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STORIA DELL'ARTE
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Arte Bizantina La storia Con il trasferimento della capitale da Roma
a Bisanzio (330 d.C.) e, poi, con la suddivisione politica in Impero d’Oriente e
Impero d’Occidente (395 d.C.) si apre un nuovo capitolo nella storia: nasce
l’Impero Bizantino che durerà sino al 1453. Con esso nasce anche un nuovo
linguaggio figurativo, ricco di influssi ellenistici, della Siria, della Persia
e dell’Egitto. L’Italia entra in contatto con la cultura bizantina quando, nella
metà del VI secolo, Ravenna diviene sede dell’esarca (governatore) di
Costantinopoli; le forme espressive dell’Oriente arricchiscono quindi le
tradizioni tardo-imperiali e cristiane della Penisola, dove l’influenza
dell’arte bizantina resterà fondamentale fino all’inizio del secolo XIII.
Arte bizantina Anche in Oriente lo scopo delle immagini sacre è quello di
educare i fedeli in senso religioso e morale, ma assai diverso è il modo di
rappresentarle. Mentre in Occidente Cristo viene rappresentato con immagini
vicine alla realtà quotidiana (Buon Pastore), in Oriente egli viene
rappresentato attraverso gli attributi della regalità (Cristo Pantocratore, dal
greco pantos = di tutto e crator = colui che governa). Alle semplici vesti e
alla naturalezza dei gesti, tipici delle figure cristiane d’Occidente, si
contrappongono la frontalità dell’immagine, la rigidezza dell’atteggiamento, la
fissità dello sguardo, tipiche delle figure cristiane d’Oriente. Questa fissità
e solennità delle immagini bizantine si spiega con il fatto che esse derivano da
un’immagine sacra tipica dell’Oriente: l’icona. L’icona è, per la cultura
orientale, l’immagine vera ed autentica della realtà divina: quindi rappresenta
una realtà eterna ed immutabile, quale Dio l’ha pensata e la vede. Proprio
questa eternità ed immutabilità vengono espresse in figure che non possono non
risultare eternamente fisse, immutabili, solenni. A causa delle trasformazioni
urbanistiche e architettoniche, dei monumenti e delle statue antiche che
ornavano Costantinopoli è rimasto ben poco. Le testimonianze artistiche più
interessanti risalgono ai tempi di Teodosio I il Grande (379-395 d.C.). Fra
queste, la celebre Base dell’obelisco di Tutmosi III (390 circa d.C.). La base,
scolpita sui quattro lati, rappresenta il trasporto e l’installazione
dell’obelisco, alcune scene dei giochi ai quali assistono i personaggi della
corte imperiale e l’offerta dei doni da parte dei barbari. Più o meno allo
stesso periodo e al medesimo clima culturale possono pure riferirsi la statua di
Valentiniano II, la Testa di Arcadio e infine il raffinato Piatto (Missorium) in
argento sbalzato che raffigura Teodosio, Valentiniano II e Arcadio, eseguito in
occasione dei decennali del regno di Teodosio attorno al 380. In queste opere si
denota la tendenza alla frontalità, alla rigidità delle figure. Nei rilievi
della base dell’obelisco i personaggi sono in gruppi serrati, lo spazio è
notevolmente semplificato ed è applicata una prospettiva “in verticale” che
diverrà uno dei caratteri peculiari dell’arte bizantina. Nei ritratti di Arcadio
e Valentiniano i segni fisionomici sono realizzati con grande finezza e con
un’evidente inclinazione verso i valori disegnativi. Gli sguardi sono però
immobili e astratti. Architettura L’architettura bizantina è
essenzialmente religiosa e si manifesta nella costruzione di chiese. Queste
possono essere a struttura basilicale e a struttura centrale. La tipica chiesa
bizantina è quella in cui tutti gli elementi sono raggruppati attorno a un
quadrato centrale, quasi sempre sormontato da una cupola. Tale sistemazione crea
uno spazio interno che procura sensazioni particolari. Se in una chiesa
paleocristiana si percepisce lo spazio come orizzontale con un preciso punto di
riferimento, l’altare, nella chiesa bizantina ci si trova immediatamente immersi
nello spazio, senza punti di riferimento: un ambiente, quindi, adatto alla
contemplazione. Oltre alla pianta centrale possiamo considerare due
caratteristici elementi architettonici: la cupola e la colonna. La cupola
bizantina è voltata con un sistema costruttivo diverso da quello dei Romani.
Questi impostavano la cupola semisferica su una base cilindrica, per cui il
raccordo era molto facilitato; i Bizantini, invece, impostando la cupola
semisferica su una base quadrata inventano un accorgimento tecnico per il
raccordo: incurvano, per così dire, gli angoli superiori del quadrato, sino ad
ottenere una forma rotonda su cui innalzare la cupola. Questi angoli incurvati
sono detti pennacchi. Se la cupola è poligonale e il vano sottostante ha un
minor numero di lati rispetto ad essa, incurvano ugualmente gli angoli suddetti,
però in modo da creare una forma di poligono con tanti lati quanti sono gli
spicchi della cupola. Gli angoli incurvati sono chiamati trombe. Il secondo
elemento caratteristico è la colonna o, meglio, il capitello pulvinato: sopra il
normale capitello è posto il pulvino, elemento a forma di tronco di piramide
rovesciato. Esso, oltre ad avere una funzione decorativa, conferisce maggior
slancio alla colonna. Come il capitello vero e proprio è decorato con motivi
naturalistici e trafori di marmo, che evidenziano una straordinaria capacità
d’invenzione e una grandissima abilità tecnica. Gli ordini tuscanico, ionico e
corinzio vengono gradualmente abbandonati e sostituiti da motivi ed elementi
decorativi del tutto originali, anche di derivazione orientale. La chiesa di
Santa Sofia di Istanbul (532-537 d.C.) è il manifesto dei principi basilari
dell’arte bizantina e uno dei capolavori più alti dell’architettura di tutti i
tempi. Dedicata alla Divina Sapienza, la chiesa doveva anche rappresentare la
protezione divina dell’impero. Giustiniano la fece costruire a seguito della
violenta insurrezione dei partiti popolari (nota come Nika, 532), che aveva fra
l’altro causato l’incendio della precedente basilica. Attorno allo spazio
quadrato centrale con nicchie alternativamente curve e rette, dominato da una
cupola grandiosa con una corona di quaranta finestre, si dispongono navate
laterali e matronei. La monumentalità dell’edificio è come alleggerita
dall’apertura di grandi finestre. All’ingresso sono due narteci, atri destinati
ai penitenti e ai catecumeni, con grandi porte metalliche e un vasto
quadriportico. La decorazione interna, che sembra già preludere al successivo
divieto delle immagini, presentava in origine solo motivi floreali e geometrici
e il ricorrente monogramma dell’imperatore. L’effetto spettacolare si basava sul
raffinato splendore dei mosaici, sui trafori dei capitelli, sulla luce irradiata
dalle numerose aperture, sui contrasti dei marmi, del porfido e delle altre
pietre preziose disposte secondo giochi di simmetria. L’architettura
della Chiesa di San Vitale (522-547 d.C.) è un’applicazione originalissima del
tema della pianta centrale. Entro un ottagono che s’innesta al nartece su un
angolo, dando quindi a chi entra un’impressione di movimento, s’inserisce un
corpo formato da sette esedre su colonne, alte due piani, e da un profondo
presbiterio, a sua volta terminante in un’abside e inserito fra due stretti vani
che immettono ad altri con cupola. Una galleria gira intorno al corpo
dell’edificio affacciandosi sulla navata e sul presbiterio, sfavillante di
mosaici. Scultura La scultura, eseguita per lo più in basso e
altorilievo, ha una funzione prevalentemente decorativa: abbellisce capitelli,
pulpiti, sarcofagi, dittici, transenne (parapetti traforati), plutei (lastre di
parapetti)… Rappresenta intrecci di motivi geometrici, elementi floreali
stilizzati, figure umane e di animali con significato sovente simbolico.
Suggestivi sono i sarcofagi per la semplicità e la chiarezza della composizione
decorativa, le cui immagini risaltano sul fondo piatto. Pittura Forme
significative della pittura bizantina sono le famose icone – immagini della
Madonna, di Cristo o di santi dipinte a mezzo busto su tavole di legno – e i
mosaici parietali. Il mosaico esemplifica chiaramente lo stile bizantino; queste
le peculiarità: - figure rigide, piatte, stilizzate, quasi sempre ritratte
di fronte; - fissità dello sguardo da cui non traspare nessun sentimento
particolare; le figure sembrano astratte, lontane; - assenza di rilievo,
di chiaroscuro, di prospettiva: il fondo d’oro crea un’atmosfera irreale. Ai
Bizantini non interessava raffigurare immagini vere, ambienti reali. Per loro
Cristo, la Madonna, l’imperatore e i dignitari erano solo simboli del potere
spirituale e temporale, per cui non intendevano portarli al livello degli uomini
comuni. Erano, per così dire, personaggi troppo in alto, astratti, semplici
forme e colori che si avvicinavano ben poco alla realtà. Per rendere questo
mondo inavvicinabile viene usato appunto il mosaico che non i suoi colori
splendenti, con i suoi giochi di luce, si addice ottimamente a creare
un’atmosfera suggestiva e irreale. I mosaici più antichi hanno il fondo azzurro
e le figure degli apostoli, dei profeti, del Buon Pastore sono rappresentate
ancora con un certo realismo. Mosaici di questo tipo si trovano nel Mausoleo di
Galla Placida (secondo quarto del V secolo) a Ravenna. La volta a botte
dell’edificio è ricoperta da un tappeto musivo di fiori baluginanti sul fondo
azzurro scuro; all’incrocio dei bracci volano nel cielo gli essere apocalittici,
come visioni d’oro, fra stelle che s’inseguono entro spirali e abbracciano una
croce aurea posta in direzione dell’Oriente. Sulle lunette laterali, cervi si
abbeverano alle fonti della vita e calpestano i serpenti simboli del male; sulla
porta d’entrata, il Cristo, pastore dagli abiti d’oro, è fra le pecorelle entro
un paesaggio luminoso, mentre sul fondo l’armadio con i Vangeli è aperto verso
il martire Lorenzo, indicato dalla griglia su cui patì il supplizio. Nelle
lunette poste sotto la cupola centrale otto apostoli acclamano la visione della
croce celeste sorgendo dalla penombra sopra altissimi podii. L’intenso aspetto
visionario di questo interno si ritrova nella volta del Battistero degli
Ortodossi, alta costruzione ottagonale con quattro nicchie, in origine a
copertura piana e coperta da una volta fatta realizzare dal vescovo Neone con
tubi fittili nel 458 circa. Dagli otto peducci della cupola salgono altrettanti
candelabri d’oro che inquadrano i padiglioni d’un giardino nei quali sono
alternativamente esposti i libri dei quattro Vangeli o le insigne imperiali di
Cristo poste su un trono. Nel registro superiore avanzano i dodici apostoli
suddivisi da altrettanti candelabri d’oro. Un drappeggio pende da un oculo
allusivamente aperto al centro da una cupola e ricade dietro le teste dei
dodici. Infine l’oculo è occupato dalla rappresentazione sul fondo d’oro, del
battesimo di Gesù. Con il passare del tempo, alla rappresentazione del cielo
azzurro si sostituisce un fondo d’oro che diviene una superficie continua sulle
pareti dell’interno, “cancellando” gli spigoli e dando l’illusione di
un’atmosfera irreale. Le figure diventano sempre più rigide, frontali e prive di
rilievo; sono composte simmetricamente o secondo ritmi uniformi e disposte su di
un unico piano dove assumono gli stessi atteggiamenti. Mosaici di questo tipo si
trovano nel presbiterio della Chiesa di San Vitale a Ravenna. La volta a
crociera è occupata da una rigogliosa decorazione vegetale dalla quale spiccano
quattro angeli che reggono un medaglione con l’agnello; nelle lunette, sono
rappresentati i quattro evangelisti, con i rispettivi simboli, le storie di Mosè
e i due quadri simbolici dell’offerta di Abele. Presso l’altare sono i due
celebri pannelli con l’imperatrice Teodora e il suo seguito che, dall’atrio, si
avviano verso la chiesa, e Giustiniano, con il suo seguito e l’arcivescovo
Massimiano e altri dignitari, che si dirigono verso l’altare.
Arte araba
La storia
Mentre l’Impero Romano si sfalda e intere popolazioni barbariche migrano
attraverso l’Europa, si assiste a due fatti storici di grande importanza
avvenuti quasi contemporaneamente: l’espansione del Cristianesimo e lo sviluppo
della civiltà araba. Stupisce, in particolare, la rapidità con cui un popolo di
pastori nomadi dell’Arabia sia stato capace, a un certo momento, di fondare un
grande impero, che si estendeva dall’Iran alla Spagna. L’espandersi della
civiltà araba è determinato da varie cause, di cui la principale è la forza
della fede religiosa, predicata da Maometto, che diventa il cemento spirituale
di un popolo e la molla del suo agire. Un aspetto caratteristico della civiltà
araba è quello di aver raccolto e assimilato le culture delle diverse
popolazioni sottomesse. Come conseguenza anche l’arte, dall’architettura alla
produzione artigianale, presenta forme diverse a seconda dei paesi
conquistati.
Arte araba architettura
La costruzione più significativa dell’architettura araba è la moschea. Non
è un tempio nel vero senso della parola, ma un luogo di riunione per la
preghiera. Nella sua forma tipica essa è composta di un grande cortile,
contornato da portici e con una vasca centrale per le abluzioni; inoltre, di una
grande sala per la preghiera, coperta da una cupola e con un’abside o nicchia,
detta mihrab, contenente un esemplare del Corano. Uno, due o quattro minareti
completano esternamente la costruzione. La moschea esemplifica chiaramente la
capacità degli Arabi di utilizzare e mettere insieme con armonia elementi
architettonici di civiltà diverse per creare un’architettura personale e assai
suggestiva. Dall’Egitto derivano la sala ipostila; dalla Persia cupole, archi a
ferro di cavallo, decorazioni fantasiose; da Bisanzio ancora cupole e poi volte
e la decorazione a mosaico. La moschea, come gli interni dei grandi palazzi, è
caratterizzata da leggerezza nelle strutture architettoniche e da
un’ineguagliabile fantasia decorativa. Gli interni delle costruzioni appaiono
ariosi, pieni di luce e colore; gli esterni come un complesso di volumi
geometrici.
Arti minori
L’esortazione o imposizione di non rappresentare la figura umana – da cui
l’assenza di opere scultoree e di pitture parietali – induce gli artisti arabi a
manifestare la loro creatività nelle arti minori, dalla ceramica ai bronzi,
dalle miniature ai tessuti. Una produzione ricchissima, caratterizzata da una
fantasia decorativa inimitabile. Sono motivi geometrici in un numero illimitato
di combinazioni e d’intreccio; motivi floreali stilizzati e ripetuti più volte;
caratteri grafici disposti con tale eleganza da trasformarsi in puro motivo
ornamentale; figura di animali eseguite a linee semplici; anche la figura umana,
semplificata, è ridotta ad elemento decorativo. In riferimento a questa
straordinaria fantasia decorativa dimostrata dagli Arabi è stato coniato il
termine «arabesco», a significare appunto qualsiasi decorazione complessa e
raffinata. La ceramica è impiegata per creare coppe, anfore, stoviglie… e per
rivestire con mattonelle smaltate pareti interne ed esterne. Le miniature per
illustrare libri di scienza, poesie, fiabe; i tessuti per tappezzerie e
soprattutto tappeti.
Alto medioevo VII - XI secolo
La storia
Con il termine Altomedioevo si indica il periodo storico compreso fra il
VII secolo e la metà dell’XI secolo d.C. Inizialmente il territorio dell’Italia
è diviso tra Longobardi e Bizantini, in continua lotta fra loro. Con
l’intervento di Carlo, re dei Franchi, il dominio longobardo viene abbattuto.
Egli riunisce sotto di sé il territorio francese, l’Italia settentrionale e
parte dell’Italia centrale. Roma e il territorio circostante sono possedimenti
della Chiesa. Carlo di Francia viene incoronato imperatore dal Papa: d’ora in
poi, con il nome di Carlo Magno, egli governerà riportando ordine e pace. La
civiltà romana del tardo impero diventa il modello da imitare: nell’arte si
recuperano le forme espressive del mondo classico e cristiano: questo periodo,
infatti, viene comunemente definito «rinascita carolingia». Dopo la morte di
Carlo (814 d.C.) l’impero è sconvolto da aspre guerre di successione e finisce
per disgregarsi alla fine del IX secolo. In questo periodo gli Arabi conquistano
la Sicilia, la Sardegna e la Corsica. All’inizio del X secolo l’imperatore
tedesco Ottone I tenta di dare nuova vita all’impero già costituito da Carlo
Magno. Nella prima metà del secolo XI i Normanni penetrano in Sicilia e cacciano
gli Arabi.
Arte: nell'alto medioevo
In questa complessa realtà l’arte, ovviamente, non può manifestare
caratteri unitari. Pur nel generale disordine e nella profonda crisi economica,
rimangono vive ed operanti le tradizioni artistiche locali, che vengono
arricchite, soprattutto nell’Italia del Nord, dagli influssi dell’arte
longobarda, carolingia ed ottoniana. La parola «barbaro» significa letteralmente
«straniero» ma, per estensione, è entrata nel linguaggio corrente come sinonimo
di «incolto, rozzo, ignorante, di civiltà inferiore». Certamente la cultura
barbarica appare, rispetto a quella del tardo impero e bizantina, ancora a
livello primitivo; tuttavia le opere d’arte a noi pervenute, pur nella loro
semplicità e ripetitività di temi, sono certamente il risultato di un lavoro
accurato, dovuto ad artigiani specializzati. La cultura barbarica è una cultura
rurale e per il barbaro l’arte è soprattutto decorazione ed ornamento; la
potenza è dimostrata attraverso l’esibizione della ricchezza ed i manufatti
giunti fino a noi, realizzati in metalli preziosi, hanno proprio lo scopo di
sottolineare il potere dei conquistatori. Quando Carlo Magno diventa imperatore
l’arte, invece, rientra in un vero e proprio programma di rinnovamento
culturale, che mira alla riscoperta del mondo classico. Gli artigiani delle
corti realizzano codici miniati, oggetti intagliati nell’avorio e lavorati in
metalli preziosi, con lo scopo di recuperare e mantenere vive le testimonianze
artistiche del tardo impero, filtrate attraverso l’arte paleocristiana e
bizantina. Contemporaneamente acquistano una notevole importanza i centri
culturali religiosi. L’artigianato, nel convento, è regolato da norme e
organizzato in fasi e tempi di lavoro: la vita operosa diviene un valore
positivo ed una forma di preghiera. L’arte non serve più a produrre oggetti che,
per quanto ricchi ed elaborati, sono rivolti essenzialmente alla vita
quotidiana; essa è finalizzata nuovamente alla costruzione di opere destinate
alla collettività e realizzate per la gloria di Dio. Molte di queste opere non
recano la firma del loro autore e ciò ha fatto ritenere che fossero il risultato
di un’attività collettiva spontanea, non sottoposta alla guida di un «direttore
dei lavori». In realtà, però, qualcuno che si curasse di suddividere i compiti
dei singoli e controllasse l’interno svolgimento del lavoro doveva
necessariamente esistere. E’ vero invece che, in questo periodo, è considerato
fondamentale svolgere bene un mestiere e non tanto esprimersi in modo personale.
All’artigiano si richiede soprattutto di dimostrare la sua abilità tecnica,
mentre non si valuta importante la sua originalità espressiva: quindi firmare
l’opera non ha, per l’autore, alcun significato.
Alto medioevo: architettura
Le testimonianze dell’arte medioevale si riferiscono essenzialmente a
costruzioni ed opere di carattere religioso. A Roma, ed in tutta l’Italia
Centrale, gli edifici della tarda romanità (templi, terme, basiliche) vengono
consacrati al culto cristiano e vengono decorati in modo da assumere l’aspetto
di chiese vere e proprie; marmi romani (capitelli, architravi, fusti di colonne,
ecc.) vengono largamente impiegati nelle chiese. Caratteristica
dell’architettura di questi secoli è, appunto, il reimpiego di elementi di
spoglio dagli antichi edifici di epoca romana. Anche gli ordini monastici
(soprattutto Benedettini) fondano, ampliano e restaurano opere di carattere
religioso. Alcune di esse sono simili alle costruzioni ravennate; altre sono più
semplici, con pianta rettangolare. Hanno muri spessi e finestre molto strette;
all’interni, le colonne sono talvolta sostituite da pilastri.
La tradizione artigiana della lavorazione di suppellettili e manufatti
assimila nuovi modelli, tipici delle culture barbariche. I barbari prediligono
le immagini puramente decorative, basate su motivi geometrici e nelle quali la
rappresentazione della figura umana è praticamente assente. I popoli di stirpe
germanica che invadono l’Occidente e, quindi anche i Longobardi, sono
soprattutto contadini che trovano negli elementi della natura l’ispirazione per
la loro arte. Rami, foglie ed animali schematizzati, insieme ad intrecci lineari
ispirati a fettucce, nastri e viticci, composti secondo ritmi precisi,
caratterizzano le loro opere realizzate spesso in metallo prezioso.
L’oro, gli smalti, le pietre preziose e l’avorio sono impiegati anche nei
manufatti dell’arte carolingia ed ottoniana. Come le opere del periodo
longobardo, anche queste sono caratterizzate dal piccolo formato, reso
necessario dalla precarietà della vita e dai continui spostamenti delle
residenze delle corti, in un territorio dove le città si spopolano e divengono
di scarsa importanza. Queste opere, che impreziosiscono le suppellettili e gli
oggetti d’uso delle corti, vengono successivamente imitate e rielaborate dagli
artigiani locali, nella decorazione di altari, reliquiari, suppellettili
sacre.
Nel territorio sorgono insediamenti isolati, di suo sia civile (rocche,
castelli) sia religioso (abbazie). Essi sorgono in posizione strategica, tale da
garantire il controllo a vista del territorio circostante. Con il passare del
tempo, attorno a questi insediamenti si sviluppa un borgo, realizzato dapprima
con costruzioni in legno, che diviene successivamente un agglomerato di case in
pietra e mattoni. Nelle abbazie, i monaci svolgono un’intensa attività
culturale. Fra le varie mansioni di cui si occupano essi hanno il compito di
riprodurre, in più copie, i testi antichi che andranno ad arricchire le
biblioteche. I volumi, realizzati con fogli di pergamena (pelle di ovino o
bovino tirata ed opportunamente preparata) vengono riccamente ornati con
miniature. I testi sono essenzialmente di autori greci e latini e riguardano
temi di carattere letterario, religioso, filosofico e scientifico. In questo
modo sono giunte fino a noi preziosissime testimonianze della cultura del mondo
classico. Il castello ha una funzione essenzialmente difensiva: vi risiede un
feudatario, che rappresenta l’unica effettiva autorità pubblica sul territorio.
Egli è un proprietario terriero e difende i suoi possedimenti, ma è anche un
esattore ed un tutore dell’ordine, che riscuote le imposte ed addestra le truppe
dell’esercito. I primi castelli non sono altro che semplici fortificazioni in
legno, poi in muratura. Nel castello in pietra, attorno all’abitazione
fortificata del signore, piuttosto austera e spoglia, arredata con pochi e
semplici mobili, si organizzano le abitazioni dei soldati con relativi servizi.
Un possente muro di cinta, con torri di avvistamento e camminamenti per le
sentinelle, circonda e protegge il castello.
Medioevo romanico XI - XII secolo La storia Nella seconda metà
dell’XI secolo gli eredi di Ottone di Sassonia tendono a sottomettere la Chiesa
all’autorità dell’Imperatore. Ne consegue una dura lotta per la supremazia -
lotta per le Investiture - che vedrà vittoriosa la Chiesa. Questo periodo è
caratterizzato da un profondo rinnovamento religioso, politico, artistico,
economico e sociale. Si costituiscono nuovi centri urbani: gli artigiani e i
commercianti acquistano un ruolo sempre più importante nel governo della città.
Si afferma la potenza delle Città Marinare, che cacciano gli Arabi dal Tirreno
ed avviano traffici e scambi con i Paesi dell’Oriente. L’Italia meridionale,
dapprima sotto i Normanni - Regno di Puglia e Sicilia - passa in eredità,
successivamente, agli Svevi, che, con Federico II, ne faranno un centro di
grande cultura. La Chiesa promuove le Crociate, per liberare i «luoghi santi»
caduti in mano ai Turchi. Si formano i liberi comuni. Arte nel medioevo
romanico Il termine romanico si attribuisce all’arte che si sviluppa in
Europa verso la fine dell’XI secolo. Romanico, però, si ricollega anche alla
comune eredità romana dei territori in cui si sviluppa l’arte dei secoli XI e
XII: dalla Spagna alla Francia e all’Italia fino all’Inghilterra ed ai paesi
Scandinavi. Il recupero del patrimonio classico del tardo impero è infatti
evidente soprattutto in architettura (nell’uso dell’arco e della volta) e in
scultura (nella ricerca della volumetria e del rilievo). L’arte, in questo
periodo, è quasi interamente rivolta alla costruzione di grandi opere religiose:
la Cattedrale esprime il nuovo benessere economico dei centri urbani e diviene
il simbolo dell’intera comunità. L’architettura della Cattedrale romanica è
imponente e massiccia; il sistema costruttivo è generalmente basato su robusti
pilastri, che sostengono volte a crociera. Pittura e scultura sono destinate
all’abbellimento dell’architettura: i cicli ad affresco decorano le navate e i
rilievi, anche di soggetto popolare, si trovano sia all’interno che sulla
facciata della cattedrale. Le figure appaiono generalmente rigide nei movimenti,
ma, rispetto al periodo precedente, sono caratterizzate anche dalla ricerca di
maggiore volumetria e rilievo. Quando, nel XII secolo, si intensificano
ulteriormente gli scambi, nei centri urbani acquistano importanza i nuovi ceti
sociali dei mercanti e dei commercianti. Essi si svincolano completamente dal
lavoro nei campi e costituiscono il nucleo della futura borghesia. Gli artigiani
si specializzano nei vari settori del lavoro ed emergono le prime personalità di
rilievo. Ormai le informazioni circolano da luogo a luogo con maggiore rapidità:
un artigiano che vale può diventare noto ad un pubblico più vasto ed essere
chiamato a lavorare in luoghi lontani dalla propria terra d’origine. Diventa
importante far conoscere il proprio nome per ottenere nuove committenze:
rifiorisce il mercato delle opere d’arte e si riafferma il ruolo dell’artista.
Architettura Nella seconda metà dell’XI secolo si verifica una ripresa
dell’attività edilizia in tutto il territorio italiano. Sorgono molti
agglomerati di abitazioni, che costituiscono il nucleo delle future città.
Questo fenomeno, che non è regolato da pianificazioni rigorose, è legato
all’intensificarsi degli scambi e al miglioramento dell’economia, in una
situazione politica che diviene via via sempre più stabile. Le testimonianze
dell’arte si riferiscono ancora essenzialmente a costruzioni di tipo religioso,
ma non mancano resti di architetture civili, quali, ad esempio, le case-torri
delle famiglie più potenti, costruite come dimore fortificate all’interno degli
insediamenti urbani. Esse sono spesso situate l’una accanto all’altra e, in caso
di pericolo, vengono collegate da passerelle di legno fissate in cavità
predisposte nei muri esterni, così da consentire il passaggio di armi e viveri,
o facilitare la fuga. La vita del borgo non è più rigidamente chiusa all’interno
delle mura; si favoriscono i mercati e le fiere, creando spazi per accoglierli.
Questo sviluppo edilizio si riflette anche nell’architettura religiosa: sorgono
molte nuove chiese, alcune delle quali, per dimensione e importanza, divengono
il monumento più rappresentativo della comunità. Nasce così la Cattedrale, che
riassume in sé e testimonia tutti i valori del suo tempo: essa è
contemporaneamente edificio religioso, luogo di riunione per la comunità, luogo
di sepoltura degli uomini illustri. All’esterno, la Cattedrale è una costruzione
massiccia e imponente: nei muri di laterizio o di pietra, rinforzati da pilastri
(contrafforti), si aprono strette finestre con profondi strombi (aperture che,
all’interno, sono molto più larghe che all’esterno). La facciata si presenta
generalmente con la navata centrale più alta e più larga delle navate laterali;
spesso però assume anche la forma a capanna, chiusa cioè da due semplici
spioventi. Il portale, ornato da cornici, bassorilievi e statuine, è evidenziato
da una copertura sporgente sorretta da 2 o 4 colonne (protiro); a volte queste
poggiano su leoni di pietra. Le porte sono spesso in bronzo: la tecnica della
fusione, tanto nota nell’antichità, viene infatti «riscoperta» nel XII secolo.
Sopra il portale viene aperta generalmente una finestra circolare (rosone) che
illumina la navata centrale; frequente è anche l’abbellimento costituito da una
o più serie di colonnine collegate da archetti, quasi a formare un loggiato.
All’interno, la pianta si articola su tre livelli: quello delle navate, quello
del presbiterio, rialzato su gradini, e quello della cripta, scavata sotto il
presbiterio, nella quale si conservano le spoglie del Santo e le reliquie. Si
abbandona gradatamente lo schema del grande ambiente rettangolare e la pianta
diviene a croce latina: i due bracci trasversali della croce costituiscono il
transetto. Il presbiterio, quindi, che contiene l’altare e che è la zone più
importante della Chiesa, poggia sulla cripta, che è l’ambiente consacrato alle
spoglie del Santo, cui la Chiesa è dedicata. La pianta a croce richiama
l’immagine di Cristo nel momento culminante del Suo martirio. L’altare e la
cripta sono il «cuore» della Chiesa e sono posti all’incrocio dei bracci, così
come il cuore di Cristo crocefisso. Lungo le navate, robusti pilastri
sostituiscono le colonne; collegati da archi, essi sostengono una serie di volte
a crociera, ad ognuna delle quali corrisponde uno spazio, detto campata. Le
navate laterali, che sostengono gallerie (matronei) affacciate nella navata
centrale, si chiudono con absidi, affiancate a quella maggiore, posta alle
spalle dell’altare. Il campanile, non più cilindrico ma a pianta quadrata, viene
inserito generalmente nel transetto ed il vicino battistero viene arricchito da
cappelle e logge. L’area della cattedrale diviene quindi un complesso di
monumenti. Attorno ai portali, nelle cornici, sui pilastri, sulle pareti,
accanto alle rappresentazioni sacre si raffigurano i mestieri dell’uomo, le
scene del lavoro nei campi e immagini simboliche che illustrano le stagioni e
che si riferiscono al tempo che scorre sotto lo sguardo di Dio. Ogni attività
lavorativa, ogni azione, pensiero, momento della vita sono dedicati interamente
al Signore. La Cattedrale è quindi il monumento più significativo dell’arte
romanica; è l’espressione di un lavoro organizzato che impegna tutta la
comunità. Appare evidente l’orgoglio della popolazione, che vuole lasciare nel
tempo la testimonianza della propria cultura, posta al servizio della fede.
Sebbene questi siano i tratti comuni a tutte le cattedrali romaniche, ogni
regione, con i suoi materiali caratteristici e le sue tradizioni artistiche
locali, presenta varianti proprie e ben identificabili. In Toscana, Marche e
Umbria, ad esempio, la ricchezza di pietre e marmi colorati determineranno una
tipica decorazione dei muri a fasce orizzontali; nell’Italia settentrionale,
invece, abbandonerà l’uso del mattone insieme a quello della pietra intagliata.
Un discorso a parte meritano Venezia, che, legata all’oriente dai suoi traffici
per mare, sviluppa ulteriormente i modi espressivi bizantini; e l’Italia
meridionale, con particolare riferimento alla Sicilia, dove le eredità
bizantine, arabe e normanne, si fonderanno in un’architettura ricchissima di
decorazioni e caratterizzata anche da coperture a cupole emisferiche, tipiche
della tradizione musulmana. Scultura Nella scultura romanica è evidente
la tendenza a superare il rilievo piatto, tipico della decorazione bizantina, e
il gusto per l’ornamentazione a motivi lineari, tipica delle culture barbariche.
Viene così recuperata la volumetria delle forme, ispirandosi ai rilievi dei
sarcofagi e alle sculture a tuttotondo della tarda romanità, ancora presenti nel
territorio. Le figure umane vengono curate nell’espressione dei volti e nella
definizione delle vesti; una grande attenzione è posta nella rappresentazione
dei gesti, perché attraverso di essi si individua l’attività e il ruolo di
personaggi nella scena raffigurata. Caratteristica fondamentale delle sculture
romaniche è la semplicità della composizione: la rappresentazione nasce per il
popolo e deve essere quindi compresa ed apprezzata con facilità e immediatezza.
L’espressività è resa, ed accentuata, dalle sproporzioni dei volti e degli arti;
i gesti sono gravi e solenni. In questo modo si rappresentano sia i temi sacri
tradizionali, sia i nuovi temi allegorici e profani, ispirati alle tradizioni
popolari, alla vita lavorativa, alle leggende cavalleresche che narrano di
uomini puri di spirito e forti nel corpo, combattenti, in nome della Chiesa, per
la difesa della fede. La convinzione per cui, sostenuti dalla fede, sia
possibile superare qualunque tormento, si evidenzia anche nella rappresentazione
dei soggetti sacri: Cristo sulla croce è eroico, con il corpo eretto, gli occhi
aperti e lo sguardo deciso. La sua figura è grandiosa, al di sopra di ogni
sofferenza umana; la Madonna ai suoi piedi è contenuta nei gesti e riservata
nell’esprimere il proprio dolore. Fra i più importanti scultori del periodo
romanico, che danno l’avvio ad una nuova tradizione della scultura in Italia,
sono da ricordare Wiligelmo, autore della decorazione della facciata della
Cattedrale di Modena, e Benedetto Antelami, che scolpisce i rilievi della
Cattedrale e del Battistero di Parma. Nelle loro sculture si nota il superamento
della rigidezza e frontalità delle figure ed una più complessa costruzione delle
immagini, poste su diversi piani di profondità. Pittura In pittura
permangono ancora fortissimi gli influssi bizantini, anche perché mancano i
documenti pittorici della romanità: gli affreschi di Pompei ed Ercolano, che
oggi costituiscono la più importante documentazione nel settore, saranno infatti
riscoperti nel XVIII secolo. La rigidezza delle composizioni pittoriche è spesso
accentuata dalla simmetria rigorosa e dalla ripetizione ritmica degli elementi.
Le zone di colore sono nettamente separate da linee scure, che disegnano il
contorno della figura, i tratti del volto, le pieghe delle vesti. Nelle varie
regioni, le maestranze locali caratterizzano in modi diversi la rappresentazione
pittorica; nell’Italia settentrionale, ad esempio, si evidenzia un certo
interesse per il realismo, ignoto alla pittura bizantina, che invece è ancora
nel pieno del suo splendore a Venezia e in Sicilia. Mentre, nei periodi
precedenti, i dipinti e i mosaici erano utilizzati come decorazioni o
illustravano scene isolate, nel periodo romanico diviene sempre più frequente
utilizzarli per raccontare, in sequenze successive, gli episodi della vita dei
Santi o della Bibbia. Attraverso queste narrazioni vengono divulgati quegli
episodi che meglio possono indurre i fedeli all’obbedienza e al timore di Dio. I
temi più illustrati sono infatti quelli della Creazione, del Peccato originale,
della cacciata dal Paradiso Terrestre, del sacrificio di Abramo. Molto
rappresentate sono anche le immagini del Giudizio finale, che evidenziano la
tragica fine dei dannati; tra gli episodi del Vangelo, vengono scelti
soprattutto quelli che si riferiscono alla Passione e alla Crocefissione, perché
i fedeli comprendano quanto grave sia stato il sacrificio di Cristo per salvare
l’Umanità. La serenità e la comprensione per le debolezze umane, che traspariva
dalle immagini paleocristiane del Buon Pastore e dell’Ultime Cena, sono
sostituite dalla severità del giudizio di Dio, inflessibile di fronte al
peccato. Oltre ai mosaici ed agli affreschi si realizzano numerose pitture a
tempera su tavola. Soprattutto nell’Italia centrale nasce la tradizione delle
grandi croce lignee dipinte e delle tavole che abbelliscono gli altari, poste
alle loro spalle (pala d’altare) o davanti, alla loro base (paliotto d’altare).
Sul fondo dorato delle croci, alla grande figura di Cristo sono affiancate le
immagini più piccole della Vergine e San Giovanni, oppure figure di Santi. Anche
sulle pale e paliotti d’altare la figura del Santo o della Vergine è posta al
centro, dove occupa generalmente tutta l’altezza della tavola; ai lati, scene
della vita del Santo o episodi del Vangelo sono disposti su fasce sovrapposte.
Nelle figure di questi dipinti si evidenziano gli accenni all’anatomia dei corpi
ed una ricerca di espressività che conferiscono un maggior realismo alle
immagini.
Medioevo gotico XIII - XIV secolo La storia Carlo d’Angiò appoggiato dal
Papa, conquista il Regno di Puglia e Sicilia. Successivamente quest’ultima si
ribella, passando poi sotto gli Aragonesi, mentre il resto del Regno rimane agli
Angioini. I Comuni, in lotta fra loro, affidano ad eserciti mercenari la propria
difesa. La necessità di un capo forte e valoroso, che possa garantire la pace e
frenare gli abusi, determinerà il passaggio dal Comune alla Signoria. In Europa
si formano le grandi monarchie nazionali. Forti contrasti sorgono, per motivi
economici, tra la monarchia francese e il papato al tempo di Filippo il Bello e
Bonifacio VIII: alla morte di Bonifacio, il nuovo papa Clemente V, francese,
sceglie di fissare la sua residenza in Francia. Così, per circa settanta anni,
lui e i suoi successori si stabiliranno ad Avignone, ponendo la sede papale
sotto la diretta protezione ed influenza della Corona di Francia. Frattanto, in
Italia, i territori ecclesiastici acquistano sempre maggiore autonomia, dando
vita a molte piccole Signorie cittadine. Nel resto della Penisola, i mercanti, i
commercianti e i banchieri (borghesia) contribuiscono a consolidare il potere
delle Signorie e le Repubbliche marinare (soprattutto Venezia e Genova)
diventano sempre più ricche e potenti, anche grazie alle Crociate. Arte
gotica Nei secoli XIII e XIV si sviluppa nel nord Europa l’arte gotica. Il
termine gotico venne coniato nel 1500 con un’accezione negativa: significava,
infatti, “barbaro”. Il verticalismo accentuato dell’architettura ed il forte
senso drammatico delle rappresentazioni nordiche furono nel Cinquecento assai
criticate: solo quella della tarda romanità era considerata vera arte. Nel
Trecento si afferma completamente la borghesia cittadina. Le opere d’arte non
sono più commissionate solo dalla Chiesa e realizzate con le ricchezze dei
nobili; anche i ricchi cittadini borghesi costruiscono edifici religiosi e
commissionano opere pubbliche che determinano il nuovo volto delle città.
All’interno delle Arti si associano varie botteghe artigiane nelle quali emerge
una nuova figura, quella del maestro, che sceglie le committenze e cura
personalmente l’aspetto economico del lavoro. Egli inoltre non ha sotto di sé un
gruppo di semplici operai, ma avvia una scuola di discepoli che apprendono e
diffondono il suo stile espressivo. Uno dei più grandi maestri del Trecento è
Giotto, che si circonda di allievi, ai quali affida l’esecuzione delle parti di
secondaria importanza nei suoi dipinti. Egli è un’artista nel senso moderno
della parola e il suo modo di esprimersi non è sottoposto rigidamente solo alle
indicazioni che provengono dall’autorità religiosa o civile, ma risponde
soprattutto a scelte personali. Se fino a tutto il Duecento le immagini
servivano a far conoscere ciò che il popolo analfabeta non poteva leggere, a
partire dalla pittura di Giotto questa finalità non è più quella prevalente. Il
linguaggio delle immagini non è solo un mezzo per tradurre le parole in figure e
le superfici, le forme, i colori, la luce e lo spazio hanno valore
indipendentemente da ciò che rappresentano. Le immagini non hanno più il ruolo
di sostegno e chiarificazione di un testo scritto ma costituiscono ormai un
linguaggio autonomo. Architettura Nel periodo gotico le cattedrali
d’Oltralpe sono caratterizzate da un eccezionale sviluppo in altezza. In Italia,
invece, il grande slancio verticale sarà molto contenuto, perché la radicata
tradizione costruttiva romana, basata sul laterizio e la pietra, ha sviluppato
una sensibilità particolare per la superficie continua ed il volume compatto.
All’interno delle cattedrali d’Oltralpe l’arco a tutto sesto delle volte a
crociera viene sostituito dall’arco a sesto acuto, che conferisce maggiore
verticalità alle campate; questa ricerca di slancio comporta dei rischi per la
stabilità della costruzione e per questo vengono ingrossati i pilastri esterni,
contrafforti, sulla cui sommità si erigono archi che si piegano verso la
crociera, archi rampanti, sostenendo la spinta laterale dell’arco a sesto acuto.
L’arco rampante, quindi, ha lo scopo di assicurare la stabilità dell’edificio,
ma diviene anche un elemento decorativo (abbellito da cornici e rilievi), che
caratterizza l’esterno delle cattedrali gotiche. Tipici della decorazione
esterna sono anche gli elementi architettonici a cono o a piramide molto acuta,
detti pinnacolo o guglia. Posti sui contrafforti, lungo gli archi rampanti e
sugli spioventi del tetto, essi sottolineano ulteriormente lo slancio verticale
della costruzione. Il tiburio, all’incrocio fra navate e transetto, diventa
quasi una torre, che spesso termina con una guglia acuminata e altissima, in
sostituzione del campanile. Altre due torri si innalzano nella facciata, sopra
le navate laterali, mentre un grande rosone sovrasta in genere l’ampio ingresso
della navata centrale. All’interno delle cattedrali italiane l’arco acuto è meno
ardito nella sua elevazione e spesso non vengono costruite le torri sulle navate
laterali e sul tiburio, né gli archi rampanti sui contrafforti. Le finestre sono
più piccole rispetto alle grandi vetrate francesi, inglesi, tedesche, perché la
luminosità è tale da dover essere contenuta e non favorita. Infine, assai meno
ricca è la decorazione a pinnacoli, guglie, trafori di marmo. In Italia, quindi,
l’arte gotica non si affermerà mai nella sua completezza, ma solo alcuni
elementi di esse verranno ad arricchire la tradizione romanica, che resta
dominante. E’ ai monaci Cistercensi che si deve l’introduzione in Italia dei
nuovi caratteri gotici; le numerose chiese abbaziali da loro fondate evidenziano
infatti una ricerca di verticalità e slancio nelle strutture e negli spazi
interni: lo spazio slanciato e luminoso della chiesa gotica si associa
simbolicamente al desiderio di elevazione dell’anima a Dio. Nel Trecento la
piazza è il nucleo centrale della vita cittadina. Nella piazza principale della
città, accanto alla cattedrale è situata la sede del potere politico, il
palazzo. Con il passare del tempo l’attività politica, quella religiosa e quella
commerciale verranno separate e, nel tessuto della città, ad ognuna di esse
corrisponderà uno spazio ben preciso: la piazza del Palazzo Pubblico, la piazza
della Cattedrale e la piazza del Mercato, arricchite da logge e fontane. La
società borghese si organizza nelle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri: ogni
corporazione ha il suo statuto, il suo consiglio di capi, il suo gonfalone. Ogni
corporazione fa erigere una chiesa, dedicata al proprio Santo protettore, ed un
palazzo, sede della Corporazione. La Città, in continua espansione, si
arricchisce quindi di numerosi edifici significativi. Scultura Nel
periodo gotico la scultura è sempre prevalentemente utilizzata per decorare
l’edificio religioso, ma conquista una maggiore autonomia rispetto al periodo
romanico. Sempre più spesso si ricorre al tuttotondo per rappresentare la figura
umana; piccole statue ben definite nelle proporzioni e nell’anatomia, eseguite
con raffinatezza nei dettagli dei volti, dei capelli e delle vesti, vengono
poste su mensole, nelle nicchie delle pareti, nella decorazione dei portali. Un
grande interesse viene posto nella decorazione del pulpito, che diviene un
elemento fondamentale nella nuova liturgia della predicazione francescana e
domenicana. Sostenuto da esili colonne nello spazio del presbiterio, o addossato
ad un pilastro della navata centrale, questo piccolo podio, spesso di forma
poligonale, permette al predicatore di essere visto e ascoltato con facilità da
tutta l’assemblea. La sua ricchissima decorazione ne sottolinea l’importanza. In
questo periodo si formano delle vere e proprie scuole di scultura; la più
importante nasce a Pisa e fra i suoi maggiori esponenti figurano Nicola Pisano e
suo figlio Giovanni. Le opere di questi artisti evidenziano uno studio attento e
approfondito delle sculture romane nella ricerca del tuttotondo e nella
composizione articolata su piani diversi e sviluppata per fasce, in riquadri
successivi che “raccontano” storie. Esse però riflettono anche l’influenza degli
scultori gotici della Francia e della Germania, nella ricerca di intensa
espressività nelle solenni figure. Le opere più importanti di Nicola Pisano sono
il pulpito del Battistero di Pisa, quello del Duomo di Siena e la Fontana
maggiore di Perugina. Il figlio di Nicola, Giovanni, che collaborò sempre
attivamente con il padre, soprattutto nella Fontana Maggiore di Perugina, va
ricordato anche per l’esecuzione del pulpito del Duomo di Pisa. Grazie a
Giovanni Pisano e Arnolfo di Cambio, allievo e collaboratore di Nicola, il
recupero del mondo classico, attuato dalla scuola pisana, si diffonde
nell’Italia centrale. Dalla seconda metà del Duecento, la scultura viene
utilizzata anche nelle opere pubbliche destinate all’arricchimento delle piazze
cittadine, specialmente nelle logge e nelle fontane. Pittura Nella
seconda metà del Duecento l’influenza bizantina sulla pittura è ancora notevole;
la linea che disegna le figure diviene però più ondulata e gli spazi tra linea e
linea sono differenziai non solo dal colore, ma anche da diverse luminosità. Le
figure acquistano così il senso del volume ed un maggiore realismo. Attraverso
l’affresco, che diviene la tecnica tipica di questo periodo assieme alla pittura
su tavola, la narrazione di storie sacre raggiunge livelli di altissima
esecuzione. La tradizione delle croci e tavole dipinte continua ad affermarsi in
tutta l’Italia centrale. La rappresentazione della Madonna in trono, fra Angeli
e Santi, detta «Maestà», diviene ricca e complessa: la tavola è suddivisa in
scomparti da elementi architettonici che ripetono gli schemi delle facciate e
delle finestre gotiche. Tale composizione viene definita trittico, se divisa in
tre scomparti, polittico, se divisa in numero maggiore di tre. Anche in pittura
si formano vere e proprie scuole: nell’Italia centrale assai attiva è la scuola
romana, nella quale spiccano le personalità di Jacopo Torriti e Pietro
Cavallini. La pittura più rappresentativa di questo periodo viene però elaborata
nell’ambito della scuola senese e della scuola fiorentina. Scuola senese
Capo scuola della pittura senese è Duccio di Buoninsegna. La sua opera è
caratterizzata da una grande raffinatezza di esecuzione: le immagini aggraziate,
accurate nella definizione dei particolari e costruite attraverso la linea ed il
colore diventeranno tipiche della tradizione senese. Nel Trecento Simone Martini
e, dopo di lui, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, sono pittori rinomati per la
ricchezza decorativa delle loro immagini. Lo spirito cavalleresco e profano si
riflette nelle scene sacre: i Santi, vestiti con i ricchi costumi dell’epoca,
circondano Maria che riceve doni dagli Angeli, inginocchiati ai lati del suo
trono come paggi di fronte ad una dama. Il gusto per la decorazione e
l’attenzione per gli elementi di tipo naturalistico riflettono gli influssi
della miniatura gotica francese; gli artisti, da Siena, sono infatti chiamati a
lavorare presso la corte papale ad Avignone, dove è stata trasferita la sede
pontificia. Così come avviene per la scultura, in questo periodo anche la
pittura conquista un ruolo importante nelle opere pubbliche. Le sale del Palazzo
del Governo si abbelliscono di dipinti che raffigurano il momento della vita
nelle città e nelle campagne, nella pace e nella guerra. Scuola fiorentina
Il caposcuola dei pittori fiorentini è Cenni di Pepo, detto Cimabue. Nel
crocifisso di Arezzo e nella Madonna di Santa Trinita, a Firenze, le sue figure
sono vigorose e cariche di umanità; la composizione è monumentale. Sono evidenti
i legami con la scuola pisana di scultura e con quella romana di pittura. La
ricerca di una forte espressività appare anche negli affreschi della chiesa
Superiore di Assisi, purtroppo oggi molto rovinati. La scena della
Crocefissione, che appare annerita nelle parti luminose, quasi fosse un’immagine
in negativo, conserva tuttavia intatta la sua potenza: la figura di Cristo,
inarcata sulla Croce e con le vesti scosse dal vento, è circondata da Angeli le
cui ali si agitano nello spazio, mentre in basso la schiera dei seguaci protende
le braccia verso Cristo, accentuando la dinamicità della composizione. La
rappresentazione del volume, del movimento e dell’espressività delle figure
verrà ripresa e sviluppata nelle opere di un grandissimo artista del Trecento:
Giotto. Soprattutto pittore, ma anche scultore e architetto, Giotto occupa nella
storia dell’arte un posto paragonabile a quello che Danta occupa nella storia
della letteratura; già nel suo tempo la fama che raggiunge è vastissima e
committenti diversi, pubblici e privati, religiosi e laici, lo invitano a
lavorare in molte città d’Italia. Tra le sue opere più celebri sono gli
affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova (Vita della Vergine e di Gesù;
Giudizio Universale); gli affreschi della chiesa di S. Francesco ad Assisi
(Storie della Madonna, Vita di S. Francesco, Storie della Maddalena); il
progetto del campanile di S. Maria del Fiore a Firenze. Ormai abbandonato quasi
completamente il fondo d’oro, nelle scene dipinte da Giotto lo spazio in
profondità viene rappresentato attraverso la prospettiva degli elementi
architettonici e lo scorcio delle figure. La linea che disegna i contorni è
scomparsa e le forme si distaccano l’una dall’altra per contrasti di colore. Con
Giotto la pittura a tinte piatte, tipica dell’arte bizantina, viene
completamente abbandonata; le figura esprimono le loro emozioni umane e la loro
importanza non è più sottolineata dalle dimensioni ingigantite.
Arte nel quattrocento La storia Le contese fra le Signorie confinanti
portano all’affermazione di grandi famiglie (i Medici a Firenze, gli Estensi a
Ferrara, i Gonzaga a Mantova ecc), che eliminano le piccole Signorie locali;
infine i maggiori stati italiani, compreso lo Stato della Chiesa, raggiungono un
equilibrio di forze che impedisce il prevalere di uno di essi su tutti gli
altri. Il maggior benessere di questo periodo determina un nuovo desiderio di
conoscere e sperimentare il mondo e la natura; gli uomini provano fiducia nella
propria libertà e nella capacità di creare opere importanti e durature. Le nuove
idee sull’uomo e sulle possibilità della sua intelligenza favoriscono la nascita
dell’Umanesimo proprio a Firenze, che era stata in questi secoli il centro della
spinta al rinnovamento. Un particolare sviluppo caratterizza tutte le arti:
architettura, pittura e scultura sono ormai completamente autonome ed esprimono
egualmente la ricerca di armonia ed equilibrio fra i vari elementi compositivi.
Tale sviluppo di espressioni artistiche proseguirà anche nel secolo successivo,
incidendo profondamente nella cultura occidentale, e prenderà il nome di
Rinascimento. Questa nuova corrente di pensiero si afferma anche nelle grandi
città inglesi, francesi, nei Paesi Bassi ed in Germania: la sua diffusione è
facilitata anche dall’invenzione della stampa. Dato il grandissimo sviluppo
avuto dai commerci, si intraprendono numerosi viaggi, che conducono i navigatori
europei in India e poi nell’America centrale e meridionale. La scoperta dei
nuovi territori ed il formarsi di imperi coloniali comporterà conseguenze
notevoli tanto nella storia economica e sociale, quanto in quella politica
d’Europa e d’Italia. Arte nel millequattrocento L’arte del Quattrocento
si basa su un nuovo modo di concepire e rappresentare lo spazio: la prospettiva.
Non a caso questo modo di riprodurre illusoriamente la profondità si afferma
quando la società borghese è nel pieno del suo sviluppo; l’uomo, con le sue
facoltà intellettuali e la sua volontà di agire, diventa il protagonista della
storia e la rappresentazione del mondo circostante è in funzione dell’uomo che
lo osserva, lo studia, lo governa. Lo spazio si contribuisce fissando prima di
tutto il punto di vista dell’osservatore, a cui tutti gli elementi sono
subordinati. Il bisogno di stabilire regole fra le parti, per ottenere l’armonia
dell’insieme, si traduce anche nello studio delle proporzioni, che definiscono
le dimensioni delle parti del corpo. L’arte esplora l’anatomia e la natura, e
diventa scienza: le prime scoperte sulle scienze naturali sono dovute agli
artisti e proprio un artista, Leonardo da Vinci, inizierà un’indagine
sistematica del corpo umano e dei fenomeni legati al moto. La consapevolezza di
essere i protagonisti della storia determina anche l’interesse per le
testimonianze dell’antichità, le radici della propria cultura. I resti
dell’antichità vengono riportati alla luce da scavi sistematici, per poter esser
studiati; l’amore per l’antico non si risolve nell’imitazione delle opere del
passato, ma avvia alla ricerca di modi espressivi originali, che rielaborano gli
ordini classici, l’arco a tutto sesto, il frontone sulla facciata delle chiese.
La riforma artistica fiorentina iniziata con Brunelleschi, Donatello, Masaccio,
Leon Battista Alberti prosegue nell’opera di grandi artisti quali Paolo Uccello
e Sandro Botticelli (pittori), Jacopo della Quercia, Luca della Robbia e Andrea
del Verrocchio (scultori) estendendosi a tutte le corti d’Italia. A Urbino è
attivo Piero della Francesca, che applica la costruzione prospettica alla figura
umana, studiata come fosse un solido nello spazio, come si può notare nel
dipinto a olio su tavola la Flagellazione del 1455. A Padova Andrea Mantenga
unisce ricerca anatomica e prospettiva in studi prodigiosi di scorcio della
figura. A Venezia lavorano Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio e Antonello da
Messina, che diffonde in Italia la tecnica della pittura ad olio, appresa dai
fiamminghi. Gli influssi della pittura della Fiandre sono notevoli nelle opere
di moltissimi pittori del Quattrocento italiano e l’attenzione nel riprodurre
gli elementi della fauna e della flora. La natura è vista come fonte di vita che
si offre all’uomo per il suo sostentamento; la pianificazione del territorio è
un fenomeno tipico del Quattrocento, così come la pianificazione della città.
Nei trattati di Architettura vengono studiate città ideali, al centro delle
quali una grande piazza diventa quasi la corte d’onore del palazzo signorile,
con porticati lungo il perimetro ed un monumento al centro. Da questa piazza le
strade si dipartono secondo tracciati geometrici a raggiera o a scacchiera.
Il gotico internazionale All’inizio del Quattrocento il gotico è diffuso
in tutta Europa ed investe tutti gli aspetti della vita e del costume, dai
grandi edifici pubblici, civili e religiosi, agli oggetti d’artigianato, ai
mobili, ai disegni per i tessuti, alle carte da gioco. Da questo momento hanno
grande sviluppo le cosiddette arti minori, che, secondo una terminologia coniata
nell’Ottocento, indicano tutte le forme d’artigianato e di arte decorativa, in
contrapposizione ad «arti maggiori»: architettura, scultura, pittura. Il
fenomeno di larga diffusione delle forme gotiche viene detto appunto gotico
internazionale ed è caratteristico della società borghese di questo periodo,
vivamente interessata all’arte. In Italia il massimo centro di questa cultura è
Milano: il suo Duomo ne è l’espressione più alta e monumentale. Altri centri
importanti del tardo-gotico sono Verona e Venezia, dove lavora uno dei massimi
pittori di questo periodo, Gentile da Fabriano, che lascia trasparire dalle sue
opere gli influssi della cultura senese. Proprio grazie all’opera di questo
artista anche a Venezia si abbandonano i modi bizantini nella rappresentazione.
La cura per il disegno minuzioso delle figure, eleganti e raffinate, è evidente
anche nell’opera di un grande allievo di Gentile: Antonio Pisanello, nato a Pisa
ma educato a Verona. Il successo di questo pittore, attento studioso della
natura e dotato di grandissima abilità tecnica, è tale che tutte le maggiori
corti signorili dell’epoca, da Milano a Verona, a Mantova, a Ferrara, Roma e
Napoli, richiedono la sua opera. Nei dipinti di Pisanello ogni elemento è
rappresentato con uguale nitidezza ed ogni particolare balza in primo piano,
dettagliato con estrema cura. Il Quattrocento a Firenze Mentre
nell’Italia del Nord è ancora in pieno sviluppo il gotico, Firenze continua nel
processo di rinnovamento già avviato da Giotto, che aveva superato i modi
espressivi bizantini recuperando la tradizione classica. Grazie ad alcuni
grandissimi artisti, Firenze diventa così il centro di un profondo rinnovamento
dell’arte, creando i presupposti di quel fenomeno che verrà detto Rinascimento.
Nel Quattrocento, a Firenze, si afferma quindi un nuovo modo di considerare
l’arte, che non è più concepita come un’attività manuale bensì intellettuale, e
l’opera dell’artista è ritenuta capace di rendere elevata e spirituale la
materia, che si trasforma nelle sue mani ed acquista nuova dignità. I principali
esponenti di questo rinnovamento sono Filippo Brunelleschi, architetto;
Donatello, scultore; Masaccio, pittore. Un altro grande artista, Leon Battista
Alberti, letterato ed architetto, diventerà il principale teorico della nuova
concezione dell’arte esposta in tre trattati sulla pittura, scultura e
architettura. Attraverso le opere di questi grandi artisti possono definirsi i
caratteri generali dell’espressività quattrocentesca che, da Firenze, si estende
al resto dell’Italia. Architettura Le costruzioni presentano tutti i tipi
di copertura, dalla volta a botte, alla crociera, alla cupola. Quest’ultima non
è più impostata solo su base circolare, come al tempo dei Romani, ma anche su
base quadrata, con l’aiuto di triangoli sferici di raccordo (pennacchi). Gli
ordini sono rielaborati dal mondo classico ed i muri sono rivestiti di marmi,
stucco e spesso abbelliti da formelle in maiolica. Pittura Gli affreschi
e le pitture su tavola e tela, a tempera e ad olio, decorano gli edifici civili
e religiosi. I soggetti sono sacri e profani; le figure sono inserite in
paesaggi e architetture, rappresentati secondo le regole della prospettiva.
Nella composizione è spesso presente, fra i vari personaggi, il mecenate che ha
commissionato l’opera. Si abbandona progressivamente il fondo d’oro ed i corpi
sono definiti nell’anatomia e nel movimento. Si afferma i ritratto, che fornisce
una documentazione preziosa sull’abbigliamento, le acconciature, i gioielli
dell’epoca. Scultura Le statue a tuttotondo, i cui soggetti riprendono
quelli della pittura, hanno dimensioni spesso inferiori al vero, che
conferiscono una particolare preziosità alle opere. Nei bassorilievi si ricorre
alla rappresentazione prospettica. In pittura e scultura non ci sono vere e
proprie scuole; ogni artista svolge una propria ricerca personale e spesso si
cimenta in campi diversi, curando con uguale impegno la realizzazione di una
suppellettile come di una statua; è spesso, contemporaneamente, pittore e
scultore, o scultore e architetto, o tutte e tre le cose insieme.
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