Fino alla fine! – Strategie di lotta contro la vivisezione in Inghilterra, Silvestre, Pisa 2001, s.n.
"Distruggiamo l’ingegneria genetica", volantino f.i.p., Firenze 2000.
Farmageddon, in Do Or Die – voices from Earth First!, vol. 7, Brighton 1998.
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CAPITOLO 4: LA CULTURA DIY E IL MOVIMENTO ANTIGLOBALIZZAZIONE
NOTA: questo capitolo e stato scritto praticamente a ridosso degli avvenimenti di Genova 2001 (le manifestazioni anti G8 e il massacro inscenato da sbirri, media e politicanti vari…). Occasione che ha portato il Black Bloc per la prima volta sotto i riflettori italiani con un mare di polemiche. Questo e il risultato dei primi "umori" del periodo… va da se che eventuali inesattezze ne sono il riflesso
Obiettivo di questo capitolo e stabilire se si possa rilevare una qualche connessione tra la cultura DiY, movimento anarchico fortemente anticapitalista e conseguentemente contro la globalizzazione, ed il relativamente recente fenomeno del Black Bloc, movimento che ha guadagnato molta notorieta nel contesto delle manifestazioni anti-globalizzazione. Prima di accedere ad un’analisi di questo tipo e necessario cercare di fare luce sul controverso e male interpretato "movimento" Black Bloc, movimento che ha subito una forte strumentalizzazione la quale ha provocato discriminazioni e fraintendimenti. Sulla base di numerose testimonianze e comunicati sia "interni" che "esterni" si cerchera di far luce su tali erronee interpretazioni, descrivendo il Black Bloc, per quanto possibile, nei suoi reali intenti e motivazioni.
4.1. Black Bloc
4.1.1. Pratiche ed obiettivi
Il Black Bloc ha cominciato a monopolizzare vigorosamente l’attenzione dell’opinione pubblica durante gli scontri in occasione del vertice della World Trade Organisation, tenutosi a Seattle nell’ultima settimana di novembre dell’anno 1999. Il WTO e un’organizzazione che si occupa della redazione e negoziazione di accordi sul commercio internazionale ai quali partecipano la maggior parte delle nazioni. Fine ultimo di tali accordi, soggetti a ratifica parlamentare nazionale, e il fornire una efficace e sicura omogeneizzazione delle regole di tale commercio in modo da garantire alle imprese transazioni piu chiare ed agevoli. Secondo il movimento anti globalizzazione, invece, il principale intento del WTO e piuttosto l’eliminazione di tutte barriere che impediscono un effettivo commercio mondiale ivi incluse quelle che garantiscono la tutela di alcuni diritti fondamentali. "(…) e semplice pensare alle barriere commerciali in termini di eliminazione delle barriere al profitto. Queste barriere potrebbero includere anche l’eliminazione di decenti diritti civili per i lavoratori, norme di sicurezza e diritti umani in genere. Inoltre le leggi nazionali potrebbero essere scavalcate se interferissero con un organismo che garantisse (alle multinazionali) il divino diritto di fare soldi." Tale vertice e stato accompagnato da violenti scontri tra polizia e manifestanti, alcuni dei quali, molto ben organizzati, hanno adottato numerose tecniche di vera e propria guerriglia urbana, erigendo ad esempio barricate in pochissimi minuti, servendosi dell’arredo urbano (cassonetti, automobili eccetera), al fine di agevolare la fuga dalle cariche dei poliziotti in tenuta antisommossa. Cariche spesso "stimolate" dalle opere di devastazione messe in opera da gruppi agguerriti di dimostranti che verranno presto definiti col termine Black Bloc dalla loro abitudine di vestirsi di nero (d’ora in avanti ci riferiremo spesso a tali dimostranti definendoli come: "attivisti neri").Obiettivo di tali dimostranti non e, come spesso decantato sia dai media ufficiali che da quelli "alternativi" di movimento, la devastazione incontrollata della citta, ma la distruzione "mirata" di determinati bersagli strategici ritenuti veri e propri simboli del capitalismo e della proprieta privata delle multinazionali.Tali obiettivi, spesso precedentemente accordati dai vari gruppetti autonomi, vengono colpiti devastando vetrine, insegne, telecamere e, tempo permettendo, anche mobilio interno di catene di negozi, agenzie, sedi e distributori. Tutte strutture di proprieta delle multinazionali e / o delle banche ritenute le principali o uniche, se si esclude la classe politica, beneficiarie del processo di globalizzazione in atto. "Il 30 novembre, diversi gruppi di individui uniti nel black bloc (blocco nero / spezzone nero) hanno attaccato molteplici obiettivi sedi di multinazionali nel centro di Seattle. Tra queste c’erano (tanto per citarne alcune): Fidelty Investment (azionista di maggioranza della Occidental Petroleum, che vuole eliminare la tribu degli U’wa in Colombia per estrarre dai loro territori), Bank of America, US Bancorp, Key Bank e Washington Mutual Bank (istituzioni finanziarie chiave nella espansione della repressione globale operata dalle multinazionali), Old Navy, Banana Republic e GAP (come societa di proprieta della famiglia Fisher, sono responsabili e simbolo della distruzione delle foreste del Northwest e sfruttatori dei lavoratori del terzo mondo con paghe miserabili), NikeTown e Levi’s (i cui prodotti hanno prezzi altissimi e sono prodotti in condizioni di semi-schiavitu nel sud del mondo), McDonald’s (paghe bassissime, spacciatore di cibo spazzatura, responsabile della distruzione delle foreste tropicali, per la distruzione del suolo e per l’uccisione di milioni e milioni di animali), Starbucks (venditore di una sostanza, il caffe, che provoca assuefazione, viene prodotto in fattorie dove i contadini, con paghe al di sotto del livello di poverta, nella produzione sono forzati a distruggere le loro foreste locali), Warner Bros (monopolista dei media) e Planet Hollywood (per essere Planet Hollywood)." Altri "illustri" obiettivi, tra i piu comuni destinatari di molte azioni dirette da parte del movimento, sono: Shell (inquinamento ambientale, conseguente distruzione di ogni forma di sostentamento, pesca e agricoltura, del popolo nigeriano, sostegno di politiche razziste di apartheid, genocidio attraverso l’importazione di armi a sostegno di un regime militare che brucia villaggi, violenta e uccide il popolo nigeriano) , Nestle (responsabile, dati UNICEF, della morte di un milione e mezzo l’anno di bambini del Sud del Mondo a causa del latte in polvere da loro commercializzato che provoca malattie e denutrizione. "Una delle strategie di maggior successo della Nestle consiste in forniture gratuite di latte agli ospedali: allattare con il biberon i neonati favorisce l’insuccesso dell’allattamento naturale." Vengono inoltre contestate alla Nestle l’inosservanza delle norme di sicurezza, discriminazioni, vivisezione per i prodotti L’Oreal e Lancome) , Benetton (esproprio della terra della popolazione Mapuche in Argentina, dubbie relazioni d’affari e sindacali in Sicilia, mire espansionistiche in Turchia a danno della popolazione kurda perseguitata) cosi come tutte le multinazionali, le banche e le associazioni che coltivano interessi nello sfruttamento umano, animale e naturale o le cui politiche sono poco chiare o ambigue. Genova sara invece testimone della distruzione non solo di simboli "del potere", tra cui l’attacco al portone del carcere di Marassi con lancio di pietre e molotov da parte di 2/3000 manifestanti, ma anche di piccoli negozi e macchine "proletarie". Tale distruzione, condannata tanto dal movimento No Global quanto da molti attivisti del Black Bloc, risponde ai numerosi sospetti riguardo ad infiltrati (si parla sia di poliziotti che di nuove frange di nazisti estremisti inglesi in accordo con la polizia) nel movimento durante i disordini in opposizione al vertice G8 di luglio 2001. Questi infiltrati avrebbero contribuito ad inasprire le tensioni fra dimostranti pacifici e "attivisti neri" ed avrebbero fatto si che la sospettata strumentalizzazione del movimento legittimasse le violentissime e indiscriminate cariche poliziesche anche su inermi manifestanti. Si tornera piu avanti su questo argomento. Distruggendo i simboli del capitalismo e della proprieta privata, gli attivisti che fanno uso di questa tattica di azione diretta mirano a lanciare un preciso messaggio che evidenzia una prima e fondamentale distinzione tra gli obiettivi finali del Black Bloc e quelli del variegato movimento No Global, movimento che ha saputo raccogliere dietro una protesta comune numerose correnti politiche e ideologiche quali ad esempio: gruppi di sinistra, di estrema sinistra, comunisti, autonomi, anarchici, pacifisti, cattolici, partiti e sindacati da tutto il mondo. Fine ultimo della maggior parte di queste correnti e una "umanizzazione" del processo di globalizzazione che preveda uno sviluppo dell’economia globale sensibile alle esigenze ed agli interessi delle popolazioni sfruttate sia nel sud sia nel nord del mondo. La critica radicale anarchica del Black Block rifiuta fermamente questa posizione moderata, affermando che e utopico pensare che gli sfruttatori possano essere i riformisti in quanto finirebbero per intralciare i propri interessi e profitti, quegli stessi interessi che perseguono distruggendo indiscriminatamente l’ecosistema in un contesto di sfruttamento, questo si, globale. "In una societa che si fonda sui diritti della proprieta privata, quelli che sono capaci di accumulare molti beni di cui gli altri hanno bisogno o desiderio hanno un grande potere. Per estensione, hanno un ancor piu grande potere quanto piu riescono a far percepire agli altri di dover desiderare o di aver bisogno di determinati beni, solitamente nell’interesse di aumentare i loro profitti. Portare avanti il "libero mercato" vuol dire far arrivare questo processo alle sue logiche conclusioni: una rete di poche industrie monopoliste con un controllo completo sulle vite di tutti noi. Portare avanti un "mercato giusto / equo" vuol dire aspirare a vedere questo processo mitigato dalle leggi dei governi, ossia imporre degli standard umanitari di base. Da anarchici rifiutiamo entrambe le posizioni. La proprieta privata – e quindi il capitalismo – sono intrinsecamente violenti ed oppressivi e non possono essere riformati o mitigati." Oggetto di contestazione non sono le sole istituzioni internazionali ma la societa nel suo insieme. Societa che risponde a quella logica capitalistica, capace di strutturare la vita di chiunque, nella quale la globalizzazione agisce come una nuova forma di imperialismo che saccheggia il pianeta avvalendosi di istituzioni finanziarie iper-nazionali (F.M.I., Banca Mondiale, W.T.O.), di nuovi strumenti e meccanismi di repressione (scienza informatica, genetica, armi elettroniche, nuove tecnologie), di legislazioni internazionali "antiterroristiche" tese a criminalizzare la resistenza "(…) unite ad un arsenale ideologico modernizzato – derivante dalla, altrimenti sanguinaria, civilizzazione occidentale umanitaria e democratica – che renderanno le operazioni di morte piu digeribili… mentre gli stati e il capitale lanciano un attacco globale in termini politici, militari ed economici, la questione di una "opposizione antagonista" , del contrattacco da parte di un movimento antagonista che combattera dall’interno la nuova realta globale, e proposta piu urgentemente che mai."
4.1.2. Storia e struttura
Contrariamente ad una credenza comune il Black Bloc non si e formato in occasione del vertice di Seattle ma esiste sin dai primi anni novanta. Presenza sempre piu costante delle proteste nord americane anarchiche, e non solo, il black bloc trae ispirazione dal movimento degli autonomi tedeschi, delle cui modalita di protesta ne rappresenta l’evoluzione, sviluppatosi negli anni ottanta. Gli autonomi tedeschi, infatti, erano usi formare larghi blocchi durante le dimostrazioni in modo da garantire un certo grado di sicurezza contro gli attacchi della polizia e permettere allo stesso tempo una maggior liberta d’azione nelle strade. Sebbene se ne parlasse gia nel 1988 in occasione delle proteste presso il Pentagono contro le guerre in America Centrale, i primi Black Bloc si concretizzarono nel 1992 in occasione delle proteste contro la Guerra nel Golfo in Washington, DC. Gli attivisti neri distrussero alcune finestre del Ministero del Tesoro e scrisse frasi di protesta ("graffiti") sui muri della Banca Mondiale. Sempre nel 1992, domenica 11 ottobre a San Francisco in occasione del Columbus Day (il cinquecentenario della scoperta dell’America), il Black Bloc partecipo alla protesta contro i "500 anni di genocidio" che si celano dietro la conquista americana. Piu di 150 attivisti anarchici mascherati presero parte alla manifestazione unendosi all’American Indian Movement, alla coalizione di piu gruppi denominata 500 years of Resistance (500 anni di Resistenza) e circa altri 5000 attivisti nell’intento di sabotare e distruggere il Columbus Day. Dopo l’occupazione di piu di quattro ore del parco acquatico dove si sarebbe dovuta svolgere la celebrazione dello sbarco di Cristoforo Colombo in America, comincio la "marcia di Resistenza" durante la quale il Black Bloc diede sfogo alla propria rabbia. "Questo gruppo di persone dall’aspetto inquietante prese possesso delle strade con gusto! Alcune macchine vennero rovesciate, e alcune finestre distrutte. Immaginate che spettacolo: giovani furiosi, di varie etnie e del blocco, che sembravano un battaglione di Ninja impazziti che urlano canzoni e grida di battaglia, sventolando bandiere nere e africane, esponendo striscioni ("Fanculo Colombo", "Non celebreremo il Genocidio", "Stati Uniti fuori dal Nord America" giusto per nominarne solo alcuni), (…) le barricate della polizia vennero forzate; una delle loro macchine bruciata; alcune molotov vennero lanciate; una BMW distrutta; le moto dei poliziotti buttate a terra e danneggiate; i carri cerimoniali spogliati degli striscioni; furono lanciate bombe di vernice rossa; ovunque apparvero scritte contro Colombo; disturbati i dignitari; ribaltati i tavolini dei bar. Un decisamente confuso plotone di poliziotti in tenuta anti sommossa blocco la parata, non troppo sicuri di cosa stessero realmente bloccando." Dal 1999 gli attivisti neri diverranno una presenza sempre piu visibile e numerosa (tra i 1500 e i 2000 anarchici marciarono come Black Bloc durante la manifestazione in sostegno di Mumia Abu-Jamal il 24 aprile a Philadelphia; il 30 novembre 1999 contro il World Trade Organisation vide il Black Bloc promotore di molte azioni e "shopping anarchici"; tra i 700 e i 1000 attivisti protestarono come Revolutionary Anti-Capitalist Bloc contro la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (IMF) a Washington D.C., il 16 e 17 aprile 2000; il primo maggio 2000 altre azioni avvennero a New York e Portland nell’Oregon; il primo agosto 2000 a Philadelphia contro il GOP Convention.) divenendo pratica costante anche nelle manifestazioni europee (Napoli, Atene, Nizza, Goteborg, Davos, Praga, Genova ecc). Il Black Bloc infatti non e ne un gruppo ne una organizzazione ma una tattica, per certi versi simile alla disobbedienza civile, una particolare forma di protesta, a meta strada fra guerriglia urbana e rivoluzione, messa in pratica da gruppi non gerarchici organizzati secondo affinita in piccoli nuclei, generalmente gruppi di amici, in modo da evitare infiltrati e garantire una piu ampia realizzazione dei desideri individuali. "Cio che ci ha reso forti (i dimostranti riuscirono ad interrompere per due giorni i lavori del WTO a Seattle, contribuendo al suo fallimento. Risultato che fu salutato con grande ottimismo da molti attivisiti) sono state la convinzione e la determinazione di andare la non in maniera passiva, rimanendo nelle strade a megafonare appellandosi a qualche signore potente o alla benevolenza della democrazia; si era andati la invece per impedire la conferenza e questa e stata una gran cosa per il movimento americano. Altra cosa da sottolineare e la pratica organizzativa che grazie alla Rete di Azione Diretta ha ottenuto nel giro di una settimana un’azione realmente anarchica. Ci si era basati sulla divisione in gruppi di affinita, piccoli gruppetti di persone che si conoscevano e che avevano idee politiche simili, simpatie reciproche e desideri condivisi." Le azioni degli attivisti neri non si fermano al distruggere i simboli del potere in occasione delle manifestazioni. Tale pratica di confronto / scontro sconfina nel quotidiano influenzandone lo stile di vita in un contesto di azioni dirette di vario tipo quali quelle enunciate nei capitoli precedenti. "La maggior parte di noi sta studiando gli effetti dell’economia globale, dell’ingegneria genetica, estrazione di risorse, trasporti, condizioni di lavoro, eliminazione dell’autonomia dei popoli indigeni, diritti degli animali e degli umani ed abbiamo fatto iniziative su queste questioni per anni. Non siamo ne poco informati ne inesperti." Molti attivisti sono concordi nell’affermare che "nonostante la maggioranza degli anarchici non indosserebbero mai bandana neri e non attaccherebbero le vetrine dei McDonalds, siamo quasi tutti anarchici." Non tutti i movimenti anarchici adottano la tattica del Black Bloc ma solo coloro che sono ispirati profondamente dalla pratica dell’azione diretta. Lo stesso gruppo che partecipa ai disordini non si puo definire esclusivamente anarchico, questo soprattutto in conseguenza del fatto che la loro "guerriglia" puo essere fonte di ispirazione per altri manifestanti. Ispirazione, dialogo e scambio di esperienze sono fortemente ricercati dagli attivisti neri stessi: "l’occasione di comunicare tra lavoratori, anarchici e gruppi ambientalisti e aperta a tutti noi per apprendere, maturare e crescere piu forti." Dialogo che pero risulta difficile soprattutto con quelle frange del movimento antiglobalizzazione che fanno dell’immagine pubblica e della mediazione politica uno dei principi cardine della loro azione politica. Oltre a coloro che possono esserne influenzati in sede di manifestazione, anche tra gli attivisti neri vi e un certo disinteresse nel riconoscersi anarchici. Seguendo un atteggiamento comune nel DiY, si assiste ad un acceso impegno nei confronti dell’esplorazione, adozione e approfondimento della propria attitudine libertaria piuttosto che un effettivo interesse nelle definizioni.
4.1.3. Strumentalizzazione, dissidi e incomprensioni
Il problema degli infiltrati e cruciale per capire, almeno parzialmente, gran parte dell’astio che si e creato nei confronti del Black Bloc. Tale problema si e acutizzato soprattutto a seguito della manifestazione contro il vertice del G8 tenutosi a Genova nel luglio 2001. Manifestazione che ha assistito a violenti scontri fra i dimostranti e le forze dell’ordine, scontri che hanno avuto come tragico risultato "(…) l’omicidio di un dimostrante, centinaia di feriti e di arrestati, un vile attacco alla scuola Diaz (centro base del Genoa Social Forum) dove molte persone sono state picchiate brutalmente mentre ancora stavano dormendo dentro i loro sacchi a pelo. (…) pestaggi brutali, abusi sessuali, negazione per ore di diritti elementari quali il chiamare il proprio avvocato, torture ed altro ancora e stato il trattamento riservato dagli sbirri a chi, come centinaia di testimonianze raccolte provano, e stato arrestato." A Praga, in occasione della manifestazione contro il Fondo Monetario Internazionale, le cose non andarono meglio: "(…) gli arrestati sono stati piu di 900, imprecisabile il numero delle persone "scomparse". I manifestanti fermati sono stati picchiati e torturati, le donne hanno subito abusi sessuali. Una ragazza austriaca durante un interrogatorio e volata "accidentalmente" dalla finestra del commissariato rompendosi la spina dorsale." Il Black Bloc e stato visto, sia dalla stampa ufficiale sia da quella del movimento anti globalizzazione, come principale responsabile dello scatenarsi di quella che dai piu e stata definita, non senza macabra ironia, la "grande mattanza di Genova". Una delle prime accuse rivolte al Black Bloc consiste nell’essere stato causa della violenta e brutale repressione messa in atto dalla polizia che in un primo momento avrebbe lasciato indisturbati gli attivisti neri nelle loro opere di devastazione per poi usare tali atti vandalici per attaccare tutto il corteo, pacifisti inermi compresi. Esistono alcuni documenti, fotografie che ritraggono presunti attivisti neri scendere dalle camionette della polizia e numerose testimonianze oculari, che provano la presenza di infiltrati, si presume poliziotti ma anche membri di gruppi neo nazi inglesi chiamati appositamente, all’interno del Black Bloc. Presenza che ha fatto dubitare in molti, soprattutto in Italia dove il fenomeno non era mai apparso prima, della sua effettiva esistenza. "Il Black Bloc e una cosa seria. Non puo essere banalmente identificato con atti vandalici e devastazioni irrazionali. E una rete di gruppi di affinita – prevalentemente (ma non esclusivamente) anarchici e libertari – diffusi nell’Europa continentale e in Nord America. Esiste da anni, elabora strategie e tattiche ed e disponibile a cambiarle in relazione ai contesti, alle alleanze e agli obiettivi da perseguire. Va precisato che in Italia il Black Bloc non esiste e non e mai esistito." In realta rappresentando piu una tattica / un nuovo modo per protestare che un vero e proprio gruppo e un po’ difficile accettare acriticamente quest’ultima considerazione e credere che nessun italiano fosse coinvolto nelle azioni. Probabilmente la reale intenzione comunicativa di Anton Pannekoek era quella di affermare che tale "struttura organizzativa" era prima di allora inedita in Italia. La questione degli infiltrati rimane controversa e ha spinto molte persone ad avanzare le piu diverse considerazioni al riguardo. Parte del movimento anti globalizzazione ha avanzato l’ipotesi che tutto il Black Bloc fosse in realta un gruppo di infiltrati, considerazione che trova una decisa smentita in quanto esposto finora. Su chi e quanti fossero gli infiltrati gli interrogativi rimangono, chiaramente, irrisolti. C’e un generale accordo nelle testimonianze dei Black Blockers stessi, quelli veri, nell’additare la responsabilita della devastazione di proprieta "proletarie" (alcune macchine non di lusso e vetrine di negozi visibilmente di privati e non di multinazionali) a questi infiltrati nel tentativo di condizionare l’opinione pubblica col duplice obiettivo di legittimare la repressione poliziesca e contemporaneamente creare forti contrasti e divisioni all’interno del movimento anti globalizzazione, indebolendolo colpendone la parte piu pericolosa: gli attivisti neri che gia precedentemente aveva compromesso alcuni vertici. "Il black bloc soddisfa tutti. E il toccasana per le coscienze dei "compagni" benpensanti, come pure per gli sbirri piu fascisti. Rende gli uni vittime innocenti e gli altri motivati aggressori." Vengono da piu parti avanzate ipotesi di infiltrati sia tra gli attivisti neri sia tra i manifestanti "pacifisti" in modo da poter agevolare lo sviluppo di tali controversie. Controversie che si sono realmente sviluppate e che in realta non sono nate con Genova ma prima. "Tutto quello che sappiamo e che (a Seattle) i Black Bloc fuggivano dai poliziotti appena li vedevano. Infatti, le immagini della TV quel giorno mostrarono che le persone distruggevano le proprieta tenendosi a distanza dalla polizia. Mc Carthy sostiene che la polizia e stata a guardare senza intervenire. (…) pensiamo, in realta, che questo attacco agli anarchici sia dovuto al fatto che liberali, conservatori, leninisti e il resto di loro non vogliono accettare che gli anarchici erano organizzati e preparati molto bene… e tutto senza l’aiuto delle gerarchie! Il successo di queste azioni, cioe pochi arrestati e attacchi concreti alle multinazionali, discredita il bisogno di strutture organizzate gerarchicamente, ed evidenzia le menzogne degli statalisti-riformisti." Uno dei contrasti maggiori verte sull’uso dell’azione diretta durante le manifestazioni. Modalita che viene definita come violenta e vile, a causa del fatto che sono sempre a volto coperto, dagli altri manifestanti e che contribuisce a ledere l’immagine pubblica del movimento. In merito all’accusa di essere un movimento violento gli attivisti neri rifiutano tale dizione. La violenza, quella vera, proviene invece dalle istituzioni e dalla polizia che quotidianamente perpetrano i propri interessi sfruttando, affamando, reprimendo e uccidendo il resto della popolazione. Viene contestata anche la considerazione di atti di distruzione di oggetti animati, perpetrata secondo modalita che evitino qualsiasi danno fisico alle persone, come atto violento. Esso e un gesto simbolico, politico e di sfogo. Vera violenza viene invece considerata, accanto alla gia citata violenza delle multinazionali, dei governi e dei poliziotti, quella di attivisti cosiddetti "pacifisti" (altrimenti noti come "polizia pacifista" o peace keeper) che attaccano, picchiandoli, gli attivisti neri. Da molte parti, poi, si erge la considerazione che a creare i disordini non siano stati solo attivisti neri ma "manifestanti di tutti i colori" spinti, coinvolti, ispirati dalle azioni degli attivisti neri o semplicemente concordi ed in attesa, coscientemente o meno, di momenti simili a quegli attimi di furibonda protesta. La criminalizzazione del Black Bloc, e conseguentemente degli anarchici, risulta quindi parziale, cieca ed estremamente discriminante. "Come ho detto, io c’ero: (…) le persone che hanno bruciato, saccheggiato, vandalizzato, devastato, sono state decine di migliaia, non solo anarchici, non solo dei centri sociali, non solo organizzate, sia italiani sia stranieri (io posso dire greci, spagnoli, inglesi, tedeschi – i francesi che ho visto invece erano tutti pacifici). Quelli che simpatizzavano con loro erano molti di piu, fra cui un sacco di genovesi." Ciononostante l’astio e i pregiudizi nei confronti degli attivisti neri ha spinto alcuni manifestanti "pacifici", con grande stupore e incomprensione da parte di molti black blockers, ad attaccare chiunque apparisse tale, indipendentemente dal fatto che stesse realmente compiendo atti vandalici o meno. Un segno, questo, di come la "criminalizzazione del blocco nero" si sia gia profondamente radicata in parte del movimento anti globalizzazione. Un fumetto satirico apparso sul penultimo numero di SchQUALL , libro che raccoglie insieme le pubblicazioni di SchNews (bollettino settimanale su proteste e azioni dirette) e Squall (sito internet e pubblicazione mensile), rende abbastanza chiaramente i sentimenti provati da entrambe le fazioni nei confronti di simili "attenzioni". Il fumetto descrive le proteste e gli scontri e nell’ultima tavola denuncia come alcuni dimostranti "non violenti" abbiano mandato all’ospedale alcuni attivisti mentre cercavano di distruggere le vetrine di un Niketown (megastore specializzato Nike). Nella successiva vignetta mostra gli stessi attivisti "non violenti" mentre ripuliscono un graffito su un muro con la scritta "Liberta per Mumia Abu-Jamal" . Mentre ripulisce il graffito il "non violento" pensa, giustificandosi, che simili atti vandalici rovinano l’immagine del movimento anti globalizzazione. La voce fuori campo del disegnatore, invece, si chiede come mai costoro non si uniscano direttamente alla polizia. Meno "divertito" nei confronti di questa "polizia pacifista" e l’autore della cronaca della manifestazione di Praga contro il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, sul libro Do Or Die Vol. 9, dove entra in aperto contrasto col movimento Ya Basta! , le cosiddette "tute bianche" dal tipico colore delle loro divise imbottite, definendoli con un gioco di parole Ya Basta(rds)!. Quello che spesso viene contestato alle tute bianche, in sede di manifestazione, e il desiderio di monopolizzare la modalita di scontro con la polizia, spesso preventivamente concordata con le stesse forze dell’ordine riducendola a mera rappresentazione, impedendo al tempo stesso la partecipazione ad altri dimostranti. Nella cronaca l’autore denuncia inoltre come alcuni attivisti siano stati attaccati dalle tute bianche mentre cercavano di distruggere un Mc Donald’s, attacco anche in questo caso giustificato dal timore di una ripercussione negativa nell’immagine pubblica del movimento. Ispirati da una fede politica ed un modello organizzativo estremamente diversi, di sinistra e gerarchizzate le tute bianche mentre anarchici e basati su libere associazioni gli attivisti neri, Black Bloc e Ya Basta! hanno sviluppato reciproca diffidenza e critica. "Appare chiaro come Ya Basta! sia una organizzazione gerarchica con capi ben definiti ed intermediari pubblici." L’immagine che l’opinione pubblica possa farsi del movimento antiglobalizzazione sembra essere l’unica reale preoccupazione di tali movimenti in merito alle azioni rivoltose messe in atto da attivisti neri, e non solo. Una posizione che stupisce molti attivisti soprattutto se correlata al fatto che molte di queste frange "pacifiste" hanno idee profondamente radicate nel concetto di rivoluzione. "Credo che mostrare alla gente i combattimenti contro le forze dell’ordine non sia in ogni caso impoverente o che non coinvolga le persone e le tenga fuori. Giusto l’opposto del modo leggero e che non si confronta di altri attivisti. Io penso che l’unico modo per rimanere credibili e quello di assumere un confronto che sia direttamente proporzionale con la parte con cui ti confronti (quindi i ministri del G8). Effettivo e non simbolico, il confronto mostra realmente che noi siamo seri e attrae molta gente al movimento." James Anon riconosce inoltre la legittimita di entrambe le posizioni, sia quella diretta che quella non violenta, augurandosi per il movimento una convivenza pacifica scevra da reciproche incomprensioni e attenta alla strumentalizzazione. "Quello che doveva passare a Genova, e prima a Napoli, Nizza, Goteborg, Davos, Praga, ecc… era un chiaro e violento segnale al movimento: non bisogna intralciare il volere dei potenti della terra , dei banchieri, dei finanzieri, delle multinazionali. Il messaggio e abbastanza chiaro, e con questo messaggio ne e passato un altro purtroppo con qualche risultato, che rischia di chiudersi a trappola imbrigliando il movimento: se volete manifestare fatelo, i modi ed i termini devono andare bene a noi, pertanto isolate i violenti, l’opposizione radicale ed anticapitalista, insomma il Black Bloc." Alcuni dimostranti e esponenti del movimento anti globalizzazione accusano gli anarchici di essere pericolosi e "anti democratici" in relazione al fatto che, coprendosi il volto, la loro identita rimane celata. La scelta di coprirsi il volto (per mezzo di fazzoletti, passamontagna e maschere antigas) e necessaria in quanto le azioni svolte dagli attivisti neri durante le manifestazioni sono chiaramente illegali. La sempre piu pregnante diffusione e gamma di strumenti di documentazione (fotografie, telecamere, microspie e via dicendo) che ha a disposizione questo "stato di polizia", rende necessario l’anonimato per questi attivisti che rifiutano fermamente ogni forma di accettazione passiva delle conseguenze. "Non siamo ne cosi burberi ne sentiamo di avere il privilegio di subire la repressione come un sacrificio: la repressione e per noi giornaliera ed inevitabile e facciamo tesoro della nostra poca liberta. Accettare l’incarcerazione come una forma di "sacrificio/martirio/privilegio" tradisce il godere di una buona quantita di privilegi del "primo mondo" in chi lo afferma. Noi sentiamo che un attacco alla proprieta privata sia necessario se vogliamo ricostruire un mondo che sia vivibile, salutare e felice per chiunque." Per lo stesso ordine di motivi durante le loro azioni gli attivisti neri erigono barricate per rallentare l’arrivo della polizia e si dileguano agilmente non appena vedono le forze dell’ordine caricare i manifestanti. La messa in atto di simili tattiche permette che durante tali cariche, indirizzate spesso nei confronti degli altri manifestanti indifesi ed inermi, la presenza di black blockers sia nulla o relativamente molto debole. Il blocco inoltre si adopra nel cercare di strappare dalle braccia dei poliziotti, spesso disorientati e stupiti dal fatto di essere attaccati dai manifestanti, coloro che vengono presi in modo da evitarne l’arresto. Arresto che viene evitato anche stringendosi in gruppo tenendosi saldamente gli uni agli altri (arm linking). Tali tattiche permettono una bassa percentuale di arresti, circostanza che e stata spesso citata a supporto delle accuse che considerano il Black Bloc un fenomeno fittizio creato dalle autorita con l’intento di reprimere il movimento No Global nel suo insieme. "(a Seattle) la maggior parte di noi del blocco ha evitato feriti pesanti rimanendo costantemente in movimento, cercando di evitare lo scontro diretto con la polizia. Stavamo stretti (cordonati) ed ognuno guardava le spalle dell’altro." La stessa abitudine di vestirsi di nero risponde essa stessa ad esigenze tattiche: essa aiuta a garantire l’anonimato oltre ad essere il colore dell’anarchismo, motivo per il quale viene appunto chiamato blocco "nero". Il nero infatti rappresenta il colore storico del movimento anarchico, spesso esposto nelle bandiere nere con una a cerchiata nel mezzo. Secondo Albert Meltzer la bandiera nera anarchica ha fatto la sua prima comparsa durante le rivolte della classe lavoratrice che ebbero luogo a Rheims in Francia nel 1883, in occasione di una dimostrazione di disoccupati. Storicamente il colore nero venne associato all’immagine del sangue, similmente alla bandiera rossa, sparso da tutte le persone vittime del capitalismo. La bandiera nera non e solo un simbolo di dolore e di commiserazione per tali vittime ed ingiustizie ma anche un simbolo di negazione e rabbia. Negazione di tutte le bandiere e di tutte le nazionalita, creatrici di razzismo e intolleranze. Un grido scandalizzato di rabbia, ma anche il simbolo della determinazione, dell’impegno e della forza del cambiamento da ottenere ad ogni costo. Le scarse informazioni sulla "A cerchiata", che in molti credono essere stata inventata dal punk negli anni settanta, ne accreditano un primo utilizzo ad opera della Alliance Ouvriere Anarchiste, nel 1956 a Bruxelles, sebbene un documentario della BBC mostri un militante anarchico durante la guerra civile spagnola con il medesimo simbolo ben in vista sull’elmetto. "Ci sono vari motivi per i quali alcuni anarchici formano "blocchi neri" durante le dimostrazioni. Queste ragioni includono: 1) solidarieta – un grosso numero di anarchici protegge dalla repressione poliziesca e dimostra i principi della solidarieta nella classe lavoratrice; 2) visibilita – utile per il black bloc (cosi come altrettanto utili sono le marce e dimostrazioni per l’orgoglio omosessuale); 3) idee – un modo per presentare la critica anarchica nelle proteste del giorno (nonche un confronto con altre realta da tutto il mondo); 4) mutuo aiuto e libere associazioni – un esempio concreto di come i gruppi di affinita possono efficacemente unirsi in un gruppo piu grande ed articolato per conseguire fini comuni; e 5) sviluppo – un metodo per dare impulso ad una protesta che oltrepassi il mero riformismo e le richieste allo stato."
4.2. Black Bloc e DiY
Da quanto finora esposto appaiono chiare le forti connessioni esistenti fra la cultura DiY e la tattica del Black Bloc. Qui di seguito verranno esposte le caratteristiche che piu sottolineano tale assunto. alle dichiarazioni di molti attivisti del Black Bloc appare chiara la condivisione di un’attitudine profondamente anticapitalista di stampo anarchico e libertario. Tali attivisti neri dichiarano inoltre di non limitarsi alle azioni in sede di manifestazione ma di inserire la propria resistenza in un piu ampio contesto di azioni dirette. Il fatto stesso che il Black Bloc sia una tattica da porre in essere durante le manifestazioni e non un gruppo preesistente e stabile, fa ritenere tale modalita come una fra le tante possibili per un attivista DiY. E bene specificare infatti che cosi come non si possa stabilire una assoluta corrispondenza fra anarchici libertari, in quanto spesso affiancati anche da altri manifestanti di varie estrazioni politiche e culturali, sarebbe un altrettanto grosso errore ritenere che tutti gli attivisti DiY facciano parte del Black Bloc. Esso rappresenta solo una fra le molteplici forme di protesta e azione diretta a disposizione dell’individuo e l’utilizzo di una o l’altra modalita dipende, ovviamente, dal suo libero arbitrio. Alcuni attivisti, infatti, si oppongono all’esprimere il proprio dissenso in occasione di quelli che considerano "appuntamenti imposti" dalle istituzioni, preferendo dedicarsi ad altre forme di azione diretta al di fuori di simili contesti. Altri ancora ne sottolineano invece l’enorme impatto sull’opinione pubblica e su potenziali nuovi attivisti. Anche la struttura organizzativa fornisce ulteriori conferme. Rifiutando ogni tipo di struttura gerarchica, inclusi leader e intermediari (guardando con estremo sospetto e diffidenza coloro che rilasciano interviste agli organi di informazione), ed organizzandosi per gruppi di affinita il Black Bloc ricalca l’ideale comunitario ed egalitario tipico del movimento DiY e della tradizione anarchica. Struttura e modalita di comportamento per molti versi simili a quelle che si ritrovano negli squat e nelle comuni del movimento. Ad ulteriore e conclusiva conferma di quanto detto finora va aggiunto il rilevante fatto che nella maggior parte delle pubblicazioni che fungono da vero e proprio punto di riferimento del movimento (Do or die, Counter Information, SchNews, Squall e via dicendo), il punto di vista e le motivazioni degli attivisti neri non solo vengono citati in prima persona, in quanto scritti dai black blockers stessi, ma anche inseriti nel piu ampio e articolato contesto di critica sociale e radicale tipico della cultura DiY. Da quanto finora esposto, quindi, appare chiaro come il Black Bloc risulti essere una delle molte forme di azione diretta, indubbiamente una fra le piu incisive e controverse a livello mass mediatico, a disposizione dell’attivista DiY. Modalita i cui effetti continuano ad essere analizzati e dibattuti nel vivace contesto che caratterizza la cultura DiY e tutte le sue molteplici modalita d’espressione. Modalita anch’essa intrisa di una tanto disperata quanto risoluta urgenza volta al rifiuto netto e radicale nei confronti di un mondo che, dietro ad una apparente immagine di civilta, nasconde sfruttamento e miseria.
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Mumia Abu-Jamal e un prigioniero americano di colore molto politicizzato, condannato alla pena di morte per avere ucciso un poliziotto. Il suo caso ha guadagnato negli anni l’attenzione e il supporto di numerose frange della contro cultura, non solo anarchica, grazie anche ai suoi numerosi libri e spoken word (registrazioni audio di suoi discorsi).
Ya Basta! (ora basta!) e un coordinamento di vari centri sociali italiani di sinistra originatosi durante il crollo dei regimi socialisti. Le tute bianche, che a Genova hanno rinunciato ad indossare la loro tipica divisa, sono diventate negli ultimi anni una presenza costante delle manifestazioni italiane, e non, facendosi spesso portavoce delle rivendicazioni della protesta in atto.
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CONCLUSIONI (e tempo di tirare le somme…)
Una delle caratteristiche fondamentali che emerge dallo studio della cultura DiY e il suo carattere di assoluta novita rispetto ai movimenti politici precedenti. Tale novita deriva essenzialmente dal suo radicale rifiuto nei confronti di ogni forma di istituzionalizzazione o organizzazione basata su gerarchie, leader e figure carismatiche. Il concetto di autogestione smette di essere una semplice pratica alternativa per divenire un nuovo stile di vita controculturale coscientemente in contrasto con la societa nella quale l’individuo e inserito. La natura stessa della cultura DiY allontana l’individuo dal proprio contesto di origine portandolo, dopo un profondo processo di trasformazione interiore, ad abbracciare uno stile di vita tanto diverso e scevro da compromessi quanto sentito necessario e impellente. Vivere in una comune, sia essa uno squat o un campo nel mezzo della natura, sottende la rinuncia ad alcune comodita garantite dal vivere moderno. Comodita peraltro sentite come non necessarie ed anzi viste come fonte di alienazione, in quanto protese ad annichilire l’individuo al fine di poterne agevolare l’inserimento nella logica produttiva insita nel sistema. E spesso proprio tale senso di alienazione che spinge determinati individui a scelte cosi radicali, scelte spesso intrise nell’illegalita in quanto legate ad azioni dirette e occupazioni abusive. Si tratta quindi del cosciente tentativo e impegno di dare coerenza alle proprie idee nell’insoddisfazione che deriva da una semplice formulazione astratta. Lo slogan per il quale "una singola azione vale piu di mille parole" rende piuttosto chiaramente quale e la posizione di un movimento che, stanco di un modo di fare politica la cui storia ne ha decretato la fallacia, decide di affrontare direttamente le problematiche insite nell’odierna societa. Cio non significa che il movimento sia estraneo all’elaborazione di una propria linea politica ed ideologica, ma piuttosto che la profonda e ampia produzione culturale e politica che ne deriva debba comunque essere seguita da uno sforzo concreto di attuazione, pena la mancanza di fiducia e approvazione. Trovando la propria origine proprio nella stanchezza e disillusione provata nei confronti sia della classe politica in generale sia nei confronti delle grandi utopie politiche dei passati decenni, la cultura DiY e i suoi attivisti riconoscono valenza e credibilita a determinati individui proprio in virtu del fatto che essi vivono le proprie idee anziche limitarsi ad assumere un ruolo di semplici predicatori. Accanto al suo carattere di stile di vita scevro da compromessi la cultura DiY si caratterizza anche per la sua "sotterraneita". Rifiutando ogni contatto ufficiale ed organizzandosi attorno a variegate pratiche di autogestione e autoproduzione, la cultura DiY risulta un mondo si ampio ed articolato ma anche difficile da scoprire. Questa apparente "chiusura" verso l’esterno implica non solo una difficile aggregazione di persone esterne ma risulta anche essere all’origine delle numerose interpretazioni fallaci volte nei suoi confronti, si prenda ad esempio il caso del black bloc dibattuto nel quarto capitolo. Ciononostante tale "sotterraneita" risulta comunque necessaria e coerente con le idee base della cultura DiY. Tale aspetto non rappresenta infatti una chiusura verso l’esterno in quanto il movimento risulta profondamente inserito nel quotidiano criticandolo e ponendolo in discussione attraverso proprie metodologie di azione, resistenza e disobbedienza civile. Necessaria o meno, l’immagine stereotipata che deriva dall’elaborazione superficiale dei media, siano essi ufficiali o di movimento, comincia a destare serie preoccupazioni all’interno del movimento. La creazione di figure stereotipate alimenta il problema dei lunchout, individui che non condividono la cultura DiY ma che ne frequentano gli ambienti creando seri problemi a causa dei loro atteggiamenti arroganti ed aggressivi spesso connessi con un alto tasso di alcolismo e abuso di droghe. Spesso definiti come punkabbestia o brew crew, che ne rappresentano la versione nomade, tali individui non conoscono politicizzazione e sono spesso causa diretta del fallimento di alcune iniziative DiY (NOTA: per correttezza va detto che tutto cio e vero solo in parte... se e vero che ci sono stati problemi e anche vero che non tutte le persone appartenenti a tali sottoclassificazioni rispondono a comportamenti cosi molesti... Vorrei evitare che si creassero stupidi pregiudizi). Cambiando argomento, innegabile e comunque un certo grado di superficialita insito nell’elaborazione politico sociale di alcuni attivisti, in particolar modo coloro appena entrati nel movimento. La cultura DiY, infatti, abbraccia molti aspetti della societa odierna mettendoli in discussione disvelando logiche repressive e di sfruttamento che li caratterizzano. Per molti attivisti l’approfondimento delle tematiche corrisponde ad una piu profonda radicalizzazione del proprio stile di vita. Aspetto che generalmente comincia dall’adozione di un consumo etico per poi giungere ad un inserimento piu profondo nella collettivita. Nessuno di questi movimenti / collettivi si colloca nella politica tradizionale. In effetti non usano nemmeno lo stesso linguaggio dei partiti. Parlano invece la lingua dell’anarchismo e insistono sui suoi principi organizzativi appresi non dalla teoria politica ma direttamente dalla propria esperienza. Essi si organizzano approssimativamente in gruppi associativi che sono volontari, funzionali, temporanei e piccoli. Tali gruppi non dipendono da tessere associative, voti, leadership speciali da una parte e una masse di seguaci inattivi dall’altra, ma da piccoli e funzionali gruppi che compaiono e scompaiono, si uniscono e riuniscono in base ai compiti da svolgere. Sono dei network, non delle piramidi. Come gia accennato in precedenza, uno degli aspetti che caratterizza alcune elaborazioni del movimento e una certa ingenuita di fondo e superficialita d’analisi. Spesso le elaborazioni e critiche politico sociali vengono ricondotte ad una specie di teoria del complotto dietro la quale si dovrebbe celare il sistema. Questa identificazione del nemico come una entita ben definibile e responsabile di ogni forma di repressione e sfruttamento trascura di porre in essere una piu approfondita ed efficace analisi delle cause sociali e storiche delle iniquita e ingiustizie analizzate. Il succitato e un aspetto generalmente inerente i nuovi adepti e coloro che non hanno ancora sviluppato una piu profonda critica del contesto sociale che li adorna. La lettura di libri quali Do or die – voices from the ecological resitance o la consultazione di newsletter quali Counter Information, Justice?, SchNews e via dicendo dimostra un piu approfondito e maturo livello di analisi. Un discorso simile puo essere fatto anche al riguardo di un altro aspetto che caratterizza la cultura DiY. Come piu volte sottolineato il movimento pone particolare enfasi sulla dimensione locale delle proprie azioni e cioe l’agire contro obiettivi immediati riguardanti il proprio contesto piu vicino. Oltre a questo agire su base locale si potrebbe travisare il pericolo, insito nell’organizzazione stessa di collettivi indirizzati verso problematiche specifiche, di una politica incentrata esclusivamente su "tematiche uniche". La critica nei confronti di queste single issue protest appare peraltro infondata alla luce del sempre piu evidente fatto che al di la della focalizzazione specifica in sede di manifestazioni, proteste o collettivi, la cultura DiY sviluppa costantemente un network di reciproche interazioni e unita di intenti e di modalita eversive. Le proteste contro la costruzione di nuove strade, ad esempio, includono temi quali paesaggi rurali, la disponibilita di case, il cambiamento dello stato e dell’economia, l’ambiente, la sanita pubblica, la strategia politica individuale e la riforma sociale. Tali connessioni risultano quindi parte integrante di quella che viene definita come una alleanza fra attivisti stessi nel perseguimento di obiettivi comuni, finalita divenute parte integrante della cultura DiY stessa. La strategia di azione su base locale, inoltre, fa comunque parte di un processo di elaborazione sociale e politica sviluppata a livello globale come molti attivisti precisano in piu occasioni. Il carattere di apparente unicita di tali strategie di azione e resistenza deriva dalla percezione di urgenza insita nei problemi affrontati, tale da spingere gli attivisti all’elaborazione di una vera e propria "cultura dell’immediatezza" ispirata a principi efficacemente riassumibili in domande quali "se non ora, quando?". Asserzioni che riuniscono in se sia la forza di un efficace ed incisivo slogan sia il senso di apocalittica catastrofe che pervade molte delle elaborazioni del movimento. Tale carattere di urgenza e immediatezza, mista ad una forte sensazione di novita dovuta alla radicale diversita del movimento rispetto ad esperienze passate, e alla base della mancanza di interesse nell’approfondimento delle proprie radici storiche. Tale sensazione di novita porta nel peggiore dei casi allo sviluppo di una certa arroganza nei confronti di altre forme di espressione controculturali non ritenute sufficientemente radicali. Ciononostante la proiezione partecipata ed emozionata nel presente porta molti attivisti a fare un largo uso delle nuove tecnologie, rispetto ad un recente passato che le guardava con diffidenza, inserendole sempre piu nell’elaborazione delle proprie produzioni culturali e politiche. Un’ulteriore critica al movimento viene indirizzata nei confronti del fatto che le esigenze di alcune classi sociali paiono risultare escluse. In realta si tratta piu di una lacuna che di una vera e propria negligenza essendo la cultura DiY ispirata a concetti profondamente libertari che predicano l’unione e la cooperazione tra individui nel mutuo rispetto delle proprie diversita e identita. Una citazione particolare merita il concetto di classe sociale di appartenenza volutamente trascurato dalla cultura DiY, atteggiamento che risponde a due ordini di motivazioni in un certo qual modo correlati. Innanzitutto un movimento libertario che si prefigge come valori base il rispetto e la tolleranza non puo permettersi di piegarsi a fittizie suddivisioni di classe, aspetto che inoltre viene direttamente collegato, non senza una certa superficialita, alle precedenti strutture e retoriche proprie dei partiti e per tanto evitato come parte integrante di un modo di fare politica considerato superato e corrotto. Le succitate questioni sono oggetto esse stesse di dibattito all’interno del movimento DiY nell’intento di trovare soluzioni e nuove strategie maggiormente inclusive ed efficaci. Il conformismo travisato in alcuni membri di tale cultura, ad esempio i lunchout o gli ego warriors, non ne ostacola il processo di elaborazione attuato dal resto del movimento. Superando attraverso lo sforzo e lo sviluppo collettivo il potenziale narcisistico ed edonista insito in qualsiasi movimento giovanile, il DiY si definisce in termini di cultura e quindi in termini di costante e attiva ristrutturazione e rielaborazione scevra, per quanto possibile, da conformismi e stereotipi. Unendo politica, piacere e sottocultura il DiY ambisce alla fusione fra festa e politica nell’intento di superare la distinzione fra azione e stile di vita. La politica si proietta quindi nel quotidiano attraverso l’elaborazione e l’adozione di uno stile di vita che e esso stesso una costante forma di protesta e resistenza. Stile di vita che trova la sua piu alta forma di realizzazione nell’elaborazione e liberazione di spazi collettivi dove creare un circuito vivo di collaborazione e aiuto reciproco, tanto che il vecchio slogan manifesto della cultura stessa do it yourself, fallo da te, si trasforma cosi in do it ourselves, facciamolo assieme.
Riuniti attorno a strategie ed azioni di carattere immediato e nuovo, capace di sortire incisivi effetti sia a livello individuale che sociale, gli attivisti DiY e i loro collettivi dimostrano pertanto quanto essi non solo potrebbero essere considerati come una nuova e realistica forma politica ma, in accordo con John Vidal di Mc Libel, anche e forse i semi di una nuova societa!
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* "La bufera", Carrara, 2000.
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* "No idea", n° 11 e 12, Gainesville, FL, 1995 – 1996.
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* "Problem Child", n° 9 e 10, England, 1995.
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* "Riot", dal n° 3 al n° 8, Shropshire, England, 1990 – 1995
* "Ripping Thrash", dal n° 7 al n° 20, 1991 – 2000.
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* "Short, fast + loud!", dal n° 5 al n° 7, San Francisco, 2000 – 2001.
* "Slaughtered trees & toxic ink", n° 4, Svizzera, 1993.
* "Speed demon, queer ‘zine", n° 4, 7 e 11, Milano, 1993 – 2001.
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* "Stage – fotozine", Polonia, 1994.
* "Sublimazione", n° 2, Foggia, 1992.
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* "Ultimo Giro", dal n° 0 al n° 3, Pavia, 2001 – 2002
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* "Unite, fight and resist", n° 3, Giappone, 1996.
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* Crass, Best before 1984, LP, Crass Records, U.K., 1986.
* Endless Struggle – the worst of 1in12 club vol. 12/13, LP compilation, 1in12 Rec., Bradford, 1995.
* Hiatus, I don’t scare easily but, Urban Alert, Belgio, 1992.
* No More Sexism, cassetta compilation internazionale, Contaminated Productions, Benevento, 1993.
* Oi Polloi, Guilty, EP, Ruptured Ambitions Records, Edinburgo, 1993.
* Oi Polloi, In defence of our earth, Ruptured Ambitions Records, Edinburgo, 1990.
* Squat or rot 3, EP compilation, Squat or Rot Records, New York City, 1991.
* Still a plastic culture, CD compilation internazionale, No! Records, Genova, 2001.
* Unhinged, Crime and Punishment, Nabate Records, Belgio, 1998.
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