Kant è un filosofo illuminista, nasce a Königsberg; la madre riveste per lui
un ruolo molto importante che, a quanto sostiene, gli insegna il primo germe
di bene. È il quarto di 11 figli, ma con i fratelli non ha un gran rapporto.
Viene mandato al collegium Friedericianum, dove si dimostra subito critico
nei confronti della religione, per quanto riguarda le forme esteriori ed
esagerate del culto: ha un concetto intimistico della fede, le preghiere
forzate sono, per lui, inutili. Diventa bibliotecario, poi docente di logica
e metafisica all'università; i suoi interessi sono prevalentemente
scientifici: pubblica molte opere sulla Terra, sul moto, sulla quiete e
sulla teoria dei venti (scritti pre - critici). La sua prima opera
importante, scritta nel 1781 è la "Critica della Ragion Pura", dove fa il
punto sulla conoscenza (2° edizione). Il 1788 è l'anno della pubblicazione
della "Critica della Ragion Pratica". Nel Critica della Ragion Pratica si
chiede cosa si può conoscere, è uno scritto teoretico, nella Critica della
Ragion Pratica si occupa di come si debba agire nella pratica. Nel 1790
scrive "Critica del giudizio". 1793 - 1797: sono gli anni della censura
prussiana e del terrore francese: perciò riceve un severo ammonimento
soprattutto per le sue opere a tema religioso, dalle quali traspariva troppo
l'ideale illuministico; scrive inoltre il libro "Per la pace perpetua",
intesa come pace fra gli stati e le nazioni. Muore malato nel 1804, di lui
si parla come di una persona calma, mite, riflessiva.
L'indirizzo filosofico di Kant si chiama criticismo, dal verbo Krino:
Analizzare, scomporre un problema in parti elementari per studiarle meglio
(Cartesio) e Giudicare, e cioè emanare sentenze.
Il suo principio sta nel criticare e verificare la legittimità delle pretese
avanzate dalla ragione umana nel campo delle conoscenza: critica della
ragione con la ragione stessa; bisogna studiare la ragione per vedere qual è
il suo limite. Il criticismo indica la dottrina di Kant nei capisaldi che
possono essere così ricapitolati:
Impostazione critica del problema filosofico, e pertanto, la condanna della
metafisica come sfera di problemi che sono al di là della ragione umana.
Determinazione del compito della filosofia come riflessione sulla scienza,
e, in generale, sulle attività umane, allo scopo di determinare le
condizioni che ne garantiscono la validità.
Criticismo: analisi della ragione umana, e fondazione della legittimità
delle pretese che essa avanza nell'ambito variegato dell'esperienza umana.
La domanda che segue questi ragionamenti è questa: cosa dobbiamo fare per
dire che la conoscenza è scienza?
È necessario che un concetto sia universalmente approvato; il nome è
convenzionale, il concetto no. La ragione è una struttura a priori nata per
unificare l'esperienza. Il criticismo è detto anche filosofia del limite,
ermeneutica della finitudine o teoria dell'interpretazione.
Lo scopo della filosofia di Kant è andare a individuare il limite
all'interno
del quale la conoscenza è valida. Mediatore tra empirismo e razionalismo,
Kant vuol dare alla sua filosofia una visione finita dell'esistenza,
delimitata all'interno di un ambito preciso, perciò nega la potenza e
l'onniscienza
umana e studia il problema della conoscenza come è stato affrontato in
passato.
Razionalismo (Cartesio): Per Cartesio si poteva giungere alla conoscenza del
mondo sensibile, attraverso l'idea di Dio per mezzo del cogito,
dell'autocoscienza.
Secondo lui la ragione umana aveva il potere di conoscere tutto, nel campo
della realtà sensibile e nel campo metafisico. Conoscenza =
rappresentazione. Come si fa ad avere la certezza di qualcosa? Cogito, ergo
sum, autocoscienza, sentire di sentire = avere delle idee. Punto debole: il
pensiero corrspode all'essere?
Empirismo: (Hobbes, Locke e Hume) Conoscenza, = avere sensazioni,
percezioni, ma le idee che posso avere non sono certe. La certezza c'è solo
nel momento attuale della percezione. Punto debole: scetticismo
Sintesi Kantiana: Kant opera una vera e propria rivoluzione copernicana:
come Copernico aveva invertito il rapporto tra Terra e Sole, così Kant
inverte il rapporto tra oggetto e soggetto della conoscenza. Anziché pensare
che le nostre strutture mentali umane si adattino alla natura, bisogna
pensare che la natura si modella sulle strutture umane. La conoscenza parte
dall'oggetto, ma al centro del sistema conoscitivo c'è un soggetto che
organizza i dati dell'esperienza sensibile attraverso strutture a priori
dunque tutto inizia dall'esperienza (empirismo), ma non tutto deriva
dall'esperienza
(razionalismo) la ragione è modellata con strutture a priori universali e
necessarie. La conoscenza ha l'aspetto passivo (sensibilità, esperienza) e
quello attivo: Unificazione degli elementi sensibili (razionalità).
La conoscenza è fenomenica (posso conoscere solo quello che mi appare), non
noumenica.
Le nostre conoscenze senza la sensibilità sarebbero vuote: la sensibilità ci
dà gli oggetti immediatamente con la conoscenza intuitiva (immediata):
l'intelletto
unifica i dati dell'esperienza in concetti: è già una facoltà mediata, è una
forma di conoscenza discorsiva. Però questo meccanismo funziona solo se
limito le mansioni dell'intelletto ad unificare l'esperienza; se pretende di
arrivare alla conoscenza di Dio (di cui non si può avere esperienza), non va
più bene. La ragione è la facoltà umana che tende a proseguire il processo
di unificazione della realtà, ma commette l'errore di uscire
dall'esperienza.
La ragione unifica i concetti in teorie, il prodotto della ragione nelle
idee.
Le forme a priori sono spazio e tempo: ognuno di noi ha l'inevitabile
attitudine a collocare ciò che conosce in ambito spazio - temporale spazio e
tempo universali e necessari.
La teoria di Kant è la riproposizione della fisica astronomica di Newton
(scardinata dalle teoria della relatività di Einstein). C'è continuità tra
Kant e Newton anche se ci sono comunque importanti differenze: Newton
ritiene che l'ordine del mondo sia causato da una forza divina intelligente
che ha deciso di creare il mondo, quindi la sua è una concezione teleologica
o finalistica. La concezione di Kant invece è più meccanicistica o
deterministica, dato che, secondo lui, a partire da un caos iniziale, grazie
alle forze di attrazione e repulsione si genera il mondo che funziona
secondo un principio di causa - effetto. Newton è pessimista: il cosmo
tenderà ad autodistruggersi, mentre Kant è molto più ottimista, perché
secondo lui la ragione umana tende all'ordine: non è detto che sia reale, ma
è un'impostazione mentale. Kant si basa sulla geometria euclidea
tridimensionale, ma quando questa viene superata le sue affermazioni non
hanno più senso: per renderle nuovamente valide, però, basta eliminare
l'assolutezza
delle tre dimensioni.
Kant vuole far capire come avviene la conoscenza e le condizioni secondo cui
la conoscenza è valida. La condizione delle condizioni è che la conoscenza
dipende dall'esperienza (critica alla metafisica che è puro pensiero). Kant
si mette ad esaminare le singole sfere conoscitive per mettere in rilievo,
se ce ne sono, gli elementi a priori. Le sfere conoscitive, ossia gli
aspetti diversi nei quali si presenta il nostro potere conoscitivo, sono di
tre tipi: sensibilità, intelligenza e ragione, che Kant rispettivamente
denomina estetica, analitica, dialettica.
L'estetica trascendentale
Il suo scopo è di studiare le forme a priori della sensibilità: alla base
della sensibilità ci sono strutture uguali per tutti all'interno delle quali
collochiamo l'oggetto percepito, che sono spazio e tempo. Lo spazio è la
forma del senso esterno, il tempo è la forma del senso interno, in cui
collochiamo il flusso delle nostre esperienze interne. Lo spazio e il tempo
sono le strutture grazie alle quali sono possibili la matematica e la
fisica. La matematica lavora sulla pura forma dello spazio, estrae dalla
realtà; a questo si collega la questione dei giudizi: conoscere vuol dire
anche giudicare.
I giudizi possono essere:
Analitici: il predicato è già contenuto nel soggetto
Sintetici: c'è stata una sintesi: il predicato non è contenuto nel soggetto
Si possono conciliare giudizi analitici e sintetici in giudizi che si
chiamano sintetici a priori universali e necessari che ampliano la
conoscenza: 7 + 5 = 12 è uguale per tutti (analitico), ma ci si può arrivare
in altri modi: il 12 non è insito né nel 7 né nel 5, è nuovo (sintetico). La
scienza è fatta da giudizi sintetici a priori.
Spazio e tempo hanno due caratteristiche che sono ideali e reali :
l'idealità
trascendentale. Ideali perché sono funzioni logiche della mente, reali
perché sono universali e necessari dato che valgono per tutti.
L'analitica trascendentale
È quella dottrina che studia le forme a priori dell'intelletto: studia il
modo in cui l'intelletto unifica le sensazioni arrivate dall'esperienza, il
cui prodotto è un concetto. C'è bisogno di strutture categoriche per
classificare le singole sensazioni: le categorie derivano da Aristotele, per
il quale sono i sommi generi dell'essere: ciò che si può predicare
dell'essere.
Le categorie per Kant sono divise in quattro tipi: quantità (unità
pluralità, totalità), relazione (causa effetto, accidente), qualità (forma,
colore, odore) e modalità (inerenza e sussistenza). Queste categorie devono
essere universali e necessarie e derivano tutte dall'autocoscienza
dell'individuo
che Kant chiama l'io penso: il sentire di sentire o sintesi originaria
dell'appercezione
. Per Cartesio il cogito implicava la res cogitans, la sostanza; per Kant
resta una funzione logica, un'ipotesi perché tutti coloro che hanno l'io
penso, possiedono le categorie e le possiedono allo stesso modo: "deduzione
trascendentale": dimostrazione della validità delle categorie.
Dialettica trascendentale
La dialettica è logica dell'apparenza, un modo di ragionare vizioso che
produce parvenza e non conoscenza. La dialettica studia il modo in cui la
ragione unifica i concetti dell'intelletto: mentre l'intelletto procede con
i giudizi e con le sentenze, la ragione procede con i sillogismi. Il
problema della dialettica e della ragione è il fatto che non ha direttamente
a che fare con l'esperienza: arriva a delle conclusioni che escono
dall'ambito
fenomenico. La ragione nel suo processo di unificazione dei concetti approda
a tre totalità incondizionate (tre assoluti): l'idea di Anima, l'idea di
Mondo, l'idea di Dio. La ricerca dell'incondizionato da parte della ragione
è la prosecuzione inevitabile del nostro processo conoscitivo verso un'unità
ultima che continuamente sfugge alla nostra conoscenza. L'unità suprema cui
la ragione aspira può solo essere pensata ma non può essere conosciuta.
Studio dell'anima: psicologia razionale; Studio del mondo: cosmologia
razionale Studio di Dio: teologia razionale. La ragione, nella sua ricerca
dell'incondizionato, cade in contraddizione di aporie , di antinomie . Si
rientra nella metafisica che esula dell'ambito dell'esperienza.
Psicologia razionale
Il concetto di anima, con il progredire della scienza è diventato sinonimo
di mente: la psicologia razionale pretende di giungere ad una conoscenza
effettiva dell'Io, senza ricorrere all'esperienza, così, con il puro
pensiero o ragionamento, attribuisce all'anima caratteristiche quali la
sostanzialità, la semplicità, l'immutabilità, l'immortalità.
Alla base di queste pretese c'è per Kant un errore logico che chiama
paralogismo. Ovvero un sillogismo errato nella sua struttura, nella sua
impostazione, perché il sillogismo è basato su due premesse: una premessa
maggiore (a) e una premessa minore (b); dalla sintesi delle due deve
derivare una conclusione. Il sillogismo funziona se le premesse sono vere,
se i due termini a e b sono uniti da un termine intermedio c che è comune ad
entrambi, se il termine intermedio non è univoco, non ha sempre lo stesso
significato, ma è equivoco, o si presta a più interpretazioni, quindi a e b
non sono più uniti, ma il sillogismo si scinde in due e più sillogismi, uno
per ogni significato del termine, quindi il sillogismo non dimostra più
nulla.
Esempio di sillogismo:
a) Tutti gli uomini sono animali razionali
b) Socrate è un uomo
c) Uomo
Conclusione: Socrate è un animale razionale
Esempio di paralogismo:
a) Socrate è Ateniese
b) Socrate è brutto
c) Ateniese
Conclusione errata: tutti gli Ateniesi sono brutti
Per l'anima si viene a creare un paralogismo :
a) Ciò che può essere pensato solo come soggetto esiste come tutto ed è
sostanza tangibile
b) Un essere pensante può essere pensato solo come soggetto
Conclusione errata: l'essere pensante esiste come sostanza, cioè come anima
errore: si attribuisce sostanzialità dunque esistenza reale a ciò che è solo
formale.
Cosmologia razionale
Si occupa dell'idea di mondo, ovvero la totalità dei fenomeni esterni: la
sua tesi è questa: se è dato un fenomeno condizionato (qualunque cosa che
esista nella realtà di cui noi possiamo fare esperienza), è data anche la
serie delle sue condizioni come un oggetto conoscibile. Si scambia per
fenomeno ciò che non può essere un oggetto di esperienza, ovvero il mondo
esterno inteso come insieme di tutti i fenomeni.
La totalità dell'esperienza, non è mai un'esperienza, si conosce la verità
solo sotto aspetti particolari, possiamo solo pensare ad un'idea che
comprende in sé teoricamente tutti i fenomeni possibili, ma assolutamente
non possiamo conoscerla. La cosmologia, dunque, cade nelle antinomie della
ragione, ovvero conflitti della ragione con se stessa, contraddizioni
insolubili, perché in esse, sia le tesi, sia le antitesi, sono sorrette da
ragionamenti rigorosi, ma non si basano sull'esperienza. Tesi e antitesi
potrebbero essere entrambe vere o entrambe false, ma non è possibile
propendere per le une o per le altre perché manca il controllo empirico.
Tesi: Il mondo ha un inizio nel tempo e un limite spaziale
Antitesi: Il mondo è eterno e infinito
Tesi: Nel mondo ogni sostanza consta di parti semplici e indivisibili
Antitesi: Il mondo è composto da elementi divisibili all'infinito
Tesi: Oltre alla causalità naturale, nel mondo esiste una causalità libera
(possibilità di scegliere l'azione da compiere, il comportamento da tenere)
Antitesi: Esiste solo un principio di Causa - effetto
Tesi: esiste un essere assolutamente necessario
Antitesi: Ogni realtà è solo contingente
Kant dice che le prime antinomie sono false sia nella tesi sia
nell'antitesi,
perché non si più avere davanti l'oggetto mondo e individuarne le
caratteristiche. Le altre due poterebbero essere vere, però il problema è
che le tesi fanno riferimento al campo noumenico, mentre le antitesi si
riferiscono al mondo fenomenico. Il conflitto deriva dall'applicare la
categoria di totalità ai fenomeni che invece si danno solo individualmente.
La soluzione è dire che il mondo nella sua totalità non è oggetto
conoscibile.
Teologia razionale
Si occupa dell'idea di Dio: è un assoluto, una verità incondizionata a cui
la ragione tende e non può non tendere: è un'idea della ragione. L'obiettivo
è confutare l'idea che le prove dell'esistenza di Dio abbiano una validità
scientifica. Dio è l'essere supremo, originario, l'essere degli esseri, e
Kant esamina le prove che nella tradizione filosofica sono state date, non
valide scientificamente.
Kant dice: non si può non pensare a Dio, però di Dio non si può dimostrare
né l'esistenza, né la non esistenza, ma allora queste idee della ragione,
cosa servono? Per loro ci sono due usi:
1) Uso costitutivo: usare le idee per conoscere: prendo un'idea e la applico
agli oggetti (uso illegittimo)
2) Uso regolativo: utilizzare le idee per regolare il nostro rapporto con la
realtà, per dare sistematicità alle nostre conoscenze, e per guidare il
nostro comportamento, allora io so che queste idee sono puramente pensate,
ma faccio come se esistessero per poter regolare il mio rapporto con la
realtà. Possiamo rifletter sull'esistenza ponendo a fondamento di essa e
dandole un senso. Se questo serve a consolarmi, va bene, ma non devo
crederci.
Quando parliamo di natura utilizziamo il nesso causale, e per comodità di
ragionamento possiamo ipotizzare l'esistenza di una causa prima. Le idee
trascendentali ci ricordano costantemente la nostra limitatezza, la
debolezza del nostro sapere, che si arresta inevitabilmente in un punto, ma
contemporaneamente queste idee ci spingono ad andare oltre. Kant si accorge
che non si vive di solo fenomeno, ma c'è bisogno di noumeno. Quello che non
vale da un punto di vista scientifico, può avere un senso nell'ambito
pratico. In quest'ambito pratico si può inserire l'idea di Anima, di Mondo e
di Dio.
CRITICA DELLA RAGION PRATICA
Non ci si trova più nell'ambito teoretico, ma in quello pratico. La ragione,
oltre ad avere un uso puro, dunque a valere in campo conoscitivo, possiede
per Kant un uso pratico, cioè funge da motivo determinante della volontà:
guida la volontà ed incita ad agire in un certo modo verso un fine positivo.
Ma questo non significa, per l'uomo soddisfare tutti i suoi bisogni
naturali: l'uomo possiede un fine più elevato che il semplice raggiungimento
di una felicità naturale. Il fine della ragion pratica è il bene: è il
produrre una volontà buona in sé. La Ragione deve dettare all'uomo le regole
di comportamento. Per capire la morale kantiana, dobbiamo capire il concetto
di dovere: se la ragion Pura era legata al mondo dell'essere , la critica
della ragion pratica è legata a quella categoria filosofica che si chiama
dover essere . Le azioni del Dover essere si dividono in:
Legali: Azioni conformi al dovere per un motivazione estrinseca: rispettare
la legge o per paura della pena o per desiderio di un premio
Morali: Azioni conformi al dovere per una motivazione intrinseca, ovvero per
il dovere stesso e per nessun altra ragione.
Le caratteristiche della legge morale sono cinque:
Razionalità: deve essere chiaramente comprensibile alla ragione umana
Universalità: la legge morale deve valere non solo per il soggetto che se la
pone, ma per tutti gli esseri razionali- Si è universali quando la massima
della nostra azione può essere estesa a tutti senza alcun danno. es. la
massima delle mie azioni è vivere arricchendosi: è razionale ma non
universale, perché chi si vuole arricchire a tutti i costi lo farà a
discapito di qualcun altro.
Formalità: la legge morale deve prescindere da ogni contenuto empirico, e
basarsi esclusivamente sulla pura forma della razionalità
5. Imperatività: è un comando dovuto al fatto che l'Uomo non è
spontaneamente morale, ma ha bisogno di un certo controllo: la moralità sta
a metà tra la bestialità e la santità . L'Uomo è tentato di comportarsi
come gli animali, ma tende verso la santità. Ma nella moralità si realizza
l'autonomia:
dare leggi a se stessi. Non essere determinati da altri che da sé. Quanti
tipi di imperativi esistono?
Imperativi ipotetici: regole dell'abilità, consigli della prudenza, regole
di comportamento sociale che si sintetizzano nella formula: se vuoi x fai y.
Questi imperativi ipotetici indicano solo quali mezzi adoperare per
raggiungere un certo fine, ma non dicono se il fine sia bene o male.
Imperativi categorici: devo fare x perché devo, prima ancora di sapere se ho
i mezzi per raggiungere x debbo attivare la mia volontà per raggiungere
questo fine.
Formulazione degli imperativi categorici
Agisci: come se la massima della tua azione dovesse essere elevata a legge
universale di Natura. Qui si sottolinea il fatto che la legge deve valere
per tutti incondizionatamente e che tutti devono mettere da parte i propri
vantaggi e svantaggi personali.
Agisci in modo che la tua volontà valga per tutti come universalmente
legislatrice.
Agisci in modo da trattare l'umanità nella propria e nell'altrui persona
sempre come fine e mai semplicemente come mezzo. Questo presuppone il
rispetto altrui: solo in questo modo si può realizzare il "regno dei fini",
l'obiettivo degli obiettivi dell'uomo, che è realizzare una comunità di
esseri liberi e razionali, quindi autodeterminantisi, in cui ciascuno sia al
tempo stesso legislatore e suddito. Non è una comunità corretta, non è uno
stato. Il regno dei fini è un ideale utopico.
Intenzionalità della legge morale. Significa che l'etica di Kant guarda
all'intenzione
con cui è stata compiuta l'azione, piuttosto che il risultato. Dunque il
valore di un'azione sta nel movente della volontà: posso fallire, ma se ho
agito per il bene, l'azione ha una morale. Quindi l'uomo ha dentro di sé una
componente empirica e naturale, è sottoposto alle leggi di causa - effetto e
quindi non è libero, anche se ha un aspetto legato alla libertà: anche
l'uomo
è fenomeno, ma può valere anche come noumeno perché si dà delle leggi
morali: l'uomo deve fondere dentro di sé l'aspetto fenomenico e noumenico.
Pensiero di Kant: «Il cielo stellato sopra di me mi fa ricordare la
fragilità della mia natura, ma mi fa sentire anche parte del tutto, mentre
la legge morale che è in me mi fa ricordare che sono libero».
Il rispetto della legge morale produce nell'uomo un duplice sentimento,
ovvero uno stato di piacere e dispiacere contemporaneamente. Il dispiacere
consiste nel fatto che l'uomo si rende conto della propria fragilità, della
sua necessità fenomenica, cioè di esse un semplice meccanismo tra i
meccanismi, essere la parte di un tutto, in questo senso l'uomo perde il suo
amor proprio, viene mortificato il suo lato sensibile, perché non può
abbandonarsi agli istinti. Il piacere, invece, consiste nel fatto che l'uomo
è libero e può scegliere di elevarsi dalla bruta animalità e quindi agire
disinteressatamente per il bene comune. In questa legge morale, affinché sia
realizzabile, occorre ammettere tre postulati detti: postulati della ragion
pratica, sono condizioni che si ammettono come vere in modo ipotetico:
Libertà autonomia autodeterminazione
Immortalità dell'anima
Esistenza di Dio
Non è obbligatorio crederci. Le ultime due condizioni, Kant le aveva espulse
nella "Critica della ragion pura", ma le riprende in ambito pratico. Kant
intende la libertà come autonomia: capacità di dare leggi naturali a se
stessi, di autodeterminarsi, quindi di decidere razionalmente il proprio
destino. La libertà è necessaria, perché, se io devo, in qualche modo è
perché posso, non sono il balia di qualche essere trascendentale che mi
guida. La bontà dell'azione sta nel fatto che posso scegliere anche quella
opposta. La libertà è la ratio essendi della ragione morale, cioè, agendo
normalmente, l'uomo diventa libero, ma è anche vero che l'uomo agisce
normalmente perché è libero; quindi è un rapporto biunivoco, di simbiosi.
Kant dice anche che la legge morale è la ratio cognoscendi della libertà.
L'immortalità
dell'anima e l'esistenza di Dio servono per realizzare il fine che Kant
chiama SOMMO BENE, perché questo contiene due elementi al suo interno che
sono la virtù e la felicità. La virtù è intesa come merito di essere felici;
noi siamo buoni e meritiamo la felicità, ma non è detto che lo sia
veramente: non è completo perché ha bisogno anche della felicità. Questa è
la soddisfazione dei propri bisogni, sempre in connessione con la legge
morale.
Per realizzare la virtù c'è bisogno dell'immortalità dell'anima, e per la
felicità dell'esistenza di Dio. La connessione tra virtù e immortalità è
data dal fatto che, dovendo l'uomo diventare sempre migliore per tendere
alla felicità, ha bisogno di pensarsi come essere infinitamente
perfettibile; cioè che in un tempo e spazio non definiti si continui il
processo di perfezionamento. Se così non fosse non servirebbe a niente agire
bene perché non ne si avrebbe la motivazione. Questa è un'ipotesi che dà la
forza di agire bene; l'altruismo può essere visto come una forma di egoismo
mascherato, perché lo si fa anche per un bene personale. L'uomo è
caratterizzato da un'insocievole socievolezza, in quanto, quando ha
soddisfato il bene comune, si occupa del proprio. L'esistenza di Dio mi
serve perché un Dio è garante della giusta distribuzione della felicità,
quindi la moralità è una condizione necessaria ma non sufficiente (perché ha
bisogno della religione). La morale conduce alla religione.
Il concetto di moralità diviene molto importante dal punto di vista
politico: Per Kant è importante mettersi sia dal punto di vista dei
legislatori che dei sudditi. Kant condivide il presupposto jus naturalistico
per cui lo Stato è il frutto di un accordo stipulato tra i suoi membri. Lo
stato di natura è immorale, perché gli uomini perseguono i propri bisogni
personali, quindi avviene la creazione del patto. Per uscire dallo stato di
natura occorre il diritto: limitazione della libertà individuale alla
condizione che questa si accordi con la libertà degli altri: la legge morale
e quella giuridica devono funzionare allo stesso modo, quindi Kant ipotizza
una costituzione repubblicana di Stato basato sulla divisione dei poteri e
sui tre principi fondamentali della ragione: libertà, uguaglianza davanti
alla legge, indipendenza dell'individuo, che nello Stato diventa
partecipazione al potere politico mediante meccanismi di rappresentanza.
Kant non è un democratico giacobino, anche se è d'accordo con gli ideali
della rivoluzione, ma non ama nemmeno il dispotismo illuminato tipico del
700 (Maria Teresa d'Austria), poiché tutto dipende dalla bontà o meno del
sovrano, ma può anche capitare un sovrano non buono. Se il sovrano non
rispetta il diritto dell'individuo, il popolo può fare resistenza con la
penna, ovvero, con l'opinione pubblica che faccia sentire il suo dissenso.
Dov'è la moralità dello Stato? Il politico deve essere anche morale, ovvero
la legge va fatta tenendo conto dell'interesse universale, e il politico
deve rinunciare a interessi egoistici. Egli deve agire mirando alla pace,
intesa come dovere universale. Kant nell'opera per la pace perpetua, parla
della pace tra gli stati: se il politico non agisce mirando alla pace,
l'unica
pace ottenibile sarà quella eterna.
Kant Immanuel
Fichte Johann
Schelling Friedrich
Hegel George
Schopenhauer Arthur
Sören Kierkegaard
Fauerbach Ludwig
Marx Karl
Indice Generale
Fichte Johann
Noi intendiamo io puro, principio di ogni cosa, pensiero ed attività
spirituale. Con Fichte abbiamo la metafisica del pensiero ciò vuol dire che
la ricerca della sostanza di una cosa non è nella realtà ma nel pensiero
soggettivo.
Fichte considera la filosofia dogmatica degna di persone passive.
L'idealismo è per lui la filosofia dei giovani perché l'io è creatore.
Secondo lui, la vera natura umana è quella morale, possiamo definire il suo
un idealismo etico.
Dopo la lettura della critica alla ragion pratica, pubblicò un libro anonimo
che come stile si avvicinava molto a quello di Kant. Viene riconosciuto ed
invitato ad insegnare all'università. Qui un suo assistente aveva proposto
nei suoi testi che noi dobbiamo parlare di Dio come ordine morale
dell'Universo. Il senato accademico richiamò Fichte il quale disse "se non
siamo liberi di scrivere quello che vogliamo, io do le dimissioni". Vennero
cacciati dall'università. Fichte cercò lavoro ma ben presto sua moglie che
era infermiera si ammalò e lo contagiò di un male che in breve tempo lo
portò alla morte.
Importantissimi da ricordare sono i discorsi alla nazione tedesca che egli
scrisse per suscitare uno spirito nazionalistico.
Secondo Fichte l'io penso di Kant non può essere solo legislatore della
natura, ma deve essere anche creatore.
Esso si struttura in:
TESI (realtà*) L'io pone se stesso
ANTITESI (negazione*) L'io pone il non io 1
SINTESI (limitazione*) L'io pone il non io per farsi io 2
1 vengono sistemate come le categorie di Kant
2 il rapporto tra realtà e negazione è limitazione
L'io pone se stesso secondo il principio logico di identità a=a io=io
Esso ha una natura morale Se io sono messo alla prova è vero che sono
moralità? La vita va vissuta. Bisogna cercare di superare il non io, che
rappresenta gli ostacoli e ci allontana dalla moralità.
Il non io non è autonomo ma è creato per controbattere l'io. Il non io viene
quindi creato da noi.
L'io per realizzarsi come moralità si è trasformato in non io.
Finché viviamo ci limitiamo sempre ad essere morali sapendo comunque che la
moralità assoluta non la raggiungeremo mai.
Schelling prese il posto di Fichte ma pur avendo avuto successo
inizialmente, con l'avvento di Hegel le cose cambiarono.
Le sue opere principali sono: "Bruno o del principio naturale e divino delle
cose", "Il sistema dell'idealismo trascendentale".
Critica Fichte in quanto l'attività dell'io descritta da lui è infinita, ma
questa infinità è cattiva, perché non raggiunge mai una fine. D'altra parte
il "non io" è troppo limitato e deve essere rivalutato: tutto deve
rispondere a Spinosa, tutto è divinizzato. Il principio di Schelling è
l'Assoluto.
ASSOLUTO: unità indifferenziata di natura e spirito
NATURA: spirito incosciente
SPIRITO: consapevolezza
L'interesse di Schelling fu rivolto alla natura che cerca di prendere
coscienza di se stessa. Il suo studio si chiama fisica speculativa. Studia
il divenire della natura che va avanti per gradi.
Si va avanti per lo scontro di due grandi forze, quella attrattiva e quella
repulsiva. Le tre tappe più importanti sono: gravità (magnetismo), luce
(elettricità), vita [chimismo (organica)].
Il momento culminante della vita è il finalismo.
La natura è espressione dell'assoluto. Le tappe dello spirito sono:
Attività teoretica
Attività pratica
La finalità e la storia
Il suo idealismo è chiamato idealismo estetico.
Il momento finale in cui si raggiunge l'assoluto è l'arte. L'arte è l'organo
della filosofia e rivela l'assoluto in quanto è spirito che opera come
natura.
Hegel sarà d'accordo con Schelling riguardo all'assoluto, dando un momento
finale, mentre ne criticherà l'assoluto: "se sono unità indifferenziate di
natura e spirito, come si differenziano?" Per lui l'assoluto sarà unità -
distinzione di natura e spirito.
Hegel nasce a Stoccarda nel 1770 e studia in scuole religiose. Una volta
laureato, viene chiamato a Berna a fare il precettore privato. Nelle
famiglie ricche dove lavora ha la possibilità di frequentare grandi
biblioteche dove si può accingere alla lettura dei classici. Egli studiò
molto la cultura greca e soprattutto Platone. Voleva diventare un grande
filosofo come Platone e non come il "genio" (Schelling) che solo in sogno
conobbe la filosofia. Proprio mentre era a Berna scrisse le sue prime opere
di natura religiosa: "La vita di Gesù", "La positività della religione
cristiana". Le opere di questo periodo non ebbero grande successo anche se
oggi sono state riscoperte e studiate.
Successivamente pubblica: "Differenza fra il sistema filosofico di Fiche e
quello di Schelling", "Fenomenologia dello spirito".
Trasferitosi a Norimberga scrive "Scienza della logica" dove, partendo
dall'idea
prima di essere cerca di raggiungere la realtà determinata e quindi anche la
coscienza.
A Berlino divenne professore universitario facendo, con le sue lezioni,
grande successo. Hegel divenne filosofo dello Stato Prussiano, con le
"Lezioni Berlinesi", libro contenente gli appunti delle sue lezioni,
raccolti dai suoi alunni, esaltava le doti dello Stato tedesco e lo poneva
come guida per gli altri.
Egli sviluppa il suo pensiero tenendo presente il pensiero greco. Per Hegel
il principio di ogni cosa è l'Assoluto = distinzione di natura e spirito.
L'assoluto
(unità distinzione) ha un punto finale. "Tutto ciò che è reale è razionale,
tutto ciò che è razionale e reale" tutto ciò che si realizza ha una sua
razionalità; ciò vuol dire credere alla provvidenza (ottimismo). Tutto ciò
che è razionale si deve realizzare.
Per Hegel l'assoluto si sviluppa secondo una struttura dialettica. Di
dialettica ne hanno parlato i sofisti, ma era di natura bipolare; ne ha
parlato Kant, ma rappresentava la pretesa della ragione di dimostrare le sue
idee. Per Hegel invece, la dialettica rappresenta il movimento stesso
dell'Assoluto.
STRUTTURA DELL'ASSOLUTO
TESI: momento astratto intellettuale, Momento di posizione
ANTITESI: opposizione, momento negativo della ragione
SINTESI: momento positivo razionale
Movimento circolare
L'antitesi si basa sul principio di opposizione che determina il movimento.
La sintesi rappresenta il superamento dei limiti posti nella tesi e
nell'antitesi.
(SINTESI=AUFHBEN tagliare e conservare).
Esempio:
TESI: vita
ANTITESI: morte
SINTESI: specie (figli) (con i figli si può vivere oltre la morte).
Quindi la tesi e l'antitesi vengono superati per affrontare un momento nuovo
di ottimismo.
Nelle opere giovanili già si può intuire questo metodo dialettico:
TESI: momento rappresentato dalla religione greca; c'era armonia con la
natura, la religione rispondeva ai bisogni dell'uomo.
ANTITESI: rappresentata dalla religione ebraica; si rompe l'equilibrio tra
uomo e divinità mostrando l'uomo come schiavo, servo della divinità
punitrice. Si ha quindi una scissione (separazione tra uomo e divinità).
SINTESI: rappresentata dalla religione cristiana; la religione dell'amore.
L'amore
unisce l'uomo a Dio; come dice Platone: "nell'amore non c'è chi domina e chi
è dominato, c'è unità. L'uomo della religione cristiana sa che è unito a Dio
attraverso l'amore. Con l'amore si supera qualsiasi scissione (Fedro).
Quindi l'assoluto rappresenta il momento culminante della filosofia. "La
filosofia è come l'uccello di Minerva che vola al tramonto".
Minerva: Dea della sapienza
Tramonto:momento di riflessione; (l'assoluto riflette su se stesso).
L'idealismo di Hegel è un idealismo logico [sarà accusato di Panlogismo
(tutto è razionalità)].
FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO
La fenomenologia dello spirito rappresenta la storia romanzata dello spirito
che si racconta attraverso la storia. Lo spirito si presenta come:
COSCIENZA: Spirito
AUTOCOSCIENZA: Religione
RAGIONE: Sapere Assoluto
Lo spirito cerca di presentarsi:
COSCIENZA:
o Certezza sensibile
o Percezione
o Intelletto
AUTOCOSCIENZA:
o Servo - Padrone
o Libertà (Stoicismo, scetticismo, cristianesimo)
o Coscienza infelice
RAGIONE:
o Osservativa (Rinascimento)
o Attiva (piacere, virtù, cuore)
o Etica
La coscienza è il momento in cui inizia tutto. Lo spirito prende coscienza
di se (certezza sensibile). Quando capisce la differenza tra uno e molti, si
passa alla percezione.
Con l'intelletto si fa il concetto che permette di cogliere l'universale
concreto.
Concetto reale (concreto) - razionale (universale).
La coscienza diviene autocoscienza nel rapporto con gli altri. Noi siamo
delle coscienze, tra l'una e l'altra si crea un rapporto di "servo -
padrone". C'è chi ha paura della morte, dell'incognito. allora non affronta
la vita e si affida a qualcun altro. Chi non ha paura sarà sempre padrone
nella vita, chi invece ha paura avrà sempre un atteggiamento di servo.
Il padrone che si serve del servo, non si rende conto però che è lui stesso
servo del suo servo poiché ha bisogno di lui. Allora il servo prende
coscienza della sua importanza per il padrone, che non potrebbe essere tale
senza il suo servo.
Da questa opposizione scaturisce la libertà spirituale. Il Cristianesimo del
Medioevo ha portato la coscienza infelice: durante quel periodo infatti, si
diceva ai cristiani di vivere in questo mondo pensando sempre che il vero
mondo è quello dell'aldilà. Allora il cristiano nel Medioevo, era scisso,
lacerato, perché viveva in questo mondo sapendo che non era il suo mondo.
Nel Rinascimento ci cogliamo come ragione (universale concreto). Ragione
osservativa: l'uomo nel Rinascimento vuole fare scienza. Poi da osservativa
diventa attiva (la ragione può agire per piacere, come Faust); o per ragioni
di cuore (come Rousseau) o per virtù (come Don Chisciotte). Il momento
culminate vede la ragione come etica.
Percorso speculativo
SPIRITO
La bella vita etica "Antigone"
La cultura (Illuminismo, Robespierre, Terrore)
L'anima bella (Romanticismo, Novalis)
RELIGIONE
SAPERE ASSOLUTO
La bella vita etica è il mondo greco. Si rifà alla tragedia di Antigone. Lei
era una fanciulla che ha disubbidito a Creonte seppellendo il fratello. Si
viene a formare un conflitto tra legge umana e legge del cuore. Ciascuno di
noi ha simpatia per Antigone, ma se ciascuno di noi la pensasse come lei,
non ci sarebbe Stato. Le leggi vanno rispettate anche se non condivise per
mantenere il giusto rapporto individuo-stato.
Da questo conflitto si giunge al poter vivere in società. E' il caso
dell'impero
romano. La cultura rappresenta la presenza della legge dello Stato. Ma
questo ha comportato il momento del Terrore. Siamo tutti uguali, ma nello
stesso tempo nessuno lo era. Il rapporto tra individuo e Stato
nell'Illuminismo
era di paura.
E' un'anima bella che rischia di impazzire o intisichire. E'
individualistica.
ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO
ASSOLUTO O IDEA
Idea in se o Logica
Essere (qualità, quantità, misura)
Essenza [contenuto dell'essere]
Concetto
Idea fuori di se o Natura
Meccanica
Fisica (magnetismo, elettricità, chimismo)
Organica (geologico, vegetale, animale[sensibilità, irritabilità,
riproduzione{vita, morte, specie}])
Idea in sè e per sé o Spirito
Soggettivo (antropologia[anima], fenomenologia[coscienza],
psicologia[libertà]);
Oggettivo (Diritto, moralità, eticità [famiglia, società civile, stato]);
Assoluto (arte[idealità, intuizione, forma]{l'assoluto è intuito},
religione[orientale, personale, cristiana]{l'assoluto è rappresentato},
filosofia{l'assoluto è pensato come concetto}).
Idea in se o LOGICA
Per Hegel tutto è logica, tutto è razionalità. "Le mie categorie hanno mani
e piedi"; le categorie, forme della logica non sono astratte, ma concrete.
Il momento vero è la sintesi, il concetto. Il vero concetto è l'idea, il
momento in cui l'idea, partita da essere diviene concetto.
Idea fuori di sé o NATURA
Nella filosofia della natura, l'idea si estranea da sé. Essa rappresenta il
momento negativo razionale, quello dell'antitesi. E' un momento importante,
necessario ma che Hegel non ritiene interessante poiché qualunque suo
spettacolo, anche se stupendo, è inferiore ad ogni azione dell'uomo, anche
se malvagia; perché nell'uomo c'è lo spirito libero.
Non è come Schelling che la studia approfonditamente attraverso la fisica
speculativa.
Hegel dice: "io non credo alla natura come ce l'ha presentata il
Romanticismo, ("Deus sive natura" Spinoza). Egli la suddivide in meccanica,
fisica ed organica.
La natura meccanica studia la natura nello spazio e nel tempo
(esteriormente).
La natura fisica analizza le leggi della natura. Le leggi sono quelle di
Schelling(elettricità, magnetismo, chimismo).
La natura organica ci presenta l'organismo geologico (il fossile).
Hegel studia l'organismo secondo la concezione di Aristotele di funzione
vegetativa e sensitiva. L'organismo vegetale ha la funzione vegetativa cioè
di crescere, nutrirsi e morire. L'organismo animale ha invece la funzione
sensitiva, quindi ha anche la capacità di sentire gli stimoli. L'animale
sente; è sensibile; quando sente degli stimoli reagisce ad essi, di
qualsiasi natura essi siano, secondo la legge di stimolo e risposta. La
riproduzione rappresenta la continuazione della vita (vita, morte, specie).
La specie è il punto culminante della riproduzione. Con la specie vengono
superate le barriere della morte con la vita stessa. Ciò determina la Storia
dell'umanità.
Idea in sé e per sé o SPIRITO
Lo spirito soggettivo
Nell'Antropologia Hegel ci presenta lo spirito soggettivo come anima
biologica cioè come funzionalità, come vita (alla maniera di Aristotele).
Un'anima
primordiale a contatto con l'ambiente (teoria dell'evoluzione).
Nella Fenomenologia dello spirito, si parla di coscienza (certezza
sensibile, percezione, intelletto).
La Psicologia ci studia dal punto di vista della libertà. La psicologia non
viene studiata come scienza; lo diventerà solo nel 1879. Per il momento
viene studiata solo come espressione della nostra libertà.
Lo spirito oggettivo
Lo spirito oggettivo riguarda i rapporti che si concretizzano tramite la
libertà. La libertà individuale si esplica nelle istituzioni.
Il primo momento è il contratto; si riferisce alla proprietà che è la prima
libertà individuale. Quindi il diritto si presenta come un momento
esteriore, come rapporto visibile. Il primo rapporto visibile è il
contratto, ciascuno di noi si realizza come possesso, e quindi con tutto ciò
che comporta avere il contratto e la conservazione della proprietà privata.
Se il diritto è l'aspetto esteriore, quello interiore è la moralità. Per
Hegel è sempre un aspetto individuale.
Per superare gli aspetti limitativi l'unico momento vero è la sintesi:
individualità in riferimento alla comunità (eticità, organismi etici). La
sintesi ci presenta dunque l'eticità, il significato dell'individuo in
relazione alla società.
Gli organismi etici sono:
La famiglia. Essa è l'unione che nasce con un contratto quando fra due
individui c'è sentimento (si nota quindi l'unione tra tesi ed antitesi).
La famiglia dà l'idea che la moralità individuale è già in rapporto alla
moralità del coniuge. Hegel vede questo rapporto come un nucleo chiuso ed
armonico al suo interno. Però, questo nucleo chiuso, per necessità si deve
rompere, scindere, lacerare (antitesi) quando i figli, diventati grandi,
escono dalla famiglia. Quando questi escono rompono l'armonia che c'era
all'interno
della loro famiglia.
Hegel esamina questa lacerazione e la chiama società civile.
Questa indica una comunità di famiglie aperte. Si crea così un rapporto
continuo, dinamico tra i vari individui; questa comunità ha bisogno però di
una ricongiunzione armonica e questa si raggiunge solo con lo Stato.
Lo Stato rappresenta il momento della sintesi e lo si può considerare come
una grande famiglia. Questo rappresenta la "realtà etica consapevole si sé"
di un popolo, ossia la consapevolezza del fine cui va indirizzata la vita
comune. In questo senso esso è per Hegel Dio in Terra.
Lo Stato quindi rappresenta la sintesi, la realizzazione dell'assoluto dal
punto di vista storico.
Lo Stato è vita perché è ragione ("Il Dio che si fa realtà"). La sua
vivacità si nota nella guerra. Proprio questa viene vista da Hegel come
vento che non permette alle acque di stagnare. "lo capisco che nelle guerre
si corrono molti rischi però bisogna affrontarli per permettere agli Stati
giovani di affermarsi".
La guerra quindi è necessaria e come tale è razionalità. Tramite la guerra
si affermano le nazioni. La guerra si serve dell'astuzia della ragione degli
uomini per fomentare la battaglia, lo scontro. La ragione quando ha
suscitato la guerra si serve anche degli eroi (individui cosmico storici).
Gli eroi per Hegel sono l'assoluto. L'assoluto si è realizzato in un
individuo che ha sentito lo spirito dell'assoluto e lo ha realizzato nella
storia e nello spazio. Es: "Cesare distrutto due Repubbliche fantasma e ha
realizzato lo spirito nuovo".
Una volta che questi eroi compiono il loro compito di mostrare l'assoluto,
vengono messi da parte.
Per Hegel l'unica realtà vera è lo Stato che sviluppa la razionalità. Noi
possiamo studiare la storia attraverso la libertà, attraverso la
realizzazione della libertà.
"Negli Stati orientali la libertà è di uno solo, poi negli Stati greco -
romani la libertà appartiene a pochi (il Senato, l'aristocrazia), è solo
nello Stato tedesco che da Lutero in poi la libertà appartiene a tutti".
Quindi è solo nello Stato tedesco che tutti sono liberi e quindi è lo Stato
tedesco che deve essere lo Stato guida di tutti gli altri Stati, perché è
l'unico
che ha realizzato l'assoluto. (idea PANGERMANICA - la Germania ha il diritto
di guidare gli altri popoli).
Questo fu un discorso pericoloso più dei "discorsi alla nazione tedesca" di
Fiche. Mentre questi ultimi furono scritti per necessità, per stimolare i
tedeschi contro l'oppressione dello straniero, i discorsi di Hegel sono
rivolti allo Stato che viene giustificato attraverso la razionalità.
Naturalmente questo discorso venne ripreso durante la I guerra mondiale.
Hegel tratteggia questo grande scenario (storia - realizzazione
dell'assoluto).
Nella storia nulla è fatto per caso, ma tutto ha un suo fine, uno scopo ben
determinato. Tutto è razionale, tutto compie un movimento razionale.
Lo spirito assoluto
Lo spirito fin'ora è stato soggettivo, oggettivo, ed adesso lo si può
cogliere nella sua pienezza. Tutte e tre le funzioni dello spirito hanno per
oggetto l'assoluto (lo spirito che si coglie in sé e per sé). Questo è il
momento in cui si prende coscienza del giorno cioè rappresenta lo
svolgimento dell'assoluto.
L'assoluto può essere intuito nell'arte, rappresentato nella religione e
pensato come concetto nella filosofia.
L'arte è il momento di intuizione soggettiva di chi ha una natura sensibile.
Schelling ha visto l'arte come momento di intuizione dell'assoluto, per lui
l'arte è il momento culminante (unione indifferenziata di natura e spirito).
Per Hegel invece, l'arte è un momento particolare che deve essere superato.
L'arte si sviluppa attraverso tre momenti particolari dell'artista:
idealità, intuizione, forma.
In queste tre fasi si può trovare delineata la storia dell'arte. All'inizio
della storia, nell'arte è stata predominante la materia (arte simbolica).
L'arte
orientale poi, si è manifestata nell'architettura dei templi (uso del marmo,
della pietra).
Nell'arte greco - romana, c'è stato invece un equilibrio tra materia e
idealità e questa forma di arte si è manifestata nella scultura (armonia
tra intuizione dell'artista e forma).
Infine si giunge all'età moderna, all'età tedesca con l'arte Romantica.
In questo tipo di arte predomina la soggettività dell'artista, infatti le
espressioni d'arte di questo periodo sono la pittura, la musica e la poesia.
In questo senso, l'arte tedesca è quella superiore a tutte le altre.
Nell'arte
noi cogliamo in un momento soggettivo l'intuizione dell'assoluto. Hegel,
comunque, pur affrontando la distinzione tra bello naturale e bello
artistico, ritiene che il soggetto da cui si trae l'ispirazione è sempre
superiore.
Ma l'arte in sé è un momento affidato al soggetto. Ma l'assoluto ha bisogno
di avere un momento di oggettività.
Questo momento lo si ha con la religione. In essa, l'assoluto è colto da
tutti tramite la fede che fa avvertire oggettivamente la presenza
dell'assoluto.
Anche la religione si può studiare attraverso tre momenti: religione
orientale; religione personale; religione cristiana.
La religione orientale, rappresenta il primo momento in cui l'assoluto è
visto in un feticcio (in questa religione c'è il culto del Dio Sole, della
metempsicosi), al massimo si può avere un certo animalismo (pensare che
tutta la natura sia divinizzata).
Ma questa rappresenta l'infanzia dell'umanità, poi si passa alla religione
personale (la divinità è vista come persona). Questa religione, di natura
personale è tipico della religione ebraica.
Ma anche questo momento, non è quello culminate.
Infatti il momento culminante è dato solo dalla religione cristiana che
presenta Dio come trinità: Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo.
Nemmeno la religione è un momento conclusivo, perché oggettivo. L'assolto è
colto nella sua pienezza come natura concettuale (concetto).
Il concetto è visto come complemento, coglie l'assoluto nella sua essenza.
L'assoluto
si può cogliere solo nella filosofia (panlogismo).
Questo momento è il momento finale "E' come l'uccello di Minerva che vola al
tramonto". C'è solo da riflettere, di prendere coscienza di ciò che è
accaduto. Quindi la filosofia è anche storia.
Attraverso i vari filosofi che hanno criticato le filosofie precedenti e le
hanno superate si è potuto avere uno svolgimento nella storia, nella ricerca
della filosofia finale.
In questo svolgimento, l'assoluto cerca se stesso, cerca di farsi capire, di
realizzarsi. La filosofia quindi risponde al tempo in cui si realizza e
coglie quel momento storico in cui si sviluppa.
Hegel dice che la sua filosofia è la massima filosofia, e come tale non
potrà essere mai superata. Questa sua idea rappresenta il limite della
filosofia hegeliana, perché la filosofia procede, come procede lo sviluppo
dell'umanità.
E'importante che la filosofia abbia un rapporto sociale con la storia e che
instauri anche un rapporto con la religione.
Però, pur considerando la filosofia come momento speculativo (sintesi),
ritiene che la religione e la filosofia stiano sullo stesso piano.
Per lui la filosofia non è superiore alla religione perché entrambe hanno lo
stesso soggetto, l'assoluto.
Un gruppo di suoi discepoli riterrà questa affermazione corretta (destra
hegeliana), mentre un altro gruppo di studenti dirà che la religione e
l'arte,
non stanno sullo stesso piano della filosofia perché hanno lo stesso
oggetto.
Alcuni caratteri del pensiero Hegeliano saranno criticati:
L'identità di reale e razionale. Come si spiega dunque il male? Il negativo?
Non lascia spazio alla caducità, all'incidente.
La mancanza dell'individualità, ciascuno di noi è inserito nell'assoluto
razionale.
Schopenhauer è stato il primo ad esaminare questi aspetti. Egli ebbe
contrasti con Hegel accusandolo di avere prostituito la filosofia.
Considerava infatti, quella di Hegel, la più vuota chiacchierata che
potevano fare delle teste di legno.
Schopenhauer nasce a Danzica nel 1778, i suoi ideali sono Platone e Kant, la
sua filosofia sarà irrazionalismo e pessimismo. Egli ha conosciuto la
filosofia orientale, ciò è anche riscontrabile nel suo pensiero.
La sua opera più grande fu "Il mondo come volontà e rappresentazione", la
tesi di laurea "Sulla quadruplice radice del principio di ragion
sufficiente" cioè la causalità.
La causa si esprime nell'essere, nel divenire, nel conoscere e nell'agire.
Studia la causa e ritorna alla distinzione di fenomeno e noumeno.
Il noumeno è la volontà, essa è l'unica vera realtà, è cieca, irrazionale e
non sa nemmeno lei quello che vuole. Essa si estrinseca prima in un mondo di
idee platonico, poi nel nostro mondo (spazio, tempo, causalità) e poi in
ciascuno di noi, perché noi vogliamo in ogni momento, è un bisogno
muscolare. Abbiamo un pensiero fisso, fino a quando non lo soddisfiamo. Dopo
averlo soddisfatto, viviamo nella noia, e cerchiamo un altro bisogno, un
altro dolore: la vita è un pendolino dalla noia al dolore.
Sentirsi vivi per Schopenhauer è sentire la volontà.
Ma non si può vivere così, dobbiamo tentare di non sentire più la volontà di
vivere: potrebbe essere una soluzione il suicidio, ma non è così, perché
facciamo ciò che vogliamo, cioè liberarsi dalla vita. Liberarsi significa
squarciare il velo di Maya. Maya è la verità: ma noi non possiamo mai vedere
la verità nuda, il noumeno.
Ma Schopenhauer dice che possiamo liberarci dalla volontà di vivere in 4
gradi:
L'arte: è un modo per non pensare a noi stessi. In particolare la musica di
Wagner. La musica ci fa dimenticare noi stessi.
La Compassione: patire insieme, rendersi partecipi ai problemi degli altri.
La giustizia: è una compassione legalizzata infatti la legge prevede il
rispetto per tutti.
Nirvana: equivale alla beatitudine, non avvertire nessun dolore, cioè
l'annullamento
della volontà, il non sentire. Questo è la noluntas (negativo di voluntas).
Kant Immanuel
Fichte Johann
Schelling Friedrich
Hegel George
Schopenhauer Arthur
Sören Kierkegaard
Fauerbach Ludwig
Marx Karl
Indice Generale
La Sinistra Hegeliana
Strauss
Nei Vangeli non ha ricavato il Gesù storico, la figura della religione
rivelata, ma solo il Cristo della Fede, ovvero la figura che era attesa dal
popolo. La religione è quindi mito: non è una leggenda, ma una
trasfigurazione della realtà; la religione non è altro che un'aspettazione
di un popolo.
Stirm
Pubblica "l'unico e la sua proprietà" è considerato il teorico
dell'anarchismo.
Protagonista della storia è l'unico, cioè ciascuno di noi preso
singolarmente, è legge a se stesso, e la regola è che ciascuno di noi è la
regola e che ciascuno di noi è la sua proprietà, la mia ricchezza sono io
steso. Ciascuno di noi deve rifiutare i condizionamenti sociali.
Feuerbach
E' la figura più importante della sinistra Hegeliana. Scrive "l'Essenza del
Cristianesimo". Parte con una critica al pensiero di Hegel.
Hegel ha visto l'uomo solo come testa, razionale; per egli l'uomo è tutto,
dalla testa al calcagno, cioè nell'uomo oltre alla razionalità c'è la
caducità, l'imperfezione.
Il suo pensiero è umanesimo integrale, guardare cioè tutto l'uomo. "l'uomo è
ciò che mangia" la verità di un uomo è soddisfare i suoi bisogni
fisiologici. Dobbiamo anzitutto soddisfare i bisogni dell'uomo.
L'uomo si presenta con queste necessità materiali e con due attributi:
l'uomo
è possibilità e volontà, potenza e volontà.
Come potenza (possibilità) è limitato, ma come volontà è illimitato.
Come potenza l'uomo è dunque finito, ma come volontà è infinito. Il finito
potrebbe essere la tesi e l'infinito l'antitesi. Nella volontà l'uomo
traccia Dio, perché l'uomo vuole essere eterno, onnipotente, onnisciente.
Tutti i desideri dell'uomo sono Dio. Esso è l'ottativo dell'uomo portato al
massimo grado. La religione è la coscienza dell'uomo, è il prodotto dei
desideri dell'umanità. Porta alcuni esempi:
Gli ebrei erano un popolo disprezzato, schiavo, hanno progettato un Dio
superiore a quello degli altri popoli per cercare un riscatto.
I Greci si crearono divinità razionali, come loro.
Il Cristianesimo è la religione che presenta l'unione tra umano e divino.
Cristo è quello che vorrebbe essere ciascuno di noi. Ha sofferto come umano
e operato come Dio. Esso potrebbe essere la sintesi
(potenza-volonta-Cristo).
"Ogni teologia è antropologia" Ogni religione ci fa capire il popolo che
l'ha
creata.
La coscienza che ogni uomo ha di Dio, è quella che ciascuno ha di se stesso.
L'ultima parola da dire è quella di chiamare l'umanità ad essere solidale
gli uni con gli altri. Noi dobbiamo comprendere che "ogni io è un tu", cioè
il rapporta vicendevole tra gli uomini, e non lo deve dimenticare se deve
continuare a vivere.
Marx scrive le tesi su Feurbach.
Marx riconosce a Feurbach di essere partito dai bisogni materiali. Marx dice
che Hegel ha fatto ideologia ma ha sbagliato il soggetto e il verbo: è
l'uomo
che fa lo stato, che crea la religione, ma ha bisogno pero Fauerbach non ha
fatto che interpretare la realtà bisogna invece trasformare la realtà
(filosofia della prassi rivoluzionaria).
Quando l'uomo crea Dio, sta facendo alienazione religiosa, trasferisce cioè
se stesso in dio. Per Marx l'uomo si alienerà nel lavoro.
Karl Marx nasce nel 1811 a Treviri, figlio di avvocato ebreo ma che si
sentiva tedesco, viene inscritto all'università ma non ebbe ottimi
risultati. Si laureò con una tesi in filosofia "Sulle differenze tra la
filosofia di Democrito e di Epicuro". Si sposa, e scrive su dei giornali
entrando in collaborazione con la sinistra hegeliana. Ogni suo scritto
veniva censurato.
Gli offrono di collaborare con gli "annali Franco-tedeschi" e viene
nuovamente censurato.
In Francia conosce Proudhon e si lega a Frederic Engels, benestante che lo
mantiene. Viene cacciato dalla Francia e lo ritroviamo nel 1848 a Bruxelles
per il manifesto del partito comunista.
Anche qui viene condannato ed insieme ad Engels si ritirava definitivamente
a Londra dove scrive il "Capitale". Lì organizza nel 1864 la "I
internazionale" dove si trovarono Proudhon, Backmin anche Mazzini che quando
saprà di cosa si tratta si ritirerà.
Nel 1871 in Francia c'è la Comune, governo socialista represso nel sangue.
Ci fu un conflitto tra Backmin e Marx che culminò con il fallimento della "I
internazionale" (1876). Dopo avere lavorato tutta la vita al "Capitale",
morì a Londra.
Formazione Culturale
Rapporto tra Marx ed Hegel
Gli dedica l'"Ideologia Tedesca". Egli afferma che Hegel aveva ragione
quando affermava che la struttura della realtà è una struttura dialettica.
La realtà è opposizione. Non ha detto bene quando ha fatto ideologia, cioè
quando ha sbagliato il soggetto con il predicato. Hegel è partito
dall'assoluto
ed ogni manifestazione l'ha giudicata razionale in quanto reale: ciò è
assurdo perché tante cose che si realizzano non sono razionali (vedi
maggiorascato). "Hegel sta facendo il più crasso dei materialismi" perché
sta sollevando a razionalità qualsiasi cosa materiale dimenticando che il
soggetto di ogni cosa è l'uomo, con i suoi bisogni, è il popolo che si fa la
costituzione, non viceversa.
Rapporto con la sinistra hegeliana
Scrive la "Sacra famiglia". "Essi si sono atteggiati a radicali. Ma radicali
significa cogliere le cose alla radice". Hanno ricondotto il fenomeno
religioso alla coscienza dei popoli, ma non si sono chiesti perché la
coscienza dei popoli ha bisogno di religione. "Coscienza, teologia,
religione: tutte queste cose sono ciarpame" ossia immondizia inutile.
Tesi su Fauerbach
Fauerbach ha detto bene quando dice che protagonista della ricerca
filosofica dell'essere è l'uomo con i suoi bisogni. Il pensiero di Marx è
dunque il materialismo dialettico. In realtà questo materialismo fu di
Engels (diamat) mentre Marx lo chiamerà mat. Storico. Fauerbach ha capito
che l'alienazione religiosa, ma anche lui come tutti ha solamente
interpretato la realtà adesso bisogna trasformarla. Il compito della
filosofia è trasformare la realtà. La sua è la filosofia della Prassi, ossia
trasformazione rivoluzionaria.
Socialisti utopistici e Proudhon
Essi si sono posti il problema della questione sociale, ma si sono riempiti
solo la bocca di belle parole, senza organizzare niente. Proudhon in
particolare è il rappresentante del socialismo piccolo- borghese: egli vuole
che nella proprietà privata partecipino tutti; non ha capito che la
proprietà privata deve essere abolita.
Economisti classici (Say e R. Smith)
Smith aveva esaminato il rapporto tra salario e rincaro di vita e si accorse
che essi erano tra di loro direttamente proporzionali. Essi hanno capito il
senso della vita, hanno capito che il valore di una merce è dato dal lavoro
necessario per produrla. Loro lo presentano come una legge, vedendo
un'equazione
di due termini astratti ( valore - lavoro ): ma non lo sono, perché dietro
c'è
gente che lavora e soffre, non è quindi una legge ma può cambiare e può
essere rivoluzionata.
Pensiero
Il suo concetto principale è il
materialismo. Per Marx il punto nevralgico di tutta la filosofia, della
storia è la struttura economica. Essa è un insieme di individui in relazione
tra loro per produrre e distribuire merci. Tutte le altre cose (il diritto,
l'arte, la filosofia, la religione) si chiamano sovrastrutture perché non
sono altro che la produzione di quella determinata struttura economica.
Engels modificò questo rapporto e disse che non è così determinato
(strutture determina sovrastrutture): le sovrastrutture servono anche alle
strutture, è dunque un processo circolare.
Il suo pensiero si presenta come materialismo dialettico, ma è una posizione
più di Engels. Per Marx sarà materialismo storico, ossia la struttura
economica della storia.
Storicamente si possono individuare prima i rapporti nella società tribale,
poi nel mondo feudale (cominciano le divisioni tra padrone e servo: il primo
è padrone dei mezzi di produzione. La produzione è sociale, la proprietà è
invece di uno solo). Tutta la storia è divisione di classe. L'ultimo momento
si chiama Capitalista - operaio.
In futuro deve essere eliminata la proprietà privata per non esserci più
lotta di classe. Ecco i momenti:
Proprietà tribale (tesi): gli uomini primitivi
Essi si spostavano, sfruttavano i territori. Qui non c'era una struttura
economica in quanto non c'era produzione di bene. Essi avevano un solo
mezzo: la mano. Questo era un mezzo di impossessamento e non produzione. Ad
un certo punto si scontrano per impadronirsi dei territori migliori. Dal
contrasto ci saranno vincitori che faranno i padroni e vinti che saranno
servi.
Divisione della società in classi (antitesi): tutta la storia è antitesi
Il padrone tratta lo schiavo come strumento di produzione, come una cosa,
reificazione (riduzione a cosa), da questa particolare struttura economica
noi originiamo le sovrastrutture.
Ad esempio la religione. L'uomo pensa che ci sarà un momento in cui verrà
premiato per i sacrifici, pensa che c'è un Dio che soffre vicino agli
emarginati . La religione è dunque una sovrastruttura. "La religione è
l'oppio
dei popoli" significa che con la religione i popoli non si ribellano. Ma la
religione non è inventata, essa è un bisogno del popolo. In un primo momento
i padroni temono la religione, poi però capiscono che non cambierà il loro
modo di vivere e decidono di abbracciare il fenomeno religioso facendo
magari carità.
Un'altra sovrastruttura è il diritto. Questo l'hanno inventato i proprietari
per mantenere unita la propria ricchezza. Hanno inventato il testamento, i
contratti ecc.; il diritto non è altro che la tutela della loro ricchezza e
della proprietà.
L'arte la si fa solo per motivi economici, è anch'essa una sovrastruttura.
Tutta la storia, dice nel "Manifesto", è percorsa da lotte di classe:
padroni-servi, patrizi-plebei, fino ad arrivare alla borghesia come padrona.
La borghesia è la classe rivoluzionaria per eccellenza. Essa per mantenere
il potere inventa sempre cose nuove. E' per spirito borghese che Colombo
scoprì l'America, che i fu la rivoluzione industriale, che fu inventato il
treno per occupare sempre più mercati.
Da questo punto di vista, la guerra è voluta proprio dalla borghesia
capitalista che vuole il monopolio del proprio prodotto, non solo nel
territorio nazionale, ma anche in quello straniero. Le guerre accadono solo
per motivi economici. Nella guerra gli operai, che erano trattati sempre
come carne da macello, diventano carne da cannone. La borghesia è dunque
sommamente rivoluzionaria.
Il Manifesto si conclude dicendo che il proletario non ha nulla da perdere
se non le proprie catene.
Nel "Capitale" affronta il rapporto economico vero e proprio. Engels diceva
che il socialismo scientifico si deve a
Marx, che ha saputo analizzare il rapporto economico che ha generato lo
sfruttamento dei lavoratori.
M. D. M. (merce, danaro, merce) [feudalesimo]
D. M. D1 (Capitale variabile e costante, merce, plusvalore) questi devono
essere sempre maggiori [Capitalismo].
Investo un capitale per aprire una banca:
Capitale costante: macchinari
Capitale variabile: personale
Noi compriamo l'operaio ma il suo valore è personale, variabile; egli vende
un lavoro che produce valore. L'operaio nel suo rapporto di lavoro è
alienato in esso, l'operaio odia il suo lavoro.
Il capitalista paga il tempo all'operaio ma non il valore: questo è
plusvalore.
Merce di uso (tutto ciò che usiamo)
Merce di scambio (è dovuto al valore della merce, cioè dal lavoro necessario
a produrlo)
L'operaio dà la forza, il tempo, ma anche la produttività, che il
capitalista non paga: questo è plusvalore.
Il D1 (plusvalore), dice
Marx, serve a pagare la rendita fondiaria, gli interessi bancari e per
permettere nuovi investimenti. Il capitalista preferisce investire in
capitale costante (macchine).
Qui abbiamo la prima contraddizione del sistema perché in questo modo si
ottiene una caduta tendenziale del saggio di profitto. Il guadagno del
capitalista è dato dal capitale variabile e non da quello costante.
Continuando così il capitalista non avrà più guadagno in quanto più si
affida alle macchine più il prodotto si abbassa di prezzo con il rischio di
restare invenduto a causa delle crisi cicliche di sovrapproduzione. Perché
avvengono queste? La voglia spasmodica del capitalista di aumentare le
proprie entrate lo convince ad investire di più per produrre maggiormente.
Ma se si produce troppo la merce non viene venduta e non può essere
comperata dal salariato che ha un guadagno di sussistenza. Il salariato si
trasforma in questo modo in becchino del proprio padrone costringendolo al
fallimento.
Un'altra contraddizione è la formazione dei sindacati che organizzano
scioperi. Questi per il capitalista sono un danno perché scioperando lui
perde giorni in cui avrebbe potuto produrre.
Cosa fare per evitare tutto ciò?
Comunismo (tesi)
Bisogna rompere le leggi del capitalismo cioè bisogna eliminare la proprietà
privata dei mezzi di produzione. Tutti dobbiamo essere i proprietari perché
tutti siamo i responsabili della produzione sociale.
Il proletariato si deve unire alla piccola borghesia per lottare uniti
contro la grande borghesia organizzando la dittatura del proletariato.
Questo deve rappresentare un momento di transizione in quanto dopo si dovrà
arrivare al comunismo di tutta la società civile.
Egli pero non vuole uno stato comunista poiché questo si sostituirebbe ai
vecchi padroni delle macchine. Deve essere la società protagonista, lo Stato
non ha una funzione etica esso nasce solo per interessi economici, e qui
riattacca Hegel che vedeva lo stato superiore alla società.
In una società comunista non ci saranno più guerre perché nessuno avrà
bisogno di prevalere sull'altro; l'istruzione sarà gratuità ed ognuno avrà
secondo le proprie capacità e i propri bisogni.
Non dice più nulla, non voleva essere un profeta. Tutto ciò che sperava però
non è successo: la borghesia esiste ancora, il socialismo si è organizzato
solo in sistemi ancora non industrializzati ma solo a carattere agricolo.
Dopo
Marx, nella storia, si è cominciato a vedere pure l'effetto economico dei
fatti.
Sociologia ed Antropologia
Nietzsche Friedrich
Einstein Albert
Freud Sigmund
Indice Generale
Sociologia
Il clima positivistico fu particolarmente favorevole allo sviluppo della
sociologia intesa come scienza descrittiva delle società umane nella loro
evoluzione progressiva.
In Francia E. Durkheim nell'opera "Le regole del metodo sociologico",
delinea le norme che devono guidare le indagini sociologiche particolari
andando contro lo stesso Comte il quale pretendeva che la sociologia
studiasse il mondo sociale nella totalità. Egli si dedicò soprattutto a
scoprire le cause dell'ordine e del disordine nella società formulando il
concetto di coscienza collettiva, ossia un insieme di convinzioni e
sentimenti condivisi da tutti i membri di un gruppo: l'integrazione sociale
esiste quando i membri ne condividono le norme e regolano la propria vita in
base ad esse.
Quando i desideri degli individui non sono più regolati da norme comuni, il
risultato è l'anomia ovvero assenza di norme.
Gli studi etnologici sulle forme sociali primitive con particolare riguardo
agli aspetti religiosi, l'avvio delle ricerche di sociologia della
conoscenza e la teorizzazione del metodo, rappresentano i più importanti
contributi sociologici di Durkheim.
Ogni persona occupa numerose posizioni in una società. Ciascuna di queste
posizioni sociali, con i diritti e doveri che comporta, è uno status. Anche
se una persona può avere numerosi status, ve ne sarà uno che definisce
specialmente tale persona. Ad esempio un americana di origine cinese potrà
essere una figlia, un'amica, una ballerina, ma è più probabile che
socialmente sia definita un'orientale. In base al proprio status si
individua nella società un ruolo ben definito.
Un tentativo di mettere ordine nel labirinto dei ruoli sociali fu compiuto
nel 1951 da Parsons che li classificò in base a 5 tipi di caratteristiche:
Alcuni esigono un certo controllo in situazioni caratterizzate da forti
tensioni emotive, come l'infermiere, il medico, o l'impresario di pompe
funebri.
Altri sono basati su status ascritti come quello di figlio, adolescente,
pensionato.
Altri ancora sono più precisamente definiti e circoscritti, ad esempio i
ruoli di medico e paziente si limitano agli aspetti che riguardano
direttamente la salute del paziente.
Altri implicano l'aspettativa che le persone vengano trattate secondo regole
generali.
Ed altri infine, richiedono diversi tipi di motivazione (da un commerciante
ci si aspetta che sia orientato dai propri interessi privati).
Secondo Parsons, quindi, qualsiasi ruolo presenta una combinazione di queste
variabili.
La situazione in cui un individuo è investito da aspettative relative a due
o più ruoli non coincidenti o convergenti è detta conflitto di ruolo
(Merton). Questo conflitto è comune nelle società altamente organizzate dove
ogni persona riveste un gran numero di ruoli. Quando osserviamo insiemi più
vasti di ruoli formali, ci troviamo di fronte al concetto di istituzione
intesa come mezzo per soddisfare determinate esigenze sociali. Questo
concetto di ruolo così determinato viene a svilupparsi specialmente nelle
relazioni interpersonali dando luogo ai cosiddetti gruppi. La prima
caratteristica fondamentale del gruppo è l'interazione strutturata da
modelli che ha luogo tra i componenti: i membri infatti programmano insieme
le loro attività, sono pronti a proteggersi l'un l'altro mantenendo tale
comportamento solo con i membri stessi del gruppo. Quindi il senso di
appartenenza a tali insiemi crea una sorta di sicurezza. Chiunque non è
inserito appieno nel gruppo (out sider) avrà una vita difficile. Il gruppo
condiziona i membri e se questi vogliono adeguarsi devono seguire
l'istituzione
altrimenti sono fuori.
I contributi principali di Max Weber in campo sociologico sono rappresentati
dall'indagine dei rapporti tra forme religiose e forme economiche, a partire
dalla ricerca "l'Etica Protestante e lo spirito del capitalismo" per finire
allo studio comparato delle religioni orientali (Taoismo, Confucianesimo,
Induismo, Buddismo, Giudaismo), nell'intento di mostrare, contro le
interpretazioni correnti di derivazione marxista l'irriducibilità del
comportamento sociale a cause puramente economiche.
Celebre la molto discussa tesi che fa risalire la formazione dello spirito
capitalistico all'influenza delle posizioni etiche calviniste che
concepivano il lavoro come vocazione. La sua sociologia, concepita come
scienza pura, è immune da concetti naturalistici e da costruzioni
speculative: polemico al tempo stesso contro positivismo e storicismo, Weber
si proponeva di studiare le azioni tipiche, le probabilità calcolabili nel
comportamento degli uomini, non i valori soggettivi determinanti nella
realtà le azioni.
Colui il quale parlò per primo di sociologia penale fu Enrico Ferri. Egli
nega il libero arbitrio e il correlativo concetto di responsabilità morale,
giustificando la punibilità del reo non con la moralità della sanzione, ma
con il valore di questa come fattore che si contrappone agli altri fattori
nella determinazione del delitto e della recidiva.
Antropologia
Tra i maggiori studiosi di antropologia dell'epoca ebbe una particolare
rinomanza Augusto Murri, per la metodica seguita nello studio del malato,
basata su uno scrupoloso ed attento rilievo dei sintomi e sulla loro
interpretazione nel quadro di una rigorosa logica. Nella sua produzione
scientifica, vanno segnalati gli studi sul meccanismo di compenso fisio -
patologico del cuore e sulla terapia digitalina.
Gli studi che dettero a Cesare Lombroso una notorietà tutta particolare
furono quelli di antropologia criminale, materia di cui è considerato
l'iniziatore.
Lombroso partendo da una concezione materialista dell'uomo, cercò i spiegare
con anomalie fisiche (caratteri degenerativi lombrosiani) la degenerazione
morale del delinquente: "L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia,
alla giurisprudenza e alle discipline economiche" è l'opera che contiene i
fondamenti di questa nuova scienza. Le sue idee ebbero larga diffusione
specie fra sociologi e giuristi, favorendo la nascita della cosiddetta
scuola positiva del diritto penale. Le tesi di Enrico Ferri e di altri
influenzarono poi lo stesso Lombroso che, accanto ai fattori individuali
sottolineò l'importanza dei fattori sociali nelle sue ulteriori ricerche
sull'antropologia criminale.
Quello che Levi Strauss rimprovera agli evoluzionisti è l'annullamento delle
diversità delle culture. Essi impongono a tutte le società identici e rigidi
manismi di sviluppo, per cui ciascuna società risulta costretta a percorrere
una scala necessaria di tappe evolutive. Questo errore dipende
essenzialmente dall'etnocentrismo della società occidentale, che considera i
propri valori come punto di arrivo dell'evoluzione sociale dell'umanità
intera. Secondo Levi Strauss non ci sono invece tappe obbligate di sviluppo
sociale: ciascuna società si sviluppa in modo autonomo ed originale. Si
occupò pure del rapporto libertà - pazzia affermando che in ciascuno di noi
c'è un pizzico di pazzia. Se noi liberiamo la pazzia allora siamo veramente
liberi.
Sociologia ed Antropologia
Nietzsche Friedrich
Einstein Albert
Freud Sigmund
Indice Generale
Sociologia
Il clima positivistico fu particolarmente favorevole allo sviluppo della
sociologia intesa come scienza descrittiva delle società umane nella loro
evoluzione progressiva.
In Francia E. Durkheim nell'opera "Le regole del metodo sociologico",
delinea le norme che devono guidare le indagini sociologiche particolari
andando contro lo stesso Comte il quale pretendeva che la sociologia
studiasse il mondo sociale nella totalità. Egli si dedicò soprattutto a
scoprire le cause dell'ordine e del disordine nella società formulando il
concetto di coscienza collettiva, ossia un insieme di convinzioni e
sentimenti condivisi da tutti i membri di un gruppo: l'integrazione sociale
esiste quando i membri ne condividono le norme e regolano la propria vita in
base ad esse.
Quando i desideri degli individui non sono più regolati da norme comuni, il
risultato è l'anomia ovvero assenza di norme.
Gli studi etnologici sulle forme sociali primitive con particolare riguardo
agli aspetti religiosi, l'avvio delle ricerche di sociologia della
conoscenza e la teorizzazione del metodo, rappresentano i più importanti
contributi sociologici di Durkheim.
Ogni persona occupa numerose posizioni in una società. Ciascuna di queste
posizioni sociali, con i diritti e doveri che comporta, è uno status. Anche
se una persona può avere numerosi status, ve ne sarà uno che definisce
specialmente tale persona. Ad esempio un americana di origine cinese potrà
essere una figlia, un'amica, una ballerina, ma è più probabile che
socialmente sia definita un'orientale. In base al proprio status si
individua nella società un ruolo ben definito.
Un tentativo di mettere ordine nel labirinto dei ruoli sociali fu compiuto
nel 1951 da Parsons che li classificò in base a 5 tipi di caratteristiche:
Alcuni esigono un certo controllo in situazioni caratterizzate da forti
tensioni emotive, come l'infermiere, il medico, o l'impresario di pompe
funebri.
Altri sono basati su status ascritti come quello di figlio, adolescente,
pensionato.
Altri ancora sono più precisamente definiti e circoscritti, ad esempio i
ruoli di medico e paziente si limitano agli aspetti che riguardano
direttamente la salute del paziente.
Altri implicano l'aspettativa che le persone vengano trattate secondo regole
generali.
Ed altri infine, richiedono diversi tipi di motivazione (da un commerciante
ci si aspetta che sia orientato dai propri interessi privati).
Secondo Parsons, quindi, qualsiasi ruolo presenta una combinazione di queste
variabili.
La situazione in cui un individuo è investito da aspettative relative a due
o più ruoli non coincidenti o convergenti è detta conflitto di ruolo
(Merton). Questo conflitto è comune nelle società altamente organizzate dove
ogni persona riveste un gran numero di ruoli. Quando osserviamo insiemi più
vasti di ruoli formali, ci troviamo di fronte al concetto di istituzione
intesa come mezzo per soddisfare determinate esigenze sociali. Questo
concetto di ruolo così determinato viene a svilupparsi specialmente nelle
relazioni interpersonali dando luogo ai cosiddetti gruppi. La prima
caratteristica fondamentale del gruppo è l'interazione strutturata da
modelli che ha luogo tra i componenti: i membri infatti programmano insieme
le loro attività, sono pronti a proteggersi l'un l'altro mantenendo tale
comportamento solo con i membri stessi del gruppo. Quindi il senso di
appartenenza a tali insiemi crea una sorta di sicurezza. Chiunque non è
inserito appieno nel gruppo (out sider) avrà una vita difficile. Il gruppo
condiziona i membri e se questi vogliono adeguarsi devono seguire
l'istituzione
altrimenti sono fuori.
I contributi principali di Max Weber in campo sociologico sono rappresentati
dall'indagine dei rapporti tra forme religiose e forme economiche, a partire
dalla ricerca "l'Etica Protestante e lo spirito del capitalismo" per finire
allo studio comparato delle religioni orientali (Taoismo, Confucianesimo,
Induismo, Buddismo, Giudaismo), nell'intento di mostrare, contro le
interpretazioni correnti di derivazione marxista l'irriducibilità del
comportamento sociale a cause puramente economiche.
Celebre la molto discussa tesi che fa risalire la formazione dello spirito
capitalistico all'influenza delle posizioni etiche calviniste che
concepivano il lavoro come vocazione. La sua sociologia, concepita come
scienza pura, è immune da concetti naturalistici e da costruzioni
speculative: polemico al tempo stesso contro positivismo e storicismo, Weber
si proponeva di studiare le azioni tipiche, le probabilità calcolabili nel
comportamento degli uomini, non i valori soggettivi determinanti nella
realtà le azioni.
Colui il quale parlò per primo di sociologia penale fu Enrico Ferri. Egli
nega il libero arbitrio e il correlativo concetto di responsabilità morale,
giustificando la punibilità del reo non con la moralità della sanzione, ma
con il valore di questa come fattore che si contrappone agli altri fattori
nella determinazione del delitto e della recidiva.
Antropologia
Tra i maggiori studiosi di antropologia dell'epoca ebbe una particolare
rinomanza Augusto Murri, per la metodica seguita nello studio del malato,
basata su uno scrupoloso ed attento rilievo dei sintomi e sulla loro
interpretazione nel quadro di una rigorosa logica. Nella sua produzione
scientifica, vanno segnalati gli studi sul meccanismo di compenso fisio -
patologico del cuore e sulla terapia digitalina.
Gli studi che dettero a Cesare Lombroso una notorietà tutta particolare
furono quelli di antropologia criminale, materia di cui è considerato
l'iniziatore.
Lombroso partendo da una concezione materialista dell'uomo, cercò i spiegare
con anomalie fisiche (caratteri degenerativi lombrosiani) la degenerazione
morale del delinquente: "L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia,
alla giurisprudenza e alle discipline economiche" è l'opera che contiene i
fondamenti di questa nuova scienza. Le sue idee ebbero larga diffusione
specie fra sociologi e giuristi, favorendo la nascita della cosiddetta
scuola positiva del diritto penale. Le tesi di Enrico Ferri e di altri
influenzarono poi lo stesso Lombroso che, accanto ai fattori individuali
sottolineò l'importanza dei fattori sociali nelle sue ulteriori ricerche
sull'antropologia criminale.
Quello che Levi Strauss rimprovera agli evoluzionisti è l'annullamento delle
diversità delle culture. Essi impongono a tutte le società identici e rigidi
manismi di sviluppo, per cui ciascuna società risulta costretta a percorrere
una scala necessaria di tappe evolutive. Questo errore dipende
essenzialmente dall'etnocentrismo della società occidentale, che considera i
propri valori come punto di arrivo dell'evoluzione sociale dell'umanità
intera. Secondo Levi Strauss non ci sono invece tappe obbligate di sviluppo
sociale: ciascuna società si sviluppa in modo autonomo ed originale. Si
occupò pure del rapporto libertà - pazzia affermando che in ciascuno di noi
c'è un pizzico di pazzia. Se noi liberiamo la pazzia allora siamo veramente
liberi.
Sociologia ed Antropologia
Nietzsche Friedrich
Einstein Albert
Freud Sigmund
Indice Generale
Albert Einstein
Albert Einstein nacque il 14 Marzo 1879 a Ulm, in Germania. Suo padre era un
operaio specializzato nella costruzione di apparecchiature elettriche. A
causa di un fallimento economico suo padre fu costretto a trasferirsi con la
famiglia prima a Munich poi a Milano. Non ci restano sufficienti
informazioni sulla vita individuale di Einstein risalenti a questo periodo.
Durante i suoi studi non mostrò particolari attitudini, in quanto non
approvava i rigidi metodi dell'istruzione, e fu davvero un pessimo allievo.
Però Einstein rimase affascinato dalla matematica e dalle scienze, materie
che studiò autonomamente.
Nel 1896 gli fu revocata la cittadinanza tedesca e nel 1901 divenne
cittadino svizzero.
Nel 1896 ebbe l'opportunità di entrare all'Istituto Federale Svizzero di
Tecnologia a Zurigo. Nonostante avesse un esigua retribuzione, divenne un
esaminatore. Nei due anni seguenti si occupò di insegnamenti generali. Dal
1902 egli divenne un esaminatore ufficiale a Berna dove lavorò per sette
anni.
L'anno 1905 fu un grande momento per la scienza; infatti Einstein pubblicò,
a soli 26 anni, quattro articoli sul giornale Annalen Der Physik, articoli
che avrebbero alterato il corso della scienza del XX Sec. Il primo trattava
dei casuali cambiamenti termici nelle molecole, chiamati Browniani, per
prima riconosciuti nel 1827 dal botanico inglese Robert Brown. Il secondo
articolo trattava la teoria quantistica della luce divulgata da Max Planck
nel 1900. In esso Einstein mostra come la luce sia formata da fotoni
rifacendosi al fenomeno fotoelettrico scoperto nel 1902. Per questo
contributo gli fu conferito nel 1921 il Premio Nobel per la fisica. Il terzo
articolo (il più famoso di Einstein) tratta della teoria della relatività:
"Zur Electrodynamik bewegter Korper" ("Elettrodinamica dei corpi in
movimento"). L'ultimo articolo di quell'anno introdusse l'ormai famosa
equivalenza tra la massa e l'energia espressa dall'equazione E=mc2. Grazie a
questi lavori Einstein ricevette, nel 1908, delle onorificenze
all'università di Berna, che furono seguite da moltissime altre in Europa
dopo che si stabilì all'istituto per Studi Avanzati di Princeton, nel 1933.
Gli ultimi anni di Einstein furono trascorsi cercando una teoria per la
forza universale che potesse unire le forze subatomiche con la gravitazione
e l'elettromagnetisno, problema che nessuno mai è riuscito a risolvere.
Einstein aveva un gran rispetto per le opere della natura, e notò che "La
cosa più incomprensibile del mondo è che esso sia comprensibile". Si
considerava più un filosofo che uno scienziato, e in molti modi fu dello
stesso stampo dei filosofi greci, come Platone ed Aristotele, cercando di
capire la natura mediante la ragione anziché l'esperimento. Il suo successo
deve molto al discernimento dei suoi predecessori e alla potenza d'analisi
degli strumenti matematici, ma soprattutto ad una grande intuizione, che
nessuno ha mai avuto.
Morì il 18 Aprile del 1955 a Princeton, nel New Jersey, dopo aver ricevuto
la cittadinanza statunitense.
La teoria della relatività ristretta
Il terzo e più importante studio del 1905, dal titolo Elettrodinamica dei
corpi in movimento, conteneva la prima esposizione completa della teoria
della relatività ristretta, frutto di un lungo e attento studio della
meccanica classica di Isaac Newton, delle modalità dell'interazione fra
radiazione e materia, e delle caratteristiche dei fenomeni fisici osservati
in sistemi in moto relativo l'uno rispetto all'altro.
La base della teoria della relatività ristretta, che comporta la crisi del
concetto di contemporaneità, risiede su due postulati fondamentali: il
principio della relatività, che afferma che le leggi fisiche hanno la stessa
forma in tutti i sistemi di riferimento inerziale, ossia in moto rettilineo
uniforme l'uno rispetto all'altro, estendendo il precedente principio di
relatività galileiano, e il principio di invarianza della velocità della
luce, secondo cui la velocità di propagazione della radiazione
elettromagnetica nel vuoto è una costante universale, che sostituisce il
concetto newtoniano di tempo assoluto.
Critiche alla teoria di Einstein
La teoria della relatività ristretta non fu immediatamente accolta dalla
comunità scientifica. Il punto d'attrito risiedeva nelle convinzioni
epistemologiche di Einstein in merito alla natura delle teorie scientifiche
e sul rapporto tra esperimento e teoria. Sebbene affermasse che l'unica
fonte di conoscenza è l'esperienza, egli era anche convinto che le teorie
scientifiche fossero libera creazione dell'uomo e che le premesse sulle
quali esse sono fondate non potessero essere derivate in modo logico dalla
sperimentazione. Una "buona" teoria, per Einstein, è una teoria nella quale
è richiesto un numero minimo di postulati per ogni dimostrazione.
La teoria della relatività generale