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ARTE DAL MILLECINQUECENTO

 

Arte nel cinquecento 
La storia
Lo sviluppo dei traffici lungo le rotte atlantiche elimina gradualmente l'Italia dal commercio dei prodotti orientali, provocando una crisi generale dell'economia. L'Europa intanto vive un periodo di violenti contrasti sia politici sia religiosi. La nuova potenza spagnola, ricca delle immense risorse dei territori americani, si contrappone alla Francia; nel Mediterraneo si fa sempre più forte la minaccia turca, che costituisce ormai un pericolo grave e vicino per gli Stati europei. L'esigenza di un profondo rinnovamento religioso si risolve in grave frattura all'interno della Chiesa, divisa dalla Riforma protestante, che ha in Lutero e in Calvino i suoi principali ispiratori. La maggior parte delle comunità cristiane dei Paesi germanici e scandinavi, nonché il Regno inglese e quello scozzese si separano dalla comunione con la Chiesa di Roma. Il grande Concilio, convocato a Trento nel 1545, non riesce a ricomporre la frattura, ma darà inizio ad un autentico a profondo rinnovamento della vita religiosa, che prenderà il nome di Controriforma (o Riforma Cattolica): la nascita di nuovi ordini religiosi (Gesuiti, Barnabiti, Scolopi, Filippini, Cappuccini) sarà uno degli effetti di questo movimento, e rafforzerà nuovamente il prestigio della gerarchia presso il popolo cristiano. Nel Cinquecento, i massimi centri della cultura italiana sono Roma e Venezia, dove convergono i più grandi artisti del tempo. E' iniziata infatti la decadenza di Firenze a causa delle lotte interne per il potere sulla città, e molte province italiane sono sotto il dominio straniero.
Arte nel XVI secolo
Nell'arte del Cinquecento si evidenziano due tendenze fondamentali: quella che vede il prevalere del disegno, alla cui perfezione mirano soprattutto gli artisti dell'area toscana e romana, e quella basata sul colore tonale, che raggiunge livelli espressivi eccezionali nell'area veneta. Il disegno viene considerato la manifestazione creativa per eccellenza, la fase del lavoro in cui maggiormente si rivela il formarsi dell'idea, del progetto, nella mente dell'artista. Grande importanza viene data ad esso nelle Accademie, dove si studiano anche su trattati le teorie e le tecniche dell'arte. Fautrice delle Accademie è la Chiesa, che, con la Controriforma, vuole abolire ogni personale interpretazione dei testi sacri e vede nella formazione di scuole, sulla cui attività di insegnamento esercita un severo controllo, la garanzia del rispetto della propria autorità. così, invece di ispirarsi direttamente alla natura od alle opere del mondo antico, gli artisti studiano come modelli le opere dei tre grandi interpreti del Rinascimento: Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Per l'esigenza di distaccarsi comunque da queste tre grandi personalità, reinterpretandone il linguaggio espressivo per cercare una propria originalità, si accentua il virtuosismo tecnico e si determina l'effetto drammatico attraverso i gesti esasperati, fino alla deformazione della figura e dell'espressione dei volti. Questa tendenza viene detta Manierismo proprio perché rielabora la maniera di dipingere, ritenuta perfetta, dei grandi maestri. Importanti esponenti del Manierismo sono Pontormo, Rosso Fiorentino, Parmigianino.
Il Cinquecento si definisce con caratteri precisi soprattutto nel centro e nel nord dell'Italia; il recupero del mondo classico, avviato nel secolo precedente, viene filtrato attraverso le rielaborazioni personali dei grandi artisti, che influenzeranno folte schiere di seguaci. In architettura l'impianto delle chiese è prevalentemente a croce greca, con bracci coperti a botte e cupola decorata con affreschi. La pianta centrale è ritenuta una forma perfetta, che pone in rapporto di assoluta armonia tutte le parti dell'edificio. I palazzi divengono ancora più imponenti: sul grande portale si apre un'ampia finestra con balconata e più ordini sovrapposti caratterizzano la facciata e le logge del vasto cortile interno, spesso abbellito sul fondo da grotte e fontane. Attorno alle città si creano poderose mura con bastioni e torrioni; nasce una vera e propria architettura militare, che protegge le città dalle nuove armi da fuoco. In scultura i bassorilievi divengono monumentali e le statue a tuttotondo rappresentano spesso gruppi, assai articolati e complessi. Le figure, in relazione alla vastità degli ambienti, vengono ingigantite e lo studio dell'anatomia porta ad una accentuazione della muscolatura e del movimento. In pittura si afferma su tutte la tecnica della pittura ad olio su tela: i colori e le luci diventano gli elementi predominanti nell'immagine. I volumi vengono definiti da chiaroscuri ricchi di sfumature e le figure sono composte secondo uno schema piramidale; si sposta verso il basso il punto di vista prospettico. I soggetti sacri vengono interpretati come scene di vita quotidiana: la Vergine, il Bambino, i Santi, sono spesso abbigliati con costumi dell'epoca, e le loro figure sono inserite in architetture del tempo o scenari naturali. 
La cultura veneta nel Cinquecento  
Nel Veneto si forma una cerchia di artisti che basano la loro ricerca essenzialmente sul colore, reso in tutte le sue variazioni di intensità e privo di contrasti. La prospettiva è aerea ed appare vivo l'interesse per il paesaggio: è nel Veneto che si sviluppa quella che viene definita pittura tonale, in cui il colore e la luce, più che il disegno, sono gli elementi fondamentali della composizione. Uno dei maggiori esponenti di questa pittura è Giorgione. In uno dei suoi dipinti più famosi, La tempesta (1505 ca.), il paesaggio, ricco di zone d'ombra e luce colorata, diviene il vero protagonista; nelle sue opere i toni freddi degli alberi e dell'erba si mescolano agli altri colori del dipinto, in cui anche le figure e le case sembrano fondersi con gli elementi della natura. Altro grandissimo esponente della cultura veneta è Tiziano Vecellio che inizialmente risente di Giorgione ma ben presto definisce i caratteri autonomi della sua pittura, basata su una maggiore dinamicità delle figure e grandiosità compositiva. Celebre ritrattista, Tiziano raggiunse grandissima fama, così come Paolo Veronese, che dipinge ad affresco le pareti delle ville nobiliari venete. Fra gli esponenti della pittura veneta, solo Tintoretto si differenzia nettamente dai suoi contemporanei, esprimendosi con violenti contrasti di luce e ombra che conferiscono particolare drammaticità alle sue opere, di soggetto prevalentemente religioso.
Oltre che in pittura, anche in architettura sono attive nel Veneto grandissime personalità, tra cui Andrea Palladio, che nelle sue opere e nei suoi trattati evidenzia un vivo interesse per l'architettura classica. Le sue ville, le chiese, i palazzi sono sempre progettati in funzione dell'ambiente: appare importane non solo progettare un edificio, ma anche studiare il modo in cui esso si inserisce in una piazza preesistente, in una strada, in un giardino. A volte, quando l'ambiente è naturale, si interviene modificandolo (introducendo, alberi, siepi, definendo nuovi percorsi), perché sia più armonizzato all'architettura, creando un effetto d'insieme. L'ambiente è trattato come una scenografia, anticipando una ricerca che caratterizzerà poi l'architettura del Seicento.



Arte nel seicento
La storia
Agli inizi del 1600 la Spagna è la maggiore potenza d’Europa ed esercita il suo predominio in Italia, dove fa sentire ovunque la sua forte influenza. L’Italia vive un periodo di grave crisi economica, che si accompagna alla perdita quasi totale di indipendenza politica. L’amministrazione degli Stati e la necessità di mantenere corti fastose presso le capital dei vari principali costringono i sovrani ad imporre sulle popolazioni forti tasse: la miseria dilaga, accompagnata sovente da pestilenze e carestie. Il popolo esasperato spesso insorge, ma le proteste sono sempre ferocemente represse. Verso la metà del 1600, la Spagna perde la sua completa supremazia; ne traggono vantaggio Francia e Inghilterra. In seguito, a causa delle guerre di successione, i territori italiani passano dalla Spagna agli Asburgo; contemporaneamente il Regno di Napoli passa alla dinastia dei Borbone. Il malgoverno spagnolo ha portato grande immobilità nella produzione e nel commercio. Chi possiede capitali non li investe nelle industrie manifatturiere, ma preferisce acquistare proprietà, terreni, titoli nobiliari. I nuovi nobili amano vivere in città, dove si costruiscono eleganti e ricchi palazzi, regge sfarzose e raffinate, imponenti chiese, determinando un grandioso sviluppo delle arti. L’Italia, pur essendo in piena decadenza politica, rimane per tutto il Seicento un centro importante della cultura europea; nel Settecento tale predominio passa alle grandi corti d’Europa. Facilmente siamo portati a identificare il Settecento come il periodo della vita frivola e spensierata, dei giochi e delle feste eleganti, dei codini e della cipria. In realtà il Settecento è in tutta Europa un secolo di profonda trasformazione; da una parte c'è una società che si avvia alla decadenza, dall'altra si assiste all'avvio di un rinnovamento sostanziale che aprirà le porte all'era moderna. In questi mutamenti la Francia assume il ruolo principale. Possiamo suddividere il Settecento in due momenti. Nel primo, che corrisponde alla fase iniziale del secolo, permane una società dominata da un'aristocrazia inetta con tutti i suoi privilegi. Nel secondo si afferma una borghesia che, nell'altra metà del secolo, si fa ardita: prima richiede riforme sociali, infine le impone con la rivoluzione francese. Contemporaneamente si diffonde il movimento ideologico dell'Illuminismo che esalta il valore della ragione, l'indipendenza dell'intelletto umano dal potere illimitato e arbitrario delle monarchie assolute, dalla tradizione, dalla superstizione religiosa. A una società fondata sui doveri (verso Dio, verso il sovrano) si sostituisce via via una civiltà fondata sul diritto della coscienza, della ragione, dell'uomo, del cittadino.  
Arte nel milleseicento
Nel Seicento l’arte è fortemente condizionata dal problema religioso: la Chiesa è ancora uno dei massimi committenti delle opere d’arte e le usa per affascinare i fedeli suggestionandoli con immagini di sfarzo e potenza, e, al tempo stesso, con scene che esaltano la meraviglia dell’Aldilà, della salvezza, che solo nella fedeltà alla Chiesa si può raggiungere. L’arte, quindi, è uno strumento di formazione: non si produce per essere goduta da pochi, ma si rivolge a tutti, vuole farsi capire da tutti. Così, alle scene che affrontano la rappresentazione di una realtà immaginaria (un’estasi mistica, un’apparizione, la gloria di un santo), si accompagna sempre un grande realismo, che, attraverso l’analisi dei dettagli (vestiti, capelli, epidermide) e la grande nitidezza, dell’ambiente (con le sue luci, i suoi colori, i suoi arredi, resi nei diversi materiali), propone come «vera» ogni finzione. Come in una vera rappresentazione teatrale, l’osservatore viene stimolato e coinvolto: non gli si richiede di essere culturalmente preparato, ma disponibile ad essere trascinato nella dimensione dell’immaginario. La tendenza a coinvolgere emotivamente l’osservatore, facendogli vivere in modo soggettivo una realtà infinita e grandiosa, riflette anche il desiderio dell’artista di esprimersi con libertà: egli infatti non si piega a schemi precostituiti, non usa forme rigide, contenute, organizzate in rigorose simmetrie compositive, ma forme libere, aperte, articolate. Ogni elemento viene reinventato, ogni materiale viene forzato al limite delle sue possibilità di resa, sia tecnica che espressiva, per dimostrare la straordinaria bravura dell’artista. Questo fenomeno artistico così complesso, così ricco di aspetti diversi, si definisce tradizionalmente Barocco e non si riferisce solo all’arte della Chiesa, ma anche a quella delle grandi corti e delle città borghesi. Questo termine ha assunto per molto tempo un valore negativo, sinonimo di disordine, sovraccarico, eccessivo, tendente al cattivo gusto; oggi ha perduto questo significato, ma esprime comunque la precisa tendenza a violare norme rigide, a non ricreare modelli fissi, validi in assoluto. Espressione delle inquietudini politiche e dei drammatici contrasti religiosi del suo tempo, il Barocco esprime l’ansia di soluzioni sempre nuove, proprie di una società che ha perduto molte certezze. In questo senso la concezione rinascimentale dell’uomo centro dell’universo può ritenersi definitivamente superata. L’esperienza barocca, nel definire con sempre maggiore raffinatezza e puntigliosità le sue opere, si conclude nel Settecento con il Rococò, tendenza di derivazione francese, uno stile che si manifesta nell'eleganza, nella raffinatezza delle forme; è lo stile prediletto dall'aristocrazia. Si afferma soprattutto nella pittura, nelle decorazioni, nei mobili, negli oggetti e, come ovvio, nell'abbigliamento.
Il Seicento: architettura, scultura e pittura
L’architettura è senza dubbio l’espressione d’arte più significativa del Seicento; essa non è più concepita in forme isolate, ma come elemento costitutivo dell’ambiente: le facciate degli edifici sono caratterizzate da superfici curve, da sporgenze e rientranze che invadono lo spazio e sono progettate in funzione della via, della piazza, del parco in cui si trovano. Lo spazio interno riflette le articolazioni dell’esterno, in un alternarsi di pieni e vuoti, luci ed ombra. Le decorazioni divengono sfarzose: festoni, balaustre, colonnati, stemmi, realizzati in stucco e arricchiti da dipinti vengono collocati tanto all’interno quanto all’esterno degli edifici, con il preciso scopo di accentuare l’effetto scenografico. Anche gli stessi elementi necessari al sostegno dell’edificio (archi, piloni, ecc.) vengono usati con sovrabbondanza e la struttura portante della costruzione diviene essa stessa decorazione. Si studiano grandiosi piani costruttivi delle città ed alcune di esse, come Roma, Napoli, Torino, Lecce, Catania, vengono profondamente rinnovate e modificate. Le facciate delle chiese appaiono monumentali, ma in genere, a differenza dell’interno, mai eccessivamente decorate.
Accanto alle chiese, o in prossimità di conventi o palazzi gentilizi, spesso sorge l’oratorio, riservato ad una ristretta cerchia di fedeli o anche destinato ad una sola famiglia. All’interno di esso vengono realizzate spesso anche delle sacre rappresentazioni, che dal luogo prendono proprio il nome di «oratori». Pur essendo molto usata la pianta centrale, si costruiscono anche chiese a pianta basilicale: la corte papale (che dopo il Concilio di Trento si fa promotrice di un’intensa attività artistica, per agevolare il diffondersi della religione) ripropone il tipo di edificio caratteristico dei tempi in cui la Chiesa godeva di un’autorità indiscussa. All’interno della chiesa viene collocato il fonte battesimale, che non è più una vasca per praticare l’immersione, in quanto il rito avviene ora con la semplice aspersione dell’acqua benedetta. Le sacrestie assumono proporzioni monumentali e vengono completate da grandiosi mobili per contenere i paramenti sacri. I palazzi monumentali, costruiti come residenza dei nobili, degli alti prelati o dei Papi, hanno generalmente un ampio atrio d’ingresso da cui si accede, attraverso sontuosi scaloni, al piano superiore – piano nobile – sempre riccamente decorato di sculture, dipinti, decorazioni a stucco, specchi, mobili raffinati, tappeti pregiati ed arazzi preziosi. Spesso grandiosi giardini con logge, portici e fontane monumentali circondano il palazzo, completandolo.
Nel Seicento è Roma il centro di maggiore sviluppo culturale; al servizio di papi e ricchi patrizi operano artisti di grande valore che spesso sono pittori, scultori ed architetti contemporaneamente, secondo una tendenza ormai radicata. Uno dei più significativi interpreti delle tendenze culturali del Seicento è Gian Lorenzo Bernini, architetto, scultore e anche pittore. La sua straordinaria capacità di produrre opere in ogni settore, con estrema efficacia, ne ha fatto, sotto ben otto papi, l’artista incontrastato della corte papale. Il suo successo è tale che i suoi edifici vengono imitati ovunque, non solo in Italia ma anche in Francia per tutto il 1700. Per la fiducia incondizionata accordatagli, ha sempre la possibilità di lavorare liberamente; le sue architetture determinano il volto della Roma seicentesca e le conferiscono fasto e grandiosità. Un’altra grandissima personalità del Seicento a Roma è Francesco Castello, detto il Borromini. L’esperienza di Borromini è nel suo tempo solitaria e particolare; le sue nuove forme vengono apprezzate e prese a modello in Europa e anche in America Latina, dove si diffondono largamente, soprattutto ad opera degli ordini religiosi missionari per i quali l’artista lavora. Roma deve proprio a Borromini i suoi edifici più originali. Bernini e Borromini hanno, con la loro opera, influenzato tutto il gusto di un’epoca. Nelle diverse città italiane – Torino, Milano, Venezia, Napoli – numerosi artisti di notevole valore hanno lasciato opere che dimostrano chiaramente l’adesione a tali tendenze.
In scultura si tende a rappresentare con forte somiglianza al vero e con ricchezza di particolari; proprio per questo è necessario che lo scultore sia tecnicamente molto preparato, tanto da essere in grado di rendere con immediatezza l’espressione di uno stato d’animo, di un sentimento, le caratteristiche salienti di una personalità, la realtà di un avvenimento. Per molti artisti il soggetto non è che un pretesto per manifestare il proprio virtuosismo tecnico.
Tra Sei e Settecento la pittura ottiene una straordinaria diffusione; i pittori producono con estrema abilità grandiose decorazioni ad affresco di interni, con arditi scorci e violenti passaggi di luce ed ombra. Meglio della scultura e dell’architettura, la pittura permette di realizzare effetti illusionistici di grandi spazi confinanti, popolati da innumerevoli figure. Proprio in questo periodo si definiscono quindi diversi tipi di pittura:
- la pittura decorativa di ambienti, realizzata ad affresco su soffitti o pareti;
- la pittura da cavalletto, realizzata con colori ad olio su tela, in diversi generi, di cui i più diffusi sono: il ritratto, la natura morta, il paesaggio, le scene di genere, di battaglie di vedute d’insieme.
Nei grandi palazzi signorili i vasti saloni, decorati con ricchezza, accolgono vere e proprie collezioni di opere d’arte. La continua richiesta di produzione artistica determina il sorgere di numerose di numerose scuole, anche regionali, che seguono l’impostazione e i modi di artisti dalle tendenze differenti, fra i quali i più rappresentativi sono Caravaggio e i fratelli Carracci.
Il primo Settecento
I tratti caratteristici dell’espressività seicentesca, basati sulla linea ondulata, sul violento contrasto tra luce e ombra, sulle superfici curve, ricche di sporgenze e cavità, sullo spazio che si compenetra alla forma quasi per superare i confini fra esterno ed interno, sulla luce come protagonista principale dell’opera, vengono ulteriormente sviluppati nella prima metà del Settecento.
Alle forme grandiose e mosse, ai forti contrasti di luce e ombra, alla fastosa decorazione del Barocco si prediligono in architettura forme meno movimentate, più lineari e aggraziate con effetti chiaroscurali attenuati e con una decorazione lieve e capricciosa. L’artista più significativo di questo periodo è Filippo Juvarra; egli opera soprattutto in Piemonte, dove realizza edifici di tipo civile e religioso, pubblici e privati, quali lo scalone e la facciata di Palazzo Madama a Torino, la Basilica di Superga, la palazzina di caccia di Stupinigi, realizzata con estrema originalità, con un grande corpo centrale ellittico da cui dipartono quattro bracci, protesi verso il parco circostante.
La scultura ripete forme e soggetti già realizzati nel Seicento; molti artisti si ispirano direttamente all’opera di Bernini; emerge fra tutti Giacomo Serpotta, di origine palermitana, che produce una infinita varietà di sculture a stucco, destinate soprattutto alla decorazione degli edifici.
Le Accademie, vere e proprie scuole dove si apprendono in modo sistematico il disegno e la pittura, si diffondono presso le corti o nei centri più importanti. Emerge fra tutte quella veneta, che già nel Seicento si era distinta soprattutto per una particolare tendenza coloristica. Uno dei suoi più validi rappresentanti è Gianbattista Tiepolo: egli introduce nella pittura il concetto di spazio sconfinato, indefinito, realizzato con colori limpidissimi, che conferiscono proprio un senso di vastità, ariosità, prima mai realizzati. A Venezia sono molte le personalità di rilievo nella pittura, ad esempio lo stesso figlio del Tiepolo, Giandomenico, Giovan Battista Piazzetta, Pietro Longhi, Alessandro Longhi che rappresentano prevalentemente, con vivacità ed eleganza, scene di vita veneziana.
Due pittori, originali interpreti della cultura e della sensibilità di Venezia, si distinguono particolarmente: Antonio Canal detto il Canaletto e Francesco Guardi. Il Canaletto realizza sulla tela, con pennellate luminose, le più belle vedute di Venezia, i suoi canali, le sue piazze sempre affollate di personaggi in festa, le sue architetture rese con grande cura del dettaglio. Guardi, attraverso colori luminosissimi, quasi fossero impastati di luce, con rapide pennellate crea invece una straordinaria unità tra figure e ambiente, staccandosi decisamente dalla tradizione precedente. Le sue vedute non sono documentarie, ma interpretazioni di tipo fantastico; tutti gli elementi del dipinto perdono la loro consistenza in un’atmosfera luminosa, che diventa la caratteristica predominante del linguaggio espressivo dell’artista.
L’intima fusione fra architettura, scultura e pittura e l’intento di determinare effetti di grandiosità, o che suscitino stupore, costituiscono anche i caratteri fondamentali della scenografia che, proprio nel Sei e Settecento, ottiene uno straordinario sviluppo, in quanto, per eccellenza, arte della finzione e costruzione di una realtà illusoria. Gli scenografi, attraverso costruzioni in legno, cartapesta, tela e stucco e con l’aiuto dei colori e anche di complicati meccanismi, riescono a rendere l’effetto dei volumi, degli spazi e delle distanze in modo prodigioso. Attraverso le glorie, nuvole che nascondono complicati meccanismi, si fanno calare dall’alto i personaggi: divinità, cantanti e musici. Si creano, per soddisfare le esigenze delle corti e dei nobili, delle vere e proprie scuole; una della più qualificate e richieste è quella di Bibiena, una famiglia bolognese, che non solo esegue magistralmente scenari, ma studia anche nuovi sistemi per una diversa rappresentazione dello spazio, in modo da consentire l’evasione dello sguardo oltre la scena. Questi artisti introducono nella scenografia la prospettiva accidentale e dal basso verso l’alto, moltiplicando con scorci arditi lo spazio all’infinito e consentendo quindi alla scena un più ampio respiro.



Arte nell' ottocento 
Arte nella fine del settecento e ottocento
Nella seconda metà del Settecento la borghesia si afferma con prepotenza, chiede riforme sociali, si ribella all’aristocrazia inetta e largamente privilegiata, provoca la rivoluzione. L’Illuminismo che vede nella ragione l’elemento di uguaglianza fra gli uomini, determina una profonda modificazione nel modo di concepire l’arte ed il significato dell’immagine. Nei confronti della scienza, che ormai ha avviato, con il metodo sperimentale, un processo rivoluzionario di indagine della natura, l’arte si trova a dover qualificare il proprio campo, differenziandosi nettamente dalla scienza stessa o rendendo «scientifiche» le proprie ricerche. Ad un’arte che evita di affrontare i grandi problemi umani e sociali, per esprimersi attraverso «generi» tradizionali (ritratto, natura morta, paesaggio, arte decorativa), si contrappone, con il Neoclassicismo, un’arte che valuta criticamente il tardo Barocco e il Rococò, li rifiuta perché espressioni della corte assolutista e formula teorie sull’arte come scienza del bello. La bellezza per il Neoclassicismo, nasce quando le immagini sono portatrici di idee «giuste» e sono prodotte per scopi morali. Il concetto dell’arte come strumento di persuasione viene trasferito in immagini che esaltano la nobiltà d’animo dei capi rivoluzionari e il loro sacrificio per il popolo. Il Neoclassicismo, nato come espressione degli ideali patriottici ed eroici della rivoluzione francese, diviene poi l’arte ufficiale dell’impero napoleonico. Le architetture recuperano il classicismo in quanto espressione di rigore morale, purezza di forme, rifiuto di ogni decoratività superflua. Il popolo va educato ai valori rivoluzionari validi e assoluti nel tempo, attraverso immagini «belle» in assoluto, perfette nelle forme e prive di coinvolgimenti emotivi. Questa volta, rispetto al Barocco, si chiede all’osservatore di essere attento e lucido razionalmente, di accogliere, con profonda e logica convinzione, le idee di cui l’immagine è portatrice. Molti artisti sono anche e soprattutto dei teorici: si elaborano in questo periodo numerosi trattati, che definiscono i criteri guida della composizione, le proporzioni «migliori» fra le parti, le categorie secondo cui classificare i vari tipi di espressione artistica. L’Italia aderisce al movimento neoclassico (che si diffonde largamente in Europa) pur conservando una posizione più arretrata, a causa delle radicate tradizioni artistiche locali.
Dopo la caduta di Napoleone, in Europa si afferma il Romanticismo, che, nato in Germania, determina l’evoluzione verso nuove forme espressive. In contrapposizione al Neoclassicismo, che si riferiva al mondo classico e ricercava valori assoluti, validi per ogni popolo, il Romanticismo si rivolge alla storia delle singole nazioni, alle origini delle diverse culture. Vengono rivalutate le espressioni artistiche dei popoli germanici, anglosassoni, francesi del Medioevo, che non è più considerato un periodo di decadimento dell’arte, bensì di affermazione di civiltà diverse da quella classica, ma non meno valide; questa ricerca di individualità nazionale diventa anche rivalutazione del singolo e dei suoi sentimenti. Sempre in misura minore, rispetto ad altre nazioni europee, l’Italia partecipa al Romanticismo e sviluppa una sua parallela ricerca espressiva spesso assai affine a quella francese (la Francia ha il ruolo di guida nella cultura d’Europa), ma isolata in un ambito nazionale: questa situazione si manterrà finché non avrà raggiunto la fisionomia e la dignità di stato autonomo. In questa ricerca di nuovi valori espressivi, al di fuori dei modi tradizionali ed accademici, si pone il Verismo, che, pur nelle sue caratteristiche regionali, persegue obiettivi comuni: l’immagine viene rivalutata indipendentemente dai valori morali o ideologici che trasmette, la scientificità dell’arte è scienza della percezione visiva, della luce che determina ombre e colori, delle strutture compositive che la regolano.        
Verso la fine del secolo, dopo la nascita del Regno d’Italia, si avvia uno scambio con le nazioni europee e molti artisti si recano in Francia, dove l’Impressionismo, rifiutando le accademie, ha aperto la via ad una rivoluzionaria concezione dell’arte, presupposto fondamentale dei grandi avvenimenti artistici del Novecento.
Architettura
Nella seconda metà del Settecento l’architettura si sviluppa particolarmente a Roma, Napoli e Milano, dove si realizzano sistemazioni di vaste aree, quartieri e piazze. Gli elementi architettonici sono sempre ispirati ai modelli classici; spesso però, a scapito dell’armonia dell’insieme, prevale il gusto per la monumentalità, con l’ingigantimento dei basamenti, delle colonne, della massicce trabeazioni. Ci si riferisce non tanto al mondo classico, quanto al periodo dell’Impero; per celebrare personaggi di grande importanza, come re o imperatori, sempre seguendo l’esempio dato dalla civiltà romana, si costruiscono di nuovo gli archi di trionfo. Su questi presupposti si sviluppa l’architettura del Neoclassicismo, che si diffonde in tutta Europa.
Le chiese costruite in questo periodo sono in genere a pianta centrale, quasi sempre rotonda; hanno un portico d’ingresso arricchito da colonne e completato dal timpano. Le colonne ripetono uno degli ordini greci - dorico, ionico, corinzio - e sono appoggiate su di un alto zoccolo.
Verso la fine del Settecento, un provvedimento di legge emanato durante il governo di Napoleone Bonaparte vieta, nel rispetto di precise norme igieniche, la sepoltura all’interno delle chiese. Secondo i nuovi regolamenti vengono costruiti allora, fuori delle mura delle città, i cimiteri, in cui spesso le tombe sono veri e propri monumenti funebri, adornati da sculture eseguite da artisti illustri.
I palazzi privati, anche quelli destinati alle famiglie reali, hanno facciate molto allungate e racchiudono il cortile all’interno. L’ingresso, in genere, è evidenziato dalla presenza di colonne che sostengono un balcone; uno scalone monumentale conduce al piano nobile, dove le numerose stanze allineate l’una dopo l’altra danno il senso di una grande profondità. L’architetto, in questo periodo, comincia ad interessarsi anche dell’arredamento interno, della sistemazione di caminetti, specchiere, oggetti decorativi; a studiare i disegni per le porte interne ed esterne, per le imposte e anche per particolari fino ad ora ritenuti insignificanti (maniglie, ferri ferma-tende, ecc.).
Anche le ville, costruite fuori città dalle famiglie della ricca borghesia imprenditoriale o dai nobili, ricalcano in genere il modello del palazzo di città, ma sono circondate da giardini di stile inglese, con prati, boschetti e finti ruderi per creare angoli suggestivi.
In Italia, gli architetti di maggiore rilievo del periodo neoclassico sono Luigi Vanvitelli e Giuseppe Piermarini. Luigi Vanvitelli (1700-1773), di origine olandese, educato dal padre alla pittura, apprende proprio nel dipingere ad amare le antiche e monumentali architetture classiche, solitamente ritratte nelle vaste vedute di paesaggio. Il gusto per la grandiosità delle proporzioni e l’amore per le forme classiche rimane vivo e presente in ogni sua opera: fra tutte va ricordata la Reggia di Caserta, iniziata per Carlo di Borbone nel 1571, con un imponente scalone interno e un meraviglioso parco, ricco di fontane, cascate e giochi d’acqua, ideato e realizzato sempre da Vanvitelli. Allievo di Vanvitelli a Roma e poi suo collaboratore a Caserta è  (1734-1808), nato a Foligno, ma attivo soprattutto in Lombardia, dove a Milano viene nominato «imperial regio architetto» dalla Corte Arciducale. Rigoroso e originale interprete del neoclassicismo, Piermarini caratterizza le sue architetture con superfici che si sviluppano in lunghezza, sulle quali la luce scorre senza violenti contrasti d’ombra: le colonne, i pilastri, le cornici, che scandiscono ritmicamente le facciate, non assumono mai pesante rilievo. L’equilibrio di ogni sua opera, organizzata secondo ritmi ampi e nitidi, attenua la freddezza tipica dell’architettura neoclassica, nata quasi sempre da una rigida imitazione. La sua opera più nota è il Teatro alla Scala di Milano, costruito nel 1778. La facciata è ornata da colonne appoggiate su di una base a bugnato; l’inserimento del portico, praticabile per le carrozze, costituisce un elemento del tutto originale. L’acustica interna ancora oggi risulta perfetta, per il giusto rapporto realizzato fra masse e spazi vuoti. Piermarini a Milano realizza anche sistemazioni urbanistiche, compresa quella dei vasti giardini pubblici della città; il suo interesse per l’urbanistica si evidenzia anche nella realizzazione della Villa Reale di Monza, impostata su di uno schema aperto che si articola nel parco circostante. Piermarini, comunque, manifesta una nuova tendenza che si sviluppa ancor più nel secolo successivo: l’architetto diventa anche urbanista e si occupa della sistemazione degli spazi urbani indipendentemente dal fatto di progettarvi singole costruzioni.
L’architettura, per tutto l’Ottocento, ripete in genere modelli neoclassici o ripropone caratteri dell’architettura romanica o gotica, in adesione al Romanticismo, che rivaluta il Medioevo. Il grande sviluppo industriale, nella seconda metà del secolo, propone con urgenza il problema dell’espansione delle città. Attorno al nucleo originario si costruiscono i nuovi quartieri operai, e si delinea la struttura della città moderna; per soddisfare le nuove esigenze vengono costruiti molti edifici pubblici e privati, ad esempio ospedali, scuole, stazioni, mercati, palazzi di esposizione. Verso la fine del secolo vengono realizzati i primi villini, destinati all’abitazione di una sola famiglia, che usufruiscono di piccoli giardini privati e sono costruiti in zone spaziose della città. Da questi primi gruppi di abitazioni si sviluppano i quartieri residenziali moderni. In queste nuove realizzazioni si usano spesso il ferro e la ghisa, materiali fino ad ora poco o affatto usati in architettura.
Scultura
Nella seconda metà del Settecento anche la scultura assimila i nuovi contenuti neoclassici. Il sorgere di numerose Accademie, di cui la maggiore è quella di Brera a Milano, ancora oggi vitale, determina un notevole impulso nello studio del nudo; quasi sempre però gli allievi si esercitano su copie di opere antiche anziché dal vero e la loro preparazione risulta basata soprattutto sull’imitazione. Alle forme mosse, ricche di decorazione, impostate sui forti contrasti, si sostituiscono opere estremamente semplici, rigorose, spoglie da ogni decorazione, sempre composte in una fredda immobilità. Lo scultore che meglio rappresenta le tendenze culturali del Neoclassicismo è Antonio Canova (1757-1822), che proprio dallo studio, condotto a Roma, sui capolavori classici definisce il suo linguaggio personale, basato essenzialmente sulla assoluta perfezione delle forme: le sue opere risultano di una bellezza lontana, fredda, impersonale, perfetta ma quasi senza vita. Canova ottiene grande successo nel suo tempo, è compreso ed accettato da tutti, è conteso dalle maggiori corti d’Europa. La sua produzione è vastissima: statue, gruppi, monumenti funebri, ritratti, monumenti equestri.
Canova ha influenzato fortemente tutta la scultura dei primi decenni dell’Ottocento; essa risulta quindi in genere di tipo neoclassico, senza evidenziare però alcun interprete di rilievo. Con il diffondersi del Romanticismo, che rivaluta il sentimento e lascia largo spazio alla riflessione e alla interpretazione personale, anche i soggetti cambiano e si registra una forte tendenza alla rappresentazione della natura, della vita quotidiana, del mondo personale dell’artista. Nella seconda metà dell’Ottocento nasce anche una nuova tendenza definita Verismo, i cui soggetti sono tratti dal mondo reale, con una preferenza per gli ambienti umili e poveri, con personaggi raffigurati nella semplicità della vita quotidiana. Sul finire dell’Ottocento, sotto la spinta delle nuove tendenze in pittura, affermatesi ufficialmente in Francia nel 1874 con l’Impressionismo, anche la scultura si modifica profondamente. Medardo Rosso (1858-1928) ne è l’interprete più efficace e originale, autore di opere in cui i contorni, anche attraverso leggere deformazioni, si dissolvono nella materia stessa, scelta proprio in modo da consentire all’artista di ottenere superfici sfuggenti, plasmate quasi «senza volume». Medardo Rosso infatti usa spesso lavorare la cera o il gesso levigati e caratterizzati da un’apparente fluidità, quasi fossero appena colati.
Pittura
Seguendo le indicazioni del Neoclassicismo, gli artisti della fine del Settecento e del primo Ottocento tendono a dipingere ispirandosi a modelli antichi, per realizzare innanzitutto l’assoluta perfezione formale, la bellezza ideale. I soggetti preferiti sono gli avvenimenti storici o anche leggendari delle civiltà greca e romana. La pittura del Neoclassicismo si sviluppa soprattutto a Parigi, attraverso l’opera di Jacques-Louis David (1748-1825) che segna una svolta decisiva per la pittura europea del tempo. David guarda ai modelli antichi, greci e romani, non soltanto dal punto di vista formale, ma soprattutto come esempio di virtù morale, di grande dignità umana, valido per tutti gli uomini. Caricando di forte significato ideologico ogni sua opera, David assegna all’arte il compito di messaggio di una fede politica: l’arte neoclassica diventa così l’espressione artistica della borghesia in lotta. David diviene il caposcuola della pittura neoclassica e il pittore ufficiale nel periodo napoleonico, influenzando fortemente gli artisti del tempo e determinando una vera e propria «moda». Il Neoclassicismo, in Italia non trova esponenti di grande rilievo per quanto riguarda la pittura, come è invece avvenuto per la scultura, con Canova.
Nello stesso momento in cui il Neoclassicismo segna la sua maggiore affermazione, sono già vivi i nuovi fermenti romantici, che gli si contrappongono totalmente. Il Romanticismo esalta soprattutto l’individualismo, le capacità creative del singolo, superando ogni imposizione, ogni regola precostituita, qualsiasi imitazione. Gli artisti del Romanticismo rappresentano soggetti che sono nella realtà, come paesaggi, scene d’ambiente o anche temi storici ispirati al Medioevo, periodo ritenuto libero da legami classici e caratterizzato da creazioni spontanee e originali. I pittori si sentono meno legati alle regole accademiche e tendono soprattutto ad esprimere i sentimenti dell’animo umano, comunicando commozione nei confronti del soggetto rappresentato. Fra i pittori romantici, in Francia, assume particolarmente importanza Eugéne Delacroix (1798-1863). In Italia, uno dei maggiori esponenti della cultura romantica è il lombardo Francesco Hayez (1791-1882), che affronta temi storici e di significato patriottico e soggetti che esaltano i sentimenti. Da questo atteggiamento, anche in pittura, come già era avvenuto per la scultura, nasce la tendenza verista, che si diffonde con rapidità in Italia. I veristi non attribuiscono tanta importanza ai soggetti da rappresentare, quanto al modo in cui essi vengono rappresentati; si comincia a studiare come rendere la luminosità ed il colore in un paesaggio, in un interno, per riuscire ad essere, il più possibile, aderenti alla percezione che la realtà suscita. Questo tipo di indagine viene condotta da gruppi di artisti che purtroppo rimangono isolati dalle grandi correnti culturali europee e quindi anche i tentativi più geniali e innovatori, come quelli dei macchiaioli toscani, dei veristi napoletani (Scuola di Posillipo) o dei divisionisti lombardi, sono destinati ad esaurirsi in breve tempo e a non avere grande diffusione.
La lunga lotta per l’indipendenza e per l’unità non favorisce in Italia un rinnovamento radicale in campo artistico, ed anche i movimenti regionali, rimangono isolati. Proprio per questo, alcuni artisti finiscono con l’abbandonare la provincia per andare a Parigi dove, sul finire dell’Ottocento, si sviluppa uno straordinario movimento innovativo che modificherà profondamente il modo di dipingere: l’Impressionismo.  
Impressionismo
Il movimento nasce a Parigi e si presenta per la prima volta al pubblico con una mostra organizzata nel 1874 presso lo studio del fotografo Nadar. Le opere degli Impressionisti sono infatti rifiutate nei saloni ufficiali delle mostre, perché ritenute spregevoli a causa dei soggetti rappresentati e del modo di dipingerli. La società di quel tempo, infatti considera «artistiche» soltanto le immagini con soggetti e figure composti artificiosamente nello studio del pittore o che ripetono modelli prestabiliti. Non possono quindi essere ritenute accettabili immagini tratte da un qualunque aspetto della realtà (un giardino pubblico, un'osteria di campagna, un porticciolo lungo il fiume, ecc.) nelle quali figure e oggetti sono rappresentati così come appaiono, senza ricorrere a luci e pose studiate. Il termine «impressionisti» si attribuisce ad un critico d'arte del tempo, Louis Leroy, che definisce con ironia questi artisti, basandosi sul titolo di un dipinto di Monet, Impression, soleil levant (Impressione, sole nascente). Gli artisti però non raccolgono questa provocazione, anzi adottano la definizione come distintiva del gruppo. Essi esprimono:
- l'avversione per le Accademie, dove si copiano i modelli con lo scopo di acquisire soprattutto un'abilità tecnica;
- il disinteresse per il «bel oggetto»: qualunque aspetto della realtà, anche apparentemente banale, può ispirare l'artista e divenire «opera d'arte»;
- la preferenza per il paesaggio, rappresentato direttamente con i colori, lavorando en plein air, per cogliere con immediatezza il variare delle luci e delle ombre nelle diverse ore del giorno.
I dipinti degli Impressionisti sono perciò realizzati con pennellate rapide, senza disegno preliminare e senza troppi ritocchi e sfumature. Si abolisce completamente l'uso del nero per realizzare che le ombre, proprio per sottolineare che l'ombra, essendo determinata dalla luce, non è mai assenza di colore. 
Alla prima mostra del 1874 ne seguono altre, fino al 1886, sempre accolte con critiche fortemente negative; eppure oggi si riconosce all'Impressionismo il merito di avere ufficialmente aperto la via alle avanguardie dell'arte moderna, offrendo agli artisti la sua grande conquista: la completa libertà di esprimersi perseguendo la ricerca di un linguaggio personale, che non deve essere influenzato né dai desideri di un committente, né da convenzioni e regole imposte dalla società. Già all'interno del movimento stesso, ogni artista conduce una ricerca autonoma, legata ad interessi personali diversi; per tutti però, dipingere rappresenta un vero e proprio metodi di indagine della realtà. Cézanne, ad esempio, manifesta inizialmente la volontà di fissare sulla tela le sensazioni visive e lavora sempre dal vero, costruendo l'immagine con pennellate di colore che determinano ombre, luce, spazio. Ma le pennellate via via tendono a formare una vera e propria «tessitura», che diviene la struttura stessa dell'immagine e che fonde figura e sfondo tra di loro. Lo spazio del dipinto non suggerisce più la profondità, tutti gli elementi sbalzano in primo piano e, attraverso semplificazioni sempre maggiori, vengono rappresentati quasi come fossero pure forme geometriche. Basta osservare il dipinto della Montagna di Sainte Victore e confrontarlo con un qualunque dipinto di un altro pittore impressionista, di Monet o di Pisarro ad esempio, per rendersi conto di come Cézanne spinga la sua interpretazione visiva della realtà, fin quasi ai limiti dell'astrazione.
Divisionismo o Puntinismo
Divisionismo in Italia, e Puntinismo in Francia: sono due movimenti affini che operano tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del nostro secolo. Le loro denominazioni derivano dal particolare modo di stendere i colori che vengono accostati con piccolo tocchi di pennello senza essere mescolati sulla tavolozza. I divisionisti o puntinisti (i francesi Seurat e Signac, e gli italiani Pellizza da Volpedo, Segantini, Previati...) proseguono le ricerche degli impressionisti sugli effetti di luce-colore, ma con un procedimento esecutivo nuovo. Nel ritrarre paesaggi, scene in ambienti interni o esterni essi cercano di applicare recenti teorie sulla luce e sui fenomeni ottici dei colori. In pratica, i divisionisti nella loro pittura non applicano la cosiddetta «sintesi sottrattiva», cioè la mescolanza dei colori sulla tavolozza, ma accostando i colori puri secondo la legge dei complementari, cercano di ottenere gli effetti di limpidezza e luminosità della «sintesi additiva», cioè della mescolanza che, come per la luce, si effettua nell'occhio dello spettatore. I piccoli tocchi di colore, infatti, guardati da una certa distanza si amalgamano nell'occhio dell'osservatore che avrà così sensazioni cromatiche luminose e vivaci. Il procedimento tecnico-scientifico adottato, pur comportando un'esecuzione accurata, minuziosa, non impedisce di conseguire risultati gradevoli e originali.
Simbolismo
Il movimento simbolista, il cui principale esponente è Odilon Redon, si sviluppa in Francia parallelamente al Divisionismo (1885). Un dipinto, per i Simbolisti, non ha mai lo scopo di trasmettere solo le impressioni visive; in ogni immagine che l'artista crea, egli non comunica semplicemente ciò che ha visto, ma rivela anche inconsapevolmente il proprio mondo interiore. Volutamente, allora, ispirandosi ai sogni, i Simbolisti propongono immagini che non vogliono rappresentare la realtà oggettiva, bensì riflettere la fantasia e l'immaginazione. I dipinti dei Simbolisti sono caratterizzati dall'associazione apparentemente illogica di elementi reali ed immaginari, suggeriti dalla fantasia e dal ricordo, e che acquistano così anche significati simbolici. A questo modo di concepire l'immagine si collegherà in seguito la ricerca del Surrealismo.
Liberty
Liberty in Italia, Art Nouveau in Francia, Modern Style in Inghilterra, Jugendstil in Germania: molti nomi per definire uno stesso movimento artistico, diffusosi in tutta Europa dal 1880 all'inizio della prima guerra mondiale. Un movimento che si è espresso attraverso uno stile facilmente riconoscibile: esuberante fantasia decorativa; forme definite da una linea animata, sinuosa, a serpentina; ricerca di raffinatezza, eleganza nell'insieme e nei particolari. Perché questo movimento? Il timore che l'era industriale, avviata ormai verso un progresso inarrestabile, avrebbe provocato con i suoi prodotti una decadenza del gusto, diventa stimolo a trovare un'arte nuova, moderna, bella; un'arte che riguardi tutte le manifestazioni della vita: dalla pittura, scultura e architettura all'arredamento, alla moda, agli oggetti, a libri, manifesti... Per conseguire tale scopo si stabilisce uno stretto rapporto tra artista e industria per migliorare la qualità tecnica ed estetica dei prodotti che, pur nell'eleganza delle forme, devono mantenere la funzionalità e la praticità connesse allo stile di vita dell'uomo moderno.
Le forme sono tante, la maggior parte destinata a creare ed abbellire la casa. Questa è vista come un insieme unitario di architettura e decorazione interna ed esterna. In pratica ogni piccolo particolare è studiato, come forma, in stretto rapporto con l'architettura: dalle incorniciature delle finestre alle ringhiere, dalle maniglie alle vetrate, dai mobili ai lampadari, tendaggi, oggetti... Tutto è progettato e realizzato da artisti o da abili artigiani sotto la direzione di disegnatori e architetti. Un lavoro, quindi, di gruppo composto di esperti. Viene così rivalutato il lavoro artigianale, compromesso dalla nascente produzione industriale in serie. Sono utilizzati materiali dalle possibilità espressive del tutto inedite: ferro, ghisa, vetro, cemento; questo serve anche come materia plastica nella decorazione scultorea.
Il Liberty nasce quasi contemporaneamente alla grafica pubblicitaria, ed è proprio nel campo della grafica che si esprime in modo originale. Secondo il nuovo gusto si illustrano libri e riviste; si decorano libretti e spartiti di opere musicali; si abbelliscono di fregi le cartoline; soprattutto si crea il manifesto per reclamizzare riviste, volumi, romanzi a dispense. Il manifesto si afferma presto come forma d'arte vera e propria, anche perché le case editrici si accaparrano validi artisti, pittori, scultori e litografi, alcuni dei quali si dedicano quasi esclusivamente a questo nuovo genere d'espressione figurativa. I nomi di artisti pubblicitari sono tanti; ne citiamo soltanto uno, Toulouse - Lautrec. A lui si fa risalire la nascita del manifesto come opera d'arte; le sue creazioni sono caratterizzate da originalità compositiva o taglio compositivo e da una linea incisiva. Il Liberty con la sua inventiva decorativa si adatta felicemente alle composizioni pubblicitarie: figure di adolescenti, donne, uomini che si combinano come un tutt'uno con la decorazione floreale; e con l'illustrazione si armonizzano nuovi caratteri tipografici. La figura femminile, in particolare, ha un posto di rilievo nell'evoluzione della forme del manifesto: è preziosa e raffinata come divinità; pallida e fatale come attrice cinematografica oppure seminuda o vestitissima come simbolo di bellezza.



Arte nel novecento 
La storia
Nel primo decennio del XX secolo, dopo le teorie di Marx ed Engels e le profonde trasformazioni sociali, economiche e politiche, prodotte dalla Rivoluzione industriale, si affermano in tutta Europa i movimenti popolari e socialisti, attraverso la costituzione di Sindacati e Partiti operai, che in Russia, nel 1917, avranno una realizzazione concreta con la Rivoluzione d'Ottobre. Dal 1914 al 1918 l'Europa è sconvolta da un conflitto che assumerà carattere mondiale ed al quale parteciperà anche l'Italia, inizialmente neutrale. Alla fine del conflitto, in conseguenza di una serie di scioperi e lotte operaie e contadine, causate dalla grave crisi economica postbellica, in Germania ed in Italia i ceti conservatori determinano una reazione che si concretizza in forme di governo totalitario (Nazismo-Fascismo). Queste dittature impediscono ogni manifestazione di dissenso, non solo politico, ma anche culturale, ponendo al bando tutti gli intellettuali e gli uomini non graditi al regime.
I movimenti artistici italiani, che nella seconda metà dell'Ottocento avevano trovato difficoltà nello stabilire contatti con i movimenti europei, proprio a causa della complessa situazione politica precedente l'unità d'Italia, nel Novecento vedono ancora compromesso il loro sviluppo, che prenderà avvio solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale. I principali movimenti d'arte moderna, fatta eccezione per il Futurismo, si sviluppano quindi fuori l'Italia, in Europa e in America, nei primi trent'anni del secolo, investendo tutti i settori della cultura e testimoniando le notevoli influenze esercitate dalle nuove conquiste teoriche e scientifiche del Novecento.       
Architettura
L'uso del ferro e del cemento nelle costruzioni determina strutture portanti rivoluzionarie rispetto a quelle dei secoli precedenti e qualifica in modo nuovo l'architettura, che ora è realizzata come un'opera d'ingegneria. Mentre con i materiali tradizionali l'architetto poteva limitarsi a progettare la forme dell'edificio, lasciando all'ingegnere il compito di risolvere i problemi relativi al calcolo della struttura portante, ora, con i nuovi materiali, anche l'architetto deve acquisire una diversa competenza sul piano tecnico, perché la forma e la struttura dell'edificio tendono a divenire tutt' uno. Si afferma anche un nuovo concetto di cantiere, come luogo in cui si montano pezzi prefabbricati (travi, pannelli di rivestimento, ecc.), prodotti in serie altrove. Anche nell'architettura, quindi, entrano i processi di industrializzazione: la produzione in serie sfocia nella produzione di massa e si determina una crisi del valore di «architettura», che viene distinta dall'«edilizia», così come l'avvento della fotografia aveva determinato la crisi del valore di «pittura» ponendo il problema della differenza fra la pittura come arte e quella come mestiere, come semplice illustrazione informativa realizzabile anche con un mezzo meccanico. Nascono in questo secolo, proprio in seguito all'industrializzazione dell'edilizia, nuovi schemi di fabbricati che popolano i nuovi quartieri delle città. Si qualifica la funzione dell'urbanistica, che vede la città come un ambiente vitale in cui si rispetti il tessuto urbano della parte antica (il centro storico) e nella quale si integrino, piuttosto che emarginarli, i luoghi in cui vive la classe operaia. Questa concezione democratica di città viene ovviamente rifiutata dai regimi totalitari: basti pensare agli interventi drastici sul tessuto urbano di Roma, compiuti da Mussolini, in base ai quali vengono abbattute vaste aree di quartieri medioevali e settecenteschi. Al loro posto vengono realizzati ampi assi viari che collegano i monumenti ritenuti più rappresentativi della città: il Colosseo, monumento per eccellenza dell'antico impero romano; palazzo Venezia, sede del potere politico del nuovo impero fascista; San Pietro, monumento dell'autorità religiosa. Anche in Germania, con Hitler, si afferma l'idea della città come espressione dell'autorità e della potenza dello Stato e non come riflesso della libera organizzazione dei cittadini. Nel 1933 Hitler sopprime il Bauhaus («casa della costruzione») che, fondato nel 1919 dall'architetto Walter Gropius, si era proposto come la prima vera scuola di disegno industriale. Nel Bauhaus insegnano molti artisti di grande valore fra cui anche Kandinskij e Klee che si impegnano, insieme ai loro allievi, in campi assai diversi: dalla pianificazione urbanistica alla progettazione del semplice oggetto d'uso. In questa scuola si definisce la figura moderna del designer (disegnatore per l'industria) e si elabora una vera e propria metodologia di progettazione, comune a tutte le arti. Messo al bando dal potere politico, Gropius è costretto, insieme ai suoi collaboratori, a lasciare la Germania e si trasferisce prima in Inghilterra, poi negli Stati Uniti. L'architettura moderna troverà proprio qui uno dei suoi esponenti più rappresentativi: Frank Lloyd Wright, che progetta costruzioni dalla pianta articolata liberamente, inserite nella natura e suddivise internamente da pareti scorrevoli, in modo da poter creare di volta in volta gli spazi più funzionali all'uso. In Europa, la ricerca architettonica si sviluppa liberamente:
- in Francia, dove Le Corbusier, architetto, pittore, scultore, elabora importanti studi di urbanistica e progetta nuovi tipi di abitazione secondo criteri oggi largamente in uso. A lui si deve il concetto della casa isolata dal terreno ed elevata da lunghe finestre «a nastro», chiusa in alto da tetti-giardino;
- in Olanda, dove Theo Van Doesburg dà vita al Neoplasticismo che scompone la costruzione in piani verticali e orizzontali delimitando lo spazio senza chiuderlo rigidamente;
- nei Paesi Scandinavi, dove Alvar Aalto propone nell'abitazione il recupero di materiali naturali (legno, pietra, laterizio) e studia con particolare cura i dettagli di ogni ambiente, rivelando un profondo rispetto per le esigenze psicologiche dell'uomo. A lui si devono, ad esempio, importanti osservazioni sul colore degli ambienti negli ospedali, studiato per garantire migliore serenità e riposo agli ammalati; studi sull'acustica nelle sale di riunione, affinché il pubblico desideroso di intervenire in un dibattito possa prendere la parola rimanendo al proprio posto ed essere udito da tutti senza l'imbarazzo di doversi recare al microfono, ecc.
Pittura e scultura nei primi cinquant'anni del secolo
Il Novecento si apre in un clima di benessere crescente, gli esponenti della nuova borghesia hanno conquistato la ricchezza, ma non mostrano un reale interesse per la cultura e quindi per l'arte: un dipinto o una scultura sono considerati essenzialmente come «oggetti» per decorare un ambiente, che danno prestigio a chi li possiede, o come forme di investimento. Sempre più si afferma la figura del mercante d'arte, che fa da intermediario fra artista e compratore. Alcuni di questi mercanti, oltre a fornire al vasto pubblico opere più facilmente commerciabili, collezionano dipinti e sculture di artisti che vengono ancora ignorati e le cui opere risultano al momento incomprensibili: i dipinti di Cézanne, Van Gogh e Gaugain ad esempio, sono ancora rifiutati dal grosso pubblico, ma alcuni mercanti intuiscono che potranno avere in futuro una valutazione molto alta. Si sviluppa così un mercato redditizio in America, dove ricchi collezionisti, più aperti al nuovo, anche perché meno condizionati dalla cultura tradizionale che invece domina ancora l'Europa, acquistano opere dichiaratamente «di rottura» e incoraggiano la ricerca di artisti, che vogliono esprimersi in modo autonomo e antitradizionale. Nei primi trent'anni del Novecento, in un clima di tensione fra artisti innovatori e società borghese conservatrice, si affermano le cosiddette «Avanguardie storiche», quei movimenti d'arte moderna che riprendono e sviluppano le ricerche dell'Impressionismo, del Neo-impressionismo, del Simbolismo. 
Futurismo
In Italia, il primo movimento significativo di avanguardia è il  Futurismo, che si propone di ottenere un radicale rinnovamento della cultura, rifiutando in modo violento tutto il passato. Il movimento nasce nel 1909 e propone i suoi obiettivi attraverso un Manifesto letterario, cui seguono nel 1910 il Manifesto della pittura futurista e nel 1914 il Manifesto dell'architettura futurista. Il Futurismo quindi investe differenti campi della cultura estendendosi anche alla poesia, al teatro, al cinema. I Futuristi esaltano la civiltà della macchina e sognano una rivoluzione che distrugga tutto il patrimonio storico. L'uomo moderno deve soltanto guardare al futuro, rinnovarsi continuamente, abbandonare ogni regola data dalla tradizione. In pittura e in scultura la ricerca di effetti di movimento sarà il tema dominante: la figura umana ad esempio, viene rappresentata con gli arti ripetuti o sovrapposti in successione ritmica; le linee compositive, i colori, le luci sono strutturati secondo ritmi crescenti o radiali. L'intento del Futurismo, anche attraverso l'immagine, è comunque quello di scardinare tutte le convenzioni, stupire, dare scandalo. Dopo la prima guerra mondiale il gruppo futurista si disperde, ma il problema di dare «forma» al movimento si ripropone nelle ricerche individuali dei suoi protagonisti.
I principali esponenti del movimento futurista sono: Balla, Boccioni, Carrà, Severini, Russolo, Depero, Sant'Elia, Prampolini, Bragaglia, Dudreville. Morandi, Rosai, Martini, Conti, Melli e Dottori, dopo una prima adesione al Futurismo, svilupperanno una ricerca del tutto personale.
Espressionismo
L'Espressionismo, prima che un movimento legato ad un particolare gruppo di artisti e collocabile in una precisa area culturale e geografica, è una tendenza che più volte si è manifestata nel corso della storia. Nel Novecento si ripropone in antitesi all'Impressionismo: dipingendo non si trasferiscono sulla tela solo i dati della propria percezione, ma anche il proprio modo di interpretare la realtà, filtrando ciò che si vede attraverso le proprie emozioni. L'Espressionismo quindi, è sulla linea di ricerca di Van Gogh, più che di Gaugain e dei Simbolisti, e si manifesta in Francia con i Fauves («belve») e in Germania con il gruppo Die Brücke («il ponte»): i due movimenti nascono quasi contemporaneamente attorno al 1905.
Quello dei Fauves non è un gruppo compatto e non ha un programma definito; il suo maggior esponente è Henri Matisse e del gruppo fa parte anche Georges Braque, che successivamente sarà un esponente del Cubismo. Per i Fauves, protagonista dell'immagine è il colore che, distribuito con pennellate ben evidenti, ritma la composizione e «costruisce» in senso vero e proprio il dipinto. Si abbandona pertanto ogni modalità di rappresentazione illusoria della profondità e si rifiuta la pittura tonale tradizionale, per ispirarsi invece all'arte primitiva, ritenuta più istintiva e vitale. Nei dipinti dei Fauves sono assenti perciò gradazioni di colore e sfumature, effetti di chiaroscuro e di volume, le tinte sono fortemente contrastanti. La prevalenza dei colori puri acquista anche un significato simbolico e serve a sottolineare la condizione interiore di totale disponibilità a reinventare nuovi modi di comunicare con l'immagine. Nel 1907 i Fauves attraversano un momento di crisi dopo l'entrata di Picasso; il gruppo finirà con lo sciogliersi, e Braque, insieme a Picasso, aprirà la ricerca cubista.   
I principali esponenti dei Fauves sono: Matisse, Vlaminck, Derain, Dufy, Van Dongen. 
Il gruppo espressionista tedesco Die Brücke ha invece un preciso programma scritto, in cui si autodefinisce realista e rivoluzionario. Come i Fauves, anche gli artisti di Die Brücke si ispirano all'arte dei primitivi recuperando inoltre tecniche e materiali legati alla tradizione popolare tedesca, come la xilografia. Il gruppo Die Brücke ha un orientamento ideologico preciso e l'apprezzamento per le espressioni d'arte popolare e primitiva diventano la manifestazione di un aperto dissenso nei confronti della società borghese e conservatrice della Germania di quel tempo. I soggetti prediletti dagli Espressionisti tedeschi sono polemicamente tratti dalla realtà quotidiana della classi lavoratrici e più deprivate: gente della strada, avventori di caffè, emarginati. I colori corposi, densi, appaiono incrostati sulla tela come se la materia volesse comunicare la sensazione sgradevole di certe realtà di bruttezza e degrado umano. Dunque, con l'Espressionismo tedesco, l'immagine diviene anche una forma di denuncia. Nel 1913 il gruppo si scioglie ed i singoli esponenti continuano ad operare in modo autonomo. Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale e l'avvento del nazismo, il movimento riacquisterà vigore con Otto Dix e George Grosz, che esprimono attraverso le loro opere, in modo esasperato e fortemente drammatico, la violenta protesta contro la società che prepara una nuova guerra. Il regime nazista li definisce «degenerati» e li costringe ad emigrare negli Stati Uniti.
I principali esponenti del gruppo Die Brücke sono: Kirchner, Heckel, Nolde, Schmidt-Rottluff, Pechstein, Müller, Barlach.
Cubismo
Nel momento in cui il Fauvismo volge al termine, prende avvio ancora in Francia il Cubismo, uno dei più importanti movimenti del nostro secolo: esso contribuirà all'evoluzione del gusto moderno, proponendo forme lineari, semplificate, geometrizzate che possiamo notare sia nell'architettura che nell'oggetto d'uso quotidiano. L'appellativo «cubismo» deriva da un'espressione del pittore Matisse che aveva definito «simili a cubi» le immagini di un quadro di Braque, fondatore del movimento insieme a Picasso. Il periodo più tipico del Cubismo va dal 1908-9 all'inizio della prima guerra mondiale. Alcuni temi di ricerca dei Fauves vengono recuperati, come ad esempio l'abolizione della profondità illusoria. I Cubisti partono dallo studio della realtà, ma la scompongono, la frantumano per poi ricomporla sulla tela in un nuovo ordine, che cancella la distinzione tra oggetti e spazio. Un oggetto, una figura umana, sono rappresentati in più vedute, da diverse angolazioni; queste diverse immagini vengono sovrapposte come se nella fusione di vedute successive si volesse comunicare la totalità delle percezioni, ottenute girando attorno al soggetto. Questo processo di scomposizione in piani e ricomposizione successiva, «disintegra» la forma in modo tale da rendere difficile, a volte, l'individuazione del soggetto, e molte immagini cubiste rasentano quasi l'astrazione. Per contro si sviluppano nuove tecniche polimateriche che, attraverso il colore denso, anche mescolato a sabbia, e attraverso il collage con carta, legno, stoffa, comunicano all'osservatore sensazioni tattili e visive, che lo riportano alla realtà fisica. Da un lato quindi si ha la scomposizione della realtà, rappresentata in forme schematiche, quasi geometriche; dall'altro si ha l'uso di tecniche che riportano materialmente alla percezione della realtà. Il materiale che costituisce un oggetto non è solo «rappresentato», lo si incolla così com'è sulla tela e nelle composizioni polimateriche i confini tra pittura e scultura si assottigliano.
Alla nascita del movimento cubista contribuiscono vari fattori che possiamo individuare, per esempio, nella tendenza a compiere continue ricerche e nuove esperienze, che caratterizza il primo periodo del Novecento; inoltre, nell'influenza esercitata da Cézanne, con la sua pittura severa, essenziale; infine, nella scoperta della cultura negra che suggestiona con le sue forme schematiche, geometrizzate, assai espressive nella loro deformazione. Il movimento cubista desta notevole interesse nell'ambiente culturale del tempo, soprattutto presso quegli artisti che sono intenti ad altre esperienze, come i futuristi, gli astrattisti... È dal Cubismo che, per esempio, Mondrian, il fondatore dell'Astrattismo, trae stimolo o spunto nel creare forme pure della geometria. Questo gusto per la geometria diviene la caratteristica delle manifestazioni pittoriche e, specie, architettoniche del Neoplasticismo, fondato dallo stesso Mondrian con altri artisti, e successivamente della produzione di altre correnti artistiche europee.
I principali esponenti del Cubismo sono: Picasso, Braque, Delaunay, Duchamp, Gris, Léger.
Der Blaue Reiter
Il distacco totale dalla realtà esterna diventa il tema centrale del movimento tedesco Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro) fondato nel 1911 da Vasilij Kandinskij. L'immagine è una forma di comunicazione che non ha bisogno di rappresentare la natura, oggetti o figure umane; ciò che suscita idee, sensazioni ed emozioni è l'insieme dei colori, delle linee, delle luci che sono composti nel dipinto, indipendentemente da quello che significano. Una linea orizzontale ad esempio, in un'immagine «figurativa», può essere utilizzata per rappresentare l'orizzonte di un paesaggio marino, ma può anche rappresentare solo se stessa: in tutti e due i casi suggerirà stabilità, equilibrio, quiete. Nella sua ricerca Kandinskij esplora proprio questa espressività degli elementi fondamentali del linguaggio visuale; le sue opere grafiche e cromatiche sono inizialmente degli studi, che sembrano ispirati allo «scarabocchio» del bambino, come se l'artista volesse recuperare uno stato primitivo in cui non si è influenzati da nessuna tradizione e cultura e ci si esprime sperimentando le possibilità dei propri gesti, ed i risultati di un gesto nella traccia che lo strumento lascia dietro di sé. Analoga alla ricerca di Kandinskij è quella di Paul Klee; l'immagine comunica il proprio mondo interiore ed educare l'immagine equivale a formare la personalità dell'individuo, a renderlo capace di esprimere se stesso. Per questo Klee dedica tanto impegno all'insegnamento: per undici anni infatti è professore alla Bauhaus. L'arte dunque è una elaborazione autonoma della mente umana e nella composizione dell'immagine punti, linee, colori e luci sono considerati solo come segni, che non vogliono suggerire nulla di reale; l'artista ne studia le infinite possibili combinazioni, così come un musicista crea la sua opera, strutturando le diverse intensità di timbri e l'altezza dei suoni.
I principali esponenti del gruppo Der Blaue Reiter sono: Kandinskij, Klee, Marc, Macke, Jawlensky, Kubin.
Neoplasticismo
Il Neoplasticismo, detto anche «De Stijl» si afferma in Olanda nel 1917. I suoi esponenti più significativi, Théo Van Doesburg (architetto) e Piet Mondrian (pittore) fondano la rivista «De Stijl» e, attraverso manifesti e dibattiti, affrontano il tema della «costruzione dell'opera d'arte». Tanto in architettura, quanto in pittura, la loro ricerca parte da forme geometriche semplici, che possono evidenziare con chiarezza i criteri di aggregazione scelti dall'autore. Nasce così un'architettura basata su elementi prefabbricati, rispondenti ad esigenze di economia e praticità, con i suoi ambienti distribuiti razionalmente e «belli» soprattutto perché funzionali all'uso; nasce una pittura come costruzione rigorosa dello spazio del quadro, fatta di sole linee e piani di colore compatto. L'Astrattismo di Mondrian è quindi molto diverso da quelli di Kandinskij e di Klee: l'artista olandese vuole eliminare ogni tipo di interpretazione soggettiva dell'immagine. Risolvere un problema compositivo è come dimostrare un teorema; bisogna tendere alla soluzione più elegante, perfetta nella sua semplicità e chiarezza. Per Mondrian quindi l'arte è la realizzazione di un progetto, non il frutto di una sensazione: l'armonia dell'insieme e l'equilibrio compositivo sono legati a calcoli precisi, che servono a determinare l'ampiezza di ogni superficie, la sua forma, il suo colore.
I principali esponenti del Neoplasticismo sono: Van Doesburg, Mondrian, Vantongerloo, Rietveld, Oud, Van Eesteren.
Dada
Il movimento Dada nasce intorno agli anni Venti del Novecento, come forma di provocazione, piuttosto che come corrente artistica vera e propria. Già nella scelta, fatta a caso, della denominazione del movimento (la parola «dada» non significa nulla) si rileva l'atteggiamento assunto dai Dadaisti. Le conquiste tecnologiche che dovevano portare ad un mondo nuovo, hanno invece condotto alla guerra; i Dadaisti attaccano con feroce ironia le convenzioni e le regole della società, accettate in genere passivamente dalla massa. Il gruppo Dada pertanto vuole contestare e scandalizzare negando tutto del passato: l'opera d'arte deve esprimere ribellione. Le immagini non devono essere progettate, ma nascere anche per caso; i materiali che costituiscono un'opera d'arte possono anch'essi essere trovati per caso. Così le opere Dada sono caratterizzate dall'assemblaggio di materiali disparati, come ad esempio biglietti ferroviari, tappi di sughero, chiodi. Vengono proposti, come espressioni d'arte, oggetti qualsiasi: uno scola-bottiglie, una ruota di bicicletta o anche oggetti «assurdi» come una tazzina di caffè realizzata in pelliccia, o un ferro da stiro chiodato. Tutto può essere opera d'arte - dicono i Dadaisti - se è firmato ed esposto in una mostra. Le loro opere vengono perciò definite una «non-arte», una «anti-arte». Tuttavia esse stanno a testimoniare un nuovo modo di esprimersi, non privo di una ricerca estetica con i richiami a forme del linguaggio cubista e futurista.
I principali esponenti del movimento Dada sono: Duchamp, Picabia, Man Ray, Arp, Schwitters.
Metafisica
Nel 1917, dall'incontro a Ferrara di due grandi pittori, Giorgio de Chirico e Carlo Carrà, nasce in arte una nuova tendenza, che viene definita Metafisica. Ad essa aderirà, nel 1918 anche Giorgio Morandi. In contrapposizione al Futurismo, che ricercava un modo per rappresentare il movimento e la velocità, simboli del mondo moderno, la Metafisica rappresenta una realtà dove ogni cosa appare assolutamente immobile, come pietrificata, senza tempo. Giorgio de Chirico, il maggiore esponente della Metafisica, costruisce con grande abilità tecnica immagini di città, che sembrano disabitate e nelle quali, al posto degli essere viventi, monumentali manichini popolano lo spazio. Su tutto sembra che regni una calma assoluta. Anche nelle nature morte, gli elementi sono rappresentati in modo inconsueto: forme del mondo naturale ed oggetti sembrano quasi senza peso, appaiono come pure forme geometriche. De Chirico vuole esprimere una realtà immutabile nel tempo attraverso immagini che fanno pensare alle visioni generate dai sogni.
I principali esponenti della Metafisica sono: De Chirico, Carrà, Morandi, Casorati, Sironi, Martini, Marini, Tosi.
Surrealismo
Il Surrealismo si sviluppa negli anni Trenta del Novecento. In questo periodo si afferma la psicoanalisi, una teoria che studia l'influenza esercitata sul nostro comportamento dai desideri e dagli impulsi istintivi. Tali desideri ed impulsi, dei quali spesso non siamo consapevoli, si rivelano soprattutto nei sogni. Il Surrealismo ricerca il modo di esprimere nelle immagini il mondo irreale ed a volte angoscioso che è caratteristico del sogno. Le opere di pittura e di scultura sono composizioni di frammenti di immagini reali, disposti, accostati e combinati senza un ordine dettato dalla logica, dalla ragione; esse creano un mondo nuovo, sconosciuto ai nostri occhi; un mondo fantastico, stravagante, impossibile, una fusione di realtà e sogno. Oltre a questi accostamenti assurdi il ricorso alla deformazione e l'esecuzione nitida contribuiscono a creare nelle opere surrealistiche quella tipica atmosfera allucinante, inquietante. I Surrealisti con queste immagini intendono rappresentare non la realtà esterna, ma la realtà interiore dell'uomo, quella più nascosta, che si trova nel più segreto dell'anima, cioè l'inconscio con i suoi desideri, le sue frustrazioni, inquietudini, aspirazioni. Evocando o rivelando questo mondo, l'artista, e quindi l'uomo, si sente totalmente libero di esprimersi, senza costrizioni imposta dalla società, dalla tradizione, dalla morale, dalla logica, dalla religione. L'osservatore è libero di interpretare, di trovare significati simbolici. In questo senso il Surrealismo riprende e sviluppa la ricerca iniziata dal Simbolismo, che vedeva nell'immagine non la rappresentazione della realtà, ma la rivelazione di tutto ciò che nell'uomo sfugge al controllo della ragione. 
I principali esponenti del Surrealismo sono: Ernst, Mirò, Arp, Masson, Tanguy, Dalí, Magritte, Delvaux. 
L'arte dopo la seconda guerra mondiale   
Dopo il secondo conflitto mondiale, nel generale senso di sfiducia verso quella civiltà che aveva portato guerra e distruzione, gli artisti non sentono più il bisogno di trasmettere al futuro ciò che producono, non vogliono più lasciare il segno del proprio operato, non vogliono più rispecchiare la società del loro tempo, perché troppo grandi sono state le atrocità che ha prodotto. Si determina allora fra gli artisti quasi una febbrile volontà di cambiare, di sperimentare, di ricercare vie sempre nuove di espressione, di porre in discussione o di rifiutare tutto ciò che appare consolidato ed accettato dalla massa. Si verifica allora una totale rottura dei percorsi tradizionali dell'espressione artistica e si apre la via ad una pluralità di ricerche, spesso anche isolate o del tutto personali che, a differenza del passato, non sono veri e propri movimenti legati fra loro e preparatori l'uno dell'altro, ma linee di ricerca variamente orientate e conviventi nello stesso momento. In un panorama così vasto e mutevole, le tendenze più significative, capaci di determinare via via nuove posizioni culturali, sono state: l'Informale, la Op-art, la Pop-art, il Concettuale, e la reazione ad esso definita Postmoderno, con la Transavanguardia. All'interno di ogni tendenza si sono sviluppate ulteriori ricerche ed approfondimenti, tra loro anche abbastanza differenti e piuttosto libere rispetto alla linea iniziale.
Informale
Agli inizi degli anni Cinquanta del Novecento in Europa, in America ed anche in Giappone si afferma una tendenza artistica definita Informale, che mette in evidenza un caratteristico atteggiamento di profonda sfiducia nei valori tradizionali della razionalità e della conoscenza. Gli elementi tradizionali di espressione - linee, colori, figure - perdono significato. Il rifiuto della ragione porta al rifiuto della forma, comunque essa sia, figurativa e non figurativa, e l'atto creativo coincide con l'agire. L'Informale per il rifiuto dell'immagine ottenuta attraverso regole consolidate e per la ricerca di immediatezza e istintività espressiva, si riallaccia all'Impressionismo tanto da essere definito anche «Impressionismo astratto»; per il rifiuto della tradizione culturale, si riallaccia al Dadaismo; per l'esaltazione dell'inconscio, al Surrealismo; per la violenza dell'immagine, all'Espressionismo. Le opere si differenziano notevolmente le une dalle altre a seconda della personalità dei singoli artisti e dei procedimenti esecutivi adottati. Abbiamo infatti:
- la pittura d'azione, in cui il colore è steso con gesto istintivo, quasi violento;
- la pittura segnica, fatta di motivi e segni che si richiamano a caratteri di scritture inventate;
- la pittura materica, eseguita con particolari impasti o accostamenti di materiali eterogenei.
Tali manifestazioni, varie e complesse, sono espressioni di particolari stati d'animo dell'uomo in un mondo che è stato sconvolto dalla guerra e che è incerto sul futuro. Sembra che l'uomo attraverso l'artista, non ponendo più fiducia nella ragione, si affidi all'istinto e al caso.
I principali esponenti dell'Informale sono: Fautrier, Dubuffet, Tapies, Burri, che indagano sull'espressività della materia; Wols, Hartung, Michaux, Mathieu, Soulages, Vedova, Afro, Birolli, Capogrossi e Scanavino che indagano il valore dei segni visivi come tali, senza associare al segno alcun significato descrittivo.
Action Painting
Nella linea di ricerca dell'Informale si manifesta negli Stati Uniti, intorno agli anni Cinquanta del secolo passato, una tendenza definita Action Painting (pittura d'azione). E' una tendenza particolare della scuola di New York, che attribuiscono al gesto del dipingere, all'azione in quanto tale, il ruolo determinante nell'esperienza dell'artista. Anche gli artisti dell'Action Painting, come già quelli dell'Informale, si esprimono attraverso modi differenziati: Jackson Pollock predilige la tecnica del dripping (sgocciolamento del colore); Willem De Kooning accosta colori violenti alla maniera espressionista: la sua pittura è chiamata proprio «espressionismo astratto»; Franz Kline utilizza grandi segni neri su fondo unicamente ed ossessivamente bianco. Le successive manifestazioni artistiche americane (New Dada e Pop-art) hanno le loro radici nell'Action Painting. 
I principali esponenti dell'Action Painting sono: Pollock, De Kooning, Kline, Tobey.
Op-art
L'Op-art si manifesta inizialmente verso la fine degli anni Cinquanta del Novecento ed il suo nome nasce dalla contrazione dell'espressione «Optical art». La tendenza è caratterizzata dal desiderio di approfondire e riutilizzare le ricerche visuali già condotte nell'ambito del Bauhaus, del Futurismo e del Dadaismo. Agli artisti della Op-art non interessano più un bel paesaggio o la figura umana, ma gli infiniti stimoli prodotti dalla realtà contemporanea con il suo dinamismo, le sue continue trasformazioni, con la sua tecnologia sempre più sofisticata, con il suo spettacolo visivo e sonoro. E quindi inventano forme con un procedimento quasi scientifico: si servono delle tecniche industriali per ricreare effetti di movimento ed effetti ottici. Tali effetti sono ottenuti per mezzo sia di congegni meccanici, luminosi, elettromagnetici, sia di accostamenti di colori netti a linee, punti, forme geometriche che destano nell'osservatore reazioni ottiche e psicologiche, sensazioni particolari, soggettive. L'osservatore pertanto viene stimolato a completare l'opera con il suo personale intervento.
In America la Op-art fu proposta ufficialmente a New York nel 1965, nella grande mostra di arte astratta percettiva, nella quale si evidenziò la personalità di Poons; in Europa tali ricerche iniziate da Vasarely, furono seguite da: Soto, Agam, Munari, Gerstner e Bury.
Pop-art
All'arte informale segue la Pop-art (abbreviazione di Popular art), un movimento artistico che, nato in Inghilterra, si sviluppa soprattutto negli Stati Uniti. È detta «popolare» nel senso che l'interesse dell'artista è rivolto alla vita quotidiana dell'uomo contemporaneo o, meglio, a quel mondo artificiale che ha mutato l'ambiente in cui l'uomo ora si trova a vivere: un mondo costituito dagli innumerevoli prodotti industriali d'uso comune e, in particolare, dai mezzi di comunicazione di massa. Come elemento base dell'opera pop ci sono sempre un'immagine o un oggetto tratti dalla vita di tutti i giorni: una bottiglia di Coca Cola, un personaggio ingrandito di un fumetto, i rottami di un'auto... Le composizioni di tali immagini o oggetti non possono essere considerate né pittura né scultura, secondo il significato tradizionale dei termini; sono composizioni nuove, diverse le une dalle altre per la varietà delle tecniche esecutive: collage, ingrandimento fotografico, fotomontaggio, stampo in gesso, fusione di materiale plastico... È detta «arte popolare» anche per un altro motivo: ama i colori pieni e vivaci, le superfici lucenti, lo smalto e la plastica; nella sua esuberanza ama creare oggetti colorati, ideare forme di grandi dimensioni. Ogni autore si esprime affrontando in modo ossessivo un unico aspetto della realtà: Segal ripete figure umane a grandezza naturale, realizzate in gesso, colte nell'atto di compiere i gesti di ogni giorno, ma inserite in uno spazio irreale, totalmente vuoto. Oldemburg propone oggetti di uso comune ingigantiti o alterati nei materiali (cibi di gesso). Rosenquist proietta sovrapposte immagini banali (fetta di melone, sandwich) fino a farle diventare inquietanti e minacciose. Lichtenstein si esprime attraverso un riuso delle immagini dei fumetti. Warhol riproduce con fastidiosa ripetitività lo stesso soggetto, dalla bottiglia di Coca-cola alla Gioconda di Leonardo, fino ad annullarne il significato originario.
I principali esponenti della Pop-art sono: Dine, Oldemburg, Segal, Rosenquist, Lichtenstein, Warhol, Johns, Rauschenberg, Wesselman.
Arte Concettuale
Alla fine degli anni Settanta, in ambito internazionale, si evidenzia una nuova linea di tendenza che considera la produzione artistica come progetto astratto, teorico, solo formulato dal pensiero, completamente svincolato dalla realizzazione concreta e in aperta opposizione alla produzione artistica tradizionale. Tale tendenza, che afferma il valore primario della progettazione mentale, rispetto all'opera realizzata, prende il nome di Arte Concettuale. Essa rifiuta la realizzazione concreta perché ogni dipinto, ogni scultura rischiano, nella nostra società, di diventare una merce venduta a caro prezzo, considerata sul mercato un bene-rifugio che non si svaluta e succube dei meccanismi tipici della società dei consumi. L'arte è quindi intesa come idea, come conoscenza ed espressione attraverso il pensiero non come opera concreta. L'impostazione di pensiero del Concettuale ha influenzato, anche se con esiti molto diversificati, larga parte della ricerca artistica seguente. Sono nate così:
- l'Arte povera, come totale rifiuto del «bel materiale», della composizione struttura secondo precise regole, chiaro atteggiamento di ribellione verso l'arte intesa in senso tradizionale. Non si presentano più opere, ma informazioni, progetti, operazioni sulla realtà, insomma proposte aperte, modi di essere nel mondo, piuttosto che risultati definitivi;
- la Body art: l'«opera» è costituita dal corpo umano esposto in carne ed ossa e l'intervento dell'artista è sul corpo stesso, anche con azioni violente; tali esibizioni vengono riprese in diretta da una televisione a circuito chiuso. L'artista si avvale abilmente del proprio corpo con azioni pubbliche, dove qualunque movimento assume particolare significato. Gli artisti della Body art talvolta vengono anche definiti «comportamentisti». Certe loro manifestazioni sconfinano in vere e proprie forme di teatro-performance;
- la Land art: propone interventi non sulla natura, come già avvenuto in passato, ma nella natura, non con scopi ornamentali, ma per prendere coscienza dell'ordine naturale degli elementi, che l'uomo moderno ha completamente sconvolto. La società tecnologica ha alterato il rapporto uomo-natura ed è l'artista, più di ogni altro, che ne vive il profondo disagio, che ne avverte lo sconfinato pericolo.
L'Arte povera, la Body art, la Land art, si pongono indubbiamente come provocazione al meccanismo di accaparramento da parte dei grandi collezionisti di opere d'arte che spesso, più per snobismo che per reale desiderio e conoscenza, acquistano opere, che considerano soprattutto come valida forma di investimento.
Il gruppo promotore dell'Arte Concettuale è quello inglese dell'Arte Language, e soprattutto l'artista Kosuth. Altri artisti di questa tendenza e delle sue derivazioni sono: Burgin, Prini, Kawara, Venet, Ramsden, Merz, Zorio, Pistoletto, Beuys, Isgrò, Christo, Dibbets, Oppenheim, Gina Pane, Smithson.

Postmoderno
Il Postmoderno nasce alla fine degli anni Settanta ed è una vasta corrente di pensiero che investe molte espressioni d'arte (riguarda in modo particolare l'architettura e il disegno industriale, ma si rivolge alla pittura, alla scultura, alla letteratura ed alla poesia). Il movimento si oppone alla sperimentazione spinta all'eccesso, che caratterizza alcune avanguardie: gli artisti postmoderni sentono il bisogno di tornare alla «normalità» delle tecniche, dei mezzi espressivi del linguaggio visuale con i suoi elementi fondamentali. Il Postmoderno pertanto rifiuta il rigore e la purezza di forme che caratterizzavano l'architettura dei grandi maestri moderni (Le Corbusier, Gropius), riproponendo un deciso ritorno alla decorazione e alla ricerca di forme più libere.
Transavanguardia
A partire dalla fine degli anni Settanta, si diffonde in Europa e negli Stati Uniti una nuova tendenza, definita Transavanguardia. Tale tendenza nasce come reazione al movimento Concettuale e si riferisce in modo particolare alla pittura, ma rientra nel più vasto movimento culturale del Postmoderno. Gli artisti della Transavanguardia costruiscono generalmente immagini figurative, ma non si propongono di descrivere la realtà. Le loro opere sono caratterizzate anche da vaste zone di colore monocromo, da macchie e da sgocciolamenti di colore e da figure capovolte o «galleggianti» nello spazio del dipinto. Nella Transavanguardia quindi, vengono riutilizzati i materiali e gli strumenti tradizionali (pennelli, tele, colori), pur senza rifiutare le tecniche espressive delle esperienze più recenti. Gli artisti della Transavanguardia vogliono una pittura «non più mortificata da incombenze ideologiche e da arrovellamenti intellettuali», riscoprendo il piacere di esprimersi liberamente, senza porsi il problema di trasmettere significati al di fuori della pittura stessa.
Gli artisti italiani più significati che aderiscono alla Transavanguardia sono: Chia, Cucchi, Clemente, N. De Maria, Paladino.