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LA STORIA DALLA
RIVOLUZIONE INDUSTRIALE FINO ALLA GUERRA FREDDA
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RIASSUNTO
DELLA STORIA DAL COLONIALISMO, RIVOLUZIONE INDUSTRIALE FINO ALLA GUERRA
FREDDA |
SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E COLONIALISMO Differenze sostanziali della
II rivoluzione industriale con la prima: Carattere generale (interessa tutta
l'Europa e non solo una nazione). Danneggiamento nei confronti
dell'agricoltura (produzioni abbondanti per via dei nuovi territori
disponibili e conseguente calo dei prezzi). Innovazioni tecnologiche
(petrolio, elettricità, acciaio, telefono, motore a scoppio, telegrafo senza
fili, dinamite, ricerca chimica, linee
ferroviarie transcontinentali).
Capitalismo finanziario (nascita di
nuovi grandi istituti di credito per rendere disponibili maggiori capitali).
Si creano nuovi contatti tra società: cartelle: intese tra imprese che
producono le stesse merci per fissare i prezzi; trust: concentrazione di
aziende legate ad un identico ciclo di produzione. Protezionismo invece di
liberoscambismo (gli imprenditori nazionali volevano essere Tutelati con dazi
verso l'esterno). Cambiano le motivazioni che caratterizzavano il
colonialismo infatti prima si colonizzava per avere materie prime e per far
emigrare e lavorare la popolazione in eccesso; ora invece, oltre a questi
motivi si aggiungono la creazione di nuovi mercati ove collocare le merci
nazionali, la tutela degli investimenti con gli eserciti e l'ideologia di
potenza. Prima della nuova fase del colonialismo si intrapresero missioni
esplorative in Africa, finanziate dai governi interessati ai territori
(Livingstone, Stanley individuarono la sorgenti del Nilo, ecc.). Ben
presto agli scopi scientifici e umanitari si contrapposero quelli politici e
militari. L'Inghilterra si impossessa dell'Egitto, della Somalia e della
Nigeria. Tenta, ma non riesce, di occupare il Sudan. La Francia occupa la
Tunisia (per accordi di Berlino), gran parte del Congo e il Madagascar. La
Germania conquista il Camerun, il Togo e il sud-ovest dell'Africa. Nel 1885
Bismark convoca una conferenza sulla situazione africana e in particolare
della parte restante del Congo. Quest'ultimo verrà dichiarato Stato libero,
ma la sovranità apparterrà a Leopoldo II del Belgio. Tra il 1894-1895 si ebbe
una ripresa del colonialismo inglese e francese. Le loro mire
espansionistiche finirono però per scontrarsi in Sudan, a Feshoda. Entrambe
preferirono non combattere, per non avvantaggiare la Germania; i francesi si
ritirarono, ma nacque tra le due potenze, un rapporto di distensione. In
Asia la situazione fu la seguente: Francia: occupa
l'Indocina. Inghilterra: la Birmania, la Persia e il Turkistan, sui quali
c'era l'attenzione della Russia. Rimaneva insoluto il problema della Cina,
nazione debole ma ancora autonoma. POLITICA INTERNA ED ESTERA DELLA
SINISTRA Con l'unificazione dell'Italia la destra aveva assolto i suoi
compiti, adesso si sentiva bisogno di un rinnovamento, così nelle elezioni
del 1874 la sinistra ebbe più voti. Il suo programma aveva come capisaldi
la diminuzione delle imposte, la perequazione fondiaria e il
decentramento. Caratteristica della sinistra sarà l'impegno
democratico. In Italia c'erano due sinistre: quella "Meridionale", formata da
piccola e media borghesia artigianale e commerciale, proprietari terrieri,
ceti professionali che si vedevano svantaggiati dall'unità; e
quella "Settentrionale", formata da media borghesia. Depretis (1875)
propone il programma Stradella che principalmente si occupava dell'elettività
dei sindaci, dell'istruzione elementare obbligatoria e dell'allargamento del
suffragio. Con Depretis come ministro, sembrava si stesse formando un sistema
di governo all'inglese, bipartitico, che alternava i partiti al governo.
Però, nel 1876, si sciolse la destra. Le motivazioni risiedevano
nella: fragilità della borghesia, dovuta alla mancanza di contrapposizione
tra interessi diversi in una società industriale in espansione; nella
mancanza di partecipazione alla vita politica dei cattolici. Al posto del
bipartitismo, quindi, si formò il trasformismo, cioè l' aggregarsi al centro
di larghissima parte della classe politica. Agli estremi dei trasformisti si
delineò una nuova destra (Di Rudinì) e un'e strema sinistra, che aveva tra le
sue richieste il suffragio universale, la tutela dei diritti dei lavoratori,
la libertà di associazione e la Repubblica. Tra le riforme effettuate
dalla sinistra una volta salita al potere ricordiamo: Scuola elementare
obbligatoria (rif. Coppino); Soppressione tassa sul macinato; Abolizione
corso forzoso; Riforma elettorale: votavano gli uomini con più di 21 anni con
il biennio elementare o paganti almeno un'imposta annua di 19.80
lire; Prime riforme sul lavoro: infortuni, sciopero, lavoro minorile e
orari. Nel frattempo gli industriali italiani chiedevano al governo di
attuare provvedimenti protezionistici al fine di proteggere il già debole
mercato interno dalle importazioni straniere. Se da un lato nascevano
sempre più nuove industrie (siderurgiche ed elettriche) e cantieri navali
(Edison e Navigazione Generale Italiana), dall 'altro le strutture di credito
restavano arretrate. Lo Stato così doveva sostenere lo sviluppo industriale,
tassando i cittadini. Le maggiori entrate venivano dall'agricoltura e quindi
dal sud, ma finivano al nord. Contro il protezionismo si schieravano i
proprietari terrieri che esportavano merci (agrumi, olio, vino) e l'industria
tessile e meccanica (che importava materiali meno costosi e migliori). Ma
la crisi agraria dovuta al ribasso dei prezzi a causa dei prodotti importati,
rese necessario il protezionismo, iniziando una guerra di dazi con la
Francia. I rapporti con la Francia si stavano incrinando. La politica estera
doveva essere estranea alla colonizzazione per il principio di
nazionalità risorgimentale. La Francia invase la Tunisia, che subiva da
sempre l'influenza italiana, e ciò ruppe definitivamente i rapporti tra le
due potenze. L'Italia, ancora giovane non poteva rimanere isolate
diplomaticamente, così il governo firmò la Triplice Alleanza con Austria e
Germania, che impegnava le potenze a difendersi solo in territorio
europeo. Con l'adesione alla Triplice Alleanza, l'Italia ottenne la rottura
dell' isolamento diplomatico e l'impegno dell'Austria a compensi territoriali
in caso di sua espansione balcanica. Però l'alleanza con l'Austria
sembrava sancisse una definitiva rinuncia a Trento, Trieste e all'Istria (si
temeva il rafforzarsi di tendenze anti-parlamentari). Sotto la pressione
inglese, nel 1882 l'Italia acquista la baia di Assab e comincia la sua
avventura coloniale (in contrapposizione ai principi risorgimentali). Se da
un lato i latifondisti meridionali vedevano risolto il problema delle terre
ai contadini, dall'altro era evidente l' impreparazione italiana dovuta sia
alla mancanza di capitale e di industrie. Nel 1887 l'Italia tenta di
conquistare l'Eritrea, ma a Dogali furono trucidati 500 soldati
italiani. CRISPI, RIFORMA INTERNA E COLONIALISMO Per Crispi, un modello da
imitare era Bismark: egli ai valori risorgimentali aggiunge il
conservatorismo e il nazionalismo. I punti cardine della sua riforma furono
la nascita del nuovo Codice Penale e l'abolizione della pena di morte. Tra
le varie riforme che fece, sono da ricordare: La nuova legge comunale e
provinciale, che comprendeva l'elettività del sindaco. Il nuovo codice
penale che prevedeva l'abolizione della pena di morte e maggiori garanzie per
i lavoratori (libertà di associazione, pensiero, sciopero). L'inasprimento
dei rapporti con la Chiesa e il conflitto doganale con la Francia. Per
tentare di risolvere i problemi relativi alla povertà nel
mezzogiorno, riprende l'attività coloniale e firma il trattato di Uccialli
con Menelik, in base al quale era riconosciuto il controllo italiano in
Eritrea ed un ambiguo protettorato sull'Etiopia. A causa della crisi
economica cade Crispi e sale Giolitti (1892). A sud intanto, prendono corpo i
fasci dei lavoratori, che chiedevano un contratto di lavoro e una soluzione
riguardante la questione dello zolfo siciliano, invenduto appannaggio di
quello americano. Giolitti non interviene, neanche quando la situazione
degenera in guerriglia. A contribuire al suo declino interviene lo scandalo
della Banca Romana, anche se in realtà anche Crispi ne fu colpevole. Travolto
dallo scandalo, Giolitti si dimette e nel frattempo nasceva la Banca
d'Italia. Crispi tornò al governo con fare autoritario: represse nel sangue
rivolte in Sicilia, tolse il diritto di voto a 800.000 persone e si attirò
perplessità sul suo operato. L'ambiguità del trattato con Menelik fece
scoppiare una guerra che si concluse con la disfatta italiana ad Adua, nel
1896, e con le dimissioni di Crispi.
LA CRISI DI FINE
SECOLO Durante il governo di Di Rudinì destò scalpore l'articolo di
Sonnino "Torniamo allo statuto", che diceva di dar meno importanza al
parlamento, e che il governo era responsabile solo nei riguardi del sovrano,
non del parlamento. Un altro problema era la necessità dei cattolici a
partecipare alla vita politica italiana. Tra il 1897-1898 scoppiarono a
Milano rivolte per il prezzo del pane: Di Rudinì mando il generale Bava
Beccaris, che le represse nel sangue, e che fu addirittura insignito di
medaglia. Fu scandalo e Di Rudinì si dimise. Salì così al potere Pelloux che
abolisce le leggi di Crispi (libertà di stampa, associazione, pensiero). Ma
in parlamento le leggi liberticide non passano grazie all'ostruzionismo
dell'opposizione, la quale si prende il consenso dell'opinione pubblica.
Nelle elezioni del 1900 vista la sconfitta Pelloux si dimette e sale
Saracco. Nel frattempo viene ucciso il re Umberto I dall'anarchico Bresci che
voleva vendicare i morti di Milano. Sale al trono Vittorio Emanuele III. A
Genova viene sciolta la camera del lavoro, ma Saracco revoca lo scioglimento
e si dimette. Il re affida il governo a Zanardelli che prende con sé
Giolitti. L'ORIGINE DELLE TEORIE RAZZISTE E L'AFFARE DREYFUS Alcuni
elementi avevano dato vita a teorie di razze superiori e inferiori, primo fra
tutti la posizione egemonica che l'Europa aveva assunto nella storia degli
ultimi secoli. I primi autori che si espressero con queste opinioni furono
Arthur de Gobineau ("Sull'ineguaglianza delle razze") e H.S. Chamberlain
("Fondamenti del XIX secolo"). Chamberlain stesso poi identificava la
razza germanica come migliore dei suoi tempi, destinata ad espandersi nel
corso del Novecento. C'era però anche chi andava contro queste tesi, come
Friedrich Meinecke, che scrisse un'opera liberale, "Cosmopolitismo e stato
nazionale". Nel frattempo nel mondo la conflittualità tra le potenze europee
stava prendendo il potere ed il lungo periodo di pace era destinato ad
essere interrotto. Infatti sia a causa delle rivolte socialiste sedate nel
sangue, sia per le guerre coloniali, le teorie razziste non erano altro che
una manifestazione del disagio crescente europeo, un disagio che avrebbe
portato gravi conseguenze. Nel 1894 la Francia fu colpita da una grave
crisi politica denominata "affare Dreyfus". Alfred Dreyfus era un capitano
dell'esercito di origine ebraica che fu accusato di spionaggio senza reali
prove a suo carico. Scoperta più tardi la frettolosità con cui era stato
trattato l'affare, l'esercito e l'opinione pubblica nazionalista, supportati
dal clero francese, si opposero ad una revisione del processo, per non
danneggiare le istituzioni. Contro di essi si scagliò il romanziere Emile
Zola, con il suo celebre articolo "J'accuse", nel quale condannava tutte le
più alte cariche militari di voler trattenere in carcere un innocente e
soprattutto di voler attentare ai principi della legalità. LA PRIMA GUERRA
MONDIALE Le cause della prima guerra mondiale non si possono individuare in
modo preciso; tuttavia è possibile delineare i principali motivi di dissidio
tra le potenze europee. In primo luogo la questione dei confini franco
- tedeschi: la Germania nel 1870 si era annessa l'Alsazia e la Lorena, e
la cosa non andava giù alla Francia, che voleva riprendersi le province.
La Germania aveva anche il problema della Russia, che si era alleata con
la Francia e che avrebbe potuto aprire un nuovo fronte
orientale; contemporaneamente l'impero Turco aveva avuto appoggi dalla
Germania e ciò aggravava i suoi rapporti con l'impero zarista; anche
l'Austria aveva due potenziali fronti: l'Italia, che rivendicava le terre
irredente, e la zona balcanica, in bilico tra espansionismo russo e spirito
nazionalista. La Germania inoltre era la più terribile concorrente economica
della Gran Bretagna, anche se ad un grande sviluppo industriale corrispondeva
una forte dipendenza alimentare, aggravata dalla mancanza di un vasto impero
coloniale e da una flotta insufficiente; questo naturalmente non poteva
andare bene alla Germania Guglielmina. Questione coloniale e riarmo navale
furono i principali motivi di tensione tra Germania da un lato, Francia e
Gran Bretagna dall'altro. Riguardo la prima, la Germania, dopo aver subito
molte sconfitte diplomatiche, riteneva che la forza fosse l'unica soluzione
possibile per rompere questo accerchiamento delle altre potenze. Per fare
questo però, bisognava rinforzare gli armamenti: la Germania, andando contro
il principio inglese del "two - powers standard" (cioè la flotta inglese
doveva essere pari alla somma delle prime due potenze a lei successive) varò
nuove navi, alle quali l'Inghilterra rispose con il "two keels for one" (due
chiglie per una), ovvero costruì due navi, con enorme sforzo produttivo, per
ognuna varata dalla Germania. Si assistette dunque ad una rivalutazione e ad
un acquisto di potere da parte delle gerarchie militari e ad un irrigidirsi
del sistema di alleanze europee che avrebbe impedito la soluzione diplomatica
agli incidenti che si sarebbero sviluppati dopo. Il pretesto per lo
scoppio fu l'assassinio in Serbia dell'arciduca Francesco Ferdinando
d'Austria con tutta la famiglia: l'Austria intimò un ultimatum alla Serbia,
con il quale chiedeva di collaborare alla ricerca dei responsabili del
delitto; in questo modo veniva sminuita la sovranità dello stato. La Serbia
non accettò e l'Austria, appoggiata dalla Germania, le dichiarò guerra.
Subito la Russia scese in campo per difenderla, e la Germania le dichiarò
guerra. Anche la Francia, alleata Russa, scese in campo: la Germania,
invadendo il Belgio neutrale che non gli voleva far passare le truppe,
dichiarò guerra alla Francia ed anche l'Inghilterra, infastidita dal gesto,
si schierò con Francia e Russia. La situazione era dunque questa: da una
parte la Triplice Alleanza, formata da Germania, Austria e impero Ottomano;
dall'altra la Triplice Intesa, formata da Inghilterra, Francia, Russia, che
difendevano la Serbia. Rimanevano neutrali Italia e Romania. La guerra si
dimostrò subito diverso rispetto a tutte le altre, sia per la grande massa di
uomini impiegati sia per i nuovi e terribili armamenti. Nonostante una prima
posizione di neutralità, i socialisti europei finirono per cedere alle
posizioni nazionaliste e si dichiararono favorevoli all'intervento in guerra,
votando i crediti per gli armamenti. Esisteva una grande sproporzione tra le
forze della Triplice e quelle dell'intesa e per questo motivo il piano
tedesco ideato da Schlieffen prevedeva la guerra - lampo, in modo da
sconfiggere subito la Francia e concentrare le forze sul fronte orientale
russo. In un primo momento l'offensiva riuscì, portando i tedeschi a 40
chilometri da Parigi ma poi la controffensiva francese nella battaglia della
Marna fece ritirare il generale Von Moltke. Dopo questa sconfitta si provò la
"corsa al mare", ovvero il tentativo di aggirare da nord le truppe francesi e
chiudere i rapporti marittimi con la Gran Bretagna: anche questa offensiva
fallì e i due eserciti si prepararono ad affrontare la terribile guerra di
trincea. La Germania si trovò così costretta a distribuire le sue forze su
due fronti. Su quello orientale le vicende erano altalenanti: a
vittorie tedesche succedevano quelle russe, e a favorire la Germania ci
pensò l'impero ottomano, che indebolendo la Russia, rese possibile
una controffensiva austriaca mirata a riconquistare la Galizia
precedentemente sottratta. Sicuramente più successo ebbe il blocco navale
Britannico, al quale si opponeva la guerra sottomarina tedesca. Un incidente
però, ossia l'affondamento del piroscafo civile Lusitania, con 100 cittadini
americani, attirerà sulla Germania le antipatie degli Stati
Uniti. L'ITALIA ENTRA IN GUERRA In base all'articolo 7 del trattato che
univa l'Italia alla Germania e all'Austria, la posizione neutrale assunta
dall'Italia era perfettamente legittima, infatti il punto prevedeva la
discussione preventiva dei territori da dare in compenso alla fine della
guerra e ciò non era avvenuto. Ma il problema della posizione italiana
rimaneva irrisolto. All'interno del paese erano infatti schierati i
neutralisti e gli interventisti. Ai primi appartenevano: i socialisti:
essi infatti ritenevano la guerra voluta dalle grandi potenze imperialiste e
capitaliste europee ma d'altra parte erano isolati e il loro neutralismo era
stato indebolito dalle posizioni interventiste dei socialisti europei; i
cattolici: ovviamente il pontefice non poteva che schierarsi contro
la guerra, anche se esisteva ancora il contrasto tra l'obbligato
neutralismo della Chiesa e la dovuta lealtà dei cattolici allo Stato di cui
facevano parte; i giolittiani: Giolitti sosteneva che la guerra sarebbe
durata molto tempo e l'Italia era impreparata sia economicamente che
militarmente ad affrontarla. Ma Giolitti non si limitò a manifestare la sua
posizione sulla situazione italiana, anzi formulò un'analisi della situazione
internazionale: egli riteneva che si sarebbe potuto ottenere "parecchio"
senza la guerra, ove parecchio indicava l'opportunità di contrattare la
neutralità come se fosse una vittoria. D'altronde anche la situazione
dell'Austria, che non poteva resistere all'urto di altre diverse nazionalità,
lasciava presagire ciò. Invece proprio l'Austria era assolutamente contraria
a qualsiasi cessione di territori, nonostante le pressioni tedesche. Agli
interventisti appartenevano: gli "interventisti democratici" e i "socialisti
riformisti": i primi erano fautori di una pronta cessione delle terre
irredente; i secondi ritenevano che solo sconfiggendo gli imperi centrali si
potevano attuare le aspirazioni di indipendenza nazionale e di democrazia
dell'Europa intera; gli esponenti del sindacalismo rivoluzionario: guidati da
Mussolini, essi credevano nella prospettiva rivoluzionaria che potrebbe
nascere dalla sconfitta degli imperi centrali e criticavano apertamente la
passività dei socialisti italiani; i nazionalisti: essi vedevano nella guerra
esclusivamente anti - democraticismo e ambizioni espansionistiche; i
liberali conservatori: essi ritenevano che da un lato, entrando in guerra, al
parlamento venivano dati poteri straordinari tali da far finire per sempre le
riforme giolittiane, e dall'altro puntavano a riottenere i territori del
Trentino e Trieste e di far acquistare all'Italia lo status di grande
potenza. Era allora ormai inevitabile la rottura da parte dell'Italia della
Triplice Alleanza sancita nel 1915 con il Patto di Londra tra Italia,
Inghilterra, Francia, Russia. In caso di vittoria l'Italia avrebbe ottenuto
il Trentino e Trieste, l'Istria, la Dalmazia, il porto di Valona e altri
territori da stabilire. Rimaneva il problema di convincere il parlamento
di maggioranza giolittiana ad entrare in guerra. Molte furono le
manifestazioni a favore durante le "radiose giornate di maggio", e alla fine
il re e Salandra, con uno stratagemma, riuscirono nell'impresa. Salandra
finse di dare le dimissioni e al suo posto fu convocato Giolitti. Questi,
saputo parzialmente del patto di Londra, si rese conto che il suo parecchio
non era più sufficiente e rifiutò l'incarico. Allora il re non accettò le
dimissioni di Salandra, il governo ebbe poteri speciali e il 24 maggio 1915
l'Italia dichiarò guerra all'Austria. Le prime battaglie, come
prevedibile, ebbero esito disastroso: nei territori del Carso i soldati
italiani subirono quattro cruente disfatte (Battaglie dell'Isonzo). Nel
frattempo la Bulgaria si schierava dalla parte degli imperi centrali,
aggravando la posizione russa nei Balcani ma soprattutto quella serba.
L'unico presidio dell'intesa nei Balcani fu Salonicco, città greca
ufficialmente neutrale ma in realtà alleata dell'Intesa. LA GUERRA DI
TRINCEA Il capitolo più terribile e sanguinoso di questa guerra fu
rappresentato proprio dalla guerra di trincea. Migliaia di uomini al freddo,
alle intemperie, vittime delle malattie e dei cecchini, che persero la vita
per conquistare pochi metri, poi regolarmente persi. Uno dei più
sanguinosi massacri fu la battaglia di Verdun: l'alto comando tedesco sapeva
che difficilmente avrebbe potuto conquistare il presidio francese di Verdun,
ma contava sul fatto di causare molte perdite al nemico in relazione alle
sue. Un freddo calcolo matematico dunque, che si dimostrò errato: infatti le
perdite furono enormi sia da una parte che dall'altra, senza grosse
differenze. Successivamente l'Austria mandò una spedizione punitiva contro il
traditore italiano, che però reagì favorito anche dal contemporaneo attacco
russo. Gli eserciti centrali avevano dunque subito gravi sconfitte. La
Romania, sollecitata dalla vittoriosa avanzata delle truppe russe nei
Carpazi, decise di entrare in guerra con l'Intesa ma il suo debole esercito
fu annientato e il suo ricco territorio occupato. D'altronde uno dei maggiori
problemi della Triplice erano proprio gli approvvigionamenti, bloccati bene
dalla flotta inglese. Nel frattempo in Medio Oriente Francia e Inghilterra
si spartivano l'Impero ottomano. L'andamento della guerra fece tornare su
posizioni di pace i socialisti europei, che nel congresso di Zimmerwald
assunsero la linea di una "pace senza annessioni e senza indennità". Stessa
posizione nella conferenza di Kienthal dove però trovò spazio la tesi del
russo Lenin secondo la quale la guerra imperialista doveva essere trasformata
in rivoluzione sociale. Un po' in tutti gli stati si assistette al
rafforzamento del potere esecutivo unendo al governo anche le opposizioni:
erano questi i gabinetti di guerra. Mentre le democrazie parlamentari
attuavano i gabinetti di guerra, gli imperi centrali accentuarono gli aspetti
repressivi e autoritari dei loro governi, vietando la libertà di stampa, di
pensiero e centralizzando l'economia. Poiché i materiali per rifornire
l'esercito servivano in abbondanza e presto, la qualità spesso ne risentiva
mentre chi li produceva si arricchiva: erano questi i profittatori di
guerra. L'INTERVENTO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA ED IL CROLLO DEGLI IMPERI
CENTRALI Alla fine del 1916 si era venuta a creare una situazione di stallo
tra le potenze belligeranti. Si pensò che la pace fosse vicina. La fine
del conflitto aveva come principale punto di riferimento gli Stati Uniti ed
il loro presidente. Proprio alla fine dello stesso anno il governo
tedesco propose delle condizioni di pace miranti all'acquisizione di
territori a est e ad ovest. Ma queste condizioni erano ben lontane da quelle
che avrebbero voluto le potenze dell'intesa. L'imperatore austriaco offrì
alla Germania parte dei suoi territori polacchi se quest'ultima in cambio
avesse ceduto in caso di pace l'Alsazia e la Lorena alla Francia. L'Italia si
oppose a quest'accordo perché non avrebbe visto riconosciuto il principio di
autodeterminazione per la sua terre irredente. Le speranze di pace si
affievolirono e ben presto ripresero le ostilità. La Germania avviò una
guerra sottomarina contro l'Inghilterra pensando che questa entro sei mesi
non sarebbe stata in grado di provvedere al suo approvvigionamento a causa
dei danni inferti al suo sistemi di trasponi dai potentissimi sottomarini e
gli Usa non sarebbero entrati in guerra prima di un anno. Tutto ciò non fu
vero infatti l'Inghilterra in breve tempo si riprese dalla crisi e gli Usa
dopo l'affondamento del loro mercantile Vigilantia il 2 aprile 1917 decisero
di entrare in guerra. Contemporaneamente usciva di scena a causa delle
rivolte sociali la Russia. Il Pontefice Benedetto XV chiedeva invano una pace
senza vincitori ne vinti ma la volontà di vincere delle potenze dopo tutti
gli sforzi sopportati era troppa Così a metà del 1917 si ebbe una ripresa del
conflitto sul fronte orientale e su quello italiano. Gli imperi centrali
grazie alla ritirata degli eserciti Russi potettero occupare la Polonia e
parte delle regioni Baltiche. Contemporaneamente fu predisposta una
controffensiva in Italia. Le truppe italiane erano ancora predisposte in
assetto da attacco e a causa di errori tattici ed organizzativi a Caporetto,
dopo che l'esercito austriaco era stato rinforzato da alcune divisioni
tedesche, si ebbe una grave sconfitta. L'esercito austriaco penetrò in Italia
per oltre 200. Questo fu uno dei momenti più drammatici della storia italiana
e parve quasi che la stessa unità fosse in pericolo. Al posto di Boselli
sali al governo Orlando il quale era maggiormente appoggiato e sostituì
Cadorna con Armando Diaz affermando che più terribile di una guerra è una
guerra perduta. Nel 1918 il Presidente degli Stati Uniti pubblicò i 14 punti
nei quali fissava le condizioni che avrebbero dovuto regolare i rapporti tra
le nazioni alla fine del conflitto, In base al principio di nazionalità
e autodeterminazione dei popoli si doveva ridisegnare l'Europa. Doveva
essere una pace nuova; non doveva mirare all'espansionismo delle potenze
vincitrici ma doveva garantire il rispetto del principio di
nazionalità. La pace di BREST-LITOVSY conclusa con gli imperi centrali nel
l918 obbligava l'ex impero zarista alla cessione della Polonia, dell'Estonia,
della Lettonia, della Lituania e al riconoscimento dell'indipendenza
Ucraina. Ormai tranquilli sul fronte orientale i tedeschi fecero affluire
truppe sul suolo francese riprendendo una tattica simile a quella utilizzata
all'inizio del conflitto in breve tempo si riportarono sulla linea della
Marna. Lo sfondamento che avevano fatto nelle barriere francesi non era stato
di grande importanza e cosi gli Inglesi e i Francesi uniti gli
eserciti contrattaccarono vincendo nella battaglia di Amiens. Il
fallimento tedesco seguito dall'insuccesso austriaco nel tentativo
di sfondare la linea italiana del Piave, lasciava prevedere la sconfitta
degli imperi centrali. Nel tentativo di raggiungere una pace non troppo
disastrosa, Guglielmo il nominò cancelliere il democratico Baden il quale
cercò cerco di trasformare la Germania da monarchico-mititare a
liberal-democratica. Sulla questione decisiva dell'abdicazione del re, però,
incontrò la secca opposizione del Kaiser e degli ambienti militari in
genere. Seguirono una serie di rivolte ed ammutinamenti che portarono l'11
novembre 1918 alla firma dell'armistizio. Lo sfaldamento dell'esercito
austriaco determinò anche la fine dell'impero asburgico. La Cecoslovacchia si
proclamò indipendente, fu formato lo stato Yugoslavo e si formarono governi
provvisori in Ungheria e a Vienna. Il 3 novembre 1918 a Villa Giusti prima
della sua abdicazione l'imperatore austriaco firmò l'armistizio con
l'Italia. LA PACE ED I PROBLEMI DEL DOPOGUERRA Alla conferenza di pace di
Parigi non vennero accolti i rappresentanti delle potenze vinte a essi
spettava solo l'alternativa dell'accettazione o di una ripresa delle
ostilità. Per la prima volta problemi fondamentali dell'equilibrio europeo
venivano discussi insieme a potenze non Europee quali Giappone e USA. La "New
diplomancy" proposta da Wilson non era ben vista dalle potenze
vincitrici. Tutto sommato dopo che la flotta tedesca preferì auto affondarsi
piuttosto che consegnarsi ai nemici, gli Inglesi avevano raggiunto il loro
scopo principale. Adesso essi cercavano di non fare punire con
pesantissime sanzioni la Germania perché questa fino al 1914 era stata la
loro migliore partner commerciale. Wilson si oppose alle rivendicazioni
italiane preferendo appoggiare i nuovi governi tra cui quello iugoslavo. Dopo
questa opposizione Orlando preferì abbandonare per alcuni giorni la
conferenza. Per evitare futuri e dannosi conflitti si creò la Società delle
Nazioni con sede a Ginevra che avrebbe dovuto rappresentare tutti gli stati
sovrani del mondo. I paesi membri si impegnavano a non ricorrere più alla
guerra per risolvere le controversie ma al giudizio della Società delle
nazioni. Quest'organizzazione non aveva però i mezzi per far si che le
decisioni prese venissero rispettate. Essa era in realtà molto
fragile.
Dalla conferenza di Parigi uscirono cinque distinti
trattati: Con il TRATTATO Dl VERSAILLES la Germania doveva cedere l'Alsazia e
la Lorena alla Francia. Al rinato Stato polacco dovette cedere parte della
Slesia, della Posnania e della Pomerania assicurandogli in questo modo un
accesso nel mar Baltico. La città di Danzica che si affacciava sul Baltico
venne considerata città libera. La Germania orientale venne in questo modo
separata da quella occidentale e l'impero coloniale tedesco diviso tra
Inghilterra e Francia. Quando si dovette decidere a chi dare la colpa del
conflitto si pensò, anche a causa delle pressioni francesi, ad accusare la
Germania. In base all'articolo 231 essa era tenuta a risarcire tutti i danni
procurati alla popolazione e le pensioni di guerra in una cifra che fu
stabilita intorno ai 132 marchi - oro. Come garanzia del pagamento la Francia
poteva occupare per 15 anni il bacino carbonifero del Saar. L'esercito
tedesco venne ridotto a 100000 unità. Con il TRATTATO DI SAINT-GERMAIN e
del TRIANON venivano smembrati Austria ed Ungheria a favore della Polonia,
della Jugoslavia, della Romania e della Cecoslovacchia. All'Italia veniva
ceduto il Trentino. Il territorio austriaco rimanente era pari a circa 1/8 di
quello precedente mentre quello Ungherese uguale a circa ½. Con il
TRATTATO DI NEUILLY anche la Bulgaria dopo avere ceduto la Macedonia alla
Jugoslavia e la Tracia alla Grecia, ne uscì ridimensionata avendo perso pure
lo sbocco sul mar Egeo. Con il TRATTATO DI SEVRES i Turchi dovevano cedere
alla Grecia anche la Tracia Ottomana, dovevano smilitarizzare gli stretti
perdendo il controllo anche su parte dell'Asia dopo l'indipendenza della
Transgiordania, dell'Arabia e dello Yemen. I restanti territori asiatici
vennero portati gradualmente da Francia e Inghilterra ad una condizione di
indipendenza e autogoverno tramite i "mandati fiduciari". Il nuovo assetto
europeo era fondato su basi troppo deboli, si erano venute a creare numerose
minoranze che creavano tensioni interne. La Germania, additata come
colpevole, voleva avere la sua rivincita e l'Italia aveva avuto un
accrescimento territoriale inferiore a quello sperato; si parlava infatti di
vittoria mutilata. Dopo la fine della guerra si erano venuti a creare
particolarismi che in futuro avrebbero potuto creare problemi. Le nuove
nazioni sorte, dette cuscinetto, non avevano la capacità di vita economica
autonoma né propensione ad allearsi tra di loro. Il trattamento riservato
allo Stato tedesco non solo rovinò il migliore dei mercati centro-europei ma
aveva creato un pauroso sentimento di rivincita. Francia ed Inghilterra
pur essendo nazioni vincitrici erano sommerse dai debiti contratti con gli
Stati Uniti mentre in Italia oltre alla crisi economica si parlava di
vittoria mutilata. Il ritorno ad un'economia di pace fu difficilissimo e
il processo di riconversione, molto lungo, fece crescere la disoccupazione.
La soluzione a questi problemi era quella proposta nei trattati di pace:
bisognava fare circolare rapidamente materie prime a buon mercato e tornare,
grazie anche agli aiuti proposti agli imprenditori, a proporre alla
popolazione merci abbondanti a prezzi vantaggiosi. Con questo tipo di
trattati, si era perduta l'opportunità di dare all'Europa e al mondo intero
un periodo di pace duraturo. Dal punto di vista sociale tutti gli Stati erano
più o meno in crisi perché i miglioramenti sopraggiunti dopo la vittoria non
potevano colmare gli sforzi economici ed umani subiti. L'idea generale era
che si fosse combattuto per nulla. I PROBLEMI DEL DOPOGUERRA Le forze
socialiste e cattoliche nonostante la vittoria, continuavano ad avere un
atteggiamento critico nei confronti della classe liberale dirigente ed
intendevano raggiungere il potere per portare al termine quelle riforme che
la guerra non aveva permesso di realizzare. La riforma principale a cui
aspiravano, era quella agraria, cioè quella che prevedeva di dare ai
contadini, che erano stati i principali combattenti, la proprietà della
terra. La classe liberale non poteva utilizzare la vittoria per aggregare
il consenso dei diversi strati sociali da qui la nascita del Partito
Popolare Italiano guidato da Don Luigi Sturzo. Esso nacque principalmente
per impedire in Italia un'avanzata del socialismo di tipo bolscevico. Il
programma prevedeva la libertà di insegnamento, il riconoscimento
dell'importanza dei valori religiosi e della famiglia. Chiedevano anche un
sistema elettorale di tipo proporzionale e l'ampliamento del voto alle
donne. Sul piano economico cercavano di far si che le classi sociali invece
di lottare tra di loro cooperassero per trovare insieme soluzioni
vantaggiose per esempio per la riforma agraria. I leader più
rappresentativi del Partito Sociale Italiano alla fine della guerra vennero
messi in minoranza. L'area massimalista il 18 dicembre 1918 rifiutando
accordi con il governo borghese pose all'ordine del giorno "Istituzione della
Repubblica sociale e dittatura del proletariato". Il giornale "Ordine nuovo"
credeva che fosse fondamentale trasportare all' interno della classe operaia
italiana il modello dei Soviet ed organizzare consigli di fabbrica capaci in
breve tempo di autogovernare le aziende. La crescita della disoccupazione
seguita a ruota dalla aumentata inflazione non penalizzo moltissimo i
lavoratori dell'industria grazie ai loro sindacati. Là dove i sindacati non
esistevano come ad esempio nel settore agrario, lì la crisi si fece sentire
abbastanza. Anche i ceti a reddito fisso vennero penalizzati e i borghesi che
in tempo di guerra avevano ricoperto cariche importanti adesso si sentivano
solo opachi lavoratori. Nacque l'Associazione Nazionale Combattenti con
l'obbiettivo di dare voce alle aspettative dei combattenti pur restando
estranea ai partiti. Mussolini a Milano, fece nascere i fasci di
combattimento. Il suo programma parlava di Repubblica, di suffragio
universale e di ordinamento sociale corporativo. Voleva pure la formazione di
un unico "superpartito" chiedeva inoltre che la giornata lavorativa fosse di
8 ore. Difendeva chiunque avesse combattuto la guerra, facendosi considerare
nemico dei socialisti e neutralisti in genere mostrando verso questi i lati
più aggressivi e arrivando anche all'incendio dell'"Avanti!". La difesa della
guerra e l'idea della vittoria mutilata fecero guadagnare ai fascisti ampi
consensi. Differentemente i Democratici volevano abbandonare ogni idea
espansionista per dedicarsi maggiormente a rapporti di amicizia con gli stati
neonati. Orlando e Sonnino a Versailles non riuscirono a prendere Istria e
Dalmazia e preferirono lasciare la sede come segno di protesta. I trattati di
pace continuarono ugualmente e le colonie tedesche vennero divise tra Francia
ed Inghilterra. Quando Orlando e Sonnino furono costretti a tornare era
stato tutto già deciso, all'Italia non restava che restare delusa e
soprattutto umiliata. GIOLITTI E L'OCCUPAZIONE DELLE FABBRICHE L'esito
insoddisfacente della conferenza di Versailles costrinse Orlando alle
dimissioni. Al suo posto salì il liberale Nitti. L'idea di Nitti era quella
che bisognava produrre di più e consumare di meno a tal fine accelerò i
processi di riconversione, favorì l'esportazione e diede un prezzo politico
al pane. Le misure fiscali più severe toccarono ai ceti più alti. Sotto
richiesta dei socialisti e dei popolari sostituì il sistema elettorale
uninominale con quello proporzionale. Nonostante ciò la crisi non passò e
nell'estate del 1919 cominciarono agitazioni popolari causate anche
dall'aumento dei prezzi e dalla mancata promessa della "terra ai
contadini". La crisi si fece ancora più acuta quando D'Annunzio con l'aiuto
di giovani "sensibili" occupò la città di Fiume. D'Annunzio non sopportava
Nitti e lo accusava di non tutelare gli interessi dello Stato. Dal canto suo,
Nitti non fece nulla per fermare l'avventura fiumana ma stese solo ad
osservare il comportamento delle altre nazioni. Alle elezioni del 1919 vi
fù il crollo dei Democratici a favore delle nuove organizzazioni PSI e PPI.
Il governo Nitti in seguito all'aumento del pane fu costretto a dimettersi a
favore dell'ormai ottantenne Giolitti. Giolitti doveva ridurre il debito
pubblico favorendo una ridistribuzione dei redditi a vantaggio di quelli meno
abbienti. Propose di nominare i titoli azionari in modo da poterli rendere
fiscalmente individuabili. In politica estera con il trattato di Tirana
rinunciava al mandato italiano sull'Albania riconoscendogli
l'indipendenza. Con il trattato di Rapallo, rinunciava alle pretese sulla
Dalmazia ad eccezione della città di Zara ottenendo in cambio, dalla
Yugoslavia, Istria e Lussino. Fiume venne considerata una città stato
indipendente. I nazionali non videro di buon occhio questi trattati e li
considerarono come una conferma della vittoria mutilata. Quando poi fu fatto
cannoneggiare il palazzo dove D'Annunzio governava, nel dicembre 1920,
parlarono di Natale di sangue. Il partito popolare aumentò i problemi
interni non essendo d'accordo alla nominatività dei titoli azionari perché
tale riforma avrebbe colpito soprattutto la chiesa cattolica. Dal 1920
cominciarono le occupazioni delle fabbriche. La linea di governo di Giolitti
fu piuttosto statica infatti attese che le sommosse terminassero
da sole. I gruppi socialisti più intransigenti diedero vita al PCI ad
ispirazione leninista. Si pensò che i problemi del dopoguerra dovessero
essere risoti in maniera autoritaria. I primi gruppi organizzati militarmente
vennero utilizzati per fare aggressioni ai movimenti sindacali e cattolici.
Erano sostenuti economicamente da agrari ed industriali e in poco meno di un
anno passarono da 200 unità a 200000 unità. Alla luce dei fatti, Giolitti
non poteva sperare nell'aiuto socialisti né in quello dei cattolici e di lì a
poco decise di utilizzare l'appoggio dei Fasci. Questa mossa doveva solo
servire a prendere più voti "le candidature fasciste sono come i fuochi
d'artificio: fanno molto rumore ma si spengono rapidamente". Le elezioni
non andranno come previsto da Giolitti. I socialisti perderanno pochissimi
seggi mentre i 35 fasci eletti più 10 nazionalisti passeranno
all 'opposizione. A Giolitti non resterà che rassegnare le
dimissioni. FASCISMO ED ANTIFASCISMO - MUSSOLINI ASCESA POLITICA DEL
FASCISMO Il Governo successivo sostenuto solo dai cattolici era guidato
dal socialista Bonomi il quale però si mostrò subito inadeguato e dopo
essersi rifiutato d'intervenire per salvare la Banca d'Italia venne
sostituito da Facta. Con il Congresso di Roma nel 1921 da semplice gruppo,
quello fascista, divenne un vero e proprio partito: il PNF (partito nazional
fascista) che aveva come capisaldi nel programma la chiesa con i principi
cattolici, la Repubblica e la proprietà capitalista. Lo "Sciopero
Legalitario" organizzato da tutti i sindacati fine di chiedere al Governo
Facta un comportamento più energico nei confronti delle violenze fasciste, si
mostrò un fallimento. Queste infatti aumentarono così come la popolarità del
nuovo partito visto come ripristinatore dell'ordine e della legalità turbata
dagli scioperi. Con la formazione del Partito Socialista Unitario, guidato da
Turati, si andava perdendo ogni possibilità di creare una forte
coalizione antifascista. Ben presto Mussolini prese le distanze dalla
Repubblica e si avvicinò alla Monarchia alla quale riconosceva un ruolo
nazionale importantissimo. Il consenso verso i fascisti aumentava
costantemente mentre le coalizioni antifasciste si andavano sempre più
indebolendo così il Re, anche per evitare la sua possibile sostituzione con
il Duca Amedeo D'Aosta, aperto sostenitore del fascismo, dovette
necessariamente appoggiare il movimento. Alla luce di ciò, nel 1922 si tenne
a Napoli un enorme adunata di camice nere decise da lì a poco a marciare fino
a Roma per prendersi il potere. Le
20000 camice nere non erano ben
armate, ma la figura incolore di Facta decise ugualmente di dare le
dimissioni. Il Re d'Italia, Vittorio Emanuele, sarebbe potuto intervenire
duramente contro i manifestanti ma si rese conto che se questi avessero avuto
la meglio il suo trono sarebbe vacillato, viceversa, se avesse vinto lui,
l' Italia, dato il forte consenso verso il fascismo, sarebbe potuta cadere
in una dilaniante guerra civile. Fu così che il Re decise di affidare il
Governo a Mussolini che ebbe la fiducia anche dai liberali e dai popolari
così da far credere che, nonostante le violenze esteriori, questo era un
Governo in linea con la tradizione Costituzionale. Si capì subito col
discorso del 16 novembre del 1922 che qualcosa era cambiato: "Potevo fare di
quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo: ma non ho almeno in
questo primo tempo, voluto". Agli organi di Stato a poco a poco si
sostituivano organi di partito. Il Gran Consiglio del Fascismo si
sovrapponeva al Parlamento; la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
all'esercito nazionale. Nel 1923 venne varata la Riforma Scolastica Gentile
che partendo da un progetto elaborato da Croce, istituiva un esame alla fine
degli studi superiori così da permettere l'esistenza delle scuole private
cattoliche e valorizzare maggiormente la cultura. Sempre nello stesso anno si
ebbe l' alleanza con il partito nazionalista. Quando i popolari si
ribellarono all'evoluzione autoritaria che stava prendendo il governo,
Mussolini, sicuro che il mondo cattolico gli sarebbe stato sempre vicino,
chiese a loro le dimissioni. In questo modo a Don Luigi Sturzo non restò che
dare le dimissioni. Il sistema elettorale venne modificato con la "legge
Acerbo" la quale attribuiva i 2/3 dei seggi parlamentari al partito che
avesse avuto il maggior numero di voti purchè non inferiore al 25%. Lo
scopo di questa legge era quello di far affiancare il maggior numero di forze
liberal-moderate intorno al partito fascista. Autorevoli leader come Salandra
e Orlando, appoggiarono il listone mussoliniano mentre le altre forze
antifasciste, troppo frammentate, non rappresentarono una vera minaccia
infatti il listone ebbe il 65% dei voti. All'apertura della nuova Camera nel
1924 Giacomo Matteotti denunciò le ripetute violenze fasciste che avevano
caratterizzato la campagna elettorale e chiese l'annullamento delle elezioni.
Pochi giorni dopo venne rapito ed ucciso da dei sicari fascisti. Il
delitto sembrò avere compromesso il potere fascista perché tutte le forze si
rifiutarono di partecipare ai lavori della Camera e seguendo l'esempio degli
antichi romani con la Secessione dell'Aventino ma non ebbero l' appoggio del
Re. Mussolini si assunse tutte le responsabilità del delitto Matteotti
e proclamò la volontà di eliminare ogni forma di democrazia
esistente. Seguirono nuovi atti di violenze e repressioni che portarono nel
corso del 1925 alla soppressione della libertà di stampa; i giornali per
continuare a lavorare dovevano allinearsi alle posizioni del regime. Ormai lo
Stato totalitario si era affermato. Con la legge del 24 dicembre 1925 il
presidente del Consiglio assumeva il nome di Capo del Governo e doveva dare
conto delle sue azioni non più al potere legislativo ma solo al Re. Le
leggi del novembre 1926 determinarono la fine del sistema
parlamentare. Furono sciolti tutti i partiti antifascisti e giudicati
illegali. Chiunque si fosse opposto al regime sarebbe stato giudicato da un
tribunale speciale ed inviato al confino. Con le leggi del 1926 si
modificavano le amministrazioni locali, il sindaco era sostituito dal podestà
di nomina governativa. Con la legge del 1928 si modificava il sistema
elettorale; si sottolineava il principio della lista unica nella quale erano
presenti 400 candidati scelti dal Gran Consiglio del Fascismo che bisognava
approvare o respingere in blocco. Con i patti Lateranensi firmati dal Duce
e dal cardinal Gasparri, si poneva fine alle lotte tra Stato e Chiesa. A
quest'ultima veniva riconosciuta l' importanza della religione cattolica; gli
venivano dati maggiori poteri per quanto riguardava la nomina dei vescovi e
la celebrazione del matrimonio sia in forma civile che religiosa. Per
quanto riguarda il territorio la chiesa riconosceva lo Stato italiano con
Roma capitale e al piccolo Stato Vaticano venivano dati 750 milioni
come prezzo per le terre espropriate. Questi erano gli anni della fabbrica
del consenso. I giovani da fanciulli fino all'età universitaria, venivano
squadrati in gruppi tipo Balilla, Avanguardisti, Giovini italiane, Figli
della Lupa e così via. Il regime si mostrò molto attento alle innovazioni,
infatti per diffondere le notizie si servi moltissimo oltre che della stampa
che però esisteva già da tempo, anche dei nuovi sistemi di comunicazione
rappresentati dal cinema e soprattutto della radio. Tra il 1922 e il 1926
il fascismo mantenne una politica economica liberale. Il ministro delle
finanze Alberto De Stefani, si affrettò a ritirare il progetto sulla
nominatività dei titoli e abolì il monopolio statale delle assicurazioni
sulla vita. In pratica cercò di ridurre il controllo pubblico sulla vita
economica promovendo l'iniziativa privata. In questi anni l'industria
italiana incrementò molto la produzione grazie soprattutto alle aumentate
esportazioni. Nonostante ciò De Stefani venne sostituito da Volpi che era più
in linea con i caratteri totalitari dello Stato fascista. Per permettere
la ripresa del settore agricolo, fu lanciata la "battaglia del grano"; furono
alzati i dazi doganali sui cereali importati per incoraggiare la produzione
nazionale e giungere all'autosufficienza nei consumi. Furono estese le aree
coltivate a grano sostituendo culture specializzate che in un mercato estero
sarebbero state maggiormente richieste. Nel discorso di Pesaro nel 1926,
Mussolini, annunciò di volere fissare il cambio della lira con la sterlina a
90 "quota novanta". Questa riforma era tesa a fare aumentare l'importanza
italiana in una futura politica estera autoritaria ma ciò preoccupava molto
le classi medie del paese sottoposte al pericolo dell'inflazione. Per venire
incontro agli industriali, il duce, fece alleggerire i salari del 10-30% con
un conseguente aumento della disoccupazione. I disoccupati che si erano
venuti a creare vennero impiegati in un vasto programma di opere pubbliche
culminanti con la Bonifica dell'Agro Pontino. Le zone paludose furono rese
agricole ed abitabili, furono edificate nuove città quali Latina, Pomezia,
Sabaudia ed altre. In questo modo, l'Italia si allontanava sempre di più dal
mondo industriale e dal commercio estero. Con il "Patto di palazzo
Vidoni", la confederazione degli industriali e quella dei sindacati fascisti,
con una legge vietarono gli scioperi ed istituirono un magistrato del lavoro
che doveva risolvere i problemi riguardanti i contratti collettivi di
lavoro. Gli anni trenta furono gli anni del consenso; ogni italiano si
poteva riconoscere con convinzione nelle forme politiche realizzate dal
PNF. L'isolamento dell'economia fece in modo che la crisi del '29 fu meno
cocente rispetto agli altri Stati e colpì le banche e le industrie
siderurgiche. Il duce per evitare il tracollo dell'economia assunse il
controllo tramite l' IRI e l'IMI delle principali industrie e banche
italiane. IMI ed IRI avevano lo scopo di riorganizzare le industrie e le
banche per farle uscire dalla crisi. Il regime in questo modo finì per
avere il monopolio del credito e 1/4 del capitale industriale. Tutto questo
non faceva parte di un processo di socializzazione, ma al contrario, era teso
a facilitare l'iniziativa privata tramite sgravi fiscali e tariffe protette.
In cambio di queste facilitazioni, gli industriali s'impegnavano ad
appoggiare il regime. L'Autarchia, produrre e consumare solo prodotti
nazionali, divenne una delle parole d'ordine del regime. Il sistema
produttivo del paese gravò assai poco sulle classi medie che per questo si
sentirono legate al Duce. LA POLITICA ESTERA DEL FASCISMO In questo campo
si notavano diverse contraddizioni che avevano contraddistinto il fascismo
(tra continuazione e rottura con il liberalismo). Mussolini, da un lato aveva
sempre in mente i piani di revisione dei trattati di pace; dall'altro, non
voleva opporsi al volere delle grandi potenze europee di Francia e
Inghilterra. Da uomo realista qual'era, si rendeva conto delle disparità tra
la sua nazione e le altre due, ma il suo obiettivo restava comunque quello di
far raggiungere all' Italia il medesimo loro livello sia economico che
militare. Non rinunciava a gesti esteriori come nel caso dell'occupazione
dell'isola di Corfù avvenuta dopo l'assassinio di un suo generale sul fronte
greco - albanese, e che il duce abbandonò solo dopo la mediazione inglese. A
seguito poi di una trattativa con la Jugoslavia, Mussolini firmò il trattato
di Roma, e Fiume divenne città italiana. Fino al patto di Locarno la
diplomazia italiana aveva sostanzialmente mantenuto una rigorosa applicazione
dei trattati di pace e il principale obiettivo era quello di mantenere
indipendente l'Austria, per scongiurare un'annessione con la Germania. Tale
trattato, pur avendo definito i confini occidentali della Germania, lasciava
molte libertà su quelli orientali, e di questa situazione ambigua ne volle
trarre vantaggio il governo fascista, con il ministro Dino Grandi. Vennero
stipulati una serie di trattati e di patti d'amicizie con le regioni
balcaniche (Albania, Ungheria, Romania, Bulgaria) e con l'avvento in questi
paesi di governi filofascisti, il regime inaugurò una politica di sostegno
alle nazioni sconfitte, in rottura con la tradizione liberale. Nonostante le
ambizioni espansionistiche del duce, non vi fu mai vera rottura con le grandi
democrazie occidentali. La situazione cominciò a mutare con l'affermarsi del
nazismo in Germania e con la ripresa della politica espansionistica
giapponese. Hitler in particolare voleva anch'egli una revisione dei trattati
di pace; Mussolini si ritrovava così con un agguerrito riferimento
internazionale. Tuttavia però decise di muoversi ancora verso un'intesa con
Francia e Inghilterra, per paura di iniziative tedesche in Austria e firmò,
nel 1933 il patto a quattro tra Italia, Germania, Francia e Inghilterra con
l'impegno di una revisione dei trattati. Le proteste scatenate dall'URSS e
dagli stati balcanici indussero però la Francia a limitare la revisione di
tale trattato all'interno della Società delle Nazioni, rendendo inattuabili i
disegni mussoliniani di una revisione consensuale dei trattati di pace.
Rimase però in lui un atteggiamento di protezione verso l'indipendenza
austriaca, favorito anche dalla politica antitedesca francese. La Francia
firmò infatti con Mussolini un trattato che prevedeva ufficialmente una
rettifica dei confini somali, ma ufficiosamente dava il via libera all'Italia
per la conquista dell'Etiopia. La guerra d'Etiopia era dettata da due
principali motivi: la crescente disoccupazione, causa della crisi economica
(quindi la colonizzazione era ritenuta una valida alternativa
all'emigrazione); e la necessità da parte del regime di ostentare una
militarizzazione (seppur superficiale) di un atto importante di politica
estera. Con grande propaganda quindi si diede avvio alle operazioni militari,
condotte prima da De Bono e poi da Badoglio sul fronte eritreo, e da Graziani
su quello somalo. Conclusa vittoriosamente e brevemente la guerra, scattarono
subito le ripercussioni internazionali. In particolare l'opinione pubblica
inglese si dimostrò ostile a questo atto e nonostante un tentativo di rendere
l'Etiopia protettorato italiano (rifiutato dal popolo inglese), la Società
delle Nazioni condannò l'Italia a delle sanzioni economiche che, per
quanto blande, furono usate dal regime per fini
propagandistici. L'ANTIFASCISMO E BENITO MUSSOLINI L'usufruire di
organizzazioni paramilitari significò, per il fascismo, sviluppare
clandestinamente qualsiasi forma di opposizione al regime. Conseguentemente i
vari giornali socialisti chiusero e le personalità di spicco della sinistra
furono costretti ad andare via dall'Italia. I pochi socialisti rimasti
formarono nel 1926 la convenzione antifascista; mentre i comunisti si
organizzarono in società segrete vivendo nelle zone malfamate ed agendo
nell'anonimato. Antonio Gramsci fu incarcerato nel '27 e nelle sue lettere
inviate dal carcere si riscontra il suo pensiero politico: l'ascesa del
socialismo in Italia, che sarebbe dovuto salire in Italia sarebbe dovuto
essere diversa dall'avvento del socialismo in Russia, poiché la realtà
Italiana era diversa socialmente, economicamente ed intellettualmente. Ma
le società antifasciste venutesi a formare, non trovarono mai un'intesa tra
loro ed inevitabilmente fallirono. Altro tentativo fu quello di
Carlo Rosselli, con l'instaurazione di un movimento chiamato Giustizia e
libertà, che prevedeva la riorganizzazione delle forze antifasciste al fine
di opporsi al regime in modo più deciso. Caratterizzato fortemente
dalla componente generazionale, tale movimento riteneva necessario far
cambiare mentalità ai giovani per potere risolvere il problema alla
radice. Allo scoppio della guerra in Spagna parteciparono molti antifascisti
con la speranza di dimostrare che la resistenza armata alla dittatura
mostrata contro il franchismo potesse essere d'esempio contro il regime
mussoliniano; da qui il grido "Oggi in Spagna domani in Italia". HITLER
ADOLF - ASCESA DEL NAZISMO E SCOPPIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE LA
GERMANIA DI WEIMAR ED IL PROBLEMA DELLE RIPARAZIONI La difficile fase
iniziale della Repubblica di Weimar sembrò superata già nel 1921, quando il
sistema industriale tedesco aveva riacquistato l' importanza che aveva avuto
nell'anteguerra. Nello stesso anno venivano fissate le riparazioni di guerra:
circa 132 miliardi di marchi-oro, cifra assolutamente spropositata per le
possibilità di pagamento tedesche. Le riparazioni erano state volute
prevalentemente dalla Francia, desiderosa di lasciare la Germania in una
posizione di subalternità ancora per parecchi decenni. Inoltre vi erano i
debiti con gli USA contratti da Francia ed Inghilterra per i quali ogni
richiesta da parte tedesca di una riduzione della cifra veniva
rifiutata. All'inizio del 1923, a causa di un ritardo nel pagamento di una
rata da parte dei tedeschi, la Francia decide, insieme al Belgio, di occupare
il ricco bacino carbonifero della Ruhr. L'orgoglio della popolazione tedesca
si tradusse in un rifiuto del lavorare. Il desiderio tedesco di rivincita
andava crescendo e l'8 novembre del 1923 si tento il "Putsch di Monaco"
organizzato da Hitler in persona all'interno di una birreria bavarese. Il
colpo di stato non andò a segno e Hitler venne arrestato e condannato ad un
anno di carcerazione; durante quel periodo scrisse il "Mein Kampf" in cui
esponeva le sue idee sulla razza tedesca, che avrebbe poi divulgato ed
applicato durante il periodo del regime in Germania. L'occupazione della
Ruhr e la conseguente decisione dei tedeschi di astenersi dal lavoro, provocò
nel 1923 una crescita smisurata dell' inflazione in Germania; il marco giunse
a valere fino ad un trilionesimo del valore che aveva nel 1914 e solo con
l'inizio del 1924 la Germania iniziò a riprendersi. Sia gli Usa che
l'Inghilterra non avevano mai approvato l'occupazione francese della Ruhr e
misero appunto dei piani per salvare l'economia tedesca dalla
bancarotta. Con il piano Dawes, gli Usa concedevano nuovi prestiti per
consentire alla Germania di riavviare le industrie. Con il piano Young al
posto del vecchio marco ne veniva creato un altro scambiato a 1000 miliardi
di marchi vecchi; facendo in modo che non si ripetesse la situazione
precedente che aveva causato l'inflazione. Il nuovo ministro degli esteri
tedesco firmò insieme a quello francese il Trattato di Locarno in base al
quale le frontiere occidentali tedesche non dovevano essere mai più violate.
Sempre nello stesso anno (1926) la Germania entrava a far parte delle società
delle Nazioni. Con il patto di Briand-Kellogg, Francia ed Usa si impegnavano
a non ricorrere più alla guerra per risolvere le controversie internazionali,
ma di rivolgersi ad un tribunale internazionale a cui aderirono altre
57 Nazioni tra cui Germania e Urss. Il trattato di Locarno, riguardava
solo la frontiera occidentale tedesca e non quella orientale per la quale non
esisteva nulla. Locarno lasciava così presagire eventuali mire
espansionistiche tedesche verso est. Alle elezioni presidenziali tedesche a
causa dell'intransigenza dei comunisti, che non appoggiarono il candidato
socialdemocratico al ballottaggio, salì il conservatore, eroe della I guerra
mondiale, Hindenburg. Nelle elezioni generali successive però i
socialdemocratici ebbero la meglio riuscendo ad equilibrare le forze. La
Repubblica di Weimar, fondata su basi troppo deboli, presentava, al
suo interno, interessi troppo divergenti. I gruppi paramilitari
andavano aumentando sempre di più facendo sulla piccola borghesia sempre
più sensibile, dopo l'inflazione, ai richiami all'ordine e all'onore
da riscattare. La crisi Americana si ripercuotè in Germania facendo
vacillare la già precaria Repubblica di Weimar. Le spinte conservatrici ed
autoritarie si accentuarono; una prova tangibile di ciò fu l'ascesa di
Hindenburg e la formazione di gruppi paramilitari. A differenza del
Fascismo, che non aveva fin dal principio un programma ben delineato, il
Nazismo fondava le proprie solide basi nel "Mein Kampf" l' opera che Hitler
scrisse durante il suo anno di prigionia. Il testo riprendeva molto le teorie
di Rosenberg e Chamberlain e affermava che tutte le vicende umane potessero
essere interpretate come un eterno conflitto tra razze superiori, ariani, e
razze inferiori, ebrei. Il concetto di razza doveva essere inteso proprio
come biologico - genetico. A capo della razza Ariana doveva esserci il
Fuhrer, un capo capace di interpretare le esigenze del popolo. Le esigenze
primarie dovevano essere quella dello spazio vitale e quella che doveva
vedere unito nello stesso territorio tutte le popolazioni germaniche. Inoltre
il movimento era anticomunista in quanto l'ideologia ugualitaria è frutto
delle tendenze livellatrici e mortificanti delle razze inferiori. Nelle
elezioni del 1928 il nazismo non ebbe molto successo, appena il 2,6 % dei
voti. Man mano che la crisi economica si faceva più dura, crescevano
i consensi e nelle elezioni del 1930 i nazisti ebbero oltre 6 milioni di
voti diventando il secondo partito dopo i socialdemocratici. Come avvenne
per il fascismo, anche il nazismo si servì delle squadre SS e SA per incutere
timore nell'opposizione e nella popolazione in generale. Memore della
sfortunata impresa di Monaco, Hitler non tentò mai il colpo di stato, ma
cerco sempre di fare affluire nel suo partito tutte le forze nazionalistiche
e conservatrici. Dopo la figura incolore di Bruning, alle presidenziali del
1932 venne rieletto Hindenburg. A tali elezioni si era presentato pure Hitler
ma a lui non toccarono più del 37% dei voti. Alle elezioni politiche dello
stesso anno i nazisti ottennero oltre 13 milioni di voti e si affermarono
come I partito del paese. Furono le pressioni della grande industria, della
finanza e della proprietà terriera a indurre Hindenburg ad assegnare ad
Hitler la guida del governo e ad indire nuove elezioni per il 5 marzo
1933. Le violenze da parte delle SS e delle SA si fecero sempre più evidenti
e culminarono con l'incendio del Reichstag di cui però vennero incolpati
i comunisti. In seguito a quest'avvenimento, furono emanate le 28
leggi eccezionali con le quali si limitavano le libertà civili e veniva
dichiarato fuori legge il partito Comunista. Alle elezioni del 1933,
Hitler non ebbe il successo sperato, ma grazie all' appoggio dei gruppi
nazionalisti riuscì ugualmente ad avere la maggioranza. Subito dopo fece
approvare la legge dei pieni poteri che porto alla liquidazione
dell'opposizione e all'abolizione dei Lander ridotti a entità amministrative
dipendenti dal governo centrale. Il 30 giugno nella notte conosciuta come
"notte dei lunghi coltelli", utilizzando le SS Hitler fece uccidere i
principali capi della cosiddetta sinistra nel partito (SA) che agitavano
ancora l'idea di una rivoluzione sociale. Qualche mese dopo le elezioni
Hindenburg morì. Hitler decise di non sostituirlo e nonostante mantenesse
solo la nomina di cancelliere in pratica assunse anche la carica di
presidente. A poco a poco tutta la vita tedesca cominciò ad essere
controllata dal regime che tra l'altro cominciò a mettere in pratica alcuni
dei punti presenti nel programma come ad esempio quello della bonifica
razziale; vennero bruciati tutti i libri ebrei ritenuti fautori di teorie
democratiche e socialiste. Anche in Germania come in Italia il regime andò
alla ricerca del consenso. Moltissimi erano i discorsi del Fuhrer trasmessi
via radio, le grandi adunate e i campi di maggio adornati con splendide
coreografie rappresentanti i simboli del potere. La liquidazione dei
rimasugli d'opposizione era stata affidata alla Gestapo, una polizia segreta
che prendeva gli oppositori e li deportava in campi di lavoro. Con le
leggi di Norimberga del 1935, gli ebrei furono privati della cittadinanza
tedesca e gli vennero ridotte altre libertà. Il 9 novembre nella Notte dei
cristalli, molti ebrei furono deportati in campi di lavoro, incendiate
sinagoghe e attività ebraiche. L'industria tedesca venne agevolata dal rigido
inquadramento dei lavoratori in strutture cooperative guidate dal partito. La
ripresa economica tedesca era affidata pure a un vasto programma di lavori
pubblici e di riarmo. Hitler mostrò subito la sua volontà nel rivedere il
trattato di Versailles e dopo avere firmato un patto a 4 con Italia,
Inghilterra e Francia per il mantenimento della pace, decise di abbandonare
la Conferenza di Ginevra sul disarmo nell'ottobre del '33 e poco dopo fece
uscire la Germania dalla Società delle Nazioni. Il 25 luglio 1934 un
gruppo di Nazisti austriaci guidati da Hitler assassinò il cancelliere
austriaco Dollfuss sperando nella confusione di potere facilitare
l'annessione dell'Austria alla Germania. Mussolini, ancora vicino ad
Inghilterra e Francia, si fece garante dell'indipendenza austriaca mandando
truppe alla frontiera del Brennero. Il '35 fu l'anno definitivo del riarmo
tedesco, la popolazione del Saar decise dopo un referendum di tornare alla
Germania. Hitler fregandosene del trattato di Versailles ripristinò la leva
obbligatoria e procedette al riarmo aereo e terrestre. Molti furono i
paesi europei che tra la fine degli anni venti e l'inizio degli anni trenta
avevano abbandonato le forme di democrazia parlamentare per sistemi
autoritari. La destra autoritaria era salita pure in Belgio, Portogallo e
Grecia. Germania ed Italia avevano superato ogni divergenza. Il
cancelliere Austriaco fu spinto alle dimissioni da Hitler e al suo posto ne
salì uno filonazista che nel marzo '38 adducendo l'improbabile pretesto di
disordini in atto fece giungere truppe tedesche in Austria e con un
plebiscito nell' aprile dello stesso anno proclamò l'annessione alla
Germania. Di fronte a ciò Mussolini si dichiarò indifferente poiché tutto
sommato si era realizzato il principio di autodeterminazione dei popoli. Di
simile opinione, anche per conservare la politica dell'appeasement, si
mostrarono pure Francia ed Inghilterra. Pochi mesi dopo Hitler decise di
riappropriarsi del territorio dei Sudeti, interno al territorio Cecoslovacco
e a maggioranza tedesca. La Cecoslovacchia era legata con una alleanza alla
Francia e faceva parte della Società delle Nazioni. Per evitare l'apertura di
un nuovo conflitto, Mussolini fece da mediatore e convocò a Monaco il 29 e 30
Settembre '38 una conferenza, a cui, oltre lui stesso, dovevano partecipare
pure Chamberlain, Daladier e Hitler. Il tutto si concluse con il totale
cedimento alle richieste naziste. Si voleva mantenere la pace, Churchill
affermava: "Potevano scegliere tra disonore e guerra, hanno scelto il
disonore, avranno la guerra". Di lì a poco le truppe tedesche occuperanno
Praga e imporranno alla rimanente Cecoslovacchia il controllo tedesco. Hitler
non aveva più nessuna giustificazione e i timori di Churchill si confermavano
sensati. Il 21 marzo '39 Hitler chiese l'annessione di Danzica e
l' extraterritorialità del corridoio. Di lì a poco i tedeschi occuparono
anche Mamel città lituana. Hitler voleva occupare tutta la Polonia e il 3
marzo Churchill espresse la sua volontà di garantire i confini polacchi
invertendo la marcia alla politica dell'appeasement. Tutto sommato la
Germania, nuovamente forte, rappresentava un sicuro baluardo contro
l'avanzata del comunismo in Europa. Sia Chamberlain che Daladier al ritorno
dalla conferenza di Monaco furono accolti dalla folla plaudente ancora
all'oscuro che di lì a pochi mesi sarebbero dovuti entrare in
guerra. Sull'esempio di Hitler, Mussolini occupò l'Albania proclamando
Vittorio Emanuele III Re d'Italia e di Albania. Il 22 maggio '39 il
ministro degli esteri tedesco, Ribbentrop e quello italiano, Ciano, firmarono
il patto d'Acciaio col quale si impegnavano ad un aiuto militare reciproco
sia in offese che in difesa. Mussolini disse però che l'Italia non sarebbe
stata pronta ad un grosso conflitto di lì a tre anni. Francia ed
Inghilterra per rispondere al patto d'Acciaio, cercarono di raggiungere
accordi con la Russia la quale a sorpresa, firmò il patto Ribbentrop-Molotov
con la Germania. Con questo patto le due potenze si impegnavano per dieci
anni a non aggredirsi e prevedevano un eguale spartizione della
Polonia. Stalin con il patto d'Acciaio voleva guadagnare tempo e prepararsi
all' inevitabile scontro con la Germania sua antagonista ideologica. Così
il 1 settembre '39 le truppe tedesche entravano in Polonia e Francia e Gran
Bretagna il 3 settembre onorando le garanzie di protezione
dichiaravano guerra alla Germania. Gli Usa avevano avuto un ruolo da
protagonista nei trattati di pace, ma i disegni planetari di Wilson non erano
piaciuti all'opinione pubblica. Alle elezioni del 1920 questi fu sostituito
dal democratico Harding, fautore di una politica isolazionista, secondo cui
gli Usa avrebbero dovuto usufruire delle risorse economiche del paese,
incrementandole. Dopo Harding salirono Coolidge e Hoover, i quali però si
sono mostrati di scarso rilievo. Questo periodo è ricordato anche per la
proibizione della produzione e vendita delle bevande alcoliche: il cosiddetto
proibizionismo, che però favorì le organizzazioni criminali e la nascita di
grandi figure, come quella di Al Capone. E' anche l'età del Jazz, una
nuova musica suonata soprattutto dai neri. Contemporaneamente si ha
l'esplosione dei consumi individuali e all'interno di ogni abitazione
americana era possibile trovare l'aspirapolvere e una radio. Questo aumento
dei consumi coincise con l'aumento dei salari dovuto ad un incremento della
produttività e dei profitti. Vennero favorite le grandi concentrazioni
industriali come la Goodyear e la General Motors a discapito delle piccole
società. Sempre in questi anni nascono forti contrasti dovuti prevalentemente
a quella politica isolazionista che non voleva l'ingresso di immigrati
nel paese. I contrasti più forti si ebbero tra bianchi e neri o cattolici
e protestanti. Si ebbe anche un deciso affermarsi di associazioni
che difendevano i valori tradizionali americani. Per favorire l'acquisto
dei beni anche alle classi operaie, Le banche concessero una serie di
crediti, e la piccola borghesia, attratta da futuri guadagni decise di
investire in borsa. Nel momento in cui si nutrivano maggiori sicurezze, i
prodotti cominciarono a non essere più assorbiti dal mercato. La crisi di
sovrapproduzione che si ebbe fu la causa del crollo della borsa di Wallstreet
durante il giovedì nero di Wall Street in cui tutti i titoli azionari ebbero
un evidente flessione. Il primo tentativo di porre fine alla crisi, fu
quello di immettere nel mercato europeo i prodotti in eccedenza ma il
problema non si risolse. La crisi che era partita dai mercati americani, a
poco a poco arrivò pure in Europa a causa dei grossi debiti che Francia ed
Inghilterra avevano contratto con gli Usa durante la guerra. La Germania
che con i piani Dawes e Young si era lentamente ripresa, subì un ulteriore
crisi. Il crollo di Wall Street rappresentò per l'America non solo l'inizio
di una crisi economica ma anche ideale e morale. Fin dall'inizio della sua
storia l 'America aveva percorso un cammino ascendente verso la prosperità.
Con la crisi, crollava il sogno americano e l'America non veniva più vista
come il paese delle grandi opportunità. Chi nonostante la crisi si mostrò
ottimista, fu il democratico Roosevelt vincitore delle elezioni presidenziali
del 1932. Credeva che superare la crisi non fosse impossibile; le risorse
umane e materiali non mancavano certo all'America, bisognava solo recuperare
lo spirito americano originario. Appena eletto, Roosevelt annunciò l'inizio
del "New Deal", un nuovo accordo che sarebbe servito a riportare il Paese
nelle grandi sfere: bisognava vincere gli egoismi e valorizzare la
solidarietà. Per fare recepire tale messaggio a tutti lo ribadiva
periodicamente nelle "conversazioni di caminetto" tramite la radio. In
economia fece fede alle tesi di Keynes che era sempre stato contrario
ai trattati di pace in quanto avevano creato pericolose barriere per
la circolazione delle merci e dei capitali. Era in disaccordo con
gli economisti classici (Say, Ricardo) i quali credevano che il mercato
fosse capace di regolarsi da solo. La crisi del '29 li smentì
pienamente. Il maggiore ostacolo alla "legge della domanda" di Say e Ricardo
era rappresentata dall'ineguale distribuzione delle ricchezze. Bisognava
quindi che fosse lo Stato a ridistribuire le ricchezze garantendo una
vita dignitosa ai cittadini. Il risparmiatore non veniva più visto come un
saggio cittadino, ma come colui che doveva essere sollecitato ad aumentare il
suo consumo di merci prodotte dal sistema industriale. A tal fine venne
favorita una politica di alti salari per permettere più facilmente al danaro
di circolare. Per rendere l'economia ancora più vivace, sulla scia del
modello inglese, Roosevelt decise di abbandonare il sistema di cambio fisso
per consentire una maggiore libertà nell'uso della spesa pubblica e nella
nuova politica di opere pubbliche. Per risollevare il settore agricolo,
elaborò un programma col quale sosteneva i prezzi dei prodotti crollati
durante la crisi e concedeva sussidi governativi a coloro i quali avessero
ridotto la produzione e le terre coltivate, per garantire i redditi degli
agricoltori che rappresentavano la potenziale domanda d'acquisto per i beni
prodotti dall' industria. Sollecitò la ripresa del settore industriale,
invitando le industrie a mantenere alti sia i prezzi, che i
salari. Nonostante l'iniziativa privata venisse un po' penalizzata dai
programmi del Presidente, in meno di 2 anni la disoccupazione era diminuita e
oltre 2 milioni di persone erano tornate a lavorare. In breve tempo nacquero
leggi tramite le quali si dava assistenza alla disoccupazione. Si cercava
in pratica di creare un "Welfare State". Lo stato interveniva garantendo ai
cittadini condizioni di esistenza minime, con sussidi alla disoccupazione,
salari minimi, pensioni e servizi sociali gratuiti. Con il "Wagner Act" si
dava riconoscimento giuridico ai sindacati e si obbligava le aziende a
riconoscere come vincolanti i risultati della contrattazione
collettiva. L'economia americana ricominciava ad andare forte e poté contare
pure sulle prospettive di un imminente riarmo che avrebbe fornito ulteriore
linfa alle industrie. LA SECONDA GUERRA MONDIALE, LE RAGIONI E L'INGRESSO
DELL'ITALIA L'Italia, consapevole della sua impreparazione ad un conflitto
decise di dichiararsi potenza non belligerante. In modo simile si
dichiararono pure gli Stati Uniti e il Giappone. La guerra, appena
iniziata era diversa rispetto alla I guerra mondiale, le truppe si muovevano
in modo più rapido grazie all'utilizzo di mezzi di trasporto e di
combattimento veloci. Inoltre l'utilizzo di bombardamenti aerei su vasta
scala e il perfezionamento dei sommergibili rendevano la guerra ancora più
dura. Dopo l'occupazione polacca, la Russia spostò il suo fronte in Finlandia
per conquistare l'istimo di Carelia al fine di proteggere meglio la città
di Leningrado. Dopo un breve combattimento, la Finlandia cedette l'istimo
e contemporaneamente Hitler conquistava la Norvegia e la Danimarca per
potere lottare con l'Inghilterra da posizioni più favorevoli. Sul fronte
ovest, si parlò di "Strana Guerra" infatti sia le truppe anglofrancesi che
quelle tedesche stavano ferme, senza combattere, rispettivamente lungo la
linea fortificata di Marginot e lungo la linea
di Siegfried. Sottovalutando i progressi fatti dalla macchina bellica
tedesca, i poveri francesi, avevano concentrato tutte le loro forze solo
sulla linea di Marginot. Il 10 maggio 1940 cominciò finalmente anche la
guerra su questo fronte. L' esercito tedesco invase il Belgio e l'Olanda
sfondò la linea anglofrancesi. Sotto i bombardamenti tedeschi, gli inglesi
riuscirono a malapena a mettere in salvo utilizzando qualunque imbarcazione
il loro esercito e parte di quello francese abbandonando però tutto il loro
materiale bellico nelle spiagge. Il 4 Giugno 1940 le preparatissime truppe
tedesche erano già a Parigi costringendo i francesi a chiedere un armistizio
che firmeranno nello stesso vagone dove qualche anno prima avevano fatto
firmare la capitolazione alla Germania Guglielmina. L'armistizio firmato
dal francese Petain divise la Francia in due: la parte nord comprendente i
2/3 della popolazione andava alla Germania, la parte meridionale, con
capitale Vichy veniva affidata al nuovo capo di Stato Petain il quale
instaurava un governo autoritario incline a collaborare coi nazisti. Ad un
trattato così umiliante si ribellava De Gaulle il quale dai microfoni di
Radio Londra il 18 giugno '40 esortava i francesi alla resistenza. In pochi
giorni era crollato l'esercito più solido del continente e lo stato che fino
a poco prima era considerato il punto di riferimento per la vita culturale e
politica europea. Superando ogni perplessità grazie anche alle difficoltà
Francesi, Benito Mussolini in un celebre discorso annunciava, il 10 giugno
'40 al popolo italiano, l'entrata in guerra. Contemporaneamente in
Inghilterra al posto del remissivo Chamberlain, saliva Churchill.
L'Inghilterra dopo la caduta della Francia si era trovata da sola contro le
potenze dell'asse, i territori occupati (Belgio, Olanda, Francia, Danimarca,
Norvegia, Polonia) e i nuovi governi filofascisti (Spagna, Ungheria, Romania,
Portogallo, Bulgaria). Non vedendo nella Germania la capacità di essere uno
stato guida per l'Europa capace di garantire un futuro di pace, Churchill
rifiutò qualsiasi trattato e affermò di voler combattere fino
all'annientamento del nemico tedesco. Hitler preparò il progetto di invasione
dell'Inghilterra denominato "Operazione Leone Marino". L'aviazione tedesca
doveva distruggere le città e i centri nevralgici inglesi demoralizzando la
popolazione. La popolazione inglese, rinvigorita dai discorsi di Churchill si
riorganizzò e in breve tempo riuscì ad apportare ai nemici, grazie
all'invenzione del radar, perdite tali da convincere Hitler a rimandare il
progetto. Falliva così ogni probabile speranza di guerra lampo e il
conflitto diventava sempre più grande e coinvolgeva sempre più
potenze. L'Italia intraprese una guerra autonoma parallela,In caso di
vittoria, avrebbe avuto il dominio sul Mediterraneo. Ciò voleva dire
confrontarsi subito con gli inglesi sia sul piano navale che su quello
terrestre. Inizialmente l'Italia ebbe delle vittorie navali, ma già nella
seconda parte del '40 gli inglesi mostrarono la loro superiorità attaccando
la base di Taranto e rendendo impossibili i rifornimenti per i militari in
Africa. Sul fronte africano, i primi scontri furono favorevoli per gli
Italiani guidati dal Duca Amedeo D'Aosta. Il nostro obiettivo era quello
di conquistare l'Egitto, colonia inglese importantissima, spostandoci
dalla Libia. Le truppe stanziate in Libia e guidate da Graziani,
inizialmente vinsero, ma gli inglesi con la loro controffensiva fecero
retrocedere gli italiani di 1000 km. Il 28 ottobre 1940 si decise di
invadere la Grecia, ma il progetto si rivelò un fallimento a causa del
territorio aspro e dell'accanita resistenza. Contemporaneamente i Greci
attaccavano il porto di Valona in Albania. Grazie all'aiuto tedesco, gli
italiani riuscirono a riprendere in mano la situazione e Hitler conquisto la
Jugoslavia, la Grecia e Creta. I tedeschi si spostarono sul fronte africano,
riconquistarono la Libia ma ciò non servì a bilanciare la perdita dell'Africa
Orientale subita dall' Italia quando nel maggio '41 gli Inglesi occuparono
l'Etiopia rimettendo sul trono il Negus Haile Selassie. Ogni illusione di
guerra parallela andava scemando mostrando l'Italia in un ruolo di
subalternità. Nel patto Tripartito firmato da Germania, Italia, Giappone a
Berlino il 27 settembre '40 veniva descritto il modo con cui le potenze si
dovevano dividere il mondo: alla Germania, l'Europa settentrionale,
all'Italia il predominio sul Mediterraneo, al Giappone il controllo dell'Asia
orientale. L'OPERAZIONE BARBAROSSA Con l'operazione Barbarossa, che per la
necessità di concludere prima la guerra nei Balcani iniziò in ritardo, Hitler
decise di attaccare l'Urss impiegando un'enorme schieramento di mezzi. Anche
l'Italia partecipò a questa spedizione con il suo esercito. La natura del
conflitto si evidenziava dalle brutalità delle devastazioni nei territori
occupati e dal trattamento riservato ai prigionieri. La II guerra mondiale fu
vissuta dai russi come una grande guerra patriottica contro i
tedeschi. L'esercito tedesco conquistò in breve tempo città importanti
giungendo a pochi chilometri da Leningrado e da Mosca. Con l'arrivo
dell'inverno, l' offensiva tedesca però poteva dirsi esaurita senza che la
Russia si fosse arresa, infatti le truppe russe passarono al contrattacco
riuscendo a far arretrare io tedeschi di almeno 200 chilometri. Nel 1941
anche gli Usa entrarono in guerra. Roosevelt, per aiutare ulteriormente
Francia ed Inghilterra nel conflitto, estese la normativa CASH AND CARRY
(paga e porta via) anche al materiale bellico e fece approvare dal congresso
le nuove leggi LEND AND LEASE (affitti e prestiti) che consentiva di fornire
aiuti militari senza un pagamento immediato. Nella carta atlantica, firmata
da Roosevelt e Churchill, si ha l'intesa tra Usa e Gran Bretagna desiderosi
di annientare la tirannia nazista. Mentre vi era l'ipotesi di un ingresso
ufficiale degli Usa in guerra contro la Germania, il Giappone sorprese tutti
e conquistò Cina ed Indocina. Usa ed Inghilterra reagirono con il blocco
delle forniture economiche intimando al Giappone di fermare la propria
avanzata in Cina e di riconoscere il governo nazionalista cinese. Il 7
dicembre senza alcun preavviso aerei siluranti giapponesi distrussero la
flotta statunitense nel porto di Pearl Harbour nelle Hawaii. L'attacco
agli Usa fu seguito dalla dichiarazione di guerra all'Inghilterra. La guerra
adesso poteva davvero dirsi mondiale! LA SVOLTA DEL CONFLITTO NEL 1942 E
1943 Importante fu la confitta subita dai tedeschi a Stalingrado. Nella
loro avanzata in territorio Sovietico, la gran parte delle forze tedesche
era concentrata nel settore meridionale e aveva posto sotto assedio
Stalingrado. La città venne conquistata a poco a poco. I sovietici però
passarono alla controffensiva; con tre armate l'esercito tedesco venne
accerchiato e nonostante l'ordine contrario di Hitler il comandante tedesco
Von Paulus decise di arrendersi. Con Stalingrado la seconda guerra
mondiale registrava una svolta decisiva. La Russia di Stalin, confortata
dall'enorme prestigio acquisito, cominciava a pensare ad iniziative offensive
verso i Paesi dell'Europa orientale. In Africa settentrionale l'esercito
Inglese guidato da Mongomery, attaccò le truppe italo-tedesche ad El Alamein.
Da quella sconfitta iniziò la ritirata delle truppe italo-tedesche che
persero pure la Libia a favore di Mongomery. Contemporaneamente forze
americane guidate da Eisenhower sbarcavano in Marocco appoggiati da
contingenti francesi comandati da De Gaulle. In Europa i tedeschi procedevano
con l'occupazione militare della Francia di Vichy. In Africa, nel maggio
1943, venivano conquistati dagli americani il Marocco e l'Algeria; e grazie
all'arresa degli italo-tedeschi anche la Tunisia. Presero avvio con il 1943
le conferenze interalleate nella quali venivano discusse le imminenti
questioni del conflitto. La prima di queste si tenne a Casablanca tra
Churchill e Roosevelt che fece emergere "quella questione del secondo fronte"
che avrebbe dominato i rapporti tra gi alleati fino alla conclusione del
conflitto. Gli americani infatti erano favorevoli a concentrare lo sforzo
militare in uno Sbarco in Francia per aprire un nuovo fronte contro la
Germania; mentre Churchill credeva fosse meglio uno sbarco nei Balcani così
da impedire che le truppe sovietiche si impadronissero di quell'area. Lo
sbarco in Italia, deciso nella conferenza TRIDENT nel maggio 1943,
tra Roosevelt e Churchill, si presentava come un fronte di secondaria
importanza rispetto a quello francese o dei Balcani. Era una soluzione di
compromesso imposta dalle circostanze ma che non corrispondeva alle visioni
strategico - politiche degli Usa, dell'Inghilterra e dell'URSS. Le
operazioni militari proseguirono con molta prudenza nel sacrificare uomini e
mezzi e ci vollero più di due anni per risalire l'intera penisola imponendo
enormi sofferenze al popolo italiano. LA GUERRA IN ITALIA E LA
RESISTENZA Il deterioramento del rapporto tra fascismo e opinione pubblica fu
causato dal fallimento militare e dai sacrifici che dovette sostenere la
povera gente. Tutto ciò spinse gli italiani a credere che la guerra fosse
inutile e che responsabile di questo malessere fosse Mussolini ed il
Fascismo. L'opinione popolare finiva per coincidere con quella della
monarchia e degli alti gradi dell'esercito, convinti che il prolungarsi della
guerra avrebbe esposto le istituzioni a grave rischi. Riprese così
l'opposizione antifascista, da ricordare il Partito d'Azione il cui obiettivo
era quello di riunire la tradizione liberal-democratica ed esigenze del
moderno socialismo creando una nuova Repubblica fondata su una nuova
Costituzione. Da ricordare pure gli scioperi del marzo 1943 sollevati, contro
il regime, dal partito comunista, unico rimasto operante ma clandestino, a
cui aderirono gli operai della FIAT e di altre fabbriche. Nel frattempo a
Roma si cercava la soluzione più rapida per mettere fine al Regime ed uscire
dalla guerra. Le forze antifasciste si riorganizzarono e tramite Bonomi
fecero sentire la loro voce presso il Re. Caduta Pantelleria il 10 luglio gli
americani sbarcarono in Sicilia. Mussolini nell'incontro con Hitler del 19
luglio, preferì non affrontare il discorso di una pace separata dell'Italia e
ciò indusse il Re ad accelerare i tempi di una destituzione di Mussolini. Il
19 luglio veniva bombardata Roma. Con la riunione del Gran Consiglio del
Fascismo, tenutasi nella notte tra il 24 e il 25 luglio, Ciano, Grandi e
Bottai, preventivamente accordati, rivedevano il ruolo di Mussolini (in
pratica le dimissioni) e affidavano tutti i poteri alla Corona. Nel
pomeriggio del 25 luglio il Re incontrò Mussolini e gli comunicò la sua
volontà di sostituirlo con il maresciallo Pietro Badoglio. Alla fine
dell'incontro, ad aspettare il Duce, vi era un drappello di carabinieri che
lo arrestarono e lo portarono a Ponza. Per una sorta di congiura era caduto
il fascismo. Badoglio si rivelò subito un fallimento e le sue decisioni
disastrose. Nel messaggio radio del 25 luglio Badoglio dichiarava di
proseguire la guerra con la Germania. I tedeschi preoccupati della cattura di
Mussolini, a scopo cautelativo, fecero affluire in Italia notevoli
contingenti militari che assunsero di fatto il controllo militare dello
Stato. Finiti questi 45 giorni (periodo che va dalla caduta del fascismo,
25 luglio, all'armistizio), gli alleati passavano dalla Sicilia alla
Calabria. L'armistizio "senza condizioni" veniva firmato tra l'americano
Eisenhower e Castellano a Cassibile il 3 settembre 1943 ma annunciato solo
l'8. Senza lasciare alcun ordine, il Re e Badoglio cercarono di mettersi in
salvo lasciando Roma per raggiungere Pescara e successivamente Brindisi,
protetti dagli alleati. La Capitale rimase quindi nelle mani dei tedeschi , i
quali furono vanamente contrastati da deboli eserciti o da cittadini
scesi spontaneamente in strada. Molti soldati furono catturati dai
tedeschi, gli altri senza ordini, non sapendo cosa fare cercarono in ogni
modo di tornare vivi a casa. Il 12 settembre 1943, Mussolini trasferito a
Campo Imperatore, venne liberato magistralmente dai tedeschi e nei giorni
successivi, lui, annunciò nel territorio occupato dai tedeschi, la nascita
della Repubblica Sociale Italiana (Salò). Questo però non era il Mussolini di
una volta, anche nei filmati luce a noi pervenuti, si nota che la sua forte
personalità era pesantemente oppressa dal controllo tedesco. L'unico gesto
clamoroso che fece, fu il processo intentato a Verona contro De Bono, il suo
genero, Galeazzo e Ciano, i quali furono fucilati con l'accusa di
tradimento. Gli alleati giunsero a Napoli il 1 ottobre 1943 dopo che la
popolazione aveva già cacciato da sola i tedeschi. Fino al giugno 1944 i
combattimenti tra alleati e tedeschi si svolsero lungo la linea GUSTAV che
divideva i territori liberati e restituiti all'amministrazione italiana con
la nascita del "Regno del Sud" da quelli ancora occupati dai tedeschi. In
ottobre il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania, così da entrare
nelle grazie americane e spianare la strada ad eventuali trattative di
pace. Il congresso dei partiti comunisti che si tenne a Bari nel gennaio
1944, ritenne essenziale, per ritornare alla democrazia, l'abdicazione del Re
e la costituzione di un governo espressione di tutte le forze
democratiche. Le opposizioni a questo tipo di soluzione erano appoggiate
anche dagli alleati che temevano un'incontrollabile crisi politica. Questa
situazione di forte tensione si sbloccò a marzo con la "Svolta di Salerno"
con la quale l' URSS riconobbe il governo Badoglio costringendo gli USA a
fare lo stesso e contemporaneamente il leader comunista Pietro Togliatti
affermò di essere pronto a collaborare senza pregiudizi con Badoglio ed il
Re. In aprile fu costituito il nuovo governo con a capo Badoglio, appoggiato
dalle forze antifasciste e dal Re il quale si impegnava a trasferire i propri
poteri al figlio Umberto, non appena Roma fosse stata liberata. Si stabilì
inoltre che, del mantenimento o meno della monarchia si sarebbe discusso solo
alla fine della guerra e con un referendum popolare. Dopo lo sbarco di
Anzio avvenuto nel gennaio del 1944 ci vollero più di sei mesi per liberare
Roma a causa dell'accanitissima resistenza tedesca. Ad agosto si liberò pure
Firenze; poi il fronte si stabilizzò lungo l'Appennino tosco-emiliano (linea
GOTICA) superato solo nell'aprile del 1945. A Roma dopo che i poteri erano
passati dal Re al figlio Emanuele, si ebbe la formazione di un governo Bonomi
appoggiato dai socialisti, dai comunisti, dai democratici, dagli azionisti,
dai liberali e dai democratici che avevano dato vita al Comitato di
Liberazione Nazionale. Sull'evoluzione della situazione politica pesava
adesso, anche l'andamento della lotta partigiana sviluppatesi in tutta
l'Europa e soprattutto nell' Italia del centro-nord che ancora era in mano
tedesca. Per la loro guerriglia si distinsero le Brigate Garibaldi e le
Brigate Giustizia e Libertà legate agli ideali di Carlo Rosselli e del
partito d' Azione. La resistenza assunse un enorme significato morale e
politico e voleva l'affermazione di nuove istituzioni politiche e sociali.
Ciò agitava i comandi alleati preoccupati dell'avvento delle teorie
socialiste e proprio per questo motivo non aiutarono molto i partigiani anzi
li invitarono ad abbandonare la lotta. IL CROLLO DELLA GERMANIA E DEL
GIAPPONE Nella conferenza di Teheran svoltasi alla fine del novembre
1943 parteciparono Roosevelt, Churchill e Stalin e si discusse riguardo
all' apertura di un nuovo fronte che fu deciso in Normandia nonostante
Churchill pensasse che fosse più opportuno aprirlo nei Balcani. Il fronte
italiano venne declassato, probabilmente dipese anche da questo gli anni
impiegati per la liberazione italiana. Si discusse pure del futuro assetto
dell'Europa: i Paesi vincitori avrebbero diviso la Germania in Stati; la
Russia teneva i territori occupati con il patto Ribbentrop-Molotov e la
Polonia avrebbe integrato parte del territorio tedesco. Con gli accordi
monetari firmati a Bretton Woods nel luglio 1944 fu definito un sistema di
cambi fisso che aveva come suo punto di riferimento non più solo l'oro ma
anche il dollaro che diventava in questo modo il fondamentale mezzo di
scambio dell'economia capitalista occidentale. Mentre i Russi nella prima
metà del 1944 riconquistavano le città occupate dai tedeschi, gli alleati
comandati da Eisenhower, il 6 giugno sbarcavano in Normandia. L'operazione
vide impegnati più di mezzo milione di soldati approdati utilizzando una
poderosa flotta. Il 15 agosto si aprì un'ulteriore fronte, questa volta nel
sud della Francia "operazione Avil" al quale aderirono pure le forze della
"Francia liberata" comandate dal generale De Gaulle. Il 24 agosto 1944 dopo
più di due anni di occupazione tedesca, Parigi veniva liberata. Hitler
decise di resistere ad oltranza sperando nelle armi di nuova concezione
(missili V1 e V2) capaci di colpire direttamente il suolo Inglese. La guerra
però era perduta. Si pensò di eliminare Hitler e il 20 luglio si ci era quasi
riusciti. L'attentato però fallì e moltissime furono le fucilazioni e gli
arresti ordinati da Hitler sempre più desideroso di continuare nel
conflitto. Adesso gli americani erano indecisi su da farsi: da una parte si
voleva liberare prima il Belgio e l'Olanda per poi passare all'occupazione
della Germania; l'altra parte preferiva occupare subito Berlino per poi
eliminare i rimasugli di resistenza nazista. Non appariva chiaro il
comportamento tenuto dai Russi davanti a Varsavia che sapendo del loro arrivo
era insorta sotto la guida della resistenza non comunista rimasta in contatto
con il governo in esilio a Londra. Le truppe russe restarono ad attendere,
nei sobborghi di Varsavia, consentendo ai nazisti la repressione
dell'insurrezione. Rimase così il dubbio se ciò fosse accaduto per difficoltà
militari o per annientare le forze del movimento antinazista i ispirazione
non comunista. I governi filotedeschi di Romania, Bulgaria e Ungheria,
conclusero armistizi con gli alleati. Churchill e Stalin nell'incontro di
Mosca dell'ottobre 1944 definirono le sfere di influenza: Romania e Bulgaria
sotto influenza russa; la Grecia sotto controllo Inglese; Ungheria e
Jugoslavia divise in ugual modo tra Inghilterra e Russia. A Yalta nel
febbraio 1945 si discusse della Polonia; l'accordo raggiunto fu però assai
vago e prevedeva la formazione di un governo costituito da antinazisti e
successivamente gli elettori polacchi avrebbero dovuto decidere da soli il
loro governo. In realtà accordi segreti lasciavano il via libera all'avanzata
russa. Si parlò anche della Germania e della divisione in zone d'occupazione
a cui doveva seguire una completa smilitarizzazione. Si stabilì che a
governarla dovesse esserci un Consiglio di Sicurezza composta da 16 membri +
5 appartenenti a Usa, Urss, Cina, Francia ed Inghilterra e le
decisioni dovevano essere prese con il consenso unanime delle grandi potenze
mondiali. Mentre gli angloamericani fronteggiavano l'ultima disperata
controffensiva tedesca nelle Ardenne, l'esercito russo avanzava da est. Le
città tedesche furono bombardate per mesi e mentre gli angloamericani si
erano stanziati come d'accordo nella linea del fine d'Elba, i russi entravano
nell'ormai distrutta Berlino dove Hitler insieme ad altri gerarchi nazisti si
era dato la morte all'interno del bunker della cancelleria. In Italia
veniva varcata la linea Gotica e le varie città, sotto l'appello del Comitato
di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia si liberarono; prima Bologna, poi
Milano, Genova e Torino. Il CLNAI assunse i poteri civili e militari delle
città liberate. Mussolini in fuga verso la Svizzera venne arrestato dai
partigiani e fucilato. L'8 maggio 1945 la Germania con Donitz firmava la
resa incondizionata che poneva fine alla guerra in Europa. Sul fronte
orientale, per evitare la lunga durata e le inevitabili perdite umane, Henry
Truman, successo a Roosevelt, si prese la responsabilità ed utilizzò le
terribili bombe atomiche facendole sganciare su Hiroshima e Nagasaki intorno
il 10 agosto 45. Il 2 settembre il Giappone firmava la resa incondizionata
mentre si dava inizio all'era atomica!. IL DOPOGUERRA E LA RIPRESA POLITICA
ED ECONOMICA Importante fu la confitta subita dai tedeschi a Stalingrado.
Nella loro avanzata in territorio Sovietico, la gran parte delle forze
tedesche era concentrata nel settore meridionale e aveva posto sotto assedio
Stalingrado. La città venne conquistata a poco a poco. I sovietici però
passarono alla controffensiva; con tre armate l'esercito tedesco venne
accerchiato e nonostante l'ordine contrario di Hitler il comandante tedesco
Von Paulus decise di arrendersi. Con Stalingrado la seconda guerra
mondiale registrava una svolta decisiva. La Russia di Stalin, confortata
dall'enorme prestigio acquisito, cominciava a pensare ad iniziative offensive
verso i Paesi dell'Europa orientale. In Africa settentrionale l'esercito
Inglese guidato da Mongomery, attaccò le truppe italo-tedesche ad El Alamein.
Da quella sconfitta iniziò la ritirata delle truppe italo-tedesche che
persero pure la Libia a favore di Mongomery. Contemporaneamente forze
americane guidate da Eisenhower sbarcavano in Marocco appoggiati da
contingenti francesi comandati da De Gaulle. In Europa i tedeschi procedevano
con l'occupazione militare della Francia di Vichy. In Africa, nel maggio
1943, venivano conquistati dagli americani il Marocco e l'Algeria; e grazie
all'arresa degli italo-tedeschi anche la Tunisia. Presero avvio con il 1943
le conferenze interalleate nella quali venivano discusse le imminenti
questioni del conflitto. La prima di queste si tenne a Casablanca tra
Churchill e Roosevelt che fece emergere "quella questione del secondo fronte"
che avrebbe dominato i rapporti tra gi alleati fino alla conclusione del
conflitto. Gli americani infatti erano favorevoli a concentrare lo sforzo
militare in uno Sbarco in Francia per aprire un nuovo fronte contro la
Germania; mentre Churchill credeva fosse meglio uno sbarco nei Balcani così
da impedire che le truppe sovietiche si impadronissero di quell'area. Lo
sbarco in Italia, deciso nella conferenza TRIDENT nel maggio 1943,
tra Roosevelt e Churchill, si presentava come un fronte di secondaria
importanza rispetto a quello francese o dei Balcani. Era una soluzione di
compromesso imposta dalle circostanze ma che non corrispondeva alle visioni
strategico - politiche degli Usa, dell'Inghilterra e dell'URSS. Le
operazioni militari proseguirono con molta prudenza nel sacrificare uomini e
mezzi e ci vollero più di due anni per risalire l'intera penisola imponendo
enormi sofferenze al popolo italiano. La liberazione italiana avvenne il 25
aprile 1945 e ripristinò la normale e piena vita democratica. Nell'immediato
dopoguerra vennero rivissute le diverse esperienze storiche: si diffuse
allora il cosiddetto "Vento del Nord", espressione coniata da Pietro Nenni
leader del partito socialista, con la quale affermava il bisogno di
trasformazioni economiche e sociali all 'interno dello Stato
Italiano. Durante questo periodo si ha l'affermazione e la scomparsa di
alcuni partiti. Il partito comunista italiano (PCI) sostenuto da Togliatti
puntava ad una trasformazione in partito popolare di massa e ad un distacco
dalla tradizione bolscevica. Altro obiettivo era la creazione di una
democrazia progressiva tenendo però conto dell'esperienza italiana. Il
partito socialista, allora chiamato PSIUP era tra i principali
partiti dell'Italia liberale; aveva come esponenti principali Giuseppe
Saragat, Pertini, Nenni e Moranti. Puntava ad un socialismo democratico e
umanista distaccato dal leninismo, anche se una parte del partito pensava ad
un legame con il PCI. Il capo della democrazia cristiana (DC), appoggiata
dal mondo cattolico, era De Gaspari. La Dc proponeva un programma al passo
con le esigenze popolari. Il partito costituiva un punto di equilibrio nel
sistema politico, una mediazione tra conservazione e progresso e un
interlocutore per gli alleati occidentali. Il partito d'azione nato
dall'organizzazione di "Giustizia e Libertà" era legato alle teorie di Carlo
Rosselli. Gli esponenti più importanti erano: Ugo la Malfa, Ferruccio Parri e
Leo Valini. Fu molto attivo nel corso della guerra partigiana, mentre adesso
cercava di trovare consensi tra il tra il ceto medio e le classi
popolari. Il partito repubblicano (PRI) similmente al partito d'azione,
voleva proporre un rinnovamento morale politico e sociale. Essendo
antimonarchico non aveva preso parte al governo Bonomi, né al movimento di
liberazione nazionale, ma era stato presente nella lotta contro il fascismo.
Adesso con l'avvicinarsi della scelta tra Monarchia e Repubblica tornava ad
essere un partito di rilievo. Il partito liberale (PLI) ebbe come
presidente Benedetto Croce. La sua forza stava nel legame con esponenti
dell'imprenditoria italiana e nell'adesione di autorevoli personalità
politiche ed intellettuali. Per un breve periodo importante fu pure l'UOMO
QUALUNQUE fondato da Giannini. Alla base del programma vi era un avversione
verso l'invadenza della burocrazia statale e l'esosità delle tasse ma anche
verso la corruzione degli uomini politici che aveva ormai stancato la piccola
media borghesia. Si sentiva il bisogno di stabilità; il motto di questo
partito era "Si stava meglio quando si stava peggio" facendo nostalgici
riferimenti al periodo fascista. Ferruccio Parri fu designato dal CNL come
successore del governo Bonomi. In questo nuovo governo troviamo Nenni nella
veste di vicepresidente, De Gaspari come ministro degli esteri e Togliatti
come ministro della giustizia. I partiti della sinistra e la Dc si trovarono
subito in disaccordo e poco interessati a mantenere le alleanze fatte
pretendevano la propria autonomia di iniziativa politica. Un ulteriore
motivo di instabilità era dato dal movimento separatista siciliano guidato da
Andrea Finocchiaro Aprile e dal "braccio armato" Evis (esercito volontario
indipendenza siciliana). Questi cercarono di rendere la Sicilia indipendente
fino a quando nell'ottobre '45 Parri si decise ad inviare l'esercito
nazionale in Sicilia. Dal punto di vista politico, Parri procedette ad un
epurazione del personale amministrativo compromesso con il fascismo puntando,
con la nomina di prefetti "politici" e non di carriera", alla formazione di
una burocrazia nuova espressione delle forze antifasciste. Sul piano
economico mise pesantissime tasse sul patrimonio e per far uscire allo
scoperto, capitali accantonati durante la guerra, propose la sostituzione
della moneta con una nuova valuta. I suoi progetti economici e politici non
piacquero ai liberali e alla Dc i quali uscirono definitivamente
dall'alleanza e costrinsero Parri alle dimissioni il 24 novembre 1945. La
guida del nuovo governo fu assunta da De Gaspari; tutte le riforme fatte da
Parri furono abolite e ripristinata la normalità. All'Assemblea costituente
che si sarebbe dovuta eleggere poco dopo, non fu concesso il potere
legislativo così da lasciar maggiore margine di manovra al potere esecutivo.
Alle elezioni del 2 giugno '46 per la scelta dei
rappresentanti dell'Assemblea Costituente, la Dc con il 35% dei voti si
affermò come prima forza politica. Il partito d'azione ebbe appena 1.5% e si
sciolse. Il successo della Dc veniva bilanciato da una presenza assai
consistente delle forze della sinistra. Il 2 giugno gli italiani e per la
prima volta pure le italiane, furono chiamate a decidere pure tra Repubblica
o Monarchia. Con il 52% dei voti, passo la Repubblica anche se il minimo
margine della vittoria faceva capire che nonostante gli errori gli italiani
erano ancora legati alla monarchia. La guerra aveva causato danni non
indifferenti all'apparato produttivo del Paese. Le varie circostanze avevano
portato ad un abbassamento della produzione industriale di quasi il 70%
rispetto al 1939. La capacità produttiva era di fatto diminuita e l'enorme
aumento della circolazione di moneta portò in Italia un'inflazione senza
precedenti. Fortunatamente già nel 1945 il governo aveva la situazione sotto
controllo grazie anche agli aiuti alleati (UNRRA). Adesso restava
l'incognita su come intraprendere la ricostruzione economica. Da una parte si
faceva affidamento all'imprenditorialità privata; altri credevano fosse
necessario l'aiuto dello Stato per recuperare il gap economico. Caduto
insieme al governo Parri la possibilità di un cambio di valuta e di eccessive
tassazioni; apparve chiaro che la direzione pubblica dello sviluppo economico
doveva essere accantonata. Un forte aiuto nella ricostruzione, venne dato dal
PIANO MARSHALL (1470 milioni di dollari in 4 anni). Nel 1947 con la
nascita del IV governo De Gaspari, Luigi Einaudi venne nominato ministro del
bilancio. Egli attuò una politica deflazionista attenta ala spesa pubblica e
ai salari. L'inflazione diminuì velocemente e nuovi investimenti diedero
fiducia all'Italia. Con la firma del PATTO ATLANTICO e con l'adesione alla
CECA, l'Italia entrava a far parte del circuito espansivo delle economie
occidentali. La liberalizzazione degli scambi unita ad una riduzione del 10%
dei dazi doganali, non determinò il tracollo del sistema industriale italiano
che invece rinvigorito dalla concorrenza, pose le basi per il boom
economico degli anni 50. Se considerata agli altri Paesi occidentali,
l'Italia risultava ancora troppo povera e con enormi squilibri tra nord e
sud. Il reddito dell'Italia del nord infatti, era pari al 76% del reddito
nazionale, ciò probabilmente era dovuto alla mancanza di industrie nel sud e
alla conseguente occupazione nel settore agricolo. Bisognava
"Industrializzare" il mezzogiorno; nacque a tal fine la SVIMEZ (Associazione
per lo Sviluppo e il Progresso Industriale del Mezzogiorno). Questa
associazione proponeva delle condizioni atte a favorire lo sviluppo delle
attività esistenti e di nuove attività necessarie per lo sviluppo industriale
del mezzogiorno. IL CENTRISMO Dopo il fallimento dell'attentato a
Togliatti, avvenne la rottura dell'unità sindacale e dalla CGIL (di
ispirazione comunista) si staccarono la CSIL e la UIL che rappresentavano
rispettivamente la componente cattolica e quella socialdemocratica
repubblicana. A causa dell'influenza delle componenti di destra, De Gaspari
volle formare un alleanza quadripartita centrista. In questo periodo si
videro realizzate le riforme agrarie (legge Sila e legge Stralcio) le quali
prevedevano l'espropriazione delle grandi proprietà latifondiste per la
costituzione di unita poderali di 10 ettari ciascuno sufficienti al
mantenimento di una famiglia di agricoltori. Si formò pure la Cassa del
Mezzogiorno che, con opportuni finanziamenti statali, assunse compiti di
bonifica, costruzione di infrastrutture, strade, ecc. e che successivamente
si estese al settore industriale con il proposito di portare sviluppo nel
mezzogiorno. La riforma agraria portò l'uscita dei liberali dal governo, che
non erano d'accordo con la riforma. Nelle successive elezioni si vide
l'arretramento della Dc a favore dei monarchici e dell'MSI. A questo punto
con l'"Operazione Sturzo" si cercò, con il consenso di una parte delle
gerarchie vaticane, di presentare una lista che, con l'appoggio prestigioso
dell'anziano leader, raccogliesse esponenti del clericalismo moderato e di
una destra apertamente conservatrice. Il tentativo andò a vuoto e venne
proposta la "legge truffa". Questa legge prevedeva l'assegnazione del 65% dei
seggi parlamentare, al partito che avesse preso il 50.1% dei
voti. Nonostante tutto, per 57000 voti, la Dc non arrivò al premio di
maggioranza offerto da questa legge, mentre sia il Pci che i monarchici
ottennero splendidi risultati confermando le preoccupazioni di De Gaspari sul
futuro dell'alleanza centrista. CRISI DEL CENTRISMO E MIRACOLO
ECONOMICO Dopo il rifiuto al suo governo, De Gaspari si ritira a vita
privata; quel governo "monocolore" (composto cioè da soli democristiani) non
soddisfava le esigenze italiane della seconda legislatura repubblicana e
segnò la fine della sua carriera politica. De Gaspari morirà un anno dopo
(agosto 1954). Fu quindi un altro democristiano a succedergli, Giuseppe
Pella, ma sempre alla guida di un monocolore; questi si trovò ad affrontare
la crisi sulla questione di Trieste: la zona B apparteneva sempre alla
Jugoslavia, mentre la zona A, appartenente agli Anglo-Americani, doveva
essere restituita all' Italia nel 1948, ma così non era avvenuto. Tito
minacciò subito ritorsioni nel caso di un eventuale ingresso italiano nella
zona A e Pella inviò alcune truppe sulla frontiera di Gorizia. Alla fine,
si raggiunse un accordo, poi ratificato nell'ottobre del 1954: l' Italia
avrebbe avuto la restituzione della zona A, ma avrebbe definitivamente
rinunciato alla zona B. Il governo Pella, però, finì con il cadere, in quanto
la forze di centro e quelle di sinistra, guidate rispettivamente da Mario
Scelba e Amintore Fanfani, vi si opposero con determinazione. Dopo un vano
tentativo di Fanfani di ottenere la fiducia, fu Scelba a formare il nuovo
governo, sulla base di un alleanza Tripartita DC, Psdi, Pli, attribuendo la
vicepresidenza a Saragat e cercando di riprendere il disegno
degasperiano. Nel dicembre 1954 veniva presentato un piano decennale di
sviluppo ed incremento economico, detto "piano Vanoni", dal nome del
ministro democristiano Ezio Vanoni: lo Stato s'impegnava a creare 4 milioni
di posti di lavoro. Apparso troppo pretenzioso e vincolante agli occhi dei
liberali, il piano, benché approvato dal Parlamento, rimase privo di ogni
concreta efficacia. Successivamente, venne eletto presidente della
Repubblica Giovanni Gronchi, grazie ai voti dei comunisti e dei
socialisti. Durante il nuovo governo guidato da Segni, si ebbe la firma dei
trattati di Roma istituiti dalla CEE e dall'EURATOM: era la fine
dell'esperienza centrista italiana. Fu certamente Enrico Mattei la figura
più importante del miracolo economico italiano. Riuscì a trovare giacimenti
di metano nella Pianura Padana dopo la fine della guerra e decise che
l'Italia doveva essere indipendente dai paesi possessori di risorse del
sottosuolo, superando così il cartello dei prezzi imposti dalle "Sette
sorelle", le grandi compagnie petrolifere anglo-americane, con la formula del
Fifty-Fifty, metà e metà. Cercò risorse in tutta la penisola, riorganizzò
l'Agip, comprò e vendette in Russia, Iran e Algeria. Morì in circostanze
misteriose, in un incidente aereo nel 1962. VERSO IL CENTRO
SINISTRA Con le elezioni politiche del maggio 1958 si ha un apertura a
sinistra. Essa fu favorita anche dalla morte di Pio VII e l'elezione di
Giovanni XXIII, uomo di aperte vedute e non anticomunista come il suo
predecessore. Ci furono forze contrarie a quest'avventura a sinistra
sostenute principalmente dai più importanti giornali d'opinione, grandi
industriali, la media e grande proprietà terriera allarmati dal fatto che con
i socialisti al governo si sarebbe attuata una politica
riformatrice. Fanfani, in questo periodo, venne eletto presidente del
Consiglio, accumulando due cariche contemporaneamente poiché egli era già
segretario della DC. Con lui i tempi di un'intesa con il PSI apparvero
vicini. Gli oppositori interni della Dc lo costrinsero a dimettersi da
entrambe le cariche, così il nuovo segretario della Dc venne eletto Aldo
Moro, mentre Antonio Segni tornava alla guida del governo. Con grande
capacità di mediazione, Moro, convinse le componenti moderate del partito del
mantenimento della Dc con un apertura al PSI per dare una maggiore stabilità
politica al governo. Con il congresso di Firenze della Dc, seguito dalle
dimissioni di Segni, sembrò possibile varare un governo tripartito con
l'appoggio dei socialisti. Vinsero però ancora una volta i timori degli
ambienti cattolici e delle gerarchie vaticane contrarie ad un'apertura a
sinistra favorendo la formazione di un governo di transizione guidato da
Tambroni. Egli si dimise poco tempo dopo a causa dell'instabilità del
governo, anche se però continuò a governare sotto suggerimento di
Gronchi. Subito dopo si manifestò con violenza l'insoddisfazione della
società italiana, particolarmente negli episodi del luglio 1960. In questi
giorni infatti, si ebbe una vera e propria sommossa a Genova in cui
Tambroni acconsentì alla riunione del congresso dell'MSI. La sommossa si
ampliò in altre città del settentrione causando molti danni e provocando le
dimissioni di Tambroni. Fanfani tornò nell'agosto dello stesso anno al
governo sostenuto dalla Dc, Pdsi, Pri, Pli ma senza l'appoggio dei
socialisti. Nel congresso di Napoli (1962) della Dc, si decise che il partito
socialista poteva partecipare al governo. Il primo governo formato con
l'appoggio dei socialisti, aveva come primo problema la programmazione
economica e alla nota aggiuntiva proposta da La Malfa. Nella nota aggiuntiva
si affermava la necessità di partecipazione all'economia da parte del governo
tramite "partecipazioni statali" che con la formazione di quel governo
(Fanfani) portarono alla nazionalizzazione dell'energia elettrica.
Importantissima fu anche l'estensione dell'obbligo scolastico fino all'età di
14 anni. Dopo le elezioni politiche del 2 giugno 1963, che videro la perdita
della Dc a favore dei liberali passati all'opposizione, nel XXXV Congresso
del partito socialista, Pietro Nenni e Francesco De Martini, decisero la
diretta partecipazione ad un nuovo governo di centro sinistra guidato
dal democristiano Aldo Moro. Per la prima volta Dc e socialisti facevano
parte di un governo di coalizione. LA GUERRA FREDDA "La guerra fredda
viene generalmente descritta come un gioco a vincita zero nel quale il
punteggio di un giocatore è pari alle perdite dell' altro.Sarebbe però più
realistico vedere il sistema della guerra fredda come una macabra danza di
morte nella quale i governanti delle superpotenze mobilitano le proprie
popolazioni per avere il consenso su misure dure e brutali rivolte contro
vittime all'interno di quelle che vengono considerati i rispettivi domini,
nei quali stanno progettando i loro progetti. Appellarsi alla presunta
minaccia di un potente nemico globale ha dimostrato essere un utile strumento
a questo scopo.Quando gli USA si muovono per rovesciare il governo dell'Iran
o del Guatemala o del Cile . lo fanno con il nobile scopo di difendere i
popoli liberi dall'imminente minaccia russa .Nello stesso modo l'URSS manda
i suoi carri armati a Berlino est , in Ungheria , a Praga .per il più puro
dei motivi : difendere il socialismo e la libertà dalle macchinazioni
dell'imperialismo americano e delle sue coorti " . Il 1945 anno della fine
della II guerra mondiale ha segnato l'inizio di un' epoca definita l'età
delle super potenze , dominata dalla presenza e dalla concorrenza di due
grandi blocchi politico-economico-militari entrambi in grado di distruggere
l'avversario e con esso la vita di tutto il pianeta. Fortunatamente lo
scontro politico ed ideologico non degenerò mai in un conflitto militare
aperto : per questo il dopo guerra viene generalmente denominato come il
periodo della guerra fredda . Gli anni della G.F. sono stati segnati da una
tensione continua ,da guerre locali definite " guerre per delega ", in quanto
combattute dagli alleati degli USA e dell'URSS , e dalla corsa agli armamenti
. L' inizio della G.F. viene fatto risalire alla conferenza di Yalta ,
dove " I tre grandi " Churchill , Roosevelt e Stalin , decisero le sorti
del mondo che usciva dalla guerra . In termini brutali ,ci fu una vera e
propria spartizione del mondo tra USA e URSS.
I protagonisti della
guerra fredda
URSS: L'URSS uscì dalla II guerra mondiale notevolmente
provata : 18 milioni di morti , molte città distrutte e tutte le sue regioni
europee invase dalla Germania . Riuscì comunque ad affermarsi a livello
mondiale grazie alla forza del suo grande esercito ( " l'armata rossa " ) ,
grazie alla ferrea disciplina imposta da Stalin e grazie allo sfruttamento
dei territori occupati. Fin dal 1945 , infatti , l'URSS avviò una
politica di sfruttamento sistematico dei paesi occupati , volta a
ricostruire e accelerare lo sviluppo del sistema industriale sovietico.
Vennero quindi imposte pesantissime riparazioni agli ex alleati della
Germania ( Ungheria , Romania e Bulgaria ) costretti a cedere risorse
finanziarie , derrate agricole , macchinari e mezzi di locomozione. Interi
complessi industriali , un tempo controllati dai tedeschi , vennero inoltre
smantellati e ricostruiti su territorio russo. Il suo potere derivò
inoltre dal grande appoggio di tutti i partiti comunisti del mondo e dalle
speranze di indipendenza che essa alimentava in tutti i paesi ancora soggetti
al regime coloniale. In Europa orientale , la massiccia presenza dell'armata
rossa anche dopo la fine del conflitto , determinò l'imposizione russa di
governi comunisti filo-sovietici ( e di conseguenza l'allontanamento forzato
dei dirigenti non comunisti ) e la conseguente collettivizzazione
dell'economia. Nel 1947 così si insediarono governi filo-sovietici in Polonia
, Bulgaria , Ungheria e Romania , uniti tutti alla " madre Russia "
mediante organizzazioni politiche , COMINFORM , economiche , COMECON e
militari , Patto di Varsavia. Il Cominform era una sorta di riedizione
della terza Internazionale ( che si era sciolta nel '43 in omaggio
all'alleanza antifascista ) , ed il suo scopo era quello di coordinare l'
azione di tutti i partiti comunisti europei . Fondato nel 1947 dai
rappresentanti dei partiti comunisti dei paesi dell'Europa orientale , di
Francia ed Italia , Il Cominform divenne lo strumento tipico della
contrapposizione tra blocco comunista e blocco occidentale .IL Cominform
venne però sciolto nel 1956 con l'avvio della politica di coesistenza
pacifica avviata dal leader sovietico Chruscev . Grazie al COMECON invece,
l'URSS si assicurò il controllo delle economie dei paesi da lei occupati.
Attraverso il " consiglio di mutua assistenza economica " (COMECON) infatti,
l'URSS poté scegliere i processi di produzione dei paesi satelliti in modo
tale che questi risultassero complementari a quelli russi. I tassi di scambio
all'interno dell'area del rublo, nonché la quantità ed i prezzi dei beni
scambiati furono quindi rigidamente controllati dal potere sovietico. La
Russia così conobbe ben presto un rapido sviluppo: nei primi anni
del dopoguerra, la crescita produttiva sovietica fu notevole, con
incrementi medi del 10 % annuo. Il Patto di Varsavia fu invece la
risposta sovietica all'ingresso nella Nato della Germania Federale. Esso
si configurò come organizzazione militare dei paesi comunisti dell' Europa
orientale e conferì alla Russia il comando di tutte le forze militari dei
paesi contraenti il trattato. Il patto di Varsavia si sciolse soltanto nel
1991 in seguito al crollo dei regimi comunisti nell'Europa
orientale.
USA: Gli USA uscirono dalla II guerra mondiale addirittura
rafforzati; essi non avevano, infatti, conosciuto né occupazione straniera né
bombardamenti e la loro capacità produttiva era notevolmente aumentata dato
lo sforzo fatto per rifornire di armi e di ogni altra merce i propri soldati
in guerra. Alla fine della guerra gli USA si ritrovarono con la più potente
marina e aviazione militare del mondo e la sua supremazia militare era
garantita dal possesso della bomba atomica. Anche nel campo economico la
supremazia degli USA era indiscutibile, con la conferenza di Breton Woods del
1944 infatti , poiché gli USA possedevano i due terzi delle riserve aurifere
mondiali ed era necessaria la ricostruzione di un sistema monetario
internazionale efficiente e stabile per la ripresa della crescita degli
scambi internazionali , fu deciso che di tutte le monete internazionali ,
solo il dollaro avrebbe mantenuto la convertibilità in oro diventando così la
moneta chiave del sistema. Gli scambi e i pagamenti internazionali sarebbero
stati effettuati unicamente in dollari e la valuta americana sarebbe divenuta
moneta di riserva in sostituzione dell' oro. Vennero inoltre create due
nuove istituzioni economiche internazionali : la Banca Mondiale ed il Fondo
Monetario Internazionale con lo scopo di agevolare con prestiti lo sviluppo
dei paesi più arretrati . Queste istituzioni , nate per essere " super partes
" dipendono però principalmente dai finanziamenti USA e sono quindi
largamente influenzati dalla politica di Washington . Agli occhi degli
americani il fallimento delle democrazie europee , la nascita dei regimi
fascisti , dei vari nazionalismi e della stessa catastrofe bellica erano il
frutto della mancata risoluzione dei problemi finanziari creati dalla I
guerra mondiale . Solo l' affermazione della libertà di commercio su scala
mondiale e lo sviluppo della cooperazione internazionale avrebbero potuto
assicurare la pace e la democrazia . Gli USA si proclamarono allora promotori
di quest'ideale e lo dimostrarono attuando il cosiddetto " Piano Marshall "
. Il Piano Marshall consisteva nella concessione agli stati europei
di prestiti a basso interesse o a fondo perduto , nella fornitura di
massicci aiuti in beni alimentari e materie prime e soprattutto nel
rinnovamento tecnico delle imprese europee attraverso l'introduzione di
macchinari , tecnologie e tecniche di produzione più moderne . Il piano
Marshall che all'inizio era piuttosto vago assunse ben presto dimensioni
considerevoli : dal 1948 ( anno del suo inizio ) al 1957 ( anno della
conclusione ) esso portò allo stanziamento di ben 13 miliardi di dollari .
Esso d'altra parte permise agli USA di influenzare la
condotta economico-finanziaria dei paesi assistiti e di favorire gli
investimenti esteri americani . IL piano Marshall inoltre , creando un
forte legame tra USA e Europa occidentale , si poneva come forte baluardo
contro le mire espansionistiche sovietiche in Europa . Fu per questo dunque
che quando gli americani offrirono i loro aiuti anche a Cecoslovacchia e
Polonia , fu lo stesso Stalin ad intervenire e ad imporre ai governi di
Varsavia e di Praga di rifiutare l'offerta americana . La solidarietà
politica tra Usa ed Europa si riaffermò poi nel 1949 con l' alleanza
politico-militare del Patto Atlantico che ebbe il suo strumento bellico nella
NATO ( North Atlantic treaty Organization ) cui aderirono 12 paesi . La
Nato era una alleanza con dichiarato carattere difensivo , ma il suo sorgere
confermò comunque una netta divisione dell'Europa occidentale da quella
orientale. Questa divisione fu confermata nel 1955 quando i paesi del blocco
comunista opposero alla NATO una loro alleanza militare , IL Patto
di Varsavia , che istituiva a Mosca il comando supremo delle forze armate
di tutti i paesi a lei alleati. Era dunque calata quella " cortina di ferro
" di cui Churchill aveva parlato già nel 1946.
I "non
allineati"
Non tutte le nazioni però avevano accettato di allinearsi con
uno dei due blocchi e avevano preferito restare neutrali e conservare i
propri orientamenti tradizionali nella politica estera e le proprie strutture
e istituzioni di governo. Tra i " non allineati " europei il più
importante fu la Yugoslavia di Tito che nel 1948 , vista la scarsa presenza
dell'armata rossa sul suo territorio , arrivò ad una rottura definitiva con
l'URSS per quanto riguardava le relazioni economiche e militari , aderendo
invece al piano Marshall e intensificando gli scambi con l ' occidente . Si
proclamò quindi repubblica federale e concesse ampie autonomie alle sue sei
regioni . In questo modo dunque , La Yugoslavia si pose come cuscinetto
neutrale tra Est ed Ovest .
Nel 1955 inoltre , a Bandung, (
India? ) ci fu una conferenza tra i vari paesi afro-asiatici non allineati ,
i quali proclamarono la volontà di essere ormai soggetti attivi e non più
oggetti di azioni politiche e la possibilità di una pacifica convivenza tra
sistemi politici e sociali diversi .
L'ONU
Di matrice
soprattutto americana, fu anche l'ispirazione di base dell' organizzazione
delle nazioni unite -ONU-, creata nella conferenza di S.Francisco in
sostituzione della screditata Società delle Nazioni, con l' obbiettivo di
salvare le generazioni future dal "flagello della guerra" e di impiegare
"strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di
tutti i popoli". La struttura organizzativa venne articolata attorno a tre
organismi principali: il segretariato generale, con funzioni amministrative,
l' assemblea generale, col potere di adottare a maggioranza
semplice risoluzioni che però non sono vincolanti ma hanno solo valore
di raccomandazione ed il consiglio di sicurezza. Quest'ultimo si compone
di quindici membri ed ha il potere di produrre decisioni vincolanti per
gli stati ed ha il potere di adottare misure che possono arrivare anche
all' intervento armato. Dei quindici membri del consiglio di sicurezza, le
cinque massime potenze vincitrici della seconda guerra mondiale sono membri
permanenti con diritto di veto, mentre gli altri dieci vengono eletti a turno
tra gli altri stati. Con l'evolversi del processo di contrapposizione dei due
blocchi, l'ONU restò schiacciata dallo scontro tra USA e URSS ed il suo
potere venne notevolmente ridimensionato. In molte delle più spinose
questioni internazionali, l'ONU venne sistematicamente scavalcata dalle
decisioni delle grandi potenze.
La politica del terrore e la corsa
agli armamenti
Nel 1945 il primato atomico americano finì. Fu proprio
questo infatti, l' anno in cui l'URSS riuscì a costruire la sua prima bomba
atomica. LA fine del monopolio atomico americano colse di sorpresa i
governi occidentali e mutò radicalmente le prospettive delle
relazioni internazionali. Improvvisamente lo scontro ideologico e politico
sembrò potersi trasformare in un aperto conflitto nucleare. Tutti gli
uomini e le donne a Ovest come ad Est avevano la sensazione di una imminente
catastrofe e ciò rendeva ancora più difficile i rapporti tra i
due blocchi. Le tecnologie cui si era arrivati da ambo le parti, infatti,
erano tali da potersi annientare istantaneamente a
vicenda. Paradossalmente però, la consapevolezza dell'enormità del
potenziale distruttivo delle armi accumulate da ambo le parti, impedì di
fatto lo scoppio di un conflitto nucleare aperto. Tale fenomeno prese il nome
di politica della " deterrenza ". Nel 1952 intanto, gli USA
riconquistarono la supremazia nucleare con la costruzione della prima " bomba
H ", la bomba all'idrogeno, che aveva una potenza distruttiva mille volte
superiore a quella della bomba di Hiroshima. Pochi mesi dopo i sovietici
ottennero gli stessi risultati. Nessuno dei due paesi aveva però interesse a
combattere una guerra nucleare sul proprio territorio e perciò un eventuale
scontro diretto si sarebbe potuto svolgere soltanto in Europa, vista la sua
posizione strategica e viste le ancora insufficienti tecnologie per il
trasporto delle bombe di cui disponevano i due blocchi. Conseguenza di
questo fu il fatto che i paesi europei membri della NATO affidarono a
Washington ogni decisione sulla loro difesa. La corsa agli armamenti era
ormai cominciata. Sia USA che URSS cominciarono a investire gran parte dei
loro capitali nella ricerca e nella costruzione di armi sempre più nuove e
più potenti. Gli USA ,comunque, mantennero sempre una certa superiorità
tecnologica, superiorità che venne seriamente minacciata nel 1957 con la
messa in orbita da parte dei sovietici dello " Sputnik " . Lo Sputnik era
il primo satellite artificiale in orbita attorno alla terra , ma la sua
importanza, agli occhi degli occidentali, consisteva soprattutto nel fatto
che ora i sovietici avrebbero potuto disporre di propulsori in grado di
lanciare missili dal suolo russo direttamente sul territorio americano. In
risposta allo Sputnik gli USA lanciarono nel 1958 il loro primo
satellite orbitale : l' Explorer. Nel 1961 seguirono all'Explorer i primi
missili intercontinentali americani : gli Atlas , cui si aggiunsero poi i
primi sottomarini a propulsione nucleare, non intercettabili ed in grado di
restare in immersione per parecchi mesi, percorrendo migliaia di
chilometri. Dal '45 agli anni '90, sono state costruite più di 130 mila
testate nucleari , 75 mila dagli americani, 55 mila dai russi. Secondo una
stima pubblicata nel 1995 nel " Bullettin of the atomic scientists' ", gli
USA da soli hanno speso dal 1940 ad oggi circa 3900 miliardi di dollari per i
loro programmi nucleari. L'URSS probabilmente spese una cifra confrontabile
il che, insieme con le spese delle potenze nucleari "minori" ( Francia, Gran
Bretagna, Cina, Israele, India e Pakistan ), porta la spesa complessiva a
qualcosa nell'ordine dei 9000 miliardi di dollari ( equivalente a nove volte
il PIL annuo attuale italiano ). Un esempio significativo della
distorsione economica e sociale prodotta dalla corsa agli armamenti è stata
la creazione in Russia di intere città chiuse al mondo esterno e dedicate
alla produzione di materiale fissile e di altri prodotti per le armi
nucleari. La popolazione totale di queste città chiuse ha superato le 700
mila unità. " Le armi nucleari costituiscono dunque un fenomeno unico nella
storia dell' umanità : mai così tante energie sono state dedicate allo
sviluppo, alla produzione e all'installazione di sistemi d'arma che, per
circa 50 anni sono stati solo accumulati senza mai essere utilizzati." (
Paolo Cotta ).
Il Mondo tra spie e " caccia alle streghe "
A est
come a ovest, la propaganda politica anticomunista da una parte, dall' altra
la condanna del capitalismo di cui si prevedeva il prossimo declino, assunse
una posizione di grande rilievo. In entrambi i blocchi , paure irrazionali e
cecità politica sfiorarono il fanatismo. Problemi interni al blocco
occidentale : Ad Ovest, e soprattutto negli USA , potenti interessi
industriali premevano affinché le spese militari fossero incrementate. Al
nome del senatore americano McCarthy, sono legate pesanti misure repressive
che portarono all'estromissione dal pubblico impiego tutti i sospetti
simpatizzanti comunisti ( una vera " caccia alle streghe ")e alla repressione
delle minoranze, a partire dai neri, potenzialmente sovversive. Per alcuni
anni fu addirittura vietata la proiezione dei film di Chaplin rei di tendenze
filo comuniste. Tale fenomeno prese appunto il nome di " Maccartismo ". Quasi
ad emblema di quegli anni, è rimasta la condanna a morte e l'esecuzione di
due innocenti, i coniugi Rosenberg, accusati di spionaggio a favore dei
sovietici. In Germania occidentale inoltre, gli alleati abbandonarono ben
presto i loro programmi di denazificazione e adottarono una silenziosa
politica di reintegrazione degli ex collaboratori del regime nazista in modo
tale da poterne sfruttare le conoscenze contro il nuovo pericolo
comunista. Un caso eclatante fu l'accoglienza che gli americani riservarono
all' ingegner Werner von Braun, l'inventore dei famigerati V2, i missili con
i quali Hitler aveva bombardato Londra durante la II guerra mondiale. Nel
caso in cui inoltre, partiti comunisti o comunque filo sovietici
fossero saliti al potere nei paesi del blocco occidentale, gli americani
avrebbero provveduto al sabotaggio di tale governo ( mediante organizzazioni
di spionaggio come la Cia ) avvalendosi anche, se necessario, dell'uso
delle armi ( come accadde ad esempio a Panama ). In Germania il partito
comunista venne posto fuorilegge, mentre in Gran Bretagna, Francia e Italia i
partiti comunisti presero il sopravvento.
Problemi interni al blocco
comunista:
Nel blocco orientale, i partiti comunisti, persino laddove
erano in maggioranza, mortificarono la loro egemonia imprigionandola in forme
di governo autoritarie, povere di dialettica politica, criminalizzando
le manifestazioni di dissenso, dietro le quali si sospettava l'esistenza
di trame destabilizzatrici "capitaliste". Per quasi un decennio, si sgranò
un'interminabile serie di processi contro oppositori interni veri o presunti
tali, non di rado le confessioni estorte a vittime innocenti furono
funzionali alla lotta politica interna agli apparati politi
comunisti. Ogni tentativo di riforma fu duramente represso . Fulgido
esempio ne furono gli scontri avvenuti a Budapest nel 1956. Le frange
comuniste più democratiche, attraverso l'insurrezione popolare, riuscirono ad
imporre un nuovo governo guidato da Imra Nagiy, il quale si staccò dal patto
di Varsavia proclamando la neutralità dell'Ungheria. Le truppe sovietiche
presenti sul territorio furono costrette ad uscire dai confini
ungheresi. Cogliendo il pretesto dell'incapacità del Governo Nagiy di far
fronte ai tentativi di controrivoluzione in atto, Kadar, Segretario del
Partito, egli pure antistalinista ed inizialmente favorevole a Nagiy,
costituì un uovo governo; una delle prime misure fu la richiesta di
intervento delle truppe del Patto di Varsavia che soffocarono nella violenza
il tentativo di liberalizzazione del socialismo ungherese. Nel 1968
inoltre ci fu la famosa "primavera di Praga" "Non erano la Cina di Mao né la
Cuba di Castro, i modelli e i simboli che mobilitarono le masse
cecoslovacche, ma il maturo convincimento che era necessario andare avanti
nell'umanizzazione della società: questo era l' aneddoto bruscamente
interrotto dopo il 1968; combattevano per mettere l' uomo al centro della
Società e non certo interessi del capitale o del partito". Tutto cominciò
nel gennaio del '68 quando il nuovo segretario del Partito Comunista Dubcek
cercò di rinnovare il sistema economico e politico del suo Paese. Egli si
proponeva di affermare un socialismo più aperto rispetto agli altri
socialismi dell'epoca. C'era voglia di giustizia, libertà e democrazia e per
questo si accettò la presenza di nuovi partiti e si incentivò la libertà di
stampa e di opinione. Grazie a questo nuovo socialismo dal volto più umano la
Cecoslovacchia conobbe un periodo di grande fermento intellettuale, anche se
le proposte governative non vollero mari mettere in discussione la posizione
del Paese all'interno del Sistema Sovietico. L'URSS però preoccupata degli
effetti contagiosi che questa nuova situazione avrebbe potuto portare negli
altri Paesi del blocco, decise di inviare in Cecoslovacchia le proprie
truppe. Il 21 agosto del '68 truppe sovietiche entrarono a Praga, arrestarono
prima e isolarono politicamente poi dirigenti del Governo e gran parte
degli intellettuali che lo avevano appoggiato. Reinstallarono poi un
Governo comunista di stampo tradizionale. Questa azione contribuì
ulteriormente all'appannamento dell'immagine dell' URSS. Essa infatti venne
duramente contestata da gran parte dei partiti comunisti del mondo.
La
politica estera dei due blocchi
Il fenomeno della "deterrenza" ebbe come
conseguenza lo spostamento in zone periferiche della conflittualità che
esisteva tra i due blocchi. Iniziò così, alla fine degli anni '40 una serie
interminabile di conflitti locali dietro i quali si collocavano più o meno
visibilmente le due superpotenze.
La guerra di Corea
Uno dei
conflitti che più fece restare il mondo col fiato sospeso fu la guerra in
Corea. La Corea era divisa, a livello del 38° parallelo, tra un nord
legato geograficamente, economicamente e politicamente a URSS e Cina e un
sud proiettato verso il non lontano Giappone e area fondamentale per
la strategia militare americana. Nel giugno del 1950, le forze nord
coreane armate dai sovietici invasero il sud del paese. Di fronte a quella
che appariva una clamorosa conferma delle mire espansionistiche sovietiche,
gli USA reagirono inviando in Corea un forte contingente militare mascherato
sotto la bandiera dell'ONU. Gli americani riuscirono a respingere i nord
coreani e a oltrepassare addirittura il 38° parallelo. A questo punto
però, sentendosi minacciata, intervenne nel conflitto anche la Cina di Mao in
difesa dei comunisti, inviando un massiccio corpo di "volontari". Le forze
comuniste riuscirono così a rientrare nuovamente nei territori del sud. Le
forze americane, sotto il comando del generale Mc Arthur, furono tentate di
usare nuovamente la bomba atomica, ma per il timore di un conflitto mondiale
nucleare non se ne fece nulla. Nell'aprile del '51 Truman accettò di aprire
le trattative con la Corea del Nord. I negoziati si trascinarono a lungo
concludendosi solo nel '53 con il ritorno alla situazione precedente alla
guerra ( confine lungo il 38° parallelo ). Con la guerra di Corea, gli USA
accrebbero la loro sensibilità verso le minacce espansionistiche sovietiche
nel Pacifico e rafforzarono quindi i legami militari con i loro alleati
asiatici ed europei.
La crisi di Cuba
All'inizio del 1959, un
movimento rivoluzionario guidato da Fidel Castro ed Ernesto "Che" Guevara,
poneva fine alla dittatura di Fulgenico Batista, sostenuta dagli
americani. Il progetto di Castro si proponeva una politica di riforme di
stampo popolare ma le ostilità dimostrate dagli USA nei confronti
della rivoluzione, spinsero Cuba a stringere rapporti sempre più stretti con
la lontana Russia. Il I dicembre '61 Cuba si dichiarò repubblica
democratica socialista. La Russia diventò il principale partner economico di
Cuba e tutte le imprese dell'isola vennero nazionalizzate. All'inizio del
suo incarico, il presidente americano Kennedy tentò di soffocare il regime
socialista cubano sia boicottandolo economicamente ( l' embargo contro Cuba è
ancora in vigore )sia appoggiando i gruppi di esuli anti-castristi che
tentarono nel 1961 di sbarcare nella "baia dei porci" per raggiungere l'Avana
e rovesciare il regime castrista. L'azione però fallì miseramente soprattutto
grazie al mancato appoggio del popolo agli anti-rivoluzionari. Nella
tensione così creatasi, si inserì l'Urss che non solo offrì ai
cubani assistenza economica e militare, ma iniziò l'installazione sull'isola
di basi per il lancio di missili nucleari. Gli USA scoprirono ciò solo nel
'62 e Kennedy ordinò subito un blocco navale attorno a Cuba per impedire
che navi russe raggiungessero l'isola. Per sei terribili giorni ( 16-21
ottobre )il mondo fu nuovamente vicino ad un conflitto atomico ma alla fine
il primo ministro russo Krusciov cedette e si accordò con Kennedy per il
ritiro dei missili in cambio dell'impegno americano a non invadere
l'isola.
Vietnam : "una sporca guerra"
Una delle conseguenze della
II guerra mondiale fu l'emancipazione dei popoli colonizzati. Gli anni fra il
1947 e il 1962, videro compiersi, spesso con violenti contrasti, la
dissoluzione degli imperi coloniali di Gran Bretagna, Francia, Belgio e
Olanda. In particolare l'Indocina, dove movimento di liberazione guidato dal
capo comunista Ho-Chi-Minh si oppose al ritorno della Francia dopo la fine
della guerra, la lotta fu dura e sanguinosa. Il conflitto che ne seguì si
protrasse per otto anni ( '46-'54 ) e alla fine la Francia dovette
abbandonare le sue colonie in Asia. L'Indocina venne smembrata tra gli stati
di Laos, Cambogia e Vietnam. Quest'ultimo venne ulteriormente diviso tra
Vietnam del nord, retto da un regime comunista, e Vietnam del sud, governato
da un regime dittatoriale sostenuto dagli USA. Dopo il 1954 la situazione
tra i due Vietnam si fece molto tesa. Nel sud tra '57 e '59, si organizzò un
movimento di guerriglia - i "Vietcong" - contro la dittatura, guerriglia che
venne appoggiata dal governo comunista del nord ( e quindi anche da URSS e
Cina ). Ne nacque una sanguinosa guerra civile in breve tempo complicata
dall' intervento militare degli USA nel sud del paese. Nonostante
l'impiego di ingenti forze terrestri e aeree ( specialmente durante la
presidenza Jhonson ), gli americani non riuscirono a risolvere il conflitto
con la forza e la lotta si trascinò per anni, fino al 1974 quando, in seguito
ad una grande offensiva lanciata dai nord vietnamiti, l'intero paese cadde
nelle mani dei comunisti. Il conflitto, che alla fine si risolse dunque con
la sconfitta degli americani, aveva conosciuto, durante tutto il periodo del
suo svolgimento, una fortissima opposizione da parte dell'opinione pubblica
sia di sinistra che di destra. I motivi della guerra, infatti, secondo
l'opinione pubblica non erano sufficienti a spiegare gli altissimi costi
economici ma soprattutto umani del conflitto. Senza contare poi che essa
apparve a molti come una guerra ingiusta ("una sporca guerra") perché
contraria al diritto di auto determinazione dei popoli.
Gli uomini
della coesistenza pacifica
Tre uomini, soprattutto, diedero consistenza
alle prospettive di coesistenza pacifica tra i regimi di tipo borghese e di
tipo comunista: il sovietico Kruscev, il neo presidente americano Kennedy e
Giovanni XXIII papa dal 1958. Nel 1953 Stalin era morto e con la sua morte
iniziarono a dissolversi, pur tra numerose contraddizioni, quel clima cupo,
quella rigidità burocratica, quella pesantezza ideologica che avevano
connotato la politica del segretario generale del PCUS ( partito comunista
russo ). Nikita Kruscev impresse una vigorosa spinta alla politica di
riapertura e delle riforme. In quegli anni il Cremlino avviò una certa
decentralizzazione delle decisioni economiche, privilegiò lo sviluppo
dell'industria produttrice di beni di consumo rispetto a quella
pesante. In sostanza, Kruscev volle interpretare il confronto tra i due
blocchi soprattutto in chiave di competizione economica fra i due sistemi:
la vittoria sarebbe andata a quella capace di assicurare al popolo il più
alto grado di benessere e di giustizia sociale. Kruscev ebbe anche il
coraggio di denunciare al mondo intero, durante il XX congresso del PCUS del
'56 gli errori e i crimini commessi dal suo predecessore Stalin:" Compagni!
Il culto della personalità ha causato la diffusione di principi errati nel
lavoro del partito e nell'attività economica, ha portato alla violazione
delle regole della democrazia interna al partito e dei soviet .,a deviazioni
di ogni sorta che dissimulavano le lacune e coprivano la verità".Grazie a
Kruscev il clima culturale in URSS si fece più vivace. John Fitzgerald
Kennedy, successore di Eisenhower, fu il più giovane presidente degli USA e
fu anche il primo cattolico a entrare alla Casa Bianca. In politica
interna, Kennedy avviò un forte incremento della spesa pubblica destinata in
parte a programmi sociali, in parte alle esplorazioni spaziali e in parte
alla reintegrazione raziale di quegli stati del sud che ancora praticavano
forme di discriminazione contro i neri. La politica estera di Kennedy fu
caratterizzata da una linea ambivalente, da una parte vi fu un atteggiamento
di apertura e disponibilità al confronto dialettico con l'URSS, dall'altra
però rimase una ferrea intransigenza per quanto riguardava gli interessi
americani nel mondo. La questione di Cuba fu un chiaro esempio di questo
nuovo clima che seppur teso si risolse col ritorno al dialogo. Giovanni
XXIII, papa dal 1958, ebbe il merito rinnovare l'atteggiamento sociale e la
politica intrenazionale della chiesa e favorì, col Concilio Vaticano II, il
riavvicinamento delle varie religioni che si richiamavano alla predicazione
cristiana. Con l'enciclica "Pacem in terris" egli sostenne nel 1963
"l'imprescindibile necessità della pace per il cammino illuminato
e costruttivo della civiltà umana".
Il problema della
Germania
Quando la II guerra mondiale finì, la Germania era ridotta da un
enorme campo di macerie. I tedeschi erano come paralizzati dall'incubo del
passato e dalle insicurezze del futuro, sarebbero stati i vincitori della
guerra a decidere il loro futuro. La volontà delle potenze vincitrici era
di impedire alla Germania, una volta per sempre, di diventare nuovamente una
forza politica ed economica che potesse trascinare il mondo in un'altra
guerra mondiale. Il primo compromesso cui esse arrivarono perciò fu di
dividere la Germania in quattro zone occupate ed amministrate da americani,
russi, inglesi e francesi. L'URSS cominciò immediatamente a ricostruire la
Germania secondo i suoi piani di "riparazione". Gli americani invece,
cominciarono ad organizzare aiuti per la Germania secondo il piano Marshall,
affinché questa potesse diventare l'avamposto USA contro l'Unione
Sovietica. Anche la Germania diventò quindi oggetto della guerra fredda e non
ebbe né la forza né la possibilità di sottrarsi alla dominazione e alla
concorrenza delle due superpotenze. La vita quotidiana dei tedeschi era
dominata dalla fame e dalla miseria, i soldi avevano perso qualsiasi valore
ed i prezzi non si calcolavano più in marchi ma in sigarette
americane. Per rafforzare economicamente i territori tedeschi da loro
controllati, americani, inglesi e francesi decisero di sorpresa di introdurvi
una nuova moneta: il nuovo Marco. Le potenze occidentali però non si erano
accordate con l'amministrazione russa riguardo alla nuova valuta
tedesca. In risposta a ciò, i russi, nel luglio del '48(?), bloccarono ogni
accesso alla parte occidentale di Berlino controllata dagli ex
alleati. Per dieci mesi gli occidentali organizzarono allora un ponte aereo
per rifornire Berlino ovest di viveri e beni di prima necessità. Alla fine
i sovietici si arresero, ma avevano perso più di una battaglia: gli USA ora
erano diventati i garanti della sicurezza mondiale mentre i sovietici
cominciarono a perdere le simpatie internazionali nei loro confronti. Il
blocco di Berlino fu il colpo di grazia per chi sperava ancora
nell'unità della Germania. Pochi mesi dopo la fine del blocco, furono creati
due stati tedeschi: la Repubblica Federale (RFT) ad ovest e la Repubblica
Democratica (DDR) ad est. La divisione era il prezzo che la Germania doveva
pagare per aver scatenato la più grande guerra che l'umanità avesse mai
visto. Nel corso degli anni '50 la Germania Ovest conobbe un fortissimo
boom economico, mentre la parte orientale faceva molta fatica a
riprendersi. Per tutti gli anni '50 quindi centinaia di migliaia di persone,
specialmente giovani tecnici e laureati fuggirono dall'Est all'Ovest
aumentando così le difficoltà economiche della DDR. Nelle prime ore del 13
agosto del '61, le unità armate della DDR interruppero tutti i collegamenti
tra le due Berlino e costruirono un muro insuperabile che attraversava tutta
la città. Non solo a Berlino, ma in tutta la Germania, il confine diventò una
trappola mortale. I soldati ricevettero l'ordine di sparare su tutti quelli
che cercavano di attraversare il confine. Negli anni a venire quest'ultimo
venne attrezzato con macchinari sempre più terrificanti: mine antiuomo,
filo spinato con corrente ad alta tensione ed addirittura impianti che
sparavano automaticamente su tutto ciò che si muoveva attorno a loro. La
costruzione del muro, che diventò ben presto il simbolo della guerra fredda,
destò grande scalpore ovunque ma le reazioni del mondo politico tedesco ed
internazionale furono molto strane. La costruzione del muro dopotutto era
vista come una soluzione brutta ma tutto sommato accettabile, vista la
situazione creatasi a Berlino, che negli anni precedenti era diventata sempre
più instabile e pericolosa.
Quell'anno 1989 fu un anno
drammatico
I cambiamenti democratici, le piccole rivoluzioni nell'
economia e nella politica in Polonia, in Ungheria e nell'URSS riempivano ogni
giorno i giornali di tutta Europa, una notizia sensazionale dall'Europa dell'
est seguiva l' altra, solo nella DDR il tempo sembrava essersi fermato.
Visto che il tentativo di lasciare la DDR in direzione ovest equivaleva
ancora ad un suicidio, la gente si inventò un'altra strada. All'improvviso
Praga, Varsavia e Budapest diventarono le città più amate da molta gente
della DDR, ma non per la bellezza dei loro monumenti ma perchè qualcuno aveva
capito che le ambasciate della Germania Federale in queste città, erano il
territorio occidentale più facilmente accessibile. Ma il colpo decisivo
all'esistenza della DDR avveniva anche questa volta in un modo del tutto
insolito e inaspettato. L' Ungheria, che era forse il paese più avanzato per
quanto riguarda le riforme democratiche fece un passo che doveva portare in
soli due mesi alla caduta del muro di Berlino. Il 10 settembre aprì i suio
confini con l'Austria. Decine di migliaia di tedeschi dell'est erano già
affluiti in Ungheria nei giorni precedenti in attesa di questo evento, e le
immagini della gente che, ancora incredula e piangente, assisteva alla
rimozione del filo spinato tra Ungheria e Austria fecvero il giro del
mondo. Il governo della DDR aveva disperatamente cercato di impedire
questa dcisione, ma la prospettiva di una migliore collaborazione con
l'ovest, era per gli ungheresi era più importante dellla solidarietà
ideologica con la DDR. Nell'ottobre del 1989 gli eventi nella DDR
precipitarono. Sotto la pressione delle manifestazioni di massa e del flusso
sempre crescente di persone che lasciavano il paese, molte amministrazioni
comunali si sciolsero e furono sostituite da organi ai quali partecipavano
per la prima volta anche gruppi di opposizione. Quando la sera del 9
novembre un portavoce del governo della DDR annunciò una riforma molto ampia
della legge sui viaggi all'estero, la gente di Berlino est la interpretò a
modo suo: il muro doveva sparire. Migliaia di persone stavano all'est davanti
al muro, ancora sorvegliato dai soldati, ma migliaia di persone stavano
aspettando anche dall'altra parte del muro, all' ovest, con ansia e
preoccupazione. Nell'incredibile confusione di quella notte, qualcuno ,e
ancora oggi non si sa esattamente chi sia stato, aveva dato l'ordine ai
soldati di ritirarsi e, tra lacrime ed abbracci, migliaia di persone dall'est
e dall'ovest, scavalcando il muro, si inconravano per la prima volta dopo
quarant'anni. Il muro era caduto ma esistevano ancora due stati tedeschi, due
stati con sistemi economici e politici completamente diversi. Tutta
l'organizzazione della vita pubblica era diversa. Adesso la libertà tanto a
lungo desiderata c'era, mancava però il benessere e la gente dell'est non
voleva più aspettare: infatti, dopo la caduta del muro il flusso dall'est
all'ovest non diminuì, ma anzi aumentò. Dopo le prime elezioni nel marzo 1990
la DDR aveva finalmente un governo democraticamente legittimato, ma la
fiducia nel proprio stato stava scendendo a zero. Si diffondeva uno stato di
quasi anarchia e l'economia stava crollando verticalmente. Nella DDR cominciò
a regnare il caos. Dopo pochi mesi la riunificazione non era più una
possibilità, ma una necessità, era diventata l'unico modo per fermare il
degrado dell'est. Ma riunire due stati non è così facile e nel caso della
Germania si doveva considerare anche il fatto che la DDR faceva ancora parte
di un sistema di sicurezza militare e di un' alleanza con l'Unione Sovietica
e che anche la Germania Federale a questo riguardo non poteva agire senza il
consenso degli ex-alleati della Seconda Guerra Mondiale. Questo rendeva la
riunificazione un problema non solo nazionale ma internazionale e solo dopo
trattative non facili tra USA, URSS, Francia e Gran Bretagna e dopo il "sì"
definitivo di Gorbaciov, la strada per la riunificazione era libera. Il 3
ottobre del 1990, i due stati non furono riuniti, ma uno dei due stati, cioè
la DDR, si auto scioglieva e le regioni della DDR furono annesse in blocco
alla Repubblica Federale. Nessun politico dell'ovest può reclamare alcun
merito concreto per quanto riguarda gli eventi che portarono alla
riunificazione. Gli unici politici che in un certo modo hanno contribuito a
iniziare o ad accelerare il processo della riunificazione della Germania
erano Gorbaciov, che con la sua politica ha reso possibile tutto quello che
successe, e il governo dell' Ungheria, che nell'agosto dell'89 prese la
coraggiosa decisione di aprire i confini con l'Austria e con ciò diede inizio
a una valanga inarrestabile che portò in pochissimo tempo alla caduta del
muro di Berlino. "Oggi, nel 1997, la Germania è ancora molto lontana
dall'essere un paese veramente unito. Era divisa per 40 anni, e non è del
tutto escluso che passeranno altri 40 anni prima che le ultime ferite del
passato siano chiuse e dimenticate."
"Vento di cambiamenti" in
URSS
Il ventennio che va dal 1965 al 1985, in Unione Sovietica, fu un
periodo di conservatorismo politico di "stagnazione", come dirà poi Michail
Gorbaciov, vi era una situazione di totale immobilità. A partire da Breznev
si erano tenuti orientamenti rigidamente conservatori, perchè c'era la
convinzione che il sistema sovietico non fosse riformabile. La crisi
dell'URSS ed il suo indebolimento sulla scena internazionale erano così
evidenti che, il 12 marzo 1985, M.Gorbaciov fu nominato Segretario Generale
del PCUS con il compito preciso di portare una ventata di rinnovamento al
sistema. Pertanto, una volta insediatosi, sulla base di una situazione che
richiedeva soluzioni immediate e radicali, decise che era necessario uno
sforzo a livello nazionale: bisognava cambiare il regime di accumulo ed il
metodo di controllo economico, si doveva raccogliere la sfida estera,
liberare l'economia e la società dagli strascichi dello stalinismo,e del peso
del sistema amministrativo istituito negli anni '30. La riforma doveva
arrivare dall'alto. Il gruppo dirigente lanciò quindi tre parole d'ordine:
GLASNOST (trasparenza); USKORENIE (accelerazione), appello ad
un'accelerazione dello sviluppo economico; infine PERESTROJKA
(ristrutturazione), che avrebbe portato alla destrutturazione ed alla
trasformazione del sistema sovietico. I concetti che si nascondevano dietro
le tre parole non erano nuovi; "quello che appare nuovissimo e inedito è però
il tentativo di coniugare simultaneamente, per la prima volta all'interno
dell'universo comunista, la perestrojka con la glasnost: ovvero il riformismo
economico, che il primo dei due termini auspica e promette, con la
liberalizzazione politica e civile alla quale il secondo più ambiguamente
allude"(Bettiza). La rivoluzione di Gorbaciov cominciò da quella che, ancora
oggi, rappresenta la maggiore acquisizione dall'epoca di Stalin, ovvero la
libertà di espressione. Diventava perciò possibile avere ragione sul Partito,
la cui parola cessava di essere verità assoluta. La censura centralizzata
iniziò ad indebolirsi nel 1986, per ridurre il suo ruolo al controllo
delle informazioni sui segreti di stato. A partire dal 1989 venne permessa
anche la critica su Lenin. Questa trasparenza non aveva però portato
a miglioramenti concreti delle condizioni di vita. Dal punto di
vista economico gli anni della gestione Gorbaciov sono stati disastrosi,
infatti il livello di vita dei sovietici è andato sempre peggiorando,
togliendo credibilità agli occhi della popolazione alle numerose riforme
economiche ed al nuovo dispositivo giuridico. La perestrojka sconvolse
un'economia basata su coercizione e corruzione, inoltre la mancata creazione
di istituzioni giuridiche affidabili che fossero in grado di garantire il
diritto di proprietà e la stipulazione di contratti regolari, che
assicurassero la soluzione di contenziosi e l'esecuzione delle decisioni,
impedivano l'instaurazione del libero mercato. Nonostante la rottura con i
meccanismi dell'economia pianificata degli anni '30, la "ristrutturazione"
non seppe fornire nuove regole del gioco, nè proporre ai lavoratori nuove
motivazioni. I cambiamenti in politica estera attuati da M.Gorbaciov sono
particolarmente interessanti. Nel suo "Perestrojka, il nuovo pensiero per il
nostro paese e per il mondo", il Segretario teorizzava un nuovo pensiero
considerando i tre mondi (capitalista, socialista e terzomondista) integrati
ed interdipendenti tra di loro, nessuno poteva prevalere sull'altro con mezzi
militari: "Nel mondo contemporaneo, interdipendente e sempre più omogeneo, è
impossibile il progresso di una società isolata dai processi mondiali per
chiusura di frontiere e per barriere ideologiche. Ciò riguarda tutte le
società, comprese quelle socialiste."(Gorbaciov). Lo scopo della nuova
politica estera era di ridurre la corsa agli armamenti, i cui costi erano
diventati insostenibili per l'URSS, oltre che ottenere crediti da parte
dell'Occidente finalizzati alla modernizzazione del paese. Furono quindi
definite tre linee d'azione fondamentali: l'attenuazione della tensione
Est-Ovest attraverso un disarmo negoziato con gli Stati Uniti e la
risoluzione dei conflitti regionali; l'intensificazione degli scambi
commerciali con l'estero; il riconoscimento dello status quo nel mondo intero
senza più privilegiare gli stati marxisti-leninisti. Gorbaciov riuscì ad
imporre la propria personalità sulla scena internazionale. La rinnovata
politica estera dell'Unione Sovietica, indirizzata verso la pacificazione, fu
sottolineata dal consenso accordato alla riunificazione della Germania ed
alla posizione assunta durante la Guerra del Golfo.
L'URSS dopo il
crollo del muro di Berlino
I cambiamenti apportati dalla glasnost e dalla
perestojka di M.Gorbaciov ebbero una grande influenza sui rapporti tra l'URSS
ed i suoi paesi satelliti. La volontà di confinare la "ristrutturazione" del
sistema socialista esclusivamente all'interno delle Repubbliche Sovietiche
si scontrò con forti problemi economici e soprattutto politici,
determinati dall'incerto consenso popolare che reggeva i paesi comunisti
dell'Europa Orientale. L'URSS dovette rivedere in maniera radicale i propri
rapporti con i paesi dell'Est, che, a causa della crisi economica degli
ultimi anni, erano diventati un peso per la sua economia. Questi cambiamenti
superavano di gran lunga i piani della perestrojka. I sei paesi che
componevano il blocco socialista (Polonia, RDT, Cecoslovacchia, Ungheria,
Romania e Bulgaria) assunsero posizioni differenti nei confronti delle
riforme di Gorbaciov. Da un lato Polonia ed Ungheria dove governo e società
erano determinati ad appoggiare il leader del Cremlino, sapendo che le
riforme sarebbero andate ben oltre quelle tentate in Unione Sovietica. Dal
lato opposto vi erano i governi di Cecoslovacchia, Romania, bulgaria e RDT,
che senza il consenso popolare, avevano deciso di contrastare la perestrojka
e tutte le eventuali riforme che potevano mettere in pericolo la stabilità
del loro sistema socialista. Conseguentemente alle elezioni sovietiche del
1989 esplosero rivolte in quasi tutti i paesi del blocco comunista, infatti
ora che la patria del socialismo si avviava a diventare un paese democratico,
i regimi dittatoriali non avevano più ragion d'essere all'interno del
blocco. A partire dal "crollo del muro di Berlino" le azioni di protesta nei
paesi dell'Europa Orientale si moltiplicarono, accelerando il moto
riformatore. In Cecoslovacchia un forte movimento di protesta guidato da
Vàclav Havel, in seguito alle numerose manifestazioni, presentò un piano
riformatore che il Partito fu costretto a prendere in considerazione per
cercare di salvare la situazione. Alla fine del dicembre del 1989 V.Havel
diventò il presidente della Repubblica Cecoslovacca. A Bucarest la rivolta
invece fu molto violenta e portò alla fucilazione del leader N.Ceausescu e
di sua moglie, mentre a Sofia il Presidente bulgaro T.Zikov era costretto a
dare le dimissioni. La velocità degli avvenimenti superò ogni previsione e
M.Gorbaciov perse ogni controllo delle riforme nell'Europa Orientale e
perfino all'interno del "suo" paese.
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