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STORIA DELLA
CHIESA - RIFORME
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CONGRESSO DI LOSANNA
DEL 1974 |
Congresso di Losanna (1974) II Congresso internazionale sull'evangelizzazione
mondiale, tenuto a Losanna nel luglio del 1974, è probabilmente il più
significativo raduno di evangelici che si sia mai fatto. I circa 3.000
partecipanti provenivano da più di 150 nazioni, per discutere il tema: Che la
terra oda la sua voce! La rivista Time Magazine lo definì "l'incontro di
cristiani forse di più vasta portata che sia mai stato realizzato". Il congresso
segna indubbiamente una svolta nello sviluppo dell'evangehcalismo di questo
secolo. Il suo significato per gli evangelici può essere per molti versi
paragonato a quello che il Concilio Vaticano II ha avuto per la Chiesa cattolica
romana. Lo spirito del congresso è espresso da un Patto, la cui bozza
iniziale, elaborata diversi mesi prima del congresso, era basata sugli appunti
scritti dei principali relatori. La bozza fu poi inviata a un gruppo di
consulenti che ne elaborarono una seconda. Questa fu sottoposta, durante i
lavori del congresso, a un comitato (guidato da John Stott) appositamente
costituito per rivederne la stesura. La terza bozza fu quindi distribuita a
tutti i partecipanti, che erano stati invitati a proporre eventuali emendamenti.
Alla luce dei suggerimenti ricevuti, il comitato dei compilatori prepararono la
bozza finale, costituita da quindici clausole, un'introduzione e una
conclusione. Il Patto è una confessione di fede d'ampio respiro, la più
autorevole e rappresentativa dichiarazione di fede evangelica in epoca moderna.
Ma non e soltanto una confessione di fede. È un patto, un solenne impegno
personale a pregare e a darsi da fare per l'evangelizzazione. . Il congresso
è stato significativo per tre ragioni principali. Innanzi tutto, come era
accaduto per le assemblee del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) dalla
seconda metà degli anni '60 in poi, il Terzo Mondo arrivò ad avere i dovuti
riconoscimenti a Losanna. La metà dei artecipanti, dei relatori e del comitato
organizzatore proveniva da Paesi del Terzo Mondo. Inoltre, alcune fra le
relazioni più stimolanti e significative furono presentate al congresso da parte
di due esponenti latino-americani, Samuel Escobar e Rene Padilla. In secondo
luogo, come avvenne per il Cattolicesimo romano al Concilio Vaticano li, il
precedente atteggiamento di "trionfalismo" da parte degli evangelici fu
rimpiazzato da un atteggiamento di pentimento. Losanna rappresenta la crescente
importanza e influenza dell'evangelicalismo su scala mondiale, non disgiunta
però dall'ammissione che non tutto è stato sempre sano in passato e che si possa
imparare dagli altri. Infine, questo pentimento si esterna in particolare nel
campo della responsabilità sociale cristiana. Se nel secolo scorso gli
evangelici erano in prima linea quanto a interessi sociali, in questo secolo si
è assistito a un capovolgimento e. in taluni casi. a un ritiro totale dal campo
di battaglia. L'insoddisfazione generata da questo stato di cose giunse al
suo culmino proprio a Losanna, e trovò espressione nella quinta clausola del
Patto. Questa clausola non soddisfece tutti; vi fu infatti una dichiarazione da
parte di una minoranza (composta non da "conservatori" ma da un "gruppo di
discepolato radicale") che aveva deciso di voler andare oltre il Patto. Nello
stesso tempo, pur essendo stata posta una certa enfasi sulla responsabilità
sociale, tutti i partecipanti furono concordi sull'importanza e l'urgenza di
predicare l'Evangelo al mondo intero. Il Patto serve in definitiva da eccellente
sommario della fede e dell'impegno degli evangelici nel mondo moderno. • Noi,
mèmbri della Chiesa di Gesù Cristo, venuti da più di 150 nazioni... • siamo
profondamente toccati da ciò che Dio compie oggi spingendoci al pentimento per
le nostre mancanze e stimolandoci attraverso il compito che ci resta da compiere
nel campo dell'evangelizzazione. Crediamo che l'Evangelo è la buona notizia di
Dio per il mondo intero, siamo quindi decisi, per mezzo della sua grazia, a
obbedire al comandamento di Cristo: proclamare questo Evangelo a tutta l'umanità
e fare dei discepoli di tutte le nazioni. Patto di Losanna (1974),
Introduzione • Affermiamo la divina ispirazione, la verità e l'autorità della
Scrittura, dell'Antico e del Nuovo Testamento nella loro totalità. Affermiamo
anche che questa Parola è potente a compiere il piano di salvezza di Dio. Patto
di Losanna (1974), 2 • Affermiamo che Dio è tanto il Creatore quanto il
Giudice di tutti gli uomini. Dovremmo perciò condividere con lui la
preoccupazione relativa alla giustizia e alla riconciliazione della società
umana, e alla liberazione dell'uomo da qualsiasi forma di oppressione... Anche
per questo esprimiamo il nostro pentimento sia per (a nostra negligenza sia per
aver, talvolta, considerato l'evangelizzazione e i problemi sociali come entità
reciprocamente esclusive. Benché riconciliazione con gli uomini non significhi
riconciliazione con Dio, ne l'azione sociale sia da identificare con
l'evangelizzazione, e neppure liberazione politica significhi salvezza,
affermiamo ciononostante che l'evangelizzazione e l'attività sociopolitica fanno
parte, ambedue, del nostro dovere cristiano. Per entrambe è necessario
l'annuncio delle nostre dottrine di Dio e dell'uomo, il nostro amore per il
prossimo e la nostra obbedienza a Gesù Cristo. Il messaggio della salvezza
implica pure un messaggio di giudizio su ogni forma di alienazione, di
oppressione o di discriminazione, e noi non dovremmo aver timore di denunciare
il male e l'ingiustizia da qualsiasi parte si trovino. Patto di Losanna (1974),
5 • Più di 2700 milioni di persone, vale a dire più di due terzi
dell'umanità, devono ancora essere evangelizzati. Ci vergogniamo per il fatto
che si siano trascurate così tante persone; ciò costituisce per noi e per la
chiesa un rimprovero costante... Tutti siamoscioccati dalla povertà di milioni
di esseri e turbati dalle ingiustizie che ne sono la causa. Coloro tra di noi
che vivono nell'abbondanza accettano come un dovere di vivere più semplicemente,
per contribuire in maniera più generosa all'evangelizzazione e all'aiuto dei
diseredati. Patto di Losanna (1974), 9 • [La cultura] deve essere
costantemente verificata e giudicata dalla Scrittura. L'uomo è una creatura di
Dio, per questa ragione alcuni aspetti della sua cultura sono ricchi di bellezza
e di bontà. Ma l'uomo è anche una creatura decaduta, per questo la sua cultura
è anche macchiata dal peccato e qualche volta vi sono persino tracce di
influenze demoniache. L'Evangelo non presuppone in nessun modo la superiorità di
una cultura rispetto a un'altra, ma le valuta tutte a partire dai suoi propri
criteri di verità e di giustizia, in ogni cultura insiste sugli imperativi
assoluti della morale. Troppo spesso, invece, le missioni hanno esportato non
solo l'Evangelo, ma anche un'altra cultura, ed è cosi che le chiese hanno finito
per essere qualche volta schiave della cultura piuttosto che della Scrittura.
Patto di Losanna (1974), 10 • Poiché questa costituisce la nostra ,fede e la
nostra risoluzione, ci impegniamo in un patto solenne con Dio e gli uni con gli
altri per pregare, per fare progetti e per lavorare insieme per
l'evangelizzazione del mondo intero. Patto di Losanna (1974), Conclusione II
rapporto fra il Congresso di Losanna e il CEC è interessante. Uno dei motivi per
la convocazione del congresso era la preoccupazione evangelica generata dalle
assemblee del CEC del 1968 e del 1973. Esse parevano dare così tanta rilevanza
alla dimensione sociale e politica della vita che la necessità dell'uomo di
essere riconciliato con Dio era stata in larga misura dimenticata. Tuttavia,
pur rappresentando in parte una reazione alle tendenze presenti all'interno del
CEC, anche il Congresso di Losanna fu influenzato da alcune delle medesime
tendenze — ad esempio, il ruolo di accresciuto rilievo giocato dal Terzo Mondo e
una maggior prevalenza data al coinvolgimento sociale. L'impulso del congresso è
stato mantenuto vivo da parte del Comitato di Losanna per l'evangelizzazione
mondiale; a esso si deve l'organizzazione di numerose consultazioni nelle quali
gruppi internazionali di esperti hanno potuto trattare in maniera più
esauriente alcune questioni specifiche sorte durante il congresso. A Willowbank
(Isole Bermude) nel 1978 fu esaminata la questione dell'Evangelo in relazione
alla cultura. Nel 1980 un gruppo s'incontrò a Hoddesdon (Inghilterra) per
discutere la questione di uno stile di vita semplice. Forse la consultazione più
importante è stata quella di Grand Rapids (Michigan, USA) nel 1982, su
Evangelizzazione e responsabilità sociale. A Losanna il congresso aveva
affermato l'importanza di entrambe, ma non ne aveva discusso l'interrelazione,
il che originò una notevole controversia negli anni successivi. I partecipanti
alla consultazione di Grand Rapids rappresentavano l'intera gamma dei pareri
evangelici sull'argomento, eppure fu raggiunto un reale e consistente grado di
consenso che si rispecchia nel documento finale della consultazione, intitolato:
Evangelizzazione e responsabilità sociale. Nel 1980 vi fu anche una
consultazione sull'evangelizzazione del mondo a Pattaya (Tailandia), ma si
trattò di un incontro aperto a una partecipazione molto più ampia: 650
convenuti, rovenienti da 87 nazioni. Il tema del convegno, Come udrannoessi?,
mise in forte risalto gli aspetti dell'evangelizzazione e della crescita della
chiesa. I partecipanti furono suddivisi in 17 "mini-consulte" allo scopo di
preparare delle relazioni sulla testimonianza cristiana rivolta a vari gruppi di
persone, tipo profughi, cinesi, musulmani, o abitanti di quartieri
metropolitani. Tuttavia, più di 200 partecipanti, preoccupati che l'attenzione
sociale e politica palesata dal Congresso di Losanna andasse in qualche modo
persa, indirizzarono quasi senza preavviso una petizione firmata al Comitato di
Losanna chiedendo che si desse più considerazione alla questione della
responsabilità sociale della chiesa. Questo senso di preoccupata attesa si
riflette anche nel documento finale della consultazione, che si conclude con una
dichiarazione di dodici solenni promesse d'impegno per Cristo, la terza delle
quali parla di "servire i bisognosi e gli oppressi, e cercare di ottenere per
loro, nel nome di Cristo, assistenza e giustizia". Infine, nel 1989 vi fu un
secondo Congresso internazionale sull'evangelizzazione mondiale, a Manila
(Filippine), sul tema: Proclamare Cristo fino al suo ritomo. Il Congresso
produsse un Manifesto intitolato: "Chiamare tutta la Chiesa a portare tutto
l'Evangelo a tutto il mondo”. OLTRE LOSANNA 1974 (a cura del Prof. Pietro
Bolognesi) II Congresso di Losanna del 1974 rappresenta una tappa d'enorme
importanza nella storia del movimento evangelico, al punto da essere ormai
considerato, più che un luogo o un evento, il simbolo d'un movimento. Ciò è però
dovuto non al Congresso in sé, ma al fatto che, con esso, si precisano e si
collegano molti altri movimenti precedenti. Losanna 1974 è stato un po' come un
fiume in cui è finalmente confluito un notevole numero d'affluenti. In esso, e
con esso, si sono ritrovate insieme persone e idee che. pur appartenendo allo
stesso movimento di pensiero, fino a quel momento non avevano avuto piena
coscienza di ciò. La crescita del mondo evangelico Nella prima metà di
questo secolo, gli evangelici avevano subito le conseguenze di divisioni
dottrinali e dell'individualismo, e in taluni casi erano marcati da una certa
pochezza teologica, che ne faceva un mondo un po' chiuso e preoccupato di
autoproteggersi. Negli anni '60 il movimento fu però attraversato da un notevole
fermento. Ne sono prova diversi incontri: Berlino (1966), Singapore (1968),
Bogotà (1969), Francoforte (1970). Losanna costituisce però una nuova presa di
coscienza della realtà e della vivacità del movimento evangelico. Questa
appendice cerca di ripercorrere, molto genericamente, i quindici anni che hanno
fatto seguito al Congresso di Losanna. Il mondo evangelico ha infatti dovuto
attendere questo tempo per registrare un evento simile a quello di Losanna 1974.
Esso ha appunto ricevuto l'appellativo di Losanna n. anche se si è svolto a
Manila, nelle Filippine, nel 1989. Dopo Losanna, il movimento evangelico
riprende il proprio cammino con una rinnovata consapevolezza. Le chiese e i vari
responsabili sono incoraggiati nella visione e s'impegnano a prolungare lo
spirito che si era manifestato al Congresso stesso. Forte della sua nuova
consapevolezza, il movimento evangelico scandisce il proprio cammino con
congressi e consultazioni che incidono sulle scelte che si vanno delineando. Si
capisce così come possano germogliare con incredibile rapidità congressi sulle
varie questioni connesse all'evangelizzazione del mondo. Alcuni di questi
incontri cercano di precisare la specificità dell'identità evangelica (Hartford,
1975; Chicago, 1978 e 1982; Strasburgo, 1982; Danvers, 1987; Deerfield, 1989);
altri affrontano i rapporti dell'Evangelo con la cultura (Willowbank, 1978;
Hoddesdon, 1980: Grand Rapids, 1982). Altri ancora cercano di favorire la
comprensione del Cattolicesimo, del marxismo e del popolo ebraico (Recife, 1980;
Dort, 1981; Singapore, 1986; Willowbank, 1989); altri, infine, rievocano
l'importanza della vocazione missionaria della Chiesa (Pattaya, 1980; Amsterdam,
1983; Wheaton, 1983). Il movimento evangelico prolunga in questo modo la
riflessione sulle esigenze poste dalle diverse culture. In questo periodo esso
si fa particolarmente attento alle componenti sociali dell'evangelizzazione, che
permettono una maggiore sensibilità al contesto in cui si vive: cerca di capire
il fenomeno carismatico o neopentecostale, che provoca reazioni di segno
diverso; partecipa alla "battaglia per la Bibbia", che registra un largo
consenso su questioni quali l'inerranza e l'ermeneutica. Tale riflessione è
accompagnata da una crescita numerica notevolissima. Su scala mondiale, il mondo
evangelico rappresenta una delle forze in maggior espansione. Il settimanale
americano Newsweek proclamò il 1976 l'«Anno degli evangelici», e questo da
un'idea dell'importanza crescente riconosciuta al mondo evangelico. Alla fine
del 1992 le statistiche mostrano che esso ha un tasso di crescita tré volte
superiore a quello della popolazione mondiale e si pone come una delle forze
sociali più feconde. Da minoranza marginale e trascurabile, l'evangelicalismo
diventa una realtà sociale e intellettuale che non può essere messa da parte. Le
sue battaglie non sono quelle di una retroguardia preoccupata della propria
sopravvivenza, ma sempre più le battaglie dell'attualità. Le case editrici, i
periodici, i programmi radiotelevisivi, le agenzie missionarie e i centri di
formazione e di ricerca, entrano sempre di più nell'agoni della modernità e
contribuiscono a far sì che il movimento evangelico conosca un nuovo grado di
rispettabilità sociale. L'autenticità di una tale affermazione appare ancor più
evidente quando si tiene presente il fatto che il tutto avviene a prescindere da
un'azione organizzata e centralizzata. I vari sforzi, anche se non sempre
collegati fra di loro in modo formale, presuppongono una medesima fisionomia. La
comune eredità consente di mantenere le sottolineature della Riforma: 1)
l'autorità assoluta della Scrittura, che, in contrasto con ogni espressione
umanistica, è posta come la norma al di sopra di ogni tradizione umana; 2)
l'annuncio della salvezza soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, che
esclude tutti i fasulli salvataggi proposti dalle varie ideologie. I vari
congressi contribuiscono a compattare le forze e fanno sì che al Congresso
Losanna il, a Manila (1989), il mondo evangelico si ritrovi a distanza di
quindici anni d'intensa attività. Il Congresso di Manila, con i suoi 4000
delegati provenienti da più di 190 paesi, rappresenta così un'altra tappa di
notevole importanza nella storia del movimento evangelico. Il fatto stesso che
il Congresso si svolga in un Paese del Terzo Mondo è significativo di uno
spostamento del baricentro: dal vecchio mondo occidentale a quello dell'Estremo
Oriente, in grande fermento. Esso coincide con la caduta di molte barriere
politiche (è infatti presente una consistente delegazione proveniente dalle
chiese non registrate di quella che era l'URSS), e permette di toccare con mano
la realtà del mondo evangelico a livello mondiale. Il tema del congresso:
«Proclamare Cristo fino al suo ritorno, chiamando tutta, la Chiesa a portare
tutto l'Evangelo a tutto il mondo», evoca le intenzioni di tale raduno. Pur
nelle sue diverse sfaccettature, il mondo evangelico può ritrovarsi nel
Manifesto di Manila, che esterna le convinzioni, le intenzioni e i motivi che
l'orientano. Il Manifesto è caratterizzato da ventuno affermazioni introduttive,
e quindi da dodici sezioni, che elaborano e ampliano le affermazioni iniziali.
Vi è l'impegno a precisare "tutto l'Evangelo" (la realtà del peccato, la buona
notizia della salvezza, l'unicità di Gesù Cristo, l'incidenza sociale della
salvezza), da parte di "tutta la chiesa" (Dio come Autore dell'annuncio
cristiano, la responsabilità degli uomini e la necessità dell'integrità,
l'importanza delle chiese locali e della loro collaborazione), per "tutto il
mondo" (in un contesto reale, quali che siano le difficoltà da affrontare). A
Manila, il mondo evangelico si presenta come una realtà in grande fermento. Ciò
che risalta è soprattutto la quantità delle iniziative, un po' meno la loro
qualità. Il punto di forza di tale movimento è senz'altro costituito dalla
capacità di far convergere su un unico obiettivo, quello dell'evangelizzazione
mondiale, le forze evangeliche. Ciò conferisce al movimento una notevole forza
d'urto e può essere di stimolo a chiese che perdono talvolta di vista un tale
obiettivo. Non si può però ignorare la necessità di continuare a fare i conti
con i vari aspetti della rivelazione biblica. Il rischio è proprio quello di
trovarsi sbilanciati in avanti, verso obiettivi necessari, senza avere però una
piattaforma adeguata. La concentrazione sui fattori unificanti non deve
scavalcare le basi proprie dell'unità evangelica. In questo contesto, si
capisce come a Manila sia stato molto accentuato, anche rispetto a Losanna,
l'interesse per il sociale. Anche se è mancata una riflessione sulle strutture
sociali in quanto tali, il Congresso ha mostrato particolare attenzione al
problema della povertà. La spinta verso l'espansione ha fatto sì che non si
andasse troppo per il sottile nelle definizioni dell'identità evangelica e che
nel Congresso si manifestasse una certa emotività. Come ogni realtà
numericamente significativa, anche l'evangelicalismo conosce talvolta delle
escrescenze e delle distorsioni, ma ciò non è d'impedimento nell'indicare in
Gesù Cristo l'unico Salvatore, anche in seno ai fermenti del mondo
contemporaneo. Che cosa avviene nel medesimo periodo in seno al mondo
protestante liberale? Gli eredi del liberalismo e della neo-ortodossia, che si
ritrovano in parte nel Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), hanno avuto le
proprie assemblee generali a Nairobi (1975), a Vancouver (1983) e a Camberra
(1991). Le loro premesse epistemologiche hanno contribuito a mettere in evidenza
diverse debolezze, e il tollerante messaggio che li contraddistingue continua ad
avere evidenti effetti corrosivi. Emerge talvolta una fede spuria e traballante,
che non permette un annuncio deciso del messaggio dell'Evangelo. Da un lato si
deve poi registrare un sempre maggior interesse e rispetto per il mondo
evangelico, dall'altro si deve prendere nota di un'apertura sempre più ampia nei
confronti della modernità. L'identità del Protestantesimo si fa così più
evanescente, rafforzando da parte del mondo evangelico giustificati
interrogativi. Per quanto riguarda il Cattolicesimo di questi ultimi sedici
anni, esso ha continuato a porsi, pur nella diversità dei modi, come forza
egemonica della società. Il diminuire delle certezze secolari è stato
accompagnato dall'importanza del Vaticano. Esso si configura sempre di più come
un soggetto politico temporale. Dopo il pensoso pontificato montiniano (Paolo
vi, 1963- 1978) e la breve parentesi di papa Luciani (Giovanni Paolo I), il
Cattolicesimo ha ripreso, con Giovanni Paolo II (Wojtyla, 1978- ), un papa
venuto dall'Est, il suo convinto cammino. Con opportuni dosaggi di aperture e
chiusure, esso è riuscito a consolidare le sue mire universalistiche. Anche il
nuovo Catechismo della Chiesa cattolica (1992) conserva residui del Concilio di
Trento e certe aperture del '"Concilio Vaticano II. A ben guardare, un simile
percorso prolunga in modo adeguato tutta la storia precedente e ne illustra,
qualora ce ne fosse ancora bisogno, le risorse quasi infinite del
Cattolicesimo. L'ambizione più profonda o, se si vuole, il suo più innegabile
genio consiste nella sua capacità assimilatrice. Esso può ricapitolare il
passato e integrare il presente, mirando sempre alla totalità, perché ciò che
soprattutto conta è la pienezza, non necessariamente la purezza. Agli occhi
degli evangelici, nemmeno i fermenti ecumenici consentono di eliminare gli
ostacoli a una comunione e collaborazione fra loro e i cattolici romani. Gli
evangelici davanti all'avvenire II fatto che si registri una crescita assai
consistente del movimento evangelico non esime da una riflessione sui possibili
rischi a breve o a lunga scadenza. Un'analisi degli anni appena trascorsi e la
riflessione sull'avvenire del mondo evangelico non sono in ogni caso cose da
poco. Per molti aspetti, questi sedici anni non sono terminati. Vivono nel
presente, e molte delle questioni evocate rimangono ancora aperte. Il primo
elemento che bisognerà tener presente è quello della frammentazione. La società
moderna, com'è noto, va sempre di più verso una cultura frammentaria; non è
allora fuori luogo pensare al prevalere, anche in ambito evangelico, di forze
centrifughe. L'indipendenza e la dinamicità del mondo evangelico hanno alle
spalle una lunga storia. Esse hanno permesso la nascita di un'enormità di
iniziative, che ne esprimono la vitalità. Tali caratteristiche non consentono
però di coordinare i vari sforzi ne di effettuare controlli per via burocratica.
Ciò non dovrebbe in ogni caso impedire la riflessione sui rischi reali connessi
con tale fenomeno. L'indipendenza può essere accompagnata dall'interdipendenza,
e una fisionomia meno denominazionale non dovrebbe comportare la perdita di
contatto con le chiese. Il mondo evangelico è sempre stato ecumenico nel
miglior senso del termine, e sarebbe veramente tragico perdere il senso della
solidarietà corporativa che deriva dalla Riforma. Un secondo aspetto da
considerare concerne il tema dell'evangelizzazione. In molti casi
l'evangelizzazione si va diffondendo più attraverso lo stile di vita dei
cristiani che attraverso l'annuncio vero e proprio. Molte volte ciò permette una
resa di coscienza contestuale e globale, che evita certe schizofrenie e consente
una risposta più integrale al messaggio dell'Evangelo. Bisogna tuttavia
sottolineare il fatto che la comunicazione non prevalentemente verbale non
avrebbe far evaporare l'identità dottrinale. Come mantenere la propria coerenza
teologica, senza chiudersi in un mondo di parole? Che cosa distingue ;
evangelici dalle varie religioni esistenti? Nel "villaggio globale" non si può
pensare che le opere sostituiscano le parole. Davanti alle varie ipotesi di
salvezza offerte dalle religioni del mondo, è necessario che la fede evangelica
preservi le sue caratteristiche distintive e, in una società sempre più
relativistica, manifesti i risvolti concreti ed etici che la
contraddistinguono. Un altro elemento da tener presente è quello della
formazione. Certi evangelici hanno avuto la tendenza a separare il pulpito dalla
cattedra, o l'oratorio dal laboratorio. Una tale divisione non è ammissibile,
anche se è chiaro che fra il pulpito e la cattedra vi deve essere una
distinzione. Nemmeno la decentralizzazione dovrebbe smarrire il bagaglio
accumulato in migliaia d'anni d'esperienza cristiana. Una fede incapace di
riconoscere i collegamenti con il proprio passato rimane senza storia; ma una
libertà che smarrisce la storicità si risolve facilmente in una pericolosa
avventura. Ecco perché il mantenimento e il consolidamento dell'identità sono
elementi da tenere molto presenti. Il carattere popolare, individualistico e
decentrato si adatta a pennello all'espansione; ma, perché non vi sia
degenerazione, è importante la formazione. Un'espansione, senza una costante
qualificazione, rischia rovinosi slittamenti. Qualora ciò non avvenisse, al
sussulto di questi anni potrà seguire un riassorbimento, o in ogni caso una
neutralizzazione del movimento. Non si tratta solo di guadagnare delle anime, ma
di salvare delle menti. Si deve poi pensare alla componente sociale
dell'Evangelo. In questo contesto è necessario riflettere sulle grandi
problematiche dell'attualità, con contributi di tipo strutturale e non solo
assistenziali. Se non si vuole che il proprio aiuto si dissolva in qualcosa
d'insignificante, bisogna pensare a non trascurare l'impegno per le strutture.
Una crescita in questo campo potrebbe rappresentare una sfida per la mentalità
pagana in cui si vive. In una società che adora il successo, il piacere, la
salute, lo stato sociale o l'apparenza fisica, è importante offrire un
contributo specificamente evangelico, in cui si esalti il servizio anziché
l'autorealizzazione, la fedeltà anziché il successo, Dio anziché l'uomo. Se si
osserva la storia del mondo evangelico, ci si rende facilmente conto che esso ha
sempre cercato di tenere strettamente unite l'evangelizzazione e la
responsabilità sociale, e che solo fra le due guerre si è diffusa una tendenza a
separarle. I fattori che hanno contribuito a una tale riduzione della portata
dell'Evangelo, e cioè un certo tipo di escatologia, l'individualismo e la
reazione all'Evangelo sociale, sono comprensibili sul piano storico, ma non si
legittimano sul piano teologico. Il Signore ha sconfitto Satana e regna: per
questo è possibile annunciare integralmente la buona notizia del Regno! Le Sacre
Scritture evocano la dimensione cosmica della salvezza, cioè quella che prende
sul serio la signoria di Dio su tutta la creazione; quindi, il Signore non è
solo capo della nuova umanità, la Chiesa, ma è anche Signore dell'intero
universo. A questa dimensione sociale del messaggio evangelico bisognerà
associare una flessione teologica sull'autorità. Pur dicendosi laico e
pluralista, lo Stato moderno invade sempre di più spazi che in passato sono
stati occupati dalla chiesa. È allora opportuno sviluppare una teologia dello
Stato che permetta di capire il processo attualmente in atto e consenta di
offrire una valida alternativa. In una cultura sempre più pluralistica, con
orientamenti di tipo pragmatico, bisogna sottolineare l'importanza dei valori.
Non si tratta di essere conservatori o progressisti, ma bisogna indicare che Dio
è, e che è lui che bisogna onorare. Un'antica ed empia alleanza Come un
tesoro perduto, il genuino cristianesimo biblico è stato sommerso dalle sabbie
del tempo. Per tutti questi secoli, gran parte del cristianesimo è diventato una
sintesi fra umanesimo e semantica biblica - un'autentica empia alleanza. Quasi
tutto il 20° secolo è stato caratterizzato dall'abbraccio del cristianesimo con
l'illuminismo all'insegna della sovranità dell'uomo. Consideriamone le
conseguenze. Creati all'immagine di Dio Contrariamente alla persuasione
popolare, un Dio esiste, e noi non siamo Lui. Inoltre Dio non è una forza
impersonale. Dio è un essere sprituale dotato di personalità con attributi di
intelletto illimitato, emozioni, ed auto-determinazione assoluta ed immutabile,
cioè di libero arbitrio. Egli è Amore, Luce, ed è il Creatore di ogni
cosa. Adamo ed Eva, il primo uomo e la prima donna, erano stati creati
"all'immagine" di Dio. Dio era il loro Creatore. Adamo ed Eva le Sue creature.
Non si trattava di una somiglianza fisica, ma di personalità. Adamo ed Eva
assomigliavano a Dio nel fatto che possedessero intelletto, emozioni, e volontà.
Dio creò la prima coppia affinché essi, e di conseguenza l'intera razza umana
che sarebbe da loro scaturita, avesse potuto condividere la vita di Dio, il Suo
amore, i Suoi propositi, un "rapporto nutrito" o comunione con Dio. Poi Dio
disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e
abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su
tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Genesi 1:26
Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e
femmina. Genesi 1:27. Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere della terra,
gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un essere vivente.
Genesi 2:7 Se da una parte Dio è: infinito, increato, celeste e Fonte stessa
della vita; Adamo ed Eva erano: limitati, creati, terreni, e dipendenti in tutto
e per tutto dal Creatore della vita. Dio è Sovrano e Supremo (al di sopra di
tutti), come pure onnipotente (che può ogni cosa). Sovrano significa sopra
tutti, cosa che per sua stessa definizione non può essere condivisa con altri.
Egli solo è autonomo, come pure la libertà, nella sua forma più pura, appartiene
soltanto a Lui. Tutte le altre creature (uomini ed angeli) possiedono solo una
forma secondaria di auto-determinazione, che si può definire come volontà o
capacità di scelta. Solo Dio possiede il libero arbitrio! La CADUTA -- "...e
voi potrete essere come Dio persino di più !" Adamo ed Eva erano stati creati
in comunione con Dio e la loro volontà era incline a Dio. Questa inclinazione o
propensità di comportamento era prodotto del Creatore e attività della creatura,
cioè ubbidienza. Dio li aveva ammoniti che la loro eventuale disubbidienza
sarebbe risultata in gravi conseguenze: "voi morirete". Né Adamo né Eva
compresero chiaramente che "morire" avrebbe significato non solo decadenza
fisica, ma pure separazione spirituale da Dio. Di conseguenza, attraverso la
tentazione e la disubbidienza (leggi Genesi 2:16,17 e tutto il capitolo 3),
Adamo ed Eva morirono rispetto al loro rapporto con Dio. Istantaneamente
soffrirono la separazione spirituale da Dio e la loro volontà fu cambiata e
divenne incline a disubbidire ("schiavi" della disubbidienza). Essi conservarono
la loro capacità di auto-determinazione (cioè volizione o capacità di scelta),
ma la loro propensione di comportamento fu mutata!! Adamo ed Eva passarono da un
naturale desiderio di conformarsi alla volontà di Dio ad un innato desiderio di
agire indipendentemente ed in modo contrario alla volontà di Dio. La Bibbia
definisce questo stato di ribellione come peccato e gli atti individuali di
indipendenza come peccati. Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato
è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata
su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato... (Romani 5:12) La morte
fisica generalizzata è pure prova che l'umanità è peccatrice. L'evento storico
della disubbidienza di Adamo ed Eva viene comunemente denominato fra i cristiani
come "la Caduta". Il primo uomo "cadde" dalla sua posizione originaria, fu
sottoposyo a corruzione e divenne alienato dal Creatore. La nostra eredità
Adamo visse centotrent'anni, generò un figlio a sua somiglianza, a sua
immagine, e lo chiamò Set (Genesi 5:3). Adamo ed Eva non ebbero dei figli
prima della Caduta. Dopo la Caduta tutti i loro figli (che includono voi e me)
condividono in modo inerente la corruzione dovuta al peccato. Noi nasciamo in
questo mondo all'immagine di Adamo - una corruzione dell'originale "immagine di
Dio". Noi tutti portiamo l'immagine di Adamo, siamo tutti scheggie di
quell'unico blocco di pietra (eccetto Uno), nasciamo tutti in stato di
indipendenza ed alienazione da Dio. Nasciamo "morti nelle trasgressioni e nei
peccati", siamo "in viaggio" verso la morte fisica. P.S. Tenete pure conto
del fatto che alcune forme di peccato non sembrano generalmente offensive a noi
o alla società. Però l'essenza di base soggiacente al peccato è sempre la
volontà di indipendenza o la ribellione contro Dio, per quanto l'essere umano
possa apparire a volte retto, buono e nobile. La nuova nascita e la nuova
natura L'umanità permane in uno stato di morte spirituale, con un unica
propensione o "natura" ed incline verso il peccato, a meno che lo Spirito Santo
non dia inizio in un individuo una "nuova nascita", non lo ricrei "in Cristo".
La nuova nascita ci unisce alla vita di Cristo, una Vita immutabilmente incline
verso la giustizia e la santità. Contrariamente a quanto afferma una fallace
teoria consolidata nel mondo cristiano, il cristiano non riceve né riconquista
al momento della nuova nascita il libero arbitrio. Il credente nato di nuovo,
però, possiede due nature. L'accecamento delle menti C'è oggi un sistema
erroneo di credenze che devasta la Chiesa e paralizza i cristiani. Come citato
più sopra, si tratta dell'umanesimo cristiano.
L'UMANESIMO
CRISTIANO L'umanesimo cristiano è una filosofia religiosa che utilizza un
vocabolario biblico, ma è fondata sul mito sociologico che l'uomo sia autonomo e
che possieda il libero arbitrio. E' un errore dalle conseguenze devastanti che
ingannevolmente spinge i peccatori a credere falsamente di essere salvati, (cioè
di essere cristiani), mentre di fatto sono si religiosi, ma fondamentalmente
perduti. E' un mezzo molòto diffuso mediante il quale la mente incredula viene
resa cieca all'Evangelo - il vero messaggio della redenzione cristiana. "Se
il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della
perdizione, per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo ha accecato le
menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo,
che è l'immagine di Dio" (2 Co. 4:3,4). L'umanesimo religioso è vecchio di
secoli. Il problema stava al cuore stesso dell'odio e dell'opposizione
incontrata dal Signore Gesù quando era in questo mondo 2000 anni fa. I leader
religiosi giudei di allora (come pure di oggi) negavano quanto abbiamo ereditato
dal primo Adamo, respingevano l'idea di essere schiavi del peccato, ed
erroneamente credevano di possedere libero arbitrio. Possiamo vedere i termini
di questo conflitto in Giovanni 8:31-47. Continuando a diffondersi questo
errore, così scriveva l'apostolo Paolo ai cristiani di Roma: "Dio infatti ha
rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti (...) Ma sia
ringraziato Dio perché eravate schiavi del peccato ma avete ubbidito di cuore a
quella forma d'insegnamento che vi è stata trasmessa; e, liberati dal peccato,
siete diventati servi della giustizia" (Romani 11:32; 6:17,18). Nel procedere
attraverso i secoli, però, il Cristianesimo ebbe sempre da combattere per
rimanere libero dalla influenza corruttrice e dagli effetti devastanti
dell'umanesimo religioso. Pelagianesimo Nella prima metà del quinto
secolo, un avvocato e moralista inglese, Pelagio, cercò di riformare la Chiesa
cattolica-romana. I suoi interessi si concentravano in modo giustificato nel
comportamento moralmente lassista del clero e dei membri di chiesa, i quali
usavano il fatto della fragilità umana come licenza per l'immoralità.
Pelagio insegnava che l'uomo non eredita da Adamo una propensione per il
peccato, possiede libero arbitrio e di conseguenza costruì un sistema di
moralismo razionalista. Sebbene accettasse quanto la Bibbia afferma su Adamo ed
Eva, ma confidando nella ragione e nell'esperienza, insisteva che un Dio santo e
buono non avrebbe comandato all'uomo decaduto quello che gli era impossibile e
che chiunque volesse avrebbe potuto vivere libero dal peccato, se solo così
avesse scelto. Secondo Pelagio, l'uomo sarebbe autonomo, disinibito, libero di
scegliere o per Dio o contro di Lui. Inoltre, egli pure credeva erroneamente che
le capacità mentali dell'uomo non erano state influenzate dalla Caduta. Pelagio
e i suoi seguaci divennero gli eterni antagonisti teologici di Agostino, vescovo
di Ippona (354-430), il quale cercò di difendere la verità della rovina
dell'uomo alla Caduta, come registrata da Dio nella
Bibbia. Semi-Pelagianesimo Per la fine del quinto secolo, attraverso un
processo di compromesso e di conciliazione con gli insegnamenti della Bibbia, il
Pelagianesimo produsse il Semi-pelagianesimo. E' stato descritto dal dott.
Kenneth Good con queste parole: Sebbene ritenesse molte delle basi
filosofiche del suo genitore (il Pelagianesimo) in contrapposizione con la
divina rivelazione (cioè la Bibbia), il Semi-pelagianesimo compromise la verità
in modo sufficiente da guadagnarsi un uditorio favorevole fra molti cristiani.
Divenne, così, una forma molto più pericolosa di infedeltà che il suo genitore.
Come tale, a suo tempo, conquistò la Chiesa cattolica-romana tanto da farla
ritornare allo stesso Pelagianesimo condannato da Sant'Agostino. Il
Semi-pelagianesimo cambiò la sua veste e più tardi tanto alterò la sua voce da
essere conosciuto come Arminianesimo, seguendo alcune raffinatezze e
riaggiustamenti scolastici. 1 Notate come sebbene il semi-pelagianesimo fosse
stato inizialmente condannato dai leader di Roma, più tardi riacquistò
sufficiente popolarità da essere adottato come dottrina religiosa ufficiale
della Chiesa cattolica-romana. Da allora è stato difeso e conservato da Roma
attraverso i secoli fino a tutt'oggi. Libri recenti di Giovanni Paolo II
riaffermano la posizione semipelagiana del Cattolicesimo
moderno. Approssimativamente dal quinto al 14° secolo, la maggior parte
dell'Europa giaceva sotto il feudalesimo e l'influenza pervasiva del controllo
civile de ecclesiastico della Chiesa cattolica-romana. Questo periodo è chiamato
Medioevo e fu generalmente caratterizzato da ignoranza, immoralità e barbarie.
La Bibbia era tenacemente sotto il controllo di monaci, preti e vescovi
cattolici, i quali così conservavano nell'ignoranza la popolazione in generale
al riguardo del contenuto della Bibbia. Però, al seguito delle traduzioni
bibliche prodotte ad esempio da William Tyndale (1494-1536), e gli sforzi nel
mercato nero per mettere a disposizione la Bibbia alla gente comune nella loro
lingua, le tenebre spirituali cominciarono a sollevarsi. La gente era assetata
di esplorare il contenuto della Bibbia e trovò come essa potesse essere
interprete di sé stessa, contrariamente a quanto affermava Roma. Riflettendo
pure la tendenza sempre più diffusa a mettere in questione le autorità stabilite
della Chiesa cattolica-romana, in Inghilterra il re Enrico VIII (1491-1547)
sfidò la presunta infallibiltà del papa Clemente VII. Re Enrico fece così i
passi necessari per separare la Chiesa di Inghilterra dal sistema romano, e nel
1534 aveva pienamente stabilito una Chiesa nazionale ed indipendente, chiamata
Chiesa di Inghilterra, chiamata anche Chiesa anglicana, o Chiesa episcopale (in
altre parti del mondo). Però, nonostante la separazione istituzionale,
l'Anglicanesimo conservò una posizione semi-pelagiana. Contemporanei a
quest'era Martin Lutero (1483-1546) and Giovanni Calvino (1509-1564) pure
protestarono contro l'eresia semi-pelagiana di Roma e la sua pretesa di essere
autorità ultima. Per questi riformatori, o protestanti, come vennero chiamati,
la Bibbia era la sola autorità ultima, non la tradizione o la gerarchia
ecclesiastica. Questi personaggi ed i loro seguaci lasciarono una profonda
traccia, molte volte con il loro stesso sangue, nella storia medioevale,
liberando progressivamente grandi parti dell'Europa dalla tirannia, ma non tanto
dalla presenza della gerarchia cattolica-romana e del
semi-pelagianesimo. Contrariamente a quanto di solito si dice, la bandiera
della Riforma protestante non era "la giustificazione per fede". Meglio, era "la
giustificazione per grazia mediante la fede" edificata sul solido fondamento
della grazia sovrana del Dio che elegge e dell'umana rovina come registrata
nella Bibbia (Ef. 2:8,9). Nessun errore pelagiano vi sarebbe tollerato! I
protestanti originali insegnavano che l'essere umano non possiede alcun libero
arbitrio, ma è schiavo del peccato. La grazia di Dio (favore immeritato) è la
causa della redenzione, la fede è solo un mezzo, uno strumento. Sebbene questa
possa essere considerata una differenza semantica sottile, essa non è priva di
profonde conseguenze. La distinzione è profonda. Ascoltate che cosa osservò
Martin Lutero scrivendo contro lo studioso umanista olandese Desiderio Erasmo ed
il Semi.pelagianesimo, nella sua grande opera: Il servo arbitrio. Ora, mio
buon Erasmo, io ti esorto almeno, nel nome di Cristo, a mantenere finalmente la
tua promessa. Hai promesso che ti saresti piegato a Colui che insegnò meglio di
quanto tu stesso mai avessi potuto fare. Non tenere conto degli altri! Io
riconosco che tu sei un grande uomo, adornato di molti dei più nobili doni di
Dio - arguzia, erudizione, un'eloquenza quasi miracolosa, per non dire del
resto. D'altro canto io non ho e non sono nulla, salvo il fatto di gloriarmi
d'essere cristiano. Inoltre, io ti lodo di tutto cuore e ti raccomando anche su
questa questione - che tu solo, in contrasto con ogni altro, hai affrontato la
questione centrale, la questione essenziale. Tu non mi hai stancato con quelle
questioni estranee sul papato, sul purgatorio, sulle indulgenze e su simili
bazzecole (rispetto alle quali altri persino vorrebbero la mia testa). Tu, e
solo tu, hai rilevato quale sia il cardine su cui tutto il resto gira, e hai
cercato di colpire il ganglio vitale" (le sottolineature sono mie). 2 Questo
"ganglio vitale" a cui si riferiva Lutero è la verità biblica al riguardo della
condizione di perdizione del peccatore e alla sua schiavitù al peccato, in
contrasto a qualsiasi forma di eresia pelagiana. Lutero era convinto che questa
dottrina fosse vitale per la verità dell'Evangelo cristiano, la cui assenza
sempre forma l'ambito più fecondo delle varie false forme di Cristianesimo. Come
disse un fratello: "Il mondo non fu più lo stesso dopo la testimonianza resa a
Dio da questo fedele Suo servitore". L'arminianesimo L'arminianesimo è un
altro sistema religioso umanistico accreditato al teologo del 16° secolo Giacomo
Arminio (1560-1609) e i suoi seguaci. Chi era quest'uomo le cui idee influenzano
il cristianesimo oggi più di quelle di chiunque altro? Nato ed istruito ad
Amsterdam in Olanda, questi divenne ministro della Chiesa riformata e sosteneva
vigorosamente il calvinismo di cui essa era indiscussa portatrice. Chiamato un
giorno a difendere il Calvinismo dai suoi oppositori, giunse però egli stesso a
sostenere che le idee di Calvino fossero indifendibili. Attaccando gli eccessi
del Calvinismo e nel tentativo di costruire il proprio sistema di credenze,
Arminio attinse sia dal Semi-pelagianesimo e dalla Bibbia elementi atti a creare
un nuovo ibrido teologico - poi chiamato Arminianesimo. Se da una parte il
Pelagianesimo ed il Semi-pelagianesimo negavano chi più chi meno gli effetti del
peccato di Adamo sulla sua posterità, Arminio cercò di modificare ulteriormente
queste posizioni arrivando a quella che avrebbe considerato "una via di mezzo":
un'interpretazione coerente della religione cristiana che non avesse
pregiudicato l'umano libero arbitrio. Secondo questa teoria, la volontà umana
era stata frustrata dalla Caduta, ma Dio ristabilisce in ogni uomo adeguata
libertà (libero arbitrio) da porlo in grado di determinare il proprio
destino. I seguci di Giacomo Arminio, gli Arminiani, elaborarono così le loro
concezioni in un documento chiamato la Rimostranza che può essere così
riassunta: 1. Dio agisce sulla base della fede o incredulità che Egli
prevede. La base per cui Dio concede la Sua grazia è il fatto che Egli preveda
che una persona eserciti fede. 2. Cristo morì per ogni uomo senza
distinzione, di conseguenza solo coloro che esercitano il loro "libero arbitrio"
saranno salvati. L'espiazione operata da cristo non garantisce la salvezza di
nessuno. La differenza consiste nella decisione o scelta compiuta
dall'uomo. 3. La grazia comune, che è data da Dio a tutti gli uomini, elimina
la loro incapacità a fare una scelta per Lui. La volontà dell'uomo è resa libera
e non ostacolata dall'esercizio della fede salvifica. Di conseguenza non è vero
che l'uomo abbia propensità alcuna contro o in favore di Dio: l'uomo è
neutrale. 4. E' possibile resistere alla grazia. L'essere umano ha la
capacità di resistere a qualsiasi sforzo che faccia Dio per salvarlo. 5. Per
cui c'è un'aria di incertezza che circonda coloro che sono salvati, perché
potrebbero anche perdere questa salvezza. La salvezza finale è possibile per i
credenti, però la loro vittoria finale si basa sulla loro fedeltà. L'Apostasia
(la caduta definitiva dalla fede) è ben possibile. Il teologo cristiano Dott.
A.H. Strong scrisse bene: E' importante comprendere che, secondo l'uso
arminiano, la grazia è semplicemente il ristabilimento della capacità naturale
dell'uomo ad agire per sé stesso. Essa di per sé non lo salva, ma lo mette in
grado di salvarsi da sé... se lo vuole. Sebbene queste posizioni arminiane
furono supplementare, espanse e ulteriormente sviluppate, la loro essenza rimane
la stessa. Miles J. Stanford affermò con precisione: Il loro Dio non
determina nulla, non dà nulla, se non la cosiddetta grazia comune che rimuove
l'incapacità di scegliere per Lui. Non assicura nulla. Come sintesi del
Semi-pelagianesimo umanista e della Bibbia, l'Arminianesimo insiste che
qualsiasi movimento verso Dio dipenda soltanto dalla decisione ultima dell'uomo,
e che Dio semplicemente agisca rispondendo a quella decisione. Di conseguenza: è
l'uomo ad essere sovrano! Il fondatore del Seminario Teologico di Dallas,
L.S. Chafer, scrisse: L'errore e l'equivoco fondamentale arminiano nel campo
della salvezza, è che esso persiste nel cercare di costruire la posizione del
cristiano sulla debole e zoppicante vita quotidiana, piuttosto che sui meriti
sufficienti ed immutabili del Signore Gesù Cristo. La salvezza arminiana diventa
così poco più che un sistema di condotta umano; perché sebbene vi sia
incorporata l'idea della rigenerazione, in quel contesto essa non ha alcun
valore stabile, essendo appoggiata solo da un preteso merito umano
3 Ascoltare ancora le succinte parole di Miles Stanford : Procedendo dal
Pelagianesimo umanista piuttosto che dalle Scritture, l'Arminianesinmo fonda la
salvezza sulla volontà dell'uomo decaduto. Esso si pone contro la sovranità di
Dio e contro la grazia per favorire una religione di opere. L'insegnamento è che
Dio, attraverso la redenzione, impartisce una "grazia comune" su tutti gli
uomini, rendendo possibile per l'individuo di esercitare il proprio libero
arbitrio per o contro Dio. La sua massima è: "Dipende da me il voler credere
oppure no, spetta alla grazia di Dio assistere". Così è il peccatore che
sceglie Dio, non Dio che sceglie il peccatore: questo è il fattore ultimo nella
salvezza. Coloro che sono stati eletti da Dio sono stati scelti nel senso che
Egli previde la loro fede e le loro buone opere, le quali sono prodotto loro, e
non di Dio. Viene esaltata al posto della sovranità di Dio la volontà umana e,
secondo questo sistema, l'uomo è il salvatore di sé stesso. Proprio perché
l'arminiano inizia sulla base del proprio libero arbitrio, il suo fine si muove
sullo stesso presupposto. Egli sente che proprio come può entrare, egli possa
anche uscirne, tutto di sua propria volontà. Questa piccola certezza di salvezza
è fondata sul proprio merito temporaneo, con in più qualunque esperienza emotiva
egli possa produrre lungo la via. "Dopo aver accettato Gesù non ero sicuro di
essere veramente salvato, ma quando ebbi il mio 'battesimo di Spirito Santo' e
parlai in lingue, allora ne fui certo". L'esistenza dell'arminiano, dunque è
basata solo sull'esperienza, solo per essere minacciata da paure, incertezze,
incoerenze e fallimenti. L'eterna sicurezza fondata sul fatto dell'opera
terninata dal Signore Gesù Cristo è decisamente respinta dall'Arminiano. Egli
evita accuratamente ogni porzione della Bibbia che stabilisca eterna sicurezza,
o, nella migliore delle ipotesi, egli cerca di discreditarla o di negarla. Egli
gravita su versetti presi fuori dal loro contesto che sembrano milirare contro
la verità di "una volta salvato, per sempre salvato" 4. Il Metodismo John
Wesley (1703-1791), figlio di un ministro anglicano, pure divenne ministro della
Chiesa anglicana. Durante un viaggio in America come missionario della Chiesa
episcopale dellla Georgia, egli venne in contatto con credenti della Chiesa dei
Fratelli moravi, i quali fecereo molta impressione su di lui con la loro
certezza e sicurezza della salvezza. Religioso ma perduto, Wesley divenne molto
preoccupato delle incertezze della propria vita e della mancanza che avvertiva
di "esperienze" religiose. Dopo aver operato per un po' di tempo come
"missionario" ed aver fallito, tornò in Inghilterra molto afflitto ed andò alla
ricerca di una comunità morava. Là ancora riuscì a cogliere uno sprazzo degli
effetti della dottrina della giustificazione per grazia mediante la fede, libera
dall'errore semi-pelagiano. Dopo aver studiato l'argomento per un po' di tempo,
Wesley testimoniò di avere avuto un'esperienza religiosa che parzialmente
somigliava ad una vera conversione. Nel suo diario scrisse: In quella stessa
sera mi recai mio malgrado ad una riunione della società [di fratelli moravi]
dove uno stava leggendo la prefazione di Lutero alla lettera ai Romani. Alle
nove meno un quarto circa, mentre egli stava leggendo di un cambiamento che Dio
opera nel cuore per fede in Cristo, sentii il mio cuore stranamente riscaldato.
sentii di aver confidato in cristo, in Cristo solo, per la mia salvezza, e vi fu
data la certezza che Egli avesse perdonato il mio peccato, si, proprio i miei
peccati, che Egli mi avesse salvato dalla legge del peccato e della morte
5. Se John Wesley fu davvero salvato, egli comunque rimase molto confuso su
ciò che era successo e perché. A suo tempo, però, con l'aiuto del teologo John
W. Fletcher, Wesley abbracciò ed incorporò nel suo nuovo movimento, il
Metodismo, sia l'Arminianesimo che lo spirito dell'Illuminismo allora prevalente
nella cultura secolare. sebbene diversi aspetti sia dell'epoca del Rinascimento
che dell'Illuminismo erano culturalmente positivi, fondarsi sempre di più sulla
ragione umana in questioni religiose e negando la rivelazione divina e
soprannaturale, diventò spiritualmente rovinoso per la Chiesa. Nel 1790, poco
prima della sua morte, Wesley pubblicò la biografia del Fletcher nella Rivista
arminiana come tributo, così diceva wesley, del "Teologo del
Metodismo". Notate i commenti conclusivi di Thomas A. Langford, della Duke
University Divinity School: E' importante che il movimento wesleyano sorgesse
durante l'Illuminismo e che quindi abbia portato in sé stesso una sensibilità
moderna. E' stato infatti l'illuminismo a portare la cultura occidentale nel
periodo moderno. Più rivoluzionario in occidente che la Riforma, che continuava
ad accettare i presupposti della vita medioevale, l'Illuminismo lanciò una sfida
alle persuasioni che aveva ereditato su Dio ed affermò l'indipendenza radicale e
la competenza della razionalità umana. Per questo gente razionale autonoma
diventò la principale realtà 6 La "sensibilità moderna" di Lanford non è
nulla di meno che il "libero arbitrio" dell'uomo e la sua conclamata autonomia.
Non è forse questo il punto da cui era partito Pelagio 1500 anni prima? Il
movimento Wesleyano di santità e il Pentecostalismo Sia il movimento di
santità del 19° secolo (ad es. la denominazione del Nazareno) che nel 20° secolo
il movimento pentecostale, affondano le loro radici nel Metodismo. Lo storico
pentecostale Vinson Synian, descrive così questo rapporto: Sebbene il
movimento pentecostale nascesse negli USA, è un fatto di per sé stesso
significativo che le sue origini teologiche ed intellettuali vadano ricercate in
Inghilterra. Le premesse di base della teologia di questo movimento furono
edificate da John Wesley nel 18° secolo. Come prodotto del Metodismo, il
movimento di santità come quello pentecostale, traccia le sue origini
nell'Anglicanesimo e di là al Cattolicesimo-romano. Questa eredità teologica
pongono i Pentecostali al di fuori della tradizione riformata-calvinista,
culminata negli USA con i movimenti battisti e presbiteriani. La posizione
teologica di base dei pentecostali potrebbe essere descritta come arminiana,
perfezionista, premillenarista e carismatica. 7 L'umanesimo cristiano
oggi L'umanesimo cristiano ha coinvolto il protestantesimo di lingua inglese
per mezzo del movimento wesleyano (Metodismo) ed i suoi eredi - il movimento di
santità e quello pentecostale, il movimento carismatico (sfuggito di controllo)
e, ultimo, ma non meno importante gli insegnamenti erratici dell'evangelista
Charles G. Finney. La maggior parte delle chiese cristiane si sono trovate
ingolfate, in una forma o in un'altra, dall'Arminianesimo. Per nominarne solo
alcune: le Assemblee di Dio, l'Evangelo quadrangolare, il movimento di
santità-pentecostale, la Chiesa del Nazareno, la Chiesa di Dio, i Mennoniti, i
Cattolici-romani, gli Episcopali, i Luterani, i Metodisti liberi, i Battisti del
Libero Arbitrio (Free Will Baptists), le Chiese di Cristo, i Discepoli di
Cristo, e numerose chiese battiste che hanno abbandonato il loro retaggio
dottrinale. Inoltre, l'errore arminiano è la base che ha permeato innumerevoli
agenzie nondenominazionali ed interdenominazionali. Recentemente sono emerse
nuove variazioni di umanesimo cristiano come la Word-Faith & Kingdom Now,
Latter Rain, Third Wave Movement ed il "cristianesimo" New Age. Stranamente
comincia a formarsi una strana convergenza fra umanisti secolari che stanno
mettendo le mani in pasta nella spiritualistà occultista della New Age e i
"cristiani new age". I secoli 18°, 19° e 20° hanno testimoniato ad
un'ulteriore evoluzione dell'originale eresia pelagiana. L'affermazione
illuminista della totale auto-sufficienza dell'uomo divenne la base del Deismo
di John Locke, dell'Unitarismo di William E. Channing, e del Transcendentalismo
di Ralph Waldo Emerson. Questi movimenti formarono i fondamenti sia del
Modernismo che del Liberalismo. Sono queste forze, radicate nell'umanesimo
cristiano, che hanno corrotto la comprensione che si ha in occidente della
libertà personale, ed hanno condotto al vasto abbandono del rispetto per
l'autorità (in particolare per quella di Dio), all'irresponsabilità ed alla
decadenza sociale. Oggi l'Umanesimo seculare è diventato la filosofia dominante
della cultura occidentale. Questa prospettiva anti-cristiana controlla
largamente sia l'istruzione pubblica che i mass-media ed è responsabile di gran
parte della militanza anti-religiosa che vi si riscontra. Durante l'ultima
decade del 20° secolo, una filosofia radicale chiamata Postmodernismo ha
conquistato sempre più terreno. Come il modernismo prima di esso, l'individuo
medio viene bombardato regolarmente da questi punti di vista attraverso la
televisione, i giornali e le riviste, gruppi di interesse sociale ed accademici,
e persino chiese. Simile all'eresia affrontata dall'apostolo Paolo
nell'antica città mediterranea di Colosse, l'Arminianismo, il Wesleyanismo, il
Pentecostalismo ecc. o respingono o contorgono le verità al riguardo della
redenzione attraverso l'identificazione con Cristo e sono di conseguenza
caratterizzate da anomia carnale e/o ipocrisia autogiustificatoria (leggi
Colossesi 2:23). C'è dunque un collegamento riconoscibile fra questi gruppo e le
concezioni e credenze religiose delle persone citate all'inizio di questo
saggio. Ciascuna abbraccia l'errore umanistico in una forma o in
un'altra. Miles Stanford osserva: Molti cristiani autenticamente nati di
nuovo possono iniziare da 'Arminiani' con il loro presunto 'libero arbitrio' e
la loro vita egocentrica travestita da servizio per Cristo, e poi, graziwe a
Dio, approdano alla verità. La tragedia è che però fin troppi mai vanno oltre a
questo stadio infantile della vita cristiana e proseguono nell'emozionalismo
carnale di un arminianesimo portato alle estreme conseguenze. 8 Questo è
vero, ma il fatto molto più serio rimane che l'umanesimo cristiano alletta
migliaia e persino milioni di persone non rigenerate, facendole stare a proprio
agio in una religiosità confortevole, intossicati con false speranze di
redenzione, e sostanzialmente perduti. Inoltre, coloro che abbracciano queste
religioni umanistiche presto o tardi si uniranno a coloro che sono "nemici della
croce di Cristo" (Filippesi 3:18). Alcune fra le più intense persecuzioni di
veri membri del corpo di Cristo provengono dagli aderenti dell'umanesimo
religioso e da altre religioni basate su un concetto di libero arbitrio (Gv.
16:2). Come è successo però con Paolo (prima Saulo di Tarso), possa Dio
concedere loro misericordia a salvezza (1 Timoteo 1: 13). Ancora vogliamo
affermare: L'umanesimo cristiano è una filosofia religiosa che utilizza un
vocabolario biblico, ma è costruita sul mito sociologico che l'uomo sia autonomo
e possieda un libero arbitrio. E' un errore devastante che ingannevolmente
attrae peccatori a credere falsamente di essere salvati (cioè essere cristiani)
quando di fatto sono religiosi si, ma perduti. Si tratta di un mezzo molto
diffuso per cui la mente incredula viene accecata perché non veda l'Evangelo -il
vero messaggio della redenzione cristiana. Questa affermazione è appoggiata
dalla Bibbia, dalla storia della chiesa e dalla testimonianza di individui che
Dio ha salvato da questi errori. Di tempo in tempo, cristiani nati di nuovo (2
Co. 5:17) testimonieranno di quanto prima avessero solo creduto di essere
cristiani, e di quanto poi siano stati portati a rendersi conto della loro
condizione di peccatori e poi sulla vera via della salvezza. Ci si chiede sempre
così di nuovo questa domanda: è possibile che si trovi un cristiano veramente
nato di nuovo in queste denominazioni e movimenti? La risposta è certo SI. La
storia l'ha provato che ci sarà sempre un vasto numero di cristiani male
informati o idealisti vi sia presente o che credono di poter riformare le loro
chiese. Potranno però davvero farlo? Fino a che punto è possibile fare
compromessi "per amor di pace"? Talvolta, però, oppressi dalla resistenza che
trovano contro le sane dottrine, essi sono portati assieme dallo Spirito Santo e
condotti a stabilire una testimonianza positiva in una chiesa o gruppo biblico
sicuro e dottrinalmente sano: questo è incoraggiantye. Il primo Adamo -
l'ultimo Adamo Quando la verità della nostra condizione "in Adamo" viene
diminuita o negata, è inevitabile per quella denominazione, gruppo, o singolo
cristiano, scivolare in altri errori o in manifestazioni di comportamento
immorale. Di conseguenza, le verità impartite dallo Spirito Santo e registrate
dall'apostolo Paolo nella Bibbia, sono di importanza critica. Una filosofia
cristiana della storia: principi teocentrici L'insegnamento della storia oggi
è in crisi. Nelle scuole pubbliche essa viene sempre di più sottovalutata. Sono
però spesso gli stessi storici a non sapere quale possa essere lo scopo di
insegnarla. Essi non sono convinti che la storia che essi presentano valga la
pena di insegnarla o persino di impararla. Per i cristiani che intendono
essere fedeli alla Parola di Dio ed alla dottrina della divina provvidenza, la
storia è colma di significati. La storia ha valore e significato, per un
cristiano, ma solo quando è compresa dalla prospettiva di Colui che ne ha
stabilito il corso. Desideriamo, perciò, presentare qui, sommariamente, quali
sono i parametri di una filosofia teocentrica della storia. In primo luogo
una filosofia cristiana della storia mette in rilievo il fatto che Dio è il
Creatore. Dio è il Signore della storia: Egli ne ha dato principio e la dirige
secondo i Suoi propositi sovrani. Gli approcci non teistici alla storia
presumono che essa sia diretta da forze naturalistiche, umanistiche, o
irrazionali. Lo storico non cristiano, per essere coerente con i suoi
presupposti anti-religiosi, deve escludere Dio dalla dinamica della storia. I
cristiani, d'altro canto, concordano di tutto cuore con la grande Confessione
Battista di Londra, del 1689, che afferma: „Dio ha decretato in Sé stesso, da
ogni eternità, con il saggio e santo consiglio della Sua volontà, liberamente ed
immutabilmente, ogni cosa, qualunque cosa accada“. In secondo luogo, una
filosofia cristiana della storia mette in rilievo la sovranità onnicomprensiva
di Dio, il quale „compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà“
(Ef. 1:11), e governa e dirige la storia. Come nota R. J. Rushdoony in La
filosofia biblica della storia, „Il cristiano accetta un mondo che è totalmente
portatore di un significato ed in cui ogni avvenimento si muove nei termini dei
predestinati propositi di Dio e, quando l'uomo accetta Dio come proprio Signore
e Cristo come proprio Salvatore, ogni avvenimento coopera per il suo bene,
perché ora egli è in armonia con quel destino significativo (Ro. 8:28)“. La
lezione della sovranità onnicomprensiva di Dio è presentata chiaramente dalle
Scritture. Daniele benedice Dio, affermando: „Egli alterna i tempi e le
stagioni; depone i re e li innalza, dà la saggezza ai saggi e il sapere agli
intelligenti“ (Da. 2:21). Anche il re Nebucadnezzar apprese questa lezione ed
affermò: „l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo dà a chi
vuole, e vi innalza il più misero degli uomini" ... Tutti gli abitanti della
terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce come vuole con l'esercito del
cielo e con gli abitanti della terra; e non c'è nessuno che possa fermare la sua
mano o dirgli: «Che fai?»“ (Da. 4:17,35). In particolare, le sezioni sul Servo
dell'Eterno in Isaia, sono testimonianza di come Dio governi sovranamente la
storia umana: „Io annunzio la fine sin dal principio, molto tempo prima dico le
cose non ancora avvenute; io dico: Il mio piano sussisterà, e metterò a effetto
tutta la mia volontà“ (Is. 46:10). In terzo luogo, una filosofia cristiana
della storia mette in rilievo la provvidenza particolare di Dio nel trattare con
gli individui. Gli interventi di Dio non sono limitati al „quadro generale“ di
nazioni e di regni. Nel Salmo 139, per esempio, dopo aver parlato
dell'onnipresenza ed onniscienza di Dio, Davide descrive la provvidenza
misericordiosa di Dio nell'averlo formato fin dal seno di sua madre: „I tuoi
occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti
i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d'essi era sorto ancora“ (Sl.
139:16). I cristiani, quindi, hanno grande fiducia che la loro vita individuale
abbia significato. Dio ha prestabilito i giorni della nostra vita, Egli ha
scritto tutti quei giorni „nel Suo libro“. Nel Salmo 56:8, Davide dice: „Tu
conti i passi della mia vita errante; raccogli le mie lacrime nell'otre tuo; non
le registri forse nel tuo libro?“ . Che grande consolazione questa può essere in
tempi di afflizione! Le prove che dobbiamo sopportare non sono prive di
significato. Le afflizioni ed il travaglio del credente, sono prestabilite da
Dio e sono scritte nel Suo libro, dove esse sono conservate dal nostro Signore e
considerate preziose. In quarto luogo, una filosofia cristiana della storia è
prudente nel valutare particolari avvenimenti del passato. Laddove la Scrittura
spiega i propositi di Dio nella storia, i cristiani potranno parlare con
autorità e fiducia. Dove però la Scrittura tace, i cristiani dovranno essere
circospetti ed umili.Gli esseri umani sono limitati e non possono comprendere la
pienezza dei propositi di Dio. Per questo i credenti non devono aver fretta di
identificare particolari propositi di Dio nella storia o nella propria vita. Se
leggiamo, per esempio, il libro di Giobbe, possiamo leggere, già nei primi due
capitoli, e comprendere, il significato cosmico delle prove di Giobbe. Giobbe ed
i suoi amici, però, speculano troppo in fretta sui propositi di Dio e sul
significato delle sofferenze di Giobbe. A Giobbe pare di essere stato trattato
in modo ingiusto e chiede a Dio spiegazioni di quello che gli avviene. Dio non
risponde mai alle particolari questioni che gli sottopone Giobbe, ma mette in
evidenza il Suo potere e perfetta provvidenza (Gb. 38-41). Verso la fine del
libro, un Giobbe ravveduto può solo affermare: „Io riconosco che tu puoi tutto e
che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno“ (Gb. 42:2). In quinto
luogo, una filosofia cristiana della storia esige che il passato sia valutato
secondo i criteri di Dio. Una delle lezioni che Giobbe apprende è che noi
dobbiamo misurare gli eventi della vita secondo il criterio di Dio, non secondo
il criterio od il metro umano. „Quando l'uomo fa di sé stesso e della sua
ragione, un dio sulla creazione,“ scrive Rushdoony, egli automaticamente
distrugge ogni significato nella creazione e rende sé stesso un idiota
incatenato e farfugliante, che siede terrorizzato su una sedia elettrica nel
mezzo di un vasto universo pieno di nulla“. Disastri In sesto luogo, una
filosofia cristiana della storia è vissuta dal credente come una sfida a livello
personale e deve muoverci a ravvedimento e fede. Luca 13 fornisce un eccellente
esempio di come Gesù interpretasse gli avvenimenti del giorno, e di come noi
dovremmo valutare la storia. I seguaci di Cristo si erano posti delle domande su
due avvenimenti disastrosi del loro tempo, uno naturale (la caduta di una torre)
ed uno umano (un massacro ordinato da Pilato, e si erano chiesti quali propositi
avesse Dio in tali avvenimenti. Gesù, però, li esorta a non trarre, da queste
catastrofi, conclusioni troppo affrettate. Gesù non spiega mai il perché fossero
avvenuti i fatti di Luca 13. Semplicemente non è impoortante né per loro, né per
noi, comprendere il proposito meta-storico di Dio in quei disastri. Gesù ne
trae, però, un'applicazione personale ed evangelistica, e dice: „se non vi
ravvedete, perirete tutti allo stesso modo“ (3,5). Ogni disastro ed ogni
avvenimento provvidenziale dalla mano di Dio, è un segnale che ci deve
rammentare la nostra mortalità e debolezza, ed è un'occasione per
l'introspezione ed il ravvedimento: dovrebbe sempre, alla fine, portarci ad una
maggiore fede in Dio. La cadura della torre in Luca 13 presenta un buon
paradigma per comprendere il significato dell'attacco alle Torri gemelle di New
York, l'11 settembre 2001. Crediamo che anche quel disastro fosse sotto il
governo sovrano di Dio, ma noi non comprendiamo i propositi complessivi di Dio
in questi fatti. L'attacco, però, dovrebbe essere un'opportunità per
un'introspezione personale e nazionale, finalizzata al ravvedimento e ad una
rinnovata consacrazione a Cristo. In conclusione, i cristiani hanno l'obbligo
di leggere la storia da una prospettiva teocentrica e cristiana. E' lo stesso
approccio alla storia che l'apostolo Paolo usa per discutere con gli eruditi di
Atene in Atti 17. Paolo predica un Dio trascendente e sovrano, Creatore e
sostenitore di ogni cosa attraverso la Sua provvidenza (v. 24ss). Mette in
rilievo la creazione, notando come Dio abbia tratto gli uomini da uno solo o „da
un sangue“ (v. 26a). Mette in evidenza come Dio determini sia storia che
geografia, notando che Dio: „ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini
perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro
assegnate, e i confini della loro abitazione“ (26). Paolo nota come Iddio muova
la storia verso una conclusione fissa, specificatamente verso il grande giorno
del giudizio (v. 31). Egli pure dà importanza cruciale alla risurrezione di
Cristo, elemento critico della proclamazione dell'Evangelo, cosa sgradita agli
ateniesi. Il punto culminante del messaggio, però, è al vers. 30, dove Paolo
proclama: „Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli
uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano“. Per Paolo, allora, in Atti
17, la storia aveva un significato vitale. Sebbene si rivolgesse ad un uditorio
ostile, egli presentò loro una lettura teocentrica ed evangelistica della
storia. La storia rammenta loro la creazione da parte di Dio, dimostra il Suo
sovrano controllo sulle nazioni, sottolinea l'importanza del Cristo risorto,
ammonisced gli uditori del prossimo giorno del giudizio, mette in rilievo come
sia necessario il ravvedimento e la responsabilizzazione. Coloro che sfidano
Dio e negano la Sua presenza nella storia, sono lasciati nella loro vacuità.
Sono come degli „idioti farfuglianti“ in „un universo pieno di nulla“. I
cristiani, però, hanno grandi responsabilità nello studiare il passato. La
storia ha sigmificato. Il suo corso fu determinato da Dio per i Suoi propositi e
per la Sua gloria. Attraverso di essa Iddio governa le nazioni, e in essa Egli
ha mandato Suo Figlio per essere il nostro Salvatore.
(Roger Schutz,
decano della facoltà di storia alla Liberty University di Lynchburg, Virginia,
USA. Articolo pubblicato in inglese su: Chalcedon Report, n. 446, novembre 2002,
p. 12).
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