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MARTIN LURERO - GLI ERETICI
Testi tratti dal sito: www.eresie.it di Douglas Swannie

STORIA DELLE ERESIE - MARTIN LUTERO

Labadie (o de Labadie), Jean (1610-1674) e labadisti



Il teologo e mistico francese Jean Labadie, precursore dei movimenti
quietista e pietista, nacque nel 1610 a Bourg-en-Guyenne, nella regione del
Bordeaux, e proprio nel capoluogo omonimo studiò, dal 1625, presso il
collegio dei gesuiti, entrando successivamente nella Compagnia di Gesù.
Nel 1635 L. venne ordinato prete e per quattro anni si dedicò alla
predicazione e all'insegnamento, ma, spirito inquieto sempre più portato al
misticismo, decise nel 1639 di uscire dall'ordine per occuparsi solo delle
sue attività sacerdotali. Nel 1649 entrò nel convento carmelitano, appena
fondato nel 1641, di La Graville, vicino a Bernos, in Francia, ma l'impatto
delle sue idee mistiche e delle frequenti penitenze a cui si sottoponeva fu
elevatissimo sui confratelli. La tempestiva decisione del vescovo locale fu
quindi di espellere L. dal convento e, non riuscendo più a ricuperare la
situazione, di chiudere la comunità stessa.
L'anno successivo (1650) L. si convertì al calvinismo, ma portò con sé la
propria ansia interiore: rifugiatosi a Ginevra, tentò di fondare una
comunità mistica di adepti che si ritenevano predestinati alla salvezza e
che rifiutavano sacramenti, pratiche religiose, dogmi e gerarchia
ecclesiastica.
Ovviamente egli incontrò sempre la resistenza e l'ostilità della chiesa
ufficiale, sia cattolica che riformata. Dopo Ginevra, L. emigrò a
Middleburg, in Olanda, per fondare una propria comunità, la quale scisse
ogni legame con la Chiesa Riformata d'Olanda e organizzò la propria
esistenza in una sorta di comunismo cristiano.
Tuttavia le posizioni ferocemente adogmatiche di L., riassunte nel suo
Manuale di pietà, gli costarono l'espulsione dall'Olanda; venne allora
accolto in una comunità di lingua francese ad Altona, nella regione tedesca
dell'Holstein, dove morì nel 1674.
Dopo la sua morte, le congregazioni dei suoi seguaci, denominati labadisti,
continuarono il suo esperimento comunitario ancora per circa 60 anni, finché
nel 1732 vennero riassorbite dal movimento del conte pietista Nikolaus
Ludwig Graf von Zizendorf, fondatore della Herrnhuter Brüdergemeine
(comunità dei fratelli a Herrnhut).


Guyon, Jeanne-Marie Bouvier de la Mothe (detta Madame Guyon) (1648-1717)



La gioventù
La mistica Jeanne-Marie Bouvier (de la Mothe Guyon) nacque il 13 aprile 1648
a Montargis, nella provincia francese dell'Orléanais, da Claude Bouvier,
procuratore legale al tribunale di Montargis. Di costituzione fragile e
impressionabile, ella trascorse un'infanzia tribolata, cambiando spesso
scuola e sviluppando, sotto l'influenza di Marie Fouquet, duchessa di
Béthune-Charost (1640-1716), sua protettrice, un forte senso religioso
ascetico, che le fece propendere verso la decisione di entrare in convento.
Ma i genitori avevano deciso altrimenti e, all'età di 16 anni, Jeanne andò
sposa di Jacques Guyon, un ricco concittadino 22 anni più anziano di lei.
Nei 12 anni di matrimonio, G. perse due dei cinque figli e, nel 1676, il
marito stesso.


Guyon incontra Lacombe
Dopo esser diventata vedova (comunque benestante), G. affidò i figli ai
parenti e si ritirò sul lago di Ginevra, ad Annecy e a Thonon-les-Bains,
dove, nel 1681, incontrò il sacerdote barnabita, François Lacombe (o La
Combe) (1643-1715), che la influenzò verso una scelta ancora più
radicalmente mistica: G. infatti iniziò a mortificare il suo corpo con
azioni clamorose, spesso frustandosi, o portando foglie di ortica a diretto
contatto con la pelle o bevendo pozioni amarissime per rovinare
deliberatamente il gusto del poco cibo che mangiava.
Preoccupato per l'influenza negativa di certi esempi, il vescovo di Ginevra,
Jean d'Aranthon d'Alex (m. 1695) espulse Lacombe dalla diocesi e ordinò a G.
di andarsene: per cinque anni i due vagarono per il Piemonte (Torino e
Vercelli) e la Savoia (Grenoble) per propagandare le proprie idee mistiche,
finché un altro prelato, il vescovo di Grenoble, Etienne Le Camus
(1632-1707) non li espulse, a sua volta. Nel frattempo G. aveva fatto
pubblicare, proprio a Grenoble nel 1685, il suo lavoro più famoso: Moyen
court et facile de faire oraison (metodo breve e facile per pregare).
Lacombe e G. decisero quindi di recarsi a Parigi nel 1686, una scelta
decisamente infelice a causa della campagna lanciata proprio in quel periodo
dal re Luigi XIV (1654-1715) contro ogni forma di eterodossia cristiana,
quindi anche contro il quietismo e tutti i fenomeni mistici in Francia.
Lacombe fu arrestato nel 1687 e inviato alla Bastiglia, e successivamente al
castello di Lourdes (usato allora come prigione), dove morì nel 1715.


Guyon conosce Fenelon
G. fu, a sua volta, arrestata il 9 gennaio 1688 e rinchiusa in convento con
l'accusa di eresia, ma liberata l'anno dopo grazie ad un'abiura delle sue
idee e all'interessamento della sua protettrice, la Duchessa di
Béthune-Charost. Quest'ultima la introdusse nei circoli religiosi che
gravitavano intorno alla corte del re e che erano presieduti dalla moglie
morganatica di Luigi XIV, Francoise d'Aubigne, Marchesa de Maintenon
(1635-1719).
Qui G. conobbe l'abate François de Fénelon, che, rimasto affascinato dalla
spiritualità e pietà della mistica, ne divenne (sebbene con una serie di
distinguo) il discepolo, ed anche il suo difensore contro le accuse
formulate dal predicatore e vescovo di Meaux Jacques Bénigne Bossuet
(1627-1704).


Condanna e fine di Guyon
Ben presto, tuttavia, il suo linguaggio paradossale ed estremo e le sue idee
mistiche quietiste sconcertarono i suoi amici e la posero al centro di una
inchiesta ecclesiastica.
Infatti il vescovo di Chartres, Paul de Godet des Marais (1647-1709) aveva
sottoposto i lavori di G. ad una commissione riunitasi ad Issy e di cui
faceva parte Bossuet e Fénelon (diventato nel frattempo arcivescovo di
Cambrai), e che condannò nel 1694 le idee di G. con un documento contenete
34 articoli, detti per l'appunto, Articoli di Issy. Tuttavia, poco dopo,
quando Bossuet volle pubblicare un ulteriore approfondimento sui 34
articoli, Fénelon si rifiutò di firmarli e anzi alimentò la polemica,
pubblicando nel 1697 la propria rilettura in un libro denominato
Explications de Maximes des Saints (spiegazioni delle massime dei santi).
Nel frattempo il momento favorevole per G. volgeva al termine: venne
ospitata, come si direbbe oggigiorno, in libertà vigilata, a Meaux, sotto il
controllo di Bossuet, al quale consegnò la sua sottomissione scritta alla
condanna di Issy, ma poco dopo scomparve. Bossuet la fece cercare e
arrestare nel dicembre 1695 da parte della polizia, che la rinchiuse nella
Bastiglia, dove, il 23 agosto 1696, ella firmò un'ulteriore sottomissione.
G. rimase in carcere per più di sette anni e venne liberata il 21 marzo 1703
a condizione che si ritirasse nella tenuta del figlio a Blois. Qui G.
trascorse gli ultimi anni della sua vita in opere di carità, ricevendo
ospiti e ammiratori stranieri (soprattutto inglesi, olandesi e tedeschi) e
vi morì il 9 giugno 1717.


Il pensiero e le opere
Nelle sue opere G. descrisse di aver sperimentato una serie di esperienze
interiori, basate su tre momenti:
Una prima (l'unione dei poteri), della durata di otto anni, in cui lei aveva
percepito la presenza di Dio come una realtà tangibile.
Una seconda (la morte mistica), di sette anni, in cui lei era entrata in una
fase di crisi e dove aveva perso il senso della grazia di Dio.
Una terza fase (lo stato apostolico), dove era risorta a nuova vita e dove
Dio era parte integrante della sua sostanza e agiva in lei, facendole
scrivere cose notevoli senza preparazione apparente o senza riflettere.
Giunta a questo livello, G. affermava di non poter più peccare, poiché il
peccato era parte del proprio sé e lei se ne era sbarazzato (del suo sé).
Tutto ciò fu da G. descritto nelle sue opere, raccolte in ben 40 volumi, ma
molte di esse furono poste all'Indice, tra cui Règles des assocées à
l'Enfance de Jesus (regole degli associati all'Infanzia di Gesù), Les
torrents spirituels (i torrenti spirituali) o il più noto Moyen court et
facile de faire oraison (metodo breve e facile per pregare), quest'ultimo
pubblicato, come già detto, a Grenoble nel 1685, dove la mistica insegnava
che la preghiera non veniva fatta per nessun secondo fine, neppure la
salvezza, ma solo come atto di sottomissione a Dio.
Rispetto al filone principale del quietismo, rappresentato da Miguel de
Molinos, G.  respinse l'idea del mistico spagnolo che bisognava non offrire
resistenza alle tentazioni: sicuramente la vita di G. fu movimentata, ma non
si può certo dire che non sia stata più che virtuosa.
I migliori estimatori delle opere di G. sono comunque da annoverare tra i
protestanti, e non fra i cattolici: furono i calvinisti olandesi a
pubblicare l'elenco completo delle sue opere e i suoi lavori sono ancora
letti in Germania, Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti, soprattutto presso i
quaccheri e i metodisti.


Beghine e begardi (o bizocchi o pinzocheri o beghini) (dal XIII secolo)



Il fenomeno medioevale delle beghine vide, per la prima volta, le donne
prendere l'iniziativa in un importante movimento religioso.


L'etimologia
L'etimologia del nome beghina è oscura: l'ipotesi più probabile è che derivi
dalla parola fiamminga medioevale beghen, che significa pregare. Altri lo
collegano:
al francese begard (mendicare),
al sassone (e inglese) beg (chiedere l'elemosina),
a San Bega (o Begga), patrono di Nivelles, in Brabante (Belgio) dove fu
fondata una delle prime comunità,
al prete (o frate) fiammingo Lambert le Bègue (cioè il Balbuziente),
fondatore a Liegi nel 1170 di una comunità per vedove e orfani dei crociati,
a un supposto collegamento con gli (al)bigesi (o catari),
al colore beige del vestito portato dagli aderenti al movimento.


L'origine
Nel XII secolo, particolarmente in Francia, Germania e nei Paesi Bassi, vi
era un numero elevato di donne sole, di estrazione sociale medio-bassa, che
non potevano maritarsi per penuria di uomini decimati da crociate o guerre
locali e non venivano, d'altra parte, accettate dai pochi conventi femminili
esistenti all'epoca, più interessati a domande provenienti da fanciulle
ricche e nobili.
L'unica alternativa per queste donne era di vivere da sole nelle periferie
delle città, pregando e occupandosi di lavori manuali o di insegnamento.
Con l'andare del tempo molte di esse, chiamate beghine (vedi sopra per
l'etimologia), unirono le loro dimore, l'una vicino all'altra, e da questo
nacquero le prime comunità, denominate beghinaggi, il primo dei quali
comparve nel 1170 circa a Liegi (o forse a Nivelles) in Brabante (Belgio) su
iniziativa del prete Lambert le Bègue.
Le b. non erano delle suore, non prendevano infatti i voti e potevano
ritornare alla vita normale in qualsiasi momento: vivevano in castità e
spesso dedite alla carità, un po' come delle converse, cioè delle suore
laiche.
Inoltre non chiedevano l'elemosina (da cui si capisce che è errata
l'etimologia da beg o begard), ma mantenevano le loro proprietà originarie,
se ne avevano, oppure, se necessario, lavoravano, per esempio filando la
lana o tessendo.
La prima donna ad essere identificata come b. fu la mistica Maria di
Oignies, che influenzò il cardinale Jacques di Vitry (1160-1240), protettore
del movimento, di cui Vitry ottenne il riconoscimento, purtroppo solo a
parole, da Papa Onorio III (1216-1227) nel 1216.
Con l'andare del tempo i beginaggi divennero delle vere e proprie comunità,
orientate alla cura dei malati e all'aiuto di donne sole, non accettate dai
conventi.
Ci furono beginaggi, forti anche di migliaia di b. (come a Ghent), in tutte
le città e paesi del Belgio e dell'Olanda, dove, nonostante le vicissitudini
storiche (furono per esempio aboliti durante la Rivoluzione Francese),
esistono oggigiorno, dopo ben sette secoli, ancora 11 comunità in Belgio e 2
in Olanda.


I begardi
Ci fu anche una forma maschile di b., che ebbe minore diffusione rispetto
alla controparte femminile e fu denominata (con un connotato negativo in
senso eretico) begardi.
In Italia vennero denominati anche bizzocchi o pinzocheri o beghini e
condussero spesso una vita da predicatori erranti (molto diffusa nel
Medioevo) e furono molto impegnati nel denunciare il nicolaismo e la
corruzione del clero, propendendo per una vita apostolica e povera, come
quella di Gesù e dei primi Apostoli.
Su questi punti in comune si allearono spesso con i Francescani spirituali
nel combattere il comune nemico Papa Giovanni XXII (1316-1334), che contro
di loro scatenò il famoso (o meglio famigerato) inquisitore Bernardo Gui
(1261-1331).


La condanna
Benché le b. non dessero alcun segno di eresia (per i begardi il discorso è
più complesso), esse vennero dapprima condannate allo scioglimento delle
loro comunità dal IV Concilio Laterano (1215), ma successivamente accettate
verbalmente da Onorio III nel 1216 ed approvate da Papa Gregorio IX
(1227-1241) nella sua bolla Gloriam virginalem del 1233, il che non impedì,
tuttavia, il rogo della prima b. condannata come eretica, una tale Aleydis.
Nonostante l'approvazione papale, negli anni successivi seguì una raffica di
condanne, a loro carico, ai sinodi di Fritzlar (1259) e Mainz (1261),
concilio di Lione (1274), sinodi di Eichstätt (1282) e Béziers (1299), ed
infine al Concilio di Vienne (1311-12), dove vennero condannate come
eretiche, sebbene venisse precisato nel contempo che non c'era nulla di male
in comunità formate da donne penitenti anche senza che esse avessero preso i
voti.
Nel 1310 fu bruciata sul rogo Marguerite La Porète, una b. con simpatie
verso i Fratelli del Libero Spirito ed autrice del libro Le miroir des
simples âmes (lo specchio delle anime semplici), attribuito per anni a Santa
Margherita d'Ungheria.
Il solito Giovanni XXII perseguitò con furore beghine e begardi, come si è
detto, mediante Bernardo Gui, benché il Papa stesso cercasse di distinguere
tra forme eretiche e forme ortodosse del movimento.
Pur tuttavia, l'elenco dei processi e relativi roghi di b. durante questo
periodo, soprattutto in Francia meridionale, è impressionante: a Marsiglia
(il beghino Pierre Trancavel e sua figlia Andreina), Narbona, Carcassonne,
Béziers e Tolosa si giustiziarono senza pietà i b.
Alcuni episodi denotarono l'accanimento degli inquisitori, come a Lodève,
dove fu bruciata la b. Esclarmonda Durban, e, quando il fratello cercò di
raccoglierne le reliquie, fu giustiziato anche lui. O a Mirepoix, dove si
dovettero costruire delle nuove carceri tanti che erano gli "eretici" (b.,
spirituali, catari) in attesa di essere interrogati dall'Inquisizione. O nel
1325 a Carcassonne dove 82 b. vennero processati semplicemente per
manifestazioni di devozione sulla tomba del capo degli spirituali francesi,
Pietro di Giovanni Olivi.


La dottrina
La stragrande maggioranza delle b. e dei begardi era cattolica ortodossa, e
tutt'altro che eretica, tuttavia fu la vicinanza e la frequentazione dei
Francescani spirituali e dei Fratelli del libero spirito (delle cui dottrine
venne accusata Margherita la Porète), che permise agli inquirenti di fare di
tutte le erbe un fascio e processare anche gli aderenti al movimento b.,
soprattutto i begardi.
Giovanni XXII cercò di distinguere in b. buoni e cattivi, tracciando una
linea immaginaria tra i "cattivi", che stavano in Italia e in Francia
meridionale (Provenza e Linguadoca) e i "buoni" che stavano in Germania,
Paesi Bassi e Francia settentrionale, ma questa classificazione era alquanto
semplicistica.
Oltretutto, durante il periodo di persecuzioni, era sufficiente che il b., a
cui venisse ordinato di ritirarsi in clausura in un ordine religioso
"approvato", si opponesse alla questa decisione per essere automaticamente
considerato eretico.
Infine il linguaggio, volutamente provocatorio, di alcuni scritti, come
quelli di Margherita la Porète fu strumentalmente interpretato dagli
inquisitori come dichiarazioni di antinomismo.


Messaliani o euchiti o adelfiani o lampeziani o entusiasti ed eufemiti (IV
secolo)



Una setta eretica del IV secolo, che credeva che, in seguito al peccato
originale di Adamo, ognuno avesse un demone unito alla propria anima e che
esso non fosse stato espulso con il battesimo: l'unica maniera di espellerlo
 era la continua ed incessante preghiera con lo scopo di eliminare ogni
passione e desiderio.
Il nome messaliani, infatti, deriva dall'aramaico mètzalin, cioè preganti e
la stessa etimologia aveva la versione greca del loro nome, euchiti da
euchetai.
Comparvero intorno al 360 in Mesopotamia, come setta fondata da un certo
Adelfio (da cui il nome adelfiani), espulso da Antiochia nel 376 dal vescovo
Flaviano e autore del testo base della setta, Asceticus.
Una ulteriore condanna fu loro inflitta dal sinodo di Side del 390 ca. e dal
concilio di Efeso del 431(dove venne condannato il loro libro Asceticus).
Eppure la setta continuò ad esistere: alla metà del V secolo, il loro capo
era il prete Lampezio (da cui un ennesima versione del loro nome), il quale
scrisse un loro nuovo testo, chiamato Il testamento. In Armenia la setta,
pur combattuta anche dalla Chiesa Nestoriana, continuò a prosperare fino al
IX secolo.
I m. influenzarono alcune eresie medievali come i pauliciani, i bogomili e i
fratelli del Libero Spirito.
Essi, come si diceva, praticavano la preghiera incessante e la danza
estatica, durante le quali erano posseduti dallo Spirito Santo (da cui,
letteralmente, il nome di entusiasti, cioè "posseduti da Dio"), si
rifiutavano di lavorare, vivendo nelle piazze e vagando da una città
all'altra e prendendo, secondo loro, ad esempio la vita itinerante di Gesù e
gli apostoli.
Essi, inoltre, consideravano inutili i sacramenti e la mediazione della
Chiesa.
Secondo Sant'Epifanio, esisteva, inoltre, un'altra setta molto simile, non
cristiana, ma che adorava un unico Dio onnipotente. I seguaci di questa
setta erano chiamati anche eufemiti e furono considerati i precursori dei
messaliani, con i quali vennero spesso confusi.


Lando, Ortensio (fra Geremia da Milano) (ca.1512-dopo 1555)



La vita
Il predicatore, scrittore e traduttore Ortensio Lando nacque a Milano nel
1512 circa e, dopo essersi dedicato a studi letterari e umanistici, entrò
nell'ordine agostiniano, cambiando il proprio nome in fra Geremia da Milano.
Dal 1531 al 1533 L. fece parte del convento di San Giacomo Maggiore a
Bologna, dove poté, assieme ai concittadini milanesi Giulio Della Rovere e
Ambrogio Cavalli, all'umanista abruzzese Giovanni Angelo Odoni e allo
studente di diritto Fileno Lunardi (che alcuni identificano con Camillo
Renato), approfondire i suoi studi sul pensiero di Erasmo da Rotterdam.
Vero spirito inquieto, che per tutta la sua vita errò da un convento
all'altro (Milano, Napoli, Bologna), nel maggio 1534 L. fu invitato a Lucca,
nella villa di Forci, dall'influente mercante Vincenzo Buonvisi, conosciuto
a Lione. A Forci il predicatore milanese conobbe (e descrisse nelle sue
Forcianae Quaestiones del 1535) la crema dell'oligarchia lucchese, come gli
Arnolfini, i Guidiccioni, i Guinigi, e ritrovò il confratello Giulio Della
Rovere. Anche a Forci si discuteva entusiasticamente del pensiero di Erasmo,
il cui trattato Ciceronianus era stato approfondito nel Cicero relegatus et
Cicero revocatus, la prima opera di L., dove egli scrisse delle due anime,
erasminiana e ciceroniana, che si dibattevano in lui.
In seguito, L. maturò la decisione di abbandonare la tonaca, in particolare
dopo che aveva aderito intorno al 1550 alla dottrina luterana della
giustificazione per fede. Dovette quindi riparare all'estero, per sfuggire
alle persecuzioni, e qui condusse una vita irrequieta e vagabonda tra
Francia, Germania, e Svizzera, rientrando ogni tanto in Italia, per esempio
a Venezia.
Dopo il 1555 si perdono le sue tracce.


Le opere
L., definito un "poligrafico", o più crudamente un grafomane, da Manfred
Welti, fu infatti uno scrittore molto prolifico: a parte i già citati Cicero
relegatus et Cicero revocatus e Forcianae Quaestiones, egli pubblicò una
trentina di testi, fra cui il dialogo In desiderii Erasmi funus, pungente
attacco contro quei riformatori che avevano tradito lo spirito erasmiano, il
Commentario delle più notabili e mostruose cose d'Italia, descrizione di un
singolare viaggio intrapreso da un cittadino di Utopia attraverso la
penisola, i trenta Paradossi pubblicate nel 1544 dove dissertò sulla
povertà, l'ignoranza, la guerra, la prigionia e la morte ed infine molti
testi contenenti aforismi di stile molto dissacrante.
Infine L. curò la prima traduzione italiana dell'Utopia del grande filosofo
inglese Tommaso Moro (Thomas More) (1478-1535).


Vergerio, Pier Paolo, vescovo di Capodistria (1498-1565)



I primi anni
Pier Paolo Vergerio nacque nel 1498 a Capodistria, ai tempi parte della
Repubblica di Venezia, da una famiglia nobile impoverita, che contava tra i
propri avi l'umanista Pier Paolo Vergerio senior (1370-1444), in onore del
quale il padre di V., Girolamo, diede il nome al più famoso dei suoi otto
figli. A causa della situazione economica non certa agevole della famiglia,
ben cinque figli di Girolamo furono avviati alla carriera al servizio della
Chiesa: Giacomo (frate francescano), Aurelio [m. 1532, segretario di Papa
Clemente VII (1523-1534)], Giovanni Battista (m. 1548, vescovo di Pola),
Coletta (suora) e il nostro Pier Paolo.
Questi, dopo un periodo di studi a Venezia, si iscrisse alla facoltà di
legge a Padova nel 1517 e il 21 maggio 1524 si laureò in diritto civile.
Successivamente V. continuò a risiedere come procuratore legale a Padova,
dove frequentò il circolo culturale raccolto intorno al poeta e futuro
cardinale Pietro Bembo, protagonista, assieme al grecista di origine
albanese Nicolaus Leonicus Thomaeus (Niccolò Leonico Tomeo) (1456-1531), del
primo lavoro di V., il dialogo De republica Veneta.


V. al servizio del papato
Nel 1526 V. sposò Diana Contarini, ma la moglie morì solo un anno dopo e nel
1532, seguendo il fratello Aurelio, segretario di Papa Clemente VII, egli si
recò a Roma, dove entrò, anch'egli, come segretario al servizio del
pontefice. Alla morte di Aurelio nel settembre 1532, Clemente VII diede a V.
il ruolo di segretario del codice e del cifrario segreto, che era stato del
fratello defunto.
Ma V. non poté godere della sua nuova posizione, perché fu immediatamente
mandato, nell'ottobre dello stesso anno, in missione a Venezia per cercare
di convincere la Serenissima ad entrare in un'alleanza anti-turca.
Cambiate le priorità di tema di politica estera del papato, nella primavera
1533 V. fu inviato a Vienna come nunzio pontificio presso Ferdinando I,
arciduca d'Austria (arciduca, poi imperatore: 1521-1564), che lo accolse
favorevolmente e lo convinse di intercedere, presso la Santa Sede, a favore
di una pace stipulata con i turchi, respinta da Clemente VII.
Significative di questo periodo furono le lettere scambiate tra V. e il
protonotario apostolico Pietro Carnesecchi (entrambi avrebbe aderito in
seguito alla Riforma) su come fermare il dilagare dell'eresia luterana!
Nel 1534 morì Clemente VII ed il nuovo papa Paolo III (1534-1549) inviò V.
nel 1535 in Germania con lo scopo di indagare sul gradimento dei principi
tedeschi della sede di Mantova per il concilio, che il papa voleva
convocare. V. ebbe anche un incontro con Martin Lutero a Wittenberg nel
novembre dello stesso anno, ma non ne fu affatto impressionato
favorevolmente, anzi lo considerò uno spaccone, pronto ad accusare il papa
ad ogni occasione, e che - secondo V. - sarebbe stato ridimensionato, una
volta fosse stato pubblicamente condannato durante il concilio.


Vescovo di Capodistria
Rientrato in Italia nel 1536, nel maggio dello stesso anno, probabilmente
dopo essere stato ordinato e consacrato vescovo, V. fu ricompensato con il
piccolo vescovado di Modrus (o Modrussa), vicino a Fiume, in Croazia,
tuttavia, grazie all'intermediazione di Ferdinando I, in settembre, gli fu
offerto quello, strategicamente più interessante, di Capodistria, sebbene
sulla sede istriana, già piuttosto povera di proventi (circa 200 ducati
l'anno), gravava oltretutto l'obbligo di pagare una lauta pensione di 50
ducati al segretario del cardinale Alessandro Farnese (1520-1589), il
capodistriano Antonio Elio.
Farnese, nipote di Paolo III, sarebbe diventato negli anni successivi uno
dei principali accusatori di V.
Questa situazione amareggiò moltissimo il neo-eletto vescovo, i cui
tentativi di ribellarsi da questo pesante giogo furono bloccati dal nunzio
apostolico a Venezia, Girolamo Verallo [1497-1555, zio del futuro papa
Urbano VII (1590)], dal cardinale Farnese e perfino da Paolo III in persona:
V. meditò allora di rinunciare alla diocesi e nel frattempo fece diversi
viaggi tra il 1536 ed il 1541.


V. e gli spirituali
Fu così che egli conobbe a Mantova il cardinale Ercole Gonzaga (1505-1563),
simpatizzante per la corrente degli ecclesiastici spirituali, attraverso il
quale V. apprese le predicazioni di Bernardino Ochino, ma soprattutto a Roma
nel 1539 entrò in contatto con i cardinali Gasparo Contarini e Reginald
Pole, con Alvise Priuli, Vittoria Colonna e Marcantonio Flaminio. Nel marzo
1540, al seguito del cardinale Ippolito d'Este (1509-1572), egli intraprese
in viaggio verso la Francia, passando prima da Ferrara, dove conobbe Renata
d'Este, cognata del cardinale Ippolito e nota protettrice dei riformati, in
quanto di fede calvinista ella stessa.
In Francia, V. fu incaricato dal re Francesco I (1515-1547) di presiedere al
Colloquio di religione di Ratisbona dell'aprile 1541, che doveva sviluppare
un documento comune tra cattolici e protestanti e al quale partecipò anche
Gasparo Contarini, come legato pontificio. Qui ebbe la possibilità di
conoscere i principali riformatori del momento, come Melantone, Bucero e
Jakob Sturm (1489-1553).


Primi sospetti sulla sua ortodossia
Finalmente nell'estate 1541 V. rientrò nella sua diocesi di Capodistria,
dove lottò contro gli abusi e si dedicò al miglioramento disciplinare del
proprio clero, ma si mise in contrasto con i propri superiori, come il
nunzio apostolico a Venezia, Giorgio Andreassi. Ma cresceva nel frattempo il
suo impegno riformatore: nel 1542 egli fece pubblicare a Venezia il suo
discorso De unitate et pace Ecclesiae, dove auspicava la conciliazione di
cattolici e protestanti e, in sintonia con il fratello Giovanni Battista,
vescovo di Pola, promulgò la diffusione del Beneficio di Christo, di
Benedetto Fontanini da Mantova nella sua diocesi, e questo aumentò i
sospetti di eresia nei suoi confronti: un primo procedimento fu aperto nei
suoi confronti il 13 dicembre 1544, ma fu poi prosciolto.
Nel dicembre 1545 V. visitò Brescia, dove fu ospite di Fortunato Martinengo,
ma il suo viaggio fu interpretato dai suoi nemici, soprattutto dal vescovo
di Milopotamos e Cheronissa (sull'isola di Creta, in Grecia), Dionisio
Zanettini, detto il Grechetto (vescovo: 1538-1549), come parte della sua
strategia per diffondere l'eresia luterana. Nonostante i crescenti sospetti
sul suo conto, nel gennaio 1546 V. viaggiò alla volta di Trento per prendere
parte al Concilio (lavori ufficiali: 1545-1563), ma la reazione dei legati
pontefici e del cardinale ospitante, Cristoforo Madruzzo (1512-1578), fu
cortese, ma categorica: solo se V. avesse dimostrato la sua estraneità alle
accuse di eresia, sarebbe stato ammesso ai lavori del Concilio.


V. accusato di eresia
Rientrato, deluso, alla sua diocesi, V. si accorse oramai di essere al
centro di un procedimento ecclesiastico contro di lui. Infatti il 2 giugno
1546 il nunzio apostolico Giovanni Della Casa (1503-1556) lo mise
ufficialmente sotto accusa ed egli fu interrogato davanti al Tribunale
dell'Inquisizione, dove si batté strenuamente per essere riconosciuto
innocente, nonostante l'offensiva inesorabile del cardinale Farnese e dei
suoi alleati.
Poco dopo, tuttavia, avvenne l'episodio, che si può definire, parafrasando
la vita di Lutero, l'esperienza della torre (Turmerlebnis) del prelato di
Capodistria: egli infatti assistette all'agonia di Francesco Spiera,
l'avvocato di Cittadella (vicino a Padova), che, dopo essere stato costretto
ad abiurare, si era convinto di aver tradito Gesù Cristo e il Vangelo, e di
essere destinato alla dannazione eterna, entrando quindi in una profonda
depressione, e ammalandosi rapidamente. Nonostante le cure dei medici e il
conforto di V., accorso al suo capezzale, Spiera morì il 27 dicembre 1548,
schiacciato dal rimorso, a soli 46 anni.
L'episodio dell'avvocato di Cittadella (raccontata poi nella sua opera
Historia di Francesco Spiera del 1551), unito alla morte dell'amato fratello
Giovanni Battista (al quale successe, come vescovo di Pola, proprio Antonio
Elio, il protetto del cardinale Farnese!), diede a V. la forza di prendere
la via dell'esilio: il 1 maggio 1549 V. fuggì dall'Italia per giungere, due
settimane dopo, a Chiavenna, dal 1512 parte del cantone protestante dei
Grigioni. Nel frattempo, egli fu condannato (in contumacia) per eresia a
Roma il 3 luglio 1549 sulla base di 34 capi d'accusa.


V. in Svizzera
Nel Cantone Grigioni egli fu accolto calorosamente dalla comunità riformata
locale, formata da fuoriusciti italiani, come il pastore di Chiavenna
Agostino Mainardi, l'ex predicatore agostiniano Giulio Della Rovere o
l'umanista sardo Sigismondo Arquer.
In seguito V. si recò a Coira per conoscere i capi delle chiese protestanti
del cantone, poi si stabilì a Poschiavo, dove operava Dolfino Landolfi,
unico stampatore italiano protestante della Valtellina e che pubblicò
diversi scritti che l'ex vescovo di Capodistria si era portato con sé nella
fuga. Altre importanti opere, come i Dodici trattatelli o le Otto difesioni
furono invece pubblicate a Basilea all'inizio del 1550.
Nello stesso periodo, con sorprendente umiltà, accettò di diventare pastore
della chiesa riformata di Vicosoprano, in Val Bregaglia, che trasformò in
una valle di sicura fede riformata.
Nel stesso 1550 conobbe Celio Secondo Curione, nei confronti del quale
comunque sviluppò un'antipatia contraccambiata: V. accusò infatti l'umanista
torinese di essersi convertito all'anabattismo e questo ricambiò l'attacco,
accusando V. di introdurre concetti luterani in zone svizzere di fede
zwingliana. Tuttavia V. non amava le dispute teologiche e le sottigliezze,
che dividevano il mondo protestante: il suo riferimento era l'irenismo di
Melantone. Per questo, esasperato dalle interminabili polemiche tra Mainardi
e l'anabattista Camillo Renato, V. decise di accettare, nel 1553, l'offerta
del Duca Christoph del Württemberg (1550-1568) di trasferirsi a Tubinga come
consigliere religioso.


V. in Germania
Arrivato quindi a Tubinga nel 1553, V. trovò un ambiente ideale per
lavorare: il ducato era stato convertito alla Riforma dal moderato luterano
Johannes Brenz. Su incarico del duca, V. viaggiò in Germania, Austria e
Polonia (qui incontrò il principe Alberto di Brandeburgo), dove cercò
inutilmente di riappacificare le varie anime del protestantesimo locale,
cioè luterani, calvinisti e Fratelli Boemi sulla base della Confessio
Augustana.
Nel 1555 V. venne contattato dall'umanista Olimpia Morato, residente a
Heidelberg, che gli chiese di tradurre il Grande Catechismo di Lutero in
italiano, ritenendo che potesse essere di grande utilità "ai nostri italici,
specialmente alla gioventù" (tuttavia V. non poté esaudire la richiesta).
Un'altra esule italiana, la nobile Isabella Bresegna (moglie di don Garcia
Manrique, governatore di Piacenza), già in contatto con i circoli valdesiani
a Napoli, fu successivamente convertita alla Riforma ed andò esule in
Germania proprio presso l'ex vescovo di Capodistria.
Ma l'attività principale di quest'ultimo fu quella di polemista e
pubblicista, che ebbe un nuovo impulso dopo l'incontro con il sacerdote
sloveno Primoz Trubar (1508-1586), passato all'evangelismo e diventato
pastore luterano in Germania. Il capodistriano non era un grande teologo, ma
sicuramente un ottimo divulgatore e dalla collaborazione dei due nacquero
diverse opere religiose in lingua corrente per un uso più ampio, tra cui la
prima traduzione in sloveno del Nuovo Testamento. In seguito i due
corregionali, con l'aiuto del barone Johannes Ungnad von Sonneck
(1493-1564), ex governatore della Stiria e della Carinzia, impiantarono una
tipografia e un istituto biblico a Urach (vicino a Tubinga), che, dal 1561
al 1564, sfornò una impressionante serie di opere religiose (37 libri per un
totale di 25.000 copie) in sloveno, croato e italiano, tra cui il Piccolo
Catechismo di Lutero, il Beneficio di Christo, la Confessio Augustana e la
sua relativa Apologia.
V. morì a Tubinga il 4 ottobre 1565.


Landolfo Cotta (m. 1061)



Prete di Milano, nel 1045 Landolfo fu nominato dal clero milanese come uno
dei quattro candidati, assieme a Anselmo da Baggio, Arialdo da Carimate e
Attone al seggio di arcivescovo di Milano, dopo la morte di Ariberto di
Intimiano.
Tuttavia, l'imperatore Enrico III, detto il Nero (1017-1056), disattendendo
le aspettative dei milanesi e in contrasto con la tradizione di una nomina,
di fatto, autonoma, decise di nominare Guido da Velate, uomo corrotto e
simoniaco, che portò il livello di reputazione dell'arcivescovado di Milano
ai minimi storici. Grande scandalo, per esempio, suscitava la pratica, nota
come nicolaismo e alquanto diffusa all'epoca di Guido, dei religiosi, che
vivevano in concubinato con donne.
Come reazione a questa corruzione dilagante, si formò quindi il movimento
riformatore dei patarini, che coinvolse a vario titolo tutti i candidati
sopracitati, ma che vide soprattutto emergere la figura di San Arialdo da
Carimate e, in tono minore, quella di L.
Arialdo e L. incitarono, infatti, con successo la popolazione a rifiutare i
sacramenti dai  sacerdoti corrotti e nicolaiti, riportando di attualità un
atteggiamento, che ricordava quello degli intransigenti del III e IV secolo:
Novaziano, Melezio di Licopoli e Donato di Numidia.
La reazione dell'arcivescovo Guido non si fece attendere e, prendendo
pretesto dagli  scontri armati fra opposte fazioni, esplosi il 10 maggio
1057 durante una processione, egli scomunicò sia Arialdo che L.
Tuttavia il papato stesso, uscito dallo sciagurato periodo di Papa Benedetto
IX (l'unico che aveva regnato indegnamente per 3 pontificati, nel 1032-1044,
nel 1045 e nel 1047-1048) era percorso da correnti riformatrici, ad
incominciare già da Papa San Leone IX (1049-1054), il quale aveva condannato
il concubinato e simonia dei preti nel 1050.
L. cercò di recarsi nel 1057 a Roma per perorare la causa dei patarini
presso Papa Stefano IX (1057-1058), ma fu intercettato presso Piacenza dai
sicari dell'arcivescovo e quasi ucciso.
Purtroppo l'assassinio venne solo rinviato di un anno: il lunedì di Pasqua
del 1058, mentre pregava in Chiesa, L. fu gravemente ferito da un religioso,
sicario prezzolato (sic!).
L. non si ristabilì mai completamente e morì in seguito a complicazioni
polmonari nel 1061.
Sarebbe toccato successivamente a suo fratello Erlembaldo continuare l'opera
di riforma dei patarini, a fianco di Arialdo.



Blaurock (o Cajacob o vom Hause Jakob), Jörg (ca. 1491-1528)



Jörg vom Hause Jakob (Giorgio della casa di Jakob), oppure Cajacob, nacque a
Bonaduz, nel cantone Grigioni, nel 1491-92 e frequentò le scuole a Chur.
Dal 1513 studiò alla università di Lipsia, diventando successivamente
sacerdote. Iniziò la sua carriera ecclesiastica nel 1516 come vicario a
Trins, vicino a Chur, rimanendoci fino al 1519. Successivamente fu chiamato
ad operare nel convento di San Lucio, sempre nelle vicinanze di Chur, ma nel
1523 si convertì alle idee della Riforma, abbandonando il monastero, si
sposò e si recò nel 1525 a Zurigo, la città del riformatore Zwingli.
Il suo soprannome di Blau rock derivò da un abito azzurro o turchino, che
era solito portare, mentre altri lo chiamavano der starke Jörg (il forte
Giorgio), sia per la figura possente che per il carattere forte ed
aggressivo.
Durante il suo soggiorno a Zurigo B. fu conquistato alla causa degli
anabattisti da Conrad Grebel. Benché avesse studiato, gli autori riportano
che B. non fosse un uomo di grande cultura: Zwingli stesso lo disprezzava
come un ignorante e "folle". Tuttavia la sua eloquenza nelle prediche fu
molto preziosa alla causa anabattista.
Tra il 10 e 17 Gennaio 1525, in seguito ad una disputa pubblica, si pervenne
alla frattura insanabile tra anabattisti e i riformatori svizzeri nelle
persone di Zwingli e Johann Heinrich Bullinger. Il risultato della disputa
fu scontato: il Consiglio cittadino censurò la posizione del gruppo di
Grebel, ordinando il battesimo immediato di tutti i bambini entro otto
giorni dalla loro nascita.
Il 21 Gennaio 1525, sfidando il divieto delle autorità cittadine, 15
anabattisti si riunirono in casa di Felix Mantz, e presero la decisione di
procedere al proprio ribattesimo, cosa che fecero la notte stessa: B. si
inginocchiò davanti a Grebel e gli chiese di essere battezzato,
successivamente fu B. a ribattezzare gli altri.
In seguito gli anabattisti si trasferirono a Zollikon, un villaggio ad otto
chilometri da Zurigo, dove fondarono la comunità dei "Fratelli in Cristo",
ma poco dopo B., Mantz ed altri furono arrestati su ordine del consiglio
cittadino di Zurigo e incarcerati nella torre di Wellenberg a Zurigo. Il 24
Febbraio B. fu scarcerato e proseguì nella sua attività di proselitismo fino
all'Ottobre 1525, quando, avendo interrotto una funzione in una chiesa nel
villaggio di Hinwil, fu arrestato e tradotto, insieme a Grebel e Mantz, a
Zurigo. Qui si tenne, tra il 6 e l'8 Novembre 1525, un'ulteriore disputa tra
gli anabattisti e Zwingli, che, scontento per l'ostinata posizione degli
avversari, li fece condannare dal Consiglio, il 18 Novembre, a rimanere in
carcere.
Il 5 e 6 Marzo 1526, dopo quattro mesi di duro carcere, il Consiglio cercò
di fiaccare la resistenza degli arrestati (i tre sopramenzionati più altri
14 compagni) condannandoli al carcere a pane e acqua, finché essi non
avessero ritrattato, ma 15 giorni dopo, approfittando di una clamorosa
distrazione, gli anabattisti riuscirono ad evadere.
Tra il momento della sua fuga e la sua nuova cattura, B. trascorse il
periodo errando per la Svizzera e battezzando nuovi adepti, finché le
autorità di Zurigo lo catturarono il 3 Dicembre 1526, assieme a Mantz in una
foresta vicino a Grüningen.
Mantz fu messo a morte per annegamento il 5 Gennaio 1527, mentre B. fu
spogliato e frustato con delle verghe e in seguito espulso dal territorio
del cantone di Zurigo.
Continuando la sua missione attraverso Berna, Biel, nei Grigioni e ad
Appenzell, da dove venne espulso, B. pervenne alla decisione di continuare
la sua opera in un'altra nazione. Si recò quindi in Alto Adige nel Maggio
1529, predicando e ribattezzando nella zona tra Chiusa (Klausen) e Neumarkt,
assieme al compagno Hans Langegger, finché il 14 Agosto 1529 le autorità di
Guffidaun li arrestarono e torturarono spietatamente per avere informazioni
sulla reale consistenza del fenomeno anabattista in zona.
Il 6 Settembre 1529 B. e Langegger furono arsi sul rogo vicino a Klausen.
Così morì, dopo Grebel nel 1526 e Mantz nel 1527, il terzo dei capi storici
del movimento anabattista e purtroppo non l'ultimo di una tragica lista.


Buccella, Niccolò (m. 1599)



La vita
Niccolò Buccella nacque a Padova da una famiglia borghese (suo padre era
libraio e fornitore dell'università patavina) e poté, unico della famiglia,
studiare medicina all'università, diventando in seguito un medico di
prestigio.
Da giovane egli aderì, assieme ai fratelli Girolamo e Gian Battista,
all'anabattismo, in seguito al quale viaggiò nel 1557 ad Austerlitz, in
Moravia, presso le Seminaria veritatis, comunità di antitrinitari italiani
fondati da Niccolò Paruta e visitando le comunità hutterite, presso le quali
venne ribattezzato dal vescovo Leonard Lanzenstiel. Nel 1559 egli fece un
secondo viaggio in Moravia, dalla quale si recò, nel 1560-61, a Ginevra per
riportare i nipoti, orfani di madre, indietro a Padova.
Ritornato quindi in patria, B. fece proselitismo presso i ceti più umili
della popolazione locale, ma il 27 agosto 1562, in procinto di intraprendere
un ulteriore viaggio in Moravia, fu arrestato a Capodistria e subì un
processo da parte delle autorità della Serenissima. Dopo due anni di
detenzione nelle carceri veneziane, il 27 marzo 1564 abiurò, tentando, senza
successo, di indurre ad una simile azione, i suoi confratelli Francesco
Della Sega e Antonio Rizzetto.
Nei 9 anni successivi (1564-1573), coprendo il suo credo religioso mediante
un accurato e rigoroso nicodemismo, B. si dedicò totalmente alla sua
attività di medico e chirurgo, tuttavia si attirò dapprima le critiche e
successivamente perfino una scomunica, a causa degli esperimenti di
sezionamento dei cadaveri, compiuti privatamente (in casa sua) e senza le
necessarie autorizzazioni.
Fuggì, quindi, in Transilvania, su invito di Giorgio Biandrata e, grazie
alla sua fama di valente medico, fu assunto dal voivoda Istvàn (Stefano)
Bàthory nel luglio 1574 allo stipendio di 600 talleri all'anno. Nel 1575 B.
seguì Bàthory in Polonia quando quest'ultimo ne diventò il re (1576-1586).
In Polonia, B. accumulò una notevole fortuna economica: organizzò il
trasporto del sale in Lituania, impiantò una fabbrica di carta in Livonia,
praticò il prestito ad interesse e poté perfino comperarsi una tenuta reale
in Volinia. Fece anche venire ad abitare con lui il nipote Filippo, figlio
di un suo fratello (probabilmente Girolamo).
Dovette tuttavia difendere il suo status acquisito in momenti difficili,
come durante la polemica con Fabiano Nifo, con il quale ebbe un dissenso sui
suoi metodi terapeutici e di più ancora con l'altro medico di corte, Simone
Simoni, che era stato raccomandato al re da Andrea Dudith Sbardellati.
Infatti il Simoni, astioso e invidioso del successo di B., non esitò a
formulare la gravissima accusa della responsabilità del B. per la morte del
re Stefano Bàthory nel 1586. La polemica tra i due investì anche la sfera
religiosa, con risse verbali e reciproche accuse, alle quali partecipò anche
Marcello Squarcialupi, amico del B., e solo l'intervento del nuovo re
Sigismondo III Vasa (1587-1632) prosciolse B. dalle accuse: il sovrano lo
nominò inoltre suo medico personale, elevandolo successivamente perfino ad
un titolo nobiliare. Al Simoni, sconfitto su tutta la linea, non rimase
altro che riparare in Moravia.
Il B., per il resto della sua vita, si adoperò a favore di tutti gli eretici
perseguitati e, in particolare, degli esuli italiani, come Giovanni Paolo
Alciati della Motta, Giovanni Bernardino Bonifacio, marchese di Oria (che
ospitò nel 1584), o Fausto Sozzini, di cui diventò amico fraterno e che
nominò come uno dei suoi eredi.
Morì nel 1599.


La dottrina
E' molto difficile definire la dottrina del B., alquanto individualista,
razionalistica (gli argomenti razionali erano le uniche armi valide contro
gli eretici) ed estranea ad ogni dogma religioso. Era convinto che era
necessario vivere secondo coscienza, interpretando il Vecchio ed il Nuovo
Testamento a modo proprio, come ebbe a rilevare uno dei grandi avversari dei
riformatori italiani esuli in Polonia, il cardinale Alberto Bolognetti,
nunzio apostolico in Polonia dal 1581 al 1585, con il quale, seppur da due
posizioni ideologiche diverse, B. mantenne un rapporto di reciproca stima.


Las Casas, Bartolomè de (1474-1566)



Bartolomè Casaus, successivamente de Las Casas, nacque a Siviglia nel 1474
da Francisco Casaus, che aveva accompagnato Cristoforo Colombo nel suo
secondo viaggio nel Nuovo Mondo.
L. studiò legge a Salamanca, e dopo essersi laureato, divenne collaboratore
dei primi governatori spagnoli delle Antille, Ovando e Velasquez.
Nel 1506 egli venne ordinato diacono e nel 1510 divenne sacerdote, iniziando
ben presto a battersi per i diritti degli indigeni delle Antille, ridotti in
schiavitù dagli Spagnoli e quasi totalmente estintisi per l'incapacità di
sopportare i carichi di lavori e per le malattie endemiche portati dai nuovi
padroni, i cosiddetti encomenderos.
Nel 1519 L. riuscì a convincere l'imperatore Carlo V (1519-1558 come
imperatore) a porre il controllo degli indigeni sotto la Chiesa e a
permettere un esperimento in tal senso a Cumanà, nella attuale Venezuela.
Tuttavia per avere a disposizione della mano d'opera, egli fece trasferire
un certo numero di schiavi neri, che, a suo demerito, non considerava degni
di quella difesa dei diritti umani, che egli esercitò attivamente solo nei
confronti degli indigeni americani. Venne per questo considerato il primo
promotore della deportazione di schiavi neri nelle Americhe, ma questo
giudizio è senz'altro affrettato, poiché questa pratica era già ampiamente
in vigore fin dal 1505.
Gli Indios, però, delusero le aspettative del sacerdote spagnolo,
lanciandosi in saccheggi e massacri delle colonie europee. Nel 1522
l'esperimento fallì definitivamente e l'amarezza del fallimento fece
assumere a L. un atteggiamento senz'altro umanitario ma decisamente poco
popolare in patria: egli giustificò queste azioni violente come reazioni
agli abusi europei perpetrati nel Nuovo Mondo. Fu in seguito sostenuto in
questa tesi dall'Ordine Domenicano, nel cui convento di Santo Domingo L.
entrò nel 1523.
Negli anni successivi L. scrisse diversi trattati sull'argomento, tra cui la
voluminosa Historia de las Indias e la Apologetica historia de las Indias.
La sua attività a favore degli Indios fu incessante ed egli intervenne
personalmente in Nicaragua nel 1527 ed in Perù (per mezzo di un decreto
imperiale) nel 1530 per combattere contro la schiavitù.
Nel 1542 L. ritornò in Spagna, dove ebbe la sua parte nel convincere Carlo V
a promulgare le "Nuove Leggi" che proibivano la schiavitù degli Indios e
tentavano di mettere fine al sistema della encomienda, limitando il possesso
di servi ad una sola generazione. Ci fu tuttavia una fortissima opposizione
da parte dei proprietari terrieri e di parte del clero stesso. Nel 1544,
dopo aver rifiutato la sede di Cuzco, in Perù, L. fu nominato vescovo di
Chiapas, nel Messico meridionale, dove oggigiorno viene osannato come primo
difensore della causa degli Indios.
Anche in questa funzione, però, L. si alienò le simpatie del clero locale,
dei francescani e perfino di influenti personaggi del suo stesso ordine
domenicano e nel 1545, contro il suo parere, Carlo V fece mitigare la
severità di alcuni articoli delle "Nuove Leggi".
Nel 1547 L., amareggiato, ritornò definitivamente in Spagna, rinunciando al
suo incarico di vescovo e ritirandosi in convento.
Nello stesso periodo ci fu la pubblicazione nel 1552 del suo libello più
violento contro la persecuzione degli Indios, la Brevìsima Relacion de la
Destruycion de las Indias. Tuttavia L. fece l'errore di mandare in stampa
questo suo scritto senza l'approvazione dell'Inquisizione e per questo i
suoi avversari lo fecero porre sotto accusa.
Nonostante tutto L. morì abbastanza tranquillamente nel 1566, alla veneranda
età di 93 anni, nel convento di Atocha, vicino a Madrid.
Ai giorni nostri si è spesso parlato di una sua possibile canonizzazione
come apostolo degli Indios.


Askew, Anne (1521-1546)



Anne Askew era nata nel 1521 da una famiglia altolocata della contea inglese
del Lincolnshire. Ebbe un'ottima educazione e mostrò uno spiccato interesse
nei dibattiti teologici e verso la fede protestante, ma fu obbligata da suo
padre a sposare Thomas Kyme, il promesso sposo (di religione cattolica)
della sorella, morta poco prima del matrimonio.
Fu un'unione infelice soprattutto per contrasti in tema di convinzioni
religiose e alla fine il marito la cacciò di casa, benché riconoscesse che
la moglie era una delle donne più devote che avesse mai incontrato.
A. si recò quindi a Londra, per ottenere il divorzio, e diventò
nell'occasione dama di compagnia dell'ultima moglie di Enrico VIII
d'Inghilterra, Caterina Parr, che A. riuscì a convertire segretamente alle
proprie convinzioni religiose.
Tuttavia erano tempi duri per i luterani in Inghilterra: nel 1539 il
parlamento inglese aveva approvato i Sei Articoli (The Six Articles),
confermando, tra l'altro, la validità del dogma della transustanziazione,
l'Eucaristia sotto una sola specie, il celibato per i prelati, le Messe
private e la confessione.
Nel 1545 A. fu inquisita sulla propria fede, ma essa rifiutò coraggiosamente
di aderire ai Sei Articoli, in particolare sui punti concernenti la
transustanziazione e le messe, in cui lei non credeva. Fu per questo
crudelmente torturata per farla confessare i nomi dei suoi confratelli, come
la regina stessa ed altri nobili.
Tuttavia A. resistette alle torture e né confessò né fece nomi: nonostante
le perorazioni di Caterina Parr presso Enrico VIII, essa fu quindi
condannata al rogo nel giugno 1546, assieme ai compagni di fede il
gentiluomo John Lascelles, il sarto John Adams ed il sacerdote Nicholas
Belenian.
La sentenza fu eseguita nel luglio dello stesso anno a Smithfield:
indebolita dalle torture, A. dovette essere trasportata sulla pira su una
sedia. Rifiutò all'ultimo minuto la grazia del re, che avrebbe comportato
l'abiura delle sue idee religiose, e morì tra le fiamme.


Vermigli, Pier Martire (o Pier Paolo) (1499-1562)



I primi anni
Il famoso teologo Pier Martire Vermigli nacque a Firenze l'8 settembre 1499
(altri testi citano la stessa data ma riferita al 1500 o perfino l'8 maggio
1500) primo di tre figli di una famiglia di ceto medio: il padre Stefano
faceva il calzolaio e la madre Maria Fumantina, una donna di buona cultura,
poté insegnare le prime nozioni di cultura al giovane Pier Martire.
Questo non comune nome di battesimo gli venne imposto dal padre, per grazia
ricevuta per la nuova nascita dopo la morte dei suoi primi figli, in ricordo
di San Pietro Martire da Verona (ca. 1200-1252), un ex-cataro, convertitosi
al cattolicesimo e diventato domenicano, Inquisitore Generale e feroce
persecutore dei suoi antichi compagni di fede: distrusse la tomba di
Nazario, vescovo della Chiesa dualista di Concorezzo, ma venne ucciso a
Giussano, vicino a Milano, da alcuni sicari nel 1252.
Ritornando al giovane V., egli, all'età di 15 anni, entrò nel convento di
San Bartolomeo del Canonici regolari lateranensi (agostiniani) a Fiesole, ed
in seguito al convento di San Giovanni di Verdara, vicino a Padova, presso
la cui università poté frequentare la facoltà di teologia.
Nel 1526 circa V. si laureò in teologia, fu ordinato sacerdote e nominato
predicatore agostiniano e con questo nuovo incarico, si recò a Brescia,
Pisa, Venezia e Roma, mentre, contemporaneamente, studiava greco antico ed
ebraico.


V. a Napoli
Nel 1530 V. fu nominato vicario del priore del convento agostiniano di
Bologna, dove frequentò l'ambiente erasminiano locale, nel 1533 abate di
quello di Spoleto ed infine, nel 1537, priore del convento di San Pietro ad
Aram a Napoli. Qui V. entrò in contatto con il circolo evangelico, raccolto
intorno a Juan de Valdés, dove conobbe e divenne amico del predicatore
cappuccino (e futuro Vicario Generale dell'ordine) Bernardino Ochino, e di
cui fecero parte importanti riformati italiani, come Pietro Carnesecchi,
Marcantonio Flaminio, Giovanni Bernardino Bonifacio, Benedetto Fontanini da
Mantova, Galeazzo Caracciolo, Bartolomeo Spadafora, Apollonio Merenda,
Vittore Soranzo, e le nobildonne Vittoria Colonna, Giulia Colonna Gonzaga e
Caterina Cibo da Camerino.
L'orientamento delle prediche di V. a Napoli, rafforzata dai commentari ai
Vangeli e ai Salmi di Bucero e dal De vera et falsa religione di Zwingli, si
volse sempre più verso interpretazioni evangeliche dei testi sacri:
significativa fu la chiave di lettura che V. diede al seguente passo della
Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (3:14-15).
Se l'opera di qualcuno che ha costruito sopra rimarrà, egli ne riceverà la
ricompensa,
se l'opera di qualcuno invece sarà consumata dal fuoco, ne avrà danno, però
si salverà, ma come attraverso il fuoco.
Nell'interpretazione canonica cattolica, infatti, questo brano confermava
l'esistenza del purgatorio, mentre per V. questo brano non dimostrava
niente, anche perché dalla lettera paolina si evinceva che tutti dovevano
passare attraverso il fuoco, e non soltanto alcuni, come precisava la
dottrina cattolica del purgatorio.


V. a Lucca
Comunque per un certo periodo a V. venne proibito di predicare a Napoli, ed
il divieto venne tolto solo dopo una supplica direttamente al papa Paolo III
(1534-1549), tuttavia, nel 1541, V. fu trasferito al convento di San
Frediano a Lucca.
Anche a Lucca V. continuò il suo impegno evangelico, influenzando i
confratelli Girolamo Zanchi e  Massimiliano Celso Martinengo ed alcuni
discepoli esterni al convento, come Niccolò (di Alessandro) Diodati
(1511-1544), padre di Pompeo Diodati, che convertì alla Riforma, e Celio
Secondo Curione, che chiamò al convento per dare una decisa svolta
qualitativa all'insegnamento dei novizi. Infatti la sua attività
instancabile volta al miglioramento culturale del convento di San Frediano
fece di quest'ultimo un punto di riferimento per la città toscana,
soprattutto nella diffusione della fede riformata.
A questo periodo risalì la sua Una semplice dichiarazione sopra i dodici
articoli della fede cristiana, per la quale fu sospettato di eresia e
convocato nel 1542 dal capitolo dell'ordine a Genova. Oltretutto, proprio
nel 1542, il 21 Luglio, fu emessa la famosa bolla papale Licet ab initio di
Papa Paolo III, quella che istituì la Congregazione del Santo Ufficio, o
Inquisizione, come è più nota.
La bolla menzionava la situazione di Lucca, centro di diffusione di testi
luterani: V., quindi, sentendo montare il clima di repressione, preferì
fuggire, con alcuni confratelli come Paolo Lasize e Emanuele Tremellio (ca.
1510-1580), dapprima a Pisa, poi a Firenze da Ochino, ed infine, sempre
braccato dall'Inquisizione, decise di espatriare, assieme al Vicario
Generale dei Cappuccini, in Svizzera, a Basilea. A proposito della fuga dei
due noti predicatori in Svizzera, Marcantonio Flaminio commentò
pubblicamente nell'autunno 1542 "ch'erano partiti gli apostoli d'Italia" .
Nel convento di San Frediano a Lucca, la sua fuga non compromise comunque la
sua attività evangelica, precedentemente iniziata: in sua assenza, Zanchi e
Martinengo, che insegnavano rispettivamente teologia e greco antico,
continuarono nella loro opera riformista. In seguito, ambedue avrebbero
deciso, nel 1551, di andare in esilio in Svizzera, sempre per motivi
religiosi.


Primo soggiorno di V. in Svizzera e a Strasburgo
Da Basilea V. accolse l'invito di Bucero di trasferirsi a Strasburgo, dove
visse dal 1542 al 1547 e dove scrisse una lettera aperta ai lucchesi, dal
titolo De fuga in persecutione, ribadendo il suo convincimento nel concetto
protestante della sola fide. A Strasburgo V. insegnò Antico Testamento
all'università e si sposò con Caterina Dammartin, una ex suora di Metz (in
Francia).
Tuttavia, dopo la sconfitta dei protestanti della lega Smalcaldica nella
battaglia di Muhlberg il 24 aprile 1547, V. ritenne più prudente
allontanarsi da Strasburgo e quindi, assieme a Ochino, egli accettò l'invito
ad andare in Inghilterra.


V. in Inghilterra
L'invito gli era stato fatto da parte di John Dudley (1502-1553), conte di
Warwick, Lord Protettore e reggente del trono del re minorenne Edoardo VI
(1547-1553), ma soprattutto da parte dell'arcivescovo di Canterbury Thomas
Cranmer. Questi aveva commissionato il Book of Common Prayer (il libro delle
preghiere) per semplificare i libri di preghiere e di funzioni religiose in
latino e risalenti al periodo medioevale. Il testo, pubblicato poi nel 1549,
fu reso obbligatorio da parte dell'Atto di Uniformità del 1549 stesso, ma la
sua definizione dottrinale definitiva, avvenuta nel 1552, fu resa possibile
solo grazie alle diverse personalità della Riforma svizzera
zwingliano-calvinista, che furono chiamate, in quel periodo, in Inghilterra
e che diedero il proprio contributo: Martin Bucero (che finì i suoi giorni a
Cambridge nel 1551), il polacco Jan Laski e il nostro V., a cui fu offerta
la cattedra di Regius Professor di teologia all'università di Oxford, che
tenne fino al 1553.
Nello stesso periodo V. intervenne in diverse dispute religiose del momento,
come nella disputa del 1549 ad Oxford sull'eucaristia: egli infatti aveva
abbandonato il concetto luterano della consustanzialità (secondo il quale vi
era la reale e sostanziale presenza del corpo e sangue di Cristo nel pane e
vino, che tutti i comunicandi ricevevano, che fossero degni o indegni,
credenti o miscredenti) per aderire a quello calvinista della reale
partecipazione nell'eucaristia alla carne e al sangue di Gesù Cristo (ma
ciò, per Calvino, non significava una presenza locale di Cristo
nell'Eucaristia, poiché Egli poteva essere solo in cielo).
V. intervenne inoltre in altre decisioni, come le leggi ecclesiastiche
inglesi (Reformatio Legum Ecclesiasticarum) del 1551-53 e la formulazione
dei 42 articoli di religione del 1553, che approvarono la giustificazione
sola fide e sola scriptura, mentre venivano rigettati i concetti cattolici
di purgatorio e transustanziazione.
Pur diventando popolarissimo in Inghilterra (anche oggigiorno il nome di V.
è più conosciuto oltremanica che in Italia), anch'egli fu travolto dagli
eventi del 1553, con la salita sul trono d'Inghilterra della regina
cattolica Maria Tudor (1553-1558), detta la Sanguinaria per la feroce
repressione del protestantesimo anglicano.
V. stesso dovette fuggire a Strasburgo, ancora affranto per la recente (17
febbraio 1553) morte della moglie ad Oxford: la salma di quest'ultima fu poi
vittima di un atroce episodio (riportato da alcune fonti), che ebbe per
protagonista, pare, il cardinale Reginald Pole, il quale ordinò che il corpo
fosse dissotterrato nel 1557 e gettato in un letamaio! Ma in seguito alla
salita al potere della regina Elisabetta I (1558-1603), ai poveri resti,
ritrovati ed identificati, fu data una degna sepoltura nella cattedrale di
Oxford.


Secondo soggiorno di V. a Strasburgo e in Svizzera
V. arrivò a Strasburgo, poco dopo la morte di Jakob Sturm (1489-1553), capo
della Riforma calvinista, il cui successore, il predicatore luterano
Johannes Marbach (1521-1581), pretendeva che tutti i docenti del collegio di
San Tommaso sottoscrivessero la Confessio Augustana, di chiara ispirazione
luterana.
I due teologi italiani, presenti in città in quel momento, V. e il suo ex
discepolo Girolamo Zanchi reagirono in maniera diversa: Zanchi si rifiutò di
firmare, preferendo il dialogo con tutte le componenti del protestantesimo,
mentre V., a cui era stata offerta una cattedra al suddetto collegio di San
Tommaso, sempre dietro accettazione della Confessio Augustana per iscritto,
la firmò per proforma e convinse infine Zanchi a fare altrettanto.
Tuttavia Marbach, che aveva chiaramente capito di non essere riuscito a
portare i due italiani sulla strada del luteranesimo, fece loro una guerra
di logoramento psicologico finché, nel 1556, V. abbandonò Strasburgo per
Zurigo, dove, accolto da Johann Heinrich Bullinger, successe a Conrad
Pellican (Pellicanus) (1478-1556), come professore di ebraico, e dove egli
si risposò con una italiana, Caterina Merenda, da cui ebbe tre figli.
A Zurigo V. rincontrò il vecchio amico Bernardino Ochino, che era stato
chiamato per fare il pastore di una comunità di riformati di Locarno, da
dove erano fuggiti in massa per motivi religiosi.
Nella città svizzera V. si stabilì in maniera definitiva, pur accettando
l'invito a partecipare, in supporto a Theodore de Bèze, ai colloqui
(infruttuosi) tra cattolici e protestanti a Poissy, in Francia, nel 1561. Da
Zurigo V. ebbe un cospicuo carteggio epistolare con Calvino, ma anche degli
inviti, cortesemente declinati, di ritornare nell'Inghilterra elisabettiana
o a Heidelberg, dove viveva il suo discepolo Zanchi.
Aiutò inoltre il riavvicinamento dottrinale tra Zurigo e Ginevra, culminato
poi nella Seconda Confessio Helvetica del 1566.
V. morì a Zurigo il 12 novembre 1562.


La dottrina
V. rappresentò la fase di transizione dai primi riformatori, dotati di forte
carisma, allo sviluppo scolastico delle loro dottrine nel secolo successivo.
Come già detto, formatosi con le letture di Bucero e Zwingli, V. rimase
fortemente legato alla dottrina svizzera calvinista, soprattutto per quanto
concerne l'interpretazione data all'Eucaristia.
Tuttavia non si può parlare di una vera e propria teologia di V., perché
egli, uomo di grandissima cultura, fu soprattutto un esegeta biblico,
sebbene egli inserisse degli approfondimenti nei suoi commentari. Questi
furono in seguito raccolti dai suoi discepoli e pubblicati con lo stesso
titolo di un lavoro di Melantone: Loci communes.
Infine V., nel suo soggiorno inglese, divenne famoso anche per il suo
contributo decisivo all'ordinamento ecclesiastico britannico.


Laski, Jan (1499-1560) e Chiesa Riformata Polacca



La vita
Il riformatore polacco Jan Laski, nacque a Varsavia nel 1499 e fu detto il
Giovane per distinguerlo dal famoso zio, Jan Laski il Vecchio (1456-1531)
arcivescovo, primate di Polonia, uomo politico e consigliere personale del
re di Polonia, Sigismondo I Iagellone (1506-1548).
Jan il giovane, figlio del voivoda di Sieradia, Jaroslaw Laski (m. 1523) e
sotto la tutela dello zio arcivescovo, poté seguire gli studi a Gniezno
(Polonia) e successivamente all'università di Bologna e, all'età di soli 22
anni, divenne diacono della cattedrale di Varsavia.
Negli anni seguenti L. viaggiò attraverso l'Europa per conto della Chiesa
Cattolica, che intendeva utilizzare la sua eloquenza contro i riformatori,
ma ottenne l'effetto contrario: L. divenne amico di Erasmo da Rotterdam e di
Ulrich Zwingli, da cui imparò a conoscere le dottrine riformiste svizzere.
Nonostante ciò, dopo il suo rientro in patria nel 1526, L. prese i voti
ricoprendo vari posizioni di prestigio nella Chiesa Cattolica, come
arcidiacono di Varsavia, vescovo di Vesprem (Ungheria), canonico di Cracovia
e segretario del voivoda di Transilvania e re della Ungheria (orientale)
Giovanni Zapolya (1529-1540), ma nel 1541 rinunciò a tutti gli incarichi e
benefici pur di non separarsi dalla donna, che aveva segretamente sposato.
Anche se il re Sigismondo I di Polonia decise di proteggerlo e di
reintegrarlo nelle sue funzioni, L. pensò più prudentemente di emigrare in
Germania nel 1543, dove pur essendo di scuola zwingliana, aderì, forse per
opportunità, alla confessione luterana di Augusta.
In Germania L. divenne un predicatore itinerante, coerentemente zwingliano,
finché non si stabilì nella regione della Frisia orientale, dove ebbe un
dibattito pubblico con l'anabattista Menno Simons, e nel 1545, sotto la
protezione della contessa Anna di Oldenburg, diventò il primo sovrintendente
della Chiesa Riformata della Frisia. Nel contempo mantenne contatti
epistolari con i principali riformatori dell'epoca e con regnanti passati
alla Riforma, come Alberto di Brandeburgo-Ansbach (poi di Prussia).
Nel 1550 L. accettò l'invito dell'arcivescovo di Canterbury Thomas Cranmer,
a recarsi in Inghilterra (già visitata fugacemente nel 1548) per aiutarlo a
migliorare, dal punto di vista dottrinale, il Book of Common Prayer (il
libro delle preghiere), compilato nel 1549 su richiesta di Cranmer stesso
per semplificare i libri di preghiere e di funzioni religiose in latino e
risalenti al periodo medioevale. .
Tuttavia fu soprattutto grazie al Lord Protettore, John Dudley (1502-1553),
conte di Warwick e al vescovo di Londra Nicholas Ridley, che diverse
personalità della Riforma svizzera zwingliano-calvinista, come Martin Bucero
da Strasburgo, l'italiano Pietro Martire Vermigli, professore ad Oxford, ed
il nostro L., furono chiamate in Inghilterra a dare il proprio contributo a
questo lavoro di revisione.
L. divenne ben presto molto popolare (gli inglesi lo chiamavano John à
Lasco) fino alla salita al potere della regina cattolica Maria Tudor
(1553-1558) nel 1553: L. fu uno dei primi riformatori stranieri ad essere
espulsi nel settembre dello stesso 1553. Imbarcato con i suoi seguaci su una
nave in rotta per la luterana Danimarca, L. esperimentò sulla propria pelle
l'intolleranza dei suoi fratelli protestanti luterani. Gli fu infatti
proibito di sbarcare a Copenhagen, Lubecca, Wismar, Amburgo e Rostock, tutte
città luterane che evidentemente non gradivano la presenza di questo
prestigioso predicatore zwingliano. Per tutto l'inverno 1553 dovette quindi
vagare da porto a porto e, solamente nel marzo 1554, la protettrice di
sempre, Anna di Oldenburg, accolse a braccia aperte il suo ex sovrintendente
ad Emden. In seguito L. si trasferì a Francoforte sul Meno, dove formò una
chiesa locale, di ispirazione calvinista, per i profughi olandesi.
Infine, dopo 13 anni di esilio, nel 1556 L. tornò in Polonia, nonostante la
condanna per eresia pronunciata dal clero cattolico polacco nel 1554, e fu
ben accolto dal re Sigismondo II Iagellone, detto Augusto (1548-1572), sotto
il cui regno la Polonia stava conoscendo la sua "età d'oro" con la massima
estensione territoriale, il massimo splendore nell'arte e nella cultura, il
più alto livello di tolleranza religiosa.
Approfittando del momento favorevole, L. creò la Chiesa Riformata Polacca,
di cui egli fu il supervisore, ma ebbe, strano a dirsi, più opposizione da
parte degli antitrinitariani che dalla Chiesa cattolica locale. Tale fu
l'ostinato attaccamento ai propri principi dell'antitrinitariano Francesco
Stancaro che L. esasperato, durante un confronto pubblico, gli lanciò contro
una Bibbia!
Ormai anziano e debilitato nel fisico, L. si ammalò improvvisamente nel
gennaio 1560, morendo poco dopo a Pinczow.


La Chiesa Riformata Polacca
Il successivo precipitare della situazione interna della Chiesa Riformata
Polacca portò, dal sinodo di Piotrkòw del 1565, alla separazione tra una
ecclesia major calvinista ed una ecclesia minor di fede antitrinitariana,
seguita, con il patto di Sandomierz del 1570, alla riunificazione tra gruppi
protestanti (calvinisti, luterani e Fratelli Boemi) ed infine, con la dieta
di Varsavia del 1573, si proclamò la pari dignità tra cattolici e
protestanti.
Ma il periodo di forti incertezze politiche dopo alla morte nel 1572 di
Sigismondo II (con l'estinzione della dinastia dei Iagelloni) fu seguita dal
regno del principe cattolico transilvano Istvan (Stefano) Bathory
(1576-1586) con avanzate incontrastate della Controriforma, rappresentata
dalla sua punta di diamante: l'ordine dei gesuiti.
Quindi, già all'inizio del XVII secolo, sotto il regno dello svedese
Sigismondo III Vasa (1587-1632), la Polonia era ritornata saldamente in mano
ai cattolici e ai pochi riformatori superstiti toccò emigrare nei territori
della Lituania e Lettonia per poter sopravvivere.


Latimer, Hugh (ca.1485-1555)



Hugh Latimer nacque a Thurcaston, nella contea inglese del Leicester, nel
1485 circa, da una agiata famiglia di latifondisti. Nel 1506 il padre lo
inviò a studiare a Cambridge, dove ottenne il baccalaureato nel 1510 e
divenne maestro in arti nel 1514. Iniziò quindi lo studio della teologia, e
nel contempo si impegnò, come strenuo difensore della religione cattolica,
in accesi dibattiti con i riformatori.
Anche dopo la laurea in teologia conseguita nel 1524, L. iniziò
l'insegnamento all'università, presso la Clare College, e mantenne una
posizione cattolica, finché non fu convertito da Thomas Bilney diventando,
da quel momento, un fervente predicatore della Riforma luterana, fino a che
non gli fu impedito di predicare da parte di West, vescovo di Ely.
A L. non restò che trovare conforto nel convento agostiniano di Cambridge,
presso il quale si era organizzato il circolo dei luterani di Cambridge,
fondato dallo stesso Bilney e soprannominato Piccola Germania, che
annoverava personalità come il priore Robert Barnes (1495-1540), Miles
Coverdale, traduttore della prima versione dell'Antico Testamento in
inglese, e vari cattedratici dell'università.
Nel 1531, in seguito al suggerimento di Thomas Cranmer, docente
universitario alla Jesus College di Cambridge, di consultare le principali
università europee a proposito dell'annullamento del matrimonio di Enrico
VIII con Caterina d'Aragona, fu interpellato anche L., che espresse parere
favorevole, entrando quindi nelle grazie di Enrico VIII.
L. iniziò a predicare la dottrina riformista a West Kingston, nella contea
del Wiltshire, ma nel 1532 fu scomunicato dalla Chiesa Cattolica, per la sua
posizione contraria alla venerazione dei santi e alla dottrina del
purgatorio.
L'amicizia di Cranmer e del potente Vicario Generale Thomas Cromwell fece sì
che nel 1535 a L. venisse dato il seggio di vescovo di Worcester, ma solo
quattro anni dopo, nel 1539 fu costretto a dimettersi per essersi rifiutato
di sottoscrivere i Sei Articoli (The Six Articles), di forte ispirazione
cattolica, che confermavano, tra l'altro, la validità del dogma della
transustanziazione, l'Eucaristia sotto una sola specie, il celibato per i
prelati, le Messe private e la confessione.
L. fu anche imprigionato in seguito per questa sua posizione (meglio
comunque del destino del suo confratello Robert Barnes, bruciato sul rogo
nel 1540), ma fu riabilitato nel 1547, sotto il re Edoardo VI, durante il
cui regno si limitò al ruolo di semplice predicatore.
Ma alla salita al potere della cattolica Maria Tudor nel 1553, questa si
ricordò dei prelati che avevano avvalorato il ripudio di sua madre, Caterina
d'Aragona da parte di Enrico VIII.
Fece quindi imprigionare Cranmer, L. e Nicholas Ridley, vescovo di Londra,
nella torre di Londra e condannarli a morte.
Il 16 ottobre 1555 L. e Ridley furono portati per essere bruciati sullo
stesso rogo. Mentre le fiamme lambivano i condannati, L., esortando Ridley
ad un comportamento più coraggioso, pronunciò le famose parole: Oggi
accenderemo una candela, che, per grazia di Dio, confido non verrà mai più
spenta in Inghilterra.


Filadelfi, Società dei (Philadelphian Society) (1670-1730)



Una setta di mistici religiosi operanti a Londra nella seconda metà del
1600, fondati dal reverendo John Pordage e dalla behmenista Jane Leade (o
Lead).


John Pordage (1608-1681)
John Pordage, un uomo di chiesa molto devoto, era il rettore della chiesa di
Bradfield, vicino a Reading, nella contea inglese del Surrey,
Egli fu influenzato dalle idee del movimento familista di Henrik Niclaes, ma
soprattutto si appassionò agli scritti di Jacob Boehme, leggendoli
avidamente, man mano che venivano tradotti e pubblicati tra il 1644 ed il
1662.
Per queste sue idee, nel 1655 a P. furono sospesi i benefici per ordine dei
Triers, un corpo di commissari, fondato da Oliver Cromwell (1599-1658) e
preposto ad esaminare ed approvare predicatori e professori universitari
prima del loro insediamento. Solo nel 1660, con la restaurazione del re
Carlo II (1649-1685), egli fu reintegrato nella sua precedente funzione.
Nel 1663 P. incontrò Jane Leade e, insieme a lei, proprio per promuovere un
maggiore interesse verso il pensiero di Boehme, P. fondò nel 1670 il circolo
teosofico dei Filadelfi (The Philadelphians) dal nome della chiesa
menzionata nel seguente passo dell'Apocalisse di San Giovanni (Ap. 3,7):
All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi:
Così parla il Santo, il Verace,
Colui che ha la chiave di Davide:
quando egli apre nessuno chiude,
e quando chiude nessuno apre.
Dopo la morte di P. nel 1681, Leade divenne, a tutti gli effetti, capo del
circolo.


Jane Leade (1623-1704)
Nata nel 1623 da una famiglia agiata di Norfolk, Jane Ward, nel 1638 all'età
di 15 anni, ebbe un'esperienza mistica quando, ballando durante una festa di
Natale, sentì una voce che le diceva: "Cessa tutto questo, Io voglio
condurti ad un altro ballo, poiché questo è solo Vanità". Da questo momento
L. divenne melanconica e si isolò dal mondo esterno, assumendo di fatto un
pensiero simile a quello della corrente dei quietisti, tutto ciò fino al
1643, quando sposò il mercante William Leade, con il quale ebbe quattro
figlie ed un matrimonio tutto sommato felice durato 27 anni.
Nel 1663 L. incominciò a frequentare il reverendo Pordage e nel 1670, dopo
la morte del marito, con lui fondò a Bradfield il circolo teosofico dei
Filadelfi (The Philadelphians) [in seguito Società dei Filadelfi per la
promozione della pietà e della filosofia divina (The Philadelphian Society
for the Advancement of Piety and Divine Philosophy)] diventandone la
profetessa.
Infatti nello stesso 1670, L. ebbe, per ben tre volte, una visione di una
dama, che si definiva la Vergine Sapienza (Sophia). In seguito annotò le sue
esperienze mistiche nel suo diario, dal titolo A Fountain of Gardens (una
fontana di giardini), dove tracciò le regole del circolo (dette Leggi del
Paradiso dal titolo di uno dei suoi numerosi libri) il cui scopo era di
"promuovere il Regno di Dio migliorando la vita, insegnando la moralità più
eccelsa e facendo valere il dovere della fratellanza universale, della pace
e dell'amore".
La dottrina di L. era una miscela di quietismo, come già detto, e di
dualismo behmenita. Inoltre ella credeva nella rigenerazione e nella
resurrezione delle anime, nella parusia (secondo venuta di Cristo) e
nell'apocatastasi (la salvezza per tutto il creato: angeli e uomini, anche
se peccatori o dannati, e demoni).
Nelle riunioni del circolo, gli aderenti praticavano, come i sufi
nell'Islam, una meditazione silenziosa o un ballo ritmico e armonico per
migliorare la disciplina spirituale.
L. pubblicò molti libri sulle sue esperienze, come Heavenly Cloud (la nube
celeste) del 1681, The Revelation of the Revelations (la rivelazione delle
rivelazioni) del 1683, anno in cui L. si occupò anche di far pubblicare,
postumo, il libro di Pordage, Theologica Mistica. In 23 anni, tra il 1681 ed
il 1704, L. scrisse e pubblicò circa 15 libri.
Dal 1693 i libri di L. furono tradotti in olandese e tedesco, stimolando la
diffusione delle sue idee anche sul continente. In Germania Eva von Buttlar
fondò nel 1697 il ramo tedesco della Società dei Filadelfi sotto forma di
una comunità rigorosamente regolamentata, dove beni e relazioni sessuali
(sic!) erano a disposizione di tutti i membri. L'esperimento tedesco fallì
ben presto, chiudendo le attività nel 1706.
Dal 1694 L. iniziò ad essere aiutata dal giovane medico Francis Lee
(1661-1719), professore di Oxford, che divenne in seguito suo genero e suo
successore nella guida della Società dei Filadelfi.
Infine, dopo 65 anni di attività, L. morì il 19 agosto 1704 all'età di 81
anni.
L'anno prima (1703) sotto la spinta di Lee, i filadelfi avevano tracciato la
loro confessione scritta di fede, tuttavia, dopo la morte della fondatrice
e, nel 1719, quella di Lee stesso, la setta rapidamente declinò scomparendo
intorno al 1730.



Seekers (o waiters o ariani legantini) (XVII secolo)



I seekers furono una setta protestante inglese del XVII secolo, fondata dai
tre fratelli Legate, Walter, Thomas e Bartolomew, separatisti inglesi attivi
a Londra tra il 1590 ed il 1612, dal cui cognome la setta prese il nome
anche di ariani legatini.
Come altre sette dell'epoca, i Legate ed i loro seguaci rigettavano
qualsiasi forma di rituale e di religione organizzata, respingendo sia la
Chiesa Cattolica che quella Anglicana come corrotte e considerando se stessi
come i nuovi apostoli di Dio, gli unici che potevano rifondare una vera e
valida Chiesa. In attesa di questo evento, i seekers decisero che avrebbero
aspettato in silenzio, da cui anche il nome di waiters (coloro che
aspettano) ed in effetti le loro riunioni consistevano principalmente in
momenti di silenzio e contemplazione.
I fratelli Legate non vissero a lungo nel loro movimento: Walter morì
annegato, Thomas finì i suoi giorni in prigione a Newgate, mentre Barthomew
fu bruciato sul rogo, assieme all'anabattista Edward Wightman, l'11 aprile
1612 a Litchfield. Fu l'ultimo rogo pubblico per eresia in Inghilterra.
La setta continuò, dopo la morte dei suoi fondatori, per un centinaio di
anni, fino all'inizio del XVIII secolo, venendo man mano riassorbita dal
movimento dei quaccheri, che avevano alcune convinzioni in comune con i s.,
diversi dei quali decisero, per l'appunto, di confluire nella setta fondata
da George Fox.


Puritanesimo (XVI - XVII secolo)



Definizione
Il puritanesimo fu un movimento spontaneo ed estremista, sorto nel XVI
secolo, nell'ambito del Protestantesimo inglese, che tendeva a "purificare",
cioè rendere pura, la Chiesa Anglicana da tutte le forme "corrotte" e non
previste dalle Sacre Scritture. I puritani pensavano, infatti, che la
Riforma inglese, sotto Elisabetta I (1558-1603), non si era spinta a
sufficienza nella ristrutturazione dell'impianto ecclesiastico, accettando
troppi compromessi con il Cattolicesimo soprattutto per quanto riguardava la
liturgia, i paramenti e la gerarchia episcopale.


Le origini
Si può far risalire la nascita del p. al 1563, quando scoppiò la
Controversia sui Paramenti, generata dall'opposizione di alcuni prelati e
teologi, soprattutto dell'Università di Cambridge, all'uso, da parte degli
ecclesiastici, del cappello e toga nella vita giornaliera e della cotta in
chiesa. Altri bersagli dell'attacco p. furono altri segni esteriori come il
segno della Croce, la musica d'organo in chiesa, ma soprattutto la gerarchia
basata sui arcivescovi e vescovi, in altre parole, l'episcopato stesso.
I teorici del movimento furono i teologi Thomas Cartwright, Walter Travers
(ca. 1548-1635) e William Perkins (1558-1602).


Dottrina e comportamento
La teologia p. era prevalentemente calvinista, di cui veniva particolarmente
sottolineata la predestinazione, ma venivano anche presi a riferimento
alcuni autori classici pre-cristiani come Seneca e Platone, e l'umanista
ugonotto francese Pierre de la Ramée (Petrus Ramus) (1515-1572) ucciso dai
cattolici nella notte di San Bartolomeo (23 agosto 1572).
Una caratteristica della teologia p. era il patto tra Dio e la comunità dei
santi visibili, un concetto non del tutto nuovo, simile a quello già
espresso da alcuni teologi anabattisti come Balthasar Hubmaier, e da
riformisti svizzeri, come lo stesso Giovanni Calvino.
Così Cartwright e Perkins definirono questa dottrina del patto:
Dio aveva promesso ad Adamo la vita eterna, ma la caduta dell'uomo lo stava
portando alla dannazione.
Tuttavia era stato sancito un patto tra Dio ed Abramo e quindi se l'uomo
avesse avuto fede in Cristo e nella Sua opera, si sarebbe salvato.
In senso lato, questo patto era stato stabilito tra Dio e la comunità dei
cristiani. Il fedele, dunque, doveva riunirsi a pregare Dio pubblicamente in
comunità con altri fedeli.
Il comportamento dei p. consisteva quindi in esperienze religiose dirette e
pubbliche, una moralità severa (di stile calvinista) e riti religiosi molto
semplificati.


Ramificazioni
Il principale filone del P. fu rappresentato dal presbiterianesimo, che
prediligeva una amministrazione della Chiesa basata su un governo centrale
di presbiteri, cioè gli anziani, sia chierici che laici, simile a quello
sviluppato dai presbiteriani in Scozia, sotto la guida di Andrew Melville.
Da questo concetto si discostarono nettamente i congregazionalisti o
indipendenti, che credevano nella indipendenza ed autonomia di ciascuna
congregazione di fedeli.


La storia
Dal 1570 i p. iniziarono ad attaccare il sistema episcopale della Chiesa
Anglicana: nel 1572 fu pubblicato da due puritani, John Field (1545-1588) e
Thomas Wilcox (1549-1603), un appello, sotto forma di manifesto, dal titolo
Admonition to the Parlament (Ammonimento al Parlamento), che esortava ad
organizzare la Chiesa Anglicana con una struttura non episcopale.
Thomas Cartwright, rientrato dalla Svizzera, condivise questi concetti e
contribuì alla stesura di un secondo Ammonimento, che lo mise seriamente nei
guai: dovette fuggire all'estero, rimanendo lontano dall'Inghilterra fino al
1585.
Alla salita al trono di Giacomo I (già re di Scozia dal 1567 con il titolo
di Giacomo VI) nel 1603, i p. ritornarono a chiedere garanzie per nuove
riforme con la Millenary Petition (petizione millenaria), e una conferenza,
sotto la presidenza del re, venne indetta a Hampton Court nel 1604. Tuttavia
ben poche concessioni vennero fatte ai p. e Giacomo I, che era profondamente
convinto che la tesi di fondo della petizione p. fosse eliminare i vescovi
con l'intento successivo di eliminare il re,  ovviamente appoggiò
apertamente la posizione dei vescovi anglicani con la famosa frase che
sintetizzava il suo timore di fondo: No bishop, no king [nessun vescovo
(equivale a) nessun re]. L'unica concessione ai p., degna di nota, fu
l'autorizzazione alla pubblicazione di una versione della Bibbia, compilata
da un panel di teologi e studiosi e denominata Authorised Version (versione
autorizzata) o King James Bible (Bibbia di Re Giacomo).
Le successive persecuzioni ordinate dall'arcivescovo di Canterbury, William
Laud (1573-1645) furono durissime: ad esempio nel 1630 il medico p.
Alexander Leighton, padre del futuro arcivescovo di Glasgow Richard
Leighton, per aver osato criticato la Chiesa d'Inghilterra, fu esposto alla
gogna, frustato, gli fu tagliato un orecchio e rotto un lato del naso. Non
contenti i giudici lo fecero marchiare a fuoco sulla faccia con la scritta
SS (seminatore di sedizione). In seguito il medico fu riportato sulla gogna
e fu finito l'opera di mutilazione con il taglio dell'altro orecchio e la
rottura dell'altro lato del naso. Infine il tapino fu sbattuto in carcere
per il resto dei suoi giorni.
Non c'è quindi da meravigliarsi che le persecuzioni provocassero così tante
emigrazioni in Olanda e soprattutto verso colonie americane, come il New
England, ed in particolare la Massachusetts Bay, teatro di una crescente
emigrazione di massa di p. e dissidenti religiosi (più di mille persone solo
nel 1630), spinti a fuggire a causa delle politiche repressive ordinate dal
re Carlo I (1625-1649). Entro il 1640 più di ventimila dissidenti religiosi
erano emigrati sulle coste della Massachusetts Bay, formando uno dei nuclei
dei futuri Stati Uniti d'America.
Comunque i p. rimasti in patria si organizzarono a tal punto che, allo
scoppio della Guerra Civile in Inghilterra nel 1642, erano diventati un vero
e proprio influente partito in parlamento, il cui capo, Oliver Cromwell
(1599-1658), sarebbe diventato il futuro Lord Protettore. Essi, con il
soprannome di Roundheads (teste rotonde, dal tipo di elmo utilizzato),
giocarono un ruolo decisivo nell'esercito parlamentare, e contribuirono
all'arresto ed esecuzione capitale dell'odiato arcivescovo Laud nel 1645, ma
soprattutto alla sconfitta e alla successiva decapitazione nel 1649 del re
Carlo I.
Tuttavia con la restaurazione nel 1660 della monarchia con Carlo II
(1649-1685) i p. furono progressivamente isolati e perseguitati dalla Chiesa
Anglicana in seguito ai vari atti contenuti nel Codice Clarendon
(1661-1665), voluto dal Lord Cancelliere, Edward Hyde, 1° Conte di Clarendon
(1609-1674). I p., oramai una confederazione di varie sette dissenzienti,
avevano perso sia il loro antico potere di influenza che la loro
denominazione originaria e furono chiamati non-conformisti, proprio perché
non avevano voluto mai conformarsi all'Uniformity Act, uno degli atti del
Codice Clarendon, che erano:
Corporation Act (1661), che escludeva i non-conformisti dai pubblici uffici.
Uniformity Act (1662), che obbligava all'uso del Libro delle Preghiere della
Chiesa Anglicana.
Conventicle Act (1664), che proibiva funzioni religiose non-conformiste.
Five Mile Act (1665), che proibiva ai pastori non-conformisti di avvicinarsi
alle città.


Il p. rimase nella forma originaria solamente in America, sulla costa
orientale, dove si sviluppò grazie a personaggi come il difensore della
tolleranza religiosa Roger Williams, fondatore della colonia di Rhode
Island, ma ebbe anche oscuri momenti come la caccia alle streghe a Salem,
ispirata dagli scritti del p. Cotton Mather.
Iniziò a declinare gradualmente nel XVIII secolo, sopravvivendo solo nel
Massachusetts, con Jonathan Edwards e i suoi seguaci, fino all'inizio del
1800.


Lentulo (o Lentolo), Scipione (1525-1599)



Scipione Lentulo (o Lentolo), nato a Napoli nel 1525, entrò, a vent'anni,
nell'ordine dei francescani ed ottenne il dottorato di teologia a Venezia
nel 1549.
Nel 1555 lasciò il monastero per sposarsi, per questo fu imprigionato
dall'Inquisizione per due anni: solo nel 1557 riuscì a fuggire a Ginevra,
dove fu convertito alla religione riformata.
Dotto e valente storico, L. scrisse probabilmente l'unica opera storica
dell'epoca sui valdesi, dal titolo Historia delle grandi e crudeli
persecutioni fatte ai tempi nostri in Provenza, Calabria e Piemonte contro
il popolo che chiamano valdese dove entrò in polemica con i nicodemiti,
esaltando il martirio di coraggiosi personaggi, come l'ex cappuccino e
pastore riformato della valle d'Angrogna, Gioffredo Varaglia, bruciato sul
rogo a Torino nel 1558 e il posto, lasciato vacante proprio da Varaglia, fu
offerto nel 1559 a L. da parte dei pastori di Ginevra.
Nel 1560 L. tradusse in lingua italiana la bozza della confessione di fede
degli ugonotti per inviarla al duca di Savoia, Emanuele Filiberto
(1559-1580), ma da lì a poco scoppiarono nuovamente gli scontri (soprattutto
in Valle d'Angrogna) tra valdesi e savoiardi, dopo il lungo periodo di pace
per le Valli Valdesi, favorito dall'occupazione militare da parte
dell'esercito francese rinforzato da diversi reparti mercenari luterani. Nel
1561 tra il Duca di Savoia e i valdesi si arrivò ad un armistizio, l'accordo
di Cavour, che portò ad una qualche forma di libertà di culto per i Valdesi.
Ma l'ala oltranzista di L. contestò questo patto e i maggiorenti valdesi
decisero di espellere il focoso pastore di Angrogna per motivi di sicurezza.
L. dovette quindi emigrare in Valtellina (dal 1512 sotto il cantone
protestante dei Grigioni), dove accettò il pastorato della comunità di
Montesondrio. Tuttavia, dopo alcuni anni, oppresso dalla gotta e affaticato
dalle grandi distanze che doveva percorrere nella sua comunità frazionata in
tanti villaggi dispersi sulle montagne (di cui si lamentò in una lettera al
riformatore Johann Heinrich Bullinger a Zurigo dell'8 settembre 1567), egli
assunse, nel 1567, il compito di pastore a Chiavenna, posizione che detenne
per ben 30 anni, fino a poco prima della sua morte nel 1599.
Egli era succeduto a Girolamo Zanchi, il quale aveva abbandonato questo
posto, tra gli altri motivi, a causa dall'irrequietezza dei gruppi settari,
anabattisti e antitrinitari.
Anche L. dovette gestire sia a Montesondrio, che a Chiavenna, il difficile
rapporto soprattutto con gli antitrinitari: prese infatti posizione contro
Camillo, fratello di Lelio Sozzini, opponendosi a che egli risiedesse a
Chiavenna. Ma prese anche le sue brave cantonate: ospitando per esempio il
bolognese Battista Bovio, che in seguito si rivelò essere un antitrinitario
difensore del libero arbitrio e probabile seguace di Sébastien Castellion,
oppure raccomandando presso Bullinger e Theodore de Béze l'ex domenicano
pugliese Alessandro Maranta, che poi si fece espellere ignominiosamente da
Ginevra nel 1573, riconvertendosi infine al cattolicesimo.
Contro il proliferare di sette eterodosse, L. riuscì a far intervenire i
pastori di Coira: essi emisero nel 1570 un decreto, che obbligava qualsiasi
predicatore riformato nella Valtellina a dichiarare la propria adesione alla
Confessio Rhaetica.
Tuttavia, L. non riuscì a convincere lo svizzero Fabrizio Pestalozzi,
trasferito in Polonia, a mantenere la fede riformata, nonostante un intenso
scambio epistolare: Pestalozzi  sarebbe infatti diventato un antitrinitario.
Nel 1575 L. partecipò al Sinodo di Coira, organizzato dal pastore Kaspar
Hubenschmid (ca. 1535-1595), e nel 1596, un anno prima di ritirarsi, per i
servizi resi alla comunità, gli fu assegnato una pensione di sei pezzi d'oro
all'anno.
Morì a Chiavenna nel 1599.


Paracelso (Bombast von Hohenheim), Theophrastus Philipp Aureolus (1493-1541)



La vita
Il celebre medico e riformatore della terapia medica (soprannominato il
Lutero della medicina) Theophrastus Philipp Aureolus Bombast von Hohenheim
nacque ad Einsiedeln, nel cantone svizzero di Schwyz, in una data non meglio
precisata compresa tra il 1490 ed il 1494: la maggior parte degli autori
propende per il 10 (o forse 11) novembre 1493, ma non c'è comunque certezza
sull'esatta data.
Il padre, Wilhelm Bombast von Hohenheim de Riett (m. 1534), era figlio
naturale di Georg Bombast von Hohenheim, Gran Maestro dell'ordine dei
cavalieri di Malta e discendente di un'antica e nobile famiglia sveva.
Tuttavia la sua nascita illegittima lo aveva costretto ad una vita di
povertà e a lavorare per mantenere la famiglia: fece il medico dapprima per
il monastero di Einsedeln, quindi, dal 1502, si trasferì con il figlio a
Villach, nella regione austriaca della Carinzia, dopo la morte della moglie,
ex sovrintendente dell'ospedale di Einsedeln.
Il piccolo P. ebbe quindi i primi rudimenti di cultura dal padre ed in
seguito studiò con due alti prelati: Eberhard Paumgartner, vescovo di Lavant
e Matthaeus Schacht, vescovo di Freising, ma il tutore che esercitò la
maggiore influenza sulla sua formazione fu certamente Johannes Trithemius
(Heidenberg) (1462-1516), abate di Sponheim, eccellente esempio
rinascimentale di studioso eclettico di Cristianesimo, filosofia ermetica e
scienze occulte (magia, astrologia, alchimia e cabala) e mentore di un altro
famoso occultista dell'epoca: Agrippa di Nettesheim.
In seguito P. si iscrisse alla Bergschule, la scuola mineraria di Hutenberg,
vicino a Villach, fondata dai famosi banchieri Fugger, dove i giovani
venivano istruiti a diventare esperti minerari in oro, stagno, mercurio,
ferro e rame. P. fece anche un apprendistato specifico presso la miniera di
Siegfried Fugger a Schwaz e poté impratichirsi sui primi rudimenti di
alchimia.
Ma, nel 1507, P. abbandonò Villach per viaggiare per cinque anni da
un'università all'altra in cerca di conoscenza e sapere: si dice abbia
frequentato gli atenei di Basilea, Tübingen, Vienna, Wittenberg, Lipsia,
Heidelberg e Colonia, ma che non fosse stato particolarmente impressionato
dalla preparazione dei professori, soprattutto considerando che, in seguito,
si era domandato come "i più nobili collegi riuscissero a sfornare così
tanti nobili asini!" Comunque all'università di Vienna egli ottenne il
baccalaureato in medicina nel 1510.
Tra il 1513 ed il 1516 P. viaggiò per motivi di studio in Italia, in
particolare a Ferrara, dove si iscrisse ai corsi di medicina, abbastanza
fuori dagli schemi tradizionalmente galenici e aristotelici, degli umanisti
Nicolò Leoniceno (1428-1524) e Giovanni Manardo (1462-1536) e dove si laureò
in medicina nel 1516, ma di questo fatto non ci sono testimonianze scritte
(purtroppo mancano gli annali universitari di quell'anno), eccetto la sua
parola. Da alcuni autori viene ipotizzato, durante il suo soggiorno in
Italia, anche un incontro tra P. e Agrippa di Nettesheim, all'epoca docente
di scienze occulte a Pavia.
Fu comunque in questo periodo che Theophrastus Bombast adottò il nome di
Paracelso, in quanto, probabilmente, intendeva significare che il suo
obiettivo era di superare il pensiero del famoso medico dell'antichità, Aulo
Cornelio Celso (I secolo d.C.).
In seguito P. lavorò come chirurgo militare durante varie guerre svolte in
Olanda, in Russia (fu catturato dai tartari, ma riuscì a fuggire in
Lituania), in Ungheria ed infine, dal 1521, al servizio della Repubblica di
Venezia, per conto della quale viaggiò nei vari possedimenti della
Serenissima, ma anche in Egitto, Arabia e Costantinopoli.
Finalmente, nel 1524, egli tornò a Villach, ma in seguito si recò, nel 1526,
a Strasburgo, dove entrò nella gilda dei chirurghi, ma non in quella, più
prestigiosa, dei medici (il che fa ipotizzare ad alcuni autori che P. non si
fosse mai laureato a Ferrara).
Nel 1527, P. fu chiamato a Basilea per curare, con successo, la gamba del
famoso editore di testi umanisti Johannes Frobenius (1460-1527). Il
risultato positivo delle sue cure gli procurarono potenti appoggi da parte
di Erasmo da Rotterdam, dello stesso Frobenius e di Johannes Ecolampadio,
pastore della Chiesa di San Martino e principale riformatore della città,
che lo fece nominare medico cittadino e docente universitario.
Tuttavia la sua presenza in città provocò malumori, invidie e perfino odio
tra i medici e i farmacisti, specialmente quando il 24 giugno 1527, quasi
imitando una simile azione dimostrativa di Martin Lutero del 1520, P. bruciò
in pubblico i testi di Abu Ali Al-Hussain Ibn Abdallah Ibn Sina (Avicenna)
(981-1037) e di Galeno (129-199) davanti all'università locale.
Nelle sue lezioni, tenute in tedesco, e non in latino, contro ogni usanza
universitaria, egli tuonò contro i metodi empirici di curare le ferite con
muschio o, peggio, letame secco, intuendo, primo fra tutti, che, una volta
scongiurato il pericolo di infezioni, fosse la stessa Natura a cicatrizzare
le ferite.
Similmente P. attaccò le assurde pratiche dei medici dell'epoca, basate su
salassi, infusi, suffumigi, prescritti senza una minima conoscenza, ma
questi suoi attacchi lo convinsero a fuggire da Basilea nottetempo, nella
primavera del 1528, soprattutto dopo due episodi: la morte del suo
protettore Frobenius e l'episodio della causa legale che aveva perso contro
il canonico Cornelius von Lichtenfels, che si era rifiutato di pagargli una
parcella: P. aggravò la sua situazione, insultando pesantemente i giudici
favorevoli al prelato.
P. si rifugiò ad Esslingen, poi a Colmar, in Alsazia, presso alcuni amici.
Da qui, P. riprese il suo eterno pellegrinare fra la Germania, Svizzera e
Austria, dove, nel 1538, si recò a Villach per trovare suo padre, salvo
scoprire che l'anziano genitore era già morto quattro anni prima.
Lo stesso P., chiamato nel 1541 dal vescovo vicario di Salisburgo, Ernst di
Wittelsbach (o di Baviera) (vescovo: 1540-1554), morì improvvisamente, a
soli 48 anni, nella città austriaca il 24 settembre dello stesso anno. Sulle
cause della sua morte le notizie sono purtroppo scarse e le ipotesi tante:
morte naturale, collasso dopo una libagione esagerata, gravemente ferito
dopo una colluttazione con sicari inviati dai suoi nemici.
Dal 1725 le sue ossa sono state riesumate e sepolte nel porticato della
chiesa di San Sebastiano a Salisburgo.


Il pensiero medico filosofico
Il giudizio dei posteri delle capacità di P. come medico sono variabili a
causa del suo approccio molto singolare verso la medicina, di cui egli
rifiutò il pensiero ufficiale aristotelico e galenico del tempo,
rivolgendosi di più verso un concetto neo-platonico, ispirato da Marsilio
Ficino (1433-1499).
Infatti il complesso mondo medico-filosofico di P. non poteva non tenere
conto che l'uomo era parte dell'universo e che le sue malattie erano solo
una parte della sua vita. Per poter conoscere quindi questo mondo, P. si
dedicò allo studio della Cabala cristiana, leggendo le opere di Johannes
Reuchlin, e allo studio dell'alchimia, ma fece anche tesoro delle sue
esperienze pratiche di medicina e di chimica farmaceutica.
Da tutto ciò, egli sviluppò una complessa cosmogonia, il cui principio era
l'yliaster o hyaster, [da hýle (materia) e astrum (astro)], una forma di
materia cosmica, popolata di entità, come ens astrorum (influenze cosmiche),
ens veneni (sostanze tossiche), ens naturale et spirituale (difetti fisici o
mentali) ed ens deale (malattie inviate dalla Provvidenza).
Eppure le sue intuizioni mediche rimasero insuperate per secoli, come l'uso
rivoluzionario dei composti di mercurio, al posto del guaiaco, per
combattere la sifilide (per questo, il suo studio in otto volumi
sull'argomento fu messo all'Indice per anni), l'impiego di minerali contro
la gotta, la descrizione ed eziologia esatta della silicosi, il valore
curativo delle acque minerali, l'uso di tinture di erboristeria e di metodi
omeopatici ante litteram.


Il pensiero religioso
Benché P. si mantenesse, almeno ufficialmente, cattolico per tutta la sua
vita, egli tese verso un concetto di illuminazione interna, cara ai mistici
di tutte le correnti cristiane. I misteri di Dio nella creazione del mondo
potevano, secondo P., essere utilizzati dal mago veramente pio. Era inoltre
un millenarista e credeva inoltre nel miglioramento dell'uomo e
nell'incremento della conoscenza, attraverso l'aiuto divino e la riscoperta
della pietra filosofale, cosicché il mondo avrebbe potuto prepararsi per il
Regno dei Santi dei Mille Anni (la cosiddetta quarta monarchia). Simili
convinzioni le espresse il suo seguace Heinrich Khunrath.


Le opere
La maggior parte delle sue opere furono da lui dettate al pupillo preferito
Johannes Oporinus (1507-1568) e pubblicate dopo la sua morte. Esse
comprendono:
Archidoxae medicinae libri (1524), sull'alchimia.
Drei bücher von den Franzosen [Tre (diventati poi otto) libri sulla malattia
francese (sifilide)] (1528).
Practica Theophrasti Paracelsi (1529), il primo libro pubblicato.
Das buch Paragranum (1529), sulla scienza magica.
Opus paramirum (1531), sull'uso magico e per scopi medici di erbe medicinali
e farmaci.
Der grossen Wundartznei (Il grande libro della chirurgia)(1536), la sua
opera più famosa.
Prognosticatio eximii doctoris Theophrasti Paracelsi (1536), contenente una
serie di 32 profezie.


Leutard (o Liutardo), contadino di Châlons-sur-Marne (XI secolo)



Leutard era un contadino, nato nel villaggio di Vertus, nella diocesi di
Châlons-sur-Marne (regione della Champagne), il quale nell'anno 1004
abbandonò la moglie per predicare la castità, la povertà, il disprezzo
dell'autorità ecclesiastica, il rifiuto di pagare le decime e il rigetto di
parti della Bibbia.
Secondo il cronista e monaco della Borgogna, Rodolfo il Glabro, a L. era
venuta una improvvisa ispirazione in seguito ad un sogno premonitore ed
aveva iniziato a farsi notare con gesti clamorosi, come ad esempio spezzare
pubblicamente una croce in una chiesa. Si dedicò, come detto, alla
predicazione, attraendo un discreto seguito, soprattutto fra le classi più
povere.
Ma la Chiesa ufficiale, preoccupata dal fenomeno, lo fece convocare
dall'anziano vescovo Gebuino di Châlons, il quale lo interrogò e ovviamente
fu in grado di confutare facilmente le confuse idee di questo contadino
analfabeta.
L. fu dichiarato insano di mente e dalla vergogna di essere stato
sbugiardato e poi abbandonato dai suoi seguaci, egli si tolse la vita,
gettandosi in un pozzo.
L. fa parte di quella schiera di eretici del XI secolo, alla quale alcuni
autori, sebbene senza prove certe, fanno risalire il passaggio tra
bogomilismo e catarismo in Europa occidentale.
Nel caso di L., il disprezzo della croce, la castità, il rifiuto dell'Antico
Testamento sembrerebbero, effettivamente, pensare ad un'influenza bogomila.


Lilburne, John (ca. 1614-1657) e i levellers (XVII secolo)



I Levellers (livellatori), un gruppo politico-religioso inglese del XVII
secolo, erano noti per la loro filosofia rivolta alla democrazia sociale e
per la lotta a favore della tolleranza religiosa.
Il gruppo fu fondato da John Lilburne (ca.1614-1657), un ufficiale
dell'esercito e amico personale del futuro Lord Protettore del Commonwealth
Oliver Cromwell (1599-1658), assieme allo scrittore Richard Overton (att.
1631-1664) e all'umanista William Walwyn (1600-1680).
I l. avevano a cuore i diritti democratici della classe media ed enunciarono
il loro programma (attuale perfino nel XX secolo, ma addirittura
rivoluzionario nel XVII secolo), nel trattato A Remonstrance of many
Thousand Citizens (Una protesta di migliaia di cittadini), scritto da
Overton nel 1646: abolizione della monarchia e della Camera dei Lord,
suffragio universale per la maggior parte degli inglesi (quelli liberamente
nati), separazione Chiesa/Stato, riforme fiscali e legali, un governo che
rispondesse al popolo con diritti garantiti e libertà per il popolo stesso.
Inoltre i l. divennero molto popolari presso l'esercito inglese, quando si
dichiararono favorevoli ad alcune richieste di questo nel 1647, tuttavia,
nel 1648, a fianco degli indipendenti, essi entrarono in conflitto con il
nuovo parlamento controllato dai presbiteriani. Questi stavano cercando di
barattare l'appoggio del re Carlo I (1625-1649), con una riforma, in senso
presbiteriano, della Chiesa Anglicana.
Paradossalmente, l'esecuzione di Carlo I nel gennaio 1649 e la salita al
potere di Oliver Cromwell, due avvenimenti apparentemente a loro favorevoli,
coincise invece con il declino delle fortune dei l. Lilburne accusò
pesantemente l'antico amico di aver scippato il potere dal popolo ed arrivò
al punto di chiedere la messa in stato di accusa di Cromwell per alto
tradimento.
Quest'ultimo cercò quindi di eliminare il movimento, perseguitando i suoi
capi: fece arrestare Lilburne e gli altri fondatori e schiacciò, con la sua
New Model Army [l'esercito parlamentare, comandato da Sir Thomas Fairfax
(1601-1671)] nella battaglia di Burford del maggio 1649, un tentativo di
ammutinamento di solidarietà nell'esercito.
Proprio nel biennio 1649-50, i l. radicalizzarono il loro messaggio sociale
aiutando lo sviluppo del movimento dei diggers, anch'esso una setta
riformatrice ma più interessata alla gente comune e povera: questa
temporanea alleanza alienò molti delle simpatie verso i l. da parte di
persone spaventate dalle tesi da "esproprio proletario" dei diggers.
Comunque nel 1650 i capi l. furono liberati, eccetto Lilburne, il quale,
processato e condannato, fu esiliato a Bruges, in Belgio, da dove rientrò
nel 1653, per essere nuovamente arrestato e mandato alla prigione londinese
di Newgate. Fu in seguito rimandato in esilio, questa volta sull'isola di
Jersey, e solo nel 1655, in seguito al peggioramento del suo stato di
salute, Lilburne, nel frattempo convertitosi al movimento quacchero, fu
fatto liberare da Cromwell, che gli assegnò anche una pensione.
Lilburne morì a Eltham il 29 agosto 1657.
Il movimento l. non sopravvisse molto al proprio fondatore: nonostante si
registrassero ancora loro interventi o scritti negli anni successivi, la
setta si esaurì durante il periodo della Restaurazione del re Carlo II
(1649-1685).



Fratelli del Libero spirito (XII - XIII - XIV secolo)



I Fratelli del Libero Spirito fu un movimento, dal XII secolo, diffuso nella
Francia settentrionale, in Germania, nei Paesi Bassi, in Boemia e in Italia,
che professava l'indipendenza dall'autorità ecclesiastica e la possibilità
di vivere secondo una vita apostolica, poiché i propri adepti erano convinti
di essere pervasi dallo Spirito Santo.
Questo stato di divinità coincideva con la totale scomparsa dei tormenti
della coscienza: essi quindi ritenevano di essere talmente perfetti da poter
commettere qualsiasi atto senza correre il rischio di peccare, secondo il
detto di San Paolo: Tutto è puro per i puri (Lettera a Tito 1,15). Alcuni
autori cattolici riportarono che essi, forti di questo convincimento, si
lasciavano andare soprattutto ad atti contro la morale, come atti sessuali
extra matrimoniali.
Se ne ha notizia già dalla metà del XII secolo, quando i F. vennero
identificati nei pifres, predicatori ascetici eterodossi, combattuti dal
monaco Eckbert di Schönau.
La dottrina del movimento fu, all'inizio del XIII secolo, fortemente
influenzata dal pensiero apocalittico di Gioacchino da Fiore e quello
neoplatonico e panteista di Amaury di Bène, e successivamente dal teologo e
mistico Ortlieb di Strasburgo, i cui seguaci, chiamati ortlibarii, vennero
condannati dal Papa Innocenzo III (1198-1216).
Ai F. si fanno risalire parentele più o meno strette con il movimento degli
apostolici di Gerardo Segalelli, fra Dolcino da Novara, i movimenti dei
begardi e delle beghine e il grande mistico tedesco Eckhart von Hocheim.
Nel XIV secolo, il capo dei F. italiani, Bentivegna da Gubbio, fu condannato
al carcere a vita nel 1307 proprio da Ubertino da Casale, diventato poi uno
dei leader storici del movimenti dei francescani spirituali o fraticelli.
In Francia, nello stesso periodo, fece notizia la condanna al rogo della
beghina, simpatizzante con i F., Margherita La Porète nel 1310.
Altri F. condannati al rogo furono Berthold Rohrbach a Spira (Germania) nel
1356, Johannes Hartmann-Spinner nel 1370 ca. e Nicola da Basilea a Vienna
nel 1395.
Il movimento fu definitivamente condannato da Papa Clemente V (1305-1314)
nella bolla Dilectus Domini del 1311.
Tuttavia, alla metà del XIV secolo, apparve una sua variante nel movimento
della Libera Intelligenza o Uomini di Intelligenza, al quale potrebbe aver
aderito, secondo una curiosa ipotesi dello studioso tedesco Wilhelm
Fraenger, il noto pittore fiammingo Hieronymus Bosch (1450-1516).


Erastus (o Lüber o Lieber o Liebler), Thomas (1524-1588) e Erastianismo



La vita
Thomas Lüber (nome umanistico Erastus) nacque il 7 settembre 1524 a Baden,
nel cantone Aargau in Svizzera, da una povera famiglia di artigiani.
Nel 1540 E. fu mandato, a spese di uno sconosciuto mecenate, a studiare
teologia a Basilea, ma a causa di una epidemia di peste nel 1544, egli
decise di trasferirsi a studiare filosofia e medicina a Bologna, dove si
laureò in medicina nel 1552, e successivamente a Padova.
Nel 1555 E. fu assunto, da parte di Guglielmo IV, Conte di Henneberg
(1478-1559), come medico di corte, ruolo che dal 1558 ricoprì, oltre a
quello di professore di medicina all'università di Heidelberg, anche presso
il principe elettore del Palatinato, Otto Heinrich (regnante: 1556-1559).
Nel 1559, alla morte di Otto Heinrich, il successore Frederick III Palatino,
detto il Pio (regnante: 1559-1576) nominò E. membro del Consiglio della
Corona, Rettore dell'università e membro del Concistoro della Chiesa.
Tuttavia Frederick fu anche il primo principe tedesco ad accettare il
calvinismo nel 1563, nonostante la strenua resistenza di E., che invece
parteggiava per una riforma di tipo zwingliano. E. difese senza successo la
dottrina della Cena del Signore di Zwingli nelle conferenze di Heidelberg
(la capitale del Palatinato) del 1560 e Maulbronn del 1564, ma fu perfino
scomunicato in quella di Heidelberg, sebbene la scomunica venne revocata
l'anno successivo. Egli difese inoltre le sue idee per iscritto nel 1565,
rispondendo al teologo luterano di Strasburgo Johann Marbach (1521-1581).
Nel 1570 Frederick III Palatino, con l'aiuto del teologo calvinista Caspar
Olevianus (1536-1587), introdusse il calvinismo, nella sua forma
presbiteriana, come religione di stato.
La neonata chiesa, come uno dei suoi primi atti ufficiali, scomunicò E.
accusandolo di un presunto socinianesimo sulla base di lettere scambiate con
antitrinitariani transilvani e lo perdonò solo nel 1575, dopo una
dichiarazione di E. di adesione alla dottrina della Trinità.
Tuttavia la sua posizione rimase scomoda e vista sempre con molto sospetto e
quindi nel 1580 egli decise di ritornare a Basilea, dove nel 1583 venne
nominato professore di etica all'università. Non poté, purtroppo occupare
molto questo ruolo, poiché morì nello stesso 1583, il 31 dicembre.


Erastianismo
La dottrina, che prende il nome da E., si denomina erastianismo e derivò da
discussioni di E. con i teologi calvinisti sull'opportunità che fosse lo
stato, come voleva E., e non la chiesa, secondo i calvinisti, a punire i
peccatori e gli eretici. Per E. una chiesa in una nazione cristiana non
aveva nessun potere di repressione, distinta da quello dello stato: la
chiesa poteva solamente censurare o ammonire coloro che deviavano dalla
retta via.
L'opera principale di E., denominato La nullità delle censure della Chiesa,
apparve postumo a Londra nella versione tedesca nel 1589 e nella traduzione
inglese nel 1659, influenzando in maniera decisiva le teorie di alcuni
parlamentari inglesi, come John Selden (1584-1654) e Bulstrode Whitelocke
(1605-1675), favorevoli alla supremazia dello stato sulla chiesa.
L'erastianismo ebbe inoltre un ruolo importante nello sviluppo del
gallicanesimo in Francia.


Pucci, Francesco (1543-1597)



La vita
Il pensatore utopistico Francesco Pucci nacque nel 1543 a Figline Valdarno
rampollo di un ramo della famosa famiglia nobile fiorentina [pare fosse
parente del cardinale Antonio Pucci (m. 1544)], anche se, per la verità, i
parenti non lo vollero mai riconoscere come loro congiunto.
Nel 1570, mentre si trovava a Lione per fare pratica nel commercio, maturò
una conversione che lo spinse ad abbandonare il mestiere e a dedicarsi "allo
studio delle cose celesti ed eterne". Si recò quindi a Parigi per studiare
teologia, ma avendo assistito alle stragi anti-ugonotte della notte di San
Bartolomeo (23 agosto 1572), decise di riparare in Inghilterra, a Londra,
dove entrò a far parte della comunità degli esiliati religiosi. In seguito
P. si iscrisse all'università di Oxford, e, in un ambiente dominato dalle
idee platoniche, ottenne il titolo di Maestro in Arti Liberali nel 1574,
tuttavia la sua vena inquieta e polemica gli fruttò un'espulsione
dall'università nell'anno seguente.
Decise allora di ritornare a Londra, e qui cambiò la chiesa di appartenenza,
passando da quella italiana a quella francese, di credo calvinista, ma anche
qui si fece coinvolgere da polemiche anti-calviniste.
Lasciò allora l'Inghilterra nel 1577 alla volta di Basilea, per andare a
trovare Fausto Sozzini, ed anche qua dopo poco il consiglio cittadino lo
espulse. Ritornato in Inghilterra, venne ulteriormente perseguitato, finché
per un certo periodo non emigrò in Olanda ospite di Justus Lipsius
(1547-1606), nome umanistico dello studioso Josse Lips, accusato qualche
anno dopo di essere un familista.
Dopo l'ennesimo rientro a Londra, P. scrisse nel 1581 la sua opera
principale, la Forma d'una repubblica cattolica: ma, essendo stato
pubblicata in forma anonima, tuttora alcuni studiosi ritardano una
attribuzione certa della paternità del lavoro al pensatore eterodosso di
Figline Valdarno. Nella sua opera P. proponeva una repubblica segreta
(organizzata in collegi o comunità: un vago riferimento ad una
organizzazione di tipo anabattista) di persone di buona volontà, per
preparare un concilio universale, che potesse riunificare tutta la
Cristianità, e perfino gli ebrei ed i mussulmani. La repubblica doveva
rimanere comunque segreta, adeguandosi a seguire l'esteriorità della Chiesa
ufficiale, un concetto nicodemitico, probabilmente preso in prestito dalla
dottrina familista, trasmessogli da Justus Lipsius.
Nel 1582 P. si recò a Cracovia per discutere con Fausto Sozzini e gli altri
dissidenti religiosi residenti in Polonia le sue idee, ma queste furono
respinte praticamente da tutte le confessioni presenti: calvinisti,
luterani, anabattisti e sociniani non diedero molto peso alle sue teorie. In
compenso, a Cracovia nel 1585 P. incontrò e fece amicizia con il mago e
astrologo inglese John Dee, che stava viaggiando in Polonia in compagnia del
medium e ciarlatano Edward Kelly (1555-1593): P. accompagnò i due nel loro
viaggio a Praga per andare a visitare l'imperatore Rodolfo II (1578-1612).
Qui il loquace e polemico P. abbandonò la compagnia dei due maghi (con
sollievo di Dee, che lo considerava pericolosamente chiacchierone e utopico:
aveva perfino cercato di convincere Dee ad andare a Roma per presentare al
papa i suoi esperimenti di necromanzia!) e, deluso dell'accoglienza del
variegato mondo protestante, decise di riconvertirsi al Cattolicesimo
nell'estate dello stesso 1585, pare anche dopo un incontro a Praga con il
cardinale Ippolito Aldobrandini, il futuro Papa Clemente VIII (1592-1605).
Trasferitosi in Olanda, P. lavorò sulla sua ultima opera, il trattato De
Christi servatoris efficacitate in omnibus et singulis hominibus
(L'efficacia salvifica del Cristo in tutti e in ogni uomo), pubblicato nel
1592 e dedicato proprio al neo-eletto Papa Clemente VIII. Qui P. arrivò
all'apice della sua idea di Chiesa universale ed ecumenica: ogni uomo aveva
il diritto di appartenere alla Chiesa di Cristo e l'amore universale di Dio
per l'intera umanità doveva aiutare ad abbattere le barriere che separavano
le chiese.
Pubblicata quest'opera, P. ebbe la temerarietà di voler andare a Roma,
probabilmente per presentarla ufficialmente al papa, ma fu catturato a
Salisburgo nel maggio 1594 per ordine dell'Inquisizione e condotto nelle
carceri romane, dove conobbe Giordano Bruno e Tommaso Campanella.
Condannato a morte per eresia, P. fu decapitato e poi bruciato sul rogo a
Campo dei Fiori il 5 luglio 1597.


Il pensiero
Pensatore utopico, mistico platonizzante, ma anche antitrinitario
razionalista, ammiratore di pensatori e riformatori come Girolamo Savonarola
e Giorgio Siculo, come si è già detto, P. fu molto polemico contro le
principali dottrine religiose dell'epoca.
Fondamentale per capire il suo pensiero religioso fu un manifesto, scritto
nel 1578, ed una successiva lettera (sullo stesso tema) a Niccolò Balbani,
sull'innocenza naturale dell'uomo e contro il peccato originale: secondo P.,
Cristo ha redenti tutti, fino "nel ventre materno, quando per benefitio del
creatore semo forniti d'anima all'immagine d'Iddio" e quindi l'uomo si danna
solo quando, razionalmente, devia dalla legge divina. Il Battesimo dunque
diventa inutile, poiché l'uomo, sempre con l'uso del suo raziocinio, si può
salvare anche senza questo sacramento. Inoltre l'ira di Dio si rivolge solo
contro i peccatori consapevoli, e non contro l'intera umanità considerata
peccatrice secondo il noto concetto calvinista. Infine P. dava molta
importanza al ruolo educativo che i padri potevano avere sui propri figli
per mantenere il più possibile questo stato di innocenza.


Biandrata (o Blandrata), Giorgio (c. 1515-1588)



La gioventù e il primo periodo in Polonia e Transilvania
Il medico antitrinitario Giorgio Biandrata (o Blandrata), ultimogenito di
Bernardino Biandrata, nacque nel 1515 ca. a Saluzzo dalla nobile e antica
famiglia De Blandrate.
Egli si laureò in arti liberali e in medicina a Montpellier nel 1533, e si
specializzò nei disordini funzionali e nervosi nelle donne.
Nel periodo 1540-44 B. divenne medico di corte della regina di Polonia, Bona
Sforza, moglie di Sigismondo II Iagellone, detto Augusto (1543-1572), e nel
1544 egli compì il suo primo viaggio in Transilvania, alla corte di
Isabella, figlia di Bona e di Sigismondo, e recente vedova del voivoda di
Transilvania e re della Ungheria (orientale) Giovanni I Zapolya (1529-1540).
A Giovanni I era succeduto il figlio minorenne Giovanni II Sigismondo
Zapolya (1541-1571), ma nel 1551 Isabella e il giovanissimo figlio erano
stati obbligati a rinunciare alla corona in cambio di un feudo in Slesia da
parte di Ferdinando d'Asburgo (imperatore 1558-1564), l'altro pretendente al
trono ungherese, salvo poi rientrare trionfalmente nel 1556 ad Alba Julia
(Gyulafehèrvàr), spalleggiati dai loro sostenitori e dal tutore Péter
Petrovics, che resse il trono, insieme alla regina-madre Isabella fino al
1559.
In questo frangente, B. era stato medico di corte e consigliere di Isabella
fino al 1551.


B. in Italia e Svizzera
In quell'anno infatti egli rientrò in Italia, a Pavia, e a quel periodo
verosimilmente risale la sua adesione alla Riforma.
Tuttavia, nel 1553, in seguito a questa conversione, B. decise di
abbandonare l'Italia, assieme a Giovanni Paolo Alciati della Motta e a
Camillo Renato, dapprima fuggendo nel Cantone Grigioni e poi stabilendosi
nel 1557 a Ginevra, dove abitò per un anno, anche se il suo rapporto con
Calvino fu alquanto difficile per la diffidenza che il riformatore ginevrino
nutriva nei suoi confronti.
A Ginevra B. intervenne come medico per curare Jane Stafford, moglie inglese
del conte Celso Massimiliano Martinengo, predicatore della Chiesa Italiana a
Ginevra, e in questa chiesa ebbe la possibilità di esprimere in libertà le
sue opinioni anti-trinitarie, tuttavia queste sue idee, potenzialmente
disaggreganti per la Riforma calvinista, furono denunciate da Martinengo al
proprio protettore, il riformatore di Zurigo Heinrich Bullinger, nonostante
che il conte bergamasco avesse avuto delle iniziali simpatie per le idee
anabattiste e antitrinitarie soprattutto durante il suo soggiorno in
Valtellina.
Tuttavia l'episodio decisivo per la partenza di B. dalla Svizzera avvenne il
18 maggio 1558, quando Calvino chiese a tutti gli italiani esuli a Ginevra
di firmare un atto di fede trinitaria. Il documento venne contestato da
Giovanni Valentino Gentile, Alciati della Motta e B., che si rifiutarono di
firmarla: in particolare, la decisione di Gentile e il B. era motivata dal
fatto che essi avevano, nel frattempo, sposato la causa triteista, basata
sulla separazione delle tre persone Divine: Padre, Figlio e Spirito Santo in
tre Dei distinti dei quali, però, solo il Padre era veramente fonte di
divinità, mentre gli altri due erano subordinati.


Nuovamente in Polonia
B. ritenne quindi più prudente trasferirsi, in Polonia, dove incontrò
l'antitrinitario Lelio Sozzini: l'azione degli unitariani locali come Pietro
Gonesio e Grzegorz Pawel fu rinforzata dall'arrivo di B., che aiutò a
formare una comunità, soprattutto di esuli suoi connazionali, a Pinczòw
vicino a Cracovia.
La corrente antitrinitaria polacca (denominata Ecclesia Minor, in
contrapposizione all'Ecclesia Major calvinista) ritrovò quindi in B. un vero
leader, che riuscì, nei sinodi di Pinczow nel 1558, di Wlodzislaw nel 1559
[convocato dal collaboratore di B., Francesco Lismanini (1504-1566)], e di
Ksionz nel 1560 e 1562, a mettere d'accordo le opposte fazioni, grazie ad
una confessione di fede ottenuta letteralmente dalle Sacre Scritture. Ciò,
soprattutto dopo le polemiche suscitate dall'ebraista mantovano Francesco
Stancaro, tacciato di modalismo, per la sua dottrina basata su Gesù Cristo
mediatore con Dio Padre solamente nella sua natura umana, la quale eresia
venne respinta dal sinodo di Wlodzislaw, dove le copie del suo libro vennero
bruciate pubblicamente.


L'amicizia con Dàvid in Transilvania
Ma nel 1562 nuovo cambiamento di programma: lasciato il timone
dell'antitrinitarismo polacco in mano all'amico Pawel e la propria
biblioteca a Prospero Provana, B. decise di ritornare in Transilvania, a
Gyulafehérvár (Alba Julia), dove divenne medico di corte del principe
Giovanni II Sigismondo Zapolya e conobbe il vescovo della Chiesa Riformata
di Transilvania Ferenc Dàvid, al quale B. fece leggere una copia della
famosa Christianismi restitutio (La restaurazione del Cristianesimo) di
Miguel Serveto, convertendolo all'antitrinitarianismo (o unitarianismo).
La conversione di David alla nuova fede fu evidente nel 1566, quando egli
fece rimuovere un professore della scuola di Kolozsvár per aver osato
insegnare la dottrina della Trinità: quest'ultimo, assieme al calvinista
Melius, chiese ed ottenne dal re la convocazione di un sinodo nazionale a
Gyulafehérvár, che si svolse nello stesso 1566 per essere poi aggiornato in
una nuova sede, a Torda (sempre in Transilvania), che risultò poi un trionfo
per gli unitariani Dàvid e B.
Nel frattempo B. collaborò lungamente con Dàvid, facendo anche pubblicare il
suo libro De vera et falsa unius Dei, Filii et Spiritus Sanctii cognitione
(Della falsa e vera conoscenza dell'unità di Dio Padre, Figlio e Spirito
Santo), nel quale il riformatore transilvano ridicolizzava la dottrina della
Trinità e perorava la causa della tolleranza religiosa per tutte le fedi.
Questo discorso venne poi ripreso durante la Dieta di Torda nel gennaio
1568, dove  Giovanni II Sigismondo riconobbe la piena libertà a tutte le
confessioni religiose: fu la prima dichiarazione, al mondo, di tolleranza
religiosa mai pronunciata da un regnante.
In Transilvania B. fu sempre un riferimento per esuli religiosi italiani,
come ad esempio i colleghi medici Niccolò Paruta, che nel 1573 si era
trasferito in Transilvania, presso il Collegio unitariano di Kolozsvàr, e
che morì (probabilmente nel 1581) nella casa di B. a Nagyenyed; e Niccolò
Buccella, che fu poi, grazie alla sua fama di valente medico, assunto da
Stefano Bàthory nel luglio 1574 allo stipendio di 600 talleri all'anno.
Mantenne inoltre duraturi contatti epistolari con il diplomatico
italo-ungherese Andrea Dudith Sbardellati.
Tuttavia, nel 1571 con la morte a soli 31 anni di Giovanni II Sigismondo e
la salita al trono del cattolico Stefano I Báthory (1571-1586), divenuto in
seguito anche re di Polonia dal 1576 al 1586, la situazione della fazione
antitrinitaria di Dàvid si mise decisamente male, soprattutto dal 1578,
quando quest'ultimo, in piena polemica tra adoranti e non-adoranti, cessò la
collaborazione con B., il quale fece venire inutilmente da Basilea Fausto
Sozzini per cercare inutilmente di convincere Dàvid a recedere dalle sue
posizioni di non-adorante.
Secondo il pensiero di Sozzini, al quale aderì anche B., infatti, Gesù
Cristo era un vero uomo crocefisso, il cui compito era di rivelare Dio agli
uomini, che potevano così raggiungere la salvezza, seguendo il Suo esempio.
Dàvid, invece, seguendo il pensiero dell'italo-greco Giacomo Paleologo,
autore del trattato universalista De discrimine Veteris et Novi Testamenti,
negava il ruolo di guida per i fedeli verso la salvezza del Cristo e
rifiutava, conseguentemente, ogni forma di adorazione di Gesù Cristo.
Alcuni settori dell'unitarismo polacco accusarono violentemente B. di aver
cambiato rotta su questa dottrina e di aver tradito l'amico Dàvid,
consegnandolo ai suoi oppositori politici, i quali nel 1579 lo fecero
arrestare e imprigionare nella fortezza di Déva, dove, a causa del clima
rigido e del fisico debilitato, egli morì il 15 novembre dello stesso anno.
Del resto la decisione di abbandonare Dàvid al suo destino pesò sul futuro
di B., il quale venne isolato e disprezzato come un nuovo Giuda Iscariota
dai sostenitori dello sfortunato transilvano.


Per la terza volta in Polonia e la morte
Lo stesso B. seguì Bathory in Polonia nel 1576, quando questi fu incoronato
re di Polonia, pur mantenendo comunque buoni rapporti con Cristoforo
Bathory, fratello e successore di Stefano in Transilvania, il quale aveva
comunque permesso nel 1579 la diffusione dell'ordine dei Gesuiti in
Transilvania.
Un altro amico (e un altro medico!) dell'epoca di B. fu Marcello
Squarcialupi, che non condivise le dispute dottrinali del saluzzese, ma si
allineò con il suo pensiero nel 1581, quando scrisse una lettera a Fausto
Socini per richiamarlo ad abbassare i toni della polemica, che oltretutto
danneggiava l'immagine degli esuli italiani.
Negli ultimi anni della sua vita, solitario ed isolato, come si è detto, a
causa della sua posizione nella polemica con Dàvid, B. fu preso dalla
nostalgia della sua patria, ma per potervi tornare con una certa sicurezza
aveva aperto una trattativa segreta con i gesuiti, promettendo di non
occuparsi più di problemi teologici, tuttavia poiché questi ultimi avevano
preteso una totale abiura, B. non accettò. Comunque nella propaganda
cattolica girò la voce che B. si fosse alla fine riconvertito alla religione
cattolica.
Similmente, sempre secondo fonti gesuiti, in particolare il religioso Jacob
Wujek, si ipotizzò che la morte di B., avvenuta il 5 maggio 1588, fosse
dovuta ad un fatto delittuoso: sarebbe stato infatti strangolato dal nipote
Giorgio, figlio di suo fratello Alfonso, ma la notizia non viene confermata
da altre fonti.


Leutard (o Liutardo), contadino di Châlons-sur-Marne (XI secolo)



Leutard era un contadino, nato nel villaggio di Vertus, nella diocesi di
Châlons-sur-Marne (regione della Champagne), il quale nell'anno 1004
abbandonò la moglie per predicare la castità, la povertà, il disprezzo
dell'autorità ecclesiastica, il rifiuto di pagare le decime e il rigetto di
parti della Bibbia.
Secondo il cronista e monaco della Borgogna, Rodolfo il Glabro, a L. era
venuta una improvvisa ispirazione in seguito ad un sogno premonitore ed
aveva iniziato a farsi notare con gesti clamorosi, come ad esempio spezzare
pubblicamente una croce in una chiesa. Si dedicò, come detto, alla
predicazione, attraendo un discreto seguito, soprattutto fra le classi più
povere.
Ma la Chiesa ufficiale, preoccupata dal fenomeno, lo fece convocare
dall'anziano vescovo Gebuino di Châlons, il quale lo interrogò e ovviamente
fu in grado di confutare facilmente le confuse idee di questo contadino
analfabeta.
L. fu dichiarato insano di mente e dalla vergogna di essere stato
sbugiardato e poi abbandonato dai suoi seguaci, egli si tolse la vita,
gettandosi in un pozzo.
L. fa parte di quella schiera di eretici del XI secolo, alla quale alcuni
autori, sebbene senza prove certe, fanno risalire il passaggio tra
bogomilismo e catarismo in Europa occidentale.
Nel caso di L., il disprezzo della croce, la castità, il rifiuto dell'Antico
Testamento sembrerebbero, effettivamente, pensare ad un'influenza bogomila.


Janko e Livin di Wirsberg (att. 1467)



I fratelli Janko e Livin erano due ricchi giovani della città di Wirsberg,
in Boemia.
Essi si misero a predicare il ritorno nel 1467 del "Salvatore unto", che
avrebbe sconfitto l'Anticristo, il Papa ed il clero (eccetto i Francescani
spirituali) e avrebbe dato inizio ad una nuova era del mondo: tutti si
sarebbero dovuto preparare abolendo la proprietà privata e i titoli
nobiliari.
Pare che queste profezie, di chiara ispirazione gioachimita, derivassero
dall'influenza esercitata da un ex-francescano sui due fratelli.
Comunque J. e L. raccolsero un tale seguito, perfino in Germania, da
preoccupare seriamente le autorità ceche, che, su consiglio del legato
papale, arrestarono i due prima della scadenza della data fatidica.
Livin morì in carcere a Ratisbona alcuni anni dopo, mentre di Janko non si
seppe più niente: pare che fosse riuscito a fuggire.


Lollardi (XIV-XV secolo)



Il nome di lollardi venne dato ai seguaci di John Wycliffe e contraddistinse
un movimento eretico inglese del XIV e XV secolo.


Origine del nome
L'origine del nome è incerta: pare dall'olandese lollen, cantare o, secondo
alcuni autori, il soprannome, attribuito sarcasticamente ai lollardi dai
loro avversari cattolici, deriva dall'inglese to lollop, camminare
goffamente o to loll, sedere oziando.


Il movimento
A dir la verità, negli anni di Wycliffe, il termine di L. venne applicato a
diversi movimenti di dissenzienti religiosi, non necessariamente wycliffiti,
come ad esempio i begardi, i fratelli del libero spirito, i singoli
cavalieri in rotta con l'autorità della Chiesa, i parrocchiani che non
volevano pagare le decime, i seguaci del visionario gallese Walter Brute,
ecc.
Dopo la morte di Wycliffe nel 1384, divenne il leader del movimento il suo
segretario, John Purvey, che approfittò della schizofrenia del tirannico re
Riccardo II (1377- deposto 1399), per rinforzare la posizione del movimento,
protetto da diversi esponenti della nobiltà. Egli giunse anche a presentare
nel 1395 al Parlamento un progetto di riforma della Chiesa inglese, che fu
ovviamente respinto, in dodici punti, che ricalcavano i precetti di
Wycliffe.
Ma, in seguito alla deposizione di Riccardo da parte di Enrico di Lancaster
(il figlio di Giovanni, il protettore di Wycliffe), divenuto re Enrico IV
(1399-1413), la situazione per i L. cambiò radicalmente in peggio.
Infatti Enrico, per ringraziarsi la Chiesa, iniziò una energica azione di
soppressione del movimento L., contrassegnata dall'Atto De Hæretico
Comburendo (Del bruciare gli eretici) del 1401, che permetteva ai vescovi di
arrestare, imprigionare, torturare e consegnare al braccio secolare gli
eretici.
Il primo L. a pagare con la vita l'applicazione di questa legge fu il prete
londinese William Sawtrey, che dichiarò il suo rifiuto nel dogma della
transustanziazione e nell'autorità della Chiesa.
Anche all'estero si reagì al movimento L.: in particolare in Boemia, dove
nel 1403 l'università di Praga condannò gli scritti di Wycliffe, tradotte in
boemo dai suoi seguaci.
Nel 1408, il grande avversario del movimento, l'arcivescovo di Canterbury
Thomas Arundel, stabilì in un sinodo ad Oxford le regole (costituzioni) per
poter predicare in pubblico, tradurre le Sacre Scritture e insegnare
teologia nelle scuole.
Infine nel 1415 fu pronunciata postuma la condanna di Wycliffe per eresia al
Concilio di Costanza e nel 1428, dietro pressioni di Papa Martino V
(1417-1431), il suo corpo fu riesumato e bruciato sul rogo e le ceneri
sparse nel fiume Swift.
Tuttavia, già da prima, nel 1414, i L., vista minacciata la loro
sopravvivenza, avevano organizzato una insurrezione armata per rapire il re
Enrico V (1413-1422), sotto il comando di Sir John Oldcastle, l'anno
precedente processato e imprigionato per eresia, ma che era riuscito a
fuggire dalla famigerata Torre di Londra per mettersi a capo degli insorti.
La chiamata alle armi dei L. fu un vero insuccesso e ben pochi risposero
all'appello: secondo alcuni autori solo 300, di cui 80 furono catturati. Di
questi 69 (altri autori riportano 44) furono messi a morte. Oldcastle riuscì
a sfuggire alla cattura per 3 anni, finché non fu catturato nel 1417 e
impiccato su una forca sotto la quale bruciava un fuoco lento.
La persecuzione del movimento continuò per altri due decenni fino ad un
nuovo tentativo di insurrezione organizzato dal L. William Perkins, represso
nel sangue, nel 1431.
I L. continuarono a sopravvivere, ma anche essere perseguitati fino quasi
all'avvento della Chiesa d'Inghilterra nel 1534: perfino durante il regno di
Enrico VIII (1509-1547) ne furono bruciati sul rogo 2 nel 1511 e 4 nel 1522.
Nel 1523 furono infine fatti oggetto di un elogio di Erasmo da Rotterdam,
che li definì "conquistati, ma non estinti", e negli anni successivi furono
gradualmente riassorbiti dal Protestantesimo inglese, di cui avevano
promosso le idee due secoli prima.


Zwingli (o Zuinglio), Ulrich (o Huldreich) (1481-1531) e zwinglismo



La gioventù
Ulrich (o Hulderich) Zwingli nacque a Wildhaus, nella valle di Toggenburg
(Cantone San Gallo), nella Svizzera orientale, l'1 Gennaio 1484 (sette
settimane dopo Martin Lutero), terzogenito di otto figli di Ulrich (senior),
un ufficiale distrettuale della cittadina, e di Margareth Meili.
Z. studiò a Weesen e a Berna [con lo studioso umanista Heinrich Wölflin
(Lupulus) (1470-1534)] e nel 1500 si iscrisse all'università di Vienna, ma
nel 1502 si trasferì all'ateneo di Basilea, dove seguì corsi di musica,
filosofia e materie umanistiche, e, concentrandosi in seguito sugli studi di
teologia, dietro incoraggiamento del riformatore Thomas Wyttenbach
(1472-1526), si laureò nel 1506 proprio in teologia.
Nello stesso anno, Z. divenne pastore a Glarus (Glarona), ricoprendo
l'incarico per dieci anni fino al 1516. Il ruolo di pastore, se da una parte
lo impegnava nel solito lavoro di predicatore e curatore di anime,
dall'altra gli lasciava sufficiente tempo libero per dedicarsi ai suoi studi
classici: rinforzò la sua già solida cultura umanista imparando il greco
antico da autodidatta e leggendo i classici romani, greci e i Padri della
Chiesa.
Ebbe inoltre contatti con famosi umanisti come Glareano (Henrich Loriti,
1488-1563) e Erasmo da Rotterdam, che Z. ammirò sempre moltissimo e di cui
lesse il Nuovo Testamento in greco: da queste letture si sviluppò la sua
idea di una superiorità delle Sacre Scritture sulla tradizione della Chiesa.
Partecipò, inoltre, a varie campagne militari in Italia, nel 1513 e 1515,
come cappellano militare al seguito delle truppe mercenarie svizzere,
ingaggiate dai re di Francia contro la Lega Santa. Questa esperienza lo
scosse notevolmente per due fattori: l'usanza, da Z. odiata,
dell'arruolamento dei mercenari nei Cantoni Svizzeri, largamente praticata
ai tempi dalle potenze europee, tra cui lo stato della Chiesa (che perfino
oggigiorno ha mantenuto questa abitudine), e la scoperta della liturgia
ambrosiana a Milano, diversa da quella da lui utilizzata, e che lo fece
riflettere sul fatto che la Chiesa stessa non applicava identiche pratiche
rituali in tutto il mondo cristiano.
Ritornato a Glarus, egli fu nominato sacerdote del celebre convento
benedettino di Einsiedeln, dall'amministratore e abate Diebold von
Geroldseck. Ad Einsiedeln, dove Z. si trasferì dal 1516 al 1518, Z. venne a
conoscenza di una diffusa degenerazione della moralità da parte del clero,
contro cui iniziò a combattere. Predicò inoltre concetti riformisti già due
anni prima di Lutero:  Z. disse in seguito che non conosceva a quel tempo il
grande riformatore tedesco, e quindi asserì di aver lui stesso iniziato la
Riforma in Svizzera in maniera indipendente dalle vicende tedesche di
Lutero. Sotto un certo punto di vista aveva ragione: Z. fu molto più
riformatore della Chiesa, nel vero senso della parola, rispetto a Lutero,
che alcuni autori vedono maggiormente nel ruolo di profeta della Riforma.


Zwingli a Zurigo
Alla fine del 1518 si rese vacante il posto di predicatore alla Gross
Münster (Grande Cattedrale) di Zurigo e Oswald Myconius (1488-1552),
insegnante presso la scuola dell'annesso monastero, oltre che amico
d'infanzia di Z., lo propose come candidato al capitolo della cattedrale,
che lo elesse: Z. iniziò questa nuova attività il giorno del suo 35esimo
compleanno, l'1 Gennaio 1519 con una sistematica esposizione del Vangelo di
San Matteo e durante i successivi quattro anni passò in rassegna tutti i
libri del Nuovo Testamento.
Uomo non del tutto refrattario alle tentazioni della carne, Z. conobbe e
visse more uxorio (almeno dalla primavera 1522) con la vedova Anna Reinhard,
che, con l'abolizione del celibato per i pastori protestanti, Z. sposò
finalmente nel 1524 e da cui ebbe quattro figli.
Sopravvissuto miracolosamente alla tremenda epidemia di peste del 1520,
proprio da quel anno Z. maturò l'idea di una riforma, che, come Lutero (sola
fide - sola gratia - sola scriptura) ma, come detto, indipendentemente da
lui, ponesse l'accento sulla salvezza per fede, dono della grazia di Dio e
con l'esclusione delle opere buone. Inoltre la Sacra Scrittura fu assunta
come unico riferimento in tema di morale e fede.
Quindi egli convinse progressivamente il consiglio cittadino di proibire
qualsiasi pratica religiosa che non avesse il supporto delle Sacre
Scritture. Poco dopo, la rottura ufficiale con la Chiesa Cattolica, che
venne fatta risalire alla clamorosa protesta durante la Quaresima 1522,
quando alcuni seguaci di Z. mangiarono deliberatamente delle salsicce e per
questo furono arrestati. Z. protestò energicamente e dimostrò che la pratica
in uso non aveva alcun supporto dalle Scritture.
Papa Adriano VI (1522-1523) intervenne, cercando di convincere il consiglio
cittadino di Zurigo a denunciarlo come eretico e per questo mobilitò il
vescovo di Costanza, Hugo von Hohenlandenberg (1496-1530), che inviò una
commissione investigatrice nell'Aprile 1522.
Z. fu chiamato a presentarsi davanti al consiglio cittadino, cosa che fece
il 29 Gennaio 1523, quando spiegò alla popolazione zurighese le sue 65 (o
67) tesi: egli uscì dal dibattito con il vicario generale di Costanza, il
teologo Johann Faber (1478-1541), totalmente sollevato da ogni accusa, anzi
riuscì perfino a convincere il Cantone Zurigo ad uscire dalla giurisdizione
del vescovo di Costanza.
Seguirono man mano le riforme, volute da Z.: il rifiuto di pagare le decime
e dell'adorazione delle immagini sacre, l'abolizione del celibato dei preti
e della musica in Chiesa (cosa curiosa per un amante della musica come Z.),
la chiusura dei monasteri, la semplificazione del breviario, le funzioni
religiose recitate in Tedesco ed infine, dalla Settimana Santa del 1525, la
modifica del sacramento della Comunione. Quest'ultima decisione acuì, come
vedremo più avanti, la tensione con Lutero.


La crisi degli anabattisti
Dal Settembre 1524 sorse un nuovo problema con l'incremento di popolarità
degli anabattisti, presenti a Zurigo come i Fratelli svizzeri di Conrad
Grebel, Felix Mantz e Jorg Blaurock. Costoro, entusiasti dalla lettura del
Nuovo Testamento, divennero molto più radicali di Z. stesso e insistettero
sul battesimo (o, a quel tempo, ri-battesimo, da cui il nome di anabattisti,
cioè battezzati nuovamente, in greco) degli adulti, interpretando il brano
del Vangelo di San Marco: Chi avrà creduto e sarà stato battezzato si
salverà (Marco 16,16).
Z. passò rapidamente da un atteggiamento di simpatia nei loro confronti alla
preoccupazione ed infine ad una vera e propria persecuzione, facendoli
imprigionare e condannare a morte: nel 1528 Blaurock fu bruciato sul rogo e
già l'anno prima per Mantz era arrivata la tremenda condanna con la famosa
frase di Z.: Qui iterum mergit, mergatur [Chi immerge nuovamente nell'acqua
(cioè ribattezza), sia immerso (cioè sia annegato)] ed infatti egli fu
affogato nel fiume Limmat. Dei capi storici dell'anabattismo, solo Grebel
scampò l'esecuzione capitale per poi morire di peste.


La divisione confessionale della Svizzera
A partire dallo stesso 1524, Z. convinse man mano molti cantoni svizzeri a
passare alla Riforma dopo Zurigo: Berna, Basilea, Sciaffusa, San Gallo,
Thurgau, Vaud, Neuchâtel, ai quali si sarebbe aggiunta la Ginevra di Calvino
nel 1541. Tuttavia i cantoni cosiddetti primitivi (Uri, Schwyz e
Unterwalden) e le città-stato di Lucerna e Friburgo rimasero ostinatamente
Cattolici ed emisero nel 1526 un loro Concordato di Fede, invitando ad un
dibattito pubblico con i teologi protestanti a Baden (nel cantone Aargau) il
noto teologo cattolico Johann Eck (1486-1543), proprio quello della disputa
di Lipsia del 1519 con Carlostadio e Lutero. Z. decise di non presenziare di
persona, temendo per la propria incolumità. Vi si recò, al suo posto,
Johannes Ecolampadio, che difese la causa protestante in condizioni
ambientali difficilissimi: il cantone Aargau era una roccaforte cattolica.
Ovviamente ambedue le parti proclamarono la propria vittoria alla fine del
dibattito.


La crisi sul significato della Comunione con i luterani
Un acuto momento di crisi per la Riforma protestante fu la diatriba nel 1529
tra Z. e Lutero riguardante il Sacramento della Comunione:
Per Lutero, nella Comunione, grazie all'onnipotenza di Nostro Signore, vi
era la reale e sostanziale presenza del corpo e sangue di Cristo nel pane e
vino, che tutti i comunicandi ricevevano, che fossero degni o indegni,
credenti o miscredenti.
Per Z., invece, la Cena del Signore era solo una solenne commemorazione
della morte di Cristo, la Sua presenza spirituale: egli rifiutava la
presenza reale del corpo e sangue, in quanto:
Gesù era asceso al cielo,
un corpo non poteva essere presente in più di un posto alla volta (in cielo
e nell'ostia) e
due sostanze (il pane e il Corpo di Cristo) non potevano occupare lo stesso
spazio nello stesso momento.
Per cercare di dirimere questa polemica ed arrivare ad un accordo, prezioso
da un punto di vista politico per fare quadrato contro il Papa e
l'Imperatore, il Langravio Filippo di Hesse (Assia) (1504-1567) convocò una
riunione tra i tedeschi Lutero e Melantone e gli svizzeri Z. e Ecolampadio
nel suo castello di Marburg.
La riunione ebbe inizio il 1 Ottobre 1529 con dei colloqui vis-a vis tra Z.
e Melantone, e tra Lutero ed Ecolampadio: il saggio Langravio voleva infatti
evitare uno scontro diretto tra le due teste calde, Z. e Lutero.
Nonostante la redazione dei cosiddetti Articoli di Marburg alla fine dei
colloqui il 3 Ottobre, l'incontro, apparentemente un buon compromesso, fu
sostanzialmente un fallimento, non soltanto dal punto di vista teologico
(non si arrivò ad un accordo sulla presenza corporale di Cristo nella
Comunione), ma anche per l'antipatia a pelle che i due capiscuola provavano
l'uno per l'altro. Lutero, a proposito della diatriba Sangue di
Cristo/semplice vino, dichiarò, molto poco diplomaticamente, che avrebbe
preferito "bere sangue con il papa", piuttosto che il "semplice vino" con lo
svizzero.


La fine
Rientrato a Zurigo, Z. dovette fronteggiare il boicottaggio dei cantoni
cattolici all'accordo raggiunto tra le parti per la libera circolazione di
predicatori sia protestanti che cattolici nei vari cantoni: nel 1530 ci
furono delle prime schermaglie di guerra, momentaneamente bloccate da una
tregua.
Il 30 giugno 1530, l'imperatore Carlo V  aprì i lavori della prima dieta di
Augusta, dove i riformisti si presentarono separati e nonostante la
conciliatoria Confessio Augustana, tracciata da Melantone, lo strappo con i
protestanti svizzeri (Z. e Ecolampadio), che presentarono la loro Fidei
ratio, fu un dato di fatto.
Ne approfittarono i cattolici: per bocca di Eck e Faber risposero con la
Confutatio e portarono dalla loro parte Carlo V, che confermò le risultanze
dell'Editto di Worms del 1521.
Questo parziale successo per la fazione cattolica, unita all'imbarco di
merci nei confronti dei cantoni cattolici, fece precipitare le cose in
Svizzera con la ripresa della guerra civile.
L'11 Ottobre 1531 i due eserciti si fronteggiarono a Kappel, 60 chilometri
est di Zurigo, in cantone San Gallo, ma quello cattolico, forte di 8.000
uomini ebbe la meglio contro i 2.700 protestanti.
Z. stesso, che aveva deciso di partecipare come cappellano, mentre consolava
un soldato morente, fu gravemente ferito dapprima da una sassata e poi da un
colpo di lancia.
In queste condizioni già precarie, agonizzò tutto il giorno dell'11 Ottobre,
finché, alla sera, fu riconosciuto da un soldato nemico, che lo uccise con
un colpo di spada. Il corpo ormai senza vita fu poi consegnato ad un finto
boia per una condanna-farsa, nella quale fu impiccato e quindi bruciato.
Così morì il Padre della Riforma svizzera e, a futura memoria, la sua
statua, con la spada in una mano e la Bibbia nell'altra, fu eretta nel 1855
davanti alla Wasserkirche di Zurigo.


Le opere
L'abbondante produzione letteraria di Z. fu raccolta, per la prima volta, in
4 volumi nel 1545 da parte di uno dei generi, Rudolf Gwalter, ma l'edizione
completa di 8 volumi fu pubblicata solo nel 1828.



Erastus (o Lüber o Lieber o Liebler), Thomas (1524-1588) e Erastianismo



La vita
Thomas Lüber (nome umanistico Erastus) nacque il 7 settembre 1524 a Baden,
nel cantone Aargau in Svizzera, da una povera famiglia di artigiani.
Nel 1540 E. fu mandato, a spese di uno sconosciuto mecenate, a studiare
teologia a Basilea, ma a causa di una epidemia di peste nel 1544, egli
decise di trasferirsi a studiare filosofia e medicina a Bologna, dove si
laureò in medicina nel 1552, e successivamente a Padova.
Nel 1555 E. fu assunto, da parte di Guglielmo IV, Conte di Henneberg
(1478-1559), come medico di corte, ruolo che dal 1558 ricoprì, oltre a
quello di professore di medicina all'università di Heidelberg, anche presso
il principe elettore del Palatinato, Otto Heinrich (regnante: 1556-1559).
Nel 1559, alla morte di Otto Heinrich, il successore Frederick III Palatino,
detto il Pio (regnante: 1559-1576) nominò E. membro del Consiglio della
Corona, Rettore dell'università e membro del Concistoro della Chiesa.
Tuttavia Frederick fu anche il primo principe tedesco ad accettare il
calvinismo nel 1563, nonostante la strenua resistenza di E., che invece
parteggiava per una riforma di tipo zwingliano. E. difese senza successo la
dottrina della Cena del Signore di Zwingli nelle conferenze di Heidelberg
(la capitale del Palatinato) del 1560 e Maulbronn del 1564, ma fu perfino
scomunicato in quella di Heidelberg, sebbene la scomunica venne revocata
l'anno successivo. Egli difese inoltre le sue idee per iscritto nel 1565,
rispondendo al teologo luterano di Strasburgo Johann Marbach (1521-1581).
Nel 1570 Frederick III Palatino, con l'aiuto del teologo calvinista Caspar
Olevianus (1536-1587), introdusse il calvinismo, nella sua forma
presbiteriana, come religione di stato.
La neonata chiesa, come uno dei suoi primi atti ufficiali, scomunicò E.
accusandolo di un presunto socinianesimo sulla base di lettere scambiate con
antitrinitariani transilvani e lo perdonò solo nel 1575, dopo una
dichiarazione di E. di adesione alla dottrina della Trinità.
Tuttavia la sua posizione rimase scomoda e vista sempre con molto sospetto e
quindi nel 1580 egli decise di ritornare a Basilea, dove nel 1583 venne
nominato professore di etica all'università. Non poté, purtroppo occupare
molto questo ruolo, poiché morì nello stesso 1583, il 31 dicembre.


Erastianismo
La dottrina, che prende il nome da E., si denomina erastianismo e derivò da
discussioni di E. con i teologi calvinisti sull'opportunità che fosse lo
stato, come voleva E., e non la chiesa, secondo i calvinisti, a punire i
peccatori e gli eretici. Per E. una chiesa in una nazione cristiana non
aveva nessun potere di repressione, distinta da quello dello stato: la
chiesa poteva solamente censurare o ammonire coloro che deviavano dalla
retta via.
L'opera principale di E., denominato La nullità delle censure della Chiesa,
apparve postumo a Londra nella versione tedesca nel 1589 e nella traduzione
inglese nel 1659, influenzando in maniera decisiva le teorie di alcuni
parlamentari inglesi, come John Selden (1584-1654) e Bulstrode Whitelocke
(1605-1675), favorevoli alla supremazia dello stato sulla chiesa.
L'erastianismo ebbe inoltre un ruolo importante nello sviluppo del
gallicanesimo in Francia.


Luca di Praga (1460-1528), i Fratelli Boemi (Unitas fratrum) ed i Fratelli
Moravi



Il periodo storico
I Fratelli Boemi si inserirono nel periodo storico scaturito in Boemia in
seguito all'approvazione delle Compactata di Basilea, una serie di deroghe
dottrinali, che riproducevano i Quattro Articoli di Praga (concepiti nel
1420 da Jakoubek di Stribo): esse furono concesse agli hussiti dal Concilio
di Basilea (1431-1439) e quindi ratificate nel 1436 dalla Dieta di Iglau
(Jihlava) in Moravia, dove i cattolici e gli hussiti avevano accettato
reciprocamente le Compactata e l'obbedienza al Concilio.
Ma questo compromesso non fu accettato dalla fazione radicale dei taboriti e
si giunse ad una guerra civile tra i moderati utraquisti (momentaneamente
alleati con i cattolici) e i Taboriti stessi, conclusasi con la sconfitta di
questi ultimi nella battaglia di Lipau (o Lipany) del 30 Maggio 1434, dove
fu ucciso anche il loro capo Andreas Prokop.
Due anni dopo, nel 1436, alla Dieta di Iglau (Jihlava) in Moravia, i
cattolici e gli hussiti accettarono reciprocamente le Compactata e
l'obbedienza al Concilio. Fu formata una Chiesa Cattolica boema indipendente
con a capo l'arcivescovo Jan Rokyzana.
Tuttavia l'accordo non portò la sperata pace in Boemia, dove continuarono
nuove lotte interne culminate nel 1448, quando il governatore di Praga,
Giorgio Podiebrad reagì con forza ai tentativi dei cattolici di riprendersi
i beni confiscati durante le guerre hussite e di rievangelizzare la regione
con una attività martellante dei predicatori francescani agli ordini del
Vicario generale, San Giovanni Capistrano (1386-1456).
Podiebrad venne nominato reggente nel 1452 e divenne re di Boemia dal 1458
al 1470, sostenendo attivamente il rito utraquista.


La fondazione dell'Unitas fratrum
Nel 1457 alcuni utraquisti ed i superstiti taboriti si staccarono dalla
Chiesa hussita, formando un movimento separato, denominato Unitas Fratrum
(unità dei fratelli) o Fratelli Boemi, il cui fondatore fu un certo Gregorio
(secondo altri autori, Giorgio), nipote del predicatore utraquista Rokyzana,
ma di cui ebbe parte fondamentale il predicatore Petr Chelcický (1390-1460).
Il movimento ebbe un immediato successo ed aumentarono i suoi adepti fino al
numero di qualche migliaio, ma la sua rapida crescita fu bloccata nel 1461
dall'arresto di Gregorio e di altri attivisti per ordine del re Giorgio
Podiebrad, sempre vigile contro possibili riprese del defunto movimento
taborita.
Infatti, benché rifiutassero la violenza tipica dei taboriti, sviluppando
invece altre caratteristiche, come l'abolizione di ogni grado e gerarchia,
del giuramento, del servizio militare per favorire una vita basata sulla
povertà evangelica, i Fratelli Boemi accettarono alcuni punti tipici dei
radicali hussiti in tema di Eucarestia e Sacramenti.
Per continuare la loro opera essi si rifugiarono a Reichnau, sul lago di
Costanza, dove nel 1467, i F. si fusero con i valdesi boemi nel 1467,
diventando l'Unione dei fratelli boemi-moravi, e dando luogo alla
consacrazione di diversi preti (che dovevano essere celibi e non potevano
avere alcun possesso) e di un vescovo, Mattia di Kunwald.
L'Unione era basata su una severa moralità, sulla quale vigilava un comitato
di anziani, che potevano espellere coloro che si erano macchiati di qualche
peccato o colpa.
Comunque le persecuzioni nei loro confronti da parte di re Giorgio
continuarono fino alla sua morte nel 1471.


Luca di Praga
Luca nacque intorno al 1460 ed divenne baccelliere all'Università di Praga,
affermandosi successivamente come teologo molto preparato.
Dal 1480 circa, Luca fu nominato capo e vescovo dei F. riorganizzandoli come
una vera chiesa: in questo dovette vincere l'opposizione interna
rappresentata dall'ala più conservativa dei Radicali.
Nel frattempo, la Boemia era finita sotto il dominio della dinastia polacca
degli Jagelloni: era infatti diventato re di Boemia (e dal 1490 anche di
Ungheria) Ladislao II (1471-1516), figlio di Casimiro IV di Polonia
(1444-1492).
Ladislao fu alquanto tollerante con i F. e questa cosa permise una loro
rapida espansione (circa 100.000 seguaci), nonostante la persecuzione voluta
da Papa Alessandro VI (1492-1503): fu un vero peccato tuttavia che essi non
sapessero meglio coltivare i rapporti con il re. Infatti nel 1507 quando il
sovrano li invitò ad una conferenza con gli utraquisti a Praga, essi, per
tutta risposta, inviarono degli illetterati maleducati. Questo sgarbo mandò
in bestia il re Ladislao, che iniziò a perseguitare i F. ad iniziare
dall'Editto di San Giacomo del 1508.
Nel 1528 morì il vescovo Luca, che si era sempre posto in maniera
equidistante dai vari pensieri riformatori dell'epoca, come i luterani e gli
zwingliani.
Ne prese l'eredità spirituale Giovanni di Augusta, il quale tentò una
fusione con i luterani nel 1542, ma questa naufragò per una visione troppo
severa della morale dei F., non condivisa da Martin Lutero.
Tuttavia i F. furono lealmente al fianco dei luterani nella lega di
Smalcalda e patirono anche loro le conseguenze della sconfitta nella
battaglia di Muhlberg del 1547 e dovettero accettare o l'esilio in Polonia e
Prussia o di fondersi almeno formalmente con gli utraquisti.
Un periodo di relativa pace si ebbe sotto Massimiliano II d'Asburgo
(1564-1576), che rifiutò le decisioni del Concilio di Trento (1545-1563) per
mantenersi in una posizione neutrale: ne approfittarono i F. per stendere la
Confessio bohemica, l'atto di fede dei F., un documento teologicamente
ancora in una posizione intermedia tra luterani e calvinisti.
Durante il regno dell'imperatore Rodolfo II (1576-1612) fu stillata una
lettera di garanzia delle libertà religiose ai boemi, mentre durante il
regno del successore, il fratello Mattia (1612-1619), avvenne l'episodio
scatenante la Guerra dei Trent'anni: una ulteriore defenestrazione di Praga
degli incaricati cattolici dell'Imperatore.
Ma non erano più i bei tempi di Zizka o Prokop: la guerra vide la secca
sconfitta dei Boemi nella battaglia alla Montagna Bianca del 1620 da parte
delle truppe dell'imperatore Ferdinando II (1619-1637), il quale forzò i F.
a diventare cattolici o ad emigrare: molti scelsero di rifugiarsi in
Ungheria o in Polonia settentrionale, tra cui l'illustre filosofo e pedagogo
Jan Amos Komenski (Comenio) .
Altri F. boemi sopravvissero in clandestinità in Moravia, emigrando
successivamente in Germania, dove intorno al 1730 il conte Nikolaus Ludwig
von Zizendorf (1700-1760) fondò il movimento dei Fratelli Moravi, unendo le
caratteristiche dei F. con quelle del Pietismo di origine luterana.
Oggigiorno la Chiesa Morava, anche grazie ad una intensa opera di
missionariato nelle Americhe, conta nel mondo circa 300.000 fedeli.

Luciano di Antiochia (ca. 235-312)



La vita
Innanzitutto Luciano di Antiochia non va confuso con il quasi omonimo
Luciano di Samosata, scrittore pagano satirico, vissuto tra il 115 ed il
200. Se a questo si unisce il fatto che probabilmente (ma anche ciò non è
stato accertato) L. fu allievo di Paolo di Samosata, si può capire la
notevole confusione di nomi.
L. visse ad Antiochia, dove fu ordinato presbitero e dove fondò, nel 272
ca., la scuola antiochena di teologia, che rimase però ai margini dalla
Chiesa locale per parecchi anni, in quanto L. fu espulso in quegli anni, con
l'accusa (tutta da provare, come già detto precedentemente) di essersi
allineato con le posizioni di Paolo di Samosata.
Nel 285 ca. L. si riconciliò formalmente con la Chiesa e a questo periodo
risalirono gli studi dei più famosi allievi di L., come i principali capi
del movimento ariano, Ario stesso, Eusebio di Nicomedia, Asterio di
Cappadocia ed altri: molti autori considerano infatti L. come il padre
spirituale dell'arianesimo.
Comunque, nonostante la sua eterodossia, L. era un uomo di grande virtù e
sicura fede: infatti durante le persecuzioni, ordinate da Massimino Daia
(309-313) (uno dei pretendenti al trono imperiale, dopo il fallimento della
Tetrarchia), fu arrestato e mandato a Nicomedia, dove fu torturato per farlo
abiurare e successivamente messo a morte il 7 Gennaio 312.


La dottrina
L. credeva che il Logos, o il Figlio, fosse il più alto essere spirituale,
appena sotto il Padre, ma creato dal Padre e che, nell'incarnazione, il
Logos avesse preso un corpo umano, ma non un'anima: quindi Gesù non era né
totalmente Dio, ma, nel contempo, neanche totalmente uomo. Ne scaturiva una
miscela di modalismo e subordinazianismo.
In campo di studi biblici, L. rifiutò l'interpretazione allegorica e non
letterale di alcuni passi della Bibbia, proposta di Origene per propugnare,
mediante lo studio accurato del testo biblico, un sistema di interpretazione
letterale, il cosiddetto "testo lucianico", molto popolare nelle Chiese di
Siria, Asia Minore e Costantinopoli per lungo periodo.

Lupetino (o Lupatino o Lupertino), Baldo (ca. 1492-1556)



I primi anni
Baldo Lupetino (o Lupatino o Lupertino) nacque nel 1492 circa ad Albona
(oggigiorno Labin) in Istria, allora parte della repubblica di Venezia. Si
formò culturalmente a Padova e Venezia e conobbe Pietro Speciale di
Cittadella.
Nel 1422 circa egli entrò nell'ordine dei francescani conventuali e divenne
un noto predicatore sia in lingua italiana che in quella slava.
In seguito si interessò, in maniera crescente, alle dottrine della Riforma e
influenzò così anche le scelte di campo del nipote Matija (Matthias) Vlacic
(nome umanistico Flacius Illyricus), a cui sconsigliò la carriera
ecclesiastica, esortandolo invece a studiare in Germania, dove
effettivamente Flacius si trasferì nel 1539.
In Istria e in Dalmazia [dove dal 1539 aveva stabilito il proprio campo
d'azione e dove poté predicare sotto la protezione del vescovo di Pola,
Giovanni Battista Vergerio (m.1548), fratello del più famoso Pier Paolo
Vergerio] L. si mise nei guai, predicando nella cattedrale di Cherso nel
1542 i concetti luterani di sola scriptura e di negazione delle indulgenze,
del purgatorio, del libero arbitrio, del culto della Madonna e dei santi.


L'arresto e la detenzione
Venne denunciato da un monaco confratello, Iacopo Curzula, arrestato per
ordine del nunzio papale, il 4 novembre 1542, e successivamente trasferito a
Venezia per essere rinchiuso in una prigione vicino all'Arsenale.
Nell'estate 1543 Flacius si mosse da Wittenberg per venire in soccorso dello
zio, munito di un appello alla clemenza (per Baldo Lupetino, uomo dotato di
singolare pietà e dottrina), sollecitato da Baldassarre Altieri ed
indirizzato al doge Pietro Lando (1539-1545), da parte del principe elettore
di Sassonia, Giovanni Federico (1532-1547) e dei principi luterani della
Lega Smalcaldica (alla quale alcuni senatori veneziani volevano che la
Serenissima aderisse).
Inoltre la catena di solidarietà dalla Germania per L. si mosse dal punto di
vista pratico: ricchi mercanti del Fondaco dei Tedeschi, come Wolf Herwart o
Johann Baier, lo aiutarono economicamente e perfino Caspar von Schwenckfeld,
pur rifiutando il suo impianto dottrinale, inviò del denaro.
Tuttavia gli sforzi di Flacius per liberare lo zio furono inutili:
nell'agosto 1543 L. fu multato di cinquecento ducati e condannato
all'ergastolo.
E poco dopo, la situazione politica di Venezia cambiò, purtroppo in peggio,
per i riformati con l'elezione del doge Francesco Donà (1545-1553), che
permise l'insediamento a pieno regime dell'Inquisizione del nunzio
apostolico Giovanni Della Casa (1503-1556), e con la diminuzione
dell'influenza dei principati tedeschi sulla Repubblica di Venezia a causa
della sconfitta della Lega Smalcaldica il 24 aprile 1547 a Mühlberg.
Ne fecero le spese l'avvocato di Cittadella Francesco Spiera, appena
rinchiuso nella stessa cella di L. e obbligato ad abiurare per evitare le
conseguenze alla famiglia, e lo stesso L., accusato, tra l'altro, di aver
convertito due compagni di prigione durante la detenzione e di aver scritto
e pubblicato un suo manoscritto, fatto uscire clandestinamente da prigione.
Il 27 ottobre 1547, alla fine del secondo processo, la Santa Inquisizione
condannò L. alla decapitazione, ma la pena non venne eseguita, secondo
alcuni autori, per pressioni esercitate dal vescovo di Capodistria Pier
Paolo Vergerio, ma ciò sembra poco credibile, considerando che anche
Vergerio, dal giugno 1546, era sotto inchiesta dell'Inquisizione veneziana.
E' più probabile il doge volesse commutare la condanna, confermando
l'ergastolo in corso.


La fine
Per diversi anni L. venne letteralmente dimenticato dalle autorità locali,
ma non da parte di eminenti personaggi di fede protestante: nel 1552 un
tentativo di intervento, da lui stesso sollecitato, di Renata d'Este gli
costò il regime duro a pane e acqua per cinque mesi, ed il 9 settembre 1555
intercesse a suo favore il Duca Christoph del Württemberg  (1550-1568)
presso il doge Francesco Valier (1554-1556), ma quest'ultimo rispose che il
governo di Venezia non poteva interferire con l'Inquisizione.
Il nuovo papa, l'intollerante Paolo IV (1555-1559), invece chiese, a gran
voce, una condanna di L. al rogo, ma il governo delle Serenissima decise
infine, il 30 agosto 1556, di eliminare lo scomodo prigioniero, procedendo
alla sentenza per annegamento nella laguna, senza rumore né strepito.
Dopo quasi 14 anni di detenzione, il 17 settembre 1556, L. fu quindi
ufficialmente degradato davanti all'Inquisitore e consegnato alla giustizia
civile, che lo fece, come detto, annegare, il giorno stesso o in uno dei
giorni successivi.


Luteranesimo (dal XVI secolo)



Per luteranesimo si intende la teologia, la liturgia e la disciplina
ecclesiastica, che si rifà al pensiero di Martin Lutero. I luterani sono in
accordo con i cattolici e le chiese orientali nell'accettare l'autorità
delle Sacre Scritture e dei tre Credi più antichi (Apostolico, Niceno e
Anastasiano), ma più specificatamente aderiscono al Libro di Concordia del
1580, che comprende, oltre ai succitati tre Credi, la Confessio Augustana e
la sua Apologia, il Grande Catechismo e il Catechismo per bambini di Lutero,
gli Articoli di Smacalda e la Formula di Concordia.
La dottrina di Lutero si riassume nelle tre citazioni: sola fide (l'uomo
ottiene la propria salvezza solo con la fede, e non con il suo agire o le
sue opere), sola gratia (la fede è un esclusivo dono della grazia di Dio) e
sola scriptura (la fede trova il suo fondamento solamente nella Parola di
Dio, la Sacra Scrittura, e non già nella sua interpretazione, nella
mediazione da parte del Magistero della Chiesa o nella Tradizione storica).
Questo focalizzarsi sulla Parola di Dio fa sì che i luterani diano molta
importanza all'uso della predicazione.
Inoltre il rifiuto della Tradizione porta i luterani ad accettare solo due
sacramenti, il battesimo e l'eucaristia, in quanto gli unici direttamente
citati dai Vangeli.
In particolare, per quanto riguarda la Comunione, i luterani credono che vi
è la reale e sostanziale presenza del corpo e sangue di Cristo nel pane e
vino e che, dopo la consacrazione, le sostanze degli uni e degli altri
coesistono in unione tra loro. Questo viene definito consustanziazione, e si
contrappone alla:
1)  Dottrina Cattolica della transustanziazione, cioè la conversione in toto
della sostanza del pane e vino nella sostanza del corpo e sangue di Cristo,
mantenendo invariato solo l'aspetto esteriore.
2)  Dottrina Zwingliana del simbolismo o valore solo simbolico della Cena
del Signore, considerata solo una solenne commemorazione della morte di
Cristo, la Sua presenza spirituale ma non la Sua presenza reale.
3)  Dottrina Calvinista (compromesso tra quella luterana e quella
zwingliana) della Comunione vista come una reale partecipazione alla carne e
al sangue di Gesù Cristo, anche se ciò non significa una presenza locale di
Cristo nell'Eucaristia, poiché Egli può essere solo in cielo.


Storia del luteranesimo
La data tradizionalmente accettata come punto di partenza del luteranesimo è
il 31 ottobre 1517, quando la leggenda racconta che Lutero aveva affisso le
sue 95 tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg. Tuttavia
l'anno della definitiva rottura fu il 1520, quando Lutero, minacciato di
scomunica con la bolla Exsurge Domine di Papa Leone X (1513-1521), bruciò,
il 10 Dicembre, davanti agli studenti di Wittenberg, la bolla, il codice di
diritto canonico e la Summa theologiae di San Tommaso e fu definitivamente
scomunicato il 3 Gennaio 1521 con la bolla Decet Romanum Pontificem.
Già dall'inizio della Riforma, tuttavia, si acuirono le divisioni interne:
nel 1522 Lutero in persona dovette intervenire per bloccare gli estremismi
di Andreas Bodenstein (Carlostadio) e dei fanatici radicali denominati
abecedariani, soprannominati i profeti di Zwickau e capeggiati da Nicholas
Storch.
Il 1525 fu un altro anno critico a causa della rivolta dei contadini,
fomentati da Thomas Münster, ex-curato di Zwickau, e da Heinrich Pfeiffer,
che imperversarono nel paese con saccheggi, devastazioni e massacri. Le
conseguenze e la repressione della rivolta colpirono profondamente Lutero,
il quale formulò il principio del cuius regio, eius religio, [nella sua (del
principe) regione, la sua religione], convinto com'era che, solo ricorrendo
all'autorità dei principi e al varo di un nuovo ordinamento ecclesiastico,
era possibile garantire quella pace necessaria allo sviluppo della Riforma.
Tuttavia le divisioni interne al movimento riformista continuarono con
grande sconforto del loro fondatore: nell'Ottobre dello stesso 1529 fu
convocato il Colloquio di Marburg, dove si approfondì il divario tra Lutero
e lo zurighese Huldreich Zwingli sul tema dell'Eucaristia e, nonostante la
conciliatoria Confessio Augustana, tracciata da Philipp Schwarzerd
(Melantone) e presentata nella prima dieta di Augusta del 1530, lo strappo
con i protestanti svizzeri divenne un dato di fatto.  La pace tra luterani e
zwingliani, avvenuta nel 1536 alla Concordia di Wittenberg, fu formale e di
breve durata, ma ebbe perlomeno il pregio di riunire i luterani tedeschi del
nord e i riformatori della Germania del sud, capitanati da Martin Butzer
(Bucero).


Il luteranesimo dopo Lutero
Martin Lutero morì il 18 Febbraio 1546 e Melantone, diventato il capo della
Chiesa luterana, si dedicò alla sua riorganizzazione su una base
semi-episcopale e alla riforma della scuola e delle università in Germania
(per questo fu soprannominato praeceptor Germaniae), ma fu anche spesso
impegnato in frequenti e frustranti discussioni e polemiche con gli altri
teologi luterani. In quel periodo, i luterani si divisero in due blocchi: da
una parte i seguaci puristi di Lutero, gli gnesioluterani, con Nikolaus von
Amsdorf, Mattija Vlacic (Mattia Flacio Illirico), e Martin Chemnitz, e gli
estremisti ubiquitari di Johannes Brenz, dall'altra i moderati, Melantone e
i suoi seguaci, denominati filippisti. Ma si distinsero altre posizioni,
come quella antinomiana di Johann Agricola, quella della progressiva
santificazione dell'anima di Andreas Hosemann (Osiander), o quella
spirituale mistica estrema di Caspar Schwenckfeld von Ossig.
Dopo la stesura del Libro di Concordia del 1580, il luteranesimo ufficiale
si involse in una cristallizzazione scolastica e in un'osservanza rigida e
superficiale della vita religiosa, contro le quali reagì il movimento dei
pietisti, sviluppatosi nel XVII e XVIII secolo in Germania grazie all'azione
del teologo alsaziano Philipp Jakob Spener, ispirato, a sua volta, dai
lavori di Johannes Arndt, il padre teologico del pietismo, e del mistico
francese Jean de Labadie. L'attività dei pietisti fu in seguito sviluppato
dal principale discepolo di Spener, August Hermann Francke, presso
l'università di Halle.
Nel 1817 Federico Guglielmo III di Prussia (1797-1840), durante le
celebrazioni per il terzo centenario dell'affissione delle 95 tesi, forzò la
riunione della Chiesa luterana prussiana e quella calvinista in un'Unione
Evangelica, che fu man mano imitato da tutti gli altri stati tedeschi,
provocando tuttavia la scissione dei cosiddetti "Vecchi Luterani".
Nel XX secolo il momento più drammatico per il luteranesimo tedesco fu
durante il nazismo, quando il regime hitleriano favorì la fondazione, nel
1933, della Chiesa Evangelica Tedesca o Deutsche Christen (Cristiani
tedeschi), del Reichsbischof Ludwig Müller (1883-1946), di chiari
intendimenti razzisti ariani. Come reazione fu fondata nel 1934 la Chiesa
Confessante (Bekennende Kirche), del pastore Martin Niemöller (1892-1984),
arrestato ed internato nel 1937.


Il luteranesimo oggi
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i luterani tedeschi confluirono nella EKD
(Evangelische Kirche Deutschlands = Chiesa Evangelica di Germania), che
accoglie anche i riformati tedeschi e nella VELKD (Vereinigte Evangelische
Lutherische Kirche Deutschlands = Chiesa Universale Evangelica Luterana di
Germania), che agisce all'interno della EKD con un orientamento dottrinale
solo luterano. 
.


Il luteranesimo negli altri paesi europei
Il luteranesimo attecchì nei paesi baltici (Lettonia ed Estonia) e in quelli
dell'Europa centro-orientale (Ungheria, Slovacchia, Slovenia e Polonia), ma
soprattutto molto bene nei paesi scandinavi:
In Danimarca, fu ufficialmente adottato da Federico I di Schleswig-Holstein
(1523-1533) come religione di stato. Sotto il successore Cristiano III
(1533-1559), il clero cattolico fu espulso e il luteranesimo fu introdotto
anche in Islanda. Seguì un periodo di declino fino alla rinascita operata da
Nicolai Frederik Severin Grundtvig. 
Dalla conquista della Norvegia da parte dei danesi nel 1537, il Luteranesimo
è stato esclusiva religione di stato fino alle leggi di tolleranza nel 1845.

In Svezia fu l'attività missionaria dei fratelli Petri (o Peterson) a
spingere per l'introduzione della Riforma, ratificata dalla dieta di
Västerås del 1527. Tuttavia la storia del luteranesimo in Svezia fu alquanto
tribolata, osteggiata da re con simpatie calviniste come Eric XIV
(1560-1568) o cattoliche come Sigismondo (1592-1604), ma già dal successore
di quest'ultimo, Carlo IX (1604-1611), la Riforma si consolidò per poi
trovare nel famoso re Gustavo Adolfo (1611-1632) il suo paladino durante la
terribile guerra dei Trent'anni (1618-1648). Dal punto di vista
organizzativo e liturgico la Chiesa di Svezia ha mantenuto una struttura
cattolica (e in ciò assomiglia alla Chiesa Anglicana), benché dal 1593 abbia
comunque aderito alla Confessione di Augusta, tuttavia, particolarmente
negli ultimi anni, la Svezia sta diventando uno dei paesi più
decristianizzati. 
Fino al 1809 la Finlandia ha fatto parte del regno di Svezia e quindi è
stata automatica la sua adesione alla Riforma


Luteranesimo in Stati Uniti
Il paese extra-europeo dove il luteranesimo ebbe il maggior successo furono
gli Stati Uniti d'America, dove la Riforma luterana fu portata da coloni
olandesi e svedesi nella prima metà del XVII secolo, soprattutto nella
tollerante Pennsylvania. Tuttavia l'impreparazione dei pastori luterani
locali non permise il salto di qualità fino all'arrivo in America di una
missione pietista, giunta nel 1742, con a capo Henry Melchior Muhlenberg,
che riorganizzò la Chiesa luterana in America.
Le successive massicce emigrazioni di tedeschi (5 milioni) e scandinavi (2
milioni) nel XIX secolo svilupparono fortemente la presenza luterana sul
territorio. Nel 1847 fu fondata la German Evangelic Lutheran Synod of
Missouri (poi solo Lutheran Church - Missouri Synod), che si mantenne sempre
tradizionalista e conservatrice. Oggi annovera circa 2.500.000 fedeli. Dopo
divisioni e contrasti vari, la linea principale dei luterani americani si è
organizzata nella ELCA (Evangelic Lutheran Church in America = Chiesa
Evangelica Luterana in America), che è la più grossa organizzazione luterana
e raccoglie circa 5.200.000 fedeli. 


Infine va ricordato che quasi tutte le chiese luterane mondiali aderiscono
alla Federazione luterana mondiale.


Lutero, Martin (1483-1546)



La vita
Martin Luther (Martin Lutero), il grande riformatore tedesco, nacque il 10
Novembre 1483 ad Eisleben, una cittadina nella Turingia, regione
centro-orientale della Germania.
Martin Lutero, fondatore del LuteranesimoSuo padre, Hans Luther, originariamente un contadino, fece fortuna come
imprenditore nelle miniere di rame, mentre la madre, Margarethe Ziegler era
una massaia.
Nel 1484, poco dopo la nascita del piccolo Martin, primogenito di sette
fratelli, i genitori si trasferirono nel vicino paese di Mansfeld, in
seguito alla nomina del padre a magistrato di quella cittadina.
A Mansfeld L. frequentò la scuola di latino e nel 1497 L. si recò a
Magdeburgo, per intraprendere gli studi presso la scuola dei Fratelli della
Vita Comune, fondati dal mistico Geert de Groote (1340-1384). Tuttavia L. vi
rimase solo per un anno, andando a vivere successivamente da alcuni parenti
ad Eisenach, dove risedette fino al 1501. In quell'anno il padre lo inviò ad
iscriversi all'università della città imperiale di Erfurt, dove L. studiò
arti liberali, conseguendo il baccalaureato nel 1502 e il titolo di magister
artium nel febbraio 1505.
E fu proprio il 1505 un anno cruciale per il giovane L.: secondo i suoi
biografi, il 2 Luglio  ritornando ad Erfurt dopo una visita ai genitori,  L.
incappò, vicino al villaggio di Stotternheim, in un violento temporale e fu
quasi ucciso da un fulmine. Nella tormenta L., terrorizzato, fece voto a
Sant'Anna, se fosse sopravvissuto, di prendere i voti e mantenne la promessa
due settimane più tardi, entrando, contro la volontà paterna, nel convento
agostiniano-eremitano di stretta osservanza di Erfurt, dove pronunciò i voti
nel 1506 e dove venne ordinato sacerdote il 3 Aprile 1507.
In convento, sotto la guida del frate superiore Johann Staupitz, L. si
dedicò allo studio degli scritti di Aristotele, Sant'Agostino, Pietro
Lombardo (1100-1160), e del filosofo scolastico Gabriel Biel (1420-1495),
commentatore del pensiero nominalista di Guglielmo di Ockham, il cui
orientamento teologico era dominante presso gli agostiniani.
Nel 1508, dietro raccomandazione di Staupitz, a L. venne assegnata una
cattedra di filosofia morale ed etica aristotelica all'università di
Wittenberg, appena fondata nel 1502 dal principe elettore Federico III di
Sassonia, detto il Saggio (1486-1525).
Da Wittenberg il futuro riformatore si recò nel 1510 a Roma, assieme al suo
maestro Johann Nathin, per portare una lettera di protesta in merito ad una
diatriba interna all'ordine agostiniano. L. ne approfittò per visitare la
città, facendo il giro dei luoghi santi, per guadagnare, come era
consuetudine, indulgenze. Su questo viaggio a Roma, i biografi differiscono
nel giudizio: alcuni riportano che L. ne ritornò disgustato dalla corruzione
e dal rilassamento dei costumi della corte di Papa Giulio II (1503-1513),
altri raccontano che il viaggio non ebbe particolare influenza sulle sue
future scelte.
Comunque, ritornato in Germania, L. completò gli studi di teologia,
diventando magister in teologia nell'ottobre del 1512 e priore del convento
di Wittenberg. Nel 1513 L. assunse la cattedra di esegesi biblica, che
conservò fino alla morte.


Lo sviluppo della dottrina di Lutero
Nel periodo 1513-1519 L. tenne lezioni con commento su vari parti della
Bibbia, come i Salmi e, in modo particolare, le lettere di San Paolo ai
Romani, ai Galati e agli Ebrei. Proprio ad iniziare dal 1513 L. iniziò a
preoccuparsi ed a riflettere sulla salvezza e sull'incapacità dell'uomo di
ottenerla: si allontanò deluso dalle teorie occamiste per accostarsi agli
scritti del fondatore del suo ordine, Sant'Agostino, soprattutto quelli
contro il pelagianismo.
In quel periodo L. faceva lunghe meditazioni solitamente isolandosi in una
torre del convento, dove, in un momento imprecisato tra la fine del 1512 e
l'inizio del 1514, L. provò "l'esperienza della torre" (Turmerlebnis), una
improvvisa rivelazione, mentre egli leggeva e meditava sulla lettera di San
Paolo ai Romani, ed in particolare su alcuni passi, come:
"Poiché non c'è distinzione: tutti infatti hanno peccato e sono privi della
gloria di Dio, essendo giustificati gratuitamente per la Sua grazia,
mediante la redenzione in Gesù Cristo, che Dio ha esposto per espiazione col
Suo sangue mediante la fede" (Romani 3, 23-25),
"Poiché noi riteniamo che l'uomo è giustificato per mezzo della fede, senza
le opere della legge" (Romani 3, 28),
"Giustificati dunque per la fede, abbiamo pace con Dio, per mezzo di Gesù
Cristo, nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede,
l'accesso a questa grazia nella quale stiamo saldi e ci gloriamo, nella
speranza della Gloria di Dio." (Romani 5, 1-2).


Da queste meditazioni prese corpo la dottrina di Lutero:
L'uomo è peccatore, ma la volontà salvifica di Dio lo giustifica, se egli ha
fede in Lui. Comunque l'uomo diventa, attraverso la fede, giusto, ma rimane
peccatore allo stesso tempo (simul iustus et peccator). Egli non può
assolutamente concorrere alla propria salvezza: questa non dipende
dall'agire umano o dalle sue opere (come ad esempio le indulgenze), ma si
ottiene solo con la fede (in latino sola fide), la quale è un esclusivo dono
della grazia di Dio (sola gratia = in latino, solo attraverso la grazia).
Inoltre la fede trova il suo fondamento solamente nella Parola di Dio, la
Sacra Scrittura (sola scriptura = in latino, solo attraverso la Scrittura),
e non già nella sua interpretazione,  nella mediazione da parte del
Magistero della Chiesa o nella Tradizione storica. Il rifiuto della
Tradizione portò quindi L. ad accettare solo due sacramenti, il battesimo e
l'eucaristia, in quanto erano gli unici direttamente citati dai Vangeli.
Inoltre la centralità della parola di Dio fece sì che L. desse molta
importanza all'uso della predicazione.


Lo strappo con la Chiesa Cattolica
Per un certo periodo, cioè fino al 1517, L. poté predicare i suoi concetti
con una relativa calma. Ma fu in quell'anno che l'occasione dello scontro
scaturì dall'episodio della raccolta delle indulgenze in Germania.
Questa fu organizzata dall'arcivescovo Alberto di Magonza
(Mainz)(1490-1545), diventato arcivescovo di Magdeburgo nel 1513 e di
Magonza nel 1514. Detti titoli non gli venivano certo conferiti
gratuitamente ed egli accumulò debiti nei confronti dei famosi banchieri
Fugger per un totale di 29.000 fiorini romani.
Poiché nello stesso periodo i papi Giulio II e poi Leone X (1513-1521)
avevano indetto una raccolta di indulgenze per finanziare il completamento
della basilica di San Pietro, Alberto riuscì a convincere la curia di
assegnare a lui, per otto anni, la gestione delle indulgenze in Germania, i
cui introiti per metà avrebbero sponsorizzato la basilica romana e per metà
avrebbero appianato i debiti dell'arcivescovo.
Il grandioso e articolato programma di indulgenze comprendeva l'assoluzione
di peccati di tutti i generi e la remissione delle pene di defunti, secondo
un preciso tariffario, denominato Taxa camarae, il cui elenco era un
allucinante compendio di delitti e aberrazioni umane, come omicidio (le
tariffe variavano se l'omicidio era passato o ancora da compiere (sic!) e a
seconda dell'importanza dell'assassinato), aborto, incesto, fornicazione di
laici o di ecclesiastici (con tariffe differenziate nei casi di fornicazioni
verso donne, suore, parenti, bambini, bestie, ecc.), concubinato, adulterio,
truffa, spergiuro, furto, incendio, eresia, contrabbando, consumo di carne
in quaresima, simonia, e quant'altro.
Alberto di Magonza mise in campo i migliori predicatori dell'epoca, tra cui
il domenicano Johann Tetzel (1465-1519), che fu nominato commissario delle
indulgenze per la regione del Magdeburgo. Tetzel iniziò a predicare nel 1516
nella regione e nell'Aprile 1517 fece un intervento a Jüterbog.
In quest'ultima occasione diversi cittadini di Wittenberg, a 30 km. da
Jüterbog, si recarono a sentire il predicatore e riferirono le varie
argomentazioni a L., che si decise di pubblicare il suo pensiero
sull'argomento riassunto nelle famose 95 tesi sulle indulgenze.
La leggenda racconta che egli affisse le sue 95 tesi il 31 ottobre 1517
sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg, ma pare lo stesso
interessato avesse smentito l'episodio. Le tesi, approvate perfino dal suo
vescovo, erano meno rivoluzionarie di quanto si vuole far credere: L. aveva
messo l'accento sulla mancanza della intima penitenza e della piena
conversione da parte del fedele, che doveva accettare la pena e non
sfuggirla, pagando. In linea di principio, però, L. non era contrario alle
indulgenze, che comunque non dovevano essere meritorie e sostitutive della
penitenza.
La reazione della curia romana fu abbastanza tardiva, nonostante che già in
Dicembre 1517, Alberto di Magonza avesse informato Roma sulle nuove dottrine
di L.
Solo verso Marzo 1518 fu iniziato un procedimento contro il monaco tedesco,
condotto dal domenicano Silvestro Mazzolini, detto Prieras dal paese natale
di Priero (Cuneo) (1456-1523), che, come Sacri Palatii Magister, esaminò gli
scritti di L., trovandoli eretici e il 7 Agosto 1518 invitò il riformatore a
recarsi a Roma per discolparsi. Questo invito venne variato da un "breve"
del papa del 23 Agosto, che ordinò a L. di recarsi ad Ausgburg (Augusta) per
farsi interrogare dal cardinale domenicano Tommaso Caietano (1469-1534).
L'incontro avvenne il 12 Ottobre, ma L. non ritrattò nulla delle sue
affermazioni e Caietano cercò inutilmente di farlo catturare o espellere dai
territori del principe di Sassonia.
A questo punto il papa inviò il nunzio papale Carl Von Miltitz (1480-1529),
che ottenne, dopo un incontro con L. il 4/5 Gennaio 1519, una tregua nelle
polemiche fino alla disputa di Lipsia, avvenuta dal 27 Giugno al 16 Luglio
1519, tra il teologo Johann Eck (1486-1543) e i due amici e colleghi Andreas
Bodenstein (Carlostadio) e L. stesso.
Quest'ultimo, tirato dentro in una polemica, che inizialmente si riferiva
solamente ai primi due contendenti, prese una posizione piuttosto decisa:
negò il primato del papa, l'infallibilità dei concili e assunse la Sacra
Scrittura come supremo riferimento.
Il 1520 fu l'anno della definitiva rottura. L. scrisse le seguenti tre
opere:
Le buone opere: la fede, dono di Cristo, era la fonte delle opere buone.
Il papato a Roma contro i celeberrimi romanisti a Lipsia: la Cristianità non
possedeva un capo sulla terra.
Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca sul miglioramento della
condizione cristiana: gli stati secolari dovevano intervenire, se il papa
rifiutava ogni riforma.


Il 15 Giugno 1520 giunse la risposta di Papa Leone X con la bolla Exsurge
Domine minacciò la scomunica se L. non avesse ritratto entro 60 giorni
quarantuno delle sue proposizioni.
La risposta di L. fu il durissimo opuscolo Adversus execrabilem Antichristi
bullam, nel quale il riformatore letteralmente "scomunicava" il papa,
considerato un Anticristo. Nonostante svariati tentativi di mediazioni da
parte di Von Miltitz e momentanei ripensamenti di L. stesso, si giunse
all'atto finale: il 10 Dicembre 1520 L. bruciò, davanti agli studenti di
Wittenberg, la bolla di minaccia di scomunica, il codice di diritto canonico
e la Summa theologiae di San Tommaso.
Il 3 Gennaio 1521 Papa Leone X firmò la bolla di scomunica Decet Romanum
Pontificem: Martin Lutero era scomunicato ed ufficialmente espulso dalla
gerarchia della Chiesa Cattolica.


La Riforma e le prime divisioni
Tuttavia nella dieta imperiale, convocata dall'imperatore Carlo V
(1519-1556) a Worms per il 6 Gennaio, l'imperatore stesso si trovò nella
spiacevole situazione di mediare tra le posizioni del papa, riassunte dal
nunzio Girolamo Aleandro (1480-1542), che chiedeva la consegna di L. al
braccio secolare e il rogo dei suoi scritti, e dei principi tedeschi,
rappresentati da Federico il Saggio, che chiedevano che fosse dato a L. la
possibilità di essere convocato per difendersi. Carlo V optò per questa
seconda soluzione e il 17 Aprile 1521 L. comparve davanti alla dieta,
trovandosi nuovamente quel Johann Eck della disputa di Lipsia: egli rifiutò
la ritrattazione di quello che aveva scritto e lasciò Worms il 26 Aprile su
ordine dell'imperatore con un salvacondotto di 21 giorni.
L'8 Maggio l'imperatore firmò l'editto di Worms, che condannava L., ordinava
ai principi di catturarlo e consegnarlo all'autorità imperiale e ordinava il
rogo dei suoi scritti, ma L. era già stato messo al sicuro da Federico il
Saggio, il quale aveva organizzato il 4 Maggio il finto rapimento di L. e lo
aveva fatto portare nella rocca di Wartburg. Qui il riformatore rimase per
10 mesi, scrivendo diverse opere come De votis monasticis iudicium, contro i
voti dei monaci, ma soprattutto lavorando sulla traduzione del Nuovo
Testamento in tedesco. Ricomparve in pubblico nel Marzo 1522 per bloccare
gli estremismi di Carlostadio, che aveva distrutto le immagini sacre,
abolito le messe private e gli abati talari, e dei cosiddetti profeti di
Zwickau, capeggiati da Nicholas Storch, fanatici radicali denominati
abecedariani, che volevano eliminare tutti i preti e fondare il regno di Dio
in terra.
L., con l'aiuto di Federico il Saggio, restaurò l'ordine, ma si rese anche
conto anche la riforma stava andando avanti con o senza di lui. Per sua
fortuna esistevano anche fedeli seguaci come Nikolaus von Amsdorf, Georg
Burckhardt (Spalatino) e soprattutto Philipp Schwarzerd (Melantone), il
grande teologo riformista.
Nel Gennaio 1522 venne eletto papa Adriano di Utrecht, con il titolo di
Adriano VI (1522-1523), che tentò inutilmente di convincere la dieta dei
stati tedeschi a procedere contro L., anche se tentò qualche timido
tentativo di riforma della Chiesa. Anche il debole successore Clemente VII
(1523-1534) non ottenne granché dagli stati tedeschi, anzi dovette subire
vari affronti, come lo strappo con l'Inghilterra di Enrico VIII, il sacco di
Roma del 1527 e la conseguente prigionia. In compenso si rifiutò
ostinatamente di convocare un concilio generale, necessario per una profonda
riforma della Chiesa.
Il 1525 fu un altro anno decisivo per L.: si sposò con l'ex-suora Caterina
di Bora, ma soprattutto dovette affrontare la grave crisi della rivolta dei
contadini, fomentati da Thomas Münster, ex-curato di Zwickau, e da Heinrich
Pfeiffer, che imperversarono nel paese con saccheggi, devastazioni e
massacri. L. intervenne, pubblicando un violento libello dal titolo Contro
le brigantesche e scellerate bande di contadini, dove rinnegò le sue
precedenti posizioni di tolleranza e incitò i principi a sterminarli: ciò
avvenne nella battaglia di Frankenhausen del 15 Maggio 1525 con l'uccisione
sul posto di 5.000 contadini (e 20.000 in seguito) e l'esecuzione dei loro
capi dopo atroci torture.
Questo fatto colpì profondamente L., il quale si convinse che, solo
ricorrendo all'autorità dei principi e al varo di un nuovo ordinamento
ecclesiastico, era possibile garantire quella pace necessaria allo sviluppo
della riforma. Ai principi venne affidato il compito di sorvegliare la vita
ecclesiastica e venne data loro la libertà di scegliere se aderire alla
riforma, obbligando i loro cittadini di uniformarsi alla decisione del
regnante, secondo il principio (espresso successivamente nella seconda dieta
di Augusta del 1555) del cuius regio, eius religio, [nella sua (del
principe) regione, la sua religione].
Nacquero così, per decisione della prima Dieta di Spira (Speyer) del 1526,
le chiese territoriali (Landeskirchen), che furono vere e proprie chiese di
stato.
Nel 1529 fu invece convocata la seconda Dieta di Spira, che ribadì la
validità delle decisioni della Dieta di Worms del 1521: i principi che
avevano aderito alla riforma, protestarono contro queste decisioni ed in
seguito a questo fatto, i riformati sono universalmente noti come
Protestanti.
Tuttavia le divisioni interne al movimento riformista continuarono con
grande sconforto del loro fondatore: nell'Ottobre dello stesso 1529 fu
convocato il Colloquio di Marburg, dove si approfondì il divario tra L. e lo
zurighese Huldreich Zwingli sul tema dell'Eucaristia.
Nella prima dieta di Augusta del 1530 i riformisti si presentarono separati
e nonostante la conciliatoria Confessio Augustana, tracciata da Melantone,
lo strappo con i protestanti svizzeri, che presentarono la loro Fidei ratio,
divenne un dato di fatto: anche la grave sconfitta militare che questi
ultimi subirono nel 1531 a Zurigo (con la morte di Zwingli) non permise un
raccostamento ai fratelli tedeschi, ma casomai un proseguimento nel
calvinismo, culminato con la Confessio Helvetica del 1539. La pace formale
tra L. e Zwingli, sebbene di breve durata, avvenne nel 1536 alla Concordia
di Wittenberg, dove perlomeno si ottenne un accordo per quanto concerneva
l'Eucaristia, tra i luterani tedeschi del nord e i riformatori della
Germania del sud, capitanati da Martin Butzer (Bucero).
La minaccia turca portò nel 1532 alla tregua di Norimberga con i cattolici,
benché già dal 1531 gli stati protestanti tedeschi si erano organizzati
nella Lega Smacaldica. Il confronto militare tra le due confessioni sfociò
nel 1546-47 nella guerra smacaldica, a cui L. non assisté, poiché aveva
cessato di vivere il 18 Febbraio 1546.
Gli ultimi anni della sua vita furono oscurati da continui litigi dei suoi
seguaci, da varie malattie e da interferenze dei principi nella vita
ecclesiastica.
Nel Marzo 1545, un anno prima della sua morte si aprì in pompa magna quel
Concilio di Trento, che, tanto voluto, deluse però le aspettative dei
luterani e contro il quale L. scrisse il suo più violento libello: Contro il
papato in Roma fondato dal diavolo.