniniformi ed inclinati verso l'interno, seguiti da
serie più interne di denti mobili e depressibili La struttura ossea che
racchiude la camera branchiale (opercolo) ha tre spine: il margine superiore
è dentellato, quello inferiore liscio.La pinna dorsale è unica, con 11
robusti raggi spiniformi nella parte anteriore. Il margine della pinna della
coda è convesso (arrotondato). La colorazione, bruno-rossiccia con macchie
irregolari chiare (grigie o giallastre) più evidenti negli esemplari
giovani, è bruno scura negli adulti. Sul bordo della pinna della coda è
presente una evidente stria bianca, che non è ben visibile negli adulti. Gli
occhi sono di colore azzurro. La lunghezza massima raggiunta da questa
specie è più di 1 m ed un peso di 60 - 70 kg; è comune a 20 - 80 cm. La
Cernia vive anche 40-50 anni ed esemplari sono sopravvissuti in acquario
anche più di 20 anni.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Nei mari italiani, sono presenti quattro specie di Cernia appartenenti al
genere (E. aeneus, E. alexandrinus, E. caninus e E. guaza). E. guaza è
facilmente distinguibile dalle altre tre cernie del genere Epinephelus per
il margine della pinna caudale che è arrotondato (convesso), mentre è
concavo in E. alexandrinus e dritto (giovani) o leggermente concavo (adulti)
in E. caninus e per l'assenza di striature chiare laterali nella testa
(presenti al contrario in E. aeneus). Inoltre, a differenza di E. guaza, la
colorazione delle altre specie tende maggiormente al grigio.Comune è anche
il Dotto o Cernia (Polyprion americanus). Il Dotto è distinguibile dalle
altre quattro cernie del Mediterraneo per la presenza di una spessa cresta
orizzontale ossea, che attraversa l'opercolo.
DIFFUSIONE E PESCA
Ephinephelus guaza è presente in tutto il Mediterraneo, in Atlantico
orientale (dal Golfo di Guascogna all'Angola) ed in Atlantico occidentale
(Brasile e Isole Bermuda). La Cernia è catturata professionalmente nei
nostri mari soprattutto con palangaro di profondità ed occasionalmente con
reti a strascico e da posta. E. guaza nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto
rispettivamente il 34° ed il 46° della speciale classifica delle prime 50
specie prodotte in Italia. La produzione è passata dalle 3.379 tonnellate
prodotte nel 1986, alle 1.454 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione
ISMEA). E' una preda ambita dai pescatori subacquei.
MERCATO
La Cernia è normalmente presente sui mercati italiani, commercializzata
generalmente fresca. Le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 2.075
tonnellate di cernie (diverse specie) fresche, con una diminuzione del 41.3
% rispetto al 1997. Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato di
18.445 lire, con un aumento del 55.9 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
La Cernia ha carni ottime, molto conosciute dai consu-matori sin
dall'antichità. Raffigurazioni di questa specie ornano i mosaici di
Pompei.Dal punto di vista nutrizionale, la Cernia è un pesce classificabile
come mediamente digeribile. L'Istituto Nazionale della Nutrizione indica che
100 grammi di parte edibile (carni) di Cernia surgelata contengono 17 g di
proteine, 2 g di grassi, 11 mg di Calcio, 128 mg di Fosforo, 0.3 mg di
Ferro, 0.04 mg di Vitamina B1, 0.12 mg di Vitamina B2.
LA RICETTA
La Cernia può essere preparata al forno, sfilettata e fritta, ecc. La testa
può essere cotta in un ottimo sugo.
Proponiamo una ricetta gustosa e di facile preparazione:
Zuppa di cernia
Per 4 persone
1 kg circa di cernia in tranci
300 g di pomodori maturi
300 g di patate tagliate a fette
? bicchiere di vino bianco secco
cipolla, aglio, sedano, alloro e timo
olio extravergine di oliva
fette di pane abbrustolito
prezzemolo tritato finemente
sale, pepe
In un tegame, mettere olio, cipolla a fettine, 2 spicchi d'aglio e un
mazzetto di sedano, alloro e timo. Soffriggere a fuoco lento ed aggiungere i
pomodori, dopo averli spellati e tagliati. Salare, pepare e mescolare.
Aggiungere il vino bianco, facendo asciugare, e quindi le fette di patate,
coprendo il tutto con acqua fredda, e proseguire la cottura. A cottura
avanzata delle patate, togliere mazzetto di odori ed aglio, aggiungendo le
fette di Cernia e proseguire la cottura ad ebollizione accennata. A cottura
ultimata, spegnere il fuoco, aggiungere prezzemolo tritato e un cucchiaio
d'olio. Dopo aver strofinato il pane abbrustolito con l'aglio, metterlo in
un piatto da portata e coprirlo con le fette di cernia, le patate e versarvi
quindi il liquido di cottura. Servire ben caldo.
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COZZA
Mytilus galloprovincialis Lamarck
Cro.: Dagnje. Dan.: BlOmusling. Fra.: Moule commune. Gre.: M?di. Ing.: Blue
Mussel. Nor.: BlOskjell. Ola.: Mossel. Por.: Mexilh<o. Spa.: Mejillón. Ted.:
Miesmuschel, Pfahlmuschel.
NOMI DIALETTALI
La Cozza è anche chiamata Mitilo. I nomi regionali in letteratura sono:
Cozza nera, Cozzica (Campania); Peocio, Pedòcio (Friuli Venezia Giulia);
Dattero nero, Musculu (Liguria); Dattero nero, Muscolo (Lazio); Coppola
musciolino, Peocio (Marche); Cozzica, Cozzela (Puglia); Anapinnula, Arcella
niura (Sicilia); Cocciula de niaccara, Cozzula niudda (Sardegna); Peocio,
Peocio de vale (Veneto).
DOVE VIVE
Mytilus galloprovincialis è presente su fondi costieri. Vive, in condizioni
particolari, in lagune o laghi costieri.
COME VIVE
La Cozza vive in comunità molto numerose, su rocce o substrati duri, a cui
aderisce mediante il bisso (composto a base di cheratina che solidifica a
contatto con l'acqua) emesso a più riprese nel corso della vita. La salinità
di crescita è intorno al 28-34 ä (ottimale: 27-30 ä). Non sopravvive a
temperature maggiori di 28°C.
LA RIPRODUZIONE
La riproduzione ha luogo alle nostre latitudini durante l'intero arco
dell'anno (massima attività in primavera ed autunno). La maturità sessuale
viene raggiunta a 5-8 mesi dopo il fissaggio (35 mm). L'attività sessuale
dura per l'intero arco della vita. I gameti (spermi ed uova) sono emessi
nell'acqua, dove avviene la fecondazione. Il mantello cambia colore ed
aspetto a seconda dello stadio di maturità sessuale: mantello spesso e di
colore bianco giallastro o avorio (riposo sessuale); disegno a rete (I e II
stadio di maturità); massimo spessore e colorazione giallo-crema nei maschi
e rosso-arancio nelle femmine (maturità sessuale ed emissione dei gameti).
Sono presenti diversi stadi di sviluppo larvale, fino a quello (500 micron)
in cui la larva simile all'adulto si fissa con il bisso.
COSA MANGIA
Mytilus galloprovincialis è un animale filtratore e si nutre di plancton e
particelle organiche in sospensione. Il processo di filtrazione si arresta a
salinità inferiori al 13 ä ed a temperature inferiori agli 8°C.
COME RICONOSCERLA
La Cozza è un Mollusco con la conchiglia divisa in due valve (bivalve). La
conchiglia è di carbonato di calcio estratto dall'acqua di mare. Le valve
sono tenute insieme da un meccanismo a cerniera costituito da 3-4 dentelli.
La singola valva ha forma di ovale allungato, squadrato e cuneiforme, con
bordo appiattito e ben arrotondato su un lato ed appuntito con uncino
terminale lievemente curvato sull'altro. La superficie esterna della valva è
formata da sottili cerchi (accrescimento) radiali e concentrici;
internamente è liscia. All'interno della conchiglia, il mantello racchiude
gli organi interni (branchie, cuore, centri nervosi, intestino, muscoli
adduttori, organi riproduttivi, palpi labiali, sifone inalante ed esalante e
stomaco). La vita media di questa specie è di circa 4 anni.La colorazione
esterna della conchiglia è nerastra o nero violacea. La colorazione interna
è madreperlacea, mentre il bordo del mantello è violetto o violetto
porpora.La specie può raggiungere una lunghezza massima di 11 cm; la taglia
di mercato è di 6 cm, raggiunta in circa 14 mesi.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Con il nome di Cozza o Mitilo è anche conosciuto il Mytlius edulis e in
qualche zona la Modiola (Cozza pelosa). Le caratteristiche che permettono la
distinzione tra le diverse specie di mitili sono legate alle forma ed alla
colorazione delle valve. M. galloprovincialis differisce da M. edulis per la
forma più squadrata, meno allungata e conica; inoltre la colorazione esterna
di M. edulis è bruno nerastra o nerastra e la colorazione interna del bordo
del mantello è bruno giallastra. Ben riconoscibile la Modiola (Modiolus
barbatus) per la presenza di una consistente peluria sulla parte inferiore
della conchiglia. Tra le specie a distribuzione atlantica, ricordiamo Perna
perna che ha colorazione esterna bruno fulva con riflessi verdastri.
DIFFUSIONE E PRODUZIONE
La Cozza vive nel Mediterraneo, nel Mar Nero ed in Atlantico, dalla Manica
fino alle coste del Marocco. Mytilus galloprovincialis è oggetto di pesca
professionale, principalmente effettuata da operatori subacquei
professionali. La pesca non ad uso commerciale, effettuata senza l'impiego
di attrezzi e nel rispetto delle normative sanitarie vigenti, è
regolamentata dal DM del 10 aprile 1997 che fissa un prelievo massimo pro
capite di 3 Kg.E' intensamente allevata con diversi sistemi. La Cozza nel
1986 e nel 1995 ha raggiunto il 1° posto della speciale classifica delle
prime 50 specie prodotte in Italia. La produzione di cozze è passata dalle
78.561 tonnellate (di cui 67.000 in acquacoltura) prodotte nel 1986, alle
116.425 tonnellate (95.000 in acquacoltura) del 1995 (dati FAO, elaborazione
ISMEA).
MERCATO
Mytilus galloprovincialis è commercializzata viva, surgelata, sgusciata e
preparata in conserva. Le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 23.575
tonnellate di cozze fresche, con una diminuzione del 4.4 % rispetto al 1997.
Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato di 3.748 lire, con un
aumento del 3.5 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
La Cozza ha carni gustose apprezzate dai consumatori. A tale proposito,
l'Ismea-Nielsen indica questa specie tra le 10 specie di fresco più
acquistate in Italia nel 1996, gradita tanto ai consumatori del nord, che a
quelli del centro e del sud Italia. Dal punto di vista nutrizionale, 100
grammi di parte edibile (carni) come indica l'Istituto Nazionale della
Nutrizione di Cozza contengono 2.7 g di grassi, 3.4 g di carboidrati 11.7 g
di proteine, sali minerali (88 mg di Calcio, 236 mg di Fosforo e 5.8 mg di
Ferro) e vitamina B1 (0.10 mg) e B2 (0.14 mg).
LA RICETTA
Una preparazione molto gustosa per i frutti di mare (cozze, cappesante,
canestrelli, cannolicchi, fasolari) di tradizione
marinara è:
Frutti di mare gratinati
Occorrono, oltre ai frutti di mare, pangrattato, olio, sale e pepe.
Lavare con cura le cozze. Metterle a cuocere in una padella per farle
aprire. A cottura, separare i frutti di mare dalle valve. In una insalatiera
mescolare pangrattato, olio, sale e pepe, aggiungendo le cozze. Riempire le
valve vuote con l'impasto e disporle in una teglia da forno. Porre la teglia
in forno per pochi minuti fino a quando l'impasto incomincia ad indorare.
Servire tiepidi, aggiungendo a piacere gocce di limone.
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GAMBERO ROSSO MEDITERRANEO
Aristeus antennatus (Risso)
Ingl.: Blue and red shrimp. Franc.: Crevette rouge. Spagn.: Gamba rosada.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali disponibili in letteratura per questa specie sono: Gambào
rossuciãeo (Liguria); Ammiru cani (Sicilia). Il nome scientifico di questa
specie deriva Aristeus (Aristèo), figura mitologica greca, figlio di Apollo
e di Climene e pastore nella valle di Tempe (antica Tessaglia).
DOVE VIVE
Il Gambero rosso mediterraneo è una specie demersale, predilige fondi
fangosi e vive tra i 200 e 1000 m, ma è più comune a profondità comprese tra
i 300 e gli 800 m.
COME VIVE
Aristeus antennatus è una specie gregaria, che vive in gruppi numerosi,
effettuando spostamenti verticali da profondità minori (circa 200 m) dove è
presente durante la notte, a profondità maggiori (circa 800 m), dove
soggiorna durante il giorno.Il Gambero rosso mediterraneo effettua anche
migrazioni stagionali, stazionando in acque meno profonde nei periodi più
freddi.
LA RIPRODUZIONE
La specie è a sessi separati. Le femmine raggiungono la maturità sessuale in
estate.Le larve alla schiusa sono piatte, con lunghi arti e nuotano in
superficie conducendo vita pelagica, per poi mutare più volte fino a
diventare giovanili e posarsi sul fondo.
COSA MANGIA
Aristeus antennatus si nutre di detrito inorganico ed organico (piccoli
organismi animali o vegetali morti od in decomposizione).
COME RICONOSCERLA
Il Gambero rosso mediterraneo è un Crostaceo di taglia media, con corpo
compresso lateralmente, costituito da una parte anteriore (cefalotorace,
fusione tra testa e torace) ed una parte posteriore (addome) segmentata. Il
cefalotorace è ricoperto di una robusta corazza (carapace) con numerose
spine ed è provvisto di 13 paia di appendici, tra cui un paio di antennule,
di antenne, di mandibole, 2 paia di mascelle, 5 paia di arti per la
locomozione (o pereiopodi). Quattro paia di pereiopodi terminano con una
piccola pinza.Il cefalotorace è seguito dalla regione posteriore o addome,
che è costituita da 6 segmenti articolati, lisci ed intersecati
longitudinalmente da una piega, di cui i primi 5 sono muniti ciascuno di un
paio di appendici per il nuoto (pleopodi) ed il sesto è formato da appendici
a lamelle (uropodi) e termina con un venta-glio (telson o coda). Il carapace
è armato da un rostro munito nella parte superiore di tre denti. Il rostro
presenta un dimorfismo sessuale (più lungo nelle femmine), particolare che
permette una sommaria identificazione del sesso. I grossi occhi sono
localizzati su un peduncolo sotto il rostro e che sormonta l'apparato
boccale.La colorazione del corpo è rosso-chiara o rosea, con sfumature
violacee nella parte superiore del carapace e lungo le giunture dei segmenti
dell'addome. La lunghezza massima di questa specie è di circa 22 cm, comune
a da 10 a 18 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Aristeus antennatus viene spesso commercializzato con un'altra specie
denominata Gambero rosso mediterraneo (Aristaeomorpha foliacea). Il
carattere che permette la distinzione delle due specie è il numero di denti
nella parte superiore del rostro (3 in A. antennatus e 5-6 in A. foliacea).
Aristeus antennatus può essere scambiato per la colorazione anche con il
Gambero rosso atlantico (Plesiopenaeus edwardsianus). Un carattere che
permette la distinzione tra le specie è la presenza in Plesiopenaeus
edwardsianus di un'appendice del cefalotorace (massillipede), frangiata da
una doppia fila di lunghi peli a formare una piuma.
DIFFUSIONE E PESCA
Il Gambero rosso mediterraneo è ampiamente presente lungo le nostre coste,
ad eccezione di alto e medio Adriatico.A. antennatus è diffuso nell'intero
bacino del Mediterraneo e presente anche in Oceano Atlantico, dal Portogallo
al Marocco fino alle Isole di Capo Verde.Il Gambero rosso mediterraneo è
catturato dalla pesca professionale con reti a strascico.I gamberi e le
mazzancolle (insieme di specie dif-ferenti) nel 1986 e nel 1995 hanno
raggiunto il 10° e l'11° posto della speciale classifica delle prime 50
specie prodotte in Italia.La produzione di gamberi e le mazzancolle è
passata dalle 14.270 tonnellate prodotte nel 1986, alle 10.348 tonnellate
del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
A. antennatus è commercializzato fresco o congelato (intero o decapitato),
spesso insieme ad altre specie come A. foliacea e P. edwardsianus Le
famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 5.445 tonnellate di gamberi e
mazzancolle fresche, con una diminuzione del 22.5 % rispetto al 1997. Il
prezzo medio al chilogrammo di gamberi e mazzancolle nel 1998 è stato di
23.853 lire, con un aumento del 3.3 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Il Gambero rosso mediterraneo ha carni delicate, molto apprezzate dai
consumatori.Il valore nutrizionale di questa specie è buono, in particolare
per l'apporto di carboidrati, vitamine e sali minerali. I dati dell'Istituto
Nazionale della Nutrizione indicano che 100 grammi di parte edibile (carni)
di A. antennatus fresco contengono 13.59 g di proteine, 2.98 g di
carboidrati e 0.57 g di grassi insaturi. Il Gambero rosso mediterraneo ha un
ottimo contenuto in sali minerali (Calcio: 110 mg; Fosforo: 349 mg, Ferro:
1.8 mg) ed in vitamine (A: 1000 UI, B1: 80 mcg; B2: 99 mcg).Gli individui
freschi hanno colori intensi, nitidi, lucidi e brillanti, ed occhi nero
lucenti, turgidi e prominenti.
LA RICETTA
Il Gambero rosso, come altri Crostacei, può essere gustato lessato,
"grigliato" od in padella. Proponiamo una preparazione per gli spaghetti:
Pasta con i gamberi
Per 4 persone
500 g di gamberi
500 g di pomodori pelati
2 cucchiai di prezzemolo tritato finemente
2 spicchi d'aglio
olio, peperoncino
Far lessare i gamberi per circa 5 minuti, quindi scolarli togliendo le teste
e code. Sgusciare i gamberi e tagliarli a fette sottili. Mettere in un
tegame olio, aglio e peperoncino, a piacere, le teste e le code e far
soffriggere. Aggiungere quindi i pelati e far cuocere, dopo aver eliminato
gli spicchi d'aglio. Quando il sugo si sarà ritirato, aggiungere le fette di
gambero e terminare la cottura. Condire gli spaghetti, spolverandoli con il
prezzemolo tritato, e servire.
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NASELLO
Merluccius merluccius L.
Cro.: Oslic. Dan.: Kulmule. Fra.: Merlù commun, merluche, colinet (giovani).
Gre.: Bakaliáros. Ing.: European hake. Nor.: Lysing. Ola.: Heek. Por.:
Pescada, pescada-branca, pescada-marmorata, pescadinha. Spa.: Merluza
europea, Pescadilla (giovanili). Ted.: Seehecht.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali in letteratura per indicare, adulti e giovanili, sono:
Merluzzo (Abruzzo); Mirruzzu, Mirruzzu giannettino (Calabria); Merluzzo,
Merluzziello (Campania); Merluzzo, Pesse prete (Friuli Venezia Giulia);
Merlan, Capelan (Liguria); Merluzzo, Pesce Lupo (Marche); Mazzune, Maggime
(Puglia); Marluzzu, Pisci incànu (Sardegna); Maruzzo, Merruzzu (Sicilia);
Merluzzo (Toscana); Merluzzo, Lova (Veneto).Il termine Merluccius deriva
secondo alcuni Autori da Maris lucius (luccio di mare).
DOVE VIVE
Il Nasello vive su fondali sabbiosi e fangosi. Gli adulti sono comuni a
profondità comprese tra i 70 ed i 370 m, ma sono stati trovati individui
anche dai 30 a 1000 m.
COME VIVE
Merluccius merluccius migra verso acque più profonde nella stagione
invernale, mentre è presente a minori profondità nella stagione estiva. Gli
adulti durante il giorno lasciano il fondo per alimentarsi. Gli stadi
larvali e giovanili vivono presso la costa, senza relazioni con il fondo. A
circa 3 cm di lunghezza, i giovani si dirigono verso il largo, spostandosi
sul fondo, dove dimorano gli adulti.
LA RIPRODUZIONE
Ha sessi separati.Nelle nostre acque, Merluccius merluccius si riproduce
durante l'intero arco dell'anno, ma principalmente da dicembre a giugno, a
profondità comprese tra i 100 ed i 150 m.Le uova, da 2 a 7 milioni per
femmina, sono sferiche, con diametro circa 1 mm, e galleggianti (provviste
di una goccia oleosa). Nel periodo riproduttivo, gli adulti maturi formano
grandi branchi, per poi disperdersi a riproduzione avvenuta.
COSA MANGIA
Il Nasello adulto si nutre principalmente di piccoli pesci (piccoli della
sua specie, pesce azzurro, ecc.) e Calamari, mentre in età giovanile,
essenzialmente, di piccoli Crostacei.
COME RICONOSCERLA
Il Nasello è un Pesce di taglia media, con corpo allungato e poco compresso.
La testa è lunga, con la parte superiore appiattita, bocca grande, con
mascelle con due o tre serie di denti, di cui quelli interni mobili. Gli
occhi sono vicini al profilo superiore della testa. Da notare, la presenza
di un'incisione a forma di V con apice sulla sommità della testa, rivolta
posteriormente. Il Nasello ha due pinne dorsali distinte, di cui la prima
alta e triangolare e la seconda lunga e con la parte posteriore più alta. La
pinna caudale è triangolare.La colorazione è grigio acciaio sul dorso,
argentea lungo i fianchi e bianca sul ventre. Le pinne sono grigie. Negli
adulti, la bocca è nerastra. Gli individui del Mediterraneo sono comuni ad
una taglia compresa tra 30 e 40 cm, ma possono anche raggiungere i 110 cm
(140 cm e 15 Kg, in Atlantico). Da notare che nel Mediterraneo la crescita
dei naselli è più veloce alle basse latitudini e nelle femmine.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Al genere Merluccius appartengono 13 specie, di cui dieci vivono
parzialmente o totalmente in Oceano Atlantico. M. merluccius è l'unica, che
vive anche in Mediterraneo. La specie più vicina al Mediterraneo come
distribuzione è il M. senegalensis, che occupa la costa nordoccidentale
dell'Africa, dal Marocco alla Costa d'Avorio. M. merluccius è distinguibile
da M. senegalensis per la colorazione sul dorso (più scura o tendente al
nerastro in quest'ultimo. La distinzione con le altre specie di Naselli è
non semplicissima ad un primo esame, in quanto basata sulla differenza nel
numero di raggi delle pinne, di squame sulla linea laterale, di archi
branchiali o sul numero di vertebre. Il nome Merluzzo può generare
confusioni con le specie appartenenti al genere Gadus e caratteristiche del
nord Atlantico; queste sono molto diverse dal Nasello e si distinguono
facilmente per la presenza di una piccola appendice (barbiglio) nella parte
inferiore della bocca, dalla forma e colorazione più scura e dalla presenza
di caratteristiche macchie sul dorso e sui fianchi.
DIFFUSIONE E PESCA
Il Nasello è molto comune ed uniformemente distribuito nei mari
italiani.Merluccius merluccius è presente in tutto il Mediterraneo, nella
parte meridionale del Mar Nero ed in Atlantico, lungo tutte le coste
europee, dalla Penisola scandinava alla Mauritania. Questa specie è stata,
sin dall'antichità, una importante fonte di cibo per le popolazioni
dell'Europa occidentale.Merluccius merluccius è oggetto di pesca
professionale con reti da traino (strascico e pelagiche), con palangari di
profondità e con attrezzi fissi. Il Nasello nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto
rispettivamente il 7° ed il 6° posto della speciale classifica delle prime
50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata dalle 24.372
tonnellate prodotte nel 1986, alle 38.051 tonnellate del 1995 (dati FAO,
elaborazione ISMEA).
MERCATO
Il Nasello è presente normalmente sui mercati italiani, commercializzato
principalmente fresco, refrigerato o congelato. Al contrario, il Merluzzo
atlantico, intero od in filetti, è reperibile sui mercati italiani,
essiccato (stoccafisso), salinato ed essiccato (baccalà).
Le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 1.911 tonnellate di naselli
freschi, con una diminuzione del 31.4 % rispetto al 1997.Il prezzo medio al
chilogrammo nel 1998 è stato di 19.904 lire, con un aumento del 0.7 %
rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Il Nasello ha carni bianche, pregiate, molto apprezzate dai consumatori
italiani ed europei sin dall'antichità quale importante fonte di cibo. Il
Nasello è un pesce magro e particolarmente digeribile.Il valore nutrizionale
di M. merluccius è alto, come in tutti i pesci, per il buon apporto
proteico, vitaminico e di sali minerali. Dai dati dell'Istituto Nazionale
della Nutrizione risulta che 100 grammi di parte edibile (carni) di Nasello
contengono 13.91 g di proteine, 0.76 g di carboidrati, con un contenuto
basso in grassi (2.65 g); sono presenti inoltre vitamine del complesso B
(B1: 50 mcg e B2: 80 mg), mentre è assente la vitamina A. Il Nasello ha un
contenuto medio in sali minerali (Calcio: 25 mg; Fosforo: 150 mg e Ferro:
0.7 mg).
LA RICETTA
Proponiamo una ricetta di facile preparazione:
Nasello al burro fuso
Per 4 persone
1 nasello da circa 1 kg e 1/2
250 g di burro fuso
300 g di patate
sale
Mettere il Nasello in una pentola e farlo sobbollire fino a completa cottura
in acqua leggermente salata. A cottura ultimata, lasciare riposare per
alcuni minuti il Nasello nell'acqua di cottura e quindi pulirlo. A parte,
lessare le patate a spicchi. Porre il Nasello in un piatto da portata e
guarnirlo con le patate. Servire il Nasello, con a parte il burro fuso.
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ORATA
Sparus aurata L.
Cro.: Komarca. Fra.: Dorade royale. Gre.: Bakaliáros. Ing.: (Gilt-head) Sea
bream. Ola.: Goudbrasem. Por.: Dourada. Spa.: Dorada. Ted.: Seehecht.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali usati in letteratura per indicare questa specie sono:
Orada, Dorada (Abruzzo); Aurata (Campania); Doràda, Oràda (Friuli Venezia
Giulia); Dorata (Lazio); Auràda, Aurata (Liguria); Aurada, Orada (Marche);
Arata, Arate (Puglia); Cagnina, Canina (Sardegna); Aràta, Auràta (Sicilia);
Aurata, Dorata (Toscana); Doràda, Oràda (Veneto).
DOVE VIVEL'Orata vive su fondi sabbiosi e tra praterie di Posidonia: i giovanili fino
a 40 metri di profondità, gli adulti fino a circa 100 metri.
COME VIVE
Sparus aurata vive solitaria od in piccoli gruppi di individui di diverse
età. E' una specie che tollera salinità da 20 a 45ä (eurialina),
caratteristica che le permette di penetrare in lagune e stagni costieri in
cui migra, in genere, all'inizio della primavera e che abbandona al
sopraggiungere dell'inverno. In questa stagione, si sposta in acque più
profonde, sia per evitare le basse temperature, che a scopo riproduttivo. La
sua resistenza alle basse temperature è scarsa (valori minori di 5 ¼ C
rappresentano la soglia letale).
LA RIPRODUZIONE
L'Orata, nel corso della vita, inverte il proprio sesso: per i primi 2 anni
di vita ha caratteristiche sessuali maschili, successivamente acquisisce
caratteri femminiIi (ermafrodita proterandrica). I maschi raggiungono la
maturità sessuale a 20-30 cm, le femmine a 35-40 cm. Il periodo riproduttivo
è tra ottobre e dicembre, quando la temperatura dell'acqua è compresa tra 14
e 16¼C. Le uova sono sferiche (diametro di circa 1 mm), pelagiche (una
goccia oleosa).
COSA MANGIA
Sparus aurata si nutre di Crostacei, Policheti, Oloturie e soprattutto di
Molluschi; per tale motivo, è una specie temuta dagli allevatori.
COME RICONOSCERLA
L'Orata è un Pesce di medie dimensioni. Il corpo è ovale, alto e compresso
ai lati. La testa è robusta con la parte anteriore dal profilo decisamente
ripido. La parte superiore della bocca (mascella) è leggermente sporgente
rispetto a quella inferiore (mandibola). I denti sono robusti: caniniformi
nella parte anteriore e, in serie, molariformi e via via più grandi (adatti
a frantumare i gusci di conchiglie e Crostacei) nella parte posteriore della
bocca. L'unica pinna dorsale, come anche quella anale, presenta sia raggi
spinosi che molli. Le pinne pettorali sono lunghe, le addominali
notevolmente più corte. La pinna della coda è formata da due lobi ben
distinti. Le squame sono assenti sul muso. La linea laterale è evidente.La
colorazione del dorso è grigia, con riflessi azzurro-dorati sul dorso e
argentea sui fianchi. Alla sommità della testa è evidente, tra gli occhi,
una caratteristica fascia dorata. Una banda nera colora l'opercolo fino
all'inizio della linea laterale. In corrispondenza della pinna pettorale, si
trova una macchia rossa più o meno evidente. La pinna dorsale ha sfumature
grigio-azzurastre, quella della coda grigio-verdi. L'intensità e la
distribuzione dei colori è comunque dipendente dall'età degli
individui.L'Orata può raggiungere i 20 anni di vita. La massima lunghezza
raggiunta è di 70 cm; comuni sono gli esemplari lunghi 30-35 cm e del peso
di kg o poco più.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
L'Orata è facilmente distinguibile dalle specie che appartengono agli altri
8 generi della stessa famiglia (Sparidi) nel Mediterraneo (Dentex, Diplodus,
Pagellus, Lithognathus, Spondyliosoma, Oblada, Boops e Sarpa) principalmente
per la colorazione. Infatti, Sparus aurata si distingue per l'inconfondibile
banda dorata al centro del muso. Altri caratteri distintivi sono diversa
forma e presenza di denti caratteristici del tipo di alimentazione. L'Orata
è l'unica specie del genere Sparus nel Mediterraneo.
DIFFUSIONE E PRODUZIONE
Sparus aurata è comune in tutto il Mediterraneo, soprattutto occidentale e
settentrionale; presente in Atlantico orientale (dalla Gran Bretagna al
Senegal). L'Orata è pescata professionalmente nei nostri mari con reti a
strascico, con palangari e da posta. In Italia, è una delle principali
specie impiegate nella vallicoltura e nella gestione lagunare ed in
acquacoltura intensiva.Sparus aurata nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto
rispettivamente il 40° ed il 23° posto della speciale classifica delle prime
50 specie prodotte in Italia. La produzione di orate è passata dalle 2.875
tonnellate (450 in acquacoltura) prodotte nel 1986, alle 5.276 tonnellate
(5.100 in acquacoltura) del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).E' una preda
ambita dai pescatori sportivi.
MERCATO
L'Orata è commercializzata fresca o congelata. Le famiglie italiane nel 1998
hanno acquistato 12.171 tonnellate di orate fresche, con un aumento del 5.3
% rispetto al 1997. Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato di
18.451 lire, con un aumento del 0.9 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Sparus aurata ha carni ottime, conosciute ed apprez-zate dai consumatori sin
dall'antichità. Secondo lo scrittore latino Colummella, presso i Romani,
orate e spigole pescate in mare erano allevate nei laghi interni.
Successivamente, tale pratica fu sostituita dall'utilizzo di piscine
alimentate con acqua di mare.Lo scrittore latino Marziale ricorda la bontà
delle carni di orate allevate con Molluschi (ostriche) nel lago Lucrino da
Sergius Orata, che secondo un altro autore (Varrone) avrebbe preso il
cognome dalla sua predilezione per questo pesce. Orate sono frequentemente
raffigurate nei mosaici di Pompei Dal punto di vista alimentare, l'Istituto
nazionale della Nutrizione informa che 100 grammi di parte edibile (carni)
di Orata contengono 19.8 g di proteine, 1.2 g di grassi, vitamine e sali
minerali (B1: 0.04 mg, B2: 0.14 mg, Potassio: 309 mg, Fosforo: 125 mg e
Calcio: 12 mg).
LA RICETTA
L'Orata, come altro pesce bianco e Sparidi in genere, ha una delle migliori
preparazioni nella "grigliata", ma il prodotto
fresco da anche ottimi risultati se arrostito o "al cartoccio".
Proponiamo una ricetta semplice:
Orata al vino bianco
Per 4 persone
1 o 2 orate (circa 800 g)
cipolla, aglio
1/4 di l di vino bianco secco
1/2 limone
olio extravergine di oliva
farina
sale, pepe
Lavare accuratamente, pulire dalle interiora ed infarinare il pesce. Tritare
finemente l'aglio e la cipolla. Ungere una pirofila con l'olio e quindi
porvi il pesce, bagnandolo con il vino bianco e con il succo di mezzo
limone.Condire con sale e pepe. Cuocere il pesce su un fornello a fuoco
moderato, cospargendolo, di tanto in tanto, con il liquido di cottura, fino
a portarlo ad ebollizione. Passare quindi la pirofila in forno e portare a
cottura l'Orata, facendo ritirare il liquido di cottura. A cottura ultimata
(il pesce deve avere la superficie dorata), estrarre la pirofila dal forno,
disporre l'Orata in un piatto da portata e servire.
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OSTRICA
Ostrea edulis (L.)
Cro.: Kamenica. Dan.: ¯sters. Fra.: Hu"tre plate. Gre.: Strêdia. Ing.:
Common oyster. Nor.: ¯sters. Ola.: Oester. Por.: Ostra-plana, europeia.
Spa.: Ostra (plana). Ted.: Auster.
NOMI DIALETTALI
Ostrea edulis è conosciuta anche come Ostrica piatta. I nomi regionali
consultabili in letteratura utilizzati per indicare questa specie sono:
Ostreca, Ostreca verace (Campania); Ostrighi (Emilia); Ostrega, ñstriga
(Friuli Venezia Giulia); Ostrega (Liguria); Osteca, Oscere (Puglia);
Ostioni, Ostioni burdu (Sardegna); Ostrega (Veneto).
DOVE VIVE
L'Ostrica vive su fondi costieri duri fino a profondità di 40 m.
COME VIVE
Ostrea edulis vive in comunità numerose, fissata con una delle due valve a
rocce o substrati duri, tramite sostanze cementanti.
LA RIPRODUZIONE
L'Ostrica è ermafrodita insufficiente. Possiede infatti contemporaneamente
organi sessuali maschili e femminili, che alterna a seconda della fase di
accrescimento e della stagione. La riproduzione ha luogo alle nostre
latitudini dalla primavera all'autunno, con un massimo in giugno e luglio.La
fecondazione avviene tra individui diversi ed all'interno alla conchiglia. I
gameti maschili (spermi), emessi nell'acqua, sono trasportati nella
conchiglia di un altro individuo, dove avviene la fecondazione. Alla
schiusa, le larve (veliger), munite di ciglia vibratili, sono ancora
contenute all'interno della conchiglia (specie larvipara) e successivamente
sono liberate nell'acqua, dove conducono per circa 2 settimane vita
pelagica, prima fissarsi sul fondo. La fase femminile è caratterizzata dalla
produzione di un notevole numero di uova (da 100.000 a 1.500.000).
COSA MANGIA
Ostrea edulis è una specie filtratrice. La sua dieta è composta
essenzialmente di plancton vegetale e materiale organico in sospensione.
COME RICONOSCERLA
L'Ostrica è un Mollusco con conchiglia esterna di carbonato di calcio
composta di due parti (valve) diverse, di forma variabile ma generalmente
tondeggianti, tenute insieme da un meccanismo a cerniera senza dentelli. La
valva superiore è piatta e riccamente squamata con strie radiali di
accrescimento poco distinte. La valva inferiore, che si fissa al substrato,
è leggermente convessa, più grande di quella superiore e con bordi
sfrangiati ed ha forma tondeggiante, lievemente squadrata e cuneiforme, con
bordo appiattito e ben arrotondato su un lato ed appuntito con uncino
terminale lievemente curvato sull'altro.La superficie esterna della valva è
formata da sottili cerchi (accrescimento) radiali e concentrici verso la
parte appuntita. L'interno delle valve è liscio, costituito di materiale
madreperlaceo, con un'unica impronta per il muscolo adduttore. All'interno
della conchiglia è presente il mantello dove sono compresi gli organi
interni (branchie, cuore, centri nervosi, intestino, muscolo adduttore,
organi riproduttivi, palpi labiali e stomaco). La colorazione esterna della
conchiglia è grigia, grigio-brunastra o verdastra, più o meno macchiata di
bruno o viola. La colorazione interna è madreperlacea, biancastra.La specie
può raggiungere un diametro massimo di 15-20 cm, ma è comune a 6 - 8 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Ostrea edulis è facilmente distinguibile, per la forma delle valve
essenzialmente tondeggiante, dalle altre ostriche presenti sui nostri
mercati, l'Ostrica portoghese (Crassostrea angulata) e l'Ostrica giapponese
(C. gigas), entrambe conosciute con il nome di Ostrica concava e che hanno
la valva a forma di ovale allungato.
DIFFUSIONE E PRODUZIONE
L'Ostrica è ampiamente presente lungo le nostre coste ed è la diffusa e
coltivata nel Mediterraneo. Questa specie è presente nel Mar Nero ed in
Atlantico orientale, dalla Norvegia fino al Marocco. Ostrea edulis è oggetto
di pesca professionale principalmente con attrezzi da traino per Molluschi.
La pesca non ad uso commerciale, effettuata senza l'impiego di attrezzi e
nel rispetto delle normative sanitarie vigenti, è regolamentata dal DM del
10 aprile 1997.L'allevamento di questa specie era già praticato presso i
Romani. Tra la fine del II secolo e l'inizio del I secolo avanti Cristo,
Sergius Orata fu il primo ad installare impianti per l'ostricoltura a Baia,
come ricordano Plinio e Cicerone ed altri scrittori latini. Ostrea edulis è
oggi intensamente allevata. L'Ostrica nel 1986 ha raggiunto il 26° posto
della speciale classifica delle prime 50 specie prodotte in Italia, con una
produzione di 5.000 tonnellate tutte da acquacoltura (dati FAO, elaborazione
ISMEA).
MERCATO
L'Ostrica viene commercializzata principalmente fresca (viva). Le famiglie
italiane nel 1998 hanno acquistato 572 tonnellate di ostriche, con un
aumento del 29.4 % rispetto al 1997.Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998
è stato di 9.883 lire, con un aumento del 7 % rispetto al 1997
(ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
L'Ostrica era considerata dai Romani una vera ghiottoneria, in particolare
quelle provenienti dal lago Lucrino; testimonianze di ciò sono presenti
negli scritti di letterati dell'epoca, quali Giovenale, Orazio e Petronio.
Questa specie ha carni gustose, consumate generalmente crude e
particolarmente apprezzate dai buongustai.Dal punto di vista nutrizionale,
100 grammi di parte edibile (carni) di Ostrica contengono 0.9 g di grassi,
10.8 g di proteine, un notevole contenuto di sali minerali (Calcio: 190 mg,
Ferro: 7 mg, Fosforo: 270 mg, Potassio: 260 mg, Rame: 7.6 mg, Sodio: 510 mg,
Zinco: 45 mg) e vitamina B1 (0.10 mg) e B2 (0.20 mg) e C in tracce.
LA RICETTA
Le ostriche sono degustate principalmente crude, con una spruzzata di
limone.
Proponiamo una ricetta di facile preparazione per le ostriche:
Riso con le ostriche
Per 4 persone
300 g di riso
12 ostriche
3 spicchi d'aglio
1 cucchiaio di cipolla tritata finemente
olio extravergine di oliva
3/4 circa di un litro di brodo, preferibilmente di pesce
Mettere in una padella antiaderente un cucchiaio di olio e 2 spicchi d'aglio
e farli imbiondire.Aggiungere le ostriche dopo averle ben lavate e farle
aprire.Separare i molluschi dalle conchiglie e porli nuovamente nel liquido
di cottura, dopo aver tolto gli spicchi d'aglio.In una pentola mettere
l'olio, la cipolla ed 1 spicchio d'aglio e fateli soffriggere.Aggiungere il
riso e fatelo cuocere aggiungendo il brodo poco alla volta. Verso la fine
della cottura unire le ostriche ed il liquido di cottura.
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PAGELLO
Pagellus erythrinus L.
Cro.: Rumenac. Dan.: Rød blankesten. Fra.: Pageot commun. Gre.: Lithríni.
Ing.: Common Pandora. Nor.: Pagell. Ola.: Zeebrasem. Por.: Bica. Spa.:
Breca, pajel. Ted.: Rotbrassen.
NOMI DIALETTALI
Pagellus erythrinus ha anche il nome: Fragolino. I nomi dialettali in
letteratura sono: Arboretto (Abruzzo); Pissogna (Calabria); Lustrìno,
Lutrìno (Campania); Alboro, Arboro (Friuli Venezia Giulia); Pagello rosso
(Lazio); Pägas, Pägao-veaxo (Liguria); Arboleto, Madagio (Marche); Frajo,
Lutrìno (Puglia); `Uvaru, Lùvaru (Sicilia); Lémaru, Lémuru (Sardegna);
Mormora, Parago (Toscana); Alboro, Alboreto (Veneto).
DOVE VIVE
Il Pagello vive su fondi rocciosi, ghiaiosi, sabbiosi e melmosi; comune in
prossimità della costa a profondità superiori ai 15 m, ma anche in mare
aperto.
COME VIVE
Gli individui di questa specie sono gregari (vivono in piccoli branchi). I
più giovani sono più comuni presso la costa, mentre gli adulti vivono a
profondità maggiori. Questa specie, come molte altre, si sposta in inverno a
profondità maggiori.
LA RIPRODUZIONE
La specie ha sessi separati ed è ermafrodita proteroginica, cioè lo stesso
individuo presenta nel corso della vita funzioni sessuali femminili e quindi
maschili. Nei primi anni di vita, infatti predominano le funzioni sessuali
femminili, anche se sono stati osservati maschi nei primi stadi di vita e,
successivamente, quelle maschili. La maturità sessuale è raggiunta a 1-2
anni (femmine) e 3 anni (maschi). La riproduzione è nel periodo
primaverile-estivo. Le uova sono pelagiche, provviste di una goccia oleosa
ed hanno diametro di circa 1 mm.
COSA MANGIA
Il Pagello si nutre di piccoli pesci ed invertebrati (Molluschi, Crostacei,
ecc.), utilizzando la dentatura molariforme per triturare le prede.
COME RICONOSCERLA
Il Pagello è un Pesce dal corpo ovale, compresso lateralmente. Il profilo
superiore della testa è dritto. La bocca, situata in basso ed obliqua, ha
mascelle di lunghezza uguale, provviste nella parte anteriore di serie di
denti conici e appuntiti, seguiti da serie (2-3 file nella mascella
superiore e 2 file in quella inferiore) di denti con forma simile a molari,
più grandi nella parte posteriore. L'unica pinna dorsale ha raggi duri (12)
e raggi molli (9-11), come la pinna anale (3 duri e 8-9 molli).Le pinne
pettorali sono appuntite e lunghe, quanto la testa. E' visibile la linea
laterale. La colorazione del corpo è rosso-rosata, con riflessi argentei. La
testa è più scura, in particolare fra gli occhi e il muso. Le pinne sono
rosa, ad eccezione di quella caudale che è più scura.Una macchia rossa è
presente alla base delle pinne pettorali. Il bordo superiore dell'opercolo è
rosso intenso. Spesso, è presente una lieve punteggiatura azzurra nella
parte superiore dei fianchi.Nel Mediterraneo, Pagellus erythrinus raggiunge
una lunghezza massima di 50 cm, ma è comune a 10-30 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Il Pagello (P. erythrinus) è distinguibile dalle altre due specie di Pagello
che vivono in Mediterraneo (P. acarne, P. bogaraveo) per l'assenza di
macchie scure, che al contrario sono presenti in P. acarne (alla base delle
pinne pettorali) e P. bogaraveo (all'inizio della linea laterale). I pagelli
possono essere facilmente distinti dagli individui appartenenti altri 8
generi mediterranei di Sparidi (Dentex, Sparus, Diplodus, Lithognathus,
Spondyliosoma, Oblada, Boops e Salpa) per le marcate differenze nella forma
del corpo, nella colorazione e nella dentatura (adatta al tipo di
alimentazione) caratteristica nelle diverse specie di questa famiglia.
DIFFUSIONE E PESCA
Il Pagello è ampiamente presente lungo le nostre coste; diffuso in tutto il
Mediterraneo (maggiore presenza), nel Mar Nero e nell'Atlantico nord
orientale, dalla Scandinavia (raro) fino al Senegal. Pagellus erythrinus è
pescato nei nostri mari in modo professionale con reti a strascico, da
traino pelagico (volanti), da circuizione (cianciolo) e da posta.Gli Sparidi
(dentici, orate e pagelli) nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto rispettivamente
il 38° ed il 36° posto della speciale classifica delle prime 50 specie
prodotte in Italia. La produzione è passata dalle 2.974 tonnellate prodotte
nel 1986, alle 2.937 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
Il Pagello è commercializzato principalmente fresco.
CONSUMO
Il Pagello ha carni bianche, sode e saporite, molto apprezzate dai
consumatori fin da epoca Romana, come testimonia la frequenza della sua
raffigurazione nei mosaici di Pompei.Dal punto di vista nutrizionale, il
Pagello può essere classificato come specie non grassa e digeribile, dal
momento che 100 grammi di parte edibile (carni) di Pagello in media
contengono 15 g di proteine, 1 g di carboidrati e 4.4 g di grassi.
LA RICETTA
Il Pagello, come altro pesce bianco, ha le migliori preparazioni nella
"grigliata", al forno o "al cartoccio".
Proponiamo una ricetta derivata dalla tradizione dei pescatori dell'alto
Adriatico:
Pagello in teglia
Per 4 persone
Alcuni pagelli (peso complessivo circa 1 kg)
farina bianca
olio extravergine di oliva
sale grosso e fino, pepe
Squamare, pulire e, dopo averlo lavato con cura, infarinare leggermente il
pesce.
A parte, preparare in un piatto fondo un intingolo con olio, sale e pepe.
Scaldare una teglia in ferro e, una volta calda, cospargere il fondo con
sale grosso ed aggiungere i pagelli. Cuocere per circa 10-15 minuti. A
cottura ultimata, porre i pagelli in un piatto da portata, spennellandoli
con l'intingolo, in modo da condire adeguatamente i pagelli su entrambi i
lati. Porre in un piatto da portata e servire.
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PALOMBO
Mustelus mustelus L.
Cro.: Pas cukov, pas meku. Dan.: Glathaj. Fra.: fmissole lisse. Gre.:
Galéos. Ing.: Smoothhound. Nor.: Glatthai. Ola.: Gladde hai. Por.: Caão,
caneja. Spa.: Musola. Ted.: Glatthai.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali usati in letteratura per indicare questa specie sono:
Palummo stilliàto, Pesce palummo (Campania); Can bianco (Friuli Venezia
Giulia); Pesce palombo (Lazio); Misseau, Missena (Liguria); Nizza, Stera
(Marche); Cagnolo, Pesce cagnuolo (Puglia); Mùssula, Palummu (Sardegna);
Pisci cani, Mastini (Sicilia); Palombo comune (Toscana); Can, Cagneto
(Veneto).
DOVE VIVE
Il Palombo è una specie di fondo che vive, generalmente a profondità tra 5 e
50-100 metri, su fondi fangosi o detritici.
COME VIVE
Mustelus mustelus vive in piccoli branchi. Pur essendo un piccolo squalo,
non è pericoloso per l'uomo.
LA RIPRODUZIONE
La specie ha sessi separati, facilmente distinguibili per la presenza nel
maschio degli pterigopodi (allungamento della parte terminale delle pinne
ventrali), che hanno funzione di introdurre gli spermi nel corpo della
femmina e permettere la fecondazione, che è quindi interna.M. mustelus, a
differenza di altri "squaliformi", è una specie vivipara; lo sviluppo
dell'uovo fecondato e del piccolo squalo avviene infatti completamente
all'interno della femmina. La gravidanza dura 10 mesi (da giugno a marzo).
Al termine, la femmina "partorisce" da 10 a 20 piccoli palombi di circa 25
cm di lunghezza.
COSA MANGIA
La dieta è composta principalmente di Crostacei, ma anche di Molluschi e
piccoli Pesci.
COME RICONOSCERLA
Il Palombo è un Pesce cartilagineo (lo scheletro è composto di elementi
cartilaginei) di medie dimensioni.Il corpo è allungato ed affusolato. La
testa è compressa nella parte superiore ed il muso è lungo ed arrotondato.La
bocca, situata in basso, è obliqua e munita di serie di denti piccoli e
bassi, che possono essere meno arrotondati nei giovani.
Le narici, in posizione ventrale, hanno un'unica grande apertura e sono più
vicine alla bocca che all'apice del muso. Gli occhi sono piccoli, rotondi
negli individui giovani, e con pupilla oblunga orizzontale (tipica delle
specie di profondità) negli adulti. Sul muso, sono presenti organi di senso
per la rilevazione della profondità (idrostatici).Ai lati della parte
terminale della testa, sono presenti 5 fessure branchiali. Una sottile ma
ben distinta piega cutanea corre lungo il dorso, dalla coda sino a livello
delle fessure branchiali. La pelle (zigrino) è quasi liscia. Le pinne
dorsali sono due, di forma triangolare, la seconda è leggermente più piccola
della prima. Le pettorali hanno l'apice interno arrotondato e l'orlo
posteriore poco incavato.La pinna caudale presenta due lobi non simmetrici
(quello superiore più sviluppato). La pinna anale è presente.La colorazione
del dorso e dei fianchi è grigio cenere (con o senza presenza di piccole
macchie nere); il ventre è biancastro.Il Palombo può raggiungere, in casi
eccezionali, una lunghezza di 160 cm, mentre è comune da 60 a 120 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Nei nostri mari, esiste un altro squalo conosciuto come Palombo (Mustelus
asterias); le due specie possono essere distinte per l'assenza in M.
mustelus di macchie bianche presenti al contrario in M. asterias. La
famiglia del Palombo (Triakidae) è accomunata con altre, a cui appartengono,
tra le altre, Squalo bianco (Carcharodon carcharias) e Squalo volpe (Alopias
vulpinus), caratterizzate dalla presenza di 5 fessure branchiali e di pinne
anali e a quella degli Squalidae (Spinarolo: Squalus acanthias), con assenza
di pinna anale e presenza di una spina nella parte anteriore della pinna
dorsale.
DIFFUSIONE E PESCA
Il Palombo è presente in tutto il Mediterraneo e in Atlantico orientale,
dalle Isole Britanniche all'Angola. M. mustelus è molto comune nei nostri
mari e soprattutto nel mare di Sicilia, dove avvengono circa l'80 % delle
catture. Il Palombo è pescato in modo professionale principalmente con reti
a strascico e palangari di profondità.Gli individui appartenenti al genere
Mustelus nel 1986 e nel 1995 hanno raggiunto rispettivamente il 15° ed il
19° posto della speciale classifica delle prime 50 specie prodotte in
Italia. La produzione è passata dalle 8.027 tonnellate prodotte nel 1986,
alle 5.942 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
Il Palombo viene commercializzato al dettaglio in trance, fresco o
congelato.Le famiglie italiane hanno acquistato 2.566 tonnellate di Palombo
fresco (1998), con una diminuzione del 13.3 % rispetto al 1997.Il prezzo
medio al chilogrammo nel 1998 è stato di 18.903 lire, con un aumento del
12.7 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
M. mustelus è conosciuto fin dall'antichità, il filosofo e naturalista greco
Aristotele infatti sottolinea la presenza di una struttura simile alla
placenta in questa specie.Raffigurazioni di squaliformi sono presenti (anche
se presumibilmente gattucci) nei mosaici di Pompei. Il Palombo ha carni
buone, sode e saporite, anche se non apprezzate da tutti i consumatori. Dal
punto di vista nutrizionale, è un pesce classificato come semigrasso e
digeribile.L'Istituto Nazionale della Nutrizione indica che 100 grammi di
parte edibile (carni) di Palombo fresco contengono 15.98 g di proteine, 1.17
g di grassi e 1.32 g di carboidrati; sono presenti inoltre vitamine e sali
minerali: vitamina A (50 UI), complesso B (B1: 60 mcg; B2: 150 mcg), Calcio
(31 mg); Ferro (1 mg) e Fosforo (218 mg).
LA RICETTA
Il Palombo ha una delle migliori preparazioni alla griglia.
Proponiamo una ricetta di facile preparazione:
Palombo alla marinara
Per 4 persone
4 tranci di Palombo
olio extravergine di oliva
prezzemolo tritato finemente
2 spicchi d'aglio a fettine
peperoncino
1 limone
sale, pepe
Preparare una marinata con l'olio, il succo del limone e sale. Mettere a
marinare i tranci per circa un'ora, avendo cura di girarli. In un tegame,
mettere la marinata, aggiungendo quindi i tranci, l'aglio, il peperoncino e
quindi salare e pepare.Cuocere a fuoco vivo le fette, girandole fino a farle
dorare su entrambi i lati. Poco prima del termine della cottura, aggiungere
un po' di succo di limone. A cottura ultimata, dopo aver posto le fette di
palombo nei piatti da portata ed averle cosparse con il sugo di cottura,
aggiungere il prezzemolo e servire ben calde.
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PANNOCCHIA
Squilla mantis L.
Franc.: Squille ocellée. Ingl.: Spottail mantis shrimp. Spagn.: Galera
ocelada.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali usati in letteratura per indicare questa specie sono:
Canocchia (Abruzzo); Spernocchia, Sparnocchia (Campania); Canocia, Canoccia
(Friuli Venezia Giulia); Cicala di mare (Lazio); Balestrin, Sigà de maa
(Liguria); Cannocia, Cannocchia (Marche); Cannocchiella, Cecala (Puglia);
Càmbara de fangu, Solegianu de mari (Sardegna); Astrea, Cegala de mari
(Sicilia); Canocchia, Cicala di mare (Toscana); Canocia, Canoccia (Veneto).
DOVE VIVE
La Pannocchia è una specie che vive su fondi sabbiosi o fangosi a profondità
compresa tra 20 e 200 m, ma più comune a profondità minori di 50 m.
COME VIVE
Squilla mantis è solitaria e fossoria, cioè vive durante il giorno in
gallerie scavate nel fondo, da cui esce, od a causa di forti mareggiate che
ne distruggono la tana, o durante la notte per andare alla ricerca di cibo o
per scopi riproduttivi.
LA RIPRODUZIONE
La Pannocchia ha sessi separati. La riproduzione è in primavera. La
fecondazione è interna. I maschi infatti fecondano le femmine introducendo
nel corpo i gameti (sperma) mediante arti modificati in strutture
filamentose (3° paio di pereiopodi). L'inizio del periodo di prima
maturazione delle gonadi maschili e femminili (gameti) è ad una lunghezza
superiore a 10 cm. Nelle femmine, la maturazione delle uova è riconoscibile
dall'esterno, dall'ingrossamento delle gonadi (uova) chiaramente visibile
sul dorso in trasparenza. Dopo la schiusa delle uova, le larve conducono
breve vita pelagica per poi mutare e prendere contatto con il fondo.
COSA MANGIA
Squilla mantis si nutre di piccoli pesci, che cattura principalmente durante
le ore notturne.
COME RICONOSCERLA
La Pannocchia è un Crostaceo di medie dimensioni con corpo allungato,
depresso e con evidenti creste mediane longitudinali lungo il torace e
l'addome. La testa, ricoperta da un robusta corazza (carapace) arrotondata
agli angoli, è provvista di due paia di antenne e di altre due appendici
mobili, su cui sono collocati gli occhi, a forma di rene. Ai lati della
testa, sono presenti due pseudochele costituite ciascuna da un articolo
mobile esterno munito di 6 spine e di una parte interna con presenza di
piccoli denticoli. Il torace è costituito da cinque segmenti liberi, mentre
l'addome da sei, con l'ultimo che termina con una sorta di coda (telson).
Sono presenti numerose appendici, di cui alcune costituiscono arti per
camminare (pereiopodi). I segmenti addominali sono caratterizzati da due
creste centrali spinose, in particolare nell'ultimo segmento addominale in
cui le spine posteriori sono più pronunciate. La parte terminale dell'addome
(telson) è munita di dentelli e di due grosse macchie centrali violacee,
circondate da una anello biancastro. La colorazione del corpo è
bianco-giallastra con sfumature violacee.La lunghezza massima raggiunta da
questa specie è di 20 cm, comuni sono individui da 12-18 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
S. mantis è l'unica specie appartenente alla famiglia Squillidae che viene
pescata nei nostri mari.Nel Mediterraneo orientale vive una specie simile
(Oratosquilla massavensis). La Pannocchia può essere facilmente distinta da
O. massavensis, grazie alla presenza delle due grosse macchie al centro del
telson, assenti in O. massavensis.Esistono inoltre altre specie di
dimensioni più piccole, non commercializzate.
DIFFUSIONE E PESCA
La Pannocchia è ampiamente presente tutte lungo le nostre coste, ma in
particolare in quelle dell'alto e medio Adriatico ed in alto Tirreno.
Squilla mantis è diffusa nell'intero Mediterraneo ed è presente inoltre
nella parte est dell'Oceano Atlantico, dalle Isole Britanniche all'Angola.
E' oggetto di pesca professionale essenzialmente con reti a strascico ed
attrezzi fissi. Le catture sono più abbondanti nelle ore notturne e dopo un
periodo di cattivo tempo.La Pannocchia nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto
rispettivamente il 31° ed il 28° posto della speciale classifica delle prime
50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata dalle 4.318 tonnellate
prodotte nel 1986, alle 4.611 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione
ISMEA).
MERCATO
La Pannocchia è commercializzata preferibilmente viva o refrigerata.Le
famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 1.638 tonnellate di pannocchie
fresche, con un aumento del 11.8 % rispetto al 1997. Il prezzo medio al
chilogrammo nel 1998 è stato di 13.411 lire, con un aumento del 19.5 %
rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
La Pannocchia ha carni di notevole pregio, molto apprezzate, in particolare
nel periodo autunno-invernale. Il valore nutrizionale di questa specie è
buono, per il suo apporto proteico, di carboidrati e sali minerali.
LA RICETTA
Proponiamo per questa specie una gustosa ricetta di tradizione marinara:
Zuppa di pannocchie
Per 4 persone
1 kg di pannocchie
5 spicchi d'aglio finemente tritati
1 cipolla tagliata a fettine sottili
2 cucchiai di passata di pomodoro
prezzemolo tritato finemente
fette di pane abbrustolito
olio extra vergine di oliva
sale, pepe
Lavare e pulire le Pannocchie eliminando le chele, le zampe ed i bordi).In
un tegame soffriggere la cipolla con poco olio. Una volata imbiondita,
aggiungere la passata, le pannocchie pulite, coprire con circa due litri
d'acqua, salare e pepare, cuocendo per circa 40 minuti.A parte, dopo aver
abbrustolito le fette di pane, metterle in una zuppiera, aggiungendo l'aglio
tritato. A cottura delle pannocchie ultimata, versare la zuppa sul pane e
spolverare con il prezzemolo.Servire ben calda.
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PESCE SPADA
Xiphias gladius L.
Cro.: Sabljan, igo. Dan.: Sværdfisk. Fra.: Espadon. Gre.: Xiphías. Ing.:
Swordfish. Nor.: Sverdfisk. Ola.: Zwaardvis. Por.: Espadarte. Spa.: Pez
espada. Ted.: Schwertfisch.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali in letteratura sono: Pisci spata, Spateddu (Calabria);
Pisce spata (Campania); Pèse spada, Spadon (Friuli Venezia Giulia); Pei spa,
Espadon (Liguria); Pesce spata, Pisci spata (Puglia); Pisci spada, Pisci
spadu (Sicilia); Pisci spatu (Sardegna); Pesse spada, Spadon (Veneto).
DOVE VIVE
Il Pesce spada è un pesce pelagico e vive in mare aperto compiendo ampie
migrazioni.
COME VIVE
Xiphias gladius vive in acque calde, in superficie, compiendo anche balzi
fuori dall'acqua, ma può scendere a grandi profondità (oltre 600 m). Durante
il periodo riproduttivo si avvicina alla costa.Il Pesce spada è un pesce
solitario, ma è possibile trovarlo in coppia ed occasionalmente in piccoli
gruppi. Ha un comportamento fiero ed aggressivo, come testimoniano gli
attacchi documentati a mezzi nautici. E' stato riportato, a tale proposito,
che nel 1987 un esemplare di 2.45 m attaccò, ad una profondità di 610 m, il
sommergibile oceanografico Alvin, restando confitto con la spada in una
giuntura dello scafo.
LA RIPRODUZIONE
Il periodo riproduttivo nel Mediterraneo è da maggio ad agosto. La maturità
sessuale è raggiunta tra il secondo ed il terzo anno. Le uova emesse (anche
80.000/ femmina) sono galleggianti (una grossa goccia oleosa), sferiche
(diametro di circa 1.5 mm) e trasparenti. Alla schiusa (2-3 giorni) le larve
sono lunghe circa 4.5 mm e prive di rostro, che diventa evidente a partire
da 11 mm di lunghezza. La fedeltà di questa specie in epoca riproduttiva è
nota ai pescatori siciliani che tentano di colpire con l'arpione prima la
femmina, dal momento che il maschio, anche se rischia la cattura, non
abbandona mai la compagna ferita.
COSA MANGIA
Il Pesce spada si nutre di Pesci pelagici in età giovanile e di Calamari e
Totani da adulto.
COME RICONOSCERLA
Il Pesce spada è un Pesce di notevoli dimensioni dal corpo allungato.
Caratteristica è la forma delle mascelle allungate. In particolare, sulla
mascella superiore è presente un rostro osseo allungato ed appiattito in
senso verticale con i bordi taglienti (spada), che è circa 1/3 della
lunghezza dell'intero animale e deriva dal prolungamento di diverse ossa
(nasali e premascellari) sopra la mascella. Le pinne ventrali sono
assenti.L'aspetto dell'animale adulto è diverso da quello dei giovanili, che
hanno denti, piccole squame ruvide, spine sulla lamina ossea (preopercolo)
che precede la lamina che chiude la camera delle branchie (opercolo), pinne
dorsali ed anali unite, mascella inferiore parallela al rostro e presenza di
una linea laterale sinuosa. Lo stadio adulto viene raggiunto a circa 1 m di
lunghezza. Gli adulti non hanno denti e squame. Tutte le pinne sono in
numero pari (due). La dorsale anteriore è lunga, alta e triangolare. La
pinna caudale a mezzaluna è molto robusta ed adatta al nuoto veloce ed è
preceduta da un peduncolo caudale robusto. Le pinne pettorali sono
falciformi. La temperatura del cervello del Pesce spada è costante,
nonostante quella del corpo sia uguale a quella dell'acqua in cui nuota: la
stabilità termica è garantita da un organo, nell'orbita dell'occhio, che
agisce da scambiatore di calore. Questo organo può mantenere la temperatura
del cervello di 15- 20°C più alta di quella del resto del corpo e di quella
esterna. La colorazione del dorso è bluastra, plumbea; i fianchi sono
argentati con riflessi bronzei ed il ventre è bianco opaco. La lunghezza
massima (esclusa la spada) rag-giunta nei nostri mari è 3 m (peso di 350
kg), mentre sono comuni esemplari da 80 a 220 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
L'Aguglia imperiale (Tetrapterus belone) e l'Aguglia imperiale mediterranea
(Tetrapterus albidus) somigliano al Pesce spada.Il Pesce spada adulto si
distingue da queste specie per l'assenza di pinne ventrali, per la "spada
appiattita e non cilindrica e per l'assenza di squame e denti.
DIFFUSIONE E PESCA
Il Pesce spada è diffuso nelle acque temperate e tropicali di tutti gli
oceani ed è comune nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Nei nostri mari è
presente in particolare nel sud Italia, in Sicilia e nello Stretto di
Messina (area riproduttiva).La pesca professionale del Pesce spada è
praticata con numerosi attrezzi. Un sistema di pesca tradizionale, praticato
fin dal 1o secolo avanti Cristo, è la pesca con l'arpione. Questo tipo di
pesca con la fiocina (traffinera), esercitata principalmente nello stretto
di Messina, utilizza speciali imbarcazioni (feluche) munite di alberi di
avvistamento (faleri) e una lunga passerella mobile, dove alloggia il
fiocinatore. Il Pesce spada nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto rispettivamente
il 12° ed il 17° posto della speciale classifica delle prime 50 specie
prodotte in Italia. La produzione è passata dalle 11.413 tonnellate prodotte
nel 1986, alle 6.725 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
Xiphias gladius è commercializzato fresco o congelato. Secondo l'ISMEA,
questa specie figura tra le dieci specie di pesce fresco più acquistate dai
consumatori italiani del Nord, del Centro e del Sud.Le famiglie italiane nel
1998 hanno acquistato 5.252 tonnellate di Pesce spada fresco, con un aumento
del 18.9 % rispetto al 1997. Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato
di 27.483 lire, con un aumento del 0.5 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Il Pesce spada è una specie ittica apprezzata dai consumatori. In alcune
aree del sud in particolare, si utilizza a scopo alimentare l'intero
animale.Dal punto di vista nutrizionale, Xiphias gladius è un pesce magro e
digeribile. 100 grammi di parte edibile (carni) di Pesce spada fresco
contengono 16.9 di proteine, 1.0 g di carboidrati e un basso contenuto in
grassi (4.2 g). Non offre, al contrario, un buon apporto in sali minerali e
vitamine, essendo praticamente assenti queste ultime e presenti unicamente
0.08 mg di Rame e 0.4 mg di Ferro.
LA RICETTA
Proponiamo una preparazione tipica e di facile preparazione per cucinare il
Pesce spada:
Pesce spada alla griglia
Per 4 persone
600 g di Pesce spada in trance
succo di 1/2 limone
olio, sale, pepe q.b.
1 rametto di alloro
Preparare un intingolo con olio, limone, sale e pepe. Porre sulla graticola
(o forno con grill) le trance di Pesce spada e pennellarle utilizzando il
rametto di alloro intinto nell'intingolo. Porre la graticola sulla brace (o
grill non troppo caldo).Pennellare durante la cottura le trance con
l'intingolo. A cottura desiderata, togliere il Pesce spada dalla graticola e
metterlo in un piatto da portata, pennellandolo ancora con l'intingolo.
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POLPO
Octopus vulgaris Cuvier
Cro.: Hobotnica, tracán. Dan.: Blæksprutte. Fra.: Pieuvre. Gre.: Octapodi,
Alidóna. Ing.: Common octopus. Nor.: Blekksprut. Ola.: Kraak, inktvis. Por.:
Polvo. Spa.: Pulpo. Ted.: Krake, Tintefisch.
NOMI DIALETTALI
Questa specie è anche conosciuta come Polipo, che però in lingua italiana
indica lo stadio fisso dei Celenterati (Corallo rosso, Anemoni, ecc.). I
nomi dialettali nelle regioni italiane in letteratura per indicare questa
specie sono: Fulbo, Fulpo (Abruzzo); Purpu verace (Calabria); Purpo verace,
Purpo `e scoglio (Campania); Fèulp (Emilia); Folpo, Folpo-tòdaro (Friuli
Venezia Giulia); Polpo di scoglio, Porpo di scoglio (Lazio); PTrpo, Purpo
(Liguria); Folpo (Marche); Vurpe, Vurpo (Puglia); Purpu, Pruppu (Sicilia);
Pruppuéru, Pruppu-i-terra (Sardegna); Polpo di scoglio, Porpo di scoglio
(Toscana); Folpo-toto (Veneto).
DOVE VIVE
Il Polpo vive su fondi costieri, rocciosi, sabbiosi o a praterie di
Posidonia, fino ad una profondità di circa 100 m. Gli adulti si spostano in
acque più profonde all'inizio dell'autunno, seguiti (novembre-dicembre)
dagli individui più giovani.
COME VIVE
Octopus vulgaris è un animale solitario, molto legato al suo territorio.
Effettua piccole migrazioni stagionali, in risposta alle variazioni di
temperatura, essendo inattivo a temperature inferiori a 7 °C.
LA RIPRODUZIONE
Il Polpo ha sessi separati. I maschi sono di maggiori dimensioni ed hanno un
braccio (ectocotilo) modificato all'estremità in una sorta di spatola che ha
la funzione di introdurre lo sperma contenuto in sacchetti (spermatofora)
nel corpo della femmina. Il periodo riproduttivo è in primavera ed autunno
(massimi: aprile-maggio ed ottobre). Le femmine producono da 50.000 a
100.000 uova di circa 2 mm di diametro, deponendole in cordoni gelatinosi,
che attaccano a supporti solidi. Alla schiusa, le larve sono pelagiche, e
dopo circa 40 giorni prendono contatto con il fondo.
COSA MANGIA
La dieta del Polpo è composta di Molluschi bivalvi e Crostacei.
COME RICONOSCERLA
Il Polpo è un Mollusco con corpo ovale, globoso a forma di sacco, privo di
pinne. La testa ed il corpo, robusti e muscolosi e fusi in una struttura
chiamata mantello, sono ben distinguibili, per una evidente strozzatura. Ai
lati della testa, sono evidenti occhi piccoli, sporgenti lateralmente e
sormontati da due protuberanze. Nella parte posteriore del mantello sono
presenti da 7 a 11 lamelle branchiali (non visibili all'esterno) ed un
sifone per espellere l'acqua (espirazione e locomozione). Non ha conchiglia
cornea interna. Dal mantello, partono 8 tentacoli muniti di due file di
ventose, raggiate e prive di denticoli, che nelle braccia laterali dei
maschi sono di dimensioni mag-giori. Al centro delle braccia, è situata la
bocca. Le braccia sono di lunghezza e spessore simile, ad eccezione del
braccio modificato nei maschi che è lungo circa il 25% in meno.I tentacoli
non sono retrattili. La lunghezza totale del corpo è circa 25-20% di quelle
delle braccia. Il Polpo può cambiare colore mediante speciali cellule
(cromatofori), utilizzati per la trasmissione di segnali (corteggiamento,
accoppiamento, lotta tra maschi, ecc.) e per mimetizzarsi con il fondale. La
colorazione prende diverse sfumature (dal grigio al giallastro con macchie
brunastre, rossastre o verdastre). La superficie ventrale è biancastra ed
iridiscente.La lunghezza massima raggiunta da questa specie è circa 1 m
(mantello di 23 cm) con peso di 10 kg; comuni sono gli individui di 10-15 cm
(mantello) e peso da 1 a 3 kg.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Tra le specie di Polpo che vivono nel Mediterraneo, due presentano
somiglianze con O. vulgaris (O macropus e O. membranaceus). I caratteri che
permettono la distinzione di O. vulgaris da queste specie sono legate alla
diversa colorazione e lunghezza dell'ectocotilo. Il Polpo può essere anche
confuso in età giovanile con un altro frequentatore
dei nostri mari, il Moscardino (E. cirrhosa ed E. moschata) da cui può
essere distinto per la presenza sulle braccia di due file di ventose (una
sola fila in E. cirrhosa ed E. moschata).
DIFFUSIONE E PESCA
Il Polpo è comune lungo le nostre coste ed è ampiamente presente nell'intero
bacino del Mediterraneo. Octopus vulgaris è una specie cosmopolita, con una
distribuzione che va dall'Oceano Indiano, al Pacifico fino all'Atlantico
orientale (dal Mare del Nord al Sud Africa) ed occidentale, dal New Jersey
al Brasile.Il Polpo è catturato in maniera professionale con reti a
strascico, attrezzi da posta (reti, nasse, ecc.), ami (polpara), e
utilizzando fonti luminose. Una pesca tradizionale è quella, effettuata da
maggio a settembre, con anfore di terracotta, o in modo più artigianale con
barattoli, in cui viene sfruttata l'abitudine, in particolare dei piccoli
polpi, di nascondersi cercando riparo.Octopus vulgaris nel 1986 e nel 1995
ha raggiunto rispettivamente il 12° ed l'11° posto della speciale classifica
delle prime 50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata dalle
11.540 tonnellate prodotte nel 1986, alle 10.348 tonnellate del 1995 (dati
FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
Octopus vulgaris è commercializzato fresco e congelato. Le famiglie italiane
nel 1998 hanno acquistato 8.932 tonnellate di polpi freschi, con una
diminuzione del 10.3 % rispetto al 1997.Il prezzo medio al chilogrammo nel
1998 è stato di 13.794 lire, con un aumento del 9.4 % rispetto al 1997
(ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Il Polpo, conosciuto ed apprezzato dai consumatori fin dall'antichità, è
raffigurato già in piatti di epoca Attica. Scene di lotta tra polpi ed
aragoste abbellivano, come ricorda lo scrittore latino Plinio, i mosaici di
Aquileia e di Pompei. Octopus vulgaris ha carni gustose e dal punto di vista
nutrizionale è una specie con buon contenuto in sali minerali. Infatti, 100
grammi di parte edibile (carni) di Polpo fresco contengono 11.77 g di
proteine, 1.11 g di grassi e 1.67 g di carboidrati, 160 mg di Calcio e 210
mg di Fosforo e vitamina B1 e B2 in tracce.
LA RICETTA
Il Polpo può essere preparato in vari modi, come antipasto, primo o secondo
piatto. Proponiamo una ricetta tradizionale della cucina pugliese ottima per
accompagnare diversi tipi di pasta:
Polpi in umido alla pugliese
Per 4 persone
4 polpi da 200 g
2 spicchi d'aglio schiacciati
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
200 g di porri tagliati a fettine
1 costola di sedano bianco tagliato a fettine
prezzemolo tritato finemente
peperoncino
Pulire i polpi, eliminando le interiora; spellarli e lavarli accuratamente
in abbondante acqua corrente.In un tegame, mettere olio, aglio, peperoncino,
porri, sedano e soffriggere leggermente, quindi aggiungere i polpi e cuocere
dopo aver coperto il tegame con un coperchio per circa 1 ora a fuoco
moderato.I polpi saranno cotti quando i tentacoli potranno essere tagliati
con una forchetta. A cottura ultimata, spolverare con il prezzemolo tritato.
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RANA PESCATRICE
Lophius piscatorius L.
Cro.: Grdobina. Dan.: Havtaske, bredflab. Fra.: Baudroie. Gre.:
Vatrochópsaro. Ing.: Anglerfish. Nor.: Breiflabb. Ola.: Zeeduveil, hozemond.
Por.: Tamboril. Spa.: Rape. Ted.: Seeteufel, Angler
NOMI DIALETTALI
La Rana pescatrice è anche chiamata Rospo. I nomi dialettali disponibili in
letteratura sono: Rospo marino (Abruzzo); Piscatrice (Calabria); Piscatrice
nera, Rattale (Campania); Diavolo de mar, Rospo de fango (Friuli Venezia
Giulia); Giudìo, Martino (Lazio); Gianello, Giudio (Liguria); Rospo grosso
(Marche); Piscatrice (Puglia); Piscatrixi (Sardegna); Magu, Diavuli di mari
(Sicilia); Boldrò, Bordrò (Toscana); Dia-volo de mar, Pesce rospo (Veneto).
DOVE VIVE
Lophius piscatorius è presente su fondi sabbiosi, fangosi o detritici dai 50
metri fino a profondità notevoli (500 - 1000) m.
COME VIVE
La Rana pescatrice non è una buona nuotatrice; vive solitaria, immobile, ben
mimetizzata e semisepolta nel fondo, dove attira le prede agitando il
filamento (illicio) posto sul bordo superiore della grande bocca.
LA RIPRODUZIONE
La riproduzione è in Mediterraneo nel periodo invernale- primaverile. Le
uova sono riunite in nastri gelatinosi e fluttuanti, lunghi fino a 10 metri
e larghi anche 1 metro, che arrivano a contenere più di un milione di uova.
Queste sono sferiche (diametro di 2-3 mm) e contengono una goccia oleosa.
Alla schiusa, dopo 2-3 giorni, la larva pelagica misura circa 4 mm ed assume
poco dopo una intesa colorazione nera e lunghe appendici. Ad una lunghezza
di 5 cm, la piccola rana pescatrice prende l'aspetto e le abitudini
dell'adulto.
COSA MANGIA
La dieta di questa specie vorace predatrice è composta principalmente di
pesce, attirato per mezzo dell'illicio (primo raggio modificato della pinna
dorsale) usato come esca (filamento piscatorio). Le larve fino a 5 cm si
nutrono di plancton.
COME RICONOSCERLA
La Rana pescatrice è un Pesce osseo di medio-grandi dimensioni e di aspetto
inconfondibile. La testa è appiattita ed allargata, come la parte anteriore
del corpo, e di forma ovale (vista dall'alto), mentre il tronco è conico. La
bocca è molto ampia e con mascella inferiore (mandibola) prominente. I denti
robusti, molto acuti e rivolti verso l'interno sono in un'unica serie nella
mascella superiore e in due in quella inferiore. Gli occhi sono situati al
centro della parte superiore della testa. Sulla testa e sul corpo sono
sparse numerose spine. Le spine di maggiori dimensioni sono presenti in
coppie (la prima più corta) ai lati del bordo superiore della bocca e
anteriormente alle pinne pettorali. La pelle è priva di squame e viscida.Le
pinne dorsali sono due.La pinna dorsale anteriore ha il primo dei sei raggi
isolato (illicio), che è situato al centro del margine superiore della
bocca, molto allungato, con l'estremità allargata e divisa in due lobi e
frangiata. La seconda pinna dorsale è presente nella metà posteriore del
troncoLa colorazione del dorso è bruna, con sfumature violacee, olivacee o
giallognole. Il ventre è biancastro. Le pinne sono più scure del dorso, in
particolare quelle pettorali che hanno la parte inferiore nera.La Rana
pescatrice può raggiungere i 2 m di lunghezza ed i 40 kg di peso, comuni
sono gli individui di 20 - 100 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Appartenente al genere, che è l'unico della famiglia in Mediterraneo, esiste
solo un'altra specie di Rana pescatrice o Rospo (Lophius budegassa); L.
piscatorius può essere distinto facilmente da L. budegassa, in particolare,
per la forma dell'estremità dell'illicio che è divisa in due lobi e
frangiata (unica ed allungata in L. budegassa), per la forma della testa che
è più larga e per la colorazione più chiara del ventre (scuro in L.
budegassa).
DIFFUSIONE E PESCA
La Rana pescatrice è comune lungo le nostre, in particolare sul versante
Adriatico, ed ampiamente presente nel Mediterraneo, Mar Nero ed Atlantico
orientale dalla Norvegia al Senegal. Lophius piscatorius è catturata dai
pescatori professionisti principalmente con reti a strascico.La Rana
pescatrice nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto rispettivamente il 32° ed il 39°
posto della speciale classifica delle prime 50 specie prodotte in Italia. La
produzione è passata dalle 4.110 tonnellate prodotte nel 1986, alle 2.409
tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
La Rana pescatrice è commercializzata principalmente fresca o congelata,
intera o decapitata.Le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 1.444
tonnellate di coda di rospo, con una diminuzione del 3.3 % rispetto al
1997.Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato di 22.431 lire, con un
aumento del 5.4 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
La Rana pescatrice ha carni ottime, molto apprezzate dai consumatori, che
apprezzano in particolare la parte del tronco che viene chiamata "coda di
rospo". Dal punto di vista nutrizionale, 100 g di parte edibile (carni) di
Rana pescatrice fresca contengono 12.8 g di proteine; 1 g di grassi, 0.2 g
di zuccheri, oltre a 28 mg di Calcio; 0.4 mg di Ferro; 165 mg di Fosforo,
0.12 mg di Vitamina B1 e 0.05 di Vitamina B2.
LA RICETTA
La Rana pescatrice, ed in particolare la "Coda di rospo" ha tra le
preparazioni migliori il forno, il gratin, la griglia, ecc. Proponiamo una
ricetta della tradizione peschereccia in cui era utilizzata solo la testa,
in quanto si preferiva vendere la "coda":
Risotto di testa di rospo
Per 4 persone
1 testa di Rana pescatrice (da circa 2 Kg)
400 g di riso
500 g di pomodori ben maturi spellati
poco peperoncino
prezzemolo tritato finemente
sale, olio extravergine di oliva
Lavare la testa e lessarla in poca acqua (da conservare). Dopo averla fatta
raffreddare, pulire la testa. In un tegame di alluminio, soffriggere
leggermente l`aglio ed il peperoncino, aggiungere i pomodori, poca acqua di
bollitura e salare leggermente. Far cuocere per alcuni minuti, aggiungere la
polpa della testa di pescatrice e dopo poco il riso. Cuocere il riso per
circa 20 minuti, aggiungendo di tanto in tanto l'acqua di bollitura
facendola ritirare.A cottura ultimata, mettere il riso in un piatto da
portata, spolverare con prezzemolo finemente tritato e servire caldo.
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RAZZA
Raja clavata L..
Cro.: Raza kamenjarka. Dan.: Sømrokke. Fra.: Raie bouclèe. Gre.: Sálahi,
raìa, vátos. Ing.: Thornback ray. Nor.: Piggskate. Ola.: Stekelrog. Por.:
Raia-lenga, raia-pinta. Spa.: Raya de clavos, raya comon. Ted.: Nagelrochen.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali di Raja clavata disponibili in letteratura sono:
Baraccola, Rascia (Abruzzo); Raja pitrusa (Calabria); Rascia petrosa, Raja
petrosa (Campania); Raza (Emilia); Baracola, Raza spinosa (Friuli Venezia
Giulia); Arzilla chiodata, Arzilla pietrosa (Lazio); Rassa spinusa, Rassa
veaxa (Liguria); Pigara petrosa, Rascia pietrusam (Sicilia); Capitana
scritta, Scritta perdosa (Sardegna); Razza chiodata, Arzilla di scoglio
(Toscana); Baracola, Raza spinosa (Veneto).
DOVE VIVE
La Razza è presente su fondi di varia natura, ma predilige fondi sabbiosi e
fangosi da 80 a 200 m di profondità.
COME VIVE
Raja clavata è generalmente sedentaria e vive sul fondo o sepolta in esso.
Quando caccia (soprattutto in ore notturne e nei periodi caldi) mostra doti
di rapida nuotatrice. Compie brevi migrazioni, avvicinandosi alla costa nel
periodo estivo e spostandosi al largo in quello invernale.
LA RIPRODUZIONE
La Razza ha sessi separati. La riproduzione nel Mediterraneo è in estate
(giugno-agosto) e in inverno (gennaio-febbraio). La fecondazione è interna:
il maschio introduce lo sperma tramite pterigopodi (allungamento della parte
terminale delle pinne ventrali) nel corpo della femmina per la fecondazione
delle uova. Le uova fecondate sono poste all'interno di astucci di sostanza
cornea (da 141 a 167 ogni anno), prodotta da speciali ghiandole
(nidamentali). Questi astucci bruni, di forma rettangolare con appendici non
molto allungate alle estremità, sono ancorati a substrati duri. Gli
anglosassoni chiamano tali astucci "portamonete delle sirene". Il periodo
d'incubazione dura circa 5 mesi. Le piccole razze alla schiusa misurano 125
mm.
COSA MANGIA
La Razza adulta si nutre di Crostacei, Pesci e Molluschi (cefalopodi).
COME RICONOSCERLA
Raja clavata è un Pesce cartilagineo (lo scheletro è composto di
cartilagini) di medie dimensioni. Il corpo è distinto in un disco e una
coda. Il disco è piatto, con testa (alla cui estremità è presente un rostro
breve fuso con una cartilagine al resto del corpo) il tronco e pinne
pettorali fuse in forma romboidale e con margini anteriori più o meno
sinuosi. Entrambi gli occhi e gli organi di senso sono sulla parte dorsale.
Nella parte inferiore (superficie ventrale), sono presenti la bocca,
provvista di 36-45 denti (appuntiti nei maschi e piatti nelle femmine), le
narici e le aperture branchiali. Il disco nella parte dorsale è ricoperto da
pelle ruvida (zigrino, più ruvida nelle femmine) con numerose spine,
inserite all'interno di larghe placche negli adulti. La coda è armata di una
serie centrale di spine ben sviluppate. Lo sviluppo sulla coda di altre
serie laterali di spine dipende dal sesso e dall'età degli esemplari
(assenti nei giovani, poco sviluppate nei maschi e molto sviluppate nelle
femmine). La coda è una potente arma di difesa, munita oltre che di spine
anche di organi elettrici di modesta potenza. La parte ventrale del corpo
può essere più o meno liscia (ampie aree senza spine nei maschi, presenza di
placche spinose ventrali nelle femmine). La colorazione del dorso è mimetica
e variabile, generalmente grigio o bruno chiaro con macchie nere più o meno
fitte, riunite o meno in linee ondulate. Possono essere presenti macchiette
giallastre, irregolari per forma e grandezza. I giovani hanno macchie nere
ovali e poche macchie giallastre più ampie con orlo scuro. Il colore della
parte ventrale è bianco-grigiastro.Nel Mediterraneo, Raja clavata raggiunge
dimensioni massime di circa 100 cm, ma è comune a 30-80 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
I caratteri che permettono la distinzione con le altre razze mediterranee
(R. miraletus e R. asterias) sono legati alla presenza ed alla forma delle
appendici sulla pelle, alla forma del disco ed alla lunghezza del rostro,
alla forma e numero di denti ed alla colorazione del dorso. Il carattere che
permette la distinzione degli adulti di R. clavata da R. miraletus e R.
asterias è, come accennato, la presenza sul dorso di larghe placche su cui
sono inserite grosse spine.
DIFFUSIONE E PESCA
La Razza è ampiamente presente lungo le nostre coste; diffusa in
Mediterraneo, in Mar Nero (dove è l'unica Raja presente) e in Atlantico nord
orientale, dalla Scandinavia (Norvegia, Islanda e sud del circolo polare
artico), al Mare del Nord e Mar Baltico (rara) fino al Marocco ed all'Isola
di Madeira. Raja clavata è pescata nei nostri mari in modo professionale con
reti a strascico, palangari di profondità, ecc. I raiformi nel 1986 e nel
1995 hanno raggiunto rispettivamente il 30° ed il 29° posto della speciale
classifica delle prime 50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata
dalle 4.460 tonnellate prodotte nel 1986, alle 4.586 tonnellate del 1995
(dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
Raja clavata è una specie commercializzata principalmente fresca,
comunemente presente nei nostri mercati.
CONSUMO
La Razza ha carni buone, apprezzate dai consumatori, che preferiscono quelle
di individui giovani.Dal punto di vista nutrizionale, la Razza è un pesce
classificabile come magro ed altamente digeribile. L'istituto nazionale
della Nutrizione indica che 100 grammi di parte edibile (carni) di Razza
fresca contengono 14.23 g di proteine, 0.71 g di carboidrati e pochi grassi
(0.94 g), sono presenti inoltre vitamine (A: 50 U.I., B1: 60 mg, B2: 150 mg)
e sali minerali (Calcio: 31 mg, Fosforo: 218 mg e Ferro: 1.0 mg).
LA RICETTA
La Razza ha tra le preparazioni migliori il gratin, al forno, ecc.
Proponiamo una ricetta di facile preparazione:
Razza lessa
Per 4 persone
1 Razza da 1 kg
1/2 cipolla, carota e sedano
300 g di patate
1 rametto di alloro, 1 chiodo di garofano
1 limone
olio extravergine di oliva
prezzemolo tritato finemente
sale, pepe
Preparare una salsa con olio, succo di limone, sale e pepe. A parte, bollire
le patate e, a cottura, e tagliarle a spicchi. Sotto acqua corrente, pulire
la Razza, eliminando pelle e coda, e tagliarla a grossi tranci nel senso
delle fibre.Disporre i tranci in un tegame, aggiungendo cipolla, alloro, 1
spicchio di limone, carota, sedano e il chiodo di garofano, coprire con
acqua fredda e salare. Dopo aver raggiunto l'ebollizione, cuocere a fuoco
medio per circa 15-20 minuti. A cottura, disporre i tranci in piatto da
portata, guarnendoli con gli spicchi di patate. Condire con un filo di olio
e prezzemolo. Servire ben caldo, accompagnando con la salsa.
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SARAGO
Diplodus vulgaris (E. Geoffr.)
Ingl.: Common two-banded seabream. Franc.: Sar à tête noire. Spagn.: Sargo
mojarra.
NOMI DIALETTALI
Il Sarago è anche conosciuto con il nome di Sargo. I nomi dialettali in
letteratura sono: Saraco (Abruzzo); Sàricu (Calabria); Saraco-varriale,
Varriale (Campania); Spizzo, Sparo (Friuli Venezia Giulia); Sargone (Lazio);
Sparlo, Sparo (Liguria); Saracu, Saragu (Puglia); Sagristanu, Sàracu
(Sicilia); Feriada, Sarigu (Sardegna); Sarago sguaiato (Toscana); Sparo
(Veneto).
DOVE VIVE
Diplodus vulgaris è una specie che predilige vivere su fondi rocciosi o
sabbiosi, fino a profondità di 70 m. I giovani si trovano spesso tra le
praterie di Posidonia.
COME VIVE
Il Sarago ha abitudini gregarie (vive in piccoli branchi). Questa specie
rispetto ad altre specie di saraghi tollera meno le variazioni di salinità.
LA RIPRODUZIONE
Diplodus vulgaris è una specie ermafrodita: dopo la fase giovanile si
sviluppa la gonade maschile, che successivamente regredisce e si sviluppa
quella femminile; gli esemplari di taglia maggiore infatti sono tutte
femmine. La maturità sessuale è raggiunta a circa 2 anni di età (17 cm). Il
periodo riproduttivo nel Mediterraneo è in autunno (settembre-novembre),
periodo in cui gli individui maturi assumono una colorazione bluastra sulla
testa. Le uova sono galleggianti e munite di una goccia oleosa.
COSA MANGIA
Il Sarago si nutre di Invertebrati (Crostacei, Molluschi, ecc.).
COME RICONOSCERLA
Il Sarago ha corpo ovale, relativamente alto e compresso lateralmente. Il
profilo del muso descrive un angolo acuto. La bocca è leggermente
protrattile e munita nella parte anteriore di ogni mascella di 8 incisivi
leggermente inclinati verso l'interno, seguiti, procedendo verso la parte
posteriore, da molari arrotondati in più serie (3-5 nella superiore e 2-4 in
quella inferiore). La forma dei denti è tipica delle abitudini alimentari di
questa specie, che utilizza i molari per sbriciolare il corpo delle prede.
L'unica pinna dorsale ha 11-12 raggi duri e 13-16 raggi molli, mentre la
pinna anale ha 3 raggi duri e 12-15 raggi molli. Le pinne pettorali sono
appuntite e la pinna della coda è forcuta. E' presente la linea laterale. La
colorazione del dorso è bruno olivastra, argentea sui fianchi, dove sono
presenti 7-9 linee dorate. Caratteristica di questa specie è una fascia nera
che ricopre la parte superiore della testa scendendo fino a metà dell'osso
che ricopre la camera delle branchie (opercolo), rendendola più scura, in
particolare, fra gli occhi e sul muso. Come gli altri appartenenti al genere
Diplodus, gli esemplari di D. vulgaris hanno prima della coda (peduncolo
caudale) una banda trasversale nera, più o meno estesa. Le pinne del ventre
sono nere, mentre le altre hanno colorazione grigia.Nel Mediterraneo,
Diplodus vulgaris raggiunge una lunghezza di 30-40 cm, ma è comune a 18-25
cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Il Sarago è facilmente distinguibile dalle altre specie di Diplodus (D.
puntazzo, D. cervinus, D. annularis, D. sargus sargus) principalmente per la
colorazione. Infatti, come accennato, una caratteristica di Diplodus
vulgaris è la presenza della fascia scura nella parte superiore della testa,
che è assente nelle altre specie. Altri caratteri che ne permettono la
distinzione dagli 8 generi della famiglia degli Sparidi presenti nel
Mediterraneo (Dentex, Sparus, Pagellus, Lithognathus, Spondyliosoma, Oblada,
Boops e Sarpa) sono la forma diversa e la presenza di denti caratteristici
del tipo di alimentazione.
DIFFUSIONE E PESCA
Il Sarago è ampiamente presente lungo le nostre coste; diffuso in tutto il
Mediterraneo e raro nel Mar Nero. Questa specie si trova anche in Atlantico
nord orientale, dal golfo di Guascogna fino alle Isole di Capo verde,
Madeira, Senegal ed occasionalmente all'Angola. Diplodus vulgaris è pescato
in modo professionale nei nostri mari con reti a strascico, con palangari di
profondità, con reti a circuizione (cianciolo), con reti da posta, ecc. Gli
individui appartenenti al genere Diplodus nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto
rispettivamente il 44° ed il 50° posto della speciale classifica delle prime
50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata dalle 2.524 tonnellate
prodotte nel 1986, alle 1.123 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione
ISMEA).
MERCATO
Il Sarago è commercializzato principalmente fresco.
CONSUMO
Il Sarago ha carni ottime, sode e saporite. Questa specie era apprezzata dai
consumatori già dall'antichità, come confermano le sue raffigurazioni nei
piatti di epoca Attica e della Magna Grecia.Dal punto di vista nutrizionale,
il Sarago può essere considerata una specie non grassa e digeribile, dal
momento che 100 grammi di parte edibile (carni) di Sarago contengono 15.9 g
di proteine, 1.2 g di carboidrati e 4.4 g di grassi, con un contenuto
medio-basso in colesterolo (70 mg).
LA RICETTA
Proponiamo una ricetta di facile preparazione per il Sarago:
Sarago con le olive
Per 4 persone
3 saraghi (circa 1 kg)
100 g di olive verdi senza nocciolo
3 spicchi d'aglio
1/2 bicchiere di vino bianco
olio extravergine di oliva
sale e pepe
Squamare, pulire ed incidere lateralmente i saraghi. Dopo averlo lavati con
cura, porli in una teglia da forno.Farcire con le olive, salare, pepare e
cospargere con il vino bianco, lasciandoli insaporire per circa due ore.
Mettere la teglia in forno (200 gradi) e cuocere i saraghi per circa
mezz'ora, controllandone la cottura. A cottura ultimata, mettere i saraghi
in un piatto da portata guarnendoli con le olive e servire.
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SARDINA
Sardina pilchardus L.
Cro.: Sredla. Dan.: Sardin. Fra.: Sardine commune. Gre.: Sardélla. Ing.:
European pilchard. Nor.: Sardin. Ola.: Pelser, Sardien. Por.: Sardinha.
Spa.: Sardina/pilchards. Ted.: Pilchard, Sardine.
NOMI DIALETTALI
Il novellame è conosciuto con il nome italiano, comune a tutto il pesce
azzurro, di Bianchetto. I nomi dialettali usati in letteratura sono: Sarda,
Sardella (Abruzzo); Sarda, Sardella (Calabria); Sarda, Sardone (Campania);
Sardèla, Sardela (Friuli Venezia Giulia); Sardene, Sardeinna (Liguria);
Sarda, Sardella (Lazio); Saracca, Sarda (Marche); Sarda, Sardèdde (Puglia);
Saraca, Sarda (Sicilia); Sarda, Sardinine (Sardegna); Sarda, Sardella
(Toscana); Sardella, Sardèla (Veneto)
DOVE VIVE
La Sardina è una specie pelagica, che vive in autunno ed inverno a
profondità maggiori, mentre è più vicina alla costa nel restante periodo
dell'anno.
COME VIVE
Sardina pilchardus è una specie con abitudini gregarie (vive in banchi
numerosi) e migratorie, seppur limitate; si adatta bene a salinità comprese
tra 27 e 38 ä ed a temperature tra 10 e 20¼C.
LA RIPRODUZIONE
La Sardina ha sessi separati. La maturità sessuale è raggiunta nel
Mediterraneo al termine del secondo anno di vita. La riproduzione avviene in
prossimità della costa da autunno a primavera, con un massimo in inverno. Le
uova emesse (da 50.000 a 80.000 per anno) sono galleggianti (sferoidali, con
una goccia oleosa e diametro di 1.4-1.7 mm).Queste dopo 2-4 giorni schiudono
(temperatura di 10-18¼C); le larve trasparenti sono lunghe 3.5 mm.
COSA MANGIA
Sardina pilchardus si nutre indifferentemente di Plancton animale e
vegetale, alimentandosi soprattutto durante le ore serali, mentre sembra
accertato che gli adulti non si alimentino la notte.
COME RICONOSCERLA
La Sardina è un Pesce di piccole dimensioni dal corpo affusolato e
leggermente compresso lateralmente e coperto di grosse squame caduche (circa
30 in serie longitudinali). Il muso è prominente ed acuto.La bocca è munita
di piccolissimi denti. Le mascelle sono di dimensioni diseguali e non
oltrepassano il margine anteriore degli occhi, che hanno una palpebra
adiposa ben sviluppata. La struttura ossea che chiude la cavità branchiale
(opercolo) è caratterizzato da 3-5 strie ben marcate. La superficie ventrale
è provvista da una serie di dentelli di piccole dimensioni. L'unica pinna
dorsale è situata circa a metà del corpo e molto avanzata rispetto alla
pinna anale. Queste pinne sono di modeste dimensioni come le ventrali, che
si originano in corrispondenza della parte centrale della pinna dorsale.
Nelle larve, quest'ultima al contrario è situata più indietro rispetto alle
pettorali e con il pro-cedere dello sviluppo migra nella posizione
definitiva (lunghezza di 35-40 mm.). La colorazione, tipica delle specie
pelagiche, è sul dorso azzurro-verdastra, argentea sul ventre e sui fianchi,
dove possono essere presenti alcune macchiette nerastre. La larva alla
schiusa è trasparente ed assume la pigmentazione definitiva ad una lunghezza
di circa 60 mm.La lunghezza massima è raggiunta nel Mediterraneo a 18-20 cm;
la Sardina è comune a 15 cm. La durata della vita è di circa 8 anni.

COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
S. pilchardus è l'unica specie appartenente al genere Sardina nel
Mediterraneo. La Sardina come la Cheppia (Alosa fallax nilotica), la
Papalina (Sprattus sprattus), l'Alaccia (Sardinella aurita) e l'Alice
(Engraulis enchrasicolus) appartengono alla stesso ordine sistematico dei
Clupeiformi e vivono tutte in Mediterraneo. I caratteri che permettono la
distinzione di queste specie con S. pilchardus sono essenzialmente legati
all'assenza di carena ed alla minore lunghezza della mascella inferiore
nell'Alice, all'assenza di striature sugli opercoli (lisci) nella Papalina e
nell'Alaccia, ed alle dimensioni e al numero di squame, più piccole e circa
il doppio nella Cheppia.
DIFFUSIONE E PESCA
La Sardina è ampiamente presente lungo le nostre coste, diffusa in tutto
Mediterraneo, eccezione fatta per le coste libiche e parte del Mediterraneo
orientale. La Sardina è anche largamente distribuita anche nel NE Atlantico,
dalla parte meridionale del Mare del Nord fino a sud al Senegal, Madeira e
le Canarie. Sardina pilchardus è pescata nei nostri mari in modo
professionale principalmente con reti da traino pelagico (volanti) e da
circuizione (lampara o cianciolo).La Sardina nel 1986 e nel 1995 ha
raggiunto rispettivamente il 3° ed il 7° posto della speciale classifica
delle prime 50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata dalle
52.171 tonnellate prodotte nel 1986, alle 36.825 tonnellate del 1995 (dati
FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
Sardina pilchardus è commercializzata fresca od inscatolata (sott'olio, in
conserva, ecc.).
E' come riporta l'ISMEA tra le principali 10 specie di pesce fresco più
acquistate nel nord della Penisola.Le famiglie italiane nel 1998 hanno
acquistato 6.446 tonnellate di sardine fresche, con una diminuzione del 19.9
% rispetto al 1997. Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato di 4.565
lire, con un aumento del 9.8 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Sardina pilchardus è da epoca remota conosciuta come pesce commestibile. Dal
punto di vista alimentare, la Sardina è un pesce classificabile come
semigrasso (in alcuni mesi il contenuto in grassi è maggiore) e
discretamente digeribile. L'Istituto Nazionale della Nutrizione riferisce
che 100 grammi di parte edibile (carni) di sardine fresche contengono 15.26
g di proteine, 1.19 g di carboidrati e un medio contenuto in grassi (5.19
g); sono presenti inoltre un alto contenuto in vitamine e sali minerali:
vitamina A (100 UI), complesso B (B1: 80 e B2: 210 mcg), Calcio (38 mg);
Ferro (1.2 mg) e Fosforo (264 mg).
LA RICETTA
Proponiamo per un gustoso e semplice modo di cucinare i giovanili di pesce
azzurro legato alla tradizione marinara:
Frittata di bianchetti
Per 4 persone
150-200 g di bianchetti
4 uova
sale, pepe.
1 cucchiaio di olio
In una padella, far rosolare i bianchetti in olio bollente. A parte sbattere
le uova, aggiustandole di sale e pepe. Aggiungere le uova ai bianchetti in
cottura e mescolare velocemente. Questa frittata, tradizionale dell'alto
Adriatico, veniva accompagnata con grandi zuppiere di radicchio selvatico
condito con piccoli pezzetti di lardo, cotto brevemente nell'aceto (galtin).
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SCAMPO
Nephrops norvegicus L.
Cro.: Skamp, norveski rak. Dan.: Jomfruhummer, dybvandshummer. Fra.:
Langoustine. Gre.: Karavída. Ing.: Norway lobster. Nor.: Sjøkreps,
bovstavhummer. Ola.: Langoestine, noorse kreeft. Por.: Lagostim. Spa.:
Cigala, maganto. Ted.:
Kaisergranat, Norwegischer, Schlankhummer, Tiefseehummer.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali disponibili in letteratura sono: Rancio, Rancio di fondo
(Abruzzo); Ranfele `e funnale, Alifante 'e funnale (Campania); Scampolo
(Friuli Venezia Giulia); Arganello, Astracio (Marche); Astracio (Puglia);
Lempitu di fangu (Sicilia).
DOVE VIVE
Lo Scampo vive su fondali sabbiosi e fangosi a profondità comprese tra 20 e
800 m.
COME VIVE
Nephops norvegicus scava gallerie sotto la sabbia, in cui vive infossato
durante il giorno e da cui esce durante la notte, per andare alla ricerca di
cibo.
LA RIPRODUZIONE
Lo Scampo ha sessi separati. I maschi fecondano le femmine, che portano le
uova sotto l'addome anche per nove mesi (femmine ovigere). Dopo la schiusa
delle uova, le larve conducono breve vita pelagica, per poi mutare e
prendere contatto con il fondo.La riproduzione avviene in primavera.
COSA MANGIA
Nephops norvegicus si nutre di Crostacei e Vermi, durante le ore notturne.
COME RICONOSCERLA
Lo Scampo è un Crostaceo con corpo allungato e tubulare, costituito da una
parte anteriore che costituisce la fusione tra testa e torace
(cefalotorace), ricoperta di una robusta corazza calcificata (carapace). Il
carapace è caratterizzato dalla presenza di un rostro anteriore, munito di
3-4 denti sui margini laterali della parte superiore e di 1-2 sul margine
inferiore, e dalla presenza di numerose spine ed incisure, il numero e la
forma delle quali distingue le diverse specie. La parte posteriore (addome)
è costituita da 6 parti mobili (le prime 5 con un paio di appendici per il
nuoto) e che termina con una sorta di coda (telson). Le appendici sono 13 ed
alcune sono arti per camminare (pereiopodi). Il primo paio di pereiopodi è
sviluppato in paio di chele, armate di spine disposte in file longitudinali,
mentre il secondo e terzo paio porta all'estremità delle piccole pinze.La
colorazione è rosa con sfumature aranciate più o meno marcate. La lunghezza
massima di questa specie è di 24 cm, ma è comune a 10-20 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Alla stessa famiglia appartengono l'Astice (Homarus gammarus) e l'Astice
americano (H. americanus), distinguibili dallo Scampo per la differente
colorazione del dorso (rosa nello Scampo e blu-nerastra, azzurra screziata
di giallo, in H. gammarus e blu-nerastra con sfumature giallo-brune o
rosso-brune e screziature verdi o blu in H. americanus), e per forma e
dimensioni (maggiori negli astici).
DIFFUSIONE E PESCA
Lo Scampo è diffuso uniformemente lungo le coste italiane, occupando le zone
ovest e centrale del bacino del Mediterraneo.Questa specie è presente
inoltre nella parte est dell'oceano Atlantico, dall'Islanda, Isole Faroe e
nord ovest della Norvegia (Isole Lofoten) fino al Marocco, mentre è assente
nel Mediterraneo ad est di 25° E, dal Mar Baltico, dal Bosforo e dal Mar
Nero. Nephrops norvegicus è oggetto di pesca professionale essenzialmente
con reti a strascico ed attrezzi fissi.Questa specie sembra essere più
soggetta a cattura in corrispondenza dei periodi di variazione di
illuminazione (alba e tramonto). Le femmine ovigere sembrano essere meno
vulnerabili alla cattura, quando prossime alla riproduzione, non escono
dalle loro gallerie. Nephros norvegicus nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto
rispettivamente il 24° ed il 30° posto della speciale classifica delle prime
50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata dalle 5.077 tonnellate
prodotte nel 1986, alle 4.312 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione
ISMEA).
MERCATO
Lo Scampo è presente normalmente sui mercati europei, mediterranei ed
italiani, commercializzato principalmente fresco, refrigerato o congelato.Le
famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 1.848 tonnellate di scampi
freschi, con una diminuzione del 21.4 % rispetto al 1997. Il prezzo medio al
chilogrammo nel 1998 è stato di 22.180 lire, con un aumento del 4.7 %
rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Nephops norvegicus ha carni di notevole pregio, molto apprezzate dai
consumatori. Il valore nutrizionale di questa specie è buono, per il suo
apporto proteico, di carboidrati e sali minerali. Infatti, 100 grammi di
parte edibile (carni) di Scampo contengono 9.4 g di proteine, 20.5 g di
carboidrati e 13.6 g di grassi insaturi. Lo Scampo ha un alto contenuto in
sali minerali (Calcio: 210 mg; Fosforo: 310 mg, Ferro: 1.7 mg).
LA RICETTA
Proponiamo una ricetta semplice:
Insalata al profumo di scampi
Per 4 persone
300 g di lattuga
150 g di radicchio rosso
6 grossi scampi freschi
3 arance
12 cucchiai di olio extra vergine di oliva
3 cucchiai di aceto rosso di vino
semi di finocchio
sale, pepe q.b.
Portare a bollore abbondante acqua salata e lessare gli scampi, spegnere la
fiamma e lasciare gli scampi in ammollo per altri cinque minuti, quindi
sgusciarli e tagliarli a rondelle. Pulire, lavare ed asciugare le insalate.
Sbucciare le arance e dividerle in spicchi, pelandoli a vivo e privandoli
dei semi.In una scodella, emulsionare olio e aceto, sale e pepe, un pizzico
di semi di finocchio e condire l'insalata ed, a parte, gli spicchi di
arancia con questa salsa.Disporre l'insalata in un capiente piatto concavo,
inframmezzandola con gli spicchi d'arancia. Porre al centro dell'insalata le
rondelle degli scamponi e cospargere il tutto di buccia di arancia
grattugiata.
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SEPPIA MEDITERRANEA
Sepia officinalis L.
Cro.: Sipa. Dan.: Blæksprutte. Fra.: Sèche. Gre.: Soupiá. Ing.: Cuttlefish.
Nor.: Blekksprut. Ola.: Inkvist. Por.: Choco, chopo. Spa.: Jibia. Ted.:
Sepia.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali usati in letteratura per indicare questa specie sono:
Seppia imperiali, Siccia (Calabria) Seccia, Seccetèlla (Campania); Sòipa
(Emilia); Seppia, Sepa (Friuli Venezia Giulia); Seppia (Lazio); Sepia,
Seppia (Liguria); Seccia, Siccia (Puglia); Siccia, Pruppusiccia (Sicilia);
Sippia, Sepia (Sardegna); Seppia (Toscana); Sèpa, Sepa de porto (Veneto).
DOVE VIVE
La Seppia mediterranea vive su fondi costieri, sabbiosi o melmosi, fino a
profondità di circa 150 m, ma è più comune a profondità minori di 100 m. Gli
adulti vivono nei mesi freddi a profondità maggiori.
COME VIVE
Sepia officinalis, pur essendo una buona nuotatrice, sosta spesso sul fondo.
All'inizio della primavera, gli esemplari più grandi lasciano le acque
profonde migrando verso la costa; successivamente (estate) anche i giovani
raggiungono gli adulti. Alla fine della stagione calda (autunno), le seppie
si spostano verso il largo.
LA RIPRODUZIONE
La specie ha sessi separati. La riproduzione avviene in prossimità della
costa da inizio primavera ad inizio autunno, (soprattutto da aprile a
luglio). I maschi producono circa 1400 spermatofore (sacchetti contenenti lo
sperma) che introducono nel corpo delle femmine tramite l'ectocotilo
(braccio modificato). Le femmine producono uova grandi (da 150 a 4000),
deposte su sostegni solidi in grappoli neri o bruno scuro simili a grappoli
d'uva. La schiusa avviene dopo circa un mese (a 21°C) e le piccole seppie
(7-8 mm) sono pelagiche e già in grado di cacciare autonomamente.
COSA MANGIA
La Seppia mediterranea si nutre principalmente Crostacei (gamberetti,
granchi, ecc.), piccoli Pesci ed altri Molluschi (cefalopodi).
COME RICONOSCERLA
La Seppia è un Mollusco con corpo (mantello) ovale, a forma di sacco
appiattito, che sormonta 10 appendici. Ai lati del mantello, sono presenti
due pinne ed all'interno l'osso di seppia, che è una conchiglia
calcificata.L'osso ha estremità appuntite, di cui una con una piccola spina
non evidente esternamente e strie di accrescimento. Nella parte superiore
del mantello, è situata una piccola sacca con un liquido (nero di seppia)
che la Seppia espelle per nascondersi all'aggressore, se si sente
minacciata. Gli occhi sono grandi e provvisti di membrana cornea
trasparente; la bocca, munita di un becco, è circondata da 10 appendici (8
braccia, più corte e 2 tentacoli, più lunghi e retrattili).Le braccia hanno
sull'intera faccia interna 4 serie di ventose, presenti nei tentacoli solo
all'estremità a forma di clava (5-6 serie).Le ventose sono internamente
formate da anelli concentrici, con i più grandi nella serie mediana. In età
adulta, i maschi sono più numerosi, dal momento che dopo la riproduzione si
verifica una notevole mortalità nelle femmine. La colorazione del dorso è
molto variabile dal bruno-nerastro al giallastro, con striature chiare più o
meno evidenti. La superficie ventrale è biancastra ed iridiscente. Sul dorso
del mantello, sono presenti speciali cellule che permettono variazioni di
colorazione (cromatofori), utilizzati per trasmettere segnali
(corteggiamento, accoppiamento, lotta tra maschi, ecc.) e per mimetizzarsi
con il fondale. La vita della Seppia mediterranea varia da 18 - 30 mesi. La
lunghezza massima raggiunta nel Mediterraneo è 35 cm (comune da 15 a 25 cm).
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Oltre a Sepia officinalis, altre due specie di Seppia vivono in Mediterraneo
(S. elegans e S. orbignyana). La Seppia mediterranea può essere distinta
dalle altre due in base alla forma dell'osso, alle caratteristiche della
spina su quest'ultimo od al numero di serie di ventose presenti sulle
braccia.
DIFFUSIONE E PESCA
Sepia officinalis è comune lungo le nostre coste, ampiamente presente in
tutto il bacino del Mediterraneo ed in Atlantico orientale, dalla
Scandinavia fino al Marocco.La Seppia mediterranea è pescata
professionalmente con reti a strascico e con attrezzi da posta (reti, nasse,
ecc.). Gli individui appartenenti al genere Sepia nel 1986 e nel 1995 ha
raggiunto rispettivamente il 9° ed il 10° posto della speciale classifica
delle prime 50 specie prodotte in Italia.La produzione è passata dalle
14.591 tonnellate prodotte nel 1986, alle 11.150 tonnellate del 1995 (dati
FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
La Seppia mediterranea è commercializzata fresca e congelata. Le famiglie
italiane nel 1998 hanno acquistato 9.206 tonnellate di seppie fresche, con
un aumento del 0.9 % rispetto al 1997. Il prezzo medio al chilogrammo nel
1998 è stato di 14.763 lire, con un aumento del 6.9 % rispetto al 1997
(ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Sepia officinalis ha carni gustose, apprezzate dai consumatori. Gli
individui più piccoli sono i più ricercati per la delicatezza delle loro
carni. Dal punto di vista nutrizionale, è una specie classificata come
scarsamente digeribile dall'Istituto Nazionale della Nutrizione. 100 grammi
di parte edibile (carni) di Seppia fresca contengono 14.02 g di proteine,
2.53 g di grassi e 0.73 g di carboidrati. Sono inoltre presenti un buon
contenuto in vitamine (A: 250 UI, B1: 70 mcg e B2: 160 mcg) e sali minerali
(144 mg di Calcio, 189 mg di Fosforo e 17.4 mg di Ferro).
LA RICETTA
Numerose sono le preparazioni della Seppia nella cucina tradizionale.
Proponiamo una ricetta classica:
Seppie ripiene sulla graticola
Per 4 persone
1 Kg di seppie
1 spicchio d'aglio
200 g di pangrattato
prezzemolo
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
sale, pepe
Pulire le seppie, eliminando interiora e braccia; lavare accuratamente in
abbondante acqua corrente i mantelli. Preparare un battuto con aglio e
prezzemolo. In una terrina, mescolare il battuto con pane grattugiato, olio,
sale e pepe. Una variante è quella di soffriggere a parte le braccia e, dopo
averle tagliate, aggiungerle al ripieno. Riempire i mantelli con il ripieno,
chiudendoli con stecchini di legno. Porre le seppie sulla graticola,
cuocere, girandole da ambo le parti, per circa 10 minuti e servire.
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SGOMBRO
Scomber scombrus L.
Cro.: Sku?a. Dan.: Makrel. Fra.: Maquereau. Gre.: Scoumbri. Ing.: Mackerel.
Nor.: Makrell. Ola.: Makrell. Por.: Sarda. Spa.: Caballa. Ted.: Makrele.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali usati in letteratura per indicare questa specie sono:
Lacerto, Sgummero (Abruzzo); Palamitu, Strummu lacertu (Calabria); Lacierto,
Scurtone (Campania); Ganzariol, Macarelo (Friuli Venezia Giulia); Ariòlo,
Ariòla (Liguria); Lacerto (Marche); Lacertu, Naccarijello (Puglia); Scarmu,
Scambirru (Sicilia); Cavaglia, Cavàllia (Sardegna); Lacerto, Lagerto
(Toscana); Ganzariol, Garzariol (Veneto).
DOVE VIVE
Lo Sgombro è una specie pelagica, che è possibile trovare dalla superficie
fino a profondità di 200-250 m. Da adulto, vive nelle stagioni fredde a
profondità maggiori, mentre è in acque superficiali e vicino alla costa in
primavera-estate.
COME VIVE
I giovanili ed adulti di Scomber scombrus hanno abitudini gregarie (vivono
in branchi numerosi) e migratorie, specie in epoca riproduttiva.
LA RIPRODUZIONE
Lo Sgombro ha sessi separati. Il termine del terzo anno di vita
contraddistingue l'inizio della maturità sessuale. La riproduzione avviene
da fine inverno a primavera in prossimità della costa. Le uova emesse
(800.000 per femmina) hanno un diametro di 0.87-1.40 mm ed una grossa goccia
oleosa. Alla schiusa, dopo circa 5-6 giorni dall'emissione le larve misurano
da 2,83 a 4 mm.
COSA MANGIA
Scomber scombrus si nutre principalmente di piccoli Pesci (altro pesce
azzurro, in particolare) e piccoli Crostacei pelagici.
COME RICONOSCERLA
Lo Sgombro è un Pesce di medie dimensioni dal corpo affusolato, fusiforme.
Il muso è appuntito; le narici posteriori sono vicine agli occhi, non molto
grandi e provvisti di una palpebra adiposa anteriore e posteriore con una
fessura mediana libera. La bocca è grande e provvista di piccoli denti
conici, presenti in serie unica, su entrambe le mascelle e nella parte
interna sulle ossa interne della bocca (palato e vomere). Le squame sono
piccole e non sempre delle stesse dimensioni e non è mai ben sviluppato il
corsaletto (vedi scheda: Tonno). La pinna dorsale anteriore è formata da
raggi duri e la posteriore da raggi molli e ben distanti tra loro. La pinna
anale è contrapposta alla seconda pinna dorsale; posteriormente ad entrambe
queste pinne sono presenti 5 pinnule. Sul peduncolo caudale (base dei lobi
della pinna) sono presenti due carene laterali molto piccole. Le pinne
pettorali, più lunghe delle ventrali, sono separate da un piccolo
prolungamento (processo interpelvico). La linea laterale è presente ed è
sinuosa. Caratteristica è l'assenza della vescica gassosa.La colorazione è
simile alle altre specie pelagiche. Il dorso è verde-blu metallico,
iridescente con linee scure ad andamento sinuoso che terminano subito al di
sotto della linea laterale. I fianchi sono argentei e il ventre bianco. Non
sono presenti macchie. L'accrescimento è rapido. A due anni, questa specie
misura 20 cm. La lunghezza media degli individui mediterranei è di 18-30 cm.
Lo sgombro può raggiungere eccezionalmente una lunghezza di 50 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Il termine Sgombro identifica anche un'altra specie, detta anche Lacerto o
Lanzardo (Scomber japonicus), anch'essa mediterranea. S. scombrus ha linee
sul dorso più marcate e non ha macchie grigie sui fianchi (il Lacerto ha
fianchi cosparsi di piccole macchie); altri caratteri che permettono la
distinzione sono minore dimensione degli occhi, l'assenza di vescica gassosa
interna e corsaletto meno distinguibile. Lo Sgombro può essere confuso in
età giovanile, con Tonni (Thunnus) e tonnetti (Euthynnus e Sarda) da cui
differisce però per la distanza tra le due pinne dorsali, molto più vicine
tra loro in questi tre generi.
DIFFUSIONE E PESCA
Lo Sgombro è comune nel Mediterraneo e nel Mar Nero ed ampiamente diffuso
lungo le coste italiane. La sua diffusione come testimonia il nome inglese
"Atlantic mackarel" è ampia anche in Atlantico, dove è presente dalla
Norvegia (Mar Baltico compreso), alle Azzorre fino al Senegal. Questa specie
è catturata in modo professionale principalmente con reti da traino pelagico
(volanti) e da circuizione (lampara o cianciolo). Gli individui appartenenti
al genere Scomber nel 1986 e nel 1995 ha raggiunto rispettivamente il 27° ed
il 16° posto della speciale classifica delle prime 50 specie prodotte in
Italia. La produzione è passata dalle 4.935 tonnellate prodotte nel 1986,
alle 6.949 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
S. scombrus è normalmente presente sui mercati italiani, commercializzato
principalmente fresco od in scatola. Secondo l'ISMEA questa specie è tra le
principali 10 specie di pesce fresco più acquistate dai consumatori nel Sud
Italia. Le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 4.599 tonnellate di
sgombri freschi, con una diminuzione del 11.6 % rispetto al 1997. Il prezzo
medio al chilogrammo è stato nel 1998 di 9.398 lire, con un aumento del 8.1
% rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Lo Sgombro ha carni bianche apprezzate dai consumatori, sia fresche che
conservate in olio o salamoia. Dal punto di vista alimentare, S. scombrus è
un pesce classificato come grasso.L'Istituto Nazionale della Nutrizione
riferisce infatti che 100 grammi di parte edibile (carni) di Sgombro fresco
contengono 16.00 g di proteine, 0.75 g di carboidrati, 11.08 g di grassi ed
95 mg di colesterolo; sono presenti inoltre un notevole contenuto in
vitamine e sali minerali: vitamina A (100 UI), complesso B (B1: 80 e B2: 210
mcg), Calcio (38 mg); Ferro (1.2 mg) e Fosforo (246 mg). 100 g di Sgombro in
scatola contengono: 31.44 g di proteine, 3.8 g di grassi, 0.91 g di
carboidrati, 100 UI di vitamina A, 50 e 190 mcg di vitamina B1 e B2, 42 mg
di Calcio, 286 mg. di Fosforo e 1.3 mg di Ferro.
LA RICETTA
Proponiamo per lo Sgombro un piatto derivato dalla tradizione peschereccia
dell'alto Adriatico:
Brodetto
Per 4 persone
2 Kg di pesce misto: sgombri, seppie, gallinelle, boghe, triglie, cefali,
pannocchie (secondo periodo), sugheri,
granchi, un piccolo rombo.
1 spicchio d'aglio;
pomodoro;
1 cucchiaio d'olio;
sale, pepe;
1/2 bicchiere di vino bianco
Pulire e lavare con cura il pesce, tagliare a pezzi il pesce più grande
(cefali, sgombri, seppie, gallinelle e sugheri) e lasciare intero quello più
piccolo. Dopo averlo tritato, soffriggere in un tegame l'aglio e quindi
aggiungere il vino. Fare evaporare il vino ed aggiun-gere il pomodoro,
salare e pepare. Quando il sugo inizia a bollire, disporre il pesce nel
tegame: prima le seppie, dopo circa 10 min. il pesce tagliato ed in ultimo
il pesce piccolo intero. La cottura deve avvenire a tegame coperto. Alzare
il fuoco per 10 min. circa, quindi far bollire a fuoco lento per altri 20
min. circa. Negli ultimi 10 minuti, togliere il coperchio per permettere al
sugo di addensarsi. Si accompagna con fette di pane abbrustolito.
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SOGLIOLA
Solea vulgaris Quensel.
Cro.: List. Dan.: Tunge, søtunge. Fra.: Sole commune. Gre.: Glóssa. Ing.:
Common sole. Nor.: Tunge. Ola.: Tong. Por.: Linguado legitimo. Spa.:
Lenguado. Ted.: Seezunge, Zunge.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali utilizzati in letteratura per questa specie sono: Sfoglia,
Anguatula (Abruzzo); Palaia (Calabria); Palaia verace (Campania); Sfoglia,
Sfòia (Friuli Venezia Giulia); Lengua, Lengua secca (Liguria); Linguattola,
Sogliola comune (Lazio); Anguatula, Sfoglia (Marche); Palaie, Palaia verace
(Puglia); Linguate, Suace, (Sicilia); Palaia, Palaja di rina (Sardegna);
Palaia, Sfoglia (Toscana); Sfogio, Sfogio nostran (Veneto). Il nome del
genere (Solea) significa in latino sandalo.
DOVE VIVE
Gli adulti di Sogliola vivono a contatto con fondi sabbiosi e fangosi, a
profondità comprese tra 0 e 200 m, spostandosi nella stagione invernale in
acque più profonde. Solea vulgaris è una specie eurialina (tollera e si
adatta a differenti salinità). Gli stadi larvali e giovanili infatti
penetrano in ambienti salmastri (lagune o foci di fiumi), dove rimangono per
lunghi periodi.
COME VIVE
Solea vulgaris è attiva prevalentemente di notte. Al contrario, durante il
giorno, sfrutta le sue caratteristiche mimetiche, rimanendo immobile sotto
la sabbia.
LA RIPRODUZIONE
La Sogliola ha sessi separati. Gli individui raggiungono la maturità
sessuale a 3-5 anni e si riproducono, alle nostre latitudini, da gennaio a
maggio, con un picco massimo in febbraio. Le uova, con diametro di circa 1.5
mm, sono composte di numerose goccioline oleose giallo chiaro e galleggiano.
Dopo circa 8 giorni dalla schiusa, la larva è lunga 4 mm. La metamorfosi è
completa dopo 7 - 8 settimane e la piccola sogliola è lunga circa 15 mm.
COSA MANGIA
La Sogliola adulta si nutre di Invertebrati (Policheti, Molluschi e
Crostacei) e piccoli Pesci, mentre in età giovanile essenzialmente di
piccoli Crostacei.
COME RICONOSCERLA
La Sogliola è un Pesce piatto con corpo ovale e compresso. La testa è
piccola ed il muso è arrotondato, con un lobo carnoso nella parte terminale
e con due narici tubulari, non dilatate. La bocca, piccola ed arcuata, è in
basso. Gli occhi, di cui uno "migra" nel periodo della metamorfosi, sono
situati sulla parte visibile (superiore) del corpo. L'animale è ricoperto di
squame rettangolari, piccole e spinose ai margini. La linea laterale è
dritta fino alla testa dove descrive una curva verso il basso. Le pinne sono
prive di raggi spinosi. La pinna dorsale inizia all'altezza dell'occhio
superiore e si collega, tramite una membrana, al peduncolo caudale e quindi
al raggio dorsale della caudale, che è arrotondata. Le pinne pettorali sono
piccole, non simmetriche, e quella situata nella parte inferiore
dell'animale è più piccola. La colorazione della parte superiore
dell'animale varia dal bruno grigio uniforme al rossastro, con possibile
presenza di piccole macchie più o meno evidenti e diffuse. La pinna
pettorale termina posteriormente con una macchia nera. La parte terminale
della coda è più scura. Il colore del ventre è biancastro. Gli individui
mediterranei raggiungono una lunghezza di 20 cm al termine del primo anno di
vita e sono meno longevi, più leggeri e piccoli degli individui atlantici,
che raggiungono, secondo alcuni Autori, anche una lunghezza di 70 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
La classificazione e la distinzione delle specie di Sogliola non è ancora
completamente definita. Secondo la FAO, 16 specie, appartenenti a 7 generi
diversi, vivono nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Al genere Solea
appartengono 7 specie mediterranee. I caratteri che permettono la
distinzione tra le specie della famiglia Soleidae sono la forma, dimensione
e colorazione del corpo, la forma del tubo nasale, il disegno della linea
laterale, la presenza di una membrana fra ultimo raggio della pinna dorsale
e pinna caudale e dalle dimensioni delle pinne pettorali.
DIFFUSIONE E PESCA
La Sogliola è presente in tutto il Mediterraneo (anche nel Mar di Marmara,
nel Bosforo e nella parte sud occidentale del Mar Nero). E' comune nel Mare
del Nord, nel Baltico occidentale e, nell'Atlantico orientale, dalle Isole
britanniche fino al Senegal. La Sogliola è oggetto di pesca professionale
con attrezzi da traino (rapidi, sfogliare o ramponi). E' catturata anche con
reti a strascico e attrezzi fissi (tremagli). Solea vulgaris nel 1986 e nel
1995 ha raggiunto rispettivamente il 16° ed il 18° posto della speciale
classifica delle prime 50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata
dalle 7.936 tonnellate prodotte nel 1986, alle 6.065 tonnellate del 1995
(dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
La Sogliola è tra le principali 10 specie di pesce fresco più acquistate in
Italia, in particolare al nord della Penisola (Ismea-Nielsen). Questa specie
viene commercializzata fresca, congelata o surgelata, intera, eviscerata od
in filetti. Le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 6.112 tonnellate
di sogliole fresche, con una diminuzione del 11.1 % rispetto al 1997. Il
prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato di 24.818 lire, con una
diminuzione del 0.9 % rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
La Sogliola ha carni bianche, pregiate, apprezzate dai consumatori sin
dall'antichità. Lo scrittore Colummella ricorda l'abitudine dei Romani di
allevare pesci piatti, tra cui la Sogliola, per i quali raccomanda di
scavare in tratti litoranei una vasca poco profonda, che non venga mai
lasciata in secca dal defluire della marea. Dal punto di vista nutrizionale,
la Sogliola è un pesce magro e molto digeribile. Il suo valore nutrizionale
è alto. L'Istituto Nazionale della Nutrizione indica infatti che 100 grammi
di parte edibile (carni) di Solea vulgaris contengono 15.93 g di proteine,
0.79 g di carboidrati e pochi grassi (1.74 g); sono presenti inoltre
vitamine del complesso B (B1: 60 mcg e B2: 150 mg), vitamina A (50 U.I.) e
sali minerali (Calcio: 31 mg; Fosforo: 218 mg e Ferro: 1.0 mg).
LA RICETTA
Tra i diversi modi di cucinare la Sogliola, anche surgelata, proponiamo:
Filetti di sogliola al pepe verde
Per 4 persone
600 g di filetti di sogliola
1 cucchiaio di farina
2 cucchiai di pepe verde fresco
2 decilitri di latte magro
sale
Bollire in una padella il latte con sale e pepe verde per circa 20 minuti,
fino ad ottenere una salsa omogenea. Aggiungere e cuocere i filetti di
sogliola. A cottura ultimata, separare dalla salsa i filetti e disporli in
un vassoio da portata. Stemperare mescolando la farina nella salsa, fino a
renderla cremosa. Versare la salsa ancora calda sui filetti e servire
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SPIGOLA
Dicentrarchus labrax L.
Cro.: Lubin, smudut. Dan.: Bars. Fra.: Loup ou bar. Gre.: Lavráki. Ing.: Sea
bass. Nor.: HavObor, havabbor. Ola.: Zeebaars. Por.: Robalo. Spa.:
Havsabborre. Ted.: Wolfs-barsch, Seebarsch.
NOMI DIALETTALI
La Spigola è anche chiamata nel Nord Italia Branzino. Alcuni nomi dialettali
in letteratura sono: Spinola, Varòlo (Abruzzo); Spinula (Calabria); Spinola,
Bocca bianca (Campania); Branzìn, Branzinoto (Friuli Venezia Giulia); Lupo,
Spinola (Lazio); Gingareo, Loasso (Liguria); Varòlo, Varolotto (Marche);
Lupo, Lupu (Puglia); Arranassa, Arrangiola (Sardegna); Lupu, Lupu de mari
(Sicilia); Ragno, Spinola (Toscana); Baicolo, Brancin (Veneto).
DOVE VIVE
La Spigola vive in acque costiere; comune in acque poco profonde fino a 100
metri di profondità.
COME VIVE
Dicentrarchus labrax vive durante il periodo giovanile in piccoli branchi,
mentre da adulta è solitaria. La specie è molto resistente tollerando
temperature variabili da 2 a 30°C (euriterma) e salinità da 4 a 40 ä
(eurialina). In primavera, i nuovi nati migrano (montata) dal mare in acque
salmastre (bassa salinità) o dolci (lagune, estuari e fiumi), dove
permangono spesso fino alla maturità sessuale.
LA RIPRODUZIONE
I maschi raggiungono la maturità sessuale a due anni, le femmine a tre anni.
La riproduzione avviene in Mediterraneo in autunno-inverno, quando gli
adulti si radunano in gruppi numerosi. Le uova (circa 140.000/Kg femmina),
fecondate da più maschi, sono galleggianti e sferiche (diametro di 1.15-1.16
mm).La larva, alla schiusa, è lunga circa 4 mm.
COSA MANGIA
La Spigola è una predatrice, che si nutre in particolare di piccoli Pesci e
Crostacei.
COME RICONOSCERLA
La Spigola è un Pesce di taglia medio-grande, con corpo slanciato. Il muso è
appuntito, la bocca grande con mandibola leggermente prominente e
protrattile. I denti sono sottili, aguzzi ed in più serie.Nella parte
posteriore della testa, l'osso che chiude la camera delle branchie
(opercolo) è armato posteriormente da due grosse spine, mentre il
preopercolo (una delle ossa sovrapposte all'opercolo) ha sul bordo inferiore
una fine dentellatura. Le pinne hanno raggi spinosi robusti. Le pinne sul
dorso sono due: la prima formata da raggi spinosi robusti, mentre la seconda
da un raggio duro e da 12 -13 raggi molli. La pinna anale ha tre raggi
spinosi.La linea laterale ha 71-72 squame.La colorazione del dorso è scura,
argentea sui fianchi e bianca sul ventre. Una macchia scura, più o meno
evidente, può essere presente sull'opercolo. I giovani presentano numerose
piccole macchie sui fianchi. La lunghezza massima raggiunta dagli individui
di questa specie è di circa 1 m ed un peso di 10-12 kg. Sono comuni
individui da 20 a 55 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Il genere Dicentrarchus appartiene alla famiglia Serranidae (dal latino,
serra: sega, a causa della dentellatura dell'opercolo). Nel Mediterraneo, è
presente anche una specie simile, appartenente allo stesso genere, la
Spigola puntata (D. punctatus). I caratteri che permettono di distinguere
facilmente le due specie sono le macchie sul corpo, la forma del vomere ed
il numero di squame sulla linea laterale. La Spigola non ha, allo stato
adulto, macchie nere sul dorso e sui fianchi, presenti al contrario nella
Spigola puntata. Il vomere forma una sorta di mezzaluna e non di ancora,
come in D. punctatus. Infine, le squame nella Spigola puntata sono 60-65 e
non 70-72 come in D. labrax.
DIFFUSIONE E PESCA
La Spigola è presente lungo le nostre coste, nel Mediterraneo, Mar Nero ed
in Atlantico orientale, dalla Norvegia al Senegal.Dicentrarchus labrax è
catturata dai pescatori professionisti principalmente con reti da traino e
da posta. E' catturata in laguna con i lavorieri, (barriere fisse che
sfruttano le migrazioni di questa specie a scopo alimentare, termico e
riproduttivo). La Spigola è oggetto di allevamento (estensivo ed intensivo)
in tutto il mondo.Gli individui appartenenti al genere Dicentrarchus nel
1986 e nel 1995 ha raggiunto rispettivamente il 45° ed il 27° posto della
speciale classifica delle prime 50 specie prodotte in Italia. La produzione
è passata dalle 2.427 tonnellate prodotte nel 1986, alle 4.633 tonnellate
del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).E' una preda molto ambita dai
pescatori sportivi
MERCATO
Dicentrarchus labrax è una specie ricercata, di notevole interesse
commerciale per tutti i nostri mercati. In Italia, ed in tutto il
Mediterraneo, è diventata una delle specie più allevate e risulta tra i
dieci prodotti freschi della pesca più acquistati, negli ultimi anni, in
particolare dai consumatori del nord Italia. E' commercializzata fresca o
congelata.Le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 6.813 tonnellate di
spigole fresche, con un aumento del 11.3 % rispetto al 1997. Il prezzo medio
al chilogrammo nel 1998 è stato di 20.798 lire, con un aumento del 1.7 %
rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
La Spigola era apprezzata per la bontà delle sue carni e veniva pescata ed
allevata, già nell'antichità. Come racconta Plinio, i Romani apprezzavano in
modo particolare gli esemplari di colore bianco e carne molle che chiamavano
lupus laneus o lanatus (lupi lanati), per il candore e la delicatezza delle
carni. La sua raffigurazione è presente nei piatti di epoca Attica e nei
mosaici di epoca Romana. Dal punto di vista nutrizionale, 100 g di Spigola
fresca contengono 16.5 g di proteine, 1.5 g di grassi, 0.6 g di zuccheri,
sali minerali e vitamine: 20 mg di Calcio, 1,1 g di Ferro, 202 mg di
Fosforo, 0.11 mg di Vitamina B1, 0.16 mg di Vitamina B2
LA RICETTA
La Spigola, come altro pesce bianco, ha una delle migliori preparazioni
nella "grigliata", ma il prodotto fresco da anche ottimi risultati arrostito
o "al cartoccio". Proponiamo una ricetta semplice, ma gustosa:
Spigola fredda
Per 4 persone
1 Spigola di circa 800 g
prezzemolo tritato finemente
2 limoni, tagliati a spicchi
1 limone
olio extravergine di oliva, sale, pepe
Lavare accuratamente e pulire la Spigola dalle interiora. In un piatto,
emulsionare l'olio, il succo di limone, prezzemolo, sale e pepe.Porre in un
tegame con acqua fredda e sale il pesce, portare ad ebollizione e cuocere.A
cottura ultimata, lasciare raffreddare nel liquido, quindi sgocciolare,
pulire e disporre la spigola in un piatto da portata guarnendola con gli
spicchi di limone. Servire la Spigola accompagnandola, a parte, con la
salsa.
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TONNO ROSSO
Thunnus thynnus (L.)
Cro.: Tunj crveni. Dan.: Tunfisk. Fra.: Thon rouge. Gre.: Tónnos. Ing.:
Bluefin tuna. Nor.: Makrellistjørje, stjorje. Ola.: Tonijn. Por.: Atum
rabilho. Spa.: Aton (rojo). Ted.: Roter Thun.
NOMI DIALETTALI
La specie è conosciuta genericamente con il nome di Tonno. I nomi regionali
citati in letteratura sono: Tun-nacchiòlu, Tunnu (Calabria); Tunnariellu,
Tunnu (Campania); Pompilo, Tròmpia (Friuli Venezia Giulia); Tonn, TYnnu
(Liguria); Tunnariello, Tunnacchiu (Puglia); Tunnu, Tonnacchioli (Sicilia);
Scampirru, Tunina (Sardegna); Tòn, Tonina (Veneto).
DOVE VIVE
Il Tonno è una specie pelagica, che vive in mare aperto a profondità anche
superiori ai 500 m e che si sposta più vicino alla costa nelle stagioni
calde.
COME VIVE
Thunnus thynnus predilige acque temperate e sub-tropicali ed è sensibile a
cambiamenti termici e di salinità.Il Tonno rosso alterna periodi in cui vive
in branco (fase gregaria) e periodi di relativo isolamento (fase erratica).
La fase gregaria, che coincide con il periodo riproduttivo, è caratterizzata
dall'aggregazione di gruppi consistenti sotto costa e dalla diminuzione
dell'alimentazione. Nella fase erratica, i tonni si disperdono e spostano
verso profondità maggiori, dove riprendono l'alimentazione. Il Tonno rosso è
un veloce nuotatore e compie notevoli migrazioni, effettuando anche
periodici spostamenti verticali ed orizzontali.
LA RIPRODUZIONE
Le aree di riproduzione sono il Mediterraneo e nel Golfo del Messico. I
tonni rossi si riproducono sotto costa da giugno a metà di luglio. La prima
maturità sessuale è raggiunta tra la fine del terzo ed il quarto anno di
vita, ad una lunghezza di 90-95 cm (12-15 Kg di peso). Le uova (circa 1 mm
di diametro) sono sferiche e con una goccia oleosa. Le larve nascono dopo 2
giorni e sono lunghe 3 mm.
COSA MANGIA
Il Tonno rosso si nutre di Plancton nella fase giovanile. Gli adulti
mangiano Pesci, Molluschi (cefalopodi) e Crostacei pelagici.
COME RICONOSCERLA
Il Tonno rosso è un Pesce di una taglia notevole. Il corpo è robusto,
particolarmente nella parte anteriore, fusiforme e leggermente compresso. La
sezione trasversale è circolare. Il muso è prominente. La testa è grande,
con occhi piccoli. La bocca, non molto ampia, ha sulle mascelle un'unica
serie di piccoli denti conici, presenti anche sulle ossa interne del palato.
Il corpo è coperto di piccole squame (più grandi nella parte anteriore del
corpo, dietro la testa, chiamata corsaletto, e più piccole verso la coda).
Le pinne dorsali sono nettamente separate. Dietro la pinna dorsale
posteriore e la pinna anale sono presenti pinnule. Le pinne pettorali sono
corte. Il peduncolo caudale ha, ai due lati, una carena centrale, bordata da
due di minori dimensioni. E' presente una piccola vescica natatoria. La
colorazione è blu scura sul dorso, grigio-argentea sui fianchi. Le pinne
sono grigie. Il giallo delle pinnule, bordate di nero, diventa più intenso
nella stagione riproduttiva, in particolare nelle femmine. I giovani tonni
hanno strisce verticali o macchiette argentee sui fianchi in serie.La
lunghezza massima raggiunta è di circa 300 cm; il peso massimo rilevato è di
più di 700 Kg. La durata massima della vita è circa 20 anni.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Il Tonno rosso può essere distinto dal Tonnetto (Euthynnus (Katsuwonus)
pelamis, Euthynnus spp., Sarda sarda) per la separazione netta della pinne
dorsali anteriore e posteriore (non netta in E. (K.) pelamis), per l'assenza
di macchie scure tra le pinne pettorali e pelviche e per la presenza di
squame (assenti in Euthynnus), per l'assenza di strisce scure longitudinali
sul dorso (presenti in Sarda). T. thynnus può essere distinto da altre
specie, anche non mediterranee, di Tonno (T. alalunga, T. albacares, T.
maccoyi e T. obesus) per le pinne pettorali non molto allungate e per il
colore (margine) della pinna caudale (bianco in T. alalunga), per la minore
lunghezza negli individui più grandi della dorsale posteriore e della pinna
anale (T. albacares), per la colorazione non gialla della carena mediana (T.
maccoyi) e per la minore profondità del corpo (T. obesus).
DIFFUSIONE E PESCA
Il Tonno rosso è diffuso sia nell'Atlantico centrale (Mediterraneo incluso),
che nel Pacifico. Secondo alcuni Autori, nelle aree mediterranea e
atlantica, è presente una popolazione di individui che si riproduce nel
Golfo del Messico ed una popolazione che si riproduce nel Mediterraneo, pur
esistendo degli interscambi tra i due gruppi. Thunnus thynnus è catturato
professionalmente nei nostri mari con reti a circuizione (chiamate tonnare
volanti e che operano nel basso Tirreno sui riproduttori ed in Adriatico,
Canale di Sicilia e Liguria sui giovanili), con le tradizionali tonnare
fisse (Sicilia e Sardegna) e tonnarelle (Liguria), con ami (palangari e
lenza singola). Notevole impatto sulla risorsa ha la pesca illegale alla
traina di individui di 1 o 2 Kg. Il Tonno rosso nel 1986 e nel 1995 ha
raggiunto rispettivamente il 19° ed il 24° posto della speciale classifica
delle prime 50 specie prodotte in Italia. La produzione è passata dalle
7.576 tonnellate prodotte nel 1986, alle 5.195 tonnellate del 1995 (dati
FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
Il Tonno rosso è commercializzato fresco, congelato, sott'olio.
CONSUMO
Thunnus thynnus è stata pescato, conservato e commercializzato fin
dall'antichità. Testimonianze di autori Greci e Romani e la sua effigie su
mosaici, vasi e monete dell'epoca ne testimoniano l'importanza per i
consumatori. Il filosofo e naturalista greco Aristotele ricorda come che già
i Fenici pescavano e commercializzavano con i Cartaginesi il Tonno,
conservato in vasi. Secondo alcuni Autori, le prime tonnare in Spagna e
Portogallo risalgano all'epoca fenicia; altri Autori ne attribuiscono
l'ideazione ai Greci. Il Tonno rosso è classificato come pesce semigrasso e
discretamente digeribile. L'Istituto Nazionale della Nutrizione indica che
100 grammi di parte edibile (carni) di Thunnus thynnus fresco contengono
20.50 g di proteine, 0.56 g di carboidrati e un contenuto medio-basso in
grassi (4.17 g); sono presenti inoltre un alto contenuto in vitamine e sali
minerali: vitamina A (100 UI), complesso B (B1: 70 e B2: 160 mcg), Calcio
(38 mg); Ferro (1.2 mg) e Fosforo (246 mg). Particolarmente apprezzate dai
buongustai sono la "bottarga" (ovari) e la "ventresca" (masse muscolari
delle regione addominale).
LA RICETTA
Proponiamo per il Tonno fresco un primo gustoso:
Linguine al sugo di ventresca
Per 4 persone
400 g di ventresca di Tonno rosso
1 cipolla tritata finemente
400 g di pomodori da sugo ben maturi
1/2 bicchiere di vino bianco secco
1/2 Kg di linguine
olio, sale, pepe, peperoncino q.b.
Tagliare la ventresca a listarelle. Mettere in una padella le cipolle con
olio e peperoncino e soffriggere. Aggiungere le listarelle di tonno ed
aspergere il tutto con vino bianco, lasciando evaporare. Aggiungere i
pomodori a pezzi. Salare, pepare. Cuocere le linguine al dente e scolare. In
una terrina aggiungere il sugo e servire.
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TRIGLIA DI SCOGLIO
Mullus surmuletus L.
Cro.: Trlja od kamena, Trlja kamenjarka. Dan.: Mulle. Fra.: Rouget barbet de
roche. Gre.: Barbooni. Ing.: Striped red mullet. Nor.: Mulle. Ola.: Mul,
zeebarbel, koning van de poon. Por.: Salmonete legitimo, Salmonete-vermelho.
Spa.: Salmonete de roca. Ted.: Meerbarbe, Streifenbarbe.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali disponibili in letteratura sono: Trigghia i morsu
(Calabria) Treglia `e morza, Treglia verace (Campania); Barbòn, Barbòn de
nassa (Friuli Venezia Giulia); Barbone di scoglio, Rosciolo (Marche);
Tregghia d'aspro, Tregghia de petre (Puglia); Sparacalaci, Trigghia d'arca
(Sicilia); Trigghia birdu, Trigghia de erba (Sardegna); Triglia maggiore
(Toscana); Barbon, Tria (Veneto).
DOVE VIVE
La Triglia di scoglio vive su fondali rocciosi ed occasionalmente su fondi
sabbiosi e fangosi, a copertura vegetale, dalla riva fino a 100 m di
profondità. Le uova ed i primi stadi di vita si trovano in mare aperto.
COME VIVE
Gli adulti di Mullus surmuletus vivono solitari od in piccoli branchi.La
Triglia di scoglio differisce infatti dalla specie affine Triglia di fango
per le abitudini meno gregarie (di gruppo), che hanno solo i giovani.
LA RIPRODUZIONE
La Triglia di scoglio si riproduce generalmente da aprile ad agosto. I
maschi e le femmine raggiungono la maturità sessuale a 1 anno (circa 14 cm).
Le uova sono sferiche, con diametro circa 1 mm, e galleggianti (provviste di
una goccia oleosa).
COSA MANGIA
Mullus surmuletus si nutre da adulta di piccoli organismi che vivono sul
fondo (Crostacei, Molluschi, Echinodermi, Policheti e piccoli Pesci), mentre
da giovane principalmente di piccoli Crostacei.
COME RICONOSCERLA
Mullus surmuletus è un pesce di piccola taglia con corpo moderatamente
compresso. La bocca è piccola e protrattile, dalla cui estremità partono due
appendici (barbigli), utilizzate per la ricerca del cibo sul fondo e che in
riposo possono essere nascoste in un solco sotto la mandibola.Gli occhi sono
vicini al profilo superiore della testa, che può essere più o meno convesso.
Caratteristiche sono la presenza sotto l'occhio nella parte posteriore della
mandibola di due grosse squame e denti che sono presenti solo sulla parte
inferiore della bocca (mandibola). Le pinne dorsali sono separate.Le femmine
hanno dimensioni maggiori. La colorazione è generalmente bruna o rossastra
sul dorso, rosa o aranciata lungo i fianchi con tre o quattro bande
longitudinali giallo dorato e biancastra con possibili tonalità di rosa sul
ventre.La pinna dorsale anteriore è caratterizzata dalla presenza di fasce
trasversali scure. La Triglia di fango raggiunge una lunghezza di 20-25 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Le specie che appartengono alla famiglia delle triglie, di cui quattro
vivono nel Mediterraneo (2 nel Mediterraneo orientale), hanno tutte i
caratteristici barbigli.Le triglie presenti nei nostri mari (Triglia di
scoglio e di fango) possono essere confuse ed i caratteri che ne permettono
la distinzione di M. surmuletus sono in particolare la presenza di bande
scure sulla pinna dorsale anteriore (assenti in M. barbatus) e di due sole
squame sulle guance (tre nella Triglia di fango).Le specie presenti nella
parte orientale del Mediterraneo, comunemente conosciute come Triglia rossa,
sono facilmente distinguibili dalle nostre per la presenza di denti anche
sulla parte superiore della bocca (mascella).
DIFFUSIONE E PESCA
La Triglia di scoglio è comune ed uniformemente distribuita nei nostri mari.
La sua presenza è rilevata in tutto il Mediterraneo, il Mar Nero ed in
Atlantico (dal Canale della Manica fino a sud delle Canarie) lungo tutte le
coste europee. Rara nel Mare del Nord.
La Triglia di scoglio è oggetto di pesca professionale con reti da traino e
attrezzi fissi.Le triglie di scoglio e fango (Mullus) nel 1986 e nel 1995
hanno raggiunto il 13° posto della speciale classifica delle prime 50 specie
prodotte in Italia. La produzione è passata dalle 10.854 tonnellate prodotte
nel 1986, alle 9.441 tonnellate del 1995 (dati FAO, elaborazione ISMEA).
MERCATO
Mullus surmuletus è commercializzata fresca o congelata. Le famiglie
italiane nel 1998 hanno acquistato 4.824 tonnellate di triglie fresche, con
un aumento del 0.9 % rispetto al 1997. Il prezzo medio al chilogrammo nel
1998 è stato di 13.904 lire, con un aumento del 4.4 % rispetto al 1997
(ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
La Triglia di scoglio ha carni pregiate molto apprezzate dai consumatori del
Sud ed era già conosciuta nell'antichità dai Greci e dai Romani. Questi
ultimi in particolare ne apprezzavano le carni e molti Autori al riguardo ne
esaltano le qualità delle carni. La Triglia di scoglio da un'analisi
dell'Istituto Nazionale della Nutrizione è classificabile come pesce
semigrasso e discretamente digeribile. Il valore nutrizionale di Mullus
surmuletus è alto come in tutti i pesci per l'elevato apporto proteico,
vitaminico e di minerali, primi fra tutti fosforo e ferro. Infatti 100 g di
parte edibile (carni) di Triglia di scoglio contengono 15.83 g di proteine,
1.09 g di carboidrati, con un contenuto medio in grassi (6.27 g) ed un alto
contenuto in vitamine quali la A (100 UI), la B1 (80 mcg), la B2 (210 mg) e
di minerali quali il Calcio (38 mg), il Fosforo (264 mg) ed il Ferro (1.2
mg).
LA RICETTA
Tra i numerosi modi di cucinare la Triglia, ricordiamo una ricetta della
cucina tradizionale legata alla pesca di facile preparazione.
Triglie sulla teglia
Per 4 persone
1 kg di triglie
3 cipolle medie
1 cucchiaio di pane grattugiato
olio, sale, pepe
Tagliare la cipolla a fette non troppo spesse. Pulire, lavare le triglie e
scolarle. Mescolare in una zuppiera il pesce, la cipolla, il pane
grattugiato, il sale e il pepe.Versare e cuocere il tutto su una teglia, per
circa mezzora. A fine cottura condire con un filo di olio crudo.
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VONGOLA VERACE
Tapes (Ruditapes) decussatus (L.)
Dan.: Toppimusling. Fra.: Palourde. Gre.: Chàvaro, achivada. Ing.: Grooved
carpet shell. Nor.: Gullskjell. Ola.: Tapijtscelp. Por.: Amêijoa. Spa.:
Almeja margarita. Ted.: Teppichmuschel.
NOMI DIALETTALI
In tutte le Regioni italiane è ampiamente conosciuto ed usato il termine
Vongola verace o Verace.
DOVE VIVE
La Vongola verace è presente nei fondi costieri o lagunari, poco profondi,
con poca pendenza, sabbiosi, fangosi o melmosi a copertura vegetale.
COME VIVE
Tapes (R.) decussatus) ha abitudini fossorie, vive cioè infossata nel fondo,
respirando e filtrando attraverso le due appendici (sifoni), che escono
dalla conchiglia quando è aperta.
LA RIPRODUZIONE
La specie ha sessi separati. Si riproduce generalmente in luglio-agosto. Il
seme (gameti) viene emesso direttamente nell'acqua, dove avviene la
fecondazione.
COSA MANGIA
La Vongola verace è un animale filtratore e si nutre filtrando l'acqua e
trattenendo piccoli organismi, costituiti da una o poche cellule, vegetali
(alghe) od animali, vivi o morti.
COME RICONOSCERLA
La Vongola verace è un Mollusco con conchiglia formata da due parti distinte
e uguali, dette valve (bivalve). La conchiglia è di carbonato di calcio, che
l'animale estrae direttamente dall'acqua di mare. Le valve sono tenute
insieme da un meccanismo a cerniera costituito da incastri (denti cardine, 3
in questa e nelle specie simili) e legamenti. La valva ha forma di ovale
squadrato senza dentellature sul bordo ed è esternamente formata da cerchi
(accrescimento) radiali e concentrici, che terminano sulla parte superiore
della conchiglia in un ispessimento (umbone). Da notare che i cerchi
concentrici sono in questa specie molto serrati tra loro. Internamente, la
valva è liscia, con presenza di una stria interna che forma un'ansa con un
angolo orientato verso l'alto, che ha forma e orientamento caratteristico
nelle diverse specie di vongole. La colorazione esterna della conchiglia è
generalmente biancastra o bruno chiara, talvolta giallastra, con possibile
presenza di macchie e striature più scure, mentre la colorazione interna è
biancastra con possibile presenza di una macchia violacea nella parte
superiore della valva. La specie può raggiungere occasionalmente una
dimensione massima di circa 6 cm, mentre è comune a 3-5 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Tra le specie simili alla Verace, ricordiamo la Vongola (Chamelea gallina),
la filippina (Tapes (Ruditapes) philippinarum) e la Vongola, Longone o
Lupino (Venerupis aurea). T. (R.) decussatus è riconoscibile da Chamelea
gallina, oltre che per la forma più allungata, per le maggiori dimensioni e
per cerchi più serrati della superficie esterna delle valve e in quella
interna per un'ansa meno arrotondata. T. (R.) decussatus ha sulla superficie
esterna della conchiglia rispetto alla Verace filippina cerchi più serrati e
su quella interna un'ansa meno arrotondata. La Vongola, Longone o Lupino
(Venerupis aurea), ha dimensioni minori, elementi radiali sulla conchiglia
meno marcati rispetto alla Vongola verace.
DIFFUSIONE E PESCA
La Vongola verace è comune ed uniformemente distribuita nei nostri mari. La
sua presenza è stata rilevata in gran parte del bacino del Mediterraneo,
Presente nell'Atlantico est, dalla Norvegia al Congo, e nel nord del Mar
Rosso.T. (R.) decussatus è oggetto di pesca professionale con rastrello da
barca e a mano.
MERCATO
La Vongola verace è commercializzata essenzialmente viva (fresca). E'
normalmente presente sui mercati italiani. Le famiglie italiane nel 1998
hanno acquistato 13.465 tonnellate di vongole fresche (insieme delle diverse
specie), con un aumento del 5.3 % rispetto al 1997. Il prezzo medio al
chilogrammo nel 1998 è stato di 11.148 lire, con una diminuzione del 25.1 %
rispetto al 1997 (ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
La Vongola verace nostrana è la specie di vongola più apprezzata dai
consumatori. Ha carni pregiate.Secondo un'analisi dell'Istituto Nazionale
della Nutrizione, rispetto alle altre specie ittiche 100 grammi di parte
edibile (carni) di vongola verace contengono un basso contenuto in grassi
(2.53 g), un contenuto medio in carboidrati (2.24 g) e basso in proteine
(10.17 g). Questa specie è classificabile come specie magra ed ad alto
valore nutritivo, in quanto fornisce un notevole apporto in sali minerali
(144 mg di Calcio, 189 di Fosforo e 17,4 di Ferro) e di vitamina A (250 UI)
e medio-alto in vitamina B1 (70 mcg) e B2 (160 mcg).
LA RICETTA
Una ricetta di facile preparazione derivata dalle abitudini della cucina
tradizionale peschereccia per la Vongola è:
Zuppa di vongole
Per 4 persone
1 kg di vongole
1 spicchio di aglio
1 litro d'acqua
prezzemolo
pane raffermo
olio, sale, pepe
Battere insieme l'aglio e il prezzemolo. Lavare bene le vongole. Mettere a
soffriggere in una padella vongole, battuto. Aggiungere l'acqua. Soffriggere
il pane, disponendolo quindi nei piatti. A cottura delle vongole, versare la
zuppa nei piatti.
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VONGOLA
Chamelea (Venus) gallina (L.)
Fra.: Petite praire. Ing.: Striped venus. Spa.: Chirla.
NOMI DIALETTALI
I nomi dialettali usati in letteratura per indicare questa specie sono:
Perrazza (Abruzzo); Lupino (Campania); Bibarazza, Liberazza, (Friuli Venezia
Giulia); Concola, Porrazza (Marche); Cocciola, Nuce de mare (Puglia);
Cocciula, Cuppe (Sicilia); Cocciula lisa (Sardegna); Pietruzza, Cappa
gallina (Toscana); Biberassa, Beverassa (Veneto).
DOVE VIVE
La Vongola vive in comunità numerose nei fondi a sabbie fini ben calibrate,
poco profondi (fino a 15 m di profondità) e con poca pendenza.
COME VIVE
Chamelea gallina ha abitudini fossorie, vive cioè sepolta sotto la sabbia.
LA RIPRODUZIONE
La specie ha sessi separati. La maturità sessuale è raggiunta al primo anno
di vita (12 mm). Il periodo riproduttivo è in genere in primavera ed estate.
I prodotti sessuali (gameti) sono emessi direttamente nell'acqua, dove
avviene la fecondazione. La larva conduce vita pelagica per 10-15 giorni e,
successivamente, prende contatto con il fondo per iniziare la vita sul fondo
(bentonica).
COSA MANGIA
La Vongola è un animale filtratore, si nutre cioè di Plancton (piccoli
organismi, di una o più cellule, vegetali (alghe) od animali), che cattura
aspirando acqua attraverso una delle due aperture (sifoni), che escono dalle
valve socchiuse.
COME RICONOSCERLA
La Vongola è un Mollusco con la conchiglia esterna formata da due parti
distinte ed uguali, dette valve. La conchiglia è di carbonato di calcio,
estratto dall'acqua di mare. Le valve sono tenute insieme da una cerniera,
costituita da incastri con 3 denti cardine in ciascuna valva e legamenti. La
valva è triangolare, arrotondata e più corta nella parte anteriore e
tondeggiante posteriormente ed è formata esternamente da numerose piccole
costole concentriche, incrociate da strie radiali sottili ed irregolari, che
terminano in un piccolo ispessimento (umbone). Internamente, la valva è
liscia con una stria interna che forma un'ansa con angolo orientato verso
l'alto ed impronte tondeggianti, dove si attaccano i muscoli adduttori. Il
margine interno della conchiglia è seghettato finemente. All'interno della
conchiglia, il mantello racchiude gli organi interni (branchie, sifone
inalante ed esalante, cuore, centri nervosi, muscoli adduttori, organi
riproduttivi, palpi labiali, stomaco, intestino, ecc.). La colorazione
esterna della conchiglia è grigia o bruno chiara, con raggi punteggiati,
striati, o composti da linee spezzate o a zig-zag, scuri o violacei; la
colorazione interna è bianca o giallastra, con sfumature violacee nella
parte superiore e posteriore.La specie può raggiungere una dimensione
massima di circa 5 cm, mentre è comune a 2.5 a 3 cm.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Le caratteristiche che distinguono le vongole sono le dimensioni e le
caratteristiche esterne ed interne della conchiglia. Le più commerciali tra
le specie simili, sono la Vongola verace (Tapes [Ruditapes] decussatus), la
Vongola verace filippina (T. [R.] philippinarum), introdotta per
l'allevamento (alto Adriatico) nel 1983, e la Vongola, Longone o Lupino
(Tapes aureus).Chamelea gallina è riconoscibile dalle prime due (T. [R.]
decussatus e T. [R.] philippinarum), oltre che per la forma meno allungata,
per le minori dimensioni e per i cerchi meno serrati della superficie
esterna delle valve e in quella interna per un'ansa più arrotondata, mentre
può essere distinta dalla terza (T. aureus), per strie meno sottili e più ma
rcate della valva esterna rispetto al Longone.
DIFFUSIONE E PESCA
La Vongola è ampiamente presente nei nostri mari. Questa specie estende la
sua distribuzione al Mediterraneo, al Mar Caspio, all'Atlantico orientale
(dalla Norvegia al Marocco) e al nord del Mar Rosso. Chamelea gallina è
pescata in modo professionale soprattutto con draga idraulica
(turbosoffiante) e, in misura molto minore, con rastrello (da barca e a
mano).
MERCATO
La Vongola è una specie di buon interesse commerciale, venduta fresca
(viva), surgelata (sgusciata) ed in scatola. Per quanto riguarda l'acquisto
di prodotto fresco, le famiglie italiane nel 1998 hanno acquistato 13.465
tonnellate di vongole fresche (insieme delle diverse specie), con un aumento
del 5.3 % rispetto al 1997. Il prezzo medio al chilogrammo nel 1998 è stato
di 11.148 lire, con una diminuzione del 25.1 % rispetto al 1997
(ISMEA-Nielsen).
CONSUMO
Chamelea gallina ha carni buone e apprezzate dai consumatori e conosciute
fin dall'antichità. La Vongola era già raffigurata infatti a Pompei nei
mosaici di epoca Romana.In alcuni regioni del Nord, la Vongola era nel
periodo tra le due grandi guerre, consumata e considerata cibo dei poveri,
prendendo il nome di "poveraccia". Dal punto vista alimentare, questa specie
è classificabile come specie magra e digeribile. Secondo dati dell'Istituto
Nazionale della Nutrizione, 100 grammi di parte edibile (carni) di vongole
fresche contengono 10.17 g di proteine, 2.24 g di carboidrati e 2.53 g di
grassi; è presente inoltre un notevole contenuto in sali minerali (144 mg di
Calcio, 189 di Fosforo e 17,4 di Ferro) e in vitamina A (250 UI) e in
vitamina B1 (70 mcg) e B2 (160 mcg).
LA RICETTA
Numerose sono le preparazioni di questa specie, come antipasto o primo
piatto. Proponiamo un secondo piatto derivato dalla cucina povera della
tradizione dei pescatori dell'alto Adriatico:
Polenta con il sugo di vongole
Per 4 persone
1 kg di vongole
800 g di farina gialla
1/2 cipolla tritata finemente
1/2 bicchiere di vino bianco secco
100 g di passata di pomodoro.
olio extravergine di oliva
prezzemolo tritato finemente
sale e pepe
Dopo averle lavate in acqua corrente, mettere le vongole in una padella con
poca acqua e farle cuocere a fuoco alto per farle aprire. Dopo averle fatte
raffreddare sgusciare le vongole e filtrare se necessario con un tovagliolo
l'acqua dalla eventuale sabbia.In una padella, soffriggere olio e cipolla,
aggiungere le vongole e bagnare con il vino bianco. Evaporato il vino,
aggiungere la passata di pomodoro, l'acqua di cottura delle vongole e
cuocere per 15 minuti e, a cottura ultimata, aggiungere il prezzemolo. Nel
frattempo cuocere la polenta in 2 litri e 1/2 di acqua. A cottura ultimata,
mettere la polenta nei piatti (o stenderla su un tagliere) e versare il sugo
ancora caldo.