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STORIA DELLA BELLEZZA - IL MITO DELLA BELLEZZA
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IL MITO DELLA BELLEZZA |
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STORIA DELLA BELLEZZA Evoluzione storica dei canoni estetici. Si parla di
canoni estetici, o di "bellezza" solo dall'epoca classica, per questo da
fonti documentate
possiamo solo capire come in varie epoche diverse culture cercavano di far
apparire gradevole il proprio aspetto. Giè nell'età dell'antico Egitto
già tremilacinquecento anni prima di Cristo importavano oli, minerali ed
unguenti dall'oriente ed i sacerdoti confezionavano in recipienti di
alabastro, timo, mirra, origano, lavanza, incenzo, olio di sesamo, olio di
oliva
ed olio di mandorle. I prodotti venivano usati per la mummificazione ed
altri come
unguenti per il viso e per il corpo, sulla scia degli antichi egizi altri
popoli del mediterraneo assimilarono tali tecniche. Nell'antico Egitto
era diffusa anche la cosmesi, e non solo tra donne, per il bistro (kohol)
era largamente usato l'antimonio, gli Ebrei invece si limitavano oli e
profumi ma non cosmetici. Nell'età classica tra i greci non è chiaro quale
fosse il concetto preciso di bellezza tra gli antichi ellenici nel periodo
pre-classico; Omero attribuiva la perfezione fisica agli eroi e le divinità,
l'armonia e perfezione del fisico, con guance rosate per gli uomini e occhi
cerulei con bianche braccia se erano donne. Uomini e donne usavano oli
profumati di rosa, gelsomino e nardo per ungere il capo ed il corpo dopo il
bagno e le donne erano solite truccarsi il viso con una crema a base di
biacca proveniente da Rodi, tale usanza delle donne era però vietata durante
i lutti e le cerimonie dedicate a Demetra.
I romani a contatto con la cultura dell'antica grecia, dopo aver vinto i
greci ne assimilarono
le usanze e costumi, Nel I secolo a.C. Vitruvio scrive. " ..la natura ha
composto il corpo umano in modo tale che il viso, dal mento all'alto della
fronte e alle più basse radici dei capelli, fosse la decima parte del
corpo., la terza parte del viso, considerata in altezza, è dal mento alla
base delle narici; un'altra terza parte è costituita dal naso stesso
considerato dalla base delle narici al punto d'incontro delle sopracciglia e
la terza parte va da lì alla radice dei capelli.": I dipinti e resti
archeologici ci dicono abbastanza degli usi dei romani, Ovidio addirittura
pubblicò un manuale della bellezza ( De medicamine faciei feminae ). A Roma
non si conosceva il sapone, anche se ci viene tramandato il famoso bagno di
latte di Poppea, e tutti lo usavano come detergente, dopo il bagno era
solito cospargersi di olio di oliva. Successivamente i romani impararono ad
usare una forma primitiva di sapone diffusi fra i Celti. Nel Medioevo le
invasioni dei popoli dell'Europa nord-orientale e lo sconvolgente mutamento
culturale che ne consegue per l'ex Impero romano, rendono superfluo tutto
ciò che non è un bisogno primario: i modelli estetici classici non hanno
alcun senso e gli invasori possono proporre, tutt'al più, l'uso di burro
acido per lucidare i capelli. Ma anche questi selvaggi conquistatori furono
lentamente conquistati dalla civiltà dei vinti. Finalmente per un po' di
buon gusto bisognerà aspettare l'epoca feudale ( X sec. d.C. ), quando dai
castelli franco-provenzali si diffonde il modello culturale cortese che
restituisce una qualche gentilezza al vivere civile. Ne deriva un recupero
di valori tra i quali l'apprezzamento per la bellezza, specie quella
femminile, esaltata dai trovatori che, viaggiando di corte in corte,
diffondono con i loro canti la fama di bellissime castellane che, senza
averne
piena coscienza, contribuiscono a creare dei nuovi canoni estetici pur se
quasi esclusivamente femminili. E' il modello di una bellezza nordica quello
che si impone, prima attraverso la letteratura, poi attraverso le conquiste
militari: la carnagione chiara, i capelli biondi e gli occhi azzurri, che
sono caratteristiche fisiche di Normanni e Svevi, diventano il segno della
distinzione sociale e condannano i più diffusi colori scuri, tipicamente
mediterranei, ad essere indice di subalternità. "Biondo era e bello e di
gentile aspetto." disse Dante presentando Manfredi di Svevia e bionde sono
le madonne sacre o profane che siano. I manuali di bellezza dell'epoca
suggeriscono alle donne come rendere candido e liscio il viso con biacca,
allume, borace, limone, aceto e chiara d'uovo, e biondi i capelli con
tinture e lozioni a base di vegetali e minerali, rosse le labbra con minio e
zafferano e bianchi i denti con la salvia. Benché la morale cristiana
condanni questi costumi (v. Jacopone da Todi nella Lauda "L'ornamento delle
donne dannoso") o la satira ne faccia oggetto di sberleffo (v. Boccaccio in
"Corbaccio") la moda imperversa e le donne stesse preparano da sé i loro
belletti se non possono ricorrere ai "merciai".
Nel Rinascimento l
'ammirazione per il bello inteso come perfezione e armonia riporta in primo
piano i canoni estetici classici ed il bisogno di ricercare rimedi
indispensabili per rendere perfetto ciò che non lo è del tutto. Nel 1562, G.
Mariniello scrive il primo trattato di cosmetologia dell'Occidente ("Gli
ornamenti delle donne") e non è un caso che a farlo sia un italiano: in
Italia infatti predomina una concezione di vita che celebra la bellezza del
corpo e gli italiani sono i primi artefici dei profumi. Grazie ad i mercanti
veneziani o fiorentini preziose sostanze orientali vengono riversate sul
mercato per soddisfare le aspirazioni di uomini e donne desiderosi di
piacere e di piacersi; una vera mania per i belletti ed i profumi si
diffonde nelle classi più abbienti: vaporizzazioni di mercurio, bistecche
crude sulla pelle, ricette segretamente preparate e riservate a pochissime
elette permettono alle dame delle corti signorili di avere quell'aspetto che
pittori come Botticelli o Tiziano hanno eternato. Quando Caterina de Medici
sposa il re di Francia porta con sé, a Parigi, Renato il suo profumiere
personale che darà origine ad una produzione locale di cosmetici (seconda
metà del 1500). Tra il 1600 ed il 1700 è l'epoca delle teste incipriate, dei
nei finti su viso, spalle e décolleté. La toilette di dame e cavalieri esige
parecchio tempo: bisogna preparare il viso con poca acqua e alcool
profumato; vi si stende sopra un unguento fatto con pasta di mandorle e
grasso di montone e poi la biacca. Il viso diventa una tavolozza su cui col
bistro si ridisegnano occhi e sopracciglia e si spennella un liquido rosso
(in ben 12 sfumature!) per dar colore. Addirittura si usa una sorta di
cosmetico blu per sottolineare le vene. Il modello estetico viene sempre
dalla corte, specialmente quella di Francia, e a Parigi Mademoiselle Martin,
profumiera reale, è l'arbitro dell'eleganza femminile. A soddisfare
prontamente i bisogni estetici dei cortigiani sono addirittura poste in
commercio delle trousses che contengono belletti bianchi e rossi, matita per
labbra e nei finti. In Inghiltera invece nel 1770 il Parlamento emette un
decreto secondo il quale sarà condannata come strega qualunque donna abbia
conquistato un marito tramite capelli finti, tacchi alti, profumi e belletti
ed il matrimonio sarà annullato. Nell'età contemporanea i radicali mutamenti
determinati dalla rivoluzione industriale e l'avvento della borghesia
portano
nuovi modelli di vita e nuovi costumi. Lo spirito pratico dei borghesi è
immune dai fasti e dagli eccessi coltivati finora; anzi, gli ideali forti
del Romanticismo fanno emergere l'interiorità di uomini e donne il cui
aspetto fisico sarà specchio di animi tormentati e inquieti: "Solcata ho la
fronte, occhi incavati intenti crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto
labbro tumido acceso e tersi denti capo chino, bel collo e largo petto;
giuste membra." Si presenta così Ugo Foscolo (1778-1827), affascinante
esemplare maschile dell'epoca. Il vero diventa soggetto dell'arte e questo
canone porta alla ribalta le classi sociali subalterne e, per la prima volta
nella storia, si scoprirà la bellezza anche in personaggi minati dalla tisi,
filatrici di seta, lavandaie e sartine, in contadini e pescatori. Una
relativa sobrietà di costumi tipicamente borghese coinvolge le classi
sociali più abbienti e la bellezza non è più potenziata da "ritocchi"
evidenti e da abiti particolarmente sfarzosi che sono invece riservati alle
donne di malaffare. Il progresso industriale consente il nascere delle prime
industrie cosmetiche e nel 1890, a Parigi Madame Lucas fonda la prima Maison
de Beauté. Il XX secolo si apre su scenari drammatici: la Prima guerra
mondiale porterà morte e fame in Europa e ci sarà poco da disquisire su ciò
che è bello; la situazione si ripete tra un ventennio con la Seconda guerra
mondiale. In mezzo, in Italia e Germania, la dittatura che, programmando la
vita quotidiana del popolo, proporrà modelli autocelebrativi: uomini belli e
virili come il capo fatti per essere soldati e donne floride e prosperose
fatte per essere spose e madri di soldati. Negli anni venti comunque, per la
prima volta nella storia, le donne avevano voluto tagliare i capelli alla
garçon , avevano abbandonato abiti lunghi, sottogonne, busti e gardenfant
per indossare abiti dalle linee morbide e scivolate e soprattutto dall'orlo
al ginocchio. Nel secondo dopoguerra sarà il cinema, soprattutto quello
americano, a proporre i nuovi canoni: le vamp bionde platinate, brune
appetitose o rosse incendiarie, tutte formose, saranno le ispiratrici
della moda, del look, dello stile di vita di donne di ogni ceto sociale
mentre per gli uomini varranno i modelli del duro, del rubacuori o del bel
tenebroso. Lo sviluppo successivo di altri mezzi mediatici, televisione e
rotocalchi in particolare incentiveranno la tendenza, sempre più attuale, ad
assumere come canoni quelli proposti dal mondo dello spettacolo e delle
passerelle. Le migliori disponibilità economiche ed i nuovi ritrovati della
scienza, della cosmetologia, delle tecniche chirurgiche e della medicina,
consentono a uomini e donne della nostra epoca di adeguarsi sempre più
pienamente ai modelli proposti e scelti alla ricerca di una perfezione che,
purtroppo con la cultura del consumismo ha l'inconveniente di passar presto
di moda.
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