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ARTE DAL
MILLECINQUECENTO
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Arte nel cinquecento La storia Lo sviluppo dei traffici lungo le rotte
atlantiche elimina gradualmente l'Italia dal commercio dei prodotti orientali,
provocando una crisi generale dell'economia. L'Europa intanto vive un periodo di
violenti contrasti sia politici sia religiosi. La nuova potenza spagnola, ricca
delle immense risorse dei territori americani, si contrappone alla Francia; nel
Mediterraneo si fa sempre più forte la minaccia turca, che costituisce ormai un
pericolo grave e vicino per gli Stati europei. L'esigenza di un profondo
rinnovamento religioso si risolve in grave frattura all'interno della Chiesa,
divisa dalla Riforma protestante, che ha in Lutero e in Calvino i suoi
principali ispiratori. La maggior parte delle comunità cristiane dei Paesi
germanici e scandinavi, nonché il Regno inglese e quello scozzese si separano
dalla comunione con la Chiesa di Roma. Il grande Concilio, convocato a Trento
nel 1545, non riesce a ricomporre la frattura, ma darà inizio ad un autentico a
profondo rinnovamento della vita religiosa, che prenderà il nome di
Controriforma (o Riforma Cattolica): la nascita di nuovi ordini religiosi
(Gesuiti, Barnabiti, Scolopi, Filippini, Cappuccini) sarà uno degli effetti di
questo movimento, e rafforzerà nuovamente il prestigio della gerarchia presso il
popolo cristiano. Nel Cinquecento, i massimi centri della cultura italiana sono
Roma e Venezia, dove convergono i più grandi artisti del tempo. E' iniziata
infatti la decadenza di Firenze a causa delle lotte interne per il potere sulla
città, e molte province italiane sono sotto il dominio straniero. Arte nel
XVI secolo Nell'arte del Cinquecento si evidenziano due tendenze
fondamentali: quella che vede il prevalere del disegno, alla cui perfezione
mirano soprattutto gli artisti dell'area toscana e romana, e quella basata sul
colore tonale, che raggiunge livelli espressivi eccezionali nell'area veneta. Il
disegno viene considerato la manifestazione creativa per eccellenza, la fase del
lavoro in cui maggiormente si rivela il formarsi dell'idea, del progetto, nella
mente dell'artista. Grande importanza viene data ad esso nelle Accademie, dove
si studiano anche su trattati le teorie e le tecniche dell'arte. Fautrice delle
Accademie è la Chiesa, che, con la Controriforma, vuole abolire ogni personale
interpretazione dei testi sacri e vede nella formazione di scuole, sulla cui
attività di insegnamento esercita un severo controllo, la garanzia del rispetto
della propria autorità. così, invece di ispirarsi direttamente alla natura od
alle opere del mondo antico, gli artisti studiano come modelli le opere dei tre
grandi interpreti del Rinascimento: Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Per
l'esigenza di distaccarsi comunque da queste tre grandi personalità,
reinterpretandone il linguaggio espressivo per cercare una propria originalità,
si accentua il virtuosismo tecnico e si determina l'effetto drammatico
attraverso i gesti esasperati, fino alla deformazione della figura e
dell'espressione dei volti. Questa tendenza viene detta Manierismo proprio
perché rielabora la maniera di dipingere, ritenuta perfetta, dei grandi maestri.
Importanti esponenti del Manierismo sono Pontormo, Rosso Fiorentino,
Parmigianino. Il Cinquecento si definisce con caratteri precisi soprattutto
nel centro e nel nord dell'Italia; il recupero del mondo classico, avviato nel
secolo precedente, viene filtrato attraverso le rielaborazioni personali dei
grandi artisti, che influenzeranno folte schiere di seguaci. In architettura
l'impianto delle chiese è prevalentemente a croce greca, con bracci coperti a
botte e cupola decorata con affreschi. La pianta centrale è ritenuta una forma
perfetta, che pone in rapporto di assoluta armonia tutte le parti dell'edificio.
I palazzi divengono ancora più imponenti: sul grande portale si apre un'ampia
finestra con balconata e più ordini sovrapposti caratterizzano la facciata e le
logge del vasto cortile interno, spesso abbellito sul fondo da grotte e fontane.
Attorno alle città si creano poderose mura con bastioni e torrioni; nasce una
vera e propria architettura militare, che protegge le città dalle nuove armi da
fuoco. In scultura i bassorilievi divengono monumentali e le statue a tuttotondo
rappresentano spesso gruppi, assai articolati e complessi. Le figure, in
relazione alla vastità degli ambienti, vengono ingigantite e lo studio
dell'anatomia porta ad una accentuazione della muscolatura e del movimento. In
pittura si afferma su tutte la tecnica della pittura ad olio su tela: i colori e
le luci diventano gli elementi predominanti nell'immagine. I volumi vengono
definiti da chiaroscuri ricchi di sfumature e le figure sono composte secondo
uno schema piramidale; si sposta verso il basso il punto di vista prospettico. I
soggetti sacri vengono interpretati come scene di vita quotidiana: la Vergine,
il Bambino, i Santi, sono spesso abbigliati con costumi dell'epoca, e le loro
figure sono inserite in architetture del tempo o scenari naturali. La
cultura veneta nel Cinquecento Nel Veneto si forma una cerchia di artisti
che basano la loro ricerca essenzialmente sul colore, reso in tutte le sue
variazioni di intensità e privo di contrasti. La prospettiva è aerea ed appare
vivo l'interesse per il paesaggio: è nel Veneto che si sviluppa quella che viene
definita pittura tonale, in cui il colore e la luce, più che il disegno, sono
gli elementi fondamentali della composizione. Uno dei maggiori esponenti di
questa pittura è Giorgione. In uno dei suoi dipinti più famosi, La tempesta
(1505 ca.), il paesaggio, ricco di zone d'ombra e luce colorata, diviene il vero
protagonista; nelle sue opere i toni freddi degli alberi e dell'erba si
mescolano agli altri colori del dipinto, in cui anche le figure e le case
sembrano fondersi con gli elementi della natura. Altro grandissimo esponente
della cultura veneta è Tiziano Vecellio che inizialmente risente di Giorgione ma
ben presto definisce i caratteri autonomi della sua pittura, basata su una
maggiore dinamicità delle figure e grandiosità compositiva. Celebre ritrattista,
Tiziano raggiunse grandissima fama, così come Paolo Veronese, che dipinge ad
affresco le pareti delle ville nobiliari venete. Fra gli esponenti della pittura
veneta, solo Tintoretto si differenzia nettamente dai suoi contemporanei,
esprimendosi con violenti contrasti di luce e ombra che conferiscono particolare
drammaticità alle sue opere, di soggetto prevalentemente religioso. Oltre
che in pittura, anche in architettura sono attive nel Veneto grandissime
personalità, tra cui Andrea Palladio, che nelle sue opere e nei suoi trattati
evidenzia un vivo interesse per l'architettura classica. Le sue ville, le
chiese, i palazzi sono sempre progettati in funzione dell'ambiente: appare
importane non solo progettare un edificio, ma anche studiare il modo in cui esso
si inserisce in una piazza preesistente, in una strada, in un giardino. A volte,
quando l'ambiente è naturale, si interviene modificandolo (introducendo, alberi,
siepi, definendo nuovi percorsi), perché sia più armonizzato all'architettura,
creando un effetto d'insieme. L'ambiente è trattato come una scenografia,
anticipando una ricerca che caratterizzerà poi l'architettura del Seicento.
Arte nel seicento La storia Agli inizi del 1600 la Spagna è la maggiore
potenza d’Europa ed esercita il suo predominio in Italia, dove fa sentire
ovunque la sua forte influenza. L’Italia vive un periodo di grave crisi
economica, che si accompagna alla perdita quasi totale di indipendenza politica.
L’amministrazione degli Stati e la necessità di mantenere corti fastose presso
le capital dei vari principali costringono i sovrani ad imporre sulle
popolazioni forti tasse: la miseria dilaga, accompagnata sovente da pestilenze e
carestie. Il popolo esasperato spesso insorge, ma le proteste sono sempre
ferocemente represse. Verso la metà del 1600, la Spagna perde la sua completa
supremazia; ne traggono vantaggio Francia e Inghilterra. In seguito, a causa
delle guerre di successione, i territori italiani passano dalla Spagna agli
Asburgo; contemporaneamente il Regno di Napoli passa alla dinastia dei Borbone.
Il malgoverno spagnolo ha portato grande immobilità nella produzione e nel
commercio. Chi possiede capitali non li investe nelle industrie manifatturiere,
ma preferisce acquistare proprietà, terreni, titoli nobiliari. I nuovi nobili
amano vivere in città, dove si costruiscono eleganti e ricchi palazzi, regge
sfarzose e raffinate, imponenti chiese, determinando un grandioso sviluppo delle
arti. L’Italia, pur essendo in piena decadenza politica, rimane per tutto il
Seicento un centro importante della cultura europea; nel Settecento tale
predominio passa alle grandi corti d’Europa. Facilmente siamo portati a
identificare il Settecento come il periodo della vita frivola e spensierata, dei
giochi e delle feste eleganti, dei codini e della cipria. In realtà il
Settecento è in tutta Europa un secolo di profonda trasformazione; da una parte
c'è una società che si avvia alla decadenza, dall'altra si assiste all'avvio di
un rinnovamento sostanziale che aprirà le porte all'era moderna. In questi
mutamenti la Francia assume il ruolo principale. Possiamo suddividere il
Settecento in due momenti. Nel primo, che corrisponde alla fase iniziale del
secolo, permane una società dominata da un'aristocrazia inetta con tutti i suoi
privilegi. Nel secondo si afferma una borghesia che, nell'altra metà del secolo,
si fa ardita: prima richiede riforme sociali, infine le impone con la
rivoluzione francese. Contemporaneamente si diffonde il movimento ideologico
dell'Illuminismo che esalta il valore della ragione, l'indipendenza
dell'intelletto umano dal potere illimitato e arbitrario delle monarchie
assolute, dalla tradizione, dalla superstizione religiosa. A una società fondata
sui doveri (verso Dio, verso il sovrano) si sostituisce via via una civiltà
fondata sul diritto della coscienza, della ragione, dell'uomo, del cittadino.
Arte nel milleseicento Nel Seicento l’arte è fortemente condizionata dal
problema religioso: la Chiesa è ancora uno dei massimi committenti delle opere
d’arte e le usa per affascinare i fedeli suggestionandoli con immagini di sfarzo
e potenza, e, al tempo stesso, con scene che esaltano la meraviglia dell’Aldilà,
della salvezza, che solo nella fedeltà alla Chiesa si può raggiungere. L’arte,
quindi, è uno strumento di formazione: non si produce per essere goduta da
pochi, ma si rivolge a tutti, vuole farsi capire da tutti. Così, alle scene che
affrontano la rappresentazione di una realtà immaginaria (un’estasi mistica,
un’apparizione, la gloria di un santo), si accompagna sempre un grande realismo,
che, attraverso l’analisi dei dettagli (vestiti, capelli, epidermide) e la
grande nitidezza, dell’ambiente (con le sue luci, i suoi colori, i suoi arredi,
resi nei diversi materiali), propone come «vera» ogni finzione. Come in una vera
rappresentazione teatrale, l’osservatore viene stimolato e coinvolto: non gli si
richiede di essere culturalmente preparato, ma disponibile ad essere trascinato
nella dimensione dell’immaginario. La tendenza a coinvolgere emotivamente
l’osservatore, facendogli vivere in modo soggettivo una realtà infinita e
grandiosa, riflette anche il desiderio dell’artista di esprimersi con libertà:
egli infatti non si piega a schemi precostituiti, non usa forme rigide,
contenute, organizzate in rigorose simmetrie compositive, ma forme libere,
aperte, articolate. Ogni elemento viene reinventato, ogni materiale viene
forzato al limite delle sue possibilità di resa, sia tecnica che espressiva, per
dimostrare la straordinaria bravura dell’artista. Questo fenomeno artistico così
complesso, così ricco di aspetti diversi, si definisce tradizionalmente Barocco
e non si riferisce solo all’arte della Chiesa, ma anche a quella delle grandi
corti e delle città borghesi. Questo termine ha assunto per molto tempo un
valore negativo, sinonimo di disordine, sovraccarico, eccessivo, tendente al
cattivo gusto; oggi ha perduto questo significato, ma esprime comunque la
precisa tendenza a violare norme rigide, a non ricreare modelli fissi, validi in
assoluto. Espressione delle inquietudini politiche e dei drammatici contrasti
religiosi del suo tempo, il Barocco esprime l’ansia di soluzioni sempre nuove,
proprie di una società che ha perduto molte certezze. In questo senso la
concezione rinascimentale dell’uomo centro dell’universo può ritenersi
definitivamente superata. L’esperienza barocca, nel definire con sempre maggiore
raffinatezza e puntigliosità le sue opere, si conclude nel Settecento con il
Rococò, tendenza di derivazione francese, uno stile che si manifesta
nell'eleganza, nella raffinatezza delle forme; è lo stile prediletto
dall'aristocrazia. Si afferma soprattutto nella pittura, nelle decorazioni, nei
mobili, negli oggetti e, come ovvio, nell'abbigliamento. Il Seicento:
architettura, scultura e pittura L’architettura è senza dubbio l’espressione
d’arte più significativa del Seicento; essa non è più concepita in forme
isolate, ma come elemento costitutivo dell’ambiente: le facciate degli edifici
sono caratterizzate da superfici curve, da sporgenze e rientranze che invadono
lo spazio e sono progettate in funzione della via, della piazza, del parco in
cui si trovano. Lo spazio interno riflette le articolazioni dell’esterno, in un
alternarsi di pieni e vuoti, luci ed ombra. Le decorazioni divengono sfarzose:
festoni, balaustre, colonnati, stemmi, realizzati in stucco e arricchiti da
dipinti vengono collocati tanto all’interno quanto all’esterno degli edifici,
con il preciso scopo di accentuare l’effetto scenografico. Anche gli stessi
elementi necessari al sostegno dell’edificio (archi, piloni, ecc.) vengono usati
con sovrabbondanza e la struttura portante della costruzione diviene essa stessa
decorazione. Si studiano grandiosi piani costruttivi delle città ed alcune di
esse, come Roma, Napoli, Torino, Lecce, Catania, vengono profondamente rinnovate
e modificate. Le facciate delle chiese appaiono monumentali, ma in genere, a
differenza dell’interno, mai eccessivamente decorate. Accanto alle chiese, o
in prossimità di conventi o palazzi gentilizi, spesso sorge l’oratorio,
riservato ad una ristretta cerchia di fedeli o anche destinato ad una sola
famiglia. All’interno di esso vengono realizzate spesso anche delle sacre
rappresentazioni, che dal luogo prendono proprio il nome di «oratori». Pur
essendo molto usata la pianta centrale, si costruiscono anche chiese a pianta
basilicale: la corte papale (che dopo il Concilio di Trento si fa promotrice di
un’intensa attività artistica, per agevolare il diffondersi della religione)
ripropone il tipo di edificio caratteristico dei tempi in cui la Chiesa godeva
di un’autorità indiscussa. All’interno della chiesa viene collocato il fonte
battesimale, che non è più una vasca per praticare l’immersione, in quanto il
rito avviene ora con la semplice aspersione dell’acqua benedetta. Le sacrestie
assumono proporzioni monumentali e vengono completate da grandiosi mobili per
contenere i paramenti sacri. I palazzi monumentali, costruiti come residenza dei
nobili, degli alti prelati o dei Papi, hanno generalmente un ampio atrio
d’ingresso da cui si accede, attraverso sontuosi scaloni, al piano superiore –
piano nobile – sempre riccamente decorato di sculture, dipinti, decorazioni a
stucco, specchi, mobili raffinati, tappeti pregiati ed arazzi preziosi. Spesso
grandiosi giardini con logge, portici e fontane monumentali circondano il
palazzo, completandolo. Nel Seicento è Roma il centro di maggiore sviluppo
culturale; al servizio di papi e ricchi patrizi operano artisti di grande valore
che spesso sono pittori, scultori ed architetti contemporaneamente, secondo una
tendenza ormai radicata. Uno dei più significativi interpreti delle tendenze
culturali del Seicento è Gian Lorenzo Bernini, architetto, scultore e anche
pittore. La sua straordinaria capacità di produrre opere in ogni settore, con
estrema efficacia, ne ha fatto, sotto ben otto papi, l’artista incontrastato
della corte papale. Il suo successo è tale che i suoi edifici vengono imitati
ovunque, non solo in Italia ma anche in Francia per tutto il 1700. Per la
fiducia incondizionata accordatagli, ha sempre la possibilità di lavorare
liberamente; le sue architetture determinano il volto della Roma seicentesca e
le conferiscono fasto e grandiosità. Un’altra grandissima personalità del
Seicento a Roma è Francesco Castello, detto il Borromini. L’esperienza di
Borromini è nel suo tempo solitaria e particolare; le sue nuove forme vengono
apprezzate e prese a modello in Europa e anche in America Latina, dove si
diffondono largamente, soprattutto ad opera degli ordini religiosi missionari
per i quali l’artista lavora. Roma deve proprio a Borromini i suoi edifici più
originali. Bernini e Borromini hanno, con la loro opera, influenzato tutto il
gusto di un’epoca. Nelle diverse città italiane – Torino, Milano, Venezia,
Napoli – numerosi artisti di notevole valore hanno lasciato opere che dimostrano
chiaramente l’adesione a tali tendenze. In scultura si tende a rappresentare
con forte somiglianza al vero e con ricchezza di particolari; proprio per questo
è necessario che lo scultore sia tecnicamente molto preparato, tanto da essere
in grado di rendere con immediatezza l’espressione di uno stato d’animo, di un
sentimento, le caratteristiche salienti di una personalità, la realtà di un
avvenimento. Per molti artisti il soggetto non è che un pretesto per manifestare
il proprio virtuosismo tecnico. Tra Sei e Settecento la pittura ottiene una
straordinaria diffusione; i pittori producono con estrema abilità grandiose
decorazioni ad affresco di interni, con arditi scorci e violenti passaggi di
luce ed ombra. Meglio della scultura e dell’architettura, la pittura permette di
realizzare effetti illusionistici di grandi spazi confinanti, popolati da
innumerevoli figure. Proprio in questo periodo si definiscono quindi diversi
tipi di pittura: - la pittura decorativa di ambienti, realizzata ad affresco
su soffitti o pareti; - la pittura da cavalletto, realizzata con colori ad
olio su tela, in diversi generi, di cui i più diffusi sono: il ritratto, la
natura morta, il paesaggio, le scene di genere, di battaglie di vedute
d’insieme. Nei grandi palazzi signorili i vasti saloni, decorati con
ricchezza, accolgono vere e proprie collezioni di opere d’arte. La continua
richiesta di produzione artistica determina il sorgere di numerose di numerose
scuole, anche regionali, che seguono l’impostazione e i modi di artisti dalle
tendenze differenti, fra i quali i più rappresentativi sono Caravaggio e i
fratelli Carracci. Il primo Settecento I tratti caratteristici
dell’espressività seicentesca, basati sulla linea ondulata, sul violento
contrasto tra luce e ombra, sulle superfici curve, ricche di sporgenze e cavità,
sullo spazio che si compenetra alla forma quasi per superare i confini fra
esterno ed interno, sulla luce come protagonista principale dell’opera, vengono
ulteriormente sviluppati nella prima metà del Settecento. Alle forme
grandiose e mosse, ai forti contrasti di luce e ombra, alla fastosa decorazione
del Barocco si prediligono in architettura forme meno movimentate, più lineari e
aggraziate con effetti chiaroscurali attenuati e con una decorazione lieve e
capricciosa. L’artista più significativo di questo periodo è Filippo Juvarra;
egli opera soprattutto in Piemonte, dove realizza edifici di tipo civile e
religioso, pubblici e privati, quali lo scalone e la facciata di Palazzo Madama
a Torino, la Basilica di Superga, la palazzina di caccia di Stupinigi,
realizzata con estrema originalità, con un grande corpo centrale ellittico da
cui dipartono quattro bracci, protesi verso il parco circostante. La
scultura ripete forme e soggetti già realizzati nel Seicento; molti artisti si
ispirano direttamente all’opera di Bernini; emerge fra tutti Giacomo Serpotta,
di origine palermitana, che produce una infinita varietà di sculture a stucco,
destinate soprattutto alla decorazione degli edifici. Le Accademie, vere e
proprie scuole dove si apprendono in modo sistematico il disegno e la pittura,
si diffondono presso le corti o nei centri più importanti. Emerge fra tutte
quella veneta, che già nel Seicento si era distinta soprattutto per una
particolare tendenza coloristica. Uno dei suoi più validi rappresentanti è
Gianbattista Tiepolo: egli introduce nella pittura il concetto di spazio
sconfinato, indefinito, realizzato con colori limpidissimi, che conferiscono
proprio un senso di vastità, ariosità, prima mai realizzati. A Venezia sono
molte le personalità di rilievo nella pittura, ad esempio lo stesso figlio del
Tiepolo, Giandomenico, Giovan Battista Piazzetta, Pietro Longhi, Alessandro
Longhi che rappresentano prevalentemente, con vivacità ed eleganza, scene di
vita veneziana. Due pittori, originali interpreti della cultura e della
sensibilità di Venezia, si distinguono particolarmente: Antonio Canal detto il
Canaletto e Francesco Guardi. Il Canaletto realizza sulla tela, con pennellate
luminose, le più belle vedute di Venezia, i suoi canali, le sue piazze sempre
affollate di personaggi in festa, le sue architetture rese con grande cura del
dettaglio. Guardi, attraverso colori luminosissimi, quasi fossero impastati di
luce, con rapide pennellate crea invece una straordinaria unità tra figure e
ambiente, staccandosi decisamente dalla tradizione precedente. Le sue vedute non
sono documentarie, ma interpretazioni di tipo fantastico; tutti gli elementi del
dipinto perdono la loro consistenza in un’atmosfera luminosa, che diventa la
caratteristica predominante del linguaggio espressivo dell’artista. L’intima
fusione fra architettura, scultura e pittura e l’intento di determinare effetti
di grandiosità, o che suscitino stupore, costituiscono anche i caratteri
fondamentali della scenografia che, proprio nel Sei e Settecento, ottiene uno
straordinario sviluppo, in quanto, per eccellenza, arte della finzione e
costruzione di una realtà illusoria. Gli scenografi, attraverso costruzioni in
legno, cartapesta, tela e stucco e con l’aiuto dei colori e anche di complicati
meccanismi, riescono a rendere l’effetto dei volumi, degli spazi e delle
distanze in modo prodigioso. Attraverso le glorie, nuvole che nascondono
complicati meccanismi, si fanno calare dall’alto i personaggi: divinità,
cantanti e musici. Si creano, per soddisfare le esigenze delle corti e dei
nobili, delle vere e proprie scuole; una della più qualificate e richieste è
quella di Bibiena, una famiglia bolognese, che non solo esegue magistralmente
scenari, ma studia anche nuovi sistemi per una diversa rappresentazione dello
spazio, in modo da consentire l’evasione dello sguardo oltre la scena. Questi
artisti introducono nella scenografia la prospettiva accidentale e dal basso
verso l’alto, moltiplicando con scorci arditi lo spazio all’infinito e
consentendo quindi alla scena un più ampio respiro.
Arte nell' ottocento Arte nella fine del settecento e ottocento Nella
seconda metà del Settecento la borghesia si afferma con prepotenza, chiede
riforme sociali, si ribella all’aristocrazia inetta e largamente privilegiata,
provoca la rivoluzione. L’Illuminismo che vede nella ragione l’elemento di
uguaglianza fra gli uomini, determina una profonda modificazione nel modo di
concepire l’arte ed il significato dell’immagine. Nei confronti della scienza,
che ormai ha avviato, con il metodo sperimentale, un processo rivoluzionario di
indagine della natura, l’arte si trova a dover qualificare il proprio campo,
differenziandosi nettamente dalla scienza stessa o rendendo «scientifiche» le
proprie ricerche. Ad un’arte che evita di affrontare i grandi problemi umani e
sociali, per esprimersi attraverso «generi» tradizionali (ritratto, natura
morta, paesaggio, arte decorativa), si contrappone, con il Neoclassicismo,
un’arte che valuta criticamente il tardo Barocco e il Rococò, li rifiuta perché
espressioni della corte assolutista e formula teorie sull’arte come scienza del
bello. La bellezza per il Neoclassicismo, nasce quando le immagini sono
portatrici di idee «giuste» e sono prodotte per scopi morali. Il concetto
dell’arte come strumento di persuasione viene trasferito in immagini che
esaltano la nobiltà d’animo dei capi rivoluzionari e il loro sacrificio per il
popolo. Il Neoclassicismo, nato come espressione degli ideali patriottici ed
eroici della rivoluzione francese, diviene poi l’arte ufficiale dell’impero
napoleonico. Le architetture recuperano il classicismo in quanto espressione di
rigore morale, purezza di forme, rifiuto di ogni decoratività superflua. Il
popolo va educato ai valori rivoluzionari validi e assoluti nel tempo,
attraverso immagini «belle» in assoluto, perfette nelle forme e prive di
coinvolgimenti emotivi. Questa volta, rispetto al Barocco, si chiede
all’osservatore di essere attento e lucido razionalmente, di accogliere, con
profonda e logica convinzione, le idee di cui l’immagine è portatrice. Molti
artisti sono anche e soprattutto dei teorici: si elaborano in questo periodo
numerosi trattati, che definiscono i criteri guida della composizione, le
proporzioni «migliori» fra le parti, le categorie secondo cui classificare i
vari tipi di espressione artistica. L’Italia aderisce al movimento neoclassico
(che si diffonde largamente in Europa) pur conservando una posizione più
arretrata, a causa delle radicate tradizioni artistiche locali. Dopo la
caduta di Napoleone, in Europa si afferma il Romanticismo, che, nato in
Germania, determina l’evoluzione verso nuove forme espressive. In
contrapposizione al Neoclassicismo, che si riferiva al mondo classico e
ricercava valori assoluti, validi per ogni popolo, il Romanticismo si rivolge
alla storia delle singole nazioni, alle origini delle diverse culture. Vengono
rivalutate le espressioni artistiche dei popoli germanici, anglosassoni,
francesi del Medioevo, che non è più considerato un periodo di decadimento
dell’arte, bensì di affermazione di civiltà diverse da quella classica, ma non
meno valide; questa ricerca di individualità nazionale diventa anche
rivalutazione del singolo e dei suoi sentimenti. Sempre in misura minore,
rispetto ad altre nazioni europee, l’Italia partecipa al Romanticismo e sviluppa
una sua parallela ricerca espressiva spesso assai affine a quella francese (la
Francia ha il ruolo di guida nella cultura d’Europa), ma isolata in un ambito
nazionale: questa situazione si manterrà finché non avrà raggiunto la fisionomia
e la dignità di stato autonomo. In questa ricerca di nuovi valori espressivi, al
di fuori dei modi tradizionali ed accademici, si pone il Verismo, che, pur nelle
sue caratteristiche regionali, persegue obiettivi comuni: l’immagine viene
rivalutata indipendentemente dai valori morali o ideologici che trasmette, la
scientificità dell’arte è scienza della percezione visiva, della luce che
determina ombre e colori, delle strutture compositive che la regolano.
Verso la fine del secolo, dopo la nascita del Regno d’Italia, si avvia uno
scambio con le nazioni europee e molti artisti si recano in Francia, dove
l’Impressionismo, rifiutando le accademie, ha aperto la via ad una
rivoluzionaria concezione dell’arte, presupposto fondamentale dei grandi
avvenimenti artistici del Novecento. Architettura Nella seconda metà del
Settecento l’architettura si sviluppa particolarmente a Roma, Napoli e Milano,
dove si realizzano sistemazioni di vaste aree, quartieri e piazze. Gli elementi
architettonici sono sempre ispirati ai modelli classici; spesso però, a scapito
dell’armonia dell’insieme, prevale il gusto per la monumentalità, con
l’ingigantimento dei basamenti, delle colonne, della massicce trabeazioni. Ci si
riferisce non tanto al mondo classico, quanto al periodo dell’Impero; per
celebrare personaggi di grande importanza, come re o imperatori, sempre seguendo
l’esempio dato dalla civiltà romana, si costruiscono di nuovo gli archi di
trionfo. Su questi presupposti si sviluppa l’architettura del Neoclassicismo,
che si diffonde in tutta Europa. Le chiese costruite in questo periodo sono
in genere a pianta centrale, quasi sempre rotonda; hanno un portico d’ingresso
arricchito da colonne e completato dal timpano. Le colonne ripetono uno degli
ordini greci - dorico, ionico, corinzio - e sono appoggiate su di un alto
zoccolo. Verso la fine del Settecento, un provvedimento di legge emanato
durante il governo di Napoleone Bonaparte vieta, nel rispetto di precise norme
igieniche, la sepoltura all’interno delle chiese. Secondo i nuovi regolamenti
vengono costruiti allora, fuori delle mura delle città, i cimiteri, in cui
spesso le tombe sono veri e propri monumenti funebri, adornati da sculture
eseguite da artisti illustri. I palazzi privati, anche quelli destinati alle
famiglie reali, hanno facciate molto allungate e racchiudono il cortile
all’interno. L’ingresso, in genere, è evidenziato dalla presenza di colonne che
sostengono un balcone; uno scalone monumentale conduce al piano nobile, dove le
numerose stanze allineate l’una dopo l’altra danno il senso di una grande
profondità. L’architetto, in questo periodo, comincia ad interessarsi anche
dell’arredamento interno, della sistemazione di caminetti, specchiere, oggetti
decorativi; a studiare i disegni per le porte interne ed esterne, per le imposte
e anche per particolari fino ad ora ritenuti insignificanti (maniglie, ferri
ferma-tende, ecc.). Anche le ville, costruite fuori città dalle famiglie
della ricca borghesia imprenditoriale o dai nobili, ricalcano in genere il
modello del palazzo di città, ma sono circondate da giardini di stile inglese,
con prati, boschetti e finti ruderi per creare angoli suggestivi. In Italia,
gli architetti di maggiore rilievo del periodo neoclassico sono Luigi Vanvitelli
e Giuseppe Piermarini. Luigi Vanvitelli (1700-1773), di origine olandese,
educato dal padre alla pittura, apprende proprio nel dipingere ad amare le
antiche e monumentali architetture classiche, solitamente ritratte nelle vaste
vedute di paesaggio. Il gusto per la grandiosità delle proporzioni e l’amore per
le forme classiche rimane vivo e presente in ogni sua opera: fra tutte va
ricordata la Reggia di Caserta, iniziata per Carlo di Borbone nel 1571, con un
imponente scalone interno e un meraviglioso parco, ricco di fontane, cascate e
giochi d’acqua, ideato e realizzato sempre da Vanvitelli. Allievo di Vanvitelli
a Roma e poi suo collaboratore a Caserta è (1734-1808), nato a Foligno, ma
attivo soprattutto in Lombardia, dove a Milano viene nominato «imperial regio
architetto» dalla Corte Arciducale. Rigoroso e originale interprete del
neoclassicismo, Piermarini caratterizza le sue architetture con superfici che si
sviluppano in lunghezza, sulle quali la luce scorre senza violenti contrasti
d’ombra: le colonne, i pilastri, le cornici, che scandiscono ritmicamente le
facciate, non assumono mai pesante rilievo. L’equilibrio di ogni sua opera,
organizzata secondo ritmi ampi e nitidi, attenua la freddezza tipica
dell’architettura neoclassica, nata quasi sempre da una rigida imitazione. La
sua opera più nota è il Teatro alla Scala di Milano, costruito nel 1778. La
facciata è ornata da colonne appoggiate su di una base a bugnato; l’inserimento
del portico, praticabile per le carrozze, costituisce un elemento del tutto
originale. L’acustica interna ancora oggi risulta perfetta, per il giusto
rapporto realizzato fra masse e spazi vuoti. Piermarini a Milano realizza anche
sistemazioni urbanistiche, compresa quella dei vasti giardini pubblici della
città; il suo interesse per l’urbanistica si evidenzia anche nella realizzazione
della Villa Reale di Monza, impostata su di uno schema aperto che si articola
nel parco circostante. Piermarini, comunque, manifesta una nuova tendenza che si
sviluppa ancor più nel secolo successivo: l’architetto diventa anche urbanista e
si occupa della sistemazione degli spazi urbani indipendentemente dal fatto di
progettarvi singole costruzioni. L’architettura, per tutto l’Ottocento,
ripete in genere modelli neoclassici o ripropone caratteri dell’architettura
romanica o gotica, in adesione al Romanticismo, che rivaluta il Medioevo. Il
grande sviluppo industriale, nella seconda metà del secolo, propone con urgenza
il problema dell’espansione delle città. Attorno al nucleo originario si
costruiscono i nuovi quartieri operai, e si delinea la struttura della città
moderna; per soddisfare le nuove esigenze vengono costruiti molti edifici
pubblici e privati, ad esempio ospedali, scuole, stazioni, mercati, palazzi di
esposizione. Verso la fine del secolo vengono realizzati i primi villini,
destinati all’abitazione di una sola famiglia, che usufruiscono di piccoli
giardini privati e sono costruiti in zone spaziose della città. Da questi primi
gruppi di abitazioni si sviluppano i quartieri residenziali moderni. In queste
nuove realizzazioni si usano spesso il ferro e la ghisa, materiali fino ad ora
poco o affatto usati in architettura. Scultura Nella seconda metà del
Settecento anche la scultura assimila i nuovi contenuti neoclassici. Il sorgere
di numerose Accademie, di cui la maggiore è quella di Brera a Milano, ancora
oggi vitale, determina un notevole impulso nello studio del nudo; quasi sempre
però gli allievi si esercitano su copie di opere antiche anziché dal vero e la
loro preparazione risulta basata soprattutto sull’imitazione. Alle forme mosse,
ricche di decorazione, impostate sui forti contrasti, si sostituiscono opere
estremamente semplici, rigorose, spoglie da ogni decorazione, sempre composte in
una fredda immobilità. Lo scultore che meglio rappresenta le tendenze culturali
del Neoclassicismo è Antonio Canova (1757-1822), che proprio dallo studio,
condotto a Roma, sui capolavori classici definisce il suo linguaggio personale,
basato essenzialmente sulla assoluta perfezione delle forme: le sue opere
risultano di una bellezza lontana, fredda, impersonale, perfetta ma quasi senza
vita. Canova ottiene grande successo nel suo tempo, è compreso ed accettato da
tutti, è conteso dalle maggiori corti d’Europa. La sua produzione è vastissima:
statue, gruppi, monumenti funebri, ritratti, monumenti equestri. Canova ha
influenzato fortemente tutta la scultura dei primi decenni dell’Ottocento; essa
risulta quindi in genere di tipo neoclassico, senza evidenziare però alcun
interprete di rilievo. Con il diffondersi del Romanticismo, che rivaluta il
sentimento e lascia largo spazio alla riflessione e alla interpretazione
personale, anche i soggetti cambiano e si registra una forte tendenza alla
rappresentazione della natura, della vita quotidiana, del mondo personale
dell’artista. Nella seconda metà dell’Ottocento nasce anche una nuova tendenza
definita Verismo, i cui soggetti sono tratti dal mondo reale, con una preferenza
per gli ambienti umili e poveri, con personaggi raffigurati nella semplicità
della vita quotidiana. Sul finire dell’Ottocento, sotto la spinta delle nuove
tendenze in pittura, affermatesi ufficialmente in Francia nel 1874 con
l’Impressionismo, anche la scultura si modifica profondamente. Medardo Rosso
(1858-1928) ne è l’interprete più efficace e originale, autore di opere in cui i
contorni, anche attraverso leggere deformazioni, si dissolvono nella materia
stessa, scelta proprio in modo da consentire all’artista di ottenere superfici
sfuggenti, plasmate quasi «senza volume». Medardo Rosso infatti usa spesso
lavorare la cera o il gesso levigati e caratterizzati da un’apparente fluidità,
quasi fossero appena colati. Pittura Seguendo le indicazioni del
Neoclassicismo, gli artisti della fine del Settecento e del primo Ottocento
tendono a dipingere ispirandosi a modelli antichi, per realizzare innanzitutto
l’assoluta perfezione formale, la bellezza ideale. I soggetti preferiti sono gli
avvenimenti storici o anche leggendari delle civiltà greca e romana. La pittura
del Neoclassicismo si sviluppa soprattutto a Parigi, attraverso l’opera di
Jacques-Louis David (1748-1825) che segna una svolta decisiva per la pittura
europea del tempo. David guarda ai modelli antichi, greci e romani, non soltanto
dal punto di vista formale, ma soprattutto come esempio di virtù morale, di
grande dignità umana, valido per tutti gli uomini. Caricando di forte
significato ideologico ogni sua opera, David assegna all’arte il compito di
messaggio di una fede politica: l’arte neoclassica diventa così l’espressione
artistica della borghesia in lotta. David diviene il caposcuola della pittura
neoclassica e il pittore ufficiale nel periodo napoleonico, influenzando
fortemente gli artisti del tempo e determinando una vera e propria «moda». Il
Neoclassicismo, in Italia non trova esponenti di grande rilievo per quanto
riguarda la pittura, come è invece avvenuto per la scultura, con Canova.
Nello stesso momento in cui il Neoclassicismo segna la sua maggiore
affermazione, sono già vivi i nuovi fermenti romantici, che gli si
contrappongono totalmente. Il Romanticismo esalta soprattutto l’individualismo,
le capacità creative del singolo, superando ogni imposizione, ogni regola
precostituita, qualsiasi imitazione. Gli artisti del Romanticismo rappresentano
soggetti che sono nella realtà, come paesaggi, scene d’ambiente o anche temi
storici ispirati al Medioevo, periodo ritenuto libero da legami classici e
caratterizzato da creazioni spontanee e originali. I pittori si sentono meno
legati alle regole accademiche e tendono soprattutto ad esprimere i sentimenti
dell’animo umano, comunicando commozione nei confronti del soggetto
rappresentato. Fra i pittori romantici, in Francia, assume particolarmente
importanza Eugéne Delacroix (1798-1863). In Italia, uno dei maggiori esponenti
della cultura romantica è il lombardo Francesco Hayez (1791-1882), che affronta
temi storici e di significato patriottico e soggetti che esaltano i sentimenti.
Da questo atteggiamento, anche in pittura, come già era avvenuto per la
scultura, nasce la tendenza verista, che si diffonde con rapidità in Italia. I
veristi non attribuiscono tanta importanza ai soggetti da rappresentare, quanto
al modo in cui essi vengono rappresentati; si comincia a studiare come rendere
la luminosità ed il colore in un paesaggio, in un interno, per riuscire ad
essere, il più possibile, aderenti alla percezione che la realtà suscita. Questo
tipo di indagine viene condotta da gruppi di artisti che purtroppo rimangono
isolati dalle grandi correnti culturali europee e quindi anche i tentativi più
geniali e innovatori, come quelli dei macchiaioli toscani, dei veristi
napoletani (Scuola di Posillipo) o dei divisionisti lombardi, sono destinati ad
esaurirsi in breve tempo e a non avere grande diffusione. La lunga lotta per
l’indipendenza e per l’unità non favorisce in Italia un rinnovamento radicale in
campo artistico, ed anche i movimenti regionali, rimangono isolati. Proprio per
questo, alcuni artisti finiscono con l’abbandonare la provincia per andare a
Parigi dove, sul finire dell’Ottocento, si sviluppa uno straordinario movimento
innovativo che modificherà profondamente il modo di dipingere:
l’Impressionismo. Impressionismo Il movimento nasce a Parigi e si
presenta per la prima volta al pubblico con una mostra organizzata nel 1874
presso lo studio del fotografo Nadar. Le opere degli Impressionisti sono infatti
rifiutate nei saloni ufficiali delle mostre, perché ritenute spregevoli a causa
dei soggetti rappresentati e del modo di dipingerli. La società di quel tempo,
infatti considera «artistiche» soltanto le immagini con soggetti e figure
composti artificiosamente nello studio del pittore o che ripetono modelli
prestabiliti. Non possono quindi essere ritenute accettabili immagini tratte da
un qualunque aspetto della realtà (un giardino pubblico, un'osteria di campagna,
un porticciolo lungo il fiume, ecc.) nelle quali figure e oggetti sono
rappresentati così come appaiono, senza ricorrere a luci e pose studiate. Il
termine «impressionisti» si attribuisce ad un critico d'arte del tempo, Louis
Leroy, che definisce con ironia questi artisti, basandosi sul titolo di un
dipinto di Monet, Impression, soleil levant (Impressione, sole nascente). Gli
artisti però non raccolgono questa provocazione, anzi adottano la definizione
come distintiva del gruppo. Essi esprimono: - l'avversione per le Accademie,
dove si copiano i modelli con lo scopo di acquisire soprattutto un'abilità
tecnica; - il disinteresse per il «bel oggetto»: qualunque aspetto della
realtà, anche apparentemente banale, può ispirare l'artista e divenire «opera
d'arte»; - la preferenza per il paesaggio, rappresentato direttamente con i
colori, lavorando en plein air, per cogliere con immediatezza il variare delle
luci e delle ombre nelle diverse ore del giorno. I dipinti degli
Impressionisti sono perciò realizzati con pennellate rapide, senza disegno
preliminare e senza troppi ritocchi e sfumature. Si abolisce completamente l'uso
del nero per realizzare che le ombre, proprio per sottolineare che l'ombra,
essendo determinata dalla luce, non è mai assenza di colore. Alla prima
mostra del 1874 ne seguono altre, fino al 1886, sempre accolte con critiche
fortemente negative; eppure oggi si riconosce all'Impressionismo il merito di
avere ufficialmente aperto la via alle avanguardie dell'arte moderna, offrendo
agli artisti la sua grande conquista: la completa libertà di esprimersi
perseguendo la ricerca di un linguaggio personale, che non deve essere
influenzato né dai desideri di un committente, né da convenzioni e regole
imposte dalla società. Già all'interno del movimento stesso, ogni artista
conduce una ricerca autonoma, legata ad interessi personali diversi; per tutti
però, dipingere rappresenta un vero e proprio metodi di indagine della realtà.
Cézanne, ad esempio, manifesta inizialmente la volontà di fissare sulla tela le
sensazioni visive e lavora sempre dal vero, costruendo l'immagine con pennellate
di colore che determinano ombre, luce, spazio. Ma le pennellate via via tendono
a formare una vera e propria «tessitura», che diviene la struttura stessa
dell'immagine e che fonde figura e sfondo tra di loro. Lo spazio del dipinto non
suggerisce più la profondità, tutti gli elementi sbalzano in primo piano e,
attraverso semplificazioni sempre maggiori, vengono rappresentati quasi come
fossero pure forme geometriche. Basta osservare il dipinto della Montagna di
Sainte Victore e confrontarlo con un qualunque dipinto di un altro pittore
impressionista, di Monet o di Pisarro ad esempio, per rendersi conto di come
Cézanne spinga la sua interpretazione visiva della realtà, fin quasi ai limiti
dell'astrazione. Divisionismo o Puntinismo Divisionismo in Italia, e
Puntinismo in Francia: sono due movimenti affini che operano tra la fine
dell'Ottocento e l'inizio del nostro secolo. Le loro denominazioni derivano dal
particolare modo di stendere i colori che vengono accostati con piccolo tocchi
di pennello senza essere mescolati sulla tavolozza. I divisionisti o puntinisti
(i francesi Seurat e Signac, e gli italiani Pellizza da Volpedo, Segantini,
Previati...) proseguono le ricerche degli impressionisti sugli effetti di
luce-colore, ma con un procedimento esecutivo nuovo. Nel ritrarre paesaggi,
scene in ambienti interni o esterni essi cercano di applicare recenti teorie
sulla luce e sui fenomeni ottici dei colori. In pratica, i divisionisti nella
loro pittura non applicano la cosiddetta «sintesi sottrattiva», cioè la
mescolanza dei colori sulla tavolozza, ma accostando i colori puri secondo la
legge dei complementari, cercano di ottenere gli effetti di limpidezza e
luminosità della «sintesi additiva», cioè della mescolanza che, come per la
luce, si effettua nell'occhio dello spettatore. I piccoli tocchi di colore,
infatti, guardati da una certa distanza si amalgamano nell'occhio
dell'osservatore che avrà così sensazioni cromatiche luminose e vivaci. Il
procedimento tecnico-scientifico adottato, pur comportando un'esecuzione
accurata, minuziosa, non impedisce di conseguire risultati gradevoli e
originali. Simbolismo Il movimento simbolista, il cui principale
esponente è Odilon Redon, si sviluppa in Francia parallelamente al Divisionismo
(1885). Un dipinto, per i Simbolisti, non ha mai lo scopo di trasmettere solo le
impressioni visive; in ogni immagine che l'artista crea, egli non comunica
semplicemente ciò che ha visto, ma rivela anche inconsapevolmente il proprio
mondo interiore. Volutamente, allora, ispirandosi ai sogni, i Simbolisti
propongono immagini che non vogliono rappresentare la realtà oggettiva, bensì
riflettere la fantasia e l'immaginazione. I dipinti dei Simbolisti sono
caratterizzati dall'associazione apparentemente illogica di elementi reali ed
immaginari, suggeriti dalla fantasia e dal ricordo, e che acquistano così anche
significati simbolici. A questo modo di concepire l'immagine si collegherà in
seguito la ricerca del Surrealismo. Liberty Liberty in Italia, Art
Nouveau in Francia, Modern Style in Inghilterra, Jugendstil in Germania: molti
nomi per definire uno stesso movimento artistico, diffusosi in tutta Europa dal
1880 all'inizio della prima guerra mondiale. Un movimento che si è espresso
attraverso uno stile facilmente riconoscibile: esuberante fantasia decorativa;
forme definite da una linea animata, sinuosa, a serpentina; ricerca di
raffinatezza, eleganza nell'insieme e nei particolari. Perché questo movimento?
Il timore che l'era industriale, avviata ormai verso un progresso inarrestabile,
avrebbe provocato con i suoi prodotti una decadenza del gusto, diventa stimolo a
trovare un'arte nuova, moderna, bella; un'arte che riguardi tutte le
manifestazioni della vita: dalla pittura, scultura e architettura
all'arredamento, alla moda, agli oggetti, a libri, manifesti... Per conseguire
tale scopo si stabilisce uno stretto rapporto tra artista e industria per
migliorare la qualità tecnica ed estetica dei prodotti che, pur nell'eleganza
delle forme, devono mantenere la funzionalità e la praticità connesse allo stile
di vita dell'uomo moderno. Le forme sono tante, la maggior parte destinata a
creare ed abbellire la casa. Questa è vista come un insieme unitario di
architettura e decorazione interna ed esterna. In pratica ogni piccolo
particolare è studiato, come forma, in stretto rapporto con l'architettura:
dalle incorniciature delle finestre alle ringhiere, dalle maniglie alle vetrate,
dai mobili ai lampadari, tendaggi, oggetti... Tutto è progettato e realizzato da
artisti o da abili artigiani sotto la direzione di disegnatori e architetti. Un
lavoro, quindi, di gruppo composto di esperti. Viene così rivalutato il lavoro
artigianale, compromesso dalla nascente produzione industriale in serie. Sono
utilizzati materiali dalle possibilità espressive del tutto inedite: ferro,
ghisa, vetro, cemento; questo serve anche come materia plastica nella
decorazione scultorea. Il Liberty nasce quasi contemporaneamente alla
grafica pubblicitaria, ed è proprio nel campo della grafica che si esprime in
modo originale. Secondo il nuovo gusto si illustrano libri e riviste; si
decorano libretti e spartiti di opere musicali; si abbelliscono di fregi le
cartoline; soprattutto si crea il manifesto per reclamizzare riviste, volumi,
romanzi a dispense. Il manifesto si afferma presto come forma d'arte vera e
propria, anche perché le case editrici si accaparrano validi artisti, pittori,
scultori e litografi, alcuni dei quali si dedicano quasi esclusivamente a questo
nuovo genere d'espressione figurativa. I nomi di artisti pubblicitari sono
tanti; ne citiamo soltanto uno, Toulouse - Lautrec. A lui si fa risalire la
nascita del manifesto come opera d'arte; le sue creazioni sono caratterizzate da
originalità compositiva o taglio compositivo e da una linea incisiva. Il Liberty
con la sua inventiva decorativa si adatta felicemente alle composizioni
pubblicitarie: figure di adolescenti, donne, uomini che si combinano come un
tutt'uno con la decorazione floreale; e con l'illustrazione si armonizzano nuovi
caratteri tipografici. La figura femminile, in particolare, ha un posto di
rilievo nell'evoluzione della forme del manifesto: è preziosa e raffinata come
divinità; pallida e fatale come attrice cinematografica oppure seminuda o
vestitissima come simbolo di bellezza.
Arte nel novecento La storia Nel primo decennio del XX secolo, dopo le
teorie di Marx ed Engels e le profonde trasformazioni sociali, economiche e
politiche, prodotte dalla Rivoluzione industriale, si affermano in tutta Europa
i movimenti popolari e socialisti, attraverso la costituzione di Sindacati e
Partiti operai, che in Russia, nel 1917, avranno una realizzazione concreta con
la Rivoluzione d'Ottobre. Dal 1914 al 1918 l'Europa è sconvolta da un conflitto
che assumerà carattere mondiale ed al quale parteciperà anche l'Italia,
inizialmente neutrale. Alla fine del conflitto, in conseguenza di una serie di
scioperi e lotte operaie e contadine, causate dalla grave crisi economica
postbellica, in Germania ed in Italia i ceti conservatori determinano una
reazione che si concretizza in forme di governo totalitario (Nazismo-Fascismo).
Queste dittature impediscono ogni manifestazione di dissenso, non solo politico,
ma anche culturale, ponendo al bando tutti gli intellettuali e gli uomini non
graditi al regime. I movimenti artistici italiani, che nella seconda metà
dell'Ottocento avevano trovato difficoltà nello stabilire contatti con i
movimenti europei, proprio a causa della complessa situazione politica
precedente l'unità d'Italia, nel Novecento vedono ancora compromesso il loro
sviluppo, che prenderà avvio solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale. I
principali movimenti d'arte moderna, fatta eccezione per il Futurismo, si
sviluppano quindi fuori l'Italia, in Europa e in America, nei primi trent'anni
del secolo, investendo tutti i settori della cultura e testimoniando le notevoli
influenze esercitate dalle nuove conquiste teoriche e scientifiche del
Novecento. Architettura L'uso del ferro e del cemento nelle
costruzioni determina strutture portanti rivoluzionarie rispetto a quelle dei
secoli precedenti e qualifica in modo nuovo l'architettura, che ora è realizzata
come un'opera d'ingegneria. Mentre con i materiali tradizionali l'architetto
poteva limitarsi a progettare la forme dell'edificio, lasciando all'ingegnere il
compito di risolvere i problemi relativi al calcolo della struttura portante,
ora, con i nuovi materiali, anche l'architetto deve acquisire una diversa
competenza sul piano tecnico, perché la forma e la struttura dell'edificio
tendono a divenire tutt' uno. Si afferma anche un nuovo concetto di cantiere,
come luogo in cui si montano pezzi prefabbricati (travi, pannelli di
rivestimento, ecc.), prodotti in serie altrove. Anche nell'architettura, quindi,
entrano i processi di industrializzazione: la produzione in serie sfocia nella
produzione di massa e si determina una crisi del valore di «architettura», che
viene distinta dall'«edilizia», così come l'avvento della fotografia aveva
determinato la crisi del valore di «pittura» ponendo il problema della
differenza fra la pittura come arte e quella come mestiere, come semplice
illustrazione informativa realizzabile anche con un mezzo meccanico. Nascono in
questo secolo, proprio in seguito all'industrializzazione dell'edilizia, nuovi
schemi di fabbricati che popolano i nuovi quartieri delle città. Si qualifica la
funzione dell'urbanistica, che vede la città come un ambiente vitale in cui si
rispetti il tessuto urbano della parte antica (il centro storico) e nella quale
si integrino, piuttosto che emarginarli, i luoghi in cui vive la classe operaia.
Questa concezione democratica di città viene ovviamente rifiutata dai regimi
totalitari: basti pensare agli interventi drastici sul tessuto urbano di Roma,
compiuti da Mussolini, in base ai quali vengono abbattute vaste aree di
quartieri medioevali e settecenteschi. Al loro posto vengono realizzati ampi
assi viari che collegano i monumenti ritenuti più rappresentativi della città:
il Colosseo, monumento per eccellenza dell'antico impero romano; palazzo
Venezia, sede del potere politico del nuovo impero fascista; San Pietro,
monumento dell'autorità religiosa. Anche in Germania, con Hitler, si afferma
l'idea della città come espressione dell'autorità e della potenza dello Stato e
non come riflesso della libera organizzazione dei cittadini. Nel 1933 Hitler
sopprime il Bauhaus («casa della costruzione») che, fondato nel 1919
dall'architetto Walter Gropius, si era proposto come la prima vera scuola di
disegno industriale. Nel Bauhaus insegnano molti artisti di grande valore fra
cui anche Kandinskij e Klee che si impegnano, insieme ai loro allievi, in campi
assai diversi: dalla pianificazione urbanistica alla progettazione del semplice
oggetto d'uso. In questa scuola si definisce la figura moderna del designer
(disegnatore per l'industria) e si elabora una vera e propria metodologia di
progettazione, comune a tutte le arti. Messo al bando dal potere politico,
Gropius è costretto, insieme ai suoi collaboratori, a lasciare la Germania e si
trasferisce prima in Inghilterra, poi negli Stati Uniti. L'architettura moderna
troverà proprio qui uno dei suoi esponenti più rappresentativi: Frank Lloyd
Wright, che progetta costruzioni dalla pianta articolata liberamente, inserite
nella natura e suddivise internamente da pareti scorrevoli, in modo da poter
creare di volta in volta gli spazi più funzionali all'uso. In Europa, la ricerca
architettonica si sviluppa liberamente: - in Francia, dove Le Corbusier,
architetto, pittore, scultore, elabora importanti studi di urbanistica e
progetta nuovi tipi di abitazione secondo criteri oggi largamente in uso. A lui
si deve il concetto della casa isolata dal terreno ed elevata da lunghe finestre
«a nastro», chiusa in alto da tetti-giardino; - in Olanda, dove Theo Van
Doesburg dà vita al Neoplasticismo che scompone la costruzione in piani
verticali e orizzontali delimitando lo spazio senza chiuderlo rigidamente; -
nei Paesi Scandinavi, dove Alvar Aalto propone nell'abitazione il recupero di
materiali naturali (legno, pietra, laterizio) e studia con particolare cura i
dettagli di ogni ambiente, rivelando un profondo rispetto per le esigenze
psicologiche dell'uomo. A lui si devono, ad esempio, importanti osservazioni sul
colore degli ambienti negli ospedali, studiato per garantire migliore serenità e
riposo agli ammalati; studi sull'acustica nelle sale di riunione, affinché il
pubblico desideroso di intervenire in un dibattito possa prendere la parola
rimanendo al proprio posto ed essere udito da tutti senza l'imbarazzo di doversi
recare al microfono, ecc. Pittura e scultura nei primi cinquant'anni del
secolo Il Novecento si apre in un clima di benessere crescente, gli esponenti
della nuova borghesia hanno conquistato la ricchezza, ma non mostrano un reale
interesse per la cultura e quindi per l'arte: un dipinto o una scultura sono
considerati essenzialmente come «oggetti» per decorare un ambiente, che danno
prestigio a chi li possiede, o come forme di investimento. Sempre più si afferma
la figura del mercante d'arte, che fa da intermediario fra artista e compratore.
Alcuni di questi mercanti, oltre a fornire al vasto pubblico opere più
facilmente commerciabili, collezionano dipinti e sculture di artisti che vengono
ancora ignorati e le cui opere risultano al momento incomprensibili: i dipinti
di Cézanne, Van Gogh e Gaugain ad esempio, sono ancora rifiutati dal grosso
pubblico, ma alcuni mercanti intuiscono che potranno avere in futuro una
valutazione molto alta. Si sviluppa così un mercato redditizio in America, dove
ricchi collezionisti, più aperti al nuovo, anche perché meno condizionati dalla
cultura tradizionale che invece domina ancora l'Europa, acquistano opere
dichiaratamente «di rottura» e incoraggiano la ricerca di artisti, che vogliono
esprimersi in modo autonomo e antitradizionale. Nei primi trent'anni del
Novecento, in un clima di tensione fra artisti innovatori e società borghese
conservatrice, si affermano le cosiddette «Avanguardie storiche», quei movimenti
d'arte moderna che riprendono e sviluppano le ricerche dell'Impressionismo, del
Neo-impressionismo, del Simbolismo. Futurismo In Italia, il primo
movimento significativo di avanguardia è il Futurismo, che si propone di
ottenere un radicale rinnovamento della cultura, rifiutando in modo violento
tutto il passato. Il movimento nasce nel 1909 e propone i suoi obiettivi
attraverso un Manifesto letterario, cui seguono nel 1910 il Manifesto della
pittura futurista e nel 1914 il Manifesto dell'architettura futurista. Il
Futurismo quindi investe differenti campi della cultura estendendosi anche alla
poesia, al teatro, al cinema. I Futuristi esaltano la civiltà della macchina e
sognano una rivoluzione che distrugga tutto il patrimonio storico. L'uomo
moderno deve soltanto guardare al futuro, rinnovarsi continuamente, abbandonare
ogni regola data dalla tradizione. In pittura e in scultura la ricerca di
effetti di movimento sarà il tema dominante: la figura umana ad esempio, viene
rappresentata con gli arti ripetuti o sovrapposti in successione ritmica; le
linee compositive, i colori, le luci sono strutturati secondo ritmi crescenti o
radiali. L'intento del Futurismo, anche attraverso l'immagine, è comunque quello
di scardinare tutte le convenzioni, stupire, dare scandalo. Dopo la prima guerra
mondiale il gruppo futurista si disperde, ma il problema di dare «forma» al
movimento si ripropone nelle ricerche individuali dei suoi protagonisti. I
principali esponenti del movimento futurista sono: Balla, Boccioni, Carrà,
Severini, Russolo, Depero, Sant'Elia, Prampolini, Bragaglia, Dudreville.
Morandi, Rosai, Martini, Conti, Melli e Dottori, dopo una prima adesione al
Futurismo, svilupperanno una ricerca del tutto
personale. Espressionismo L'Espressionismo, prima che un movimento legato
ad un particolare gruppo di artisti e collocabile in una precisa area culturale
e geografica, è una tendenza che più volte si è manifestata nel corso della
storia. Nel Novecento si ripropone in antitesi all'Impressionismo: dipingendo
non si trasferiscono sulla tela solo i dati della propria percezione, ma anche
il proprio modo di interpretare la realtà, filtrando ciò che si vede attraverso
le proprie emozioni. L'Espressionismo quindi, è sulla linea di ricerca di Van
Gogh, più che di Gaugain e dei Simbolisti, e si manifesta in Francia con i
Fauves («belve») e in Germania con il gruppo Die Brücke («il ponte»): i due
movimenti nascono quasi contemporaneamente attorno al 1905. Quello dei
Fauves non è un gruppo compatto e non ha un programma definito; il suo maggior
esponente è Henri Matisse e del gruppo fa parte anche Georges Braque, che
successivamente sarà un esponente del Cubismo. Per i Fauves, protagonista
dell'immagine è il colore che, distribuito con pennellate ben evidenti, ritma la
composizione e «costruisce» in senso vero e proprio il dipinto. Si abbandona
pertanto ogni modalità di rappresentazione illusoria della profondità e si
rifiuta la pittura tonale tradizionale, per ispirarsi invece all'arte primitiva,
ritenuta più istintiva e vitale. Nei dipinti dei Fauves sono assenti perciò
gradazioni di colore e sfumature, effetti di chiaroscuro e di volume, le tinte
sono fortemente contrastanti. La prevalenza dei colori puri acquista anche un
significato simbolico e serve a sottolineare la condizione interiore di totale
disponibilità a reinventare nuovi modi di comunicare con l'immagine. Nel 1907 i
Fauves attraversano un momento di crisi dopo l'entrata di Picasso; il gruppo
finirà con lo sciogliersi, e Braque, insieme a Picasso, aprirà la ricerca
cubista. I principali esponenti dei Fauves sono: Matisse, Vlaminck,
Derain, Dufy, Van Dongen. Il gruppo espressionista tedesco Die Brücke ha
invece un preciso programma scritto, in cui si autodefinisce realista e
rivoluzionario. Come i Fauves, anche gli artisti di Die Brücke si ispirano
all'arte dei primitivi recuperando inoltre tecniche e materiali legati alla
tradizione popolare tedesca, come la xilografia. Il gruppo Die Brücke ha un
orientamento ideologico preciso e l'apprezzamento per le espressioni d'arte
popolare e primitiva diventano la manifestazione di un aperto dissenso nei
confronti della società borghese e conservatrice della Germania di quel tempo. I
soggetti prediletti dagli Espressionisti tedeschi sono polemicamente tratti
dalla realtà quotidiana della classi lavoratrici e più deprivate: gente della
strada, avventori di caffè, emarginati. I colori corposi, densi, appaiono
incrostati sulla tela come se la materia volesse comunicare la sensazione
sgradevole di certe realtà di bruttezza e degrado umano. Dunque, con
l'Espressionismo tedesco, l'immagine diviene anche una forma di denuncia. Nel
1913 il gruppo si scioglie ed i singoli esponenti continuano ad operare in modo
autonomo. Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale e l'avvento del
nazismo, il movimento riacquisterà vigore con Otto Dix e George Grosz, che
esprimono attraverso le loro opere, in modo esasperato e fortemente drammatico,
la violenta protesta contro la società che prepara una nuova guerra. Il regime
nazista li definisce «degenerati» e li costringe ad emigrare negli Stati
Uniti. I principali esponenti del gruppo Die Brücke sono: Kirchner, Heckel,
Nolde, Schmidt-Rottluff, Pechstein, Müller, Barlach. Cubismo Nel momento
in cui il Fauvismo volge al termine, prende avvio ancora in Francia il Cubismo,
uno dei più importanti movimenti del nostro secolo: esso contribuirà
all'evoluzione del gusto moderno, proponendo forme lineari, semplificate,
geometrizzate che possiamo notare sia nell'architettura che nell'oggetto d'uso
quotidiano. L'appellativo «cubismo» deriva da un'espressione del pittore Matisse
che aveva definito «simili a cubi» le immagini di un quadro di Braque, fondatore
del movimento insieme a Picasso. Il periodo più tipico del Cubismo va dal 1908-9
all'inizio della prima guerra mondiale. Alcuni temi di ricerca dei Fauves
vengono recuperati, come ad esempio l'abolizione della profondità illusoria. I
Cubisti partono dallo studio della realtà, ma la scompongono, la frantumano per
poi ricomporla sulla tela in un nuovo ordine, che cancella la distinzione tra
oggetti e spazio. Un oggetto, una figura umana, sono rappresentati in più
vedute, da diverse angolazioni; queste diverse immagini vengono sovrapposte come
se nella fusione di vedute successive si volesse comunicare la totalità delle
percezioni, ottenute girando attorno al soggetto. Questo processo di
scomposizione in piani e ricomposizione successiva, «disintegra» la forma in
modo tale da rendere difficile, a volte, l'individuazione del soggetto, e molte
immagini cubiste rasentano quasi l'astrazione. Per contro si sviluppano nuove
tecniche polimateriche che, attraverso il colore denso, anche mescolato a
sabbia, e attraverso il collage con carta, legno, stoffa, comunicano
all'osservatore sensazioni tattili e visive, che lo riportano alla realtà
fisica. Da un lato quindi si ha la scomposizione della realtà, rappresentata in
forme schematiche, quasi geometriche; dall'altro si ha l'uso di tecniche che
riportano materialmente alla percezione della realtà. Il materiale che
costituisce un oggetto non è solo «rappresentato», lo si incolla così com'è
sulla tela e nelle composizioni polimateriche i confini tra pittura e scultura
si assottigliano. Alla nascita del movimento cubista contribuiscono vari
fattori che possiamo individuare, per esempio, nella tendenza a compiere
continue ricerche e nuove esperienze, che caratterizza il primo periodo del
Novecento; inoltre, nell'influenza esercitata da Cézanne, con la sua pittura
severa, essenziale; infine, nella scoperta della cultura negra che suggestiona
con le sue forme schematiche, geometrizzate, assai espressive nella loro
deformazione. Il movimento cubista desta notevole interesse nell'ambiente
culturale del tempo, soprattutto presso quegli artisti che sono intenti ad altre
esperienze, come i futuristi, gli astrattisti... È dal Cubismo che, per esempio,
Mondrian, il fondatore dell'Astrattismo, trae stimolo o spunto nel creare forme
pure della geometria. Questo gusto per la geometria diviene la caratteristica
delle manifestazioni pittoriche e, specie, architettoniche del Neoplasticismo,
fondato dallo stesso Mondrian con altri artisti, e successivamente della
produzione di altre correnti artistiche europee. I principali esponenti del
Cubismo sono: Picasso, Braque, Delaunay, Duchamp, Gris, Léger. Der Blaue
Reiter Il distacco totale dalla realtà esterna diventa il tema centrale del
movimento tedesco Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro) fondato nel 1911 da
Vasilij Kandinskij. L'immagine è una forma di comunicazione che non ha bisogno
di rappresentare la natura, oggetti o figure umane; ciò che suscita idee,
sensazioni ed emozioni è l'insieme dei colori, delle linee, delle luci che sono
composti nel dipinto, indipendentemente da quello che significano. Una linea
orizzontale ad esempio, in un'immagine «figurativa», può essere utilizzata per
rappresentare l'orizzonte di un paesaggio marino, ma può anche rappresentare
solo se stessa: in tutti e due i casi suggerirà stabilità, equilibrio, quiete.
Nella sua ricerca Kandinskij esplora proprio questa espressività degli elementi
fondamentali del linguaggio visuale; le sue opere grafiche e cromatiche sono
inizialmente degli studi, che sembrano ispirati allo «scarabocchio» del bambino,
come se l'artista volesse recuperare uno stato primitivo in cui non si è
influenzati da nessuna tradizione e cultura e ci si esprime sperimentando le
possibilità dei propri gesti, ed i risultati di un gesto nella traccia che lo
strumento lascia dietro di sé. Analoga alla ricerca di Kandinskij è quella di
Paul Klee; l'immagine comunica il proprio mondo interiore ed educare l'immagine
equivale a formare la personalità dell'individuo, a renderlo capace di esprimere
se stesso. Per questo Klee dedica tanto impegno all'insegnamento: per undici
anni infatti è professore alla Bauhaus. L'arte dunque è una elaborazione
autonoma della mente umana e nella composizione dell'immagine punti, linee,
colori e luci sono considerati solo come segni, che non vogliono suggerire nulla
di reale; l'artista ne studia le infinite possibili combinazioni, così come un
musicista crea la sua opera, strutturando le diverse intensità di timbri e
l'altezza dei suoni. I principali esponenti del gruppo Der Blaue Reiter sono:
Kandinskij, Klee, Marc, Macke, Jawlensky, Kubin. Neoplasticismo Il
Neoplasticismo, detto anche «De Stijl» si afferma in Olanda nel 1917. I suoi
esponenti più significativi, Théo Van Doesburg (architetto) e Piet Mondrian
(pittore) fondano la rivista «De Stijl» e, attraverso manifesti e dibattiti,
affrontano il tema della «costruzione dell'opera d'arte». Tanto in architettura,
quanto in pittura, la loro ricerca parte da forme geometriche semplici, che
possono evidenziare con chiarezza i criteri di aggregazione scelti dall'autore.
Nasce così un'architettura basata su elementi prefabbricati, rispondenti ad
esigenze di economia e praticità, con i suoi ambienti distribuiti razionalmente
e «belli» soprattutto perché funzionali all'uso; nasce una pittura come
costruzione rigorosa dello spazio del quadro, fatta di sole linee e piani di
colore compatto. L'Astrattismo di Mondrian è quindi molto diverso da quelli di
Kandinskij e di Klee: l'artista olandese vuole eliminare ogni tipo di
interpretazione soggettiva dell'immagine. Risolvere un problema compositivo è
come dimostrare un teorema; bisogna tendere alla soluzione più elegante,
perfetta nella sua semplicità e chiarezza. Per Mondrian quindi l'arte è la
realizzazione di un progetto, non il frutto di una sensazione: l'armonia
dell'insieme e l'equilibrio compositivo sono legati a calcoli precisi, che
servono a determinare l'ampiezza di ogni superficie, la sua forma, il suo
colore. I principali esponenti del Neoplasticismo sono: Van Doesburg,
Mondrian, Vantongerloo, Rietveld, Oud, Van Eesteren. Dada Il movimento
Dada nasce intorno agli anni Venti del Novecento, come forma di provocazione,
piuttosto che come corrente artistica vera e propria. Già nella scelta, fatta a
caso, della denominazione del movimento (la parola «dada» non significa nulla)
si rileva l'atteggiamento assunto dai Dadaisti. Le conquiste tecnologiche che
dovevano portare ad un mondo nuovo, hanno invece condotto alla guerra; i
Dadaisti attaccano con feroce ironia le convenzioni e le regole della società,
accettate in genere passivamente dalla massa. Il gruppo Dada pertanto vuole
contestare e scandalizzare negando tutto del passato: l'opera d'arte deve
esprimere ribellione. Le immagini non devono essere progettate, ma nascere anche
per caso; i materiali che costituiscono un'opera d'arte possono anch'essi essere
trovati per caso. Così le opere Dada sono caratterizzate dall'assemblaggio di
materiali disparati, come ad esempio biglietti ferroviari, tappi di sughero,
chiodi. Vengono proposti, come espressioni d'arte, oggetti qualsiasi: uno
scola-bottiglie, una ruota di bicicletta o anche oggetti «assurdi» come una
tazzina di caffè realizzata in pelliccia, o un ferro da stiro chiodato. Tutto
può essere opera d'arte - dicono i Dadaisti - se è firmato ed esposto in una
mostra. Le loro opere vengono perciò definite una «non-arte», una «anti-arte».
Tuttavia esse stanno a testimoniare un nuovo modo di esprimersi, non privo di
una ricerca estetica con i richiami a forme del linguaggio cubista e
futurista. I principali esponenti del movimento Dada sono: Duchamp, Picabia,
Man Ray, Arp, Schwitters. Metafisica Nel 1917, dall'incontro a Ferrara di
due grandi pittori, Giorgio de Chirico e Carlo Carrà, nasce in arte una nuova
tendenza, che viene definita Metafisica. Ad essa aderirà, nel 1918 anche Giorgio
Morandi. In contrapposizione al Futurismo, che ricercava un modo per
rappresentare il movimento e la velocità, simboli del mondo moderno, la
Metafisica rappresenta una realtà dove ogni cosa appare assolutamente immobile,
come pietrificata, senza tempo. Giorgio de Chirico, il maggiore esponente della
Metafisica, costruisce con grande abilità tecnica immagini di città, che
sembrano disabitate e nelle quali, al posto degli essere viventi, monumentali
manichini popolano lo spazio. Su tutto sembra che regni una calma assoluta.
Anche nelle nature morte, gli elementi sono rappresentati in modo inconsueto:
forme del mondo naturale ed oggetti sembrano quasi senza peso, appaiono come
pure forme geometriche. De Chirico vuole esprimere una realtà immutabile nel
tempo attraverso immagini che fanno pensare alle visioni generate dai
sogni. I principali esponenti della Metafisica sono: De Chirico, Carrà,
Morandi, Casorati, Sironi, Martini, Marini, Tosi. Surrealismo Il
Surrealismo si sviluppa negli anni Trenta del Novecento. In questo periodo si
afferma la psicoanalisi, una teoria che studia l'influenza esercitata sul nostro
comportamento dai desideri e dagli impulsi istintivi. Tali desideri ed impulsi,
dei quali spesso non siamo consapevoli, si rivelano soprattutto nei sogni. Il
Surrealismo ricerca il modo di esprimere nelle immagini il mondo irreale ed a
volte angoscioso che è caratteristico del sogno. Le opere di pittura e di
scultura sono composizioni di frammenti di immagini reali, disposti, accostati e
combinati senza un ordine dettato dalla logica, dalla ragione; esse creano un
mondo nuovo, sconosciuto ai nostri occhi; un mondo fantastico, stravagante,
impossibile, una fusione di realtà e sogno. Oltre a questi accostamenti assurdi
il ricorso alla deformazione e l'esecuzione nitida contribuiscono a creare nelle
opere surrealistiche quella tipica atmosfera allucinante, inquietante. I
Surrealisti con queste immagini intendono rappresentare non la realtà esterna,
ma la realtà interiore dell'uomo, quella più nascosta, che si trova nel più
segreto dell'anima, cioè l'inconscio con i suoi desideri, le sue frustrazioni,
inquietudini, aspirazioni. Evocando o rivelando questo mondo, l'artista, e
quindi l'uomo, si sente totalmente libero di esprimersi, senza costrizioni
imposta dalla società, dalla tradizione, dalla morale, dalla logica, dalla
religione. L'osservatore è libero di interpretare, di trovare significati
simbolici. In questo senso il Surrealismo riprende e sviluppa la ricerca
iniziata dal Simbolismo, che vedeva nell'immagine non la rappresentazione della
realtà, ma la rivelazione di tutto ciò che nell'uomo sfugge al controllo della
ragione. I principali esponenti del Surrealismo sono: Ernst, Mirò, Arp,
Masson, Tanguy, Dalí, Magritte, Delvaux. L'arte dopo la seconda guerra
mondiale Dopo il secondo conflitto mondiale, nel generale senso di
sfiducia verso quella civiltà che aveva portato guerra e distruzione, gli
artisti non sentono più il bisogno di trasmettere al futuro ciò che producono,
non vogliono più lasciare il segno del proprio operato, non vogliono più
rispecchiare la società del loro tempo, perché troppo grandi sono state le
atrocità che ha prodotto. Si determina allora fra gli artisti quasi una febbrile
volontà di cambiare, di sperimentare, di ricercare vie sempre nuove di
espressione, di porre in discussione o di rifiutare tutto ciò che appare
consolidato ed accettato dalla massa. Si verifica allora una totale rottura dei
percorsi tradizionali dell'espressione artistica e si apre la via ad una
pluralità di ricerche, spesso anche isolate o del tutto personali che, a
differenza del passato, non sono veri e propri movimenti legati fra loro e
preparatori l'uno dell'altro, ma linee di ricerca variamente orientate e
conviventi nello stesso momento. In un panorama così vasto e mutevole, le
tendenze più significative, capaci di determinare via via nuove posizioni
culturali, sono state: l'Informale, la Op-art, la Pop-art, il Concettuale, e la
reazione ad esso definita Postmoderno, con la Transavanguardia. All'interno di
ogni tendenza si sono sviluppate ulteriori ricerche ed approfondimenti, tra loro
anche abbastanza differenti e piuttosto libere rispetto alla linea iniziale.
Informale Agli inizi degli anni Cinquanta del Novecento in Europa, in
America ed anche in Giappone si afferma una tendenza artistica definita
Informale, che mette in evidenza un caratteristico atteggiamento di profonda
sfiducia nei valori tradizionali della razionalità e della conoscenza. Gli
elementi tradizionali di espressione - linee, colori, figure - perdono
significato. Il rifiuto della ragione porta al rifiuto della forma, comunque
essa sia, figurativa e non figurativa, e l'atto creativo coincide con l'agire.
L'Informale per il rifiuto dell'immagine ottenuta attraverso regole consolidate
e per la ricerca di immediatezza e istintività espressiva, si riallaccia
all'Impressionismo tanto da essere definito anche «Impressionismo astratto»; per
il rifiuto della tradizione culturale, si riallaccia al Dadaismo; per
l'esaltazione dell'inconscio, al Surrealismo; per la violenza dell'immagine,
all'Espressionismo. Le opere si differenziano notevolmente le une dalle altre a
seconda della personalità dei singoli artisti e dei procedimenti esecutivi
adottati. Abbiamo infatti: - la pittura d'azione, in cui il colore è steso
con gesto istintivo, quasi violento; - la pittura segnica, fatta di motivi e
segni che si richiamano a caratteri di scritture inventate; - la pittura
materica, eseguita con particolari impasti o accostamenti di materiali
eterogenei. Tali manifestazioni, varie e complesse, sono espressioni di
particolari stati d'animo dell'uomo in un mondo che è stato sconvolto dalla
guerra e che è incerto sul futuro. Sembra che l'uomo attraverso l'artista, non
ponendo più fiducia nella ragione, si affidi all'istinto e al caso. I
principali esponenti dell'Informale sono: Fautrier, Dubuffet, Tapies, Burri, che
indagano sull'espressività della materia; Wols, Hartung, Michaux, Mathieu,
Soulages, Vedova, Afro, Birolli, Capogrossi e Scanavino che indagano il valore
dei segni visivi come tali, senza associare al segno alcun significato
descrittivo. Action Painting Nella linea di ricerca dell'Informale si
manifesta negli Stati Uniti, intorno agli anni Cinquanta del secolo passato, una
tendenza definita Action Painting (pittura d'azione). E' una tendenza
particolare della scuola di New York, che attribuiscono al gesto del dipingere,
all'azione in quanto tale, il ruolo determinante nell'esperienza dell'artista.
Anche gli artisti dell'Action Painting, come già quelli dell'Informale, si
esprimono attraverso modi differenziati: Jackson Pollock predilige la tecnica
del dripping (sgocciolamento del colore); Willem De Kooning accosta colori
violenti alla maniera espressionista: la sua pittura è chiamata proprio
«espressionismo astratto»; Franz Kline utilizza grandi segni neri su fondo
unicamente ed ossessivamente bianco. Le successive manifestazioni artistiche
americane (New Dada e Pop-art) hanno le loro radici nell'Action Painting. I
principali esponenti dell'Action Painting sono: Pollock, De Kooning, Kline,
Tobey. Op-art L'Op-art si manifesta inizialmente verso la fine degli anni
Cinquanta del Novecento ed il suo nome nasce dalla contrazione dell'espressione
«Optical art». La tendenza è caratterizzata dal desiderio di approfondire e
riutilizzare le ricerche visuali già condotte nell'ambito del Bauhaus, del
Futurismo e del Dadaismo. Agli artisti della Op-art non interessano più un bel
paesaggio o la figura umana, ma gli infiniti stimoli prodotti dalla realtà
contemporanea con il suo dinamismo, le sue continue trasformazioni, con la sua
tecnologia sempre più sofisticata, con il suo spettacolo visivo e sonoro. E
quindi inventano forme con un procedimento quasi scientifico: si servono delle
tecniche industriali per ricreare effetti di movimento ed effetti ottici. Tali
effetti sono ottenuti per mezzo sia di congegni meccanici, luminosi,
elettromagnetici, sia di accostamenti di colori netti a linee, punti, forme
geometriche che destano nell'osservatore reazioni ottiche e psicologiche,
sensazioni particolari, soggettive. L'osservatore pertanto viene stimolato a
completare l'opera con il suo personale intervento. In America la Op-art fu
proposta ufficialmente a New York nel 1965, nella grande mostra di arte astratta
percettiva, nella quale si evidenziò la personalità di Poons; in Europa tali
ricerche iniziate da Vasarely, furono seguite da: Soto, Agam, Munari, Gerstner e
Bury. Pop-art All'arte informale segue la Pop-art (abbreviazione di
Popular art), un movimento artistico che, nato in Inghilterra, si sviluppa
soprattutto negli Stati Uniti. È detta «popolare» nel senso che l'interesse
dell'artista è rivolto alla vita quotidiana dell'uomo contemporaneo o, meglio, a
quel mondo artificiale che ha mutato l'ambiente in cui l'uomo ora si trova a
vivere: un mondo costituito dagli innumerevoli prodotti industriali d'uso comune
e, in particolare, dai mezzi di comunicazione di massa. Come elemento base
dell'opera pop ci sono sempre un'immagine o un oggetto tratti dalla vita di
tutti i giorni: una bottiglia di Coca Cola, un personaggio ingrandito di un
fumetto, i rottami di un'auto... Le composizioni di tali immagini o oggetti non
possono essere considerate né pittura né scultura, secondo il significato
tradizionale dei termini; sono composizioni nuove, diverse le une dalle altre
per la varietà delle tecniche esecutive: collage, ingrandimento fotografico,
fotomontaggio, stampo in gesso, fusione di materiale plastico... È detta «arte
popolare» anche per un altro motivo: ama i colori pieni e vivaci, le superfici
lucenti, lo smalto e la plastica; nella sua esuberanza ama creare oggetti
colorati, ideare forme di grandi dimensioni. Ogni autore si esprime affrontando
in modo ossessivo un unico aspetto della realtà: Segal ripete figure umane a
grandezza naturale, realizzate in gesso, colte nell'atto di compiere i gesti di
ogni giorno, ma inserite in uno spazio irreale, totalmente vuoto. Oldemburg
propone oggetti di uso comune ingigantiti o alterati nei materiali (cibi di
gesso). Rosenquist proietta sovrapposte immagini banali (fetta di melone,
sandwich) fino a farle diventare inquietanti e minacciose. Lichtenstein si
esprime attraverso un riuso delle immagini dei fumetti. Warhol riproduce con
fastidiosa ripetitività lo stesso soggetto, dalla bottiglia di Coca-cola alla
Gioconda di Leonardo, fino ad annullarne il significato originario. I
principali esponenti della Pop-art sono: Dine, Oldemburg, Segal, Rosenquist,
Lichtenstein, Warhol, Johns, Rauschenberg, Wesselman. Arte
Concettuale Alla fine degli anni Settanta, in ambito internazionale, si
evidenzia una nuova linea di tendenza che considera la produzione artistica come
progetto astratto, teorico, solo formulato dal pensiero, completamente
svincolato dalla realizzazione concreta e in aperta opposizione alla produzione
artistica tradizionale. Tale tendenza, che afferma il valore primario della
progettazione mentale, rispetto all'opera realizzata, prende il nome di Arte
Concettuale. Essa rifiuta la realizzazione concreta perché ogni dipinto, ogni
scultura rischiano, nella nostra società, di diventare una merce venduta a caro
prezzo, considerata sul mercato un bene-rifugio che non si svaluta e succube dei
meccanismi tipici della società dei consumi. L'arte è quindi intesa come idea,
come conoscenza ed espressione attraverso il pensiero non come opera concreta.
L'impostazione di pensiero del Concettuale ha influenzato, anche se con esiti
molto diversificati, larga parte della ricerca artistica seguente. Sono nate
così: - l'Arte povera, come totale rifiuto del «bel materiale», della
composizione struttura secondo precise regole, chiaro atteggiamento di
ribellione verso l'arte intesa in senso tradizionale. Non si presentano più
opere, ma informazioni, progetti, operazioni sulla realtà, insomma proposte
aperte, modi di essere nel mondo, piuttosto che risultati definitivi; - la
Body art: l'«opera» è costituita dal corpo umano esposto in carne ed ossa e
l'intervento dell'artista è sul corpo stesso, anche con azioni violente; tali
esibizioni vengono riprese in diretta da una televisione a circuito chiuso.
L'artista si avvale abilmente del proprio corpo con azioni pubbliche, dove
qualunque movimento assume particolare significato. Gli artisti della Body art
talvolta vengono anche definiti «comportamentisti». Certe loro manifestazioni
sconfinano in vere e proprie forme di teatro-performance; - la Land art:
propone interventi non sulla natura, come già avvenuto in passato, ma nella
natura, non con scopi ornamentali, ma per prendere coscienza dell'ordine
naturale degli elementi, che l'uomo moderno ha completamente sconvolto. La
società tecnologica ha alterato il rapporto uomo-natura ed è l'artista, più di
ogni altro, che ne vive il profondo disagio, che ne avverte lo sconfinato
pericolo. L'Arte povera, la Body art, la Land art, si pongono indubbiamente
come provocazione al meccanismo di accaparramento da parte dei grandi
collezionisti di opere d'arte che spesso, più per snobismo che per reale
desiderio e conoscenza, acquistano opere, che considerano soprattutto come
valida forma di investimento. Il gruppo promotore dell'Arte Concettuale è
quello inglese dell'Arte Language, e soprattutto l'artista Kosuth. Altri artisti
di questa tendenza e delle sue derivazioni sono: Burgin, Prini, Kawara, Venet,
Ramsden, Merz, Zorio, Pistoletto, Beuys, Isgrò, Christo, Dibbets, Oppenheim,
Gina Pane, Smithson.
Postmoderno Il Postmoderno nasce alla fine degli
anni Settanta ed è una vasta corrente di pensiero che investe molte espressioni
d'arte (riguarda in modo particolare l'architettura e il disegno industriale, ma
si rivolge alla pittura, alla scultura, alla letteratura ed alla poesia). Il
movimento si oppone alla sperimentazione spinta all'eccesso, che caratterizza
alcune avanguardie: gli artisti postmoderni sentono il bisogno di tornare alla
«normalità» delle tecniche, dei mezzi espressivi del linguaggio visuale con i
suoi elementi fondamentali. Il Postmoderno pertanto rifiuta il rigore e la
purezza di forme che caratterizzavano l'architettura dei grandi maestri moderni
(Le Corbusier, Gropius), riproponendo un deciso ritorno alla decorazione e alla
ricerca di forme più libere. Transavanguardia A partire dalla fine degli
anni Settanta, si diffonde in Europa e negli Stati Uniti una nuova tendenza,
definita Transavanguardia. Tale tendenza nasce come reazione al movimento
Concettuale e si riferisce in modo particolare alla pittura, ma rientra nel più
vasto movimento culturale del Postmoderno. Gli artisti della Transavanguardia
costruiscono generalmente immagini figurative, ma non si propongono di
descrivere la realtà. Le loro opere sono caratterizzate anche da vaste zone di
colore monocromo, da macchie e da sgocciolamenti di colore e da figure capovolte
o «galleggianti» nello spazio del dipinto. Nella Transavanguardia quindi,
vengono riutilizzati i materiali e gli strumenti tradizionali (pennelli, tele,
colori), pur senza rifiutare le tecniche espressive delle esperienze più
recenti. Gli artisti della Transavanguardia vogliono una pittura «non più
mortificata da incombenze ideologiche e da arrovellamenti intellettuali»,
riscoprendo il piacere di esprimersi liberamente, senza porsi il problema di
trasmettere significati al di fuori della pittura stessa. Gli artisti
italiani più significati che aderiscono alla Transavanguardia sono: Chia,
Cucchi, Clemente, N. De Maria, Paladino.
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