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ANTICA GRECIA -
RICERCHE
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RICERCHE VARIE
SULL'ANTICA GRECIA |
Testi tratti dal sito: www.locriantica.it di Salvatore La Rosa
LA COLONIZZAZIONE E LE ORIGINI DEI COLONI
La data della fondazione
della colonia di Locri Epizefiri è, ancora oggi, un argomento dibattuto tra
gli esperti; ciò deriva soprattutto dal fatto che la tradizione storica ci ha
tramandato tre differenti date per tale evento: Eusebio, vescovo di Cesarea
(IV sec. d.C.), nella traduzione armena della sua opera, ci indica l'anno 673
a.C.; Gerolamo (che curò la traduzione latina dell'opera di Eusebio) fa
risalire la fondazione al 679 a.C.; Strabone, infine, senza indicarci una
data ben precisa, riferisce che la fondazione avvenne poco dopo quelle di
Siracusa (733 a.C.) e di Crotone (709 a.C.), quindi entro la fine dell'VIII
sec. a.C. o nei primissimi anni del VII sec. a.C.
In generale, gli
storici moderni hanno considerato la data del 673 a.C., fornitaci da Eusebio,
come la più attendibile; oggi, invece, grazie a nuovi dati archeologici, si
tende ad ipotizzare una data antecedente, più vicina alla tesi di
Strabone.
Non vi sono, invece, dubbi sul luogo ove sbarcarono i greci,
ossia capo Zefirio (da cui poi prese il nome la città - vedi COLL.
GEOGRAFICA), l' odierno capo Bruzzano, che i coloni abbandonarono dopo pochi
anni per trasferirsi 25 km più a nord dove, risolti i problemi di
"coabitazione" con gli indigeni, diedero vita allo sviluppo della
polis. Un'altra questione ancora aperta riguardante la colonizzazione è quale
sia il luogo di provenienza dei coloni greci. Come del resto suggerisce il
nome stesso della polis (unico caso nell'occidente greco), i coloni
provenivano dalla regione della Locride, sita nella Grecia centrale. Questo è
il dato certo; il problema si pone perché la regione era a sua volta
suddivisa in tre subregioni: la Locride Ozolia o Occidentale, la Locride
Opunzia o Orientale e la Locride Epicnemide. Tenendo conto che
quest'ultima subregione, l'Epicnemide, nella tradizione omerica e della
Grecia arcaica veniva considerata parte integrante della Locride Opunzia (la
regione dei locresi di Aiace Oileo), la provenienza dei coloni greci va
quindi ricercata in quest'ultima regione o nella Locride Ozolia. N.B.: La
probabile data di fondazione per Zancle va ricercata tra il 730 ed il 725
a.C. con Reggio, di conseguenza, fondata pochi anni dopo; Metaponto venne,
probabilmente, fondata verso il 690 a.C., mentre Poseidonia risale al VII
sec. a.C. La presenza tra le date di Eusebio (e di Gerolamo che curò
la traduzione latina della sua opera) di indicazioni cronologiche molto alte
è, probabilmente, dovuta al tentativo della tradizione storica antica
di stabilire una certa continuità tra le frequentazioni greche più antiche
ed il periodo coloniale dell'VIII secolo; fatto, questo, escluso dagli
studiosi moderni.
Già gli antichi non erano concordi sull'origine dei
coloni; in particolare Strabone, rifacendosi probabilmente ad una fonte più
antica (Antioco), affermava con certezza che Locri Epizefiri era stata
fondata da coloni provenienti dalla Locride Ozolia guidati da un ecista di
nome Evante. Al contrario, altre tradizioni, come quella di Eforo, facevano
provenire i coloni dalla Locride Opunzia. Entrambe le tesi sono accompagnate
da argomenti più o meno favorevoli all'una ed all'altra tradizione, che
spesso si basano su considerazioni legate ad un altro problema insoluto
sull' identità dei coloni locresi: le loro origini sociali.
Anche qui
la tradizione riporta tesi discordanti, le quali sono essenzialmente due:
quella semi-servile, di origine aristotelica, confermata da Polibio (Storie
XII, 5-10) che vuole i locresi discendenti dall'unione di servi (iloti) con
le loro padrone; e quella nobiliare, di Timeo, che contestava la tradizione
aristotelica attribuendole solo una volontà "ateniese" di screditare Locri,
alleata della rivale Sparta, affermando che, al contrario, le origini dei
locresi erano nobili in quanto essi erano discendenti diretti delle "Cento
Case", le cento famiglie più nobili della Locride di Grecia. MAGNA GRECIA
E SICILIA
L'orientamento degli studiosi, senza però considerare chiusa la
questione, è che la regione di provenienza dei coloni sia stata la Locride
Opunzia, non escludendo una partecipazione di coloni provenienti della
Locride Ozolia, e che nelle origini dei coloni siano da riscontrare, senza
dubbio, elementi servili. ORGANIZZAZIONE ED ESPANSIONE DELLA
POLIS
La polis di Locri Epizefiri era organizzata secondo un modello
tipico della madrepatria. Una rigida aristocrazia conservatrice e guerresca
deteneva il potere e lo esercitava attraverso l'"Assemblea dei Mille" che
comprendeva, probabilmente, tutti i cittadini che godevano dei pieni diritti
politici; la popolazione era, poi, suddivisa in tre tribù e trentasei
fratrie.
Ma il cuore dell'ordinamento locrese era la legislazione di
ZALEUCO, il primo legislatore occidentale, risalente, con molta probabilità,
al VII sec. a.C. Era, questa, una legislazione assolutamente straordinaria
per l'epoca; innanzitutto era scritta e, quindi, come del resto sottolinea
Strabone, non sottostava all'arbitrarietà dei giudici; inoltre, le sue leggi,
basate sulla "legge del taglione", severissime, che oggi potrebbero sembrare
"barbare", per l'epoca rappresentavano senz'altro un progresso di civiltà e
di umanità ed evitavano vere e proprie "faide" con vendette familiari in
serie, che erano una consuetudine per l'epoca.
Era, senza dubbio, una
legislazione estremamente conservatrice, chiusa ad ogni possibile mutamento
degli equilibri esistenti, che permise alla polis, per un lungo periodo, di
prosperare in pace con ben pochi problemi interni da risolvere, permettendo,
quindi, alla classe dirigente, di concentrarsi sulla crescita della città,
sull'espansione dei territori controllati e sul controllo delle popolazioni
nemiche.
Per meglio comprendere la società locrese dell'epoca si deve
anche ricordare l'importanza del ruolo ed il prestigio sociale della donna a
Locri. Prestigio che ad essa derivava non solo dal ruolo rivestito nei
culti cittadini, ma anche dai notevoli diritti sul piano giuridico, di cui
era in possesso, come ad esempio il diritto a perpetuare nel tempo l'eredità
(e quindi il nome) della famiglia anche in caso di scomparsa degli
uomini (mariti, figli, fratelli ecc.); tutto ciò, unito anche a quanto
riferisce Polibio sulla nobiltà locrese (che, secondo lo storico, traeva
origine dalle donne e non dagli uomini), ha portato molti ad ipotizzare a
Locri la presenza di una forma di matriarcato che non è, però, suffragata da
dati certi.
Tra il VII ed il VI sec. a.C. lo sviluppo della polis
era ormai ben avviato; la città si era sviluppata con un impianto urbanistico
razionale ed ordinato, ed i suoi santuari con i loro culti cominciavano ad
essere conosciuti ovunque nel mondo greco. La situazione interna era quindi
più che ottimale e si poté pianificare un'espansione del controllo sul
territorio anche attraverso la fondazione di subcolonie; ciò venne dettato,
oltre che da un desiderio di maggiore controllo della zona, anche dal
notevole sviluppo demografico della città che rischiava di far vacillare i
fragili equilibri esistenti. Così, probabilmente verso la fine del VII sec.
a.C., sorsero Medma (l'odierna Rosarno) ed Hipponion (oggi Vibo
Valentia).
L'ESPANSIONE SUL TIRRENO
Con la fondazione di
queste due subcolonie Locri Epizefiri controllava ormai una parte notevole di
territorio che andava dallo Ionio al Tirreno e comprendeva le zone montuose
racchiuse tra le due coste; incominciavano così a nascere le storiche
rivalità con Crotone e Reggio che vedevano in Locri un problema ed un
pericolo per i rispettivi progetti espansionistici e si ponevano, quindi, le
basi per i futuri scontri. IL VI SECOLO E LO SCONTRO CON CROTONE -
BATTAGLIA DELLA SAGRA -
Agli inizi del VI secolo ormai tutte le
principali polis della Magna Grecia che si affacciavano sul Mar Ionio avevano
raggiunto un elevato sviluppo economico, culturale e demografico. Ciò,
pertanto, spostava gli interessi delle singole città verso l'ampliamento del
territorio da esse controllato.
Ma ormai tutti i territori della Calabria
dell'epoca ricadevano sotto l' influenza di questa o quell'altra città;
cercare di espandere il proprio territorio significava, quindi, muovere
guerra ad un'altra polis.
Il VI secolo fu, dunque, caratterizzato da
grandi scontri tra le colonie della Magna Grecia; scontri che stabilirono i
nuovi equilibri ed i nuovi rapporti di forza e che furono: la battaglia del
fiume Sagra (lo scontro tra Locri Epizefiri e Crotone), la distruzione di
Siri (operata da Sibari e Metaponto), lo scontro tra Crotone e Sibari (che si
concluse con la distruzione di quest'ultima).
Come per tutti gli
avvenimenti di questo periodo, anche per gli scontri militari non disponiamo
di date precise; per quanto riguarda la distruzione di Sibari gli studiosi,
rifacendosi alle fonti storiche, ritengono possa essere avvenuta intorno al
510 a.C., mentre è, invece, più difficile indicare una data certa per gli
altri due grandi scontri (da porsi intorno al 560-550 a.C.) LA BATTAGLIA
DELLA SAGRA
Nel quadro degli scontri per l'espansione territoriale
rientra, quindi, la battaglia del fiume Sagra (corso d'acqua non ancora
identificato con precisione; dovrebbe essere uno tra gli odierni Torbido,
Amusa o Allaro) combattuta tra gli eserciti di Locri Epizefiri e
Crotone.
Siamo all'incirca alla metà del VI secolo e le due città, Locri
e Crotone, avevano raggiunto un elevato sviluppo economico e sociale;
entrambe si erano espanse territorialmente: Locri verso il Tirreno, mentre
Crotone verso sud, comprendendo nel suo territorio la città di Kaulon (il cui
nome rimanderebbe all'odierna Caulonia, situata a circa 25 km. dal sito
dell'antica Locri Epizefiri; in realtà le sue rovine sono state portate alla
luce presso l' odierno paese di Monasterace, che dista dal sito dell'antica
Locri circa 35 km), ultimo avamposto crotonese prima del territorio di Locri
Epizefiri.
In questo periodo si ha, dunque, una situazione di stasi in
quanto le due città non avevano altre possibilità di espansione: Locri, una
volta completata l'espansione sul Tirreno, non poteva espandersi oltre in
quanto bloccata a sud da Reggio ed a nord, appunto da Crotone; stesso dicasi
per Crotone, la quale a nord si ritrovava la strada sbarrata da Sibari,
mentre a sud non poteva andare oltre Kaulon.
Con tali premesse e visto
che il desiderio di espansione era forte in entrambe, la guerra era solo
questione di tempo.
A questo punto, però, si deve tener conto di un altro
elemento: la forza delle due città. Infatti, nonostante entrambe godessero di
una florida situazione economica, dal punto di vista demografico Crotone,
rispetto a Locri, era una metropoli. La popolazione di Locri Epizefiri,
infatti, pur nel suo momento di massima espansione, non superava di certo le
40.000 unità e, pur con l'aiuto delle sub-colonie (e, forse, di Reggio,
almeno in questa periodo storico), il suo esercito non superava i 10-15.000
uomini. Al contrario Crotone, potendo attingere ad un bacino di risorse umane
molto superiore, era in grado di schierare un esercito di circa 120.000
uomini.
Considerato anche che, in questo periodo, la potenza militare di
Sibari era quanto meno pari a quella di Crotone, sembra quasi ovvio che
Crotone pose gli occhi su Locri, decisa a conquistarla e convinta, vista
anche la schiacciante superiorità, di riuscirvi con estrema facilità,
aprendosi così la via verso sud, verso Reggio.
Ma i crotoniati non
avevano fatto i conti con la rabbia e con l'istinto di sopravvivenza di un
popolo, quello locrese, che ben sapeva che un'eventuale resa o sconfitta
avrebbe coinciso con la sua fine, e che era quindi disposto a tutto pur di
respingere una simile eventualità.
I locresi, dunque, non si fecero
prendere dal panico e pianificarono al meglio la difesa. Decisero di non
attendere il nemico in città, all'interno delle mura; ritennero, a ragione,
che non sarebbero stati in grado di tenere a bada la schiacciante superiorità
dei crotoniati, che sarebbero riusciti, prima o poi, a far breccia nelle
mura.
Si decise quindi per lo scontro in campo aperto, e qui i comandanti
locresi compirono il loro capolavoro; scelsero, infatti, un punto lungo il
fiume Sagra stretto fra il mare da una parte e le ultime pendici delle
montagne dall'altra, un punto dove era impossibile dispiegare un gran numero
di forze.
In quel punto si schierò l'esercito locrese in attesa del
nemico crotoniate. L'esercito crotoniate arrivò in quel punto e, come
previsto dai comandanti locresi, non poté dispiegarsi e quindi esprimere
tutta la sua potenza e superiorità. A questo punto furono i locresi a
lanciarsi all'attacco, col furore e l'incoscienza di chi sa di non avere più
nulla da perdere, ed in breve riuscirono a far breccia nella parte centrale
dello schieramento nemico, ferendone il comandante in capo, Leonimo, e
gettando nello sconforto l'intero esercito crotoniate (del quale bisogna
anche considerare la situazione psicologica di chi, sicuro di vincere, si
trova dinanzi ad una rovinosa sconfitta) che, ormai in rotta, veniva preso
alle spalle dalla cavalleria locrese.
Fu una vittoria talmente
straordinaria ed inaspettata che numerosi furono i racconti e le leggende che
su di essa fiorirono; tra queste va citata la Leggenda dei DIOSCURI. Vuole,
infatti, la tradizione che, durante la battaglia, tra le migliaia di
contendenti, si ergessero due giovani, armati diversamente dagli altri, che
non davano tregua ai soldati crotoniati e che, una volta conclusasi la
battaglia, sparirono nel nulla. Questi giovani vennero subito identificati
con i DIOSCURI, Castore e Polluce, gemelli figli di Zeus e di Leda, moglie di
Tindaro, re di Sparta e fratelli di Elena
e Clitennestra. CONSEGUENZE
La sconfitta di Crotone comportò,
ovviamente, pesanti conseguenze sul piano del controllo del territorio.
Locri, infatti, espanse il suo controllo molto più a nord di quanto non
avesse mai fatto, inglobando sotto la sua influenza Caulonia e,
probabilmente, Scillezio sulla costa Ionica e Terina e Temesa (anche se i
dubbi al riguardo sono molti) sulla costa tirrenica; arrivando così a
controllare il territorio posto tra i golfi di Squillace e di S. Eufemia. A
sud, invece, almeno in questa fase, Locri aveva stretto rapporti di buon
vicinato con Reggio (salvata, grazie alla vittoria locrese, da una successiva
avanzata crotoniate).
La situazione era quindi florida per Locri
Epizefiri che, infatti, visse in questi anni tra la metà del VI secolo e la
sua fine (Crotone sconfisse Sibari intorno al 510 a.C. riacquistando l'antica
forza), un periodo di grande prosperità. IL V SECOLO - L'ALLEANZA CON
SIRACUSA E SPARTA E GLI SCONTRI CON ATENE E REGGIO
Agli inizi del
V secolo gli equilibri tra le colonie della Magna Grecia mutarono nuovamente.
Crotone, infatti, dopo aver distrutto Sibari (nel 510 a.C.) riacquistò il
controllo di gran parte del territorio che le era stato sottratto dopo la
SCONFITTA DELLA SAGRA e, addirittura, lo ampliò.
Tutto questo danneggiò
soprattutto Locri Epizefiri, la quale, dopo aver vissuto quello che fu uno
dei periodi più floridi di tutta la sua storia, dopo la vittoria contro
Crotone, si trovava ora a dover affrontare una difficilissima situazione che
la vedeva, giorno dopo giorno, perdere il controllo di zone sempre più ampie
di quello che fu il vasto territorio da essa controllata.
Infatti, in
questi anni, sembra che Locri perse il controllo diretto di tutte le sue
sub-colonie e delle città che aveva integrato sotto la sua influenza dopo la
VITTORIA DELLA SAGRA, compresa la vicina Kaulon, la quale ricadde nuovamente
sotto il controllo di Crotone.
Nonostante questo, però, durante il V
secolo, Crotone non costituì mai una vera minaccia per Locri
Epizefiri.
La vera minaccia per Locri venne da Reggio la quale, una volta
capito che Crotone, pur rappresentando sempre una minaccia per il proprio
territorio, non sembrava al momento interessata a muovere guerra verso sud,
pose gli occhi su Locri, in questo momento in difficoltà, per liberarsi
finalmente dal giogo geografico che Locri stessa le aveva imposto impedendole
di espandersi visti i confini ravvicinati tra le due città.
Nel 477
a.C. l'esercito reggino guidato da Leofrone, figlio di Anassilao, signore di
Reggio, si preparava ad attaccare in forze Locri Epizefiri. Lo scontro venne,
però, evitato grazie ad un deciso intervento diplomatico di Gerone, tiranno
di Siracusa (al quale i Locresi avevano chiesto aiuto), che riuscì a
dissuadere Anassilao dai suoi intenti.
Da questo momento, i rapporti tra
Locri e Siracusa divennero sempre più stretti, dando vita ad un'alleanza che
avrà un peso rilevante per la storia della Magna Grecia.
LA GUERRA DEL
PELOPONNESO E LE SUE CONSEGUENZE IN OCCIDENTE
Nella seconda metà del V
sec., la grande guerra tra Atene e Sparta (la guerra del Peloponneso) ebbe,
inevitabilmente, le sue ripercussioni anche nel mondo greco d'occidente,
soprattutto a causa della politica ateniese, improntata, in quel periodo, a
cercare di estendere la propria influenza (e quindi il proprio controllo)
sulle colonie greche in Italia ed in Sicilia. Controllo che cercò di
esercitare anche mediante la fondazione di città (come Thurii), la
colonizzazione di Neapolis ed alcuni trattati, come quelli con Reggio,
Leontini ed altre città. Situazioni, queste, che indubbiamente presagivano ad
un impegno militare ateniese in queste terre molto più ampio di quanto si
potesse allora immaginare.
Il pretesto per l'invio della propria flotta
in Occidente venne offerto ad Atene dalla richiesta di aiuto di Leontini
nello scontro con Siracusa (siamo nel 427 a.C.). Subito Reggio si schierò al
fianco di Atene, diventandone la base per le operazioni navali in Occidente;
mentre, naturalmente, Locri insieme alle altre città fedeli alla lega di
Sparta, scese in campo al fianco dell'alleato siracusano.
Questa prima
fase delle operazioni militari ateniesi in Occidente si concluse nel 426 a.C.
con una sconfitta presso Locri che costrinse l'esercito e la flotta ateniese
ad una temporanea ritirata.
L'anno seguente Locri e Siracusa, convinte
del fatto che il controllo dello stretto fosse di fondamentale importanza
strategica per le sorti della guerra, decisero un attacco comune via mare
contro Messane (l'antica Zancle, alla quale Anassilao di Reggio, una volta
assuntone il controllo, aveva imposto il nome della sua città d'origine) e la
occuparono; nel contempo, mentre la flotta era impegnata a Messane,
l'esercito Locrese attaccò in forze il territorio reggino per evitare che
Reggio potesse intervenire in soccorso di Messane e, dopo averlo devastato,
si ritirò.
Seguì un periodo di scontri continui, sia per mare che per
terra, tra gli eserciti Siracusani e Locresi contro i loro nemici Ateniesi e
Reggini, in cui si ebbero alterne vicende e che si conclusero intorno al 422
a.C.
Dopo un breve periodo di tranquillità, nel 416 a.C. Atene tentò
nuovamente di partire alla conquista della Sicilia e, per far questo, spostò
da Corcira a Reggio una flotta di 136 navi da guerra con a bordo un esercito
di circa 6500 uomini; nell'inverno del 415 a.C., avendo la flotta ateniese
ricevuto ulteriori rinforzi, tutto era pronto per lo scontro che si ebbe ben
presto e che, in un primo tempo fu favorevole agli ateniesi. Nel 414 a.C.,
infatti, l'esercito e la flotta ateniese assediarono
Siracusa.
L'assedio si protrasse a lungo ma, grazie all'intervento dei
suoi alleati, e di una flotta spartana in particolare, Siracusa non venne mai
espugnata ed anzi, l'anno seguente, nel 413 a.C., la flotta di Siracusa e dei
suoi alleati inferse una dura sconfitta alla flotta ateniese; sconfitta
che l'esercito ateniese subì, nei giorni successivi anche sulla
terraferma. L'assedio era stato ormai spezzato e la flotta ateniese era in
grave difficoltà, tanto che subì un'ulteriore grave sconfitta, questa
volta definitiva e che costrinse gli ateniesi dapprima alla ritirata e,
in seguito, alla resa definitiva.
CONSEGUENZE
La guerra era
ormai finita e le conseguenze principali che essa ebbe per Locri Epizefiri
furono l'aver, almeno per il momento, respinto il pericolo che ad essa veniva
da Reggio e, soprattutto, l'aver stabilito un rapporto strettissimo con
Siracusa; rapporto che verrà ancor di più rinforzato agli inizi del IV sec.
a.C. con il matrimonio tra Dionisio I, tiranno di Siracusa, e la figlia di
una illustre famiglia dell'aristocrazia Locrese. IL IV SECOLO - IL RITROVATO
SPLENDORE E L'INSTAURAZIONE DI UN GOVERNO DEMOCRATICO
Nel 398 a.C.
l'alleanza tra Locri Epizefiri e Siracusa si rafforzò ulteriormente grazie al
matrimonio tra Dionisio I, tiranno di Siracusa, e la fanciulla Doride, figlia
di Seneto, uno dei più illustri membri dell'aristocrazia
Locrese.
Questo avvenimento fu di eccezionale importanza per la polis di
Locri che, nella prima metà del IV secolo a.C. trasse notevoli vantaggi dai
trionfi militari dell'alleato Siracusano, diventandone il punto di
riferimento per ogni sua spedizione in Magna Grecia e, soprattutto, contro
Reggio ed i suoi alleati.
In cambio Locri fu sempre pronta a
rispondere ad ogni richiesta d'aiuto (mediante l'invio di truppe e di navi da
guerra) da parte dell'alleato, anche durante i continui scontri tra le truppe
di Dionisio I ed i Cartaginesi, desiderosi di assumere il controllo
dell'intera Sicilia.
In questo periodo, dunque, Locri riacquistò in parte
l'antico splendore degli anni successivi alla BATTAGLIA DELLA SAGRA,
riprendendo il controllo del territorio di Kaulon (definitivamente distrutta
da Dionisio I nel 389 a.C.), di Hipponion (nel 388 a.C.) e di Scillezio (tra
il 386 a.C. ed il 384 a.C.); espandendosi, quindi, nuovamente verso nord a
danno del territorio di Crotone.
Nel frattempo l'esercito di Dionisio
I espugnò Reggio (nel 386 a.C.), la quale perse definitivamente la propria
indipendenza, ricadendo direttamente sotto il controllo di Siracusa e
cessando di essere una minaccia per Locri Epizefiri.
Senza più la
minaccia reggina, e con la stessa potenza crotoniate ormai al tramonto e
costretta a difendersi dagli attacchi continui di Dionisio I, Locri poteva
riprendere a prosperare in tranquillità.
Ed in effetti il IV Secolo a.C.
fu per Locri Epizefiri un periodo di grande splendore artistico, economico e,
soprattutto, culturale. Da ricordare, in particolare, di questo periodo la
poetessa NOSSIDE ed i filosofi Echecrate, TIMEO ed Arione, fondatori di una
fiorente scuola di Pitagorismo (introdotto a Locri all'epoca di Dionisio I)
alla quale si interessò lo stesso Platone che, stando a quanto attesta
Cicerone (De Finibus Bonorum et Malorum, V - 29, 87), si recò di persona a
Locri per apprenderne i fondamenti.
Ma verso la metà del secolo un nuovo
evento turbò la vita della polis Locrese.
Nel 367 a.C., infatti,
moriva Dionisio I, ed il suo figlio e successore, Dionisio II, del padre
aveva solo il nome; tant'è vero che venne scacciato dai suoi concittadini
Siracusani nel 356 a.C.
Dionisio II, comunque, grazie al fatto che, pur
non essendosi dimostrato all'altezza del padre, era pur sempre figlio di una
donna appartenente ad una delle famiglie più illustri dell'aristocrazia
Locrese, trovò asilo presso la città di Locri Epizefiri.
Ben presto,
però, egli, desideroso di accumulare capitali per finanziare il proprio
rientro in Siracusa, prese il potere instaurando a Locri Epizefiri la
tirannide nel 352 a.C., scalzando dal potere l'aristocrazia che da
sempre governava Locri e rendendosi autore di numerose angherie ed atrocità
nei confronti della popolazione Locrese. Popolazione che, ormai
esasperata, nel 346 a.C. si ribellò al tiranno, massacrandone la famiglia
durante una sua assenza ed impedendogli il ritorno.
Tale avvenimento
segnò una svolta per la storia della città di Locri Epizefiri in quanto
l'aristocrazia perse definitivamente il potere a vantaggio di un ordinamento
democratico i cui organismi principali furono un consiglio (bulè), affiancato
da un'assemblea che comprendeva tutti i cittadini (demo).
In questo
periodo Locri incominciò anche a BATTERE MONETA, soprattutto
in considerazione della nuova importanza che il commercio aveva assunto per
la polis.
Il IV secolo a.C., per Locri Epizefiri, si chiude, dunque,
sotto il segno di un ritrovato splendore e di una prosperità mai raggiunta
prima. Un periodo questo che, purtroppo per Locri, non durerà a lungo in
quanto da nord nuove popolazioni (i Bruzzii) minacciavano i confini e
l'antico alleato siracusano aveva ormai perso l'antica potenza; mentre, nel
frattempo, Roma espandeva i suoi confini e mirava, ormai, al controllo
dell'antica Magna Grecia. IL IV SECOLO - IL RITROVATO SPLENDORE
E L'INSTAURAZIONE DI UN GOVERNO DEMOCRATICO
Nel 398 a.C.
l'alleanza tra Locri Epizefiri e Siracusa si rafforzò ulteriormente grazie al
matrimonio tra Dionisio I, tiranno di Siracusa, e la fanciulla Doride, figlia
di Seneto, uno dei più illustri membri dell'aristocrazia
Locrese.
Questo avvenimento fu di eccezionale importanza per la polis di
Locri che, nella prima metà del IV secolo a.C. trasse notevoli vantaggi dai
trionfi militari dell'alleato Siracusano, diventandone il punto di
riferimento per ogni sua spedizione in Magna Grecia e, soprattutto, contro
Reggio ed i suoi alleati.
In cambio Locri fu sempre pronta a
rispondere ad ogni richiesta d'aiuto (mediante l'invio di truppe e di navi da
guerra) da parte dell'alleato, anche durante i continui scontri tra le truppe
di Dionisio I ed i Cartaginesi, desiderosi di assumere il controllo
dell'intera Sicilia.
In questo periodo, dunque, Locri riacquistò in parte
l'antico splendore degli anni successivi alla BATTAGLIA DELLA SAGRA,
riprendendo il controllo del territorio di Kaulon (definitivamente distrutta
da Dionisio I nel 389 a.C.), di Hipponion (nel 388 a.C.) e di Scillezio (tra
il 386 a.C. ed il 384 a.C.); espandendosi, quindi, nuovamente verso nord a
danno del territorio di Crotone.
Nel frattempo l'esercito di Dionisio
I espugnò Reggio (nel 386 a.C.), la quale perse definitivamente la propria
indipendenza, ricadendo direttamente sotto il controllo di Siracusa e
cessando di essere una minaccia per Locri Epizefiri.
Senza più la
minaccia reggina, e con la stessa potenza crotoniate ormai al tramonto e
costretta a difendersi dagli attacchi continui di Dionisio I, Locri poteva
riprendere a prosperare in tranquillità.
Ed in effetti il IV Secolo a.C.
fu per Locri Epizefiri un periodo di grande splendore artistico, economico e,
soprattutto, culturale. Da ricordare, in particolare, di questo periodo la
poetessa NOSSIDE ed i filosofi Echecrate, TIMEO ed Arione, fondatori di una
fiorente scuola di Pitagorismo (introdotto a Locri all'epoca di Dionisio I)
alla quale si interessò lo stesso Platone che, stando a quanto attesta
Cicerone (De Finibus Bonorum et Malorum, V - 29, 87), si recò di persona a
Locri per apprenderne i fondamenti.
Ma verso la metà del secolo un nuovo
evento turbò la vita della polis Locrese.
Nel 367 a.C., infatti,
moriva Dionisio I, ed il suo figlio e successore, Dionisio II, del padre
aveva solo il nome; tant'è vero che venne scacciato dai suoi concittadini
Siracusani nel 356 a.C.
Dionisio II, comunque, grazie al fatto che, pur
non essendosi dimostrato all'altezza del padre, era pur sempre figlio di una
donna appartenente ad una delle famiglie più illustri dell'aristocrazia
Locrese, trovò asilo presso la città di Locri Epizefiri.
Ben presto,
però, egli, desideroso di accumulare capitali per finanziare il proprio
rientro in Siracusa, prese il potere instaurando a Locri Epizefiri la
tirannide nel 352 a.C., scalzando dal potere l'aristocrazia che da
sempre governava Locri e rendendosi autore di numerose angherie ed atrocità
nei confronti della popolazione Locrese. Popolazione che, ormai
esasperata, nel 346 a.C. si ribellò al tiranno, massacrandone la famiglia
durante una sua assenza ed impedendogli il ritorno.
Tale avvenimento
segnò una svolta per la storia della città di Locri Epizefiri in quanto
l'aristocrazia perse definitivamente il potere a vantaggio di un ordinamento
democratico i cui organismi principali furono un consiglio (bulè), affiancato
da un'assemblea che comprendeva tutti i cittadini (demo).
In questo
periodo Locri incominciò anche a BATTERE MONETA, soprattutto
in considerazione della nuova importanza che il commercio aveva assunto per
la polis.
Il IV secolo a.C., per Locri Epizefiri, si chiude, dunque,
sotto il segno di un ritrovato splendore e di una prosperità mai raggiunta
prima. Un periodo questo che, purtroppo per Locri, non durerà a lungo in
quanto da nord nuove popolazioni (i Bruzzii) minacciavano i confini e
l'antico alleato siracusano aveva ormai perso l'antica potenza; mentre, nel
frattempo, Roma espandeva i suoi confini e mirava, ormai, al controllo
dell'antica Magna Grecia. LA DECADENZA DELLA POLIS GRECA PIRRO E L'AVVENTO
DI ROMA
I primi vent'anni del III secolo a.C. coincidono con l'ultimo
periodo di indipendenza e prosperità per la polis di Locri
Epizefiri.
L'ultimo grande avvenimento di questo periodo fu,
probabilmente, il tentativo di Siracusa, sotto la guida del tiranno Agatocle,
insieme all'alleata Locri, di riprendere il controllo di quello che fu,
sotto Dionisio I, il vasto territorio che ricadeva sotto l'influenza di
Siracusa.
Ma tale tentativo, sebbene inizialmente segnato da numerosi
successi (la presa di Crotone nel 295 a.C., la liberazione di Hipponion nel
292 a.C. dal dominio dei Bruzzii), fallì a causa della malattia che colpì il
tiranno e lo portò alla morte (avvenuta nel 289 a.C.).
Le conseguenze
di tale fallimento furono disastrose, non solo per Siracusa e la stessa Locri
Epizefiri, ma anche per tutte le altre città greche dell'Italia meridionale,
le quali, ormai smarrito l'antico splendore e fortemente indebolite dal punto
di vista militare, si trovarono impreparate ad affrontare la minaccia che per
esse ormai rappresentavano i Bruzzii e le altre popolazioni indigene, quali i
Sanniti ed i Lucani; lo stesso accadeva per le città greche della Sicilia le
quali, ormai senza la protezione di Siracusa, erano facili prede per i
cartaginesi.
Non potendo difendersi e, temendo ormai per la loro stessa
sopravvivenza, alle città greche dell'Italia meridionale non restava ormai
che chiedere l'aiuto di Roma. La quale, naturalmente, sfruttò l'occasione di
estendere il proprio controllo verso sud e rispose, quindi, favorevolmente
alle richieste d'aiuto e di invio di un presidio militare che una dopo
l'altra le città greche dell'Italia meridionale le
presentavano.
Richiesta che la stessa Locri fu costretta a fare,
ricevendo anch'essa, nel 282 a.C., un presidio militare romano.
PIRRO
IN ITALIA
Nel 280 a.C., però, l'arrivo in Italia di Pirro, il cui aiuto
era stato richiesto da Taranto per arginare l'avanzata romana verso sud,
mutò nuovamente i fragili equilibri che si erano prodotti in quegli anni in
Magna Grecia e Sicilia.
E questo perché la grande maggioranza delle
città d'origine greca dell'Italia meridionale (ed in particolare quelle
basate su un ordinamento democratico, come appunto Locri Epizefiri) non
vedevano di buon occhio la presenza di Roma nel loro territorio, sentendosi,
quindi, ad essa sottomesse.
Con queste premesse, supportate dai primi
successi (sebbene parziali) che Pirro ottenne contro i romani, ben presto le
varie città incominciarono a schierarsi dalla parte del re Epirota,
allontanando, spesso con la forza, i presidi che Roma aveva in esse
posto.
Lo stesso fece Locri, decidendo quindi di seguire le sorti di
Pirro. Durante tale periodo, comunque, Locri Epizefiri non fu coinvolta in
scontri di rilevante importanza, eccezion fatta per un tentativo congiunto
di cartaginesi e romani (alleati contro un nemico comune in questo
periodo storico) che nel 278 a.C. tentarono contro di essa una sortita via
mare, venendo, però, respinti.
La spedizione di Pirro proseguiva,
intanto, con alcuni successi che però non avevano portato a grossi risultati,
mentre, invece, l'esercito romano si andava riorganizzando e sembrava ormai
poter avere il sopravvento su Pirro ed i suoi alleati tarantini.
Tale
situazione, aggravata dalle prepotenze e dalle angherie di cui spesso si
resero colpevoli le truppe di Pirro nelle città che le ospitavano, fu causa
di numerosi contrasti all'interno delle città greche tra gli schieramenti
aristocratici (favorevoli a Roma) e democratici (schierati con Pirro) e
portò, nel 277 a.C., la città di Locri Epizefiri, nella quale prevalse il
partito aristocratico, a consegnare la città al console romano Publio
Cornelio Rufino che stava avanzando verso sud con le sue truppe dopo aver
ripreso il controllo di numerose città che si erano in un primo
momento schierate con Pirro.
Roma, dunque, controllava ormai gran
parte dell'Italia meridionale e, Pirro, impegnato in Sicilia contro i
cartaginesi, si vide costretto a tornare nel Bruzzio per tentare di arginare
l'avanzata romana.
Spostò quindi le sue truppe e si mosse innanzitutto
verso Locri, riprendendone il controllo nel 275 a.C. e vendicandosi
aspramente nei confronti della popolazione che aveva consegnato la città ai
romani; non contento di ciò si rese protagonista di devastazioni e saccheggi,
che non risparmiarono nemmeno il famoso PERSEPHONEION, come lo stesso Livio
(Ab Urbe Condita XXIX 8, 9) ci tramanda:
"Iam avaritia ne sacrorum
quidem spoliatione abstinuit; nec alia modo templa violata sed Proserpinae
etiam intacti omni aetate thesauri, praeterquam quod a Pyrrho [...] spoliati
dicebantur."
"Infatti, la cupidigia delle spogliazioni non risparmiò
neppure le cose sacre; e non solo furono profanati altri templi, ma fu anche
depredato il tesoro di Proserpina (Persephone), che da sempre era rimasto
inviolato; si diceva che solo Pirro l'avesse saccheggiato".
Lo stesso
Livio, però, proseguendo nella narrazione, ci riferisce di come Pirro,
pentito del grave oltraggio perpetrato nei confronti della dea, interpretò
alcune sue disgrazie successive come una punizione della dea stessa nei suoi
confronti e decise di restituire il tesoro del SANTUARIO per tentare di
placarne l'ira:
"(Pyrrho), qui cum magno piaculo sacrilegii sui manubias
rettulit."
"(Ma si diceva anche che Pirro), dopo una grave espiazione,
restituì le ricchezze (ricavate) dal suo atto sacrilego".
Ma il
fallimento per Pirro era, comunque, ormai vicino, e si consumò, sempre nel
275 a.C., con la sconfitta di Maleventum (l'odierna Benevento), che
lo costrinse ad abbandonare l'Italia.
L'effetto principale che,
quindi, ebbe la venuta in Italia di Pirro fu l'aver permesso a Roma di
accelerare la propria espansione verso sud, prendendo il controllo di quella
che un tempo era stata la Magna Grecia; e come accadde a tutte le altre città
del Bruzzio, anche Locri Epizefiri ricadde sotto il controllo di Roma
seguendone, d'ora innanzi, le sorti.
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