STORIA DELLE ERESIE -
MARTIN LUTERO |
Labadie (o de Labadie), Jean (1610-1674) e labadisti
Il teologo e
mistico francese Jean Labadie, precursore dei movimenti quietista e pietista,
nacque nel 1610 a Bourg-en-Guyenne, nella regione del Bordeaux, e proprio nel
capoluogo omonimo studiò, dal 1625, presso il collegio dei gesuiti, entrando
successivamente nella Compagnia di Gesù. Nel 1635 L. venne ordinato prete e
per quattro anni si dedicò alla predicazione e all'insegnamento, ma, spirito
inquieto sempre più portato al misticismo, decise nel 1639 di uscire
dall'ordine per occuparsi solo delle sue attività sacerdotali. Nel 1649 entrò
nel convento carmelitano, appena fondato nel 1641, di La Graville, vicino a
Bernos, in Francia, ma l'impatto delle sue idee mistiche e delle frequenti
penitenze a cui si sottoponeva fu elevatissimo sui confratelli. La tempestiva
decisione del vescovo locale fu quindi di espellere L. dal convento e, non
riuscendo più a ricuperare la situazione, di chiudere la comunità
stessa. L'anno successivo (1650) L. si convertì al calvinismo, ma portò con
sé la propria ansia interiore: rifugiatosi a Ginevra, tentò di fondare
una comunità mistica di adepti che si ritenevano predestinati alla salvezza
e che rifiutavano sacramenti, pratiche religiose, dogmi e
gerarchia ecclesiastica. Ovviamente egli incontrò sempre la resistenza e
l'ostilità della chiesa ufficiale, sia cattolica che riformata. Dopo Ginevra,
L. emigrò a Middleburg, in Olanda, per fondare una propria comunità, la quale
scisse ogni legame con la Chiesa Riformata d'Olanda e organizzò la
propria esistenza in una sorta di comunismo cristiano. Tuttavia le
posizioni ferocemente adogmatiche di L., riassunte nel suo Manuale di pietà,
gli costarono l'espulsione dall'Olanda; venne allora accolto in una comunità
di lingua francese ad Altona, nella regione tedesca dell'Holstein, dove morì
nel 1674. Dopo la sua morte, le congregazioni dei suoi seguaci, denominati
labadisti, continuarono il suo esperimento comunitario ancora per circa 60
anni, finché nel 1732 vennero riassorbite dal movimento del conte pietista
Nikolaus Ludwig Graf von Zizendorf, fondatore della Herrnhuter
Brüdergemeine (comunità dei fratelli a Herrnhut).
Guyon,
Jeanne-Marie Bouvier de la Mothe (detta Madame Guyon)
(1648-1717)
La gioventù La mistica Jeanne-Marie Bouvier (de la
Mothe Guyon) nacque il 13 aprile 1648 a Montargis, nella provincia francese
dell'Orléanais, da Claude Bouvier, procuratore legale al tribunale di
Montargis. Di costituzione fragile e impressionabile, ella trascorse
un'infanzia tribolata, cambiando spesso scuola e sviluppando, sotto
l'influenza di Marie Fouquet, duchessa di Béthune-Charost (1640-1716), sua
protettrice, un forte senso religioso ascetico, che le fece propendere verso
la decisione di entrare in convento. Ma i genitori avevano deciso altrimenti
e, all'età di 16 anni, Jeanne andò sposa di Jacques Guyon, un ricco
concittadino 22 anni più anziano di lei. Nei 12 anni di matrimonio, G. perse
due dei cinque figli e, nel 1676, il marito stesso.
Guyon incontra
Lacombe Dopo esser diventata vedova (comunque benestante), G. affidò i figli
ai parenti e si ritirò sul lago di Ginevra, ad Annecy e a
Thonon-les-Bains, dove, nel 1681, incontrò il sacerdote barnabita, François
Lacombe (o La Combe) (1643-1715), che la influenzò verso una scelta ancora
più radicalmente mistica: G. infatti iniziò a mortificare il suo corpo
con azioni clamorose, spesso frustandosi, o portando foglie di ortica a
diretto contatto con la pelle o bevendo pozioni amarissime per
rovinare deliberatamente il gusto del poco cibo che mangiava. Preoccupato
per l'influenza negativa di certi esempi, il vescovo di Ginevra, Jean
d'Aranthon d'Alex (m. 1695) espulse Lacombe dalla diocesi e ordinò a G. di
andarsene: per cinque anni i due vagarono per il Piemonte (Torino e Vercelli)
e la Savoia (Grenoble) per propagandare le proprie idee mistiche, finché un
altro prelato, il vescovo di Grenoble, Etienne Le Camus (1632-1707) non li
espulse, a sua volta. Nel frattempo G. aveva fatto pubblicare, proprio a
Grenoble nel 1685, il suo lavoro più famoso: Moyen court et facile de faire
oraison (metodo breve e facile per pregare). Lacombe e G. decisero quindi di
recarsi a Parigi nel 1686, una scelta decisamente infelice a causa della
campagna lanciata proprio in quel periodo dal re Luigi XIV (1654-1715) contro
ogni forma di eterodossia cristiana, quindi anche contro il quietismo e tutti
i fenomeni mistici in Francia. Lacombe fu arrestato nel 1687 e inviato alla
Bastiglia, e successivamente al castello di Lourdes (usato allora come
prigione), dove morì nel 1715.
Guyon conosce Fenelon G. fu, a sua
volta, arrestata il 9 gennaio 1688 e rinchiusa in convento con l'accusa di
eresia, ma liberata l'anno dopo grazie ad un'abiura delle sue idee e
all'interessamento della sua protettrice, la Duchessa di Béthune-Charost.
Quest'ultima la introdusse nei circoli religiosi che gravitavano intorno alla
corte del re e che erano presieduti dalla moglie morganatica di Luigi XIV,
Francoise d'Aubigne, Marchesa de Maintenon (1635-1719). Qui G. conobbe
l'abate François de Fénelon, che, rimasto affascinato dalla spiritualità e
pietà della mistica, ne divenne (sebbene con una serie di distinguo) il
discepolo, ed anche il suo difensore contro le accuse formulate dal
predicatore e vescovo di Meaux Jacques Bénigne
Bossuet (1627-1704).
Condanna e fine di Guyon Ben presto,
tuttavia, il suo linguaggio paradossale ed estremo e le sue idee mistiche
quietiste sconcertarono i suoi amici e la posero al centro di una inchiesta
ecclesiastica. Infatti il vescovo di Chartres, Paul de Godet des Marais
(1647-1709) aveva sottoposto i lavori di G. ad una commissione riunitasi ad
Issy e di cui faceva parte Bossuet e Fénelon (diventato nel frattempo
arcivescovo di Cambrai), e che condannò nel 1694 le idee di G. con un
documento contenete 34 articoli, detti per l'appunto, Articoli di Issy.
Tuttavia, poco dopo, quando Bossuet volle pubblicare un ulteriore
approfondimento sui 34 articoli, Fénelon si rifiutò di firmarli e anzi
alimentò la polemica, pubblicando nel 1697 la propria rilettura in un libro
denominato Explications de Maximes des Saints (spiegazioni delle massime dei
santi). Nel frattempo il momento favorevole per G. volgeva al termine:
venne ospitata, come si direbbe oggigiorno, in libertà vigilata, a Meaux,
sotto il controllo di Bossuet, al quale consegnò la sua sottomissione scritta
alla condanna di Issy, ma poco dopo scomparve. Bossuet la fece cercare
e arrestare nel dicembre 1695 da parte della polizia, che la rinchiuse
nella Bastiglia, dove, il 23 agosto 1696, ella firmò un'ulteriore
sottomissione. G. rimase in carcere per più di sette anni e venne liberata il
21 marzo 1703 a condizione che si ritirasse nella tenuta del figlio a Blois.
Qui G. trascorse gli ultimi anni della sua vita in opere di carità,
ricevendo ospiti e ammiratori stranieri (soprattutto inglesi, olandesi e
tedeschi) e vi morì il 9 giugno 1717.
Il pensiero e le
opere Nelle sue opere G. descrisse di aver sperimentato una serie di
esperienze interiori, basate su tre momenti: Una prima (l'unione dei
poteri), della durata di otto anni, in cui lei aveva percepito la presenza di
Dio come una realtà tangibile. Una seconda (la morte mistica), di sette anni,
in cui lei era entrata in una fase di crisi e dove aveva perso il senso della
grazia di Dio. Una terza fase (lo stato apostolico), dove era risorta a nuova
vita e dove Dio era parte integrante della sua sostanza e agiva in lei,
facendole scrivere cose notevoli senza preparazione apparente o senza
riflettere. Giunta a questo livello, G. affermava di non poter più peccare,
poiché il peccato era parte del proprio sé e lei se ne era sbarazzato (del
suo sé). Tutto ciò fu da G. descritto nelle sue opere, raccolte in ben 40
volumi, ma molte di esse furono poste all'Indice, tra cui Règles des assocées
à l'Enfance de Jesus (regole degli associati all'Infanzia di Gesù),
Les torrents spirituels (i torrenti spirituali) o il più noto Moyen court
et facile de faire oraison (metodo breve e facile per pregare),
quest'ultimo pubblicato, come già detto, a Grenoble nel 1685, dove la mistica
insegnava che la preghiera non veniva fatta per nessun secondo fine, neppure
la salvezza, ma solo come atto di sottomissione a Dio. Rispetto al filone
principale del quietismo, rappresentato da Miguel de Molinos, G. respinse
l'idea del mistico spagnolo che bisognava non offrire resistenza alle
tentazioni: sicuramente la vita di G. fu movimentata, ma non si può certo
dire che non sia stata più che virtuosa. I migliori estimatori delle opere di
G. sono comunque da annoverare tra i protestanti, e non fra i cattolici:
furono i calvinisti olandesi a pubblicare l'elenco completo delle sue opere e
i suoi lavori sono ancora letti in Germania, Svizzera, Inghilterra e Stati
Uniti, soprattutto presso i quaccheri e i metodisti.
Beghine e
begardi (o bizocchi o pinzocheri o beghini) (dal XIII secolo)
Il
fenomeno medioevale delle beghine vide, per la prima volta, le donne prendere
l'iniziativa in un importante movimento
religioso.
L'etimologia L'etimologia del nome beghina è oscura:
l'ipotesi più probabile è che derivi dalla parola fiamminga medioevale
beghen, che significa pregare. Altri lo collegano: al francese begard
(mendicare), al sassone (e inglese) beg (chiedere l'elemosina), a San Bega
(o Begga), patrono di Nivelles, in Brabante (Belgio) dove fu fondata una
delle prime comunità, al prete (o frate) fiammingo Lambert le Bègue (cioè il
Balbuziente), fondatore a Liegi nel 1170 di una comunità per vedove e orfani
dei crociati, a un supposto collegamento con gli (al)bigesi (o catari), al
colore beige del vestito portato dagli aderenti al
movimento.
L'origine Nel XII secolo, particolarmente in Francia,
Germania e nei Paesi Bassi, vi era un numero elevato di donne sole, di
estrazione sociale medio-bassa, che non potevano maritarsi per penuria di
uomini decimati da crociate o guerre locali e non venivano, d'altra parte,
accettate dai pochi conventi femminili esistenti all'epoca, più interessati a
domande provenienti da fanciulle ricche e nobili. L'unica alternativa per
queste donne era di vivere da sole nelle periferie delle città, pregando e
occupandosi di lavori manuali o di insegnamento. Con l'andare del tempo molte
di esse, chiamate beghine (vedi sopra per l'etimologia), unirono le loro
dimore, l'una vicino all'altra, e da questo nacquero le prime comunità,
denominate beghinaggi, il primo dei quali comparve nel 1170 circa a Liegi (o
forse a Nivelles) in Brabante (Belgio) su iniziativa del prete Lambert le
Bègue. Le b. non erano delle suore, non prendevano infatti i voti e
potevano ritornare alla vita normale in qualsiasi momento: vivevano in
castità e spesso dedite alla carità, un po' come delle converse, cioè delle
suore laiche. Inoltre non chiedevano l'elemosina (da cui si capisce che è
errata l'etimologia da beg o begard), ma mantenevano le loro proprietà
originarie, se ne avevano, oppure, se necessario, lavoravano, per esempio
filando la lana o tessendo. La prima donna ad essere identificata come b.
fu la mistica Maria di Oignies, che influenzò il cardinale Jacques di Vitry
(1160-1240), protettore del movimento, di cui Vitry ottenne il
riconoscimento, purtroppo solo a parole, da Papa Onorio III (1216-1227) nel
1216. Con l'andare del tempo i beginaggi divennero delle vere e proprie
comunità, orientate alla cura dei malati e all'aiuto di donne sole, non
accettate dai conventi. Ci furono beginaggi, forti anche di migliaia di b.
(come a Ghent), in tutte le città e paesi del Belgio e dell'Olanda, dove,
nonostante le vicissitudini storiche (furono per esempio aboliti durante la
Rivoluzione Francese), esistono oggigiorno, dopo ben sette secoli, ancora 11
comunità in Belgio e 2 in Olanda.
I begardi Ci fu anche una
forma maschile di b., che ebbe minore diffusione rispetto alla controparte
femminile e fu denominata (con un connotato negativo in senso eretico)
begardi. In Italia vennero denominati anche bizzocchi o pinzocheri o beghini
e condussero spesso una vita da predicatori erranti (molto diffusa
nel Medioevo) e furono molto impegnati nel denunciare il nicolaismo e
la corruzione del clero, propendendo per una vita apostolica e povera,
come quella di Gesù e dei primi Apostoli. Su questi punti in comune si
allearono spesso con i Francescani spirituali nel combattere il comune nemico
Papa Giovanni XXII (1316-1334), che contro di loro scatenò il famoso (o
meglio famigerato) inquisitore Bernardo Gui (1261-1331).
La
condanna Benché le b. non dessero alcun segno di eresia (per i begardi il
discorso è più complesso), esse vennero dapprima condannate allo scioglimento
delle loro comunità dal IV Concilio Laterano (1215), ma successivamente
accettate verbalmente da Onorio III nel 1216 ed approvate da Papa Gregorio
IX (1227-1241) nella sua bolla Gloriam virginalem del 1233, il che non
impedì, tuttavia, il rogo della prima b. condannata come eretica, una tale
Aleydis. Nonostante l'approvazione papale, negli anni successivi seguì una
raffica di condanne, a loro carico, ai sinodi di Fritzlar (1259) e Mainz
(1261), concilio di Lione (1274), sinodi di Eichstätt (1282) e Béziers
(1299), ed infine al Concilio di Vienne (1311-12), dove vennero condannate
come eretiche, sebbene venisse precisato nel contempo che non c'era nulla di
male in comunità formate da donne penitenti anche senza che esse avessero
preso i voti. Nel 1310 fu bruciata sul rogo Marguerite La Porète, una b.
con simpatie verso i Fratelli del Libero Spirito ed autrice del libro Le
miroir des simples âmes (lo specchio delle anime semplici), attribuito per
anni a Santa Margherita d'Ungheria. Il solito Giovanni XXII perseguitò con
furore beghine e begardi, come si è detto, mediante Bernardo Gui, benché il
Papa stesso cercasse di distinguere tra forme eretiche e forme ortodosse del
movimento. Pur tuttavia, l'elenco dei processi e relativi roghi di b. durante
questo periodo, soprattutto in Francia meridionale, è impressionante: a
Marsiglia (il beghino Pierre Trancavel e sua figlia Andreina), Narbona,
Carcassonne, Béziers e Tolosa si giustiziarono senza pietà i b. Alcuni
episodi denotarono l'accanimento degli inquisitori, come a Lodève, dove fu
bruciata la b. Esclarmonda Durban, e, quando il fratello cercò
di raccoglierne le reliquie, fu giustiziato anche lui. O a Mirepoix, dove
si dovettero costruire delle nuove carceri tanti che erano gli "eretici"
(b., spirituali, catari) in attesa di essere interrogati dall'Inquisizione. O
nel 1325 a Carcassonne dove 82 b. vennero processati semplicemente
per manifestazioni di devozione sulla tomba del capo degli spirituali
francesi, Pietro di Giovanni Olivi.
La dottrina La stragrande
maggioranza delle b. e dei begardi era cattolica ortodossa, e tutt'altro che
eretica, tuttavia fu la vicinanza e la frequentazione dei Francescani
spirituali e dei Fratelli del libero spirito (delle cui dottrine venne
accusata Margherita la Porète), che permise agli inquirenti di fare di tutte
le erbe un fascio e processare anche gli aderenti al movimento
b., soprattutto i begardi. Giovanni XXII cercò di distinguere in b. buoni
e cattivi, tracciando una linea immaginaria tra i "cattivi", che stavano in
Italia e in Francia meridionale (Provenza e Linguadoca) e i "buoni" che
stavano in Germania, Paesi Bassi e Francia settentrionale, ma questa
classificazione era alquanto semplicistica. Oltretutto, durante il periodo
di persecuzioni, era sufficiente che il b., a cui venisse ordinato di
ritirarsi in clausura in un ordine religioso "approvato", si opponesse alla
questa decisione per essere automaticamente considerato eretico. Infine il
linguaggio, volutamente provocatorio, di alcuni scritti, come quelli di
Margherita la Porète fu strumentalmente interpretato dagli inquisitori come
dichiarazioni di antinomismo.
Messaliani o euchiti o adelfiani o
lampeziani o entusiasti ed eufemiti (IV secolo)
Una setta
eretica del IV secolo, che credeva che, in seguito al peccato originale di
Adamo, ognuno avesse un demone unito alla propria anima e che esso non fosse
stato espulso con il battesimo: l'unica maniera di espellerlo era la
continua ed incessante preghiera con lo scopo di eliminare ogni passione e
desiderio. Il nome messaliani, infatti, deriva dall'aramaico mètzalin, cioè
preganti e la stessa etimologia aveva la versione greca del loro nome,
euchiti da euchetai. Comparvero intorno al 360 in Mesopotamia, come setta
fondata da un certo Adelfio (da cui il nome adelfiani), espulso da Antiochia
nel 376 dal vescovo Flaviano e autore del testo base della setta,
Asceticus. Una ulteriore condanna fu loro inflitta dal sinodo di Side del 390
ca. e dal concilio di Efeso del 431(dove venne condannato il loro libro
Asceticus). Eppure la setta continuò ad esistere: alla metà del V secolo, il
loro capo era il prete Lampezio (da cui un ennesima versione del loro nome),
il quale scrisse un loro nuovo testo, chiamato Il testamento. In Armenia la
setta, pur combattuta anche dalla Chiesa Nestoriana, continuò a prosperare
fino al IX secolo. I m. influenzarono alcune eresie medievali come i
pauliciani, i bogomili e i fratelli del Libero Spirito. Essi, come si
diceva, praticavano la preghiera incessante e la danza estatica, durante le
quali erano posseduti dallo Spirito Santo (da cui, letteralmente, il nome di
entusiasti, cioè "posseduti da Dio"), si rifiutavano di lavorare, vivendo
nelle piazze e vagando da una città all'altra e prendendo, secondo loro, ad
esempio la vita itinerante di Gesù e gli apostoli. Essi, inoltre,
consideravano inutili i sacramenti e la mediazione della Chiesa. Secondo
Sant'Epifanio, esisteva, inoltre, un'altra setta molto simile, non cristiana,
ma che adorava un unico Dio onnipotente. I seguaci di questa setta erano
chiamati anche eufemiti e furono considerati i precursori dei messaliani, con
i quali vennero spesso confusi.
Lando, Ortensio (fra Geremia da
Milano) (ca.1512-dopo 1555)
La vita Il predicatore, scrittore
e traduttore Ortensio Lando nacque a Milano nel 1512 circa e, dopo essersi
dedicato a studi letterari e umanistici, entrò nell'ordine agostiniano,
cambiando il proprio nome in fra Geremia da Milano. Dal 1531 al 1533 L. fece
parte del convento di San Giacomo Maggiore a Bologna, dove poté, assieme ai
concittadini milanesi Giulio Della Rovere e Ambrogio Cavalli, all'umanista
abruzzese Giovanni Angelo Odoni e allo studente di diritto Fileno Lunardi
(che alcuni identificano con Camillo Renato), approfondire i suoi studi sul
pensiero di Erasmo da Rotterdam. Vero spirito inquieto, che per tutta la sua
vita errò da un convento all'altro (Milano, Napoli, Bologna), nel maggio 1534
L. fu invitato a Lucca, nella villa di Forci, dall'influente mercante
Vincenzo Buonvisi, conosciuto a Lione. A Forci il predicatore milanese
conobbe (e descrisse nelle sue Forcianae Quaestiones del 1535) la crema
dell'oligarchia lucchese, come gli Arnolfini, i Guidiccioni, i Guinigi, e
ritrovò il confratello Giulio Della Rovere. Anche a Forci si discuteva
entusiasticamente del pensiero di Erasmo, il cui trattato Ciceronianus era
stato approfondito nel Cicero relegatus et Cicero revocatus, la prima opera
di L., dove egli scrisse delle due anime, erasminiana e ciceroniana, che si
dibattevano in lui. In seguito, L. maturò la decisione di abbandonare la
tonaca, in particolare dopo che aveva aderito intorno al 1550 alla dottrina
luterana della giustificazione per fede. Dovette quindi riparare all'estero,
per sfuggire alle persecuzioni, e qui condusse una vita irrequieta e
vagabonda tra Francia, Germania, e Svizzera, rientrando ogni tanto in Italia,
per esempio a Venezia. Dopo il 1555 si perdono le sue
tracce.
Le opere L., definito un "poligrafico", o più crudamente
un grafomane, da Manfred Welti, fu infatti uno scrittore molto prolifico: a
parte i già citati Cicero relegatus et Cicero revocatus e Forcianae
Quaestiones, egli pubblicò una trentina di testi, fra cui il dialogo In
desiderii Erasmi funus, pungente attacco contro quei riformatori che avevano
tradito lo spirito erasmiano, il Commentario delle più notabili e mostruose
cose d'Italia, descrizione di un singolare viaggio intrapreso da un cittadino
di Utopia attraverso la penisola, i trenta Paradossi pubblicate nel 1544 dove
dissertò sulla povertà, l'ignoranza, la guerra, la prigionia e la morte ed
infine molti testi contenenti aforismi di stile molto dissacrante. Infine
L. curò la prima traduzione italiana dell'Utopia del grande filosofo inglese
Tommaso Moro (Thomas More) (1478-1535).
Vergerio, Pier Paolo, vescovo
di Capodistria (1498-1565)
I primi anni Pier Paolo Vergerio
nacque nel 1498 a Capodistria, ai tempi parte della Repubblica di Venezia, da
una famiglia nobile impoverita, che contava tra i propri avi l'umanista Pier
Paolo Vergerio senior (1370-1444), in onore del quale il padre di V.,
Girolamo, diede il nome al più famoso dei suoi otto figli. A causa della
situazione economica non certa agevole della famiglia, ben cinque figli di
Girolamo furono avviati alla carriera al servizio della Chiesa: Giacomo
(frate francescano), Aurelio [m. 1532, segretario di Papa Clemente VII
(1523-1534)], Giovanni Battista (m. 1548, vescovo di Pola), Coletta (suora) e
il nostro Pier Paolo. Questi, dopo un periodo di studi a Venezia, si iscrisse
alla facoltà di legge a Padova nel 1517 e il 21 maggio 1524 si laureò in
diritto civile. Successivamente V. continuò a risiedere come procuratore
legale a Padova, dove frequentò il circolo culturale raccolto intorno al
poeta e futuro cardinale Pietro Bembo, protagonista, assieme al grecista di
origine albanese Nicolaus Leonicus Thomaeus (Niccolò Leonico Tomeo)
(1456-1531), del primo lavoro di V., il dialogo De republica
Veneta.
V. al servizio del papato Nel 1526 V. sposò Diana
Contarini, ma la moglie morì solo un anno dopo e nel 1532, seguendo il
fratello Aurelio, segretario di Papa Clemente VII, egli si recò a Roma, dove
entrò, anch'egli, come segretario al servizio del pontefice. Alla morte di
Aurelio nel settembre 1532, Clemente VII diede a V. il ruolo di segretario
del codice e del cifrario segreto, che era stato del fratello defunto. Ma
V. non poté godere della sua nuova posizione, perché fu
immediatamente mandato, nell'ottobre dello stesso anno, in missione a Venezia
per cercare di convincere la Serenissima ad entrare in un'alleanza
anti-turca. Cambiate le priorità di tema di politica estera del papato, nella
primavera 1533 V. fu inviato a Vienna come nunzio pontificio presso
Ferdinando I, arciduca d'Austria (arciduca, poi imperatore: 1521-1564), che
lo accolse favorevolmente e lo convinse di intercedere, presso la Santa Sede,
a favore di una pace stipulata con i turchi, respinta da Clemente
VII. Significative di questo periodo furono le lettere scambiate tra V. e
il protonotario apostolico Pietro Carnesecchi (entrambi avrebbe aderito
in seguito alla Riforma) su come fermare il dilagare dell'eresia
luterana! Nel 1534 morì Clemente VII ed il nuovo papa Paolo III (1534-1549)
inviò V. nel 1535 in Germania con lo scopo di indagare sul gradimento dei
principi tedeschi della sede di Mantova per il concilio, che il papa
voleva convocare. V. ebbe anche un incontro con Martin Lutero a Wittenberg
nel novembre dello stesso anno, ma non ne fu affatto
impressionato favorevolmente, anzi lo considerò uno spaccone, pronto ad
accusare il papa ad ogni occasione, e che - secondo V. - sarebbe stato
ridimensionato, una volta fosse stato pubblicamente condannato durante il
concilio.
Vescovo di Capodistria Rientrato in Italia nel 1536, nel
maggio dello stesso anno, probabilmente dopo essere stato ordinato e
consacrato vescovo, V. fu ricompensato con il piccolo vescovado di Modrus (o
Modrussa), vicino a Fiume, in Croazia, tuttavia, grazie all'intermediazione
di Ferdinando I, in settembre, gli fu offerto quello, strategicamente più
interessante, di Capodistria, sebbene sulla sede istriana, già piuttosto
povera di proventi (circa 200 ducati l'anno), gravava oltretutto l'obbligo di
pagare una lauta pensione di 50 ducati al segretario del cardinale Alessandro
Farnese (1520-1589), il capodistriano Antonio Elio. Farnese, nipote di
Paolo III, sarebbe diventato negli anni successivi uno dei principali
accusatori di V. Questa situazione amareggiò moltissimo il neo-eletto
vescovo, i cui tentativi di ribellarsi da questo pesante giogo furono
bloccati dal nunzio apostolico a Venezia, Girolamo Verallo [1497-1555, zio
del futuro papa Urbano VII (1590)], dal cardinale Farnese e perfino da Paolo
III in persona: V. meditò allora di rinunciare alla diocesi e nel frattempo
fece diversi viaggi tra il 1536 ed il 1541.
V. e gli
spirituali Fu così che egli conobbe a Mantova il cardinale Ercole Gonzaga
(1505-1563), simpatizzante per la corrente degli ecclesiastici spirituali,
attraverso il quale V. apprese le predicazioni di Bernardino Ochino, ma
soprattutto a Roma nel 1539 entrò in contatto con i cardinali Gasparo
Contarini e Reginald Pole, con Alvise Priuli, Vittoria Colonna e Marcantonio
Flaminio. Nel marzo 1540, al seguito del cardinale Ippolito d'Este
(1509-1572), egli intraprese in viaggio verso la Francia, passando prima da
Ferrara, dove conobbe Renata d'Este, cognata del cardinale Ippolito e nota
protettrice dei riformati, in quanto di fede calvinista ella stessa. In
Francia, V. fu incaricato dal re Francesco I (1515-1547) di presiedere
al Colloquio di religione di Ratisbona dell'aprile 1541, che doveva
sviluppare un documento comune tra cattolici e protestanti e al quale
partecipò anche Gasparo Contarini, come legato pontificio. Qui ebbe la
possibilità di conoscere i principali riformatori del momento, come
Melantone, Bucero e Jakob Sturm (1489-1553).
Primi sospetti sulla
sua ortodossia Finalmente nell'estate 1541 V. rientrò nella sua diocesi di
Capodistria, dove lottò contro gli abusi e si dedicò al miglioramento
disciplinare del proprio clero, ma si mise in contrasto con i propri
superiori, come il nunzio apostolico a Venezia, Giorgio Andreassi. Ma
cresceva nel frattempo il suo impegno riformatore: nel 1542 egli fece
pubblicare a Venezia il suo discorso De unitate et pace Ecclesiae, dove
auspicava la conciliazione di cattolici e protestanti e, in sintonia con il
fratello Giovanni Battista, vescovo di Pola, promulgò la diffusione del
Beneficio di Christo, di Benedetto Fontanini da Mantova nella sua diocesi, e
questo aumentò i sospetti di eresia nei suoi confronti: un primo procedimento
fu aperto nei suoi confronti il 13 dicembre 1544, ma fu poi
prosciolto. Nel dicembre 1545 V. visitò Brescia, dove fu ospite di Fortunato
Martinengo, ma il suo viaggio fu interpretato dai suoi nemici, soprattutto
dal vescovo di Milopotamos e Cheronissa (sull'isola di Creta, in Grecia),
Dionisio Zanettini, detto il Grechetto (vescovo: 1538-1549), come parte della
sua strategia per diffondere l'eresia luterana. Nonostante i crescenti
sospetti sul suo conto, nel gennaio 1546 V. viaggiò alla volta di Trento per
prendere parte al Concilio (lavori ufficiali: 1545-1563), ma la reazione dei
legati pontefici e del cardinale ospitante, Cristoforo Madruzzo (1512-1578),
fu cortese, ma categorica: solo se V. avesse dimostrato la sua estraneità
alle accuse di eresia, sarebbe stato ammesso ai lavori del
Concilio.
V. accusato di eresia Rientrato, deluso, alla sua
diocesi, V. si accorse oramai di essere al centro di un procedimento
ecclesiastico contro di lui. Infatti il 2 giugno 1546 il nunzio apostolico
Giovanni Della Casa (1503-1556) lo mise ufficialmente sotto accusa ed egli fu
interrogato davanti al Tribunale dell'Inquisizione, dove si batté
strenuamente per essere riconosciuto innocente, nonostante l'offensiva
inesorabile del cardinale Farnese e dei suoi alleati. Poco dopo, tuttavia,
avvenne l'episodio, che si può definire, parafrasando la vita di Lutero,
l'esperienza della torre (Turmerlebnis) del prelato di Capodistria: egli
infatti assistette all'agonia di Francesco Spiera, l'avvocato di Cittadella
(vicino a Padova), che, dopo essere stato costretto ad abiurare, si era
convinto di aver tradito Gesù Cristo e il Vangelo, e di essere destinato alla
dannazione eterna, entrando quindi in una profonda depressione, e ammalandosi
rapidamente. Nonostante le cure dei medici e il conforto di V., accorso al
suo capezzale, Spiera morì il 27 dicembre 1548, schiacciato dal rimorso, a
soli 46 anni. L'episodio dell'avvocato di Cittadella (raccontata poi nella
sua opera Historia di Francesco Spiera del 1551), unito alla morte dell'amato
fratello Giovanni Battista (al quale successe, come vescovo di Pola, proprio
Antonio Elio, il protetto del cardinale Farnese!), diede a V. la forza di
prendere la via dell'esilio: il 1 maggio 1549 V. fuggì dall'Italia per
giungere, due settimane dopo, a Chiavenna, dal 1512 parte del cantone
protestante dei Grigioni. Nel frattempo, egli fu condannato (in contumacia)
per eresia a Roma il 3 luglio 1549 sulla base di 34 capi
d'accusa.
V. in Svizzera Nel Cantone Grigioni egli fu accolto
calorosamente dalla comunità riformata locale, formata da fuoriusciti
italiani, come il pastore di Chiavenna Agostino Mainardi, l'ex predicatore
agostiniano Giulio Della Rovere o l'umanista sardo Sigismondo Arquer. In
seguito V. si recò a Coira per conoscere i capi delle chiese protestanti del
cantone, poi si stabilì a Poschiavo, dove operava Dolfino Landolfi, unico
stampatore italiano protestante della Valtellina e che pubblicò diversi
scritti che l'ex vescovo di Capodistria si era portato con sé nella fuga.
Altre importanti opere, come i Dodici trattatelli o le Otto difesioni furono
invece pubblicate a Basilea all'inizio del 1550. Nello stesso periodo, con
sorprendente umiltà, accettò di diventare pastore della chiesa riformata di
Vicosoprano, in Val Bregaglia, che trasformò in una valle di sicura fede
riformata. Nel stesso 1550 conobbe Celio Secondo Curione, nei confronti del
quale comunque sviluppò un'antipatia contraccambiata: V. accusò infatti
l'umanista torinese di essersi convertito all'anabattismo e questo ricambiò
l'attacco, accusando V. di introdurre concetti luterani in zone svizzere di
fede zwingliana. Tuttavia V. non amava le dispute teologiche e le
sottigliezze, che dividevano il mondo protestante: il suo riferimento era
l'irenismo di Melantone. Per questo, esasperato dalle interminabili polemiche
tra Mainardi e l'anabattista Camillo Renato, V. decise di accettare, nel
1553, l'offerta del Duca Christoph del Württemberg (1550-1568) di trasferirsi
a Tubinga come consigliere religioso.
V. in Germania Arrivato
quindi a Tubinga nel 1553, V. trovò un ambiente ideale per lavorare: il
ducato era stato convertito alla Riforma dal moderato luterano Johannes
Brenz. Su incarico del duca, V. viaggiò in Germania, Austria e Polonia (qui
incontrò il principe Alberto di Brandeburgo), dove cercò inutilmente di
riappacificare le varie anime del protestantesimo locale, cioè luterani,
calvinisti e Fratelli Boemi sulla base della Confessio Augustana. Nel 1555
V. venne contattato dall'umanista Olimpia Morato, residente a Heidelberg, che
gli chiese di tradurre il Grande Catechismo di Lutero in italiano, ritenendo
che potesse essere di grande utilità "ai nostri italici, specialmente alla
gioventù" (tuttavia V. non poté esaudire la richiesta). Un'altra esule
italiana, la nobile Isabella Bresegna (moglie di don Garcia Manrique,
governatore di Piacenza), già in contatto con i circoli valdesiani a Napoli,
fu successivamente convertita alla Riforma ed andò esule in Germania proprio
presso l'ex vescovo di Capodistria. Ma l'attività principale di quest'ultimo
fu quella di polemista e pubblicista, che ebbe un nuovo impulso dopo
l'incontro con il sacerdote sloveno Primoz Trubar (1508-1586), passato
all'evangelismo e diventato pastore luterano in Germania. Il capodistriano
non era un grande teologo, ma sicuramente un ottimo divulgatore e dalla
collaborazione dei due nacquero diverse opere religiose in lingua corrente
per un uso più ampio, tra cui la prima traduzione in sloveno del Nuovo
Testamento. In seguito i due corregionali, con l'aiuto del barone Johannes
Ungnad von Sonneck (1493-1564), ex governatore della Stiria e della Carinzia,
impiantarono una tipografia e un istituto biblico a Urach (vicino a Tubinga),
che, dal 1561 al 1564, sfornò una impressionante serie di opere religiose (37
libri per un totale di 25.000 copie) in sloveno, croato e italiano, tra cui
il Piccolo Catechismo di Lutero, il Beneficio di Christo, la Confessio
Augustana e la sua relativa Apologia. V. morì a Tubinga il 4 ottobre
1565.
Landolfo Cotta (m. 1061)
Prete di Milano, nel
1045 Landolfo fu nominato dal clero milanese come uno dei quattro candidati,
assieme a Anselmo da Baggio, Arialdo da Carimate e Attone al seggio di
arcivescovo di Milano, dopo la morte di Ariberto di Intimiano. Tuttavia,
l'imperatore Enrico III, detto il Nero (1017-1056), disattendendo le
aspettative dei milanesi e in contrasto con la tradizione di una nomina, di
fatto, autonoma, decise di nominare Guido da Velate, uomo corrotto
e simoniaco, che portò il livello di reputazione dell'arcivescovado di
Milano ai minimi storici. Grande scandalo, per esempio, suscitava la pratica,
nota come nicolaismo e alquanto diffusa all'epoca di Guido, dei religiosi,
che vivevano in concubinato con donne. Come reazione a questa corruzione
dilagante, si formò quindi il movimento riformatore dei patarini, che
coinvolse a vario titolo tutti i candidati sopracitati, ma che vide
soprattutto emergere la figura di San Arialdo da Carimate e, in tono minore,
quella di L. Arialdo e L. incitarono, infatti, con successo la popolazione a
rifiutare i sacramenti dai sacerdoti corrotti e nicolaiti, riportando di
attualità un atteggiamento, che ricordava quello degli intransigenti del III
e IV secolo: Novaziano, Melezio di Licopoli e Donato di Numidia. La
reazione dell'arcivescovo Guido non si fece attendere e, prendendo pretesto
dagli scontri armati fra opposte fazioni, esplosi il 10 maggio 1057 durante
una processione, egli scomunicò sia Arialdo che L. Tuttavia il papato stesso,
uscito dallo sciagurato periodo di Papa Benedetto IX (l'unico che aveva
regnato indegnamente per 3 pontificati, nel 1032-1044, nel 1045 e nel
1047-1048) era percorso da correnti riformatrici, ad incominciare già da Papa
San Leone IX (1049-1054), il quale aveva condannato il concubinato e simonia
dei preti nel 1050. L. cercò di recarsi nel 1057 a Roma per perorare la causa
dei patarini presso Papa Stefano IX (1057-1058), ma fu intercettato presso
Piacenza dai sicari dell'arcivescovo e quasi ucciso. Purtroppo
l'assassinio venne solo rinviato di un anno: il lunedì di Pasqua del 1058,
mentre pregava in Chiesa, L. fu gravemente ferito da un religioso, sicario
prezzolato (sic!). L. non si ristabilì mai completamente e morì in seguito a
complicazioni polmonari nel 1061. Sarebbe toccato successivamente a suo
fratello Erlembaldo continuare l'opera di riforma dei patarini, a fianco di
Arialdo.
Blaurock (o Cajacob o vom Hause Jakob), Jörg (ca.
1491-1528)
Jörg vom Hause Jakob (Giorgio della casa di Jakob),
oppure Cajacob, nacque a Bonaduz, nel cantone Grigioni, nel 1491-92 e
frequentò le scuole a Chur. Dal 1513 studiò alla università di Lipsia,
diventando successivamente sacerdote. Iniziò la sua carriera ecclesiastica
nel 1516 come vicario a Trins, vicino a Chur, rimanendoci fino al 1519.
Successivamente fu chiamato ad operare nel convento di San Lucio, sempre
nelle vicinanze di Chur, ma nel 1523 si convertì alle idee della Riforma,
abbandonando il monastero, si sposò e si recò nel 1525 a Zurigo, la città del
riformatore Zwingli. Il suo soprannome di Blau rock derivò da un abito
azzurro o turchino, che era solito portare, mentre altri lo chiamavano der
starke Jörg (il forte Giorgio), sia per la figura possente che per il
carattere forte ed aggressivo. Durante il suo soggiorno a Zurigo B. fu
conquistato alla causa degli anabattisti da Conrad Grebel. Benché avesse
studiato, gli autori riportano che B. non fosse un uomo di grande cultura:
Zwingli stesso lo disprezzava come un ignorante e "folle". Tuttavia la sua
eloquenza nelle prediche fu molto preziosa alla causa anabattista. Tra il
10 e 17 Gennaio 1525, in seguito ad una disputa pubblica, si pervenne alla
frattura insanabile tra anabattisti e i riformatori svizzeri nelle persone di
Zwingli e Johann Heinrich Bullinger. Il risultato della disputa fu scontato:
il Consiglio cittadino censurò la posizione del gruppo di Grebel, ordinando
il battesimo immediato di tutti i bambini entro otto giorni dalla loro
nascita. Il 21 Gennaio 1525, sfidando il divieto delle autorità cittadine,
15 anabattisti si riunirono in casa di Felix Mantz, e presero la decisione
di procedere al proprio ribattesimo, cosa che fecero la notte stessa: B.
si inginocchiò davanti a Grebel e gli chiese di essere
battezzato, successivamente fu B. a ribattezzare gli altri. In seguito gli
anabattisti si trasferirono a Zollikon, un villaggio ad otto chilometri da
Zurigo, dove fondarono la comunità dei "Fratelli in Cristo", ma poco dopo B.,
Mantz ed altri furono arrestati su ordine del consiglio cittadino di Zurigo e
incarcerati nella torre di Wellenberg a Zurigo. Il 24 Febbraio B. fu
scarcerato e proseguì nella sua attività di proselitismo fino all'Ottobre
1525, quando, avendo interrotto una funzione in una chiesa nel villaggio di
Hinwil, fu arrestato e tradotto, insieme a Grebel e Mantz, a Zurigo. Qui si
tenne, tra il 6 e l'8 Novembre 1525, un'ulteriore disputa tra gli anabattisti
e Zwingli, che, scontento per l'ostinata posizione degli avversari, li fece
condannare dal Consiglio, il 18 Novembre, a rimanere in carcere. Il 5 e 6
Marzo 1526, dopo quattro mesi di duro carcere, il Consiglio cercò di fiaccare
la resistenza degli arrestati (i tre sopramenzionati più altri 14 compagni)
condannandoli al carcere a pane e acqua, finché essi non avessero ritrattato,
ma 15 giorni dopo, approfittando di una clamorosa distrazione, gli
anabattisti riuscirono ad evadere. Tra il momento della sua fuga e la sua
nuova cattura, B. trascorse il periodo errando per la Svizzera e battezzando
nuovi adepti, finché le autorità di Zurigo lo catturarono il 3 Dicembre 1526,
assieme a Mantz in una foresta vicino a Grüningen. Mantz fu messo a morte
per annegamento il 5 Gennaio 1527, mentre B. fu spogliato e frustato con
delle verghe e in seguito espulso dal territorio del cantone di
Zurigo. Continuando la sua missione attraverso Berna, Biel, nei Grigioni e
ad Appenzell, da dove venne espulso, B. pervenne alla decisione di
continuare la sua opera in un'altra nazione. Si recò quindi in Alto Adige nel
Maggio 1529, predicando e ribattezzando nella zona tra Chiusa (Klausen) e
Neumarkt, assieme al compagno Hans Langegger, finché il 14 Agosto 1529 le
autorità di Guffidaun li arrestarono e torturarono spietatamente per avere
informazioni sulla reale consistenza del fenomeno anabattista in zona. Il
6 Settembre 1529 B. e Langegger furono arsi sul rogo vicino a Klausen. Così
morì, dopo Grebel nel 1526 e Mantz nel 1527, il terzo dei capi storici del
movimento anabattista e purtroppo non l'ultimo di una tragica
lista.
Buccella, Niccolò (m. 1599)
La vita Niccolò
Buccella nacque a Padova da una famiglia borghese (suo padre era libraio e
fornitore dell'università patavina) e poté, unico della famiglia, studiare
medicina all'università, diventando in seguito un medico di prestigio. Da
giovane egli aderì, assieme ai fratelli Girolamo e Gian
Battista, all'anabattismo, in seguito al quale viaggiò nel 1557 ad
Austerlitz, in Moravia, presso le Seminaria veritatis, comunità di
antitrinitari italiani fondati da Niccolò Paruta e visitando le comunità
hutterite, presso le quali venne ribattezzato dal vescovo Leonard
Lanzenstiel. Nel 1559 egli fece un secondo viaggio in Moravia, dalla quale si
recò, nel 1560-61, a Ginevra per riportare i nipoti, orfani di madre,
indietro a Padova. Ritornato quindi in patria, B. fece proselitismo presso i
ceti più umili della popolazione locale, ma il 27 agosto 1562, in procinto di
intraprendere un ulteriore viaggio in Moravia, fu arrestato a Capodistria e
subì un processo da parte delle autorità della Serenissima. Dopo due anni
di detenzione nelle carceri veneziane, il 27 marzo 1564 abiurò, tentando,
senza successo, di indurre ad una simile azione, i suoi confratelli
Francesco Della Sega e Antonio Rizzetto. Nei 9 anni successivi
(1564-1573), coprendo il suo credo religioso mediante un accurato e rigoroso
nicodemismo, B. si dedicò totalmente alla sua attività di medico e chirurgo,
tuttavia si attirò dapprima le critiche e successivamente perfino una
scomunica, a causa degli esperimenti di sezionamento dei cadaveri, compiuti
privatamente (in casa sua) e senza le necessarie autorizzazioni. Fuggì,
quindi, in Transilvania, su invito di Giorgio Biandrata e, grazie alla sua
fama di valente medico, fu assunto dal voivoda Istvàn (Stefano) Bàthory nel
luglio 1574 allo stipendio di 600 talleri all'anno. Nel 1575 B. seguì Bàthory
in Polonia quando quest'ultimo ne diventò il re (1576-1586). In Polonia, B.
accumulò una notevole fortuna economica: organizzò il trasporto del sale in
Lituania, impiantò una fabbrica di carta in Livonia, praticò il prestito ad
interesse e poté perfino comperarsi una tenuta reale in Volinia. Fece anche
venire ad abitare con lui il nipote Filippo, figlio di un suo fratello
(probabilmente Girolamo). Dovette tuttavia difendere il suo status acquisito
in momenti difficili, come durante la polemica con Fabiano Nifo, con il quale
ebbe un dissenso sui suoi metodi terapeutici e di più ancora con l'altro
medico di corte, Simone Simoni, che era stato raccomandato al re da Andrea
Dudith Sbardellati. Infatti il Simoni, astioso e invidioso del successo di
B., non esitò a formulare la gravissima accusa della responsabilità del B.
per la morte del re Stefano Bàthory nel 1586. La polemica tra i due investì
anche la sfera religiosa, con risse verbali e reciproche accuse, alle quali
partecipò anche Marcello Squarcialupi, amico del B., e solo l'intervento del
nuovo re Sigismondo III Vasa (1587-1632) prosciolse B. dalle accuse: il
sovrano lo nominò inoltre suo medico personale, elevandolo successivamente
perfino ad un titolo nobiliare. Al Simoni, sconfitto su tutta la linea, non
rimase altro che riparare in Moravia. Il B., per il resto della sua vita,
si adoperò a favore di tutti gli eretici perseguitati e, in particolare,
degli esuli italiani, come Giovanni Paolo Alciati della Motta, Giovanni
Bernardino Bonifacio, marchese di Oria (che ospitò nel 1584), o Fausto
Sozzini, di cui diventò amico fraterno e che nominò come uno dei suoi
eredi. Morì nel 1599.
La dottrina E' molto difficile definire
la dottrina del B., alquanto individualista, razionalistica (gli argomenti
razionali erano le uniche armi valide contro gli eretici) ed estranea ad ogni
dogma religioso. Era convinto che era necessario vivere secondo coscienza,
interpretando il Vecchio ed il Nuovo Testamento a modo proprio, come ebbe a
rilevare uno dei grandi avversari dei riformatori italiani esuli in Polonia,
il cardinale Alberto Bolognetti, nunzio apostolico in Polonia dal 1581 al
1585, con il quale, seppur da due posizioni ideologiche diverse, B. mantenne
un rapporto di reciproca stima.
Las Casas, Bartolomè de
(1474-1566)
Bartolomè Casaus, successivamente de Las Casas,
nacque a Siviglia nel 1474 da Francisco Casaus, che aveva accompagnato
Cristoforo Colombo nel suo secondo viaggio nel Nuovo Mondo. L. studiò
legge a Salamanca, e dopo essersi laureato, divenne collaboratore dei primi
governatori spagnoli delle Antille, Ovando e Velasquez. Nel 1506 egli venne
ordinato diacono e nel 1510 divenne sacerdote, iniziando ben presto a
battersi per i diritti degli indigeni delle Antille, ridotti in schiavitù
dagli Spagnoli e quasi totalmente estintisi per l'incapacità di sopportare i
carichi di lavori e per le malattie endemiche portati dai nuovi padroni, i
cosiddetti encomenderos. Nel 1519 L. riuscì a convincere l'imperatore Carlo V
(1519-1558 come imperatore) a porre il controllo degli indigeni sotto la
Chiesa e a permettere un esperimento in tal senso a Cumanà, nella attuale
Venezuela. Tuttavia per avere a disposizione della mano d'opera, egli fece
trasferire un certo numero di schiavi neri, che, a suo demerito, non
considerava degni di quella difesa dei diritti umani, che egli esercitò
attivamente solo nei confronti degli indigeni americani. Venne per questo
considerato il primo promotore della deportazione di schiavi neri nelle
Americhe, ma questo giudizio è senz'altro affrettato, poiché questa pratica
era già ampiamente in vigore fin dal 1505. Gli Indios, però, delusero le
aspettative del sacerdote spagnolo, lanciandosi in saccheggi e massacri delle
colonie europee. Nel 1522 l'esperimento fallì definitivamente e l'amarezza
del fallimento fece assumere a L. un atteggiamento senz'altro umanitario ma
decisamente poco popolare in patria: egli giustificò queste azioni violente
come reazioni agli abusi europei perpetrati nel Nuovo Mondo. Fu in seguito
sostenuto in questa tesi dall'Ordine Domenicano, nel cui convento di Santo
Domingo L. entrò nel 1523. Negli anni successivi L. scrisse diversi
trattati sull'argomento, tra cui la voluminosa Historia de las Indias e la
Apologetica historia de las Indias. La sua attività a favore degli Indios fu
incessante ed egli intervenne personalmente in Nicaragua nel 1527 ed in Perù
(per mezzo di un decreto imperiale) nel 1530 per combattere contro la
schiavitù. Nel 1542 L. ritornò in Spagna, dove ebbe la sua parte nel
convincere Carlo V a promulgare le "Nuove Leggi" che proibivano la schiavitù
degli Indios e tentavano di mettere fine al sistema della encomienda,
limitando il possesso di servi ad una sola generazione. Ci fu tuttavia una
fortissima opposizione da parte dei proprietari terrieri e di parte del clero
stesso. Nel 1544, dopo aver rifiutato la sede di Cuzco, in Perù, L. fu
nominato vescovo di Chiapas, nel Messico meridionale, dove oggigiorno viene
osannato come primo difensore della causa degli Indios. Anche in questa
funzione, però, L. si alienò le simpatie del clero locale, dei francescani e
perfino di influenti personaggi del suo stesso ordine domenicano e nel 1545,
contro il suo parere, Carlo V fece mitigare la severità di alcuni articoli
delle "Nuove Leggi". Nel 1547 L., amareggiato, ritornò definitivamente in
Spagna, rinunciando al suo incarico di vescovo e ritirandosi in
convento. Nello stesso periodo ci fu la pubblicazione nel 1552 del suo
libello più violento contro la persecuzione degli Indios, la Brevìsima
Relacion de la Destruycion de las Indias. Tuttavia L. fece l'errore di
mandare in stampa questo suo scritto senza l'approvazione dell'Inquisizione e
per questo i suoi avversari lo fecero porre sotto accusa. Nonostante tutto
L. morì abbastanza tranquillamente nel 1566, alla veneranda età di 93 anni,
nel convento di Atocha, vicino a Madrid. Ai giorni nostri si è spesso parlato
di una sua possibile canonizzazione come apostolo degli
Indios.
Askew, Anne (1521-1546)
Anne Askew era nata
nel 1521 da una famiglia altolocata della contea inglese del Lincolnshire.
Ebbe un'ottima educazione e mostrò uno spiccato interesse nei dibattiti
teologici e verso la fede protestante, ma fu obbligata da suo padre a sposare
Thomas Kyme, il promesso sposo (di religione cattolica) della sorella, morta
poco prima del matrimonio. Fu un'unione infelice soprattutto per contrasti in
tema di convinzioni religiose e alla fine il marito la cacciò di casa, benché
riconoscesse che la moglie era una delle donne più devote che avesse mai
incontrato. A. si recò quindi a Londra, per ottenere il divorzio, e
diventò nell'occasione dama di compagnia dell'ultima moglie di Enrico
VIII d'Inghilterra, Caterina Parr, che A. riuscì a convertire segretamente
alle proprie convinzioni religiose. Tuttavia erano tempi duri per i
luterani in Inghilterra: nel 1539 il parlamento inglese aveva approvato i Sei
Articoli (The Six Articles), confermando, tra l'altro, la validità del dogma
della transustanziazione, l'Eucaristia sotto una sola specie, il celibato per
i prelati, le Messe private e la confessione. Nel 1545 A. fu inquisita
sulla propria fede, ma essa rifiutò coraggiosamente di aderire ai Sei
Articoli, in particolare sui punti concernenti la transustanziazione e le
messe, in cui lei non credeva. Fu per questo crudelmente torturata per farla
confessare i nomi dei suoi confratelli, come la regina stessa ed altri
nobili. Tuttavia A. resistette alle torture e né confessò né fece nomi:
nonostante le perorazioni di Caterina Parr presso Enrico VIII, essa fu
quindi condannata al rogo nel giugno 1546, assieme ai compagni di fede
il gentiluomo John Lascelles, il sarto John Adams ed il sacerdote
Nicholas Belenian. La sentenza fu eseguita nel luglio dello stesso anno a
Smithfield: indebolita dalle torture, A. dovette essere trasportata sulla
pira su una sedia. Rifiutò all'ultimo minuto la grazia del re, che avrebbe
comportato l'abiura delle sue idee religiose, e morì tra le
fiamme.
Vermigli, Pier Martire (o Pier Paolo)
(1499-1562)
I primi anni Il famoso teologo Pier Martire
Vermigli nacque a Firenze l'8 settembre 1499 (altri testi citano la stessa
data ma riferita al 1500 o perfino l'8 maggio 1500) primo di tre figli di una
famiglia di ceto medio: il padre Stefano faceva il calzolaio e la madre Maria
Fumantina, una donna di buona cultura, poté insegnare le prime nozioni di
cultura al giovane Pier Martire. Questo non comune nome di battesimo gli
venne imposto dal padre, per grazia ricevuta per la nuova nascita dopo la
morte dei suoi primi figli, in ricordo di San Pietro Martire da Verona (ca.
1200-1252), un ex-cataro, convertitosi al cattolicesimo e diventato
domenicano, Inquisitore Generale e feroce persecutore dei suoi antichi
compagni di fede: distrusse la tomba di Nazario, vescovo della Chiesa
dualista di Concorezzo, ma venne ucciso a Giussano, vicino a Milano, da
alcuni sicari nel 1252. Ritornando al giovane V., egli, all'età di 15 anni,
entrò nel convento di San Bartolomeo del Canonici regolari lateranensi
(agostiniani) a Fiesole, ed in seguito al convento di San Giovanni di
Verdara, vicino a Padova, presso la cui università poté frequentare la
facoltà di teologia. Nel 1526 circa V. si laureò in teologia, fu ordinato
sacerdote e nominato predicatore agostiniano e con questo nuovo incarico, si
recò a Brescia, Pisa, Venezia e Roma, mentre, contemporaneamente, studiava
greco antico ed ebraico.
V. a Napoli Nel 1530 V. fu nominato
vicario del priore del convento agostiniano di Bologna, dove frequentò
l'ambiente erasminiano locale, nel 1533 abate di quello di Spoleto ed infine,
nel 1537, priore del convento di San Pietro ad Aram a Napoli. Qui V. entrò in
contatto con il circolo evangelico, raccolto intorno a Juan de Valdés, dove
conobbe e divenne amico del predicatore cappuccino (e futuro Vicario Generale
dell'ordine) Bernardino Ochino, e di cui fecero parte importanti riformati
italiani, come Pietro Carnesecchi, Marcantonio Flaminio, Giovanni Bernardino
Bonifacio, Benedetto Fontanini da Mantova, Galeazzo Caracciolo, Bartolomeo
Spadafora, Apollonio Merenda, Vittore Soranzo, e le nobildonne Vittoria
Colonna, Giulia Colonna Gonzaga e Caterina Cibo da
Camerino. L'orientamento delle prediche di V. a Napoli, rafforzata dai
commentari ai Vangeli e ai Salmi di Bucero e dal De vera et falsa religione
di Zwingli, si volse sempre più verso interpretazioni evangeliche dei testi
sacri: significativa fu la chiave di lettura che V. diede al seguente passo
della Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (3:14-15). Se l'opera di
qualcuno che ha costruito sopra rimarrà, egli ne riceverà
la ricompensa, se l'opera di qualcuno invece sarà consumata dal fuoco, ne
avrà danno, però si salverà, ma come attraverso il
fuoco. Nell'interpretazione canonica cattolica, infatti, questo brano
confermava l'esistenza del purgatorio, mentre per V. questo brano non
dimostrava niente, anche perché dalla lettera paolina si evinceva che tutti
dovevano passare attraverso il fuoco, e non soltanto alcuni, come precisava
la dottrina cattolica del purgatorio.
V. a Lucca Comunque per
un certo periodo a V. venne proibito di predicare a Napoli, ed il divieto
venne tolto solo dopo una supplica direttamente al papa Paolo
III (1534-1549), tuttavia, nel 1541, V. fu trasferito al convento di
San Frediano a Lucca. Anche a Lucca V. continuò il suo impegno evangelico,
influenzando i confratelli Girolamo Zanchi e Massimiliano Celso Martinengo
ed alcuni discepoli esterni al convento, come Niccolò (di Alessandro)
Diodati (1511-1544), padre di Pompeo Diodati, che convertì alla Riforma, e
Celio Secondo Curione, che chiamò al convento per dare una decisa
svolta qualitativa all'insegnamento dei novizi. Infatti la sua
attività instancabile volta al miglioramento culturale del convento di San
Frediano fece di quest'ultimo un punto di riferimento per la città
toscana, soprattutto nella diffusione della fede riformata. A questo
periodo risalì la sua Una semplice dichiarazione sopra i dodici articoli
della fede cristiana, per la quale fu sospettato di eresia e convocato nel
1542 dal capitolo dell'ordine a Genova. Oltretutto, proprio nel 1542, il 21
Luglio, fu emessa la famosa bolla papale Licet ab initio di Papa Paolo III,
quella che istituì la Congregazione del Santo Ufficio, o Inquisizione, come è
più nota. La bolla menzionava la situazione di Lucca, centro di diffusione di
testi luterani: V., quindi, sentendo montare il clima di repressione,
preferì fuggire, con alcuni confratelli come Paolo Lasize e Emanuele
Tremellio (ca. 1510-1580), dapprima a Pisa, poi a Firenze da Ochino, ed
infine, sempre braccato dall'Inquisizione, decise di espatriare, assieme al
Vicario Generale dei Cappuccini, in Svizzera, a Basilea. A proposito della
fuga dei due noti predicatori in Svizzera, Marcantonio Flaminio
commentò pubblicamente nell'autunno 1542 "ch'erano partiti gli apostoli
d'Italia" . Nel convento di San Frediano a Lucca, la sua fuga non compromise
comunque la sua attività evangelica, precedentemente iniziata: in sua
assenza, Zanchi e Martinengo, che insegnavano rispettivamente teologia e
greco antico, continuarono nella loro opera riformista. In seguito, ambedue
avrebbero deciso, nel 1551, di andare in esilio in Svizzera, sempre per
motivi religiosi.
Primo soggiorno di V. in Svizzera e a
Strasburgo Da Basilea V. accolse l'invito di Bucero di trasferirsi a
Strasburgo, dove visse dal 1542 al 1547 e dove scrisse una lettera aperta ai
lucchesi, dal titolo De fuga in persecutione, ribadendo il suo convincimento
nel concetto protestante della sola fide. A Strasburgo V. insegnò Antico
Testamento all'università e si sposò con Caterina Dammartin, una ex suora di
Metz (in Francia). Tuttavia, dopo la sconfitta dei protestanti della lega
Smalcaldica nella battaglia di Muhlberg il 24 aprile 1547, V. ritenne più
prudente allontanarsi da Strasburgo e quindi, assieme a Ochino, egli accettò
l'invito ad andare in Inghilterra.
V. in Inghilterra L'invito
gli era stato fatto da parte di John Dudley (1502-1553), conte di Warwick,
Lord Protettore e reggente del trono del re minorenne Edoardo VI (1547-1553),
ma soprattutto da parte dell'arcivescovo di Canterbury Thomas Cranmer. Questi
aveva commissionato il Book of Common Prayer (il libro delle preghiere) per
semplificare i libri di preghiere e di funzioni religiose in latino e
risalenti al periodo medioevale. Il testo, pubblicato poi nel 1549, fu reso
obbligatorio da parte dell'Atto di Uniformità del 1549 stesso, ma la sua
definizione dottrinale definitiva, avvenuta nel 1552, fu resa possibile solo
grazie alle diverse personalità della Riforma svizzera zwingliano-calvinista,
che furono chiamate, in quel periodo, in Inghilterra e che diedero il proprio
contributo: Martin Bucero (che finì i suoi giorni a Cambridge nel 1551), il
polacco Jan Laski e il nostro V., a cui fu offerta la cattedra di Regius
Professor di teologia all'università di Oxford, che tenne fino al
1553. Nello stesso periodo V. intervenne in diverse dispute religiose del
momento, come nella disputa del 1549 ad Oxford sull'eucaristia: egli infatti
aveva abbandonato il concetto luterano della consustanzialità (secondo il
quale vi era la reale e sostanziale presenza del corpo e sangue di Cristo nel
pane e vino, che tutti i comunicandi ricevevano, che fossero degni o
indegni, credenti o miscredenti) per aderire a quello calvinista della
reale partecipazione nell'eucaristia alla carne e al sangue di Gesù Cristo
(ma ciò, per Calvino, non significava una presenza locale di
Cristo nell'Eucaristia, poiché Egli poteva essere solo in cielo). V.
intervenne inoltre in altre decisioni, come le leggi ecclesiastiche inglesi
(Reformatio Legum Ecclesiasticarum) del 1551-53 e la formulazione dei 42
articoli di religione del 1553, che approvarono la giustificazione sola fide
e sola scriptura, mentre venivano rigettati i concetti cattolici di
purgatorio e transustanziazione. Pur diventando popolarissimo in Inghilterra
(anche oggigiorno il nome di V. è più conosciuto oltremanica che in Italia),
anch'egli fu travolto dagli eventi del 1553, con la salita sul trono
d'Inghilterra della regina cattolica Maria Tudor (1553-1558), detta la
Sanguinaria per la feroce repressione del protestantesimo anglicano. V.
stesso dovette fuggire a Strasburgo, ancora affranto per la recente
(17 febbraio 1553) morte della moglie ad Oxford: la salma di quest'ultima fu
poi vittima di un atroce episodio (riportato da alcune fonti), che ebbe
per protagonista, pare, il cardinale Reginald Pole, il quale ordinò che il
corpo fosse dissotterrato nel 1557 e gettato in un letamaio! Ma in seguito
alla salita al potere della regina Elisabetta I (1558-1603), ai poveri
resti, ritrovati ed identificati, fu data una degna sepoltura nella
cattedrale di Oxford.
Secondo soggiorno di V. a Strasburgo e in
Svizzera V. arrivò a Strasburgo, poco dopo la morte di Jakob Sturm
(1489-1553), capo della Riforma calvinista, il cui successore, il predicatore
luterano Johannes Marbach (1521-1581), pretendeva che tutti i docenti del
collegio di San Tommaso sottoscrivessero la Confessio Augustana, di chiara
ispirazione luterana. I due teologi italiani, presenti in città in quel
momento, V. e il suo ex discepolo Girolamo Zanchi reagirono in maniera
diversa: Zanchi si rifiutò di firmare, preferendo il dialogo con tutte le
componenti del protestantesimo, mentre V., a cui era stata offerta una
cattedra al suddetto collegio di San Tommaso, sempre dietro accettazione
della Confessio Augustana per iscritto, la firmò per proforma e convinse
infine Zanchi a fare altrettanto. Tuttavia Marbach, che aveva chiaramente
capito di non essere riuscito a portare i due italiani sulla strada del
luteranesimo, fece loro una guerra di logoramento psicologico finché, nel
1556, V. abbandonò Strasburgo per Zurigo, dove, accolto da Johann Heinrich
Bullinger, successe a Conrad Pellican (Pellicanus) (1478-1556), come
professore di ebraico, e dove egli si risposò con una italiana, Caterina
Merenda, da cui ebbe tre figli. A Zurigo V. rincontrò il vecchio amico
Bernardino Ochino, che era stato chiamato per fare il pastore di una comunità
di riformati di Locarno, da dove erano fuggiti in massa per motivi
religiosi. Nella città svizzera V. si stabilì in maniera definitiva, pur
accettando l'invito a partecipare, in supporto a Theodore de Bèze, ai
colloqui (infruttuosi) tra cattolici e protestanti a Poissy, in Francia, nel
1561. Da Zurigo V. ebbe un cospicuo carteggio epistolare con Calvino, ma
anche degli inviti, cortesemente declinati, di ritornare nell'Inghilterra
elisabettiana o a Heidelberg, dove viveva il suo discepolo Zanchi. Aiutò
inoltre il riavvicinamento dottrinale tra Zurigo e Ginevra, culminato poi
nella Seconda Confessio Helvetica del 1566. V. morì a Zurigo il 12 novembre
1562.
La dottrina V. rappresentò la fase di transizione dai primi
riformatori, dotati di forte carisma, allo sviluppo scolastico delle loro
dottrine nel secolo successivo. Come già detto, formatosi con le letture di
Bucero e Zwingli, V. rimase fortemente legato alla dottrina svizzera
calvinista, soprattutto per quanto concerne l'interpretazione data
all'Eucaristia. Tuttavia non si può parlare di una vera e propria teologia di
V., perché egli, uomo di grandissima cultura, fu soprattutto un esegeta
biblico, sebbene egli inserisse degli approfondimenti nei suoi commentari.
Questi furono in seguito raccolti dai suoi discepoli e pubblicati con lo
stesso titolo di un lavoro di Melantone: Loci communes. Infine V., nel suo
soggiorno inglese, divenne famoso anche per il suo contributo decisivo
all'ordinamento ecclesiastico britannico.
Laski, Jan (1499-1560) e
Chiesa Riformata Polacca
La vita Il riformatore polacco Jan
Laski, nacque a Varsavia nel 1499 e fu detto il Giovane per distinguerlo dal
famoso zio, Jan Laski il Vecchio (1456-1531) arcivescovo, primate di Polonia,
uomo politico e consigliere personale del re di Polonia, Sigismondo I
Iagellone (1506-1548). Jan il giovane, figlio del voivoda di Sieradia,
Jaroslaw Laski (m. 1523) e sotto la tutela dello zio arcivescovo, poté
seguire gli studi a Gniezno (Polonia) e successivamente all'università di
Bologna e, all'età di soli 22 anni, divenne diacono della cattedrale di
Varsavia. Negli anni seguenti L. viaggiò attraverso l'Europa per conto della
Chiesa Cattolica, che intendeva utilizzare la sua eloquenza contro i
riformatori, ma ottenne l'effetto contrario: L. divenne amico di Erasmo da
Rotterdam e di Ulrich Zwingli, da cui imparò a conoscere le dottrine
riformiste svizzere. Nonostante ciò, dopo il suo rientro in patria nel 1526,
L. prese i voti ricoprendo vari posizioni di prestigio nella Chiesa
Cattolica, come arcidiacono di Varsavia, vescovo di Vesprem (Ungheria),
canonico di Cracovia e segretario del voivoda di Transilvania e re della
Ungheria (orientale) Giovanni Zapolya (1529-1540), ma nel 1541 rinunciò a
tutti gli incarichi e benefici pur di non separarsi dalla donna, che aveva
segretamente sposato. Anche se il re Sigismondo I di Polonia decise di
proteggerlo e di reintegrarlo nelle sue funzioni, L. pensò più prudentemente
di emigrare in Germania nel 1543, dove pur essendo di scuola zwingliana,
aderì, forse per opportunità, alla confessione luterana di Augusta. In
Germania L. divenne un predicatore itinerante, coerentemente
zwingliano, finché non si stabilì nella regione della Frisia orientale, dove
ebbe un dibattito pubblico con l'anabattista Menno Simons, e nel 1545, sotto
la protezione della contessa Anna di Oldenburg, diventò il primo
sovrintendente della Chiesa Riformata della Frisia. Nel contempo mantenne
contatti epistolari con i principali riformatori dell'epoca e con regnanti
passati alla Riforma, come Alberto di Brandeburgo-Ansbach (poi di
Prussia). Nel 1550 L. accettò l'invito dell'arcivescovo di Canterbury Thomas
Cranmer, a recarsi in Inghilterra (già visitata fugacemente nel 1548) per
aiutarlo a migliorare, dal punto di vista dottrinale, il Book of Common
Prayer (il libro delle preghiere), compilato nel 1549 su richiesta di Cranmer
stesso per semplificare i libri di preghiere e di funzioni religiose in
latino e risalenti al periodo medioevale. . Tuttavia fu soprattutto grazie
al Lord Protettore, John Dudley (1502-1553), conte di Warwick e al vescovo di
Londra Nicholas Ridley, che diverse personalità della Riforma svizzera
zwingliano-calvinista, come Martin Bucero da Strasburgo, l'italiano Pietro
Martire Vermigli, professore ad Oxford, ed il nostro L., furono chiamate in
Inghilterra a dare il proprio contributo a questo lavoro di revisione. L.
divenne ben presto molto popolare (gli inglesi lo chiamavano John à Lasco)
fino alla salita al potere della regina cattolica Maria Tudor (1553-1558) nel
1553: L. fu uno dei primi riformatori stranieri ad essere espulsi nel
settembre dello stesso 1553. Imbarcato con i suoi seguaci su una nave in
rotta per la luterana Danimarca, L. esperimentò sulla propria
pelle l'intolleranza dei suoi fratelli protestanti luterani. Gli fu
infatti proibito di sbarcare a Copenhagen, Lubecca, Wismar, Amburgo e
Rostock, tutte città luterane che evidentemente non gradivano la presenza di
questo prestigioso predicatore zwingliano. Per tutto l'inverno 1553 dovette
quindi vagare da porto a porto e, solamente nel marzo 1554, la protettrice
di sempre, Anna di Oldenburg, accolse a braccia aperte il suo ex
sovrintendente ad Emden. In seguito L. si trasferì a Francoforte sul Meno,
dove formò una chiesa locale, di ispirazione calvinista, per i profughi
olandesi. Infine, dopo 13 anni di esilio, nel 1556 L. tornò in Polonia,
nonostante la condanna per eresia pronunciata dal clero cattolico polacco nel
1554, e fu ben accolto dal re Sigismondo II Iagellone, detto Augusto
(1548-1572), sotto il cui regno la Polonia stava conoscendo la sua "età
d'oro" con la massima estensione territoriale, il massimo splendore nell'arte
e nella cultura, il più alto livello di tolleranza
religiosa. Approfittando del momento favorevole, L. creò la Chiesa Riformata
Polacca, di cui egli fu il supervisore, ma ebbe, strano a dirsi, più
opposizione da parte degli antitrinitariani che dalla Chiesa cattolica
locale. Tale fu l'ostinato attaccamento ai propri principi
dell'antitrinitariano Francesco Stancaro che L. esasperato, durante un
confronto pubblico, gli lanciò contro una Bibbia! Ormai anziano e
debilitato nel fisico, L. si ammalò improvvisamente nel gennaio 1560, morendo
poco dopo a Pinczow.
La Chiesa Riformata Polacca Il successivo
precipitare della situazione interna della Chiesa Riformata Polacca portò,
dal sinodo di Piotrkòw del 1565, alla separazione tra una ecclesia major
calvinista ed una ecclesia minor di fede antitrinitariana, seguita, con il
patto di Sandomierz del 1570, alla riunificazione tra gruppi protestanti
(calvinisti, luterani e Fratelli Boemi) ed infine, con la dieta di Varsavia
del 1573, si proclamò la pari dignità tra cattolici e protestanti. Ma il
periodo di forti incertezze politiche dopo alla morte nel 1572 di Sigismondo
II (con l'estinzione della dinastia dei Iagelloni) fu seguita dal regno del
principe cattolico transilvano Istvan (Stefano) Bathory (1576-1586) con
avanzate incontrastate della Controriforma, rappresentata dalla sua punta di
diamante: l'ordine dei gesuiti. Quindi, già all'inizio del XVII secolo, sotto
il regno dello svedese Sigismondo III Vasa (1587-1632), la Polonia era
ritornata saldamente in mano ai cattolici e ai pochi riformatori superstiti
toccò emigrare nei territori della Lituania e Lettonia per poter
sopravvivere.
Latimer, Hugh (ca.1485-1555)
Hugh
Latimer nacque a Thurcaston, nella contea inglese del Leicester, nel 1485
circa, da una agiata famiglia di latifondisti. Nel 1506 il padre lo inviò a
studiare a Cambridge, dove ottenne il baccalaureato nel 1510 e divenne
maestro in arti nel 1514. Iniziò quindi lo studio della teologia, e nel
contempo si impegnò, come strenuo difensore della religione cattolica, in
accesi dibattiti con i riformatori. Anche dopo la laurea in teologia
conseguita nel 1524, L. iniziò l'insegnamento all'università, presso la Clare
College, e mantenne una posizione cattolica, finché non fu convertito da
Thomas Bilney diventando, da quel momento, un fervente predicatore della
Riforma luterana, fino a che non gli fu impedito di predicare da parte di
West, vescovo di Ely. A L. non restò che trovare conforto nel convento
agostiniano di Cambridge, presso il quale si era organizzato il circolo dei
luterani di Cambridge, fondato dallo stesso Bilney e soprannominato Piccola
Germania, che annoverava personalità come il priore Robert Barnes
(1495-1540), Miles Coverdale, traduttore della prima versione dell'Antico
Testamento in inglese, e vari cattedratici dell'università. Nel 1531, in
seguito al suggerimento di Thomas Cranmer, docente universitario alla Jesus
College di Cambridge, di consultare le principali università europee a
proposito dell'annullamento del matrimonio di Enrico VIII con Caterina
d'Aragona, fu interpellato anche L., che espresse parere favorevole, entrando
quindi nelle grazie di Enrico VIII. L. iniziò a predicare la dottrina
riformista a West Kingston, nella contea del Wiltshire, ma nel 1532 fu
scomunicato dalla Chiesa Cattolica, per la sua posizione contraria alla
venerazione dei santi e alla dottrina del purgatorio. L'amicizia di
Cranmer e del potente Vicario Generale Thomas Cromwell fece sì che nel 1535 a
L. venisse dato il seggio di vescovo di Worcester, ma solo quattro anni dopo,
nel 1539 fu costretto a dimettersi per essersi rifiutato di sottoscrivere i
Sei Articoli (The Six Articles), di forte ispirazione cattolica, che
confermavano, tra l'altro, la validità del dogma della transustanziazione,
l'Eucaristia sotto una sola specie, il celibato per i prelati, le Messe
private e la confessione. L. fu anche imprigionato in seguito per questa sua
posizione (meglio comunque del destino del suo confratello Robert Barnes,
bruciato sul rogo nel 1540), ma fu riabilitato nel 1547, sotto il re Edoardo
VI, durante il cui regno si limitò al ruolo di semplice predicatore. Ma
alla salita al potere della cattolica Maria Tudor nel 1553, questa si ricordò
dei prelati che avevano avvalorato il ripudio di sua madre,
Caterina d'Aragona da parte di Enrico VIII. Fece quindi imprigionare
Cranmer, L. e Nicholas Ridley, vescovo di Londra, nella torre di Londra e
condannarli a morte. Il 16 ottobre 1555 L. e Ridley furono portati per essere
bruciati sullo stesso rogo. Mentre le fiamme lambivano i condannati, L.,
esortando Ridley ad un comportamento più coraggioso, pronunciò le famose
parole: Oggi accenderemo una candela, che, per grazia di Dio, confido non
verrà mai più spenta in Inghilterra.
Filadelfi, Società dei
(Philadelphian Society) (1670-1730)
Una setta di mistici
religiosi operanti a Londra nella seconda metà del 1600, fondati dal
reverendo John Pordage e dalla behmenista Jane Leade
(o Lead).
John Pordage (1608-1681) John Pordage, un uomo di
chiesa molto devoto, era il rettore della chiesa di Bradfield, vicino a
Reading, nella contea inglese del Surrey, Egli fu influenzato dalle idee del
movimento familista di Henrik Niclaes, ma soprattutto si appassionò agli
scritti di Jacob Boehme, leggendoli avidamente, man mano che venivano
tradotti e pubblicati tra il 1644 ed il 1662. Per queste sue idee, nel
1655 a P. furono sospesi i benefici per ordine dei Triers, un corpo di
commissari, fondato da Oliver Cromwell (1599-1658) e preposto ad esaminare ed
approvare predicatori e professori universitari prima del loro insediamento.
Solo nel 1660, con la restaurazione del re Carlo II (1649-1685), egli fu
reintegrato nella sua precedente funzione. Nel 1663 P. incontrò Jane Leade e,
insieme a lei, proprio per promuovere un maggiore interesse verso il pensiero
di Boehme, P. fondò nel 1670 il circolo teosofico dei Filadelfi (The
Philadelphians) dal nome della chiesa menzionata nel seguente passo
dell'Apocalisse di San Giovanni (Ap. 3,7): All'angelo della Chiesa di
Filadelfia scrivi: Così parla il Santo, il Verace, Colui che ha la chiave
di Davide: quando egli apre nessuno chiude, e quando chiude nessuno
apre. Dopo la morte di P. nel 1681, Leade divenne, a tutti gli effetti, capo
del circolo.
Jane Leade (1623-1704) Nata nel 1623 da una
famiglia agiata di Norfolk, Jane Ward, nel 1638 all'età di 15 anni, ebbe
un'esperienza mistica quando, ballando durante una festa di Natale, sentì una
voce che le diceva: "Cessa tutto questo, Io voglio condurti ad un altro
ballo, poiché questo è solo Vanità". Da questo momento L. divenne melanconica
e si isolò dal mondo esterno, assumendo di fatto un pensiero simile a quello
della corrente dei quietisti, tutto ciò fino al 1643, quando sposò il
mercante William Leade, con il quale ebbe quattro figlie ed un matrimonio
tutto sommato felice durato 27 anni. Nel 1663 L. incominciò a frequentare il
reverendo Pordage e nel 1670, dopo la morte del marito, con lui fondò a
Bradfield il circolo teosofico dei Filadelfi (The Philadelphians) [in seguito
Società dei Filadelfi per la promozione della pietà e della filosofia divina
(The Philadelphian Society for the Advancement of Piety and Divine
Philosophy)] diventandone la profetessa. Infatti nello stesso 1670, L.
ebbe, per ben tre volte, una visione di una dama, che si definiva la Vergine
Sapienza (Sophia). In seguito annotò le sue esperienze mistiche nel suo
diario, dal titolo A Fountain of Gardens (una fontana di giardini), dove
tracciò le regole del circolo (dette Leggi del Paradiso dal titolo di uno dei
suoi numerosi libri) il cui scopo era di "promuovere il Regno di Dio
migliorando la vita, insegnando la moralità più eccelsa e facendo valere il
dovere della fratellanza universale, della pace e dell'amore". La dottrina
di L. era una miscela di quietismo, come già detto, e di dualismo behmenita.
Inoltre ella credeva nella rigenerazione e nella resurrezione delle anime,
nella parusia (secondo venuta di Cristo) e nell'apocatastasi (la salvezza per
tutto il creato: angeli e uomini, anche se peccatori o dannati, e
demoni). Nelle riunioni del circolo, gli aderenti praticavano, come i
sufi nell'Islam, una meditazione silenziosa o un ballo ritmico e armonico
per migliorare la disciplina spirituale. L. pubblicò molti libri sulle sue
esperienze, come Heavenly Cloud (la nube celeste) del 1681, The Revelation of
the Revelations (la rivelazione delle rivelazioni) del 1683, anno in cui L.
si occupò anche di far pubblicare, postumo, il libro di Pordage, Theologica
Mistica. In 23 anni, tra il 1681 ed il 1704, L. scrisse e pubblicò circa 15
libri. Dal 1693 i libri di L. furono tradotti in olandese e tedesco,
stimolando la diffusione delle sue idee anche sul continente. In Germania Eva
von Buttlar fondò nel 1697 il ramo tedesco della Società dei Filadelfi sotto
forma di una comunità rigorosamente regolamentata, dove beni e relazioni
sessuali (sic!) erano a disposizione di tutti i membri. L'esperimento tedesco
fallì ben presto, chiudendo le attività nel 1706. Dal 1694 L. iniziò ad
essere aiutata dal giovane medico Francis Lee (1661-1719), professore di
Oxford, che divenne in seguito suo genero e suo successore nella guida della
Società dei Filadelfi. Infine, dopo 65 anni di attività, L. morì il 19 agosto
1704 all'età di 81 anni. L'anno prima (1703) sotto la spinta di Lee, i
filadelfi avevano tracciato la loro confessione scritta di fede, tuttavia,
dopo la morte della fondatrice e, nel 1719, quella di Lee stesso, la setta
rapidamente declinò scomparendo intorno al 1730.
Seekers (o
waiters o ariani legantini) (XVII secolo)
I seekers furono una
setta protestante inglese del XVII secolo, fondata dai tre fratelli Legate,
Walter, Thomas e Bartolomew, separatisti inglesi attivi a Londra tra il 1590
ed il 1612, dal cui cognome la setta prese il nome anche di ariani
legatini. Come altre sette dell'epoca, i Legate ed i loro seguaci
rigettavano qualsiasi forma di rituale e di religione organizzata,
respingendo sia la Chiesa Cattolica che quella Anglicana come corrotte e
considerando se stessi come i nuovi apostoli di Dio, gli unici che potevano
rifondare una vera e valida Chiesa. In attesa di questo evento, i seekers
decisero che avrebbero aspettato in silenzio, da cui anche il nome di waiters
(coloro che aspettano) ed in effetti le loro riunioni consistevano
principalmente in momenti di silenzio e contemplazione. I fratelli Legate
non vissero a lungo nel loro movimento: Walter morì annegato, Thomas finì i
suoi giorni in prigione a Newgate, mentre Barthomew fu bruciato sul rogo,
assieme all'anabattista Edward Wightman, l'11 aprile 1612 a Litchfield. Fu
l'ultimo rogo pubblico per eresia in Inghilterra. La setta continuò, dopo la
morte dei suoi fondatori, per un centinaio di anni, fino all'inizio del XVIII
secolo, venendo man mano riassorbita dal movimento dei quaccheri, che avevano
alcune convinzioni in comune con i s., diversi dei quali decisero, per
l'appunto, di confluire nella setta fondata da George
Fox.
Puritanesimo (XVI - XVII
secolo)
Definizione Il puritanesimo fu un movimento spontaneo
ed estremista, sorto nel XVI secolo, nell'ambito del Protestantesimo inglese,
che tendeva a "purificare", cioè rendere pura, la Chiesa Anglicana da tutte
le forme "corrotte" e non previste dalle Sacre Scritture. I puritani
pensavano, infatti, che la Riforma inglese, sotto Elisabetta I (1558-1603),
non si era spinta a sufficienza nella ristrutturazione dell'impianto
ecclesiastico, accettando troppi compromessi con il Cattolicesimo soprattutto
per quanto riguardava la liturgia, i paramenti e la gerarchia
episcopale.
Le origini Si può far risalire la nascita del p. al
1563, quando scoppiò la Controversia sui Paramenti, generata dall'opposizione
di alcuni prelati e teologi, soprattutto dell'Università di Cambridge,
all'uso, da parte degli ecclesiastici, del cappello e toga nella vita
giornaliera e della cotta in chiesa. Altri bersagli dell'attacco p. furono
altri segni esteriori come il segno della Croce, la musica d'organo in
chiesa, ma soprattutto la gerarchia basata sui arcivescovi e vescovi, in
altre parole, l'episcopato stesso. I teorici del movimento furono i teologi
Thomas Cartwright, Walter Travers (ca. 1548-1635) e William Perkins
(1558-1602).
Dottrina e comportamento La teologia p. era
prevalentemente calvinista, di cui veniva particolarmente sottolineata la
predestinazione, ma venivano anche presi a riferimento alcuni autori classici
pre-cristiani come Seneca e Platone, e l'umanista ugonotto francese Pierre de
la Ramée (Petrus Ramus) (1515-1572) ucciso dai cattolici nella notte di San
Bartolomeo (23 agosto 1572). Una caratteristica della teologia p. era il
patto tra Dio e la comunità dei santi visibili, un concetto non del tutto
nuovo, simile a quello già espresso da alcuni teologi anabattisti come
Balthasar Hubmaier, e da riformisti svizzeri, come lo stesso Giovanni
Calvino. Così Cartwright e Perkins definirono questa dottrina del
patto: Dio aveva promesso ad Adamo la vita eterna, ma la caduta dell'uomo lo
stava portando alla dannazione. Tuttavia era stato sancito un patto tra
Dio ed Abramo e quindi se l'uomo avesse avuto fede in Cristo e nella Sua
opera, si sarebbe salvato. In senso lato, questo patto era stato stabilito
tra Dio e la comunità dei cristiani. Il fedele, dunque, doveva riunirsi a
pregare Dio pubblicamente in comunità con altri fedeli. Il comportamento
dei p. consisteva quindi in esperienze religiose dirette e pubbliche, una
moralità severa (di stile calvinista) e riti religiosi
molto semplificati.
Ramificazioni Il principale filone del P.
fu rappresentato dal presbiterianesimo, che prediligeva una amministrazione
della Chiesa basata su un governo centrale di presbiteri, cioè gli anziani,
sia chierici che laici, simile a quello sviluppato dai presbiteriani in
Scozia, sotto la guida di Andrew Melville. Da questo concetto si discostarono
nettamente i congregazionalisti o indipendenti, che credevano nella
indipendenza ed autonomia di ciascuna congregazione di fedeli.
La
storia Dal 1570 i p. iniziarono ad attaccare il sistema episcopale della
Chiesa Anglicana: nel 1572 fu pubblicato da due puritani, John Field
(1545-1588) e Thomas Wilcox (1549-1603), un appello, sotto forma di
manifesto, dal titolo Admonition to the Parlament (Ammonimento al
Parlamento), che esortava ad organizzare la Chiesa Anglicana con una
struttura non episcopale. Thomas Cartwright, rientrato dalla Svizzera,
condivise questi concetti e contribuì alla stesura di un secondo Ammonimento,
che lo mise seriamente nei guai: dovette fuggire all'estero, rimanendo
lontano dall'Inghilterra fino al 1585. Alla salita al trono di Giacomo I
(già re di Scozia dal 1567 con il titolo di Giacomo VI) nel 1603, i p.
ritornarono a chiedere garanzie per nuove riforme con la Millenary Petition
(petizione millenaria), e una conferenza, sotto la presidenza del re, venne
indetta a Hampton Court nel 1604. Tuttavia ben poche concessioni vennero
fatte ai p. e Giacomo I, che era profondamente convinto che la tesi di fondo
della petizione p. fosse eliminare i vescovi con l'intento successivo di
eliminare il re, ovviamente appoggiò apertamente la posizione dei vescovi
anglicani con la famosa frase che sintetizzava il suo timore di fondo: No
bishop, no king [nessun vescovo (equivale a) nessun re]. L'unica concessione
ai p., degna di nota, fu l'autorizzazione alla pubblicazione di una versione
della Bibbia, compilata da un panel di teologi e studiosi e denominata
Authorised Version (versione autorizzata) o King James Bible (Bibbia di Re
Giacomo). Le successive persecuzioni ordinate dall'arcivescovo di Canterbury,
William Laud (1573-1645) furono durissime: ad esempio nel 1630 il medico
p. Alexander Leighton, padre del futuro arcivescovo di Glasgow
Richard Leighton, per aver osato criticato la Chiesa d'Inghilterra, fu
esposto alla gogna, frustato, gli fu tagliato un orecchio e rotto un lato del
naso. Non contenti i giudici lo fecero marchiare a fuoco sulla faccia con la
scritta SS (seminatore di sedizione). In seguito il medico fu riportato sulla
gogna e fu finito l'opera di mutilazione con il taglio dell'altro orecchio e
la rottura dell'altro lato del naso. Infine il tapino fu sbattuto in
carcere per il resto dei suoi giorni. Non c'è quindi da meravigliarsi che
le persecuzioni provocassero così tante emigrazioni in Olanda e soprattutto
verso colonie americane, come il New England, ed in particolare la
Massachusetts Bay, teatro di una crescente emigrazione di massa di p. e
dissidenti religiosi (più di mille persone solo nel 1630), spinti a fuggire a
causa delle politiche repressive ordinate dal re Carlo I (1625-1649). Entro
il 1640 più di ventimila dissidenti religiosi erano emigrati sulle coste
della Massachusetts Bay, formando uno dei nuclei dei futuri Stati Uniti
d'America. Comunque i p. rimasti in patria si organizzarono a tal punto che,
allo scoppio della Guerra Civile in Inghilterra nel 1642, erano diventati un
vero e proprio influente partito in parlamento, il cui capo, Oliver
Cromwell (1599-1658), sarebbe diventato il futuro Lord Protettore. Essi, con
il soprannome di Roundheads (teste rotonde, dal tipo di elmo
utilizzato), giocarono un ruolo decisivo nell'esercito parlamentare, e
contribuirono all'arresto ed esecuzione capitale dell'odiato arcivescovo Laud
nel 1645, ma soprattutto alla sconfitta e alla successiva decapitazione nel
1649 del re Carlo I. Tuttavia con la restaurazione nel 1660 della
monarchia con Carlo II (1649-1685) i p. furono progressivamente isolati e
perseguitati dalla Chiesa Anglicana in seguito ai vari atti contenuti nel
Codice Clarendon (1661-1665), voluto dal Lord Cancelliere, Edward Hyde, 1°
Conte di Clarendon (1609-1674). I p., oramai una confederazione di varie
sette dissenzienti, avevano perso sia il loro antico potere di influenza che
la loro denominazione originaria e furono chiamati non-conformisti, proprio
perché non avevano voluto mai conformarsi all'Uniformity Act, uno degli atti
del Codice Clarendon, che erano: Corporation Act (1661), che escludeva i
non-conformisti dai pubblici uffici. Uniformity Act (1662), che obbligava
all'uso del Libro delle Preghiere della Chiesa Anglicana. Conventicle Act
(1664), che proibiva funzioni religiose non-conformiste. Five Mile Act
(1665), che proibiva ai pastori non-conformisti di avvicinarsi alle
città.
Il p. rimase nella forma originaria solamente in America,
sulla costa orientale, dove si sviluppò grazie a personaggi come il difensore
della tolleranza religiosa Roger Williams, fondatore della colonia di
Rhode Island, ma ebbe anche oscuri momenti come la caccia alle streghe a
Salem, ispirata dagli scritti del p. Cotton Mather. Iniziò a declinare
gradualmente nel XVIII secolo, sopravvivendo solo nel Massachusetts, con
Jonathan Edwards e i suoi seguaci, fino all'inizio
del 1800.
Lentulo (o Lentolo), Scipione
(1525-1599)
Scipione Lentulo (o Lentolo), nato a Napoli nel 1525,
entrò, a vent'anni, nell'ordine dei francescani ed ottenne il dottorato di
teologia a Venezia nel 1549. Nel 1555 lasciò il monastero per sposarsi,
per questo fu imprigionato dall'Inquisizione per due anni: solo nel 1557
riuscì a fuggire a Ginevra, dove fu convertito alla religione
riformata. Dotto e valente storico, L. scrisse probabilmente l'unica opera
storica dell'epoca sui valdesi, dal titolo Historia delle grandi e
crudeli persecutioni fatte ai tempi nostri in Provenza, Calabria e Piemonte
contro il popolo che chiamano valdese dove entrò in polemica con i
nicodemiti, esaltando il martirio di coraggiosi personaggi, come l'ex
cappuccino e pastore riformato della valle d'Angrogna, Gioffredo Varaglia,
bruciato sul rogo a Torino nel 1558 e il posto, lasciato vacante proprio da
Varaglia, fu offerto nel 1559 a L. da parte dei pastori di Ginevra. Nel
1560 L. tradusse in lingua italiana la bozza della confessione di fede degli
ugonotti per inviarla al duca di Savoia, Emanuele Filiberto (1559-1580), ma
da lì a poco scoppiarono nuovamente gli scontri (soprattutto in Valle
d'Angrogna) tra valdesi e savoiardi, dopo il lungo periodo di pace per le
Valli Valdesi, favorito dall'occupazione militare da parte dell'esercito
francese rinforzato da diversi reparti mercenari luterani. Nel 1561 tra il
Duca di Savoia e i valdesi si arrivò ad un armistizio, l'accordo di Cavour,
che portò ad una qualche forma di libertà di culto per i Valdesi. Ma l'ala
oltranzista di L. contestò questo patto e i maggiorenti valdesi decisero di
espellere il focoso pastore di Angrogna per motivi di sicurezza. L. dovette
quindi emigrare in Valtellina (dal 1512 sotto il cantone protestante dei
Grigioni), dove accettò il pastorato della comunità di Montesondrio.
Tuttavia, dopo alcuni anni, oppresso dalla gotta e affaticato dalle grandi
distanze che doveva percorrere nella sua comunità frazionata in tanti
villaggi dispersi sulle montagne (di cui si lamentò in una lettera
al riformatore Johann Heinrich Bullinger a Zurigo dell'8 settembre 1567),
egli assunse, nel 1567, il compito di pastore a Chiavenna, posizione che
detenne per ben 30 anni, fino a poco prima della sua morte nel 1599. Egli
era succeduto a Girolamo Zanchi, il quale aveva abbandonato questo posto, tra
gli altri motivi, a causa dall'irrequietezza dei gruppi settari, anabattisti
e antitrinitari. Anche L. dovette gestire sia a Montesondrio, che a
Chiavenna, il difficile rapporto soprattutto con gli antitrinitari: prese
infatti posizione contro Camillo, fratello di Lelio Sozzini, opponendosi a
che egli risiedesse a Chiavenna. Ma prese anche le sue brave cantonate:
ospitando per esempio il bolognese Battista Bovio, che in seguito si rivelò
essere un antitrinitario difensore del libero arbitrio e probabile seguace di
Sébastien Castellion, oppure raccomandando presso Bullinger e Theodore de
Béze l'ex domenicano pugliese Alessandro Maranta, che poi si fece espellere
ignominiosamente da Ginevra nel 1573, riconvertendosi infine al
cattolicesimo. Contro il proliferare di sette eterodosse, L. riuscì a far
intervenire i pastori di Coira: essi emisero nel 1570 un decreto, che
obbligava qualsiasi predicatore riformato nella Valtellina a dichiarare la
propria adesione alla Confessio Rhaetica. Tuttavia, L. non riuscì a
convincere lo svizzero Fabrizio Pestalozzi, trasferito in Polonia, a
mantenere la fede riformata, nonostante un intenso scambio epistolare:
Pestalozzi sarebbe infatti diventato un antitrinitario. Nel 1575 L.
partecipò al Sinodo di Coira, organizzato dal pastore Kaspar Hubenschmid (ca.
1535-1595), e nel 1596, un anno prima di ritirarsi, per i servizi resi alla
comunità, gli fu assegnato una pensione di sei pezzi d'oro all'anno. Morì
a Chiavenna nel 1599.
Paracelso (Bombast von Hohenheim), Theophrastus
Philipp Aureolus (1493-1541)
La vita Il celebre medico e
riformatore della terapia medica (soprannominato il Lutero della medicina)
Theophrastus Philipp Aureolus Bombast von Hohenheim nacque ad Einsiedeln, nel
cantone svizzero di Schwyz, in una data non meglio precisata compresa tra il
1490 ed il 1494: la maggior parte degli autori propende per il 10 (o forse
11) novembre 1493, ma non c'è comunque certezza sull'esatta data. Il
padre, Wilhelm Bombast von Hohenheim de Riett (m. 1534), era figlio naturale
di Georg Bombast von Hohenheim, Gran Maestro dell'ordine dei cavalieri di
Malta e discendente di un'antica e nobile famiglia sveva. Tuttavia la sua
nascita illegittima lo aveva costretto ad una vita di povertà e a lavorare
per mantenere la famiglia: fece il medico dapprima per il monastero di
Einsedeln, quindi, dal 1502, si trasferì con il figlio a Villach, nella
regione austriaca della Carinzia, dopo la morte della moglie, ex
sovrintendente dell'ospedale di Einsedeln. Il piccolo P. ebbe quindi i primi
rudimenti di cultura dal padre ed in seguito studiò con due alti prelati:
Eberhard Paumgartner, vescovo di Lavant e Matthaeus Schacht, vescovo di
Freising, ma il tutore che esercitò la maggiore influenza sulla sua
formazione fu certamente Johannes Trithemius (Heidenberg) (1462-1516), abate
di Sponheim, eccellente esempio rinascimentale di studioso eclettico di
Cristianesimo, filosofia ermetica e scienze occulte (magia, astrologia,
alchimia e cabala) e mentore di un altro famoso occultista dell'epoca:
Agrippa di Nettesheim. In seguito P. si iscrisse alla Bergschule, la scuola
mineraria di Hutenberg, vicino a Villach, fondata dai famosi banchieri
Fugger, dove i giovani venivano istruiti a diventare esperti minerari in oro,
stagno, mercurio, ferro e rame. P. fece anche un apprendistato specifico
presso la miniera di Siegfried Fugger a Schwaz e poté impratichirsi sui primi
rudimenti di alchimia. Ma, nel 1507, P. abbandonò Villach per viaggiare
per cinque anni da un'università all'altra in cerca di conoscenza e sapere:
si dice abbia frequentato gli atenei di Basilea, Tübingen, Vienna,
Wittenberg, Lipsia, Heidelberg e Colonia, ma che non fosse stato
particolarmente impressionato dalla preparazione dei professori, soprattutto
considerando che, in seguito, si era domandato come "i più nobili collegi
riuscissero a sfornare così tanti nobili asini!" Comunque all'università di
Vienna egli ottenne il baccalaureato in medicina nel 1510. Tra il 1513 ed
il 1516 P. viaggiò per motivi di studio in Italia, in particolare a Ferrara,
dove si iscrisse ai corsi di medicina, abbastanza fuori dagli schemi
tradizionalmente galenici e aristotelici, degli umanisti Nicolò Leoniceno
(1428-1524) e Giovanni Manardo (1462-1536) e dove si laureò in medicina nel
1516, ma di questo fatto non ci sono testimonianze scritte (purtroppo mancano
gli annali universitari di quell'anno), eccetto la sua parola. Da alcuni
autori viene ipotizzato, durante il suo soggiorno in Italia, anche un
incontro tra P. e Agrippa di Nettesheim, all'epoca docente di scienze occulte
a Pavia. Fu comunque in questo periodo che Theophrastus Bombast adottò il
nome di Paracelso, in quanto, probabilmente, intendeva significare che il
suo obiettivo era di superare il pensiero del famoso medico dell'antichità,
Aulo Cornelio Celso (I secolo d.C.). In seguito P. lavorò come chirurgo
militare durante varie guerre svolte in Olanda, in Russia (fu catturato dai
tartari, ma riuscì a fuggire in Lituania), in Ungheria ed infine, dal 1521,
al servizio della Repubblica di Venezia, per conto della quale viaggiò nei
vari possedimenti della Serenissima, ma anche in Egitto, Arabia e
Costantinopoli. Finalmente, nel 1524, egli tornò a Villach, ma in seguito si
recò, nel 1526, a Strasburgo, dove entrò nella gilda dei chirurghi, ma non in
quella, più prestigiosa, dei medici (il che fa ipotizzare ad alcuni autori
che P. non si fosse mai laureato a Ferrara). Nel 1527, P. fu chiamato a
Basilea per curare, con successo, la gamba del famoso editore di testi
umanisti Johannes Frobenius (1460-1527). Il risultato positivo delle sue cure
gli procurarono potenti appoggi da parte di Erasmo da Rotterdam, dello stesso
Frobenius e di Johannes Ecolampadio, pastore della Chiesa di San Martino e
principale riformatore della città, che lo fece nominare medico cittadino e
docente universitario. Tuttavia la sua presenza in città provocò malumori,
invidie e perfino odio tra i medici e i farmacisti, specialmente quando il 24
giugno 1527, quasi imitando una simile azione dimostrativa di Martin Lutero
del 1520, P. bruciò in pubblico i testi di Abu Ali Al-Hussain Ibn Abdallah
Ibn Sina (Avicenna) (981-1037) e di Galeno (129-199) davanti all'università
locale. Nelle sue lezioni, tenute in tedesco, e non in latino, contro ogni
usanza universitaria, egli tuonò contro i metodi empirici di curare le ferite
con muschio o, peggio, letame secco, intuendo, primo fra tutti, che, una
volta scongiurato il pericolo di infezioni, fosse la stessa Natura a
cicatrizzare le ferite. Similmente P. attaccò le assurde pratiche dei
medici dell'epoca, basate su salassi, infusi, suffumigi, prescritti senza una
minima conoscenza, ma questi suoi attacchi lo convinsero a fuggire da Basilea
nottetempo, nella primavera del 1528, soprattutto dopo due episodi: la morte
del suo protettore Frobenius e l'episodio della causa legale che aveva perso
contro il canonico Cornelius von Lichtenfels, che si era rifiutato di
pagargli una parcella: P. aggravò la sua situazione, insultando pesantemente
i giudici favorevoli al prelato. P. si rifugiò ad Esslingen, poi a Colmar,
in Alsazia, presso alcuni amici. Da qui, P. riprese il suo eterno
pellegrinare fra la Germania, Svizzera e Austria, dove, nel 1538, si recò a
Villach per trovare suo padre, salvo scoprire che l'anziano genitore era già
morto quattro anni prima. Lo stesso P., chiamato nel 1541 dal vescovo vicario
di Salisburgo, Ernst di Wittelsbach (o di Baviera) (vescovo: 1540-1554), morì
improvvisamente, a soli 48 anni, nella città austriaca il 24 settembre dello
stesso anno. Sulle cause della sua morte le notizie sono purtroppo scarse e
le ipotesi tante: morte naturale, collasso dopo una libagione esagerata,
gravemente ferito dopo una colluttazione con sicari inviati dai suoi
nemici. Dal 1725 le sue ossa sono state riesumate e sepolte nel porticato
della chiesa di San Sebastiano a Salisburgo.
Il pensiero medico
filosofico Il giudizio dei posteri delle capacità di P. come medico sono
variabili a causa del suo approccio molto singolare verso la medicina, di cui
egli rifiutò il pensiero ufficiale aristotelico e galenico del
tempo, rivolgendosi di più verso un concetto neo-platonico, ispirato da
Marsilio Ficino (1433-1499). Infatti il complesso mondo medico-filosofico
di P. non poteva non tenere conto che l'uomo era parte dell'universo e che le
sue malattie erano solo una parte della sua vita. Per poter conoscere quindi
questo mondo, P. si dedicò allo studio della Cabala cristiana, leggendo le
opere di Johannes Reuchlin, e allo studio dell'alchimia, ma fece anche tesoro
delle sue esperienze pratiche di medicina e di chimica farmaceutica. Da
tutto ciò, egli sviluppò una complessa cosmogonia, il cui principio
era l'yliaster o hyaster, [da hýle (materia) e astrum (astro)], una forma
di materia cosmica, popolata di entità, come ens astrorum (influenze
cosmiche), ens veneni (sostanze tossiche), ens naturale et spirituale
(difetti fisici o mentali) ed ens deale (malattie inviate dalla
Provvidenza). Eppure le sue intuizioni mediche rimasero insuperate per
secoli, come l'uso rivoluzionario dei composti di mercurio, al posto del
guaiaco, per combattere la sifilide (per questo, il suo studio in otto
volumi sull'argomento fu messo all'Indice per anni), l'impiego di minerali
contro la gotta, la descrizione ed eziologia esatta della silicosi, il
valore curativo delle acque minerali, l'uso di tinture di erboristeria e di
metodi omeopatici ante litteram.
Il pensiero religioso Benché
P. si mantenesse, almeno ufficialmente, cattolico per tutta la sua vita, egli
tese verso un concetto di illuminazione interna, cara ai mistici di tutte le
correnti cristiane. I misteri di Dio nella creazione del mondo potevano,
secondo P., essere utilizzati dal mago veramente pio. Era inoltre un
millenarista e credeva inoltre nel miglioramento dell'uomo e nell'incremento
della conoscenza, attraverso l'aiuto divino e la riscoperta della pietra
filosofale, cosicché il mondo avrebbe potuto prepararsi per il Regno dei
Santi dei Mille Anni (la cosiddetta quarta monarchia). Simili convinzioni le
espresse il suo seguace Heinrich Khunrath.
Le opere La maggior
parte delle sue opere furono da lui dettate al pupillo preferito Johannes
Oporinus (1507-1568) e pubblicate dopo la sua morte.
Esse comprendono: Archidoxae medicinae libri (1524),
sull'alchimia. Drei bücher von den Franzosen [Tre (diventati poi otto) libri
sulla malattia francese (sifilide)] (1528). Practica Theophrasti Paracelsi
(1529), il primo libro pubblicato. Das buch Paragranum (1529), sulla scienza
magica. Opus paramirum (1531), sull'uso magico e per scopi medici di erbe
medicinali e farmaci. Der grossen Wundartznei (Il grande libro della
chirurgia)(1536), la sua opera più famosa. Prognosticatio eximii doctoris
Theophrasti Paracelsi (1536), contenente una serie di 32
profezie.
Leutard (o Liutardo), contadino di Châlons-sur-Marne (XI
secolo)
Leutard era un contadino, nato nel villaggio di Vertus,
nella diocesi di Châlons-sur-Marne (regione della Champagne), il quale
nell'anno 1004 abbandonò la moglie per predicare la castità, la povertà, il
disprezzo dell'autorità ecclesiastica, il rifiuto di pagare le decime e il
rigetto di parti della Bibbia. Secondo il cronista e monaco della
Borgogna, Rodolfo il Glabro, a L. era venuta una improvvisa ispirazione in
seguito ad un sogno premonitore ed aveva iniziato a farsi notare con gesti
clamorosi, come ad esempio spezzare pubblicamente una croce in una chiesa. Si
dedicò, come detto, alla predicazione, attraendo un discreto seguito,
soprattutto fra le classi più povere. Ma la Chiesa ufficiale, preoccupata
dal fenomeno, lo fece convocare dall'anziano vescovo Gebuino di Châlons, il
quale lo interrogò e ovviamente fu in grado di confutare facilmente le
confuse idee di questo contadino analfabeta. L. fu dichiarato insano di
mente e dalla vergogna di essere stato sbugiardato e poi abbandonato dai suoi
seguaci, egli si tolse la vita, gettandosi in un pozzo. L. fa parte di
quella schiera di eretici del XI secolo, alla quale alcuni autori, sebbene
senza prove certe, fanno risalire il passaggio tra bogomilismo e catarismo in
Europa occidentale. Nel caso di L., il disprezzo della croce, la castità, il
rifiuto dell'Antico Testamento sembrerebbero, effettivamente, pensare ad
un'influenza bogomila.
Lilburne, John (ca. 1614-1657) e i levellers
(XVII secolo)
I Levellers (livellatori), un gruppo
politico-religioso inglese del XVII secolo, erano noti per la loro filosofia
rivolta alla democrazia sociale e per la lotta a favore della tolleranza
religiosa. Il gruppo fu fondato da John Lilburne (ca.1614-1657), un
ufficiale dell'esercito e amico personale del futuro Lord Protettore del
Commonwealth Oliver Cromwell (1599-1658), assieme allo scrittore Richard
Overton (att. 1631-1664) e all'umanista William Walwyn (1600-1680). I l.
avevano a cuore i diritti democratici della classe media ed enunciarono il
loro programma (attuale perfino nel XX secolo, ma addirittura rivoluzionario
nel XVII secolo), nel trattato A Remonstrance of many Thousand Citizens (Una
protesta di migliaia di cittadini), scritto da Overton nel 1646: abolizione
della monarchia e della Camera dei Lord, suffragio universale per la maggior
parte degli inglesi (quelli liberamente nati), separazione Chiesa/Stato,
riforme fiscali e legali, un governo che rispondesse al popolo con diritti
garantiti e libertà per il popolo stesso. Inoltre i l. divennero molto
popolari presso l'esercito inglese, quando si dichiararono favorevoli ad
alcune richieste di questo nel 1647, tuttavia, nel 1648, a fianco degli
indipendenti, essi entrarono in conflitto con il nuovo parlamento controllato
dai presbiteriani. Questi stavano cercando di barattare l'appoggio del re
Carlo I (1625-1649), con una riforma, in senso presbiteriano, della Chiesa
Anglicana. Paradossalmente, l'esecuzione di Carlo I nel gennaio 1649 e la
salita al potere di Oliver Cromwell, due avvenimenti apparentemente a loro
favorevoli, coincise invece con il declino delle fortune dei l. Lilburne
accusò pesantemente l'antico amico di aver scippato il potere dal popolo ed
arrivò al punto di chiedere la messa in stato di accusa di Cromwell per
alto tradimento. Quest'ultimo cercò quindi di eliminare il movimento,
perseguitando i suoi capi: fece arrestare Lilburne e gli altri fondatori e
schiacciò, con la sua New Model Army [l'esercito parlamentare, comandato da
Sir Thomas Fairfax (1601-1671)] nella battaglia di Burford del maggio 1649,
un tentativo di ammutinamento di solidarietà nell'esercito. Proprio nel
biennio 1649-50, i l. radicalizzarono il loro messaggio sociale aiutando lo
sviluppo del movimento dei diggers, anch'esso una setta riformatrice ma più
interessata alla gente comune e povera: questa temporanea alleanza alienò
molti delle simpatie verso i l. da parte di persone spaventate dalle tesi da
"esproprio proletario" dei diggers. Comunque nel 1650 i capi l. furono
liberati, eccetto Lilburne, il quale, processato e condannato, fu esiliato a
Bruges, in Belgio, da dove rientrò nel 1653, per essere nuovamente arrestato
e mandato alla prigione londinese di Newgate. Fu in seguito rimandato in
esilio, questa volta sull'isola di Jersey, e solo nel 1655, in seguito al
peggioramento del suo stato di salute, Lilburne, nel frattempo convertitosi
al movimento quacchero, fu fatto liberare da Cromwell, che gli assegnò anche
una pensione. Lilburne morì a Eltham il 29 agosto 1657. Il movimento l.
non sopravvisse molto al proprio fondatore: nonostante si registrassero
ancora loro interventi o scritti negli anni successivi, la setta si esaurì
durante il periodo della Restaurazione del re Carlo
II (1649-1685).
Fratelli del Libero spirito (XII - XIII - XIV
secolo)
I Fratelli del Libero Spirito fu un movimento, dal XII
secolo, diffuso nella Francia settentrionale, in Germania, nei Paesi Bassi,
in Boemia e in Italia, che professava l'indipendenza dall'autorità
ecclesiastica e la possibilità di vivere secondo una vita apostolica, poiché
i propri adepti erano convinti di essere pervasi dallo Spirito
Santo. Questo stato di divinità coincideva con la totale scomparsa dei
tormenti della coscienza: essi quindi ritenevano di essere talmente perfetti
da poter commettere qualsiasi atto senza correre il rischio di peccare,
secondo il detto di San Paolo: Tutto è puro per i puri (Lettera a Tito 1,15).
Alcuni autori cattolici riportarono che essi, forti di questo convincimento,
si lasciavano andare soprattutto ad atti contro la morale, come atti
sessuali extra matrimoniali. Se ne ha notizia già dalla metà del XII
secolo, quando i F. vennero identificati nei pifres, predicatori ascetici
eterodossi, combattuti dal monaco Eckbert di Schönau. La dottrina del
movimento fu, all'inizio del XIII secolo, fortemente influenzata dal pensiero
apocalittico di Gioacchino da Fiore e quello neoplatonico e panteista di
Amaury di Bène, e successivamente dal teologo e mistico Ortlieb di
Strasburgo, i cui seguaci, chiamati ortlibarii, vennero condannati dal Papa
Innocenzo III (1198-1216). Ai F. si fanno risalire parentele più o meno
strette con il movimento degli apostolici di Gerardo Segalelli, fra Dolcino
da Novara, i movimenti dei begardi e delle beghine e il grande mistico
tedesco Eckhart von Hocheim. Nel XIV secolo, il capo dei F. italiani,
Bentivegna da Gubbio, fu condannato al carcere a vita nel 1307 proprio da
Ubertino da Casale, diventato poi uno dei leader storici del movimenti dei
francescani spirituali o fraticelli. In Francia, nello stesso periodo, fece
notizia la condanna al rogo della beghina, simpatizzante con i F., Margherita
La Porète nel 1310. Altri F. condannati al rogo furono Berthold Rohrbach a
Spira (Germania) nel 1356, Johannes Hartmann-Spinner nel 1370 ca. e Nicola da
Basilea a Vienna nel 1395. Il movimento fu definitivamente condannato da
Papa Clemente V (1305-1314) nella bolla Dilectus Domini del
1311. Tuttavia, alla metà del XIV secolo, apparve una sua variante nel
movimento della Libera Intelligenza o Uomini di Intelligenza, al quale
potrebbe aver aderito, secondo una curiosa ipotesi dello studioso tedesco
Wilhelm Fraenger, il noto pittore fiammingo Hieronymus Bosch
(1450-1516).
Erastus (o Lüber o Lieber o Liebler), Thomas (1524-1588)
e Erastianismo
La vita Thomas Lüber (nome umanistico Erastus)
nacque il 7 settembre 1524 a Baden, nel cantone Aargau in Svizzera, da una
povera famiglia di artigiani. Nel 1540 E. fu mandato, a spese di uno
sconosciuto mecenate, a studiare teologia a Basilea, ma a causa di una
epidemia di peste nel 1544, egli decise di trasferirsi a studiare filosofia e
medicina a Bologna, dove si laureò in medicina nel 1552, e successivamente a
Padova. Nel 1555 E. fu assunto, da parte di Guglielmo IV, Conte di
Henneberg (1478-1559), come medico di corte, ruolo che dal 1558 ricoprì,
oltre a quello di professore di medicina all'università di Heidelberg, anche
presso il principe elettore del Palatinato, Otto Heinrich (regnante:
1556-1559). Nel 1559, alla morte di Otto Heinrich, il successore Frederick
III Palatino, detto il Pio (regnante: 1559-1576) nominò E. membro del
Consiglio della Corona, Rettore dell'università e membro del Concistoro della
Chiesa. Tuttavia Frederick fu anche il primo principe tedesco ad accettare
il calvinismo nel 1563, nonostante la strenua resistenza di E., che
invece parteggiava per una riforma di tipo zwingliano. E. difese senza
successo la dottrina della Cena del Signore di Zwingli nelle conferenze di
Heidelberg (la capitale del Palatinato) del 1560 e Maulbronn del 1564, ma fu
perfino scomunicato in quella di Heidelberg, sebbene la scomunica venne
revocata l'anno successivo. Egli difese inoltre le sue idee per iscritto nel
1565, rispondendo al teologo luterano di Strasburgo Johann Marbach
(1521-1581). Nel 1570 Frederick III Palatino, con l'aiuto del teologo
calvinista Caspar Olevianus (1536-1587), introdusse il calvinismo, nella sua
forma presbiteriana, come religione di stato. La neonata chiesa, come uno
dei suoi primi atti ufficiali, scomunicò E. accusandolo di un presunto
socinianesimo sulla base di lettere scambiate con antitrinitariani
transilvani e lo perdonò solo nel 1575, dopo una dichiarazione di E. di
adesione alla dottrina della Trinità. Tuttavia la sua posizione rimase
scomoda e vista sempre con molto sospetto e quindi nel 1580 egli decise di
ritornare a Basilea, dove nel 1583 venne nominato professore di etica
all'università. Non poté, purtroppo occupare molto questo ruolo, poiché morì
nello stesso 1583, il 31 dicembre.
Erastianismo La dottrina, che
prende il nome da E., si denomina erastianismo e derivò da discussioni di E.
con i teologi calvinisti sull'opportunità che fosse lo stato, come voleva E.,
e non la chiesa, secondo i calvinisti, a punire i peccatori e gli eretici.
Per E. una chiesa in una nazione cristiana non aveva nessun potere di
repressione, distinta da quello dello stato: la chiesa poteva solamente
censurare o ammonire coloro che deviavano dalla retta via. L'opera
principale di E., denominato La nullità delle censure della Chiesa, apparve
postumo a Londra nella versione tedesca nel 1589 e nella traduzione inglese
nel 1659, influenzando in maniera decisiva le teorie di alcuni parlamentari
inglesi, come John Selden (1584-1654) e Bulstrode Whitelocke (1605-1675),
favorevoli alla supremazia dello stato sulla chiesa. L'erastianismo ebbe
inoltre un ruolo importante nello sviluppo del gallicanesimo in
Francia.
Pucci, Francesco (1543-1597)
La vita Il
pensatore utopistico Francesco Pucci nacque nel 1543 a Figline
Valdarno rampollo di un ramo della famosa famiglia nobile fiorentina [pare
fosse parente del cardinale Antonio Pucci (m. 1544)], anche se, per la
verità, i parenti non lo vollero mai riconoscere come loro congiunto. Nel
1570, mentre si trovava a Lione per fare pratica nel commercio, maturò una
conversione che lo spinse ad abbandonare il mestiere e a dedicarsi
"allo studio delle cose celesti ed eterne". Si recò quindi a Parigi per
studiare teologia, ma avendo assistito alle stragi anti-ugonotte della notte
di San Bartolomeo (23 agosto 1572), decise di riparare in Inghilterra, a
Londra, dove entrò a far parte della comunità degli esiliati religiosi. In
seguito P. si iscrisse all'università di Oxford, e, in un ambiente dominato
dalle idee platoniche, ottenne il titolo di Maestro in Arti Liberali nel
1574, tuttavia la sua vena inquieta e polemica gli fruttò
un'espulsione dall'università nell'anno seguente. Decise allora di
ritornare a Londra, e qui cambiò la chiesa di appartenenza, passando da
quella italiana a quella francese, di credo calvinista, ma anche qui si fece
coinvolgere da polemiche anti-calviniste. Lasciò allora l'Inghilterra nel
1577 alla volta di Basilea, per andare a trovare Fausto Sozzini, ed anche qua
dopo poco il consiglio cittadino lo espulse. Ritornato in Inghilterra, venne
ulteriormente perseguitato, finché per un certo periodo non emigrò in Olanda
ospite di Justus Lipsius (1547-1606), nome umanistico dello studioso Josse
Lips, accusato qualche anno dopo di essere un familista. Dopo l'ennesimo
rientro a Londra, P. scrisse nel 1581 la sua opera principale, la Forma d'una
repubblica cattolica: ma, essendo stato pubblicata in forma anonima, tuttora
alcuni studiosi ritardano una attribuzione certa della paternità del lavoro
al pensatore eterodosso di Figline Valdarno. Nella sua opera P. proponeva una
repubblica segreta (organizzata in collegi o comunità: un vago riferimento ad
una organizzazione di tipo anabattista) di persone di buona volontà,
per preparare un concilio universale, che potesse riunificare tutta
la Cristianità, e perfino gli ebrei ed i mussulmani. La repubblica
doveva rimanere comunque segreta, adeguandosi a seguire l'esteriorità della
Chiesa ufficiale, un concetto nicodemitico, probabilmente preso in prestito
dalla dottrina familista, trasmessogli da Justus Lipsius. Nel 1582 P. si
recò a Cracovia per discutere con Fausto Sozzini e gli altri dissidenti
religiosi residenti in Polonia le sue idee, ma queste furono respinte
praticamente da tutte le confessioni presenti: calvinisti, luterani,
anabattisti e sociniani non diedero molto peso alle sue teorie. In compenso,
a Cracovia nel 1585 P. incontrò e fece amicizia con il mago e astrologo
inglese John Dee, che stava viaggiando in Polonia in compagnia del medium e
ciarlatano Edward Kelly (1555-1593): P. accompagnò i due nel loro viaggio a
Praga per andare a visitare l'imperatore Rodolfo II (1578-1612). Qui il
loquace e polemico P. abbandonò la compagnia dei due maghi (con sollievo di
Dee, che lo considerava pericolosamente chiacchierone e utopico: aveva
perfino cercato di convincere Dee ad andare a Roma per presentare al papa i
suoi esperimenti di necromanzia!) e, deluso dell'accoglienza del variegato
mondo protestante, decise di riconvertirsi al Cattolicesimo nell'estate dello
stesso 1585, pare anche dopo un incontro a Praga con il cardinale Ippolito
Aldobrandini, il futuro Papa Clemente VIII (1592-1605). Trasferitosi in
Olanda, P. lavorò sulla sua ultima opera, il trattato De Christi servatoris
efficacitate in omnibus et singulis hominibus (L'efficacia salvifica del
Cristo in tutti e in ogni uomo), pubblicato nel 1592 e dedicato proprio al
neo-eletto Papa Clemente VIII. Qui P. arrivò all'apice della sua idea di
Chiesa universale ed ecumenica: ogni uomo aveva il diritto di appartenere
alla Chiesa di Cristo e l'amore universale di Dio per l'intera umanità doveva
aiutare ad abbattere le barriere che separavano le chiese. Pubblicata
quest'opera, P. ebbe la temerarietà di voler andare a Roma, probabilmente per
presentarla ufficialmente al papa, ma fu catturato a Salisburgo nel maggio
1594 per ordine dell'Inquisizione e condotto nelle carceri romane, dove
conobbe Giordano Bruno e Tommaso Campanella. Condannato a morte per eresia,
P. fu decapitato e poi bruciato sul rogo a Campo dei Fiori il 5 luglio
1597.
Il pensiero Pensatore utopico, mistico platonizzante, ma
anche antitrinitario razionalista, ammiratore di pensatori e riformatori come
Girolamo Savonarola e Giorgio Siculo, come si è già detto, P. fu molto
polemico contro le principali dottrine religiose dell'epoca. Fondamentale
per capire il suo pensiero religioso fu un manifesto, scritto nel 1578, ed
una successiva lettera (sullo stesso tema) a Niccolò Balbani, sull'innocenza
naturale dell'uomo e contro il peccato originale: secondo P., Cristo ha
redenti tutti, fino "nel ventre materno, quando per benefitio del creatore
semo forniti d'anima all'immagine d'Iddio" e quindi l'uomo si danna solo
quando, razionalmente, devia dalla legge divina. Il Battesimo dunque diventa
inutile, poiché l'uomo, sempre con l'uso del suo raziocinio, si può salvare
anche senza questo sacramento. Inoltre l'ira di Dio si rivolge solo contro i
peccatori consapevoli, e non contro l'intera umanità considerata peccatrice
secondo il noto concetto calvinista. Infine P. dava molta importanza al ruolo
educativo che i padri potevano avere sui propri figli per mantenere il più
possibile questo stato di innocenza.
Biandrata (o Blandrata), Giorgio
(c. 1515-1588)
La gioventù e il primo periodo in Polonia e
Transilvania Il medico antitrinitario Giorgio Biandrata (o Blandrata),
ultimogenito di Bernardino Biandrata, nacque nel 1515 ca. a Saluzzo dalla
nobile e antica famiglia De Blandrate. Egli si laureò in arti liberali e
in medicina a Montpellier nel 1533, e si specializzò nei disordini funzionali
e nervosi nelle donne. Nel periodo 1540-44 B. divenne medico di corte della
regina di Polonia, Bona Sforza, moglie di Sigismondo II Iagellone, detto
Augusto (1543-1572), e nel 1544 egli compì il suo primo viaggio in
Transilvania, alla corte di Isabella, figlia di Bona e di Sigismondo, e
recente vedova del voivoda di Transilvania e re della Ungheria (orientale)
Giovanni I Zapolya (1529-1540). A Giovanni I era succeduto il figlio
minorenne Giovanni II Sigismondo Zapolya (1541-1571), ma nel 1551 Isabella e
il giovanissimo figlio erano stati obbligati a rinunciare alla corona in
cambio di un feudo in Slesia da parte di Ferdinando d'Asburgo (imperatore
1558-1564), l'altro pretendente al trono ungherese, salvo poi rientrare
trionfalmente nel 1556 ad Alba Julia (Gyulafehèrvàr), spalleggiati dai loro
sostenitori e dal tutore Péter Petrovics, che resse il trono, insieme alla
regina-madre Isabella fino al 1559. In questo frangente, B. era stato
medico di corte e consigliere di Isabella fino al 1551.
B. in
Italia e Svizzera In quell'anno infatti egli rientrò in Italia, a Pavia, e a
quel periodo verosimilmente risale la sua adesione alla Riforma. Tuttavia,
nel 1553, in seguito a questa conversione, B. decise di abbandonare l'Italia,
assieme a Giovanni Paolo Alciati della Motta e a Camillo Renato, dapprima
fuggendo nel Cantone Grigioni e poi stabilendosi nel 1557 a Ginevra, dove
abitò per un anno, anche se il suo rapporto con Calvino fu alquanto difficile
per la diffidenza che il riformatore ginevrino nutriva nei suoi
confronti. A Ginevra B. intervenne come medico per curare Jane Stafford,
moglie inglese del conte Celso Massimiliano Martinengo, predicatore della
Chiesa Italiana a Ginevra, e in questa chiesa ebbe la possibilità di
esprimere in libertà le sue opinioni anti-trinitarie, tuttavia queste sue
idee, potenzialmente disaggreganti per la Riforma calvinista, furono
denunciate da Martinengo al proprio protettore, il riformatore di Zurigo
Heinrich Bullinger, nonostante che il conte bergamasco avesse avuto delle
iniziali simpatie per le idee anabattiste e antitrinitarie soprattutto
durante il suo soggiorno in Valtellina. Tuttavia l'episodio decisivo per
la partenza di B. dalla Svizzera avvenne il 18 maggio 1558, quando Calvino
chiese a tutti gli italiani esuli a Ginevra di firmare un atto di fede
trinitaria. Il documento venne contestato da Giovanni Valentino Gentile,
Alciati della Motta e B., che si rifiutarono di firmarla: in particolare, la
decisione di Gentile e il B. era motivata dal fatto che essi avevano, nel
frattempo, sposato la causa triteista, basata sulla separazione delle tre
persone Divine: Padre, Figlio e Spirito Santo in tre Dei distinti dei quali,
però, solo il Padre era veramente fonte di divinità, mentre gli altri due
erano subordinati.
Nuovamente in Polonia B. ritenne quindi più
prudente trasferirsi, in Polonia, dove incontrò l'antitrinitario Lelio
Sozzini: l'azione degli unitariani locali come Pietro Gonesio e Grzegorz
Pawel fu rinforzata dall'arrivo di B., che aiutò a formare una comunità,
soprattutto di esuli suoi connazionali, a Pinczòw vicino a Cracovia. La
corrente antitrinitaria polacca (denominata Ecclesia Minor,
in contrapposizione all'Ecclesia Major calvinista) ritrovò quindi in B. un
vero leader, che riuscì, nei sinodi di Pinczow nel 1558, di Wlodzislaw nel
1559 [convocato dal collaboratore di B., Francesco Lismanini (1504-1566)], e
di Ksionz nel 1560 e 1562, a mettere d'accordo le opposte fazioni, grazie
ad una confessione di fede ottenuta letteralmente dalle Sacre Scritture.
Ciò, soprattutto dopo le polemiche suscitate dall'ebraista mantovano
Francesco Stancaro, tacciato di modalismo, per la sua dottrina basata su Gesù
Cristo mediatore con Dio Padre solamente nella sua natura umana, la quale
eresia venne respinta dal sinodo di Wlodzislaw, dove le copie del suo libro
vennero bruciate pubblicamente.
L'amicizia con Dàvid in
Transilvania Ma nel 1562 nuovo cambiamento di programma: lasciato il
timone dell'antitrinitarismo polacco in mano all'amico Pawel e la
propria biblioteca a Prospero Provana, B. decise di ritornare in
Transilvania, a Gyulafehérvár (Alba Julia), dove divenne medico di corte del
principe Giovanni II Sigismondo Zapolya e conobbe il vescovo della Chiesa
Riformata di Transilvania Ferenc Dàvid, al quale B. fece leggere una copia
della famosa Christianismi restitutio (La restaurazione del Cristianesimo)
di Miguel Serveto, convertendolo all'antitrinitarianismo (o
unitarianismo). La conversione di David alla nuova fede fu evidente nel 1566,
quando egli fece rimuovere un professore della scuola di Kolozsvár per aver
osato insegnare la dottrina della Trinità: quest'ultimo, assieme al
calvinista Melius, chiese ed ottenne dal re la convocazione di un sinodo
nazionale a Gyulafehérvár, che si svolse nello stesso 1566 per essere poi
aggiornato in una nuova sede, a Torda (sempre in Transilvania), che risultò
poi un trionfo per gli unitariani Dàvid e B. Nel frattempo B. collaborò
lungamente con Dàvid, facendo anche pubblicare il suo libro De vera et falsa
unius Dei, Filii et Spiritus Sanctii cognitione (Della falsa e vera
conoscenza dell'unità di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo), nel quale il
riformatore transilvano ridicolizzava la dottrina della Trinità e perorava la
causa della tolleranza religiosa per tutte le fedi. Questo discorso venne poi
ripreso durante la Dieta di Torda nel gennaio 1568, dove Giovanni II
Sigismondo riconobbe la piena libertà a tutte le confessioni religiose: fu la
prima dichiarazione, al mondo, di tolleranza religiosa mai pronunciata da un
regnante. In Transilvania B. fu sempre un riferimento per esuli religiosi
italiani, come ad esempio i colleghi medici Niccolò Paruta, che nel 1573 si
era trasferito in Transilvania, presso il Collegio unitariano di Kolozsvàr,
e che morì (probabilmente nel 1581) nella casa di B. a Nagyenyed; e
Niccolò Buccella, che fu poi, grazie alla sua fama di valente medico, assunto
da Stefano Bàthory nel luglio 1574 allo stipendio di 600 talleri
all'anno. Mantenne inoltre duraturi contatti epistolari con il
diplomatico italo-ungherese Andrea Dudith Sbardellati. Tuttavia, nel 1571
con la morte a soli 31 anni di Giovanni II Sigismondo e la salita al trono
del cattolico Stefano I Báthory (1571-1586), divenuto in seguito anche re di
Polonia dal 1576 al 1586, la situazione della fazione antitrinitaria di Dàvid
si mise decisamente male, soprattutto dal 1578, quando quest'ultimo, in piena
polemica tra adoranti e non-adoranti, cessò la collaborazione con B., il
quale fece venire inutilmente da Basilea Fausto Sozzini per cercare
inutilmente di convincere Dàvid a recedere dalle sue posizioni di
non-adorante. Secondo il pensiero di Sozzini, al quale aderì anche B.,
infatti, Gesù Cristo era un vero uomo crocefisso, il cui compito era di
rivelare Dio agli uomini, che potevano così raggiungere la salvezza, seguendo
il Suo esempio. Dàvid, invece, seguendo il pensiero dell'italo-greco Giacomo
Paleologo, autore del trattato universalista De discrimine Veteris et Novi
Testamenti, negava il ruolo di guida per i fedeli verso la salvezza del
Cristo e rifiutava, conseguentemente, ogni forma di adorazione di Gesù
Cristo. Alcuni settori dell'unitarismo polacco accusarono violentemente B. di
aver cambiato rotta su questa dottrina e di aver tradito l'amico
Dàvid, consegnandolo ai suoi oppositori politici, i quali nel 1579 lo
fecero arrestare e imprigionare nella fortezza di Déva, dove, a causa del
clima rigido e del fisico debilitato, egli morì il 15 novembre dello stesso
anno. Del resto la decisione di abbandonare Dàvid al suo destino pesò sul
futuro di B., il quale venne isolato e disprezzato come un nuovo Giuda
Iscariota dai sostenitori dello sfortunato transilvano.
Per la
terza volta in Polonia e la morte Lo stesso B. seguì Bathory in Polonia nel
1576, quando questi fu incoronato re di Polonia, pur mantenendo comunque
buoni rapporti con Cristoforo Bathory, fratello e successore di Stefano in
Transilvania, il quale aveva comunque permesso nel 1579 la diffusione
dell'ordine dei Gesuiti in Transilvania. Un altro amico (e un altro
medico!) dell'epoca di B. fu Marcello Squarcialupi, che non condivise le
dispute dottrinali del saluzzese, ma si allineò con il suo pensiero nel 1581,
quando scrisse una lettera a Fausto Socini per richiamarlo ad abbassare i
toni della polemica, che oltretutto danneggiava l'immagine degli esuli
italiani. Negli ultimi anni della sua vita, solitario ed isolato, come si è
detto, a causa della sua posizione nella polemica con Dàvid, B. fu preso
dalla nostalgia della sua patria, ma per potervi tornare con una certa
sicurezza aveva aperto una trattativa segreta con i gesuiti, promettendo di
non occuparsi più di problemi teologici, tuttavia poiché questi ultimi
avevano preteso una totale abiura, B. non accettò. Comunque nella
propaganda cattolica girò la voce che B. si fosse alla fine riconvertito alla
religione cattolica. Similmente, sempre secondo fonti gesuiti, in
particolare il religioso Jacob Wujek, si ipotizzò che la morte di B.,
avvenuta il 5 maggio 1588, fosse dovuta ad un fatto delittuoso: sarebbe stato
infatti strangolato dal nipote Giorgio, figlio di suo fratello Alfonso, ma la
notizia non viene confermata da altre fonti.
Leutard (o Liutardo),
contadino di Châlons-sur-Marne (XI secolo)
Leutard era un
contadino, nato nel villaggio di Vertus, nella diocesi di Châlons-sur-Marne
(regione della Champagne), il quale nell'anno 1004 abbandonò la moglie per
predicare la castità, la povertà, il disprezzo dell'autorità ecclesiastica,
il rifiuto di pagare le decime e il rigetto di parti della Bibbia. Secondo
il cronista e monaco della Borgogna, Rodolfo il Glabro, a L. era venuta una
improvvisa ispirazione in seguito ad un sogno premonitore ed aveva iniziato a
farsi notare con gesti clamorosi, come ad esempio spezzare pubblicamente una
croce in una chiesa. Si dedicò, come detto, alla predicazione, attraendo un
discreto seguito, soprattutto fra le classi più povere. Ma la Chiesa
ufficiale, preoccupata dal fenomeno, lo fece convocare dall'anziano vescovo
Gebuino di Châlons, il quale lo interrogò e ovviamente fu in grado di
confutare facilmente le confuse idee di questo contadino analfabeta. L. fu
dichiarato insano di mente e dalla vergogna di essere stato sbugiardato e poi
abbandonato dai suoi seguaci, egli si tolse la vita, gettandosi in un
pozzo. L. fa parte di quella schiera di eretici del XI secolo, alla quale
alcuni autori, sebbene senza prove certe, fanno risalire il passaggio
tra bogomilismo e catarismo in Europa occidentale. Nel caso di L., il
disprezzo della croce, la castità, il rifiuto dell'Antico Testamento
sembrerebbero, effettivamente, pensare ad un'influenza
bogomila.
Janko e Livin di Wirsberg (att. 1467)
I
fratelli Janko e Livin erano due ricchi giovani della città di Wirsberg, in
Boemia. Essi si misero a predicare il ritorno nel 1467 del "Salvatore unto",
che avrebbe sconfitto l'Anticristo, il Papa ed il clero (eccetto i
Francescani spirituali) e avrebbe dato inizio ad una nuova era del mondo:
tutti si sarebbero dovuto preparare abolendo la proprietà privata e i
titoli nobiliari. Pare che queste profezie, di chiara ispirazione
gioachimita, derivassero dall'influenza esercitata da un ex-francescano sui
due fratelli. Comunque J. e L. raccolsero un tale seguito, perfino in
Germania, da preoccupare seriamente le autorità ceche, che, su consiglio del
legato papale, arrestarono i due prima della scadenza della data
fatidica. Livin morì in carcere a Ratisbona alcuni anni dopo, mentre di Janko
non si seppe più niente: pare che fosse riuscito a
fuggire.
Lollardi (XIV-XV secolo)
Il nome di lollardi
venne dato ai seguaci di John Wycliffe e contraddistinse un movimento eretico
inglese del XIV e XV secolo.
Origine del nome L'origine del nome è
incerta: pare dall'olandese lollen, cantare o, secondo alcuni autori, il
soprannome, attribuito sarcasticamente ai lollardi dai loro avversari
cattolici, deriva dall'inglese to lollop, camminare goffamente o to loll,
sedere oziando.
Il movimento A dir la verità, negli anni di
Wycliffe, il termine di L. venne applicato a diversi movimenti di
dissenzienti religiosi, non necessariamente wycliffiti, come ad esempio i
begardi, i fratelli del libero spirito, i singoli cavalieri in rotta con
l'autorità della Chiesa, i parrocchiani che non volevano pagare le decime, i
seguaci del visionario gallese Walter Brute, ecc. Dopo la morte di
Wycliffe nel 1384, divenne il leader del movimento il suo segretario, John
Purvey, che approfittò della schizofrenia del tirannico re Riccardo II (1377-
deposto 1399), per rinforzare la posizione del movimento, protetto da diversi
esponenti della nobiltà. Egli giunse anche a presentare nel 1395 al
Parlamento un progetto di riforma della Chiesa inglese, che fu ovviamente
respinto, in dodici punti, che ricalcavano i precetti di Wycliffe. Ma, in
seguito alla deposizione di Riccardo da parte di Enrico di Lancaster (il
figlio di Giovanni, il protettore di Wycliffe), divenuto re Enrico
IV (1399-1413), la situazione per i L. cambiò radicalmente in
peggio. Infatti Enrico, per ringraziarsi la Chiesa, iniziò una energica
azione di soppressione del movimento L., contrassegnata dall'Atto De
Hæretico Comburendo (Del bruciare gli eretici) del 1401, che permetteva ai
vescovi di arrestare, imprigionare, torturare e consegnare al braccio
secolare gli eretici. Il primo L. a pagare con la vita l'applicazione di
questa legge fu il prete londinese William Sawtrey, che dichiarò il suo
rifiuto nel dogma della transustanziazione e nell'autorità della
Chiesa. Anche all'estero si reagì al movimento L.: in particolare in Boemia,
dove nel 1403 l'università di Praga condannò gli scritti di Wycliffe,
tradotte in boemo dai suoi seguaci. Nel 1408, il grande avversario del
movimento, l'arcivescovo di Canterbury Thomas Arundel, stabilì in un sinodo
ad Oxford le regole (costituzioni) per poter predicare in pubblico, tradurre
le Sacre Scritture e insegnare teologia nelle scuole. Infine nel 1415 fu
pronunciata postuma la condanna di Wycliffe per eresia al Concilio di
Costanza e nel 1428, dietro pressioni di Papa Martino V (1417-1431), il suo
corpo fu riesumato e bruciato sul rogo e le ceneri sparse nel fiume
Swift. Tuttavia, già da prima, nel 1414, i L., vista minacciata la
loro sopravvivenza, avevano organizzato una insurrezione armata per rapire il
re Enrico V (1413-1422), sotto il comando di Sir John Oldcastle,
l'anno precedente processato e imprigionato per eresia, ma che era riuscito
a fuggire dalla famigerata Torre di Londra per mettersi a capo degli
insorti. La chiamata alle armi dei L. fu un vero insuccesso e ben pochi
risposero all'appello: secondo alcuni autori solo 300, di cui 80 furono
catturati. Di questi 69 (altri autori riportano 44) furono messi a morte.
Oldcastle riuscì a sfuggire alla cattura per 3 anni, finché non fu catturato
nel 1417 e impiccato su una forca sotto la quale bruciava un fuoco
lento. La persecuzione del movimento continuò per altri due decenni fino ad
un nuovo tentativo di insurrezione organizzato dal L. William Perkins,
represso nel sangue, nel 1431. I L. continuarono a sopravvivere, ma anche
essere perseguitati fino quasi all'avvento della Chiesa d'Inghilterra nel
1534: perfino durante il regno di Enrico VIII (1509-1547) ne furono bruciati
sul rogo 2 nel 1511 e 4 nel 1522. Nel 1523 furono infine fatti oggetto di un
elogio di Erasmo da Rotterdam, che li definì "conquistati, ma non estinti", e
negli anni successivi furono gradualmente riassorbiti dal Protestantesimo
inglese, di cui avevano promosso le idee due secoli prima.
Zwingli
(o Zuinglio), Ulrich (o Huldreich) (1481-1531) e zwinglismo
La
gioventù Ulrich (o Hulderich) Zwingli nacque a Wildhaus, nella valle di
Toggenburg (Cantone San Gallo), nella Svizzera orientale, l'1 Gennaio 1484
(sette settimane dopo Martin Lutero), terzogenito di otto figli di Ulrich
(senior), un ufficiale distrettuale della cittadina, e di Margareth
Meili. Z. studiò a Weesen e a Berna [con lo studioso umanista Heinrich
Wölflin (Lupulus) (1470-1534)] e nel 1500 si iscrisse all'università di
Vienna, ma nel 1502 si trasferì all'ateneo di Basilea, dove seguì corsi di
musica, filosofia e materie umanistiche, e, concentrandosi in seguito sugli
studi di teologia, dietro incoraggiamento del riformatore Thomas
Wyttenbach (1472-1526), si laureò nel 1506 proprio in teologia. Nello
stesso anno, Z. divenne pastore a Glarus (Glarona), ricoprendo l'incarico per
dieci anni fino al 1516. Il ruolo di pastore, se da una parte lo impegnava
nel solito lavoro di predicatore e curatore di anime, dall'altra gli lasciava
sufficiente tempo libero per dedicarsi ai suoi studi classici: rinforzò la
sua già solida cultura umanista imparando il greco antico da autodidatta e
leggendo i classici romani, greci e i Padri della Chiesa. Ebbe inoltre
contatti con famosi umanisti come Glareano (Henrich Loriti, 1488-1563) e
Erasmo da Rotterdam, che Z. ammirò sempre moltissimo e di cui lesse il Nuovo
Testamento in greco: da queste letture si sviluppò la sua idea di una
superiorità delle Sacre Scritture sulla tradizione della Chiesa. Partecipò,
inoltre, a varie campagne militari in Italia, nel 1513 e 1515, come
cappellano militare al seguito delle truppe mercenarie svizzere, ingaggiate
dai re di Francia contro la Lega Santa. Questa esperienza lo scosse
notevolmente per due fattori: l'usanza, da Z. odiata, dell'arruolamento dei
mercenari nei Cantoni Svizzeri, largamente praticata ai tempi dalle potenze
europee, tra cui lo stato della Chiesa (che perfino oggigiorno ha mantenuto
questa abitudine), e la scoperta della liturgia ambrosiana a Milano, diversa
da quella da lui utilizzata, e che lo fece riflettere sul fatto che la Chiesa
stessa non applicava identiche pratiche rituali in tutto il mondo
cristiano. Ritornato a Glarus, egli fu nominato sacerdote del celebre
convento benedettino di Einsiedeln, dall'amministratore e abate Diebold
von Geroldseck. Ad Einsiedeln, dove Z. si trasferì dal 1516 al 1518, Z. venne
a conoscenza di una diffusa degenerazione della moralità da parte del
clero, contro cui iniziò a combattere. Predicò inoltre concetti riformisti
già due anni prima di Lutero: Z. disse in seguito che non conosceva a quel
tempo il grande riformatore tedesco, e quindi asserì di aver lui stesso
iniziato la Riforma in Svizzera in maniera indipendente dalle vicende
tedesche di Lutero. Sotto un certo punto di vista aveva ragione: Z. fu molto
più riformatore della Chiesa, nel vero senso della parola, rispetto a
Lutero, che alcuni autori vedono maggiormente nel ruolo di profeta della
Riforma.
Zwingli a Zurigo Alla fine del 1518 si rese vacante il
posto di predicatore alla Gross Münster (Grande Cattedrale) di Zurigo e
Oswald Myconius (1488-1552), insegnante presso la scuola dell'annesso
monastero, oltre che amico d'infanzia di Z., lo propose come candidato al
capitolo della cattedrale, che lo elesse: Z. iniziò questa nuova attività il
giorno del suo 35esimo compleanno, l'1 Gennaio 1519 con una sistematica
esposizione del Vangelo di San Matteo e durante i successivi quattro anni
passò in rassegna tutti i libri del Nuovo Testamento. Uomo non del tutto
refrattario alle tentazioni della carne, Z. conobbe e visse more uxorio
(almeno dalla primavera 1522) con la vedova Anna Reinhard, che, con
l'abolizione del celibato per i pastori protestanti, Z. sposò finalmente nel
1524 e da cui ebbe quattro figli. Sopravvissuto miracolosamente alla tremenda
epidemia di peste del 1520, proprio da quel anno Z. maturò l'idea di una
riforma, che, come Lutero (sola fide - sola gratia - sola scriptura) ma, come
detto, indipendentemente da lui, ponesse l'accento sulla salvezza per fede,
dono della grazia di Dio e con l'esclusione delle opere buone. Inoltre la
Sacra Scrittura fu assunta come unico riferimento in tema di morale e
fede. Quindi egli convinse progressivamente il consiglio cittadino di
proibire qualsiasi pratica religiosa che non avesse il supporto delle
Sacre Scritture. Poco dopo, la rottura ufficiale con la Chiesa Cattolica,
che venne fatta risalire alla clamorosa protesta durante la Quaresima
1522, quando alcuni seguaci di Z. mangiarono deliberatamente delle salsicce e
per questo furono arrestati. Z. protestò energicamente e dimostrò che la
pratica in uso non aveva alcun supporto dalle Scritture. Papa Adriano VI
(1522-1523) intervenne, cercando di convincere il consiglio cittadino di
Zurigo a denunciarlo come eretico e per questo mobilitò il vescovo di
Costanza, Hugo von Hohenlandenberg (1496-1530), che inviò una commissione
investigatrice nell'Aprile 1522. Z. fu chiamato a presentarsi davanti al
consiglio cittadino, cosa che fece il 29 Gennaio 1523, quando spiegò alla
popolazione zurighese le sue 65 (o 67) tesi: egli uscì dal dibattito con il
vicario generale di Costanza, il teologo Johann Faber (1478-1541), totalmente
sollevato da ogni accusa, anzi riuscì perfino a convincere il Cantone Zurigo
ad uscire dalla giurisdizione del vescovo di Costanza. Seguirono man mano
le riforme, volute da Z.: il rifiuto di pagare le decime e dell'adorazione
delle immagini sacre, l'abolizione del celibato dei preti e della musica in
Chiesa (cosa curiosa per un amante della musica come Z.), la chiusura dei
monasteri, la semplificazione del breviario, le funzioni religiose recitate
in Tedesco ed infine, dalla Settimana Santa del 1525, la modifica del
sacramento della Comunione. Quest'ultima decisione acuì, come vedremo più
avanti, la tensione con Lutero.
La crisi degli anabattisti Dal
Settembre 1524 sorse un nuovo problema con l'incremento di popolarità degli
anabattisti, presenti a Zurigo come i Fratelli svizzeri di Conrad Grebel,
Felix Mantz e Jorg Blaurock. Costoro, entusiasti dalla lettura del Nuovo
Testamento, divennero molto più radicali di Z. stesso e insistettero sul
battesimo (o, a quel tempo, ri-battesimo, da cui il nome di anabattisti, cioè
battezzati nuovamente, in greco) degli adulti, interpretando il brano del
Vangelo di San Marco: Chi avrà creduto e sarà stato battezzato si salverà
(Marco 16,16). Z. passò rapidamente da un atteggiamento di simpatia nei loro
confronti alla preoccupazione ed infine ad una vera e propria persecuzione,
facendoli imprigionare e condannare a morte: nel 1528 Blaurock fu bruciato
sul rogo e già l'anno prima per Mantz era arrivata la tremenda condanna con
la famosa frase di Z.: Qui iterum mergit, mergatur [Chi immerge nuovamente
nell'acqua (cioè ribattezza), sia immerso (cioè sia annegato)] ed infatti
egli fu affogato nel fiume Limmat. Dei capi storici dell'anabattismo, solo
Grebel scampò l'esecuzione capitale per poi morire di peste.
La
divisione confessionale della Svizzera A partire dallo stesso 1524, Z.
convinse man mano molti cantoni svizzeri a passare alla Riforma dopo Zurigo:
Berna, Basilea, Sciaffusa, San Gallo, Thurgau, Vaud, Neuchâtel, ai quali si
sarebbe aggiunta la Ginevra di Calvino nel 1541. Tuttavia i cantoni
cosiddetti primitivi (Uri, Schwyz e Unterwalden) e le città-stato di Lucerna
e Friburgo rimasero ostinatamente Cattolici ed emisero nel 1526 un loro
Concordato di Fede, invitando ad un dibattito pubblico con i teologi
protestanti a Baden (nel cantone Aargau) il noto teologo cattolico Johann Eck
(1486-1543), proprio quello della disputa di Lipsia del 1519 con Carlostadio
e Lutero. Z. decise di non presenziare di persona, temendo per la propria
incolumità. Vi si recò, al suo posto, Johannes Ecolampadio, che difese la
causa protestante in condizioni ambientali difficilissimi: il cantone Aargau
era una roccaforte cattolica. Ovviamente ambedue le parti proclamarono la
propria vittoria alla fine del dibattito.
La crisi sul significato
della Comunione con i luterani Un acuto momento di crisi per la Riforma
protestante fu la diatriba nel 1529 tra Z. e Lutero riguardante il Sacramento
della Comunione: Per Lutero, nella Comunione, grazie all'onnipotenza di
Nostro Signore, vi era la reale e sostanziale presenza del corpo e sangue di
Cristo nel pane e vino, che tutti i comunicandi ricevevano, che fossero degni
o indegni, credenti o miscredenti. Per Z., invece, la Cena del Signore era
solo una solenne commemorazione della morte di Cristo, la Sua presenza
spirituale: egli rifiutava la presenza reale del corpo e sangue, in
quanto: Gesù era asceso al cielo, un corpo non poteva essere presente in
più di un posto alla volta (in cielo e nell'ostia) e due sostanze (il pane
e il Corpo di Cristo) non potevano occupare lo stesso spazio nello stesso
momento. Per cercare di dirimere questa polemica ed arrivare ad un accordo,
prezioso da un punto di vista politico per fare quadrato contro il Papa
e l'Imperatore, il Langravio Filippo di Hesse (Assia) (1504-1567) convocò
una riunione tra i tedeschi Lutero e Melantone e gli svizzeri Z. e
Ecolampadio nel suo castello di Marburg. La riunione ebbe inizio il 1
Ottobre 1529 con dei colloqui vis-a vis tra Z. e Melantone, e tra Lutero ed
Ecolampadio: il saggio Langravio voleva infatti evitare uno scontro diretto
tra le due teste calde, Z. e Lutero. Nonostante la redazione dei cosiddetti
Articoli di Marburg alla fine dei colloqui il 3 Ottobre, l'incontro,
apparentemente un buon compromesso, fu sostanzialmente un fallimento, non
soltanto dal punto di vista teologico (non si arrivò ad un accordo sulla
presenza corporale di Cristo nella Comunione), ma anche per l'antipatia a
pelle che i due capiscuola provavano l'uno per l'altro. Lutero, a proposito
della diatriba Sangue di Cristo/semplice vino, dichiarò, molto poco
diplomaticamente, che avrebbe preferito "bere sangue con il papa", piuttosto
che il "semplice vino" con lo svizzero.
La fine Rientrato a
Zurigo, Z. dovette fronteggiare il boicottaggio dei cantoni cattolici
all'accordo raggiunto tra le parti per la libera circolazione di predicatori
sia protestanti che cattolici nei vari cantoni: nel 1530 ci furono delle
prime schermaglie di guerra, momentaneamente bloccate da una tregua. Il 30
giugno 1530, l'imperatore Carlo V aprì i lavori della prima dieta
di Augusta, dove i riformisti si presentarono separati e nonostante
la conciliatoria Confessio Augustana, tracciata da Melantone, lo strappo con
i protestanti svizzeri (Z. e Ecolampadio), che presentarono la loro
Fidei ratio, fu un dato di fatto. Ne approfittarono i cattolici: per bocca
di Eck e Faber risposero con la Confutatio e portarono dalla loro parte Carlo
V, che confermò le risultanze dell'Editto di Worms del 1521. Questo
parziale successo per la fazione cattolica, unita all'imbarco di merci nei
confronti dei cantoni cattolici, fece precipitare le cose in Svizzera con la
ripresa della guerra civile. L'11 Ottobre 1531 i due eserciti si
fronteggiarono a Kappel, 60 chilometri est di Zurigo, in cantone San Gallo,
ma quello cattolico, forte di 8.000 uomini ebbe la meglio contro i 2.700
protestanti. Z. stesso, che aveva deciso di partecipare come cappellano,
mentre consolava un soldato morente, fu gravemente ferito dapprima da una
sassata e poi da un colpo di lancia. In queste condizioni già precarie,
agonizzò tutto il giorno dell'11 Ottobre, finché, alla sera, fu riconosciuto
da un soldato nemico, che lo uccise con un colpo di spada. Il corpo ormai
senza vita fu poi consegnato ad un finto boia per una condanna-farsa, nella
quale fu impiccato e quindi bruciato. Così morì il Padre della Riforma
svizzera e, a futura memoria, la sua statua, con la spada in una mano e la
Bibbia nell'altra, fu eretta nel 1855 davanti alla Wasserkirche di
Zurigo.
Le opere L'abbondante produzione letteraria di Z. fu
raccolta, per la prima volta, in 4 volumi nel 1545 da parte di uno dei
generi, Rudolf Gwalter, ma l'edizione completa di 8 volumi fu pubblicata solo
nel 1828.
Erastus (o Lüber o Lieber o Liebler), Thomas
(1524-1588) e Erastianismo
La vita Thomas Lüber (nome
umanistico Erastus) nacque il 7 settembre 1524 a Baden, nel cantone Aargau in
Svizzera, da una povera famiglia di artigiani. Nel 1540 E. fu mandato, a
spese di uno sconosciuto mecenate, a studiare teologia a Basilea, ma a causa
di una epidemia di peste nel 1544, egli decise di trasferirsi a studiare
filosofia e medicina a Bologna, dove si laureò in medicina nel 1552, e
successivamente a Padova. Nel 1555 E. fu assunto, da parte di Guglielmo IV,
Conte di Henneberg (1478-1559), come medico di corte, ruolo che dal 1558
ricoprì, oltre a quello di professore di medicina all'università di
Heidelberg, anche presso il principe elettore del Palatinato, Otto Heinrich
(regnante: 1556-1559). Nel 1559, alla morte di Otto Heinrich, il successore
Frederick III Palatino, detto il Pio (regnante: 1559-1576) nominò E. membro
del Consiglio della Corona, Rettore dell'università e membro del Concistoro
della Chiesa. Tuttavia Frederick fu anche il primo principe tedesco ad
accettare il calvinismo nel 1563, nonostante la strenua resistenza di E., che
invece parteggiava per una riforma di tipo zwingliano. E. difese senza
successo la dottrina della Cena del Signore di Zwingli nelle conferenze di
Heidelberg (la capitale del Palatinato) del 1560 e Maulbronn del 1564, ma fu
perfino scomunicato in quella di Heidelberg, sebbene la scomunica venne
revocata l'anno successivo. Egli difese inoltre le sue idee per iscritto nel
1565, rispondendo al teologo luterano di Strasburgo Johann Marbach
(1521-1581). Nel 1570 Frederick III Palatino, con l'aiuto del teologo
calvinista Caspar Olevianus (1536-1587), introdusse il calvinismo, nella sua
forma presbiteriana, come religione di stato. La neonata chiesa, come uno
dei suoi primi atti ufficiali, scomunicò E. accusandolo di un presunto
socinianesimo sulla base di lettere scambiate con antitrinitariani
transilvani e lo perdonò solo nel 1575, dopo una dichiarazione di E. di
adesione alla dottrina della Trinità. Tuttavia la sua posizione rimase
scomoda e vista sempre con molto sospetto e quindi nel 1580 egli decise di
ritornare a Basilea, dove nel 1583 venne nominato professore di etica
all'università. Non poté, purtroppo occupare molto questo ruolo, poiché morì
nello stesso 1583, il 31 dicembre.
Erastianismo La dottrina, che
prende il nome da E., si denomina erastianismo e derivò da discussioni di E.
con i teologi calvinisti sull'opportunità che fosse lo stato, come voleva E.,
e non la chiesa, secondo i calvinisti, a punire i peccatori e gli eretici.
Per E. una chiesa in una nazione cristiana non aveva nessun potere di
repressione, distinta da quello dello stato: la chiesa poteva solamente
censurare o ammonire coloro che deviavano dalla retta via. L'opera
principale di E., denominato La nullità delle censure della Chiesa, apparve
postumo a Londra nella versione tedesca nel 1589 e nella traduzione inglese
nel 1659, influenzando in maniera decisiva le teorie di alcuni parlamentari
inglesi, come John Selden (1584-1654) e Bulstrode Whitelocke (1605-1675),
favorevoli alla supremazia dello stato sulla chiesa. L'erastianismo ebbe
inoltre un ruolo importante nello sviluppo del gallicanesimo in
Francia.
Luca di Praga (1460-1528), i Fratelli Boemi (Unitas fratrum)
ed i Fratelli Moravi
Il periodo storico I Fratelli Boemi si
inserirono nel periodo storico scaturito in Boemia in seguito
all'approvazione delle Compactata di Basilea, una serie di
deroghe dottrinali, che riproducevano i Quattro Articoli di Praga (concepiti
nel 1420 da Jakoubek di Stribo): esse furono concesse agli hussiti dal
Concilio di Basilea (1431-1439) e quindi ratificate nel 1436 dalla Dieta di
Iglau (Jihlava) in Moravia, dove i cattolici e gli hussiti avevano
accettato reciprocamente le Compactata e l'obbedienza al Concilio. Ma
questo compromesso non fu accettato dalla fazione radicale dei taboriti e si
giunse ad una guerra civile tra i moderati utraquisti
(momentaneamente alleati con i cattolici) e i Taboriti stessi, conclusasi con
la sconfitta di questi ultimi nella battaglia di Lipau (o Lipany) del 30
Maggio 1434, dove fu ucciso anche il loro capo Andreas Prokop. Due anni
dopo, nel 1436, alla Dieta di Iglau (Jihlava) in Moravia, i cattolici e gli
hussiti accettarono reciprocamente le Compactata e l'obbedienza al Concilio.
Fu formata una Chiesa Cattolica boema indipendente con a capo l'arcivescovo
Jan Rokyzana. Tuttavia l'accordo non portò la sperata pace in Boemia, dove
continuarono nuove lotte interne culminate nel 1448, quando il governatore di
Praga, Giorgio Podiebrad reagì con forza ai tentativi dei cattolici di
riprendersi i beni confiscati durante le guerre hussite e di rievangelizzare
la regione con una attività martellante dei predicatori francescani agli
ordini del Vicario generale, San Giovanni Capistrano
(1386-1456). Podiebrad venne nominato reggente nel 1452 e divenne re di
Boemia dal 1458 al 1470, sostenendo attivamente il rito
utraquista.
La fondazione dell'Unitas fratrum Nel 1457 alcuni
utraquisti ed i superstiti taboriti si staccarono dalla Chiesa hussita,
formando un movimento separato, denominato Unitas Fratrum (unità dei
fratelli) o Fratelli Boemi, il cui fondatore fu un certo Gregorio (secondo
altri autori, Giorgio), nipote del predicatore utraquista Rokyzana, ma di cui
ebbe parte fondamentale il predicatore Petr Chelcický (1390-1460). Il
movimento ebbe un immediato successo ed aumentarono i suoi adepti fino
al numero di qualche migliaio, ma la sua rapida crescita fu bloccata nel
1461 dall'arresto di Gregorio e di altri attivisti per ordine del re
Giorgio Podiebrad, sempre vigile contro possibili riprese del defunto
movimento taborita. Infatti, benché rifiutassero la violenza tipica dei
taboriti, sviluppando invece altre caratteristiche, come l'abolizione di ogni
grado e gerarchia, del giuramento, del servizio militare per favorire una
vita basata sulla povertà evangelica, i Fratelli Boemi accettarono alcuni
punti tipici dei radicali hussiti in tema di Eucarestia e Sacramenti. Per
continuare la loro opera essi si rifugiarono a Reichnau, sul lago
di Costanza, dove nel 1467, i F. si fusero con i valdesi boemi nel
1467, diventando l'Unione dei fratelli boemi-moravi, e dando luogo
alla consacrazione di diversi preti (che dovevano essere celibi e non
potevano avere alcun possesso) e di un vescovo, Mattia di
Kunwald. L'Unione era basata su una severa moralità, sulla quale vigilava un
comitato di anziani, che potevano espellere coloro che si erano macchiati di
qualche peccato o colpa. Comunque le persecuzioni nei loro confronti da
parte di re Giorgio continuarono fino alla sua morte nel
1471.
Luca di Praga Luca nacque intorno al 1460 ed divenne
baccelliere all'Università di Praga, affermandosi successivamente come
teologo molto preparato. Dal 1480 circa, Luca fu nominato capo e vescovo dei
F. riorganizzandoli come una vera chiesa: in questo dovette vincere
l'opposizione interna rappresentata dall'ala più conservativa dei
Radicali. Nel frattempo, la Boemia era finita sotto il dominio della dinastia
polacca degli Jagelloni: era infatti diventato re di Boemia (e dal 1490 anche
di Ungheria) Ladislao II (1471-1516), figlio di Casimiro IV di
Polonia (1444-1492). Ladislao fu alquanto tollerante con i F. e questa
cosa permise una loro rapida espansione (circa 100.000 seguaci), nonostante
la persecuzione voluta da Papa Alessandro VI (1492-1503): fu un vero peccato
tuttavia che essi non sapessero meglio coltivare i rapporti con il re.
Infatti nel 1507 quando il sovrano li invitò ad una conferenza con gli
utraquisti a Praga, essi, per tutta risposta, inviarono degli illetterati
maleducati. Questo sgarbo mandò in bestia il re Ladislao, che iniziò a
perseguitare i F. ad iniziare dall'Editto di San Giacomo del 1508. Nel
1528 morì il vescovo Luca, che si era sempre posto in maniera equidistante
dai vari pensieri riformatori dell'epoca, come i luterani e
gli zwingliani. Ne prese l'eredità spirituale Giovanni di Augusta, il
quale tentò una fusione con i luterani nel 1542, ma questa naufragò per una
visione troppo severa della morale dei F., non condivisa da Martin
Lutero. Tuttavia i F. furono lealmente al fianco dei luterani nella lega
di Smalcalda e patirono anche loro le conseguenze della sconfitta
nella battaglia di Muhlberg del 1547 e dovettero accettare o l'esilio in
Polonia e Prussia o di fondersi almeno formalmente con gli utraquisti. Un
periodo di relativa pace si ebbe sotto Massimiliano II d'Asburgo (1564-1576),
che rifiutò le decisioni del Concilio di Trento (1545-1563) per mantenersi in
una posizione neutrale: ne approfittarono i F. per stendere la Confessio
bohemica, l'atto di fede dei F., un documento teologicamente ancora in una
posizione intermedia tra luterani e calvinisti. Durante il regno
dell'imperatore Rodolfo II (1576-1612) fu stillata una lettera di garanzia
delle libertà religiose ai boemi, mentre durante il regno del successore, il
fratello Mattia (1612-1619), avvenne l'episodio scatenante la Guerra dei
Trent'anni: una ulteriore defenestrazione di Praga degli incaricati cattolici
dell'Imperatore. Ma non erano più i bei tempi di Zizka o Prokop: la guerra
vide la secca sconfitta dei Boemi nella battaglia alla Montagna Bianca del
1620 da parte delle truppe dell'imperatore Ferdinando II (1619-1637), il
quale forzò i F. a diventare cattolici o ad emigrare: molti scelsero di
rifugiarsi in Ungheria o in Polonia settentrionale, tra cui l'illustre
filosofo e pedagogo Jan Amos Komenski (Comenio) . Altri F. boemi
sopravvissero in clandestinità in Moravia, emigrando successivamente in
Germania, dove intorno al 1730 il conte Nikolaus Ludwig von Zizendorf
(1700-1760) fondò il movimento dei Fratelli Moravi, unendo le caratteristiche
dei F. con quelle del Pietismo di origine luterana. Oggigiorno la Chiesa
Morava, anche grazie ad una intensa opera di missionariato nelle Americhe,
conta nel mondo circa 300.000 fedeli.
Luciano di Antiochia (ca.
235-312)
La vita Innanzitutto Luciano di Antiochia non va
confuso con il quasi omonimo Luciano di Samosata, scrittore pagano satirico,
vissuto tra il 115 ed il 200. Se a questo si unisce il fatto che
probabilmente (ma anche ciò non è stato accertato) L. fu allievo di Paolo di
Samosata, si può capire la notevole confusione di nomi. L. visse ad
Antiochia, dove fu ordinato presbitero e dove fondò, nel 272 ca., la scuola
antiochena di teologia, che rimase però ai margini dalla Chiesa locale per
parecchi anni, in quanto L. fu espulso in quegli anni, con l'accusa (tutta da
provare, come già detto precedentemente) di essersi allineato con le
posizioni di Paolo di Samosata. Nel 285 ca. L. si riconciliò formalmente con
la Chiesa e a questo periodo risalirono gli studi dei più famosi allievi di
L., come i principali capi del movimento ariano, Ario stesso, Eusebio di
Nicomedia, Asterio di Cappadocia ed altri: molti autori considerano infatti
L. come il padre spirituale dell'arianesimo. Comunque, nonostante la sua
eterodossia, L. era un uomo di grande virtù e sicura fede: infatti durante le
persecuzioni, ordinate da Massimino Daia (309-313) (uno dei pretendenti al
trono imperiale, dopo il fallimento della Tetrarchia), fu arrestato e mandato
a Nicomedia, dove fu torturato per farlo abiurare e successivamente messo a
morte il 7 Gennaio 312.
La dottrina L. credeva che il Logos, o il
Figlio, fosse il più alto essere spirituale, appena sotto il Padre, ma creato
dal Padre e che, nell'incarnazione, il Logos avesse preso un corpo umano, ma
non un'anima: quindi Gesù non era né totalmente Dio, ma, nel contempo,
neanche totalmente uomo. Ne scaturiva una miscela di modalismo e
subordinazianismo. In campo di studi biblici, L. rifiutò l'interpretazione
allegorica e non letterale di alcuni passi della Bibbia, proposta di Origene
per propugnare, mediante lo studio accurato del testo biblico, un sistema di
interpretazione letterale, il cosiddetto "testo lucianico", molto popolare
nelle Chiese di Siria, Asia Minore e Costantinopoli per lungo
periodo.
Lupetino (o Lupatino o Lupertino), Baldo (ca.
1492-1556)
I primi anni Baldo Lupetino (o Lupatino o
Lupertino) nacque nel 1492 circa ad Albona (oggigiorno Labin) in Istria,
allora parte della repubblica di Venezia. Si formò culturalmente a Padova e
Venezia e conobbe Pietro Speciale di Cittadella. Nel 1422 circa egli entrò
nell'ordine dei francescani conventuali e divenne un noto predicatore sia in
lingua italiana che in quella slava. In seguito si interessò, in maniera
crescente, alle dottrine della Riforma e influenzò così anche le scelte di
campo del nipote Matija (Matthias) Vlacic (nome umanistico Flacius
Illyricus), a cui sconsigliò la carriera ecclesiastica, esortandolo invece a
studiare in Germania, dove effettivamente Flacius si trasferì nel 1539. In
Istria e in Dalmazia [dove dal 1539 aveva stabilito il proprio campo d'azione
e dove poté predicare sotto la protezione del vescovo di Pola, Giovanni
Battista Vergerio (m.1548), fratello del più famoso Pier Paolo Vergerio] L.
si mise nei guai, predicando nella cattedrale di Cherso nel 1542 i concetti
luterani di sola scriptura e di negazione delle indulgenze, del purgatorio,
del libero arbitrio, del culto della Madonna e dei santi.
L'arresto e
la detenzione Venne denunciato da un monaco confratello, Iacopo Curzula,
arrestato per ordine del nunzio papale, il 4 novembre 1542, e successivamente
trasferito a Venezia per essere rinchiuso in una prigione vicino
all'Arsenale. Nell'estate 1543 Flacius si mosse da Wittenberg per venire in
soccorso dello zio, munito di un appello alla clemenza (per Baldo Lupetino,
uomo dotato di singolare pietà e dottrina), sollecitato da Baldassarre
Altieri ed indirizzato al doge Pietro Lando (1539-1545), da parte del
principe elettore di Sassonia, Giovanni Federico (1532-1547) e dei principi
luterani della Lega Smalcaldica (alla quale alcuni senatori veneziani
volevano che la Serenissima aderisse). Inoltre la catena di solidarietà
dalla Germania per L. si mosse dal punto di vista pratico: ricchi mercanti
del Fondaco dei Tedeschi, come Wolf Herwart o Johann Baier, lo aiutarono
economicamente e perfino Caspar von Schwenckfeld, pur rifiutando il suo
impianto dottrinale, inviò del denaro. Tuttavia gli sforzi di Flacius per
liberare lo zio furono inutili: nell'agosto 1543 L. fu multato di cinquecento
ducati e condannato all'ergastolo. E poco dopo, la situazione politica di
Venezia cambiò, purtroppo in peggio, per i riformati con l'elezione del doge
Francesco Donà (1545-1553), che permise l'insediamento a pieno regime
dell'Inquisizione del nunzio apostolico Giovanni Della Casa (1503-1556), e
con la diminuzione dell'influenza dei principati tedeschi sulla Repubblica di
Venezia a causa della sconfitta della Lega Smalcaldica il 24 aprile 1547 a
Mühlberg. Ne fecero le spese l'avvocato di Cittadella Francesco Spiera,
appena rinchiuso nella stessa cella di L. e obbligato ad abiurare per evitare
le conseguenze alla famiglia, e lo stesso L., accusato, tra l'altro, di
aver convertito due compagni di prigione durante la detenzione e di aver
scritto e pubblicato un suo manoscritto, fatto uscire clandestinamente da
prigione. Il 27 ottobre 1547, alla fine del secondo processo, la Santa
Inquisizione condannò L. alla decapitazione, ma la pena non venne eseguita,
secondo alcuni autori, per pressioni esercitate dal vescovo di Capodistria
Pier Paolo Vergerio, ma ciò sembra poco credibile, considerando che
anche Vergerio, dal giugno 1546, era sotto inchiesta dell'Inquisizione
veneziana. E' più probabile il doge volesse commutare la condanna,
confermando l'ergastolo in corso.
La fine Per diversi anni L.
venne letteralmente dimenticato dalle autorità locali, ma non da parte di
eminenti personaggi di fede protestante: nel 1552 un tentativo di intervento,
da lui stesso sollecitato, di Renata d'Este gli costò il regime duro a pane e
acqua per cinque mesi, ed il 9 settembre 1555 intercesse a suo favore il Duca
Christoph del Württemberg (1550-1568) presso il doge Francesco Valier
(1554-1556), ma quest'ultimo rispose che il governo di Venezia non poteva
interferire con l'Inquisizione. Il nuovo papa, l'intollerante Paolo IV
(1555-1559), invece chiese, a gran voce, una condanna di L. al rogo, ma il
governo delle Serenissima decise infine, il 30 agosto 1556, di eliminare lo
scomodo prigioniero, procedendo alla sentenza per annegamento nella laguna,
senza rumore né strepito. Dopo quasi 14 anni di detenzione, il 17 settembre
1556, L. fu quindi ufficialmente degradato davanti all'Inquisitore e
consegnato alla giustizia civile, che lo fece, come detto, annegare, il
giorno stesso o in uno dei giorni successivi.
Luteranesimo (dal
XVI secolo)
Per luteranesimo si intende la teologia, la liturgia
e la disciplina ecclesiastica, che si rifà al pensiero di Martin Lutero. I
luterani sono in accordo con i cattolici e le chiese orientali nell'accettare
l'autorità delle Sacre Scritture e dei tre Credi più antichi (Apostolico,
Niceno e Anastasiano), ma più specificatamente aderiscono al Libro di
Concordia del 1580, che comprende, oltre ai succitati tre Credi, la Confessio
Augustana e la sua Apologia, il Grande Catechismo e il Catechismo per bambini
di Lutero, gli Articoli di Smacalda e la Formula di Concordia. La dottrina
di Lutero si riassume nelle tre citazioni: sola fide (l'uomo ottiene la
propria salvezza solo con la fede, e non con il suo agire o le sue opere),
sola gratia (la fede è un esclusivo dono della grazia di Dio) e sola
scriptura (la fede trova il suo fondamento solamente nella Parola di Dio, la
Sacra Scrittura, e non già nella sua interpretazione, nella mediazione da
parte del Magistero della Chiesa o nella Tradizione storica). Questo
focalizzarsi sulla Parola di Dio fa sì che i luterani diano molta importanza
all'uso della predicazione. Inoltre il rifiuto della Tradizione porta i
luterani ad accettare solo due sacramenti, il battesimo e l'eucaristia, in
quanto gli unici direttamente citati dai Vangeli. In particolare, per
quanto riguarda la Comunione, i luterani credono che vi è la reale e
sostanziale presenza del corpo e sangue di Cristo nel pane e vino e che, dopo
la consacrazione, le sostanze degli uni e degli altri coesistono in unione
tra loro. Questo viene definito consustanziazione, e si contrappone
alla: 1) Dottrina Cattolica della transustanziazione, cioè la conversione in
toto della sostanza del pane e vino nella sostanza del corpo e sangue di
Cristo, mantenendo invariato solo l'aspetto esteriore. 2) Dottrina
Zwingliana del simbolismo o valore solo simbolico della Cena del Signore,
considerata solo una solenne commemorazione della morte di Cristo, la Sua
presenza spirituale ma non la Sua presenza reale. 3) Dottrina Calvinista
(compromesso tra quella luterana e quella zwingliana) della Comunione vista
come una reale partecipazione alla carne e al sangue di Gesù Cristo, anche se
ciò non significa una presenza locale di Cristo nell'Eucaristia, poiché Egli
può essere solo in cielo.
Storia del luteranesimo La data
tradizionalmente accettata come punto di partenza del luteranesimo è il 31
ottobre 1517, quando la leggenda racconta che Lutero aveva affisso le sue 95
tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg. Tuttavia l'anno
della definitiva rottura fu il 1520, quando Lutero, minacciato di scomunica
con la bolla Exsurge Domine di Papa Leone X (1513-1521), bruciò, il 10
Dicembre, davanti agli studenti di Wittenberg, la bolla, il codice di diritto
canonico e la Summa theologiae di San Tommaso e fu
definitivamente scomunicato il 3 Gennaio 1521 con la bolla Decet Romanum
Pontificem. Già dall'inizio della Riforma, tuttavia, si acuirono le divisioni
interne: nel 1522 Lutero in persona dovette intervenire per bloccare gli
estremismi di Andreas Bodenstein (Carlostadio) e dei fanatici radicali
denominati abecedariani, soprannominati i profeti di Zwickau e capeggiati da
Nicholas Storch. Il 1525 fu un altro anno critico a causa della rivolta
dei contadini, fomentati da Thomas Münster, ex-curato di Zwickau, e da
Heinrich Pfeiffer, che imperversarono nel paese con saccheggi, devastazioni e
massacri. Le conseguenze e la repressione della rivolta colpirono
profondamente Lutero, il quale formulò il principio del cuius regio, eius
religio, [nella sua (del principe) regione, la sua religione], convinto
com'era che, solo ricorrendo all'autorità dei principi e al varo di un nuovo
ordinamento ecclesiastico, era possibile garantire quella pace necessaria
allo sviluppo della Riforma. Tuttavia le divisioni interne al movimento
riformista continuarono con grande sconforto del loro fondatore: nell'Ottobre
dello stesso 1529 fu convocato il Colloquio di Marburg, dove si approfondì il
divario tra Lutero e lo zurighese Huldreich Zwingli sul tema dell'Eucaristia
e, nonostante la conciliatoria Confessio Augustana, tracciata da Philipp
Schwarzerd (Melantone) e presentata nella prima dieta di Augusta del 1530, lo
strappo con i protestanti svizzeri divenne un dato di fatto. La pace tra
luterani e zwingliani, avvenuta nel 1536 alla Concordia di Wittenberg, fu
formale e di breve durata, ma ebbe perlomeno il pregio di riunire i luterani
tedeschi del nord e i riformatori della Germania del sud, capitanati da
Martin Butzer (Bucero).
Il luteranesimo dopo Lutero Martin
Lutero morì il 18 Febbraio 1546 e Melantone, diventato il capo della Chiesa
luterana, si dedicò alla sua riorganizzazione su una base semi-episcopale e
alla riforma della scuola e delle università in Germania (per questo fu
soprannominato praeceptor Germaniae), ma fu anche spesso impegnato in
frequenti e frustranti discussioni e polemiche con gli altri teologi
luterani. In quel periodo, i luterani si divisero in due blocchi: da una
parte i seguaci puristi di Lutero, gli gnesioluterani, con Nikolaus
von Amsdorf, Mattija Vlacic (Mattia Flacio Illirico), e Martin Chemnitz, e
gli estremisti ubiquitari di Johannes Brenz, dall'altra i moderati, Melantone
e i suoi seguaci, denominati filippisti. Ma si distinsero altre
posizioni, come quella antinomiana di Johann Agricola, quella della
progressiva santificazione dell'anima di Andreas Hosemann (Osiander), o
quella spirituale mistica estrema di Caspar Schwenckfeld von Ossig. Dopo
la stesura del Libro di Concordia del 1580, il luteranesimo ufficiale si
involse in una cristallizzazione scolastica e in un'osservanza rigida
e superficiale della vita religiosa, contro le quali reagì il movimento
dei pietisti, sviluppatosi nel XVII e XVIII secolo in Germania grazie
all'azione del teologo alsaziano Philipp Jakob Spener, ispirato, a sua volta,
dai lavori di Johannes Arndt, il padre teologico del pietismo, e del
mistico francese Jean de Labadie. L'attività dei pietisti fu in seguito
sviluppato dal principale discepolo di Spener, August Hermann Francke,
presso l'università di Halle. Nel 1817 Federico Guglielmo III di Prussia
(1797-1840), durante le celebrazioni per il terzo centenario dell'affissione
delle 95 tesi, forzò la riunione della Chiesa luterana prussiana e quella
calvinista in un'Unione Evangelica, che fu man mano imitato da tutti gli
altri stati tedeschi, provocando tuttavia la scissione dei cosiddetti "Vecchi
Luterani". Nel XX secolo il momento più drammatico per il luteranesimo
tedesco fu durante il nazismo, quando il regime hitleriano favorì la
fondazione, nel 1933, della Chiesa Evangelica Tedesca o Deutsche Christen
(Cristiani tedeschi), del Reichsbischof Ludwig Müller (1883-1946), di
chiari intendimenti razzisti ariani. Come reazione fu fondata nel 1934 la
Chiesa Confessante (Bekennende Kirche), del pastore Martin Niemöller
(1892-1984), arrestato ed internato nel 1937.
Il luteranesimo
oggi Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i luterani tedeschi confluirono nella
EKD (Evangelische Kirche Deutschlands = Chiesa Evangelica di Germania),
che accoglie anche i riformati tedeschi e nella VELKD (Vereinigte
Evangelische Lutherische Kirche Deutschlands = Chiesa Universale Evangelica
Luterana di Germania), che agisce all'interno della EKD con un orientamento
dottrinale solo luterano. .
Il
luteranesimo negli altri paesi europei Il luteranesimo attecchì nei paesi
baltici (Lettonia ed Estonia) e in quelli dell'Europa centro-orientale
(Ungheria, Slovacchia, Slovenia e Polonia), ma soprattutto molto bene nei
paesi scandinavi: In Danimarca, fu ufficialmente adottato da Federico I di
Schleswig-Holstein (1523-1533) come religione di stato. Sotto il successore
Cristiano III (1533-1559), il clero cattolico fu espulso e il luteranesimo fu
introdotto anche in Islanda. Seguì un periodo di declino fino alla rinascita
operata da Nicolai Frederik Severin Grundtvig. Dalla
conquista della Norvegia da parte dei danesi nel 1537, il Luteranesimo è
stato esclusiva religione di stato fino alle leggi di tolleranza nel 1845.
In Svezia fu l'attività
missionaria dei fratelli Petri (o Peterson) a spingere per l'introduzione
della Riforma, ratificata dalla dieta di Västerås del 1527. Tuttavia la
storia del luteranesimo in Svezia fu alquanto tribolata, osteggiata da re con
simpatie calviniste come Eric XIV (1560-1568) o cattoliche come Sigismondo
(1592-1604), ma già dal successore di quest'ultimo, Carlo IX (1604-1611), la
Riforma si consolidò per poi trovare nel famoso re Gustavo Adolfo (1611-1632)
il suo paladino durante la terribile guerra dei Trent'anni (1618-1648). Dal
punto di vista organizzativo e liturgico la Chiesa di Svezia ha mantenuto una
struttura cattolica (e in ciò assomiglia alla Chiesa Anglicana), benché dal
1593 abbia comunque aderito alla Confessione di Augusta, tuttavia,
particolarmente negli ultimi anni, la Svezia sta diventando uno dei paesi
più decristianizzati. Fino al
1809 la Finlandia ha fatto parte del regno di Svezia e quindi è stata
automatica la sua adesione alla Riforma
Luteranesimo
in Stati Uniti Il paese extra-europeo dove il luteranesimo ebbe il maggior
successo furono gli Stati Uniti d'America, dove la Riforma luterana fu
portata da coloni olandesi e svedesi nella prima metà del XVII secolo,
soprattutto nella tollerante Pennsylvania. Tuttavia l'impreparazione dei
pastori luterani locali non permise il salto di qualità fino all'arrivo in
America di una missione pietista, giunta nel 1742, con a capo Henry Melchior
Muhlenberg, che riorganizzò la Chiesa luterana in America. Le successive
massicce emigrazioni di tedeschi (5 milioni) e scandinavi (2 milioni) nel XIX
secolo svilupparono fortemente la presenza luterana sul territorio. Nel 1847
fu fondata la German Evangelic Lutheran Synod of Missouri (poi solo Lutheran
Church - Missouri Synod), che si mantenne sempre tradizionalista e
conservatrice. Oggi annovera circa 2.500.000 fedeli. Dopo divisioni e
contrasti vari, la linea principale dei luterani americani si è organizzata
nella ELCA (Evangelic Lutheran Church in America = Chiesa Evangelica Luterana
in America), che è la più grossa organizzazione luterana e raccoglie circa
5.200.000 fedeli.
Infine va ricordato che
quasi tutte le chiese luterane mondiali aderiscono alla Federazione luterana
mondiale.
Lutero, Martin (1483-1546)
La vita Martin
Luther (Martin Lutero), il grande riformatore tedesco, nacque il 10 Novembre
1483 ad Eisleben, una cittadina nella Turingia, regione centro-orientale
della Germania. Suo padre, Hans Luther, originariamente un contadino, fece
fortuna come imprenditore nelle miniere di rame, mentre la madre, Margarethe
Ziegler era una massaia. Nel 1484, poco dopo la nascita del piccolo
Martin, primogenito di sette fratelli, i genitori si trasferirono nel vicino
paese di Mansfeld, in seguito alla nomina del padre a magistrato di quella
cittadina. A Mansfeld L. frequentò la scuola di latino e nel 1497 L. si recò
a Magdeburgo, per intraprendere gli studi presso la scuola dei Fratelli
della Vita Comune, fondati dal mistico Geert de Groote (1340-1384). Tuttavia
L. vi rimase solo per un anno, andando a vivere successivamente da alcuni
parenti ad Eisenach, dove risedette fino al 1501. In quell'anno il padre lo
inviò ad iscriversi all'università della città imperiale di Erfurt, dove L.
studiò arti liberali, conseguendo il baccalaureato nel 1502 e il titolo di
magister artium nel febbraio 1505. E fu proprio il 1505 un anno cruciale
per il giovane L.: secondo i suoi biografi, il 2 Luglio ritornando ad Erfurt
dopo una visita ai genitori, L. incappò, vicino al villaggio di
Stotternheim, in un violento temporale e fu quasi ucciso da un fulmine. Nella
tormenta L., terrorizzato, fece voto a Sant'Anna, se fosse sopravvissuto, di
prendere i voti e mantenne la promessa due settimane più tardi, entrando,
contro la volontà paterna, nel convento agostiniano-eremitano di stretta
osservanza di Erfurt, dove pronunciò i voti nel 1506 e dove venne ordinato
sacerdote il 3 Aprile 1507. In convento, sotto la guida del frate superiore
Johann Staupitz, L. si dedicò allo studio degli scritti di Aristotele,
Sant'Agostino, Pietro Lombardo (1100-1160), e del filosofo scolastico Gabriel
Biel (1420-1495), commentatore del pensiero nominalista di Guglielmo di
Ockham, il cui orientamento teologico era dominante presso gli
agostiniani. Nel 1508, dietro raccomandazione di Staupitz, a L. venne
assegnata una cattedra di filosofia morale ed etica aristotelica
all'università di Wittenberg, appena fondata nel 1502 dal principe elettore
Federico III di Sassonia, detto il Saggio (1486-1525). Da Wittenberg il
futuro riformatore si recò nel 1510 a Roma, assieme al suo maestro Johann
Nathin, per portare una lettera di protesta in merito ad una diatriba interna
all'ordine agostiniano. L. ne approfittò per visitare la città, facendo il
giro dei luoghi santi, per guadagnare, come era consuetudine, indulgenze. Su
questo viaggio a Roma, i biografi differiscono nel giudizio: alcuni riportano
che L. ne ritornò disgustato dalla corruzione e dal rilassamento dei costumi
della corte di Papa Giulio II (1503-1513), altri raccontano che il viaggio
non ebbe particolare influenza sulle sue future scelte. Comunque,
ritornato in Germania, L. completò gli studi di teologia, diventando magister
in teologia nell'ottobre del 1512 e priore del convento di Wittenberg. Nel
1513 L. assunse la cattedra di esegesi biblica, che conservò fino alla
morte.
Lo sviluppo della dottrina di Lutero Nel periodo 1513-1519
L. tenne lezioni con commento su vari parti della Bibbia, come i Salmi e, in
modo particolare, le lettere di San Paolo ai Romani, ai Galati e agli Ebrei.
Proprio ad iniziare dal 1513 L. iniziò a preoccuparsi ed a riflettere sulla
salvezza e sull'incapacità dell'uomo di ottenerla: si allontanò deluso dalle
teorie occamiste per accostarsi agli scritti del fondatore del suo ordine,
Sant'Agostino, soprattutto quelli contro il pelagianismo. In quel periodo
L. faceva lunghe meditazioni solitamente isolandosi in una torre del
convento, dove, in un momento imprecisato tra la fine del 1512 e l'inizio del
1514, L. provò "l'esperienza della torre" (Turmerlebnis), una improvvisa
rivelazione, mentre egli leggeva e meditava sulla lettera di San Paolo ai
Romani, ed in particolare su alcuni passi, come: "Poiché non c'è distinzione:
tutti infatti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, essendo
giustificati gratuitamente per la Sua grazia, mediante la redenzione in Gesù
Cristo, che Dio ha esposto per espiazione col Suo sangue mediante la fede"
(Romani 3, 23-25), "Poiché noi riteniamo che l'uomo è giustificato per mezzo
della fede, senza le opere della legge" (Romani 3, 28), "Giustificati
dunque per la fede, abbiamo pace con Dio, per mezzo di Gesù Cristo, nostro
Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l'accesso a
questa grazia nella quale stiamo saldi e ci gloriamo, nella speranza della
Gloria di Dio." (Romani 5, 1-2).
Da queste meditazioni prese corpo la
dottrina di Lutero: L'uomo è peccatore, ma la volontà salvifica di Dio lo
giustifica, se egli ha fede in Lui. Comunque l'uomo diventa, attraverso la
fede, giusto, ma rimane peccatore allo stesso tempo (simul iustus et
peccator). Egli non può assolutamente concorrere alla propria salvezza:
questa non dipende dall'agire umano o dalle sue opere (come ad esempio le
indulgenze), ma si ottiene solo con la fede (in latino sola fide), la quale è
un esclusivo dono della grazia di Dio (sola gratia = in latino, solo
attraverso la grazia). Inoltre la fede trova il suo fondamento solamente
nella Parola di Dio, la Sacra Scrittura (sola scriptura = in latino, solo
attraverso la Scrittura), e non già nella sua interpretazione, nella
mediazione da parte del Magistero della Chiesa o nella Tradizione storica. Il
rifiuto della Tradizione portò quindi L. ad accettare solo due sacramenti, il
battesimo e l'eucaristia, in quanto erano gli unici direttamente citati dai
Vangeli. Inoltre la centralità della parola di Dio fece sì che L. desse
molta importanza all'uso della predicazione.
Lo strappo con la
Chiesa Cattolica Per un certo periodo, cioè fino al 1517, L. poté predicare i
suoi concetti con una relativa calma. Ma fu in quell'anno che l'occasione
dello scontro scaturì dall'episodio della raccolta delle indulgenze in
Germania. Questa fu organizzata dall'arcivescovo Alberto di
Magonza (Mainz)(1490-1545), diventato arcivescovo di Magdeburgo nel 1513 e
di Magonza nel 1514. Detti titoli non gli venivano certo
conferiti gratuitamente ed egli accumulò debiti nei confronti dei famosi
banchieri Fugger per un totale di 29.000 fiorini romani. Poiché nello
stesso periodo i papi Giulio II e poi Leone X (1513-1521) avevano indetto una
raccolta di indulgenze per finanziare il completamento della basilica di San
Pietro, Alberto riuscì a convincere la curia di assegnare a lui, per otto
anni, la gestione delle indulgenze in Germania, i cui introiti per metà
avrebbero sponsorizzato la basilica romana e per metà avrebbero appianato i
debiti dell'arcivescovo. Il grandioso e articolato programma di indulgenze
comprendeva l'assoluzione di peccati di tutti i generi e la remissione delle
pene di defunti, secondo un preciso tariffario, denominato Taxa camarae, il
cui elenco era un allucinante compendio di delitti e aberrazioni umane, come
omicidio (le tariffe variavano se l'omicidio era passato o ancora da compiere
(sic!) e a seconda dell'importanza dell'assassinato), aborto, incesto,
fornicazione di laici o di ecclesiastici (con tariffe differenziate nei casi
di fornicazioni verso donne, suore, parenti, bambini, bestie, ecc.),
concubinato, adulterio, truffa, spergiuro, furto, incendio, eresia,
contrabbando, consumo di carne in quaresima, simonia, e
quant'altro. Alberto di Magonza mise in campo i migliori predicatori
dell'epoca, tra cui il domenicano Johann Tetzel (1465-1519), che fu nominato
commissario delle indulgenze per la regione del Magdeburgo. Tetzel iniziò a
predicare nel 1516 nella regione e nell'Aprile 1517 fece un intervento a
Jüterbog. In quest'ultima occasione diversi cittadini di Wittenberg, a 30 km.
da Jüterbog, si recarono a sentire il predicatore e riferirono le
varie argomentazioni a L., che si decise di pubblicare il suo
pensiero sull'argomento riassunto nelle famose 95 tesi sulle
indulgenze. La leggenda racconta che egli affisse le sue 95 tesi il 31
ottobre 1517 sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg, ma pare lo
stesso interessato avesse smentito l'episodio. Le tesi, approvate perfino dal
suo vescovo, erano meno rivoluzionarie di quanto si vuole far credere: L.
aveva messo l'accento sulla mancanza della intima penitenza e della
piena conversione da parte del fedele, che doveva accettare la pena e
non sfuggirla, pagando. In linea di principio, però, L. non era contrario
alle indulgenze, che comunque non dovevano essere meritorie e sostitutive
della penitenza. La reazione della curia romana fu abbastanza tardiva,
nonostante che già in Dicembre 1517, Alberto di Magonza avesse informato Roma
sulle nuove dottrine di L. Solo verso Marzo 1518 fu iniziato un
procedimento contro il monaco tedesco, condotto dal domenicano Silvestro
Mazzolini, detto Prieras dal paese natale di Priero (Cuneo) (1456-1523), che,
come Sacri Palatii Magister, esaminò gli scritti di L., trovandoli eretici e
il 7 Agosto 1518 invitò il riformatore a recarsi a Roma per discolparsi.
Questo invito venne variato da un "breve" del papa del 23 Agosto, che ordinò
a L. di recarsi ad Ausgburg (Augusta) per farsi interrogare dal cardinale
domenicano Tommaso Caietano (1469-1534). L'incontro avvenne il 12 Ottobre, ma
L. non ritrattò nulla delle sue affermazioni e Caietano cercò inutilmente di
farlo catturare o espellere dai territori del principe di Sassonia. A
questo punto il papa inviò il nunzio papale Carl Von Miltitz (1480-1529), che
ottenne, dopo un incontro con L. il 4/5 Gennaio 1519, una tregua
nelle polemiche fino alla disputa di Lipsia, avvenuta dal 27 Giugno al 16
Luglio 1519, tra il teologo Johann Eck (1486-1543) e i due amici e colleghi
Andreas Bodenstein (Carlostadio) e L. stesso. Quest'ultimo, tirato dentro
in una polemica, che inizialmente si riferiva solamente ai primi due
contendenti, prese una posizione piuttosto decisa: negò il primato del papa,
l'infallibilità dei concili e assunse la Sacra Scrittura come supremo
riferimento. Il 1520 fu l'anno della definitiva rottura. L. scrisse le
seguenti tre opere: Le buone opere: la fede, dono di Cristo, era la fonte
delle opere buone. Il papato a Roma contro i celeberrimi romanisti a Lipsia:
la Cristianità non possedeva un capo sulla terra. Alla nobiltà cristiana
della nazione tedesca sul miglioramento della condizione cristiana: gli stati
secolari dovevano intervenire, se il papa rifiutava ogni
riforma.
Il 15 Giugno 1520 giunse la risposta di Papa Leone X con la
bolla Exsurge Domine minacciò la scomunica se L. non avesse ritratto entro 60
giorni quarantuno delle sue proposizioni. La risposta di L. fu il
durissimo opuscolo Adversus execrabilem Antichristi bullam, nel quale il
riformatore letteralmente "scomunicava" il papa, considerato un Anticristo.
Nonostante svariati tentativi di mediazioni da parte di Von Miltitz e
momentanei ripensamenti di L. stesso, si giunse all'atto finale: il 10
Dicembre 1520 L. bruciò, davanti agli studenti di Wittenberg, la bolla di
minaccia di scomunica, il codice di diritto canonico e la Summa theologiae di
San Tommaso. Il 3 Gennaio 1521 Papa Leone X firmò la bolla di scomunica Decet
Romanum Pontificem: Martin Lutero era scomunicato ed ufficialmente espulso
dalla gerarchia della Chiesa Cattolica.
La Riforma e le prime
divisioni Tuttavia nella dieta imperiale, convocata dall'imperatore Carlo
V (1519-1556) a Worms per il 6 Gennaio, l'imperatore stesso si trovò
nella spiacevole situazione di mediare tra le posizioni del papa, riassunte
dal nunzio Girolamo Aleandro (1480-1542), che chiedeva la consegna di L.
al braccio secolare e il rogo dei suoi scritti, e dei principi
tedeschi, rappresentati da Federico il Saggio, che chiedevano che fosse dato
a L. la possibilità di essere convocato per difendersi. Carlo V optò per
questa seconda soluzione e il 17 Aprile 1521 L. comparve davanti alla
dieta, trovandosi nuovamente quel Johann Eck della disputa di Lipsia: egli
rifiutò la ritrattazione di quello che aveva scritto e lasciò Worms il 26
Aprile su ordine dell'imperatore con un salvacondotto di 21 giorni. L'8
Maggio l'imperatore firmò l'editto di Worms, che condannava L., ordinava ai
principi di catturarlo e consegnarlo all'autorità imperiale e ordinava
il rogo dei suoi scritti, ma L. era già stato messo al sicuro da Federico
il Saggio, il quale aveva organizzato il 4 Maggio il finto rapimento di L. e
lo aveva fatto portare nella rocca di Wartburg. Qui il riformatore rimase
per 10 mesi, scrivendo diverse opere come De votis monasticis iudicium,
contro i voti dei monaci, ma soprattutto lavorando sulla traduzione del
Nuovo Testamento in tedesco. Ricomparve in pubblico nel Marzo 1522 per
bloccare gli estremismi di Carlostadio, che aveva distrutto le immagini
sacre, abolito le messe private e gli abati talari, e dei cosiddetti profeti
di Zwickau, capeggiati da Nicholas Storch, fanatici radicali
denominati abecedariani, che volevano eliminare tutti i preti e fondare il
regno di Dio in terra. L., con l'aiuto di Federico il Saggio, restaurò
l'ordine, ma si rese anche conto anche la riforma stava andando avanti con o
senza di lui. Per sua fortuna esistevano anche fedeli seguaci come Nikolaus
von Amsdorf, Georg Burckhardt (Spalatino) e soprattutto Philipp Schwarzerd
(Melantone), il grande teologo riformista. Nel Gennaio 1522 venne eletto
papa Adriano di Utrecht, con il titolo di Adriano VI (1522-1523), che tentò
inutilmente di convincere la dieta dei stati tedeschi a procedere contro L.,
anche se tentò qualche timido tentativo di riforma della Chiesa. Anche il
debole successore Clemente VII (1523-1534) non ottenne granché dagli stati
tedeschi, anzi dovette subire vari affronti, come lo strappo con
l'Inghilterra di Enrico VIII, il sacco di Roma del 1527 e la conseguente
prigionia. In compenso si rifiutò ostinatamente di convocare un concilio
generale, necessario per una profonda riforma della Chiesa. Il 1525 fu un
altro anno decisivo per L.: si sposò con l'ex-suora Caterina di Bora, ma
soprattutto dovette affrontare la grave crisi della rivolta dei contadini,
fomentati da Thomas Münster, ex-curato di Zwickau, e da Heinrich Pfeiffer,
che imperversarono nel paese con saccheggi, devastazioni e massacri. L.
intervenne, pubblicando un violento libello dal titolo Contro le brigantesche
e scellerate bande di contadini, dove rinnegò le sue precedenti posizioni di
tolleranza e incitò i principi a sterminarli: ciò avvenne nella battaglia di
Frankenhausen del 15 Maggio 1525 con l'uccisione sul posto di 5.000 contadini
(e 20.000 in seguito) e l'esecuzione dei loro capi dopo atroci
torture. Questo fatto colpì profondamente L., il quale si convinse che,
solo ricorrendo all'autorità dei principi e al varo di un nuovo
ordinamento ecclesiastico, era possibile garantire quella pace necessaria
allo sviluppo della riforma. Ai principi venne affidato il compito di
sorvegliare la vita ecclesiastica e venne data loro la libertà di scegliere
se aderire alla riforma, obbligando i loro cittadini di uniformarsi alla
decisione del regnante, secondo il principio (espresso successivamente nella
seconda dieta di Augusta del 1555) del cuius regio, eius religio, [nella sua
(del principe) regione, la sua religione]. Nacquero così, per decisione
della prima Dieta di Spira (Speyer) del 1526, le chiese territoriali
(Landeskirchen), che furono vere e proprie chiese di stato. Nel 1529 fu
invece convocata la seconda Dieta di Spira, che ribadì la validità delle
decisioni della Dieta di Worms del 1521: i principi che avevano aderito alla
riforma, protestarono contro queste decisioni ed in seguito a questo fatto, i
riformati sono universalmente noti come Protestanti. Tuttavia le divisioni
interne al movimento riformista continuarono con grande sconforto del loro
fondatore: nell'Ottobre dello stesso 1529 fu convocato il Colloquio di
Marburg, dove si approfondì il divario tra L. e lo zurighese Huldreich
Zwingli sul tema dell'Eucaristia. Nella prima dieta di Augusta del 1530 i
riformisti si presentarono separati e nonostante la conciliatoria Confessio
Augustana, tracciata da Melantone, lo strappo con i protestanti svizzeri, che
presentarono la loro Fidei ratio, divenne un dato di fatto: anche la grave
sconfitta militare che questi ultimi subirono nel 1531 a Zurigo (con la morte
di Zwingli) non permise un raccostamento ai fratelli tedeschi, ma casomai un
proseguimento nel calvinismo, culminato con la Confessio Helvetica del 1539.
La pace formale tra L. e Zwingli, sebbene di breve durata, avvenne nel 1536
alla Concordia di Wittenberg, dove perlomeno si ottenne un accordo per quanto
concerneva l'Eucaristia, tra i luterani tedeschi del nord e i riformatori
della Germania del sud, capitanati da Martin Butzer (Bucero). La minaccia
turca portò nel 1532 alla tregua di Norimberga con i cattolici, benché già
dal 1531 gli stati protestanti tedeschi si erano organizzati nella Lega
Smacaldica. Il confronto militare tra le due confessioni sfociò nel 1546-47
nella guerra smacaldica, a cui L. non assisté, poiché aveva cessato di vivere
il 18 Febbraio 1546. Gli ultimi anni della sua vita furono oscurati da
continui litigi dei suoi seguaci, da varie malattie e da interferenze dei
principi nella vita ecclesiastica. Nel Marzo 1545, un anno prima della sua
morte si aprì in pompa magna quel Concilio di Trento, che, tanto voluto,
deluse però le aspettative dei luterani e contro il quale L. scrisse il suo
più violento libello: Contro il papato in Roma fondato dal diavolo.
|
|
|
|