STORIA DELLE ERESIE -
GLI ERETICI |
STORIA DELLE ERESIE
LE ERESIE DALLE ORIGINI AL IV
SECOLO
Perché le eresie. In quella preghiera sublime, che gli esegeti
la sua preghiera sacerdotale, Cristo ha chiesto al Padre, con una specie di
angoscia, che i suoi discepoli conservino per sempre l'unità: "Padre
santo", diceva, "custodisci nel nome tuo quelli che mi hai
affidati, acciocché siano una cosa sola come noi... Né soltanto per questi
prego; ma prego ma anche per quelli che crederanno in me, per la loro parola
che siano tutti una sola cosa come tu sei in me, o Padre, ed io in te; che
siano anch'essi una sola cosa in noi, affinché il mondo creda che tu mi
hai mandato" (Giov. 17, 11. 20-24). Egli conosceva quindi il valore e
insieme la difficoltà dell'unità. Questa sarebbe stata la caratteristica
principale della vera Chiesa. Ma vi sarebbero state divisioni, rotture,
divergenze di opinione, in una parola eresie. E' infatti questo il
significato di tale termine, derivato dal greco, passato nel latino e che,
poco conosciuto nella lingua classica, doveva essere tanto spesso usato in
quella dei Padri della Chiesa. Donde provengono dunque le eresie? Dalla
diversità degli animi, dei caratteri, dei temperamenti, e in definitiva dal
fatto della libertà umana. La fede nella parola di Dio è libera. Dio non
forza nessuno. Ma è inevitabile che la fede esiga da parte dell'uomo uno
sforzo di sottomissione e di obbedienza. Questa obbedienza è una scelta. E il
compito dell'eresia è di mettere in rilievo tale scelta. Perciò S. Paolo ha
potuto dire: "E' necessario che ci siano anche delle eresie, affinché tra voi
si possa conoscere quelli di virtù provata" (1 Cor. 11, 19). E
Tertulliano, 150 anni più tardi, scriveva: "La condizione del nostro tempo ci
costringe ad avvertire che non ci si deve stupire, a proposito delle eresie,
né della loro esistenza che è stata predetta, né dal fatto che esse guastino
la fede in parecchi, poiché hanno come ragion d'essere quella di provare la
fede con il tentarla". Se si cerca di considerare questa legge della prova
necessaria della fede, si costata che essa fa parte delle leggi essenziali
che reggono gli spiriti. Gli angeli erano stati sottoposti ad una prova, di
cui non conosciamo le modalità, ma di cui costatiamo il fatto nell'esistenza
dei demoni. Erano angeli come gli altri. Soccombettero alla prova. Anche gli
uomini, a loro volta, devono essere " tentati ", cioè " provati ". Si possono
distinguere nel fatto dell'eresia tre aspetti diversi: l'aspetto filosofico,
l'aspetto paradossale e l'aspetto positivo. Dal punto di vista filosofico,
l'eresia nasce dal conflitto o dal contrasto tra la verità rivelata e i vari
sistemi filosofici già radicati nelle menti sulle quali cade tale
rivelazione. La fede infatti non cade mai su menti perfettamente preparate a
riceverlo. Cristo aveva scelto degli apostoli senza istruzione. Ma quegli
apostoli stessi avevano le loro idee, le loro tradizioni, le loro concezioni
del regno messianico. Gli scribi e i farisei, da parte loro, si ritenevano
molto più illuminati degli umili pescatori del lago di Galilea. In tutti la
fede incontrava ostacoli, in tutti aveva pregiudizi da superare. E passando
dai giudei ai pagani, i conflitti di carattere filosofico tra la fede e
i sistemi in voga saranno ancora più aspri. E così sarà alla fine dei
tempi. Tra le filosofie umane e la verità rivelata non è stato sempre
facile l'accordo. I pensatori cristiani dovranno sempre compiere un immenso
lavoro di adattamento tra la ragione e la fede. Da questo aspetto
filosofico delle eresie si passa inevitabilmente al loro aspetto paradossale.
Intendiamo dire con ciò che la verità rivelata, per il fatto stesso della sua
origine divina, non può fare a meno di presentare alla ragione ombre che essa
non riuscirà a penetrare. E' quanto esprimiamo dicendo che la fede comporta
dei misteri. Riflettendovi, si comprende come una religione senza misteri non
possa essere una religione divina. Di fronte alla fede venuta da Dio, bisogna
che la ragione confessi la propria impotenza. Ed è appunto questo che dà
all'eresia il suo aspetto paradossale. Essa fa apparire la realtà antinomica
e paradossale del mistero della fede. Infine, nell'eresia va considerato
ancora il suo aspetto positivo. Non tutto è falso infatti nell'eresia. Essa
contiene sempre una intuizione giusta, ma che si trova falsata
dall'interferenza di un sistema filosofico che è in contraddizione con la
fede, o dal rifiuto esplicito o implicito del mistero della fede. In ogni
eresia appare dunque una ribellione contro la verità rivelata, ed è qui che
si manifesta il senso profondamente anticristiano di ogni eresia. Questo
modo di intendere l'eresia è tradizionale nella Chiesa. Ma si è sempre
insistito anche sul bene che può derivare da quel gran male che essa è;
ciascuna eresia è stata l'occasione di un progresso nell'intelligenza della
fede e di un rafforzamento dell'unità in seno alla Chiesa.
ERESIA DEI
GIUDAIZZANTI La più antica eresia conosciuta nella storia della Chiesa fu
quella dei giudaizzanti. Fu l'errore ostinato di coloro che, fin dal
principio, si opposero all'allargamento dei quadri della Chiesa perché vi
potessero entrare m massa i pagani. Il dogma respinto da questi eretici era
quello della cattolicità della Chiesa. Gesù aveva detto: " Andate, insegnate
a tutte le genti ". I giudaizzanti esigevano il mantenimento della legge
di Mosé e di tutte le sue prescrizioni. Dopo una sorda opposizione
manifestata soprattutto contro le sante audacie di S. Paolo, l'apostolo dei
gentili, i giudeo-cristiani formarono delle sette separate, la principale
delle quali si chiamò Chiesa dei poveri - gli ebioniti o poveri Si è tentato
talvolta di ricollegarli agli Esseni che i manoscritti del Mar Morto ci
hanno recentemente fatto meglio conoscere. Gli ebioniti pare siano
sopravvissuti fino al V secolo, e li si può paragonare alla " Piccola Chiesa
" degli inizi del XIX secolo.
LO GNOSTICISMO All'opposto degli
ebioniti, che rimanevano troppo attaccati alle loro tradizioni giudaiche, gli
gnostici furono in genere dei pagani che, accettando la fede cristiana,
pretendevano mischiarvi le loro concezioni personali, le loro teorie
filosofiche, le loro chimere precedenti. Il termine gnosi, derivato dal
greco, significa " conoscenza " o " scienza ". Gli gnostici si consideravano
pensatori originali, che non potevano piegarsi alla fede dei semplici fedeli.
E vi fu, nei primi secoli della Chiesa, un vero pullulare di eresie
d'ispirazione gnostica. Sarebbe del tutto inutile riferire qui in particolare
le fantasticherie di queste antiche sette. Limitiamoci quindi ad offrirne
un'idea generale. Due problemi sembrano aver attirato l'attenzione degli
gnostici: il problema della creazione e il problema del male. Due problemi
del resto strettamente collegati, poiché se Dio ha creato il mondo, donde
proviene il male? E se non ha creato il male, come lo si può considerare
unico Creatore delle cose? Su questo tema, gli gnostici costruiranno sistemi
quanto mai fantastici. A prestar loro fede, si deve distinguere accanto al
regno della luce, che è quello di Dio, il regno delle tenebre, che è quello
della Materia eterna. Tra il Dio-Abisso, come amavano dire, e l'organizzatore
della Materia chiamato Demiurgo, vi dovrebbe essere un gran numero di gradini
o esseri intermedi, che chiamavano eoni, e la maggior parte delle sette
accoppiavano un Eone maschile e un Eone femminile. Il Demiurgo, o autore del
nostro mondo materiale, era l'ultimo degli eoni, il più lontano dal
Dio-Abisso, o un Demone che aveva rapito una scintilla della Pienezza divina
- il Pleroma - onde animarne la materia. Per gli gnostici, questa origine
del mondo spiega la diversità degli spiriti umani: essi distinguono infatti
gli gnostici o spirituali, cioè loro stessi, le persone istruite e nelle
quali la materia e dominata dallo Spirito di Dio; i cristiani ordinari, nei
quali Materia e Spirito sono presso a poco equilibrati e i pagani o materiali
(ilici), nei quali la Materia domina decisamente lo Spirito. Applicando i
loro sistemi alla fede cristiana, usavano fare di Cristo un eone inviato da
Dio. Questo eone si impadronì dell'uomo Gesù al momento del suo battesimo nel
Giordano. Da quel momento ebbe la missione di guidare gli uomini alla vera
gnosi, che è il puro Vangelo, onde distaccarli dalla Materia. E' così che si
operò, grazie a lui, la Redenzione. Quando il Vangelo avrà compiuto la sua
opera sulla terra, tutte le particelle dello Spirito divino, che sono
prigioniere nella Materia, rientreranno nella Pienezza di Dio - il Pleroma
divino. E il regno delle tenebre resterà per sempre nelle tenebre. In ciò
che abbiamo esposto vi è un certo numero di idee che sono riapparse ai giorni
nostri, sia nei teosofi sia negli spiritisti. Fu necessaria alla Chiesa
primitiva una miracolosa assistenza da parte dello Spirito Santo perché non
fosse sommersa fin dal principio in queste speculazioni fantastiche e
pretenziose. Lo gnosticismo le rese un servizio provvidenziale costringendo i
fedeli a stringersi attorno ai loro pastori, e specialmente attorno al
vescovo, rappresentante di Cristo e successore degli apostoli, in ciascuna
Chiesa particolare.
PRINCIPALI CAPI GNOSTICI E' usanza comune far
risalire lo gnosticismo a quel Simon Mago di cui si parla negli Atti e che
voleva acquistare dagli Apostoli il potere di far discendere lo Spirito Santo
sui fedeli, come aveva visto fare da loro. Dopo di lui, si fa il nome di un
certo Cerinto, che fu combattuto dagli Apostoli e specialmente da san
Giovanni evangelista. Ma sono figure di cui conosciamo ben poco con certezza.
In seguito, si svilupparono due correnti gnostiche: una in Siria, più
positiva e pratica; l'altra ad Alessandria d'Egitto, più speculativa e
fantastica. La prima conta solo pochi nomi conosciuti. La seconda ha invece
alcuni capi di talento, i quali sono stati confutati dai Padri, ciò che ci è
valso a conoscere i loro sistemi. Ricordiamo qui soltanto Valentino,
Carpocrate e Marcione. Valentino, di origine egiziana, sembra abbia
predicato le sue idee a Roma, fra il 135 e il 160. Fu più volte scomunicato e
cacciato dalla Chiesa. Finì per ritirarsi a Cipro e vi creò una setta
abbastanza fiorente. Con Carpocrate, è il problema morale che sembra prendere
il primo posto. Fra gli gnostici, infatti, alcuni consideravano la materia
come la sede di ogni male e di conseguenza pretendevano di proibire il
matrimonio come cosa impura. Furono chiamati eucratiti o continenti. Al
contrario, Carpocrate e i suoi discepoli assicuravano che quanto avviene
nella materia è insignificante dal punto di vista dell'anima, Preludendo al
quietismo da cui non sarà esente Lutero, ma che vedremo affermarsi con
Molinos nel XVII secolo, egli riteneva come indifferenti tutti i disordini
della sensualità. Aveva un figlio, Epifanio, che morì giovane e consumato dai
vizi. Lo fece onorare come un dio nella sua setta. Carpocrate ed Epifanio,
contemporanei di Valentino, sono anche un poco gli antenati del comunismo.
Marcione, occupa un posto a parte nella schiera degli gnostici. Originario di
Sinope, nel Ponto, venne a Roma verso il 135-140 e si fece ricevere nella
Chiesa. Dieci anni più tardi, se ne staccava rumorosamente e fondava una
setta perniciosa, che riuscì a tenersi a lungo in vita. La sua dottrina
essenziale era ciò che egli chiamava l'Antitesi. Egli opponeva infatti, un
po' come più tardi Lutero, l'Antico Testamento, opera del Dio giusto, al
Nuovo Testamento, opera del Dio buono. Parimenti Lutero inciterà in
opposizione fra loro la Legge e il Vangelo, la Legge che condanna e il
Vangelo che salva.
GLI OFITI Tra le sette gnostiche, ve ne furono
alcune che resero un culto al Serpente del Paradiso terrestre, così come ai
giorni nostri ve ne sono alcune che rendono un culto a Satana, Principe di
questo mondo. Gli adepti di tale setta sono conosciuti sotto il nome di
ofiti, o adoratori del Serpente. Essi giustificavano così il culto di Satana:
secondo la Scrittura, il Serpente fu il primo a ribellarsi contro il
Demiurgo, che aveva creato il mondo di miseria in cui ci troviamo, e a
proporre agli esseri umani la " scienza del bene e del male ". E'
interessante notare come in sette di questo genere siano stati maggiormente
in onore i Libri apocrifi, i quali non sono altro che caricature dei Libri
Sacri che formano la nostra Bibbia.
IL MONTANISMO Questo pullulare di
eresie diverse, e che non possiamo enumerare completamente, testimonia il
grande interesse che il messaggio cristiano sollevava nel mondo greco-romano
del II secolo. Il montanismo è un'altra prova di tale interesse. Montano
era nato in un villaggio asiatico ai confini della Misia e della Frigia. Era
rimasto colpito dai passi del Vangelo di san Giovanni in cui si parla
dell'invio dello Spirito Santo da parte di Gesù. E la sua mente si
era esaltata al punto che egli si presentava come l'organo stesso dello
Spirito Santo promesso da Cristo. Un'era nuova e una nuova rivelazione
dovevano - diceva - cominciare con lui. Parlava con una sicumera da demente:
" Sono venuto " - diceva - " non come un angelo o un messaggero, ma come lo
stesso Dio Padre ". - "Io sono il Padre, il Figlio e il Paraclito". - "Ecco,
l'uomo è come una lira ed io vi scorro sopra come un archetto; l'uomo dorme,
ed io veglio; ecco, è il Signore che immerge i cuori degli uomini nell'estasi
e che dà un cuore agli uomini". Egli stesso sembrava trovarsi sempre in
una specie di estasi. Ben presto due donne, Prisca e Massimilla, furono
conquistate alla sua dottrina ed ebbero al pari di lui delle estasi, durante
le quali profetizzavano. I vescovi dei dintorni cercarono di riportarle al
buon senso, per mezzo degli esorcismi canonici. Fatica inutile. La setta
allora fu scomunicata, perché tendeva a sostituire all'autorità della
gerarchia cristiana l'ispirazione diretta. I montanisti professavano in
particolare il millenarismo, errore secondo il quale il Cristo trionfante
avrebbe stabilito sulla terra, per mille anni, il regno predetto
nell'Apocalisse. La setta, in previsione di questo avvento, predicava un
grande rigorismo morale, che sedusse perfino un Tertulliano, il solo grande
nome di cui abbia potuto gloriarsi il Montanismo, benché la setta abbia
resistito fino all'VIII secolo, soprattutto in Oriente.
ERESIE
ANTITRINITARIE Uno dei dogmi più sublimi della religione cristiana è quello
della Santissima Trinità - Un solo Dio in tre persone. Era inevitabile che
desse luogo a molte speculazioni e di conseguenza a più d'un errore. Gli
apologisti del II secolo sostenevano energicamente i due termini
della dottrina: unita di essenza - trinità delle persone divine. Proprio nel
corso di queste esposizioni era apparso, verso l'anno 180, il termine Triade
o Trinità, nello scrittore cattolico Teofilo di Antiochia. Ma verso la
stessa epoca aveva origine una gravissima eresia: l'adozianismo. Essa
consisteva nello spiegare l'attributo di " Figlio di Dio" dato a Cristo con
il fatto della sua adozione da parte di Dio. Vi era qui una duplice eresia:
1) si rigettava la Trinità; 2) si negava la divinità di Cristo
e l'incarnazione del Verbo. Il promotore dell'adozianismo fu un ricco
conciatore di Bisanzio, di nome Toedoto, che fu condannato da papa Vittore I
verso il 190. Un secondo Teodoto, che faceva il banchiere, e un certo
Artemone furono i più illustri seguaci di questa eresia. Ma un errore più
grave, più sottile e più pericoloso si propagava nella stessa epoca. Ne fu
iniziatore, a quanto sembra, un certo Nocto, la cui opera fu tuttavia
oscurata da quella di Prassea. Il più insigne teologo di questa tendenza fu
comunque, dopo il 210, Sabellio. Cosicché questa eresia viene spesso chiamata
sabellianismo, o anche monarchianismo. Questo secondo nome deriva dal fatto
che i sabelliani proclamavano ad alta voce: "Noi non ammettiamo che la
monarchia", cioè l'unità di persona come pure l'unità di natura in
Dio. Ma allora, che significavano dunque i nomi di Padre, Figlio e Spirito
Santo, usati fin dal principio nella Chiesa, e in particolare nella liturgia
del battesimo? Per i sabelliani, i tre nomi non erano altro che tre aspetti,
tre attributi diversi, ma niente affatto persone distinte. E' quindi il
Padre che si è incarnato nel seno della Vergine e che, alla sua nascita, ha
preso il nome di Figlio, senza cessare di essere il Padre. E' il Padre,
sotto il nome di Figlio, che ha predicato, ha sofferto ed è risuscitato. I
cristiani ortodossi diedero per questo motivo ai sabelliani il soprannome di
patripassiani - quelli che credono che il Padre abbia sofferto sulla croce
per noi. Furono anche soprannominati modalisti, perché le tre persone della
Trinità sono da essi ridotte a semplici modi di espressione. In genere, i
sabelliani rigettavano l'adozianismo. Tuttavia, un vescovo del III secolo,
Paolo di Samosata, trovò il modo di professare simultaneamente queste due
eresie e fu condannato nel concilio di Antiochia, verso il
268.
PRINCIPALI CONFUTAZIONI Tutte le eresie che abbiamo indicato
furono oggetto di vigorose confutazioni da parte dei migliori scrittori della
Chiesa. Mentre gli Apologisti si rivolgevano soprattutto ai pagani, i Padri
antignostici o antisabelliani descrivevano e rigettavano energicamente gli
errori che minacciavano di sommergere la Chiesa. Limitiamoci a nominare:
sant'Ireneo, secondo vescovo di Lione, Tertulliano, Origene, sant'Epifanio,
sant'Ippolito. Non si potrà mai esagerare l'importanza e la fecondità per la
Chiesa di queste controversie spesso ardenti. Per una religione, qualunque
cosa è più vantaggiosa dell'immobilismo e dell'inerzia. Le dispute sollevate
da un Valentino, un Marcione, un Prassea, un Sabellio ed altri
eretici determinarono un approfondimento e un consolidamento della
dottrina cristiana. Questa dovette continuamente muoversi e progredire fra
errori opposti, tanto dal punto di vista dogmatico che sul terreno morale.
Non cadde né nell'encratismo, né nel lassismo quietista. E il dogma
trinitario, così profondo e così misterioso, fu sostenuto e confermato con
una forza decisiva. Senza dubbio, accadde che, per meglio confondere i
patripassiani, si giungesse a distinguere il Figlio dal Padre al punto da
dichiararlo inferiore a1 Padre e subordinato al Padre. Lo stesso grande
Origene cadde un poco in questo errore, che è noto sotto il nome di
subordinazianismo e che avrebbe dato origine nel secolo seguente
all'arianesimo, ma fu appunto nel corso di queste ricerche teologiche che si
formò una lingua nuova, la quale avrebbe permesso più tardi di confutare
errori pericolosi. Soprattutto Tertulliano è considerato come il creatore di
tale lingua in Occidente. Fu lui a trovare la formula fondamentale: Tre
persone in un sola sostanza. Si vedrà nel capitolo seguente l'uso che la
Chiesa fece di questa preziosa formula che il suo stesso autore non aveva
sempe ben compreso e applicato. Dizionario di eresie, eretici, dissidenti
religiosi, confessioni cristiane non cattoliche, nuovi movimenti religiosi di
ispirazione, in ordine cronologicamente alfabetico. Storch, Nicholas o
Niklas (m. 1525) e "Profeti di Zwichau" o
abecedariani
Premessa Il paese di Zwickau era, nel XVI secolo,
una ricca città della Sassonia, vicino al confine con la Boemia, ed aveva
basato il suo sviluppo sulle attività minerarie dell'argento. Questo
orientamento dell'economia locale aveva, tuttavia, portato in rovina la
precedente fiorente industria tessile, generando una vasta disoccupazione tra
i lavoratori tessili.
Nicholas Storch Nicholas (o Niclas) Storch,
era, per l'appunto, uno di questi ex-tessitori, discendente di una ricca e
potente famiglia mandata in bancarotta dai proprietari minerari. Nel
Maggio 1520, era giunto a Zwickau il noto predicatore riformatore
Thomas Müntzer, chiamato come sostituto del precedente pastore della Chiesa
di Santa Maria, Johannes Egranus. La retorica di Müntzer fu forte e
radicale, soprattutto quando, diventato pastore della Chiesa di Santa
Caterina nell'Ottobre dello stesso 1520, si scagliò contro i monaci
francescani locali. Tra i suoi parrocchiani, i più attenti alle sue
argomentazioni erano, oltre a Storch, l'ex studente di Wittenberg Markus
Stübner e un terzo personaggio, che le varie fonti indicano o come Thomas
Drechsel oppure come Markus Thomä. I tre, denominati "Profeti di Zwickau",
furono fortemente influenzati dalle dottrine dei Fratelli Boemi con una
decisa impronta millenaria - apocalittica, derivata dagli hussiti taboriti:
essi predicavano l'imminenza dell'avvento della "Chiesa degli Eletti",
ricusavano lo studio della teologia e consideravano gli uomini istruiti come
manipolatori della parola di Dio. Per questo erano convinti che era
necessario essere totalmente ignoranti, persino delle prime lettere
dell'alfabeto (ABC), da cui il loro nome di abecedariani. Erano infatti
convinti che Dio avrebbe illuminato i suoi eletti e dato loro la conoscenza
della verità tramite lo Spirito Santo. S. affermava inoltre che l'arcangelo
Gabriele gli era apparso, ordinandogli di diventare capo della "Chiesa degli
Eletti" e di nominare 12 apostoli e 72 discepoli. Finché i "profeti"
potettero godere della benevolenza di Müntzer, non ci furono problemi, ma il
16 Aprile 1521, quest'ultimo fu espulso dal consiglio cittadino di Zwickau,
nonostante le manifestazioni di piazza inscenate per solidarietà dai
"profeti". Il nuovo pastore, Nicolaus Hausmann, non fu affatto tenero con il
movimento e il 16 Dicembre 1521 fece accusare gli abecedariani di ripudio del
battesimo infantile. A questa data, quindi, si fa risalire la prima comparsa
di un movimento radicale, in realtà più anti-pedobattista (contrario al
battesimo dei bambini) che anabattista (ri-battesimo degli adulti),
concetto, quest'ultimo, espresso da Conrad Grebel ed i suoi seguaci in
Svizzera. S., Stübner e Thomä (o Drechsel), espulsi da Zwickau, cercarono di
esportare le loro idee a Wittenberg: furono ascoltati dai principali
collaboratori di Martin Lutero, Nikolaus von Amsdorf, Philipp Schwarzerd
(Melantone) e Andreas Bodenstein (Carlostadio) e riuscirono ad
impressionare favorevolmente Carlostadio e perfino ad installare dei dubbi in
Melantone, colpito dalla loro conoscenza della Bibbia. La situazione,
precipitata in seguito ad una serie di episodi di iconoclastia provocati da
Carlostadio, divenne così critica che Lutero stesso dovette lasciare il suo
rifugio nel castello di Wartburg e, travestito da cavaliere, tornare a
Wittenberg il 7 Marzo 1522. Le tesi dei "profeti" furono prontamente respinte
da un suo diretto ed energico intervento, riassunto nell'opuscolo Contro i
profeti celesti, dove attaccò duramente anche il suo ex-amico Carlostadio.
Quest'ultimo fu esiliato nel 1524 dal principe Federico III di Sassonia,
detto il Saggio (1486-1525) e si stabilì perfino per un certo periodo nella
città mineraria sassone. S. e i profeti furono espulsi da Wittenberg: in
particolare S. viaggiò tra il 1522 e 1524 in Turingia e Slesia, per
propagandare le sue dottrine, nonostante Lutero nel Settembre 1522 tentasse
inutilmente di convincerlo a ricusare le sue idee. All'inizio del 1525,
con un piccolo esercito di seguaci, S. raggiunse a Mühlhausen Müntzer, che
capeggiava, assieme a Heinrich Pfeiffer, la nota Rivolta dei
contadini. Questa rivolta aveva tuttavia i giorni contati in quanto venne
soppressa il 15 Maggio 1525 dalle truppe di Filippo, langravio di Hesse,
durante la battaglia di Frankenhausen, risoltasi in una orrenda carneficina
dei contadini, 5.000 dei quali furono fatti immediatamente a pezzi dai
cavalieri e soldati meglio equipaggiati e dotati di artiglieria, mentre altri
20.000, che si arresero, furono sgozzati senza pietà. Sia Müntzer che
Pfeiffer furono catturati, torturati e decapitati. Pare che S. fosse
sfuggito alla morte in battaglia, ma che, giunto gravemente ferito a Monaco
di Baviera, fosse morto in un ospedale della città nello stesso
1525. ------- Abelardo (o Abailard), Pietro (1079-1142) La
vita Abelardo, il più famoso dei filosofi della scuola Scolastica
medioevale, nacque a Pallet, vicino a Nantes in Bretagna nel 1079 dal nobile
locale Berengario e dalla moglie Lucia. A. studiò alla scuola di
Roscellino, fondatore del pensiero nominalista, a Tours, e successivamente a
Parigi, alle scuole della Cattedrale, di Santa Ginevra e di San Germain des
Pré. La più prestigiosa di queste tre fu senz'altro la scuola della
Cattedrale, dove A. compì gli studi di dialettica e retorica sotto Guglielmo
di Champeaux (ca.1070-1121), uno dei più famosi scolastici dell'epoca. Qui
si svelò una caratteristica di A., che gli avrebbe alienato i favori di
molti studiosi nel futuro: la mania di sfidare e contestare, fino allo
sconcerto e alla frustrazione, se non fino alla sconfitta dialettica, i suoi
maestri, come lo stesso Guglielmo o Anselmo di Laon (m. 1117). Nel 1104
ca. Guglielmo di Champeaux si ritirò in convento e A. abbandonò ben presto la
sua scuola, nel frattempo aperto a Melun, per cercare di prendere il posto
del suo maestro. Non vi riuscì, ma comunque fondò ugualmente una sua scuola a
Parigi nel 1108 e finalmente nel 1113 ottenne la tanto sospirata cattedra di
teologia alla scuola della Cattedrale. A questo punto, fama, onore, gloria
sorrisero ad A., il quale divenne popolarissimo ed ebbe molti allievi da
tutta la Francia, tutto ciò fino al fatidico 1116. In quell'anno, egli
accettò di diventare il precettore della giovane nipote, Eloisa, del canonico
Fulberto: fu un colpo di fulmine, che si trasformò in amore segreto.
Disgraziatamente il segreto rimase tale per poco perché Eloisa rimase incinta
e fu mandata a partorire in Bretagna un bambino, a cui venne dato il nome di
Astrolabio. A. aveva concordato con la ragazza di sposarla segretamente per
non perdere il posto di docente, che richiedeva, a quei tempi, il celibato,
ma la reazione dello zio Fulberto fu violentissima: egli fece tendere
un'imboscata ad A. dai suoi sgherri, che lo picchiarono e quindi lo
castrarono. A. ed Eloisa, allora, decisero di separarsi per abbracciare per
sempre la vita monastica, sebbene rimasero fedeli l'un l'altra (almeno
Eloisa) fino alla morte. Poiché il suo stato fisico non gli permetteva di
diventare prete, A. entrò nel monastero benedettino di Saint Denis (Dionisio)
a Parigi. Ma lì, a causa di un litigio con i monaci, fu costretto a vivere
esiliato in un priorato periferico dell'ordine. Eppure anche qui non rimase a
lungo tranquillo, attirando su di sé l'attenzione dei discepoli di Anselmo di
Laon: questi lo denunciarono per le sue idee poco ortodosse sulla Santa
Trinità, che furono condannate dal concilio di Soissons del 1121, dove A. fu
costretto a bruciare pubblicamente il suo libro Tractatus de Unitate et
Trinitate. Sconvolto per la condanna, A. fuggì a Troyes, dove fondò un
oratorio denominato il Paracleto, centro di raccolta per nuovi allievi e di
cui egli nominò Eloisa badessa, dopo che lui stesso fu nominato nel 1125
abate del monastero di St. Gildas vicino a Vannes nella sua natia
Bretagna. Ancora una volta, entrò ben presto in conflitto con i monaci
corrotti e concubini del convento, i quali cercarono addirittura di
avvelenarlo, e nel 1136 tornò ad insegnare a Parigi. Nuovamente la fama
del filosofo più acclamato dell'epoca fece accorrere a frotte i discepoli,
tra cui Arnaldo di Brescia e i famosi filosofi Giovanni di Salisbury
(1110-1180) e Pier Lombardo (1095-1160). Attrasse però anche le critiche di
San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), che lo fece convocare dal concilio
di Sens nel 1141 e condannare 19 sue idee considerate eretiche, assieme a
quelle del suo discepolo Arnaldo. A., a cui venne negato l'appoggio di
Gilberto de La Porrée (1076-1154), futuro vescovo di Poitiers e personaggio
molto influente della Chiesa, rifiutò la sentenza, dichiarando l'intenzione
di appellarsi direttamente al papa, ma la pena fu mitigata grazie
all'intervento di Pietro il Venerabile, abate di Cluny (1092-1156), che
riuscì a riconciliare i due avversari e diede ospitalità ad A. fino alla sua
morte nel 1142 a Chalôn-sur-Saône. Eloisa, a sua volta, morì nel 1164 e fu
sepolta al Paracleto vicina al suo amato fino alla trasferimento nel 1817 dei
resti di ambedue nel cimitero parigino di Père la Chaise.
Le
opere L'abbondante produzione letteraria di A. comprende: Lavori
filosofici come Dialectica, trattato in 4 volumi, Liber Divisionum
et Definitionum, Glossulae in Porphyrium, De Generibus et Speciebus, Ethica
seu liber Scito Teipsum, . Lavori teologici come Sic et Non, Tractatus de
Unitate et Trinitate (ll testo che gli costò la condanna a Soissons),
Theologia christiana, Dialogus inter Philosophum, Judaeum et
Christianum. Un'autobiografia, fatto raro per il Medioevo, Historia
Calamitatum mearum.
La dottrina Per A. era importante il
comprendere e, per fare ciò, era necessario sviluppare dei dubbi, i quali
potessero portare al domandarsi sulle cose (quaestio), che, a sua volta,
portasse alla verità. Quindi il dubbio, e non la fede era la base del
pensiero religioso: A. indicava spesso i punti contraddittori della Bibbia,
citati anche nel suo Sic et Non, ai suoi allievi e li stimolava ad una
critica testuale, usando la ragione. Questo metodo, applicato al campo
religioso, si denomina teologia sistematica. Nella questione degli
universali, A. cercò di proporre una posizione intermedia tra il nominalismo
puro di Roscellino e il realismo estremo di Guglielmo di Champeaux, in cui A.
negò che nella realtà ci fosse qualcosa di universale: era tutto frutto di un
processo psicologico di valutazione degli aspetti di similitudine tra le
cose, prescindendo da quelli differenti. Esistevano dunque caratteristiche
proprie comuni a gruppi di singole cose. Invece nella diatriba sulla Santa
Trinità, A. si oppose al ragionamento di Roscellino, il quale venne accusato
di affermare l'esistenza di una essenza divina in tre persone, quindi di tre
divinità separate, ma A., esagerando nella difesa della rigorosa unità e
indivisibilità di Dio, cadde nel sabellianesimo. Per sintetizzare le varie
accuse mosse contro A., si può citare il guidizio, che di lui espresse il suo
grande avversario, San Bernardo: "Cum de Trinitate loquitur, sapit Arium, cum
de gratia, sapit Pelagium, cum de persona Christi, sapit Nestorium",
puntualizzando in quali eresie Bernardo era convinto che A. fosse caduto nel
suoi ragionamenti teologici, cioè nel arianesimo, pelagianismo, e
nestorianesimo ----- Abeliani o Abeliti (V secolo) Setta eretica del V°
secolo, diffusa a Ippona (Bona, nell'attuale Algeria), città di
Sant'Agostino. Prendevano il nome da Abele, secondo figlio di Adamo ed Eva, e
non mettevano al mondo figli per non aumentare la schiera degli infelici.
Qualche volta adottavano dei bambini abbandonati. ----- Abeliani o
Abeliti (V secolo)
Setta eretica del V° secolo, diffusa a Ippona
(Bona, nell'attuale Algeria), città di Sant'Agostino. Prendevano il nome
da Abele, secondo figlio di Adamo ed Eva, e non mettevano al mondo figli per
non aumentare la schiera degli infelici. Qualche volta adottavano dei bambini
abbandonati. ----- Acacio di Berea (m. 489)
Patriarca di
Costantinopoli e ispiratore del cosiddetto scisma acaciano (484-519). Nel
471 Acacio successe al Patriarca Gennadio alla guida del Patriarcato
di Costantinopoli e per i primi anni della sua missione, non vi fu nulla
di particolare da segnalare. Nel 476, l'imperatore ursupatore Basilisco fu
convertito alla fede monofisita dal Patriarca di Alessandria, Timoteo
Aeluro. In seguito a ciò, Basilisco emise un decreto imperiale nel quale
venivano rigettati gli insegnamenti del concilio di Calcedonia del 451. In
questa occasione, A. prese le difese dell'ortodossia, sebbene fu necessario,
in questa occasione, un ammonimento da parte di Papa Simplicio. Ma,
successivamente, sotto il regno dell'imperatore Zenone, scoppiò il
caso legato al seggio patriarcale di Alessandria: il partito monofisita
aveva destituito il patriarca Giovanni Talaia, con l'accusa di
spergiuro, sostituendolo con Pietro Mongo. A. vide questa situazione
come un'opportunità di affermare l'autorità ed il primariato del proprio
seggio su tutto l'oriente e indusse l'imperatore Zenone a pronunciarsi a
favore di Mongo, nonostante le proteste di Papa Simplicio. Il passo
successivo fu la redazione, nel 482, di un documento di riunione, detto
Henoticon, che riprendeva il credo di Nicea e Costantinopoli, ma che in altri
punti rimaneva alquanto ambiguo, in particolare sulla doppia natura di Gesù
Cristo. Il documento fu condannato dal nuovo Papa Felice III, che cercò
inutilmente di indurre A. a presentarsi a Roma per giustificare il proprio
comportamento. A. non solo non obbedì, ma riuscì anche a intimorire e
corrompere i legati papali, i vescovi Vitale e Miseno, presentatisi
a Costantinopoli con la lettera papale di richiamo nei suoi confronti. A
questo punto, Felice III decretò la scomunica di A., ma anche il
nuovo legato, tale Tuto, latore di tale condanna, fu corrotto. Era il 484,
e da qui prese avvio lo scisma acaciano, destinato a rientrare solamente nel
519, quando il Patriarca Giovanni II e l'imperatore Giustino riconobbero la
validità della dottrina calcedoniense. A. rimase al proprio posto, protetto
dall'imperatore Zenone e morì nel 489, pare
ultracentenario. ----- Acacio di Cesarea (m. ca.
366)
Acacio diventò vescovo di Cesarea (in Palestina) nel
340. Il periodo storico, in cui egli operò, fu contraddistinto dalle
lotte interne al movimento ariano, sviluppate in seguito alla morte della
guida carismatica, Eusebio di Nicomedia (m. ca. 341) e sintetizzate dalle
varie posizioni assunte, durante i vari sinodi, tenuti tra il 357 ed il 359
a Sirmio (nella ex Iugoslavia) indetti dall'imperatore Costanzo
(337-361, figlio di Costantino), proprio per cercare di venire a capo delle
dispute teologiche. Rispetto alla natura di Cristo, le formulazioni
presentate risultarono addirittura quattro:
Homooùsios (identico,
nella sostanza, a Dio, cioè consustanziale), secondo il Credo di Nicea,
difeso strenuamente e quasi isolatamente (Athanasius contra mundum: Atanasio
contro il mondo) da Atanasio di Alessandria. Homoioùsios (simile, nella
sostanza, a Dio), propugnato da Basilio di Ancyra. Anòmoios (dissimile da
Dio), secondo il credo ariano più canonico, e difeso da Aezio di Antiochia o
di Celesiria, Eunomio di Cizico e Ursacio di Singiduno. Homoios (simile
a Dio), una formula di semiarianesimo, propugnata, per l'appunto, da Acacio
di Cesarea. I seguaci di Acacio si chiamarono omeisti.
In questa
ultima definizione, la più vaga, si parlava di una generica similitudine tra
Padre e Figlio, senza precisare il rapporto sul piano
della sostanza. L'imperatore Costanzo dapprima (358) aderì alla dottrina
dell'homoioùsios di Basilio, ma successivamente, dopo il sinodo del 359,
cercò di imporre la versione homoios di A. come ufficiale e convocò i vescovi
occidentali a Rimini e quelli orientali a Selucia per ratificare la formula
acaciana. Contemporaneamente fece deporre e relegare a Berea in Tracia Papa
Liberio (352-366). Al suo posto fu eletto l'antipapa, di ispirazione ariana,
Felice (355-365). Papa Liberio poté rientrare ad occupare la sua sede, solo
dopo aver firmato un documento molto vicino alle tesi ariane. Questo
momento storico del Cristianesimo fu ben descritto da S.Girolamo nella frase:
"Il mondo, gemendo, stupì di trovarsi ariano". Il concilio di Seleucia, nel
359, al quale partecipò A., oltre a 150/160 vescovi orientali, mostrò tutta
la ben nota divisione nel partito ariano, e fu aggiornato dall'imperatore
stesso a Costantinopoli, l'anno successivo, dove fu imposta la formula del
homoios. Ma nel 361, morì l'imperatore Costanzo e la situazione politica
divenne poco chiara: l'ascesa di Giuliano l'Apostata (361-363),
paradossalmente, permise agli ortodossi niceni di serrare le fila. Nel
concilio di Lampsaco del 364, indetto da Valentiniano I (364-375), le tesi
ariane vennero rigettate e i vescovi più in vista vennero
condannati, compreso A. A. morì, secondo alcuni autori, nel
366. ----- Acefali (V-VII secolo)
Corrente estremista del
movimento monofisita dal V al VII secolo. Gli acefali [cioè senza un capo
(spirituale)] erano coloro i quali, nell'ambito dell'ambiente monofisita,
rifiutavano la formula di compromesso, elaborata da Acacio di Berea,
patriarca di Costantinopoli e Pietro Mongo, patriarca di Alessandria nel
482. La formula fu poi ratificata nell'editto Henoticon emanata
dall'imperatore Zenone (474-475 e 475-491). Gli acefali, soprattutto i
monaci in Egitto, preferirono rimanere senza capo, piuttosto che scendere a
compromessi. Molti di loro confluirono successivamente nel movimento dei
severiani, i seguaci di Severo di Antiochia, fondatore della corrente del
monoergetismo. Si sentì parlare ancora di acefali nel 622, quando
l'imperatore Eraclio (610-641) diede udienza ad un tale Paolo, un acefalo, il
quale dibatté con l'imperatore per perorare la dottrina del monofisismo puro,
in cui credeva. Questo episodio diede poi via alla dottrina messa a punto da
Sergio, patriarca di Costantinopoli, denominata
monotelismo. ----- Aconcio (alias Riccamati), Jacopo (o Giacomo) (ca.
1492-ca.1567)
L'umanista Jacopo (o Giacomo) Aconcio (che adottò
anche lo pseudonimo di Riccamati), nato ad Ossana (Val di Sole, in provincia
di Trento) verso il 1492, compì studi universitari di giurisprudenza e di
fisica, diventando in seguito notaio in Trento, ma nel 1556 entrò al
servizio, come segretario, del cardinale Cristoforo Madruzzo (1512-1578),
referente imperiale a Milano. Nel 1557 l'eclettico umanista trentino, noto
anche come architetto militare e filosofo, aderì agli ideali luterani, ma
poco dopo, a causa dell'attacco persecutorio della Chiesa Cattolica, lanciato
dal Papa Paolo IV (1555-1559), dovette fuggire, con l'amico Francesco Betti,
a Basilea. Qui pubblicò il suo trattato De Methodo, un metodo di ricerca per
spiegare i problemi filosofici, intriso di razionalismo rinascimentale. I
due si trasferirono dapprima a Zurigo (fino all'autunno 1558), dove
furono accolti favorevolmente da Johann Bullinger, grazie ad una lettera
di presentazione di Celio Secondo Curione, e furono ospitati nella casa
di Bernardino Ochino, e poi a Strasburgo e a Ginevra. Nel 1559 A. si recò
in Inghilterra dove incontrò i favori della regina Elisabetta I (1558-1603),
che gli appaltò alcuni lavori di ingegneria militare e di bonifica. A Londra
egli aderì alla Chiesa degli esuli spagnoli, dopo aver inutilmente tentato di
far parte della Chiesa italiana e di quella francese, dalle quali venne
respinto, dopo la scomunica per antitrinitarismo lanciata dall'Ecclesia
Peregrinorum. Nel 1564 tornò a Basilea, dove pubblicò nello stesso anno, o
forse l'anno dopo, la sua opera più famosa, diventata popolarissima
nell'ambiente protestante europeo e perciò tradotta in varie lingue, i
Satanae Stratagemata (le astuzie di Satana), grido di protesta sia contro i
metodi violenti dell'inquisizione cattolica che, dall'altra parte, contro
il dogmatismo ortodosso, l'autoritarismo e le controversie di natura
dogmatica delle Chiese riformate, causa principale di intolleranza. Secondo
A., per la salvezza erano necessarie solo alcune parti della Bibbia, quelle
cioè scritte sotto la diretta ispirazione della Spirito Santo, mentre
risultavano del tutto inutili le interpretazioni speculative umane, presenti
nella religione Cristiana. Questi temi, cari ad A., verranno ripresi nel
secolo successivo da Arminio e dai suoi seguaci, detti Rimostranti. A.
morì a Londra nel 1567 circa. ----- Confraternita Rosa Croce
(rosacrocianesimo o società dei rosacrociani)
(XVII secolo)
Premessa e paternità dei manifesti
rosacrociani Nel 1614 comparve a Cassel, in Germania, il manifesto base, dal
titolo Allgemeine und General Reformation der ganzen weiten Welt (Riforma
generale ed universale di tutto il mondo) di un misterioso movimento
mistico occultistico, denominato Confraternita Rosa Croce. Il documento
venne seguito l'anno successivo da un ulteriore manifesto dal titolo
Fama Fraternitas R. C. Ambedue gli scritti lanciavano un appello a tutti
gli studiosi di cabala e occultismo di concorrere a formare una società
segreta, che potesse aiutare la rinascita dell'umanità e all'epoca apparvero
come anonimi, ma la loro paternità come quella (certa) del successivo
libro alchemico, Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz, pubblicato nel
1616, venne attribuita al pastore luterano Johann Valentin Andreae, che,
secondo lo storico Paul Arnold, smentì di averli scritti ed anzi dichiarò,
in seguito, di aver concepito Le nozze chimiche per ridicolizzare un
diffuso interesse dell'epoca verso l'occultismo. Tuttavia altre
interpretazioni moderne propendono proprio per un diretto coinvolgimento di
Andreae, sebbene mediato da una stesura, a più mani, dei sopraccitati testi
concepita all'interno del cosiddetto Cerchio di Tubinga, un circolo
mistico-occultista di circa trenta aderenti, comprendenti, fra gli altri, lo
stesso Andreae, Tobias Hess (1558-1614), Johann Arndt, Wilhelm von Wense (m.
1641), Tobias Adami (m. 1643) e Christophe Besold (1577-1638), amico fraterno
di Andreae.
Definizione di rosacrociano Secondo Franz Hartmann, il
rosacrociano è "una persona che mediante il processo di risveglio spirituale,
ha ottenuto una conoscenza pratica del significato segreto della Rosa e della
Croce (..) Chiamare una persona rosacrociana non significa fare di lui un
rosacrociano. Il vero rosacrociano non può essere creato; egli deve crescere
per diventarlo mediante l'espansione del potere divino nel suo cuore". Le
idee dei rosacrociani nacquero da un immenso crogiolo nel quale
erano confluiti: il pensiero di Traiano Boccalini (1556-1613), autore di un
testo satirico chiamato Ragguagli di Parnasso, tradotto da Besold; le
visioni utopiche del filosofo domenicano Tommaso Campanella, i cui scritti
furono portati in Germania da Tobias Adami nel 1613; le profezie di
Gioacchino da Fiore; i mistici tedeschi del XIV secolo come Johannes Tauler e
Johannes Eckhart e scienze occulte come la cabala, l'alchimia e
l'ermetismo.
La leggenda di Christian Rosenkreuz (1378-1484) I
manifesti facevano quindi riferimento a questa misteriosa fratellanza,
di tipo occultistico, cabalistico, e teosofico, fondata da un nobile
tedesco, filosofo ed ex monaco, Christian Rosenkreuz, che sarebbe vissuto ben
106 anni tra il 1378 ed il 1484. Egli, viaggiando tra Damasco,
Cairo, Gerusalemme e Fez, sarebbe stato iniziato da alcuni sapienti arabi,
che erano stati in grado di rivelargli tutti i segreti della sua vita,
passata, presente e futura, e di guarirlo da una grave malattia con l'aiuto
della Pietra Filosofale. Al ritorno in Germania, egli avrebbe fondato, nel
1407, un ordine rosacrociano con tre, in seguito otto, confratelli e sarebbe
vissuto ancora 77 anni. La sua tomba sarebbe rimasta celata fino alla sua
riscoperta nel 1604, da cui l'aumentato interesse nei confronti del suo
ordine all'inizio del XVII secolo. Oggigiorno la tesi che Rosenkreuz sia
un personaggio storicamente esistito è la meno accreditata, perfino tra i
moderni rosacrociani. Altri autori propendono per l'ipotesi che il nome
copra, attraverso uno pseudonimo, un personaggio storico in vista, secondo
alcuni Francesco Bacone (1561-1626), secondo altri Cornelius Agrippa di
Nettesheim, oppure, più probabilmente, che tutta la vicenda vada letta in
senso strettamente allegorico.
Primi passi del
rosacrocianesimo Comunque il riferimento nei manifesti ad una supposta
società segreta provocò una grande eccitazione in tutta l'Europa (soprattutto
in Francia, Inghilterra, Austria e Paesi Bassi): famosi occultisti, come
l'inglese Robert Fludd (1574-1637) o il tedesco Michael Maier (1568-1622), o
perfino il grande filosofo francese René Descartes (Cartesio)(1586-1654),
chiesero pubblicamente di essere contattati dai misteriosi rosacrociani o,
meglio, affermarono addirittura di essere già entrati nella società. Un po'
ovunque sorsero gruppi auto-nominatisi rosacrociani, anche se poi nessuno
riuscì a trovare fisicamente i rosacrociani, per il semplice motivo che essi,
come società segreta strutturata, non esistevano proprio. Nel frattempo,
nel 1616, gli stessi autori (il precedentemente citato circolo di Tubinga),
spaventati dall'incredibile impatto dei loro manifesti e dalle reazioni
negative delle chiese ufficiali, decisero di non uscire allo scoperto e di
osservare il più rigoroso anonimato, abbandonando quindi alla riprovazione
pubblica Andreae, l'unico tra loro che aveva avuto il coraggio di firmare un
testo. E rapido arrivò il declino: già dal 1619 i principali
occultisti, interessati al movimento, iniziarono a dissociarsi e lo stesso
Andreae, indispettito per il voltafaccia dei suoi ex amici, pubblicò, tra il
1617 ed il 1618, l'Invitatio ad Fraternitatem Christi (Invito alla
Confraternita di Cristo), dove egli cercò di lanciare, in contrapposizione
al rosacrocianesimo, un movimento innovatore, una specie di "Città
Cristiana" (Christianopolis), una Nuova Gerusalemme posta direttamente sotto
la protezione di Dio. Nel 1628, dopo una pausa forzata a causa di un
periodo della Guerra dei Trent'anni (1618-1648), scrisse un nuovo manifesto
Verae unionis in Christo specimen, nel quale, attaccando Calvinisti,
Anabattisti, Schwenckfeldiani, e i suoi ex-amici rosacrociani, egli esortava
alla formazione di una Società Cristiana. L'ultimo episodio avvenne in
Olanda, quando il pittore e alchimista Johannes Symonsz van der Beeck (o
Beke) (nome umanistico: Torrentius) (1589-1644), venne imprigionato il 30
agosto 1627 e processato: lo sfortunato pittore era probabilmente solo un
libertino e gaudente, ma venne considerato il leader della Rosa Croce
olandese. Fu torturato e venne condannato come bestemmiatore e per aver
praticato l'alchimia, con un suo amico, tale Christiaen Coppens, addirittura
al rogo, pena poi trasformata in carcere per vent'anni. Per fortuna, grazie
al re d'Inghilterra Carlo I (1625-1649), suo ammiratore, Torrentius venne
rilasciato dalla prigione nel 1630 ed emigrò in Inghilterra, ritornando dopo
qualche anno in patria, dove morì ad Amsterdam nel 1644.
Rosa
croce e massoneria E proprio in Inghilterra la Rosa Croce non tramontò mai
definitivamente, ma i suoi ideali vennero inglobati nella nascente massoneria
speculativa. Tradizionalmente si considera l'elemento di passaggio tra queste
due scuole di pensiero il grande alchimista, antiquario e astrologo Elias
Ashmole (1617-1692), pubblico difensore della Rosa Croce nel 1650 e massone
dal 1646, sebbene in generale, intorno alla metà del XVII secolo, ci fu
un rifiorire di pubblicazioni rosacrociane, come la traduzione in inglese,
a cura di John Heydon (n. 1629), della Fama Fraternitatis nel 1652 o i
testi alchemici, di ispirazione rosacrociana, di Thomas Vaughan (1622-1665),
che scriveva sotto lo pseudonimo di Eugenius Philalethes. In seguito
l'influenza dei Rosa Croce fu rilevante sulla massoneria degli anni 1720-1730
e divenne parte degli alti gradi massonici: il 18° grado del rito scozzese si
denomina, per l'appunto, Principe di Rosa Croce. Verso il 1757 il tedesco
Hermann Fictuld (m. 1777) fondò la Confraternita della Rosa Croce d'Oro, ma
nei metodi e nei rituali, oramai questa era più un ordine massonico, che un
diretto discendente degli anni della Fama Fraternitatis. Nel 1866 il
funzionario della Grande Loggia d'Inghilterra, Robert Wentworth Little
(1840-1878) fondò la Societas Rosicruciana in Anglia, aperta ai soli massoni
cristiani trinitari (un sito non ufficiale è http://www.drakesvision.com/sria/intro.htm),
ma anche in Francia ci fu nel XIX secolo un rinnovato interesse per il
rosacrocianesimo, alimentato dai lavori dell'occultista Eliphas Levi
(1810-1875), che ispirarono la fondazione dell'Ordine Cabalistico della
Rosa-Croce nel 1887, voluta dagli occultisti Stanislas de Guaita (1861-1897),
Gérard Encausse, detto Papus (1865-1916) e Joséphin Péladan (1858-1918).
Quest'ultimo fondò poi, nel 1890, l'Ordine della Rosa-Croce Cattolica del
Tempio e del Graal.
I rosacrociani oggigiorno Oggi i principali
gruppi rosacrociani sono otto, derivati spesso da ambienti massonici o
teosofici americani e quasi tutti caratterizzati dall'offerta di corsi
(spesso per corrispondenza) di astrologia, occultismo ed esoterismo e dalla
stampa di un proprio periodico: 1. Fraternitas Rosae Crucis, la più antica
confraternita, fondata da Pascal Beverly Randolph (1825-1875) nel 1858, è
associata con la Church of Illumination (Chiesa dell'Illuminazione), che si
occupa dell'insegnamento esoterico del gruppo. La sede centrale è a
Quakertown, nella Pennsylvania. La denominazione legale riporta anche la
dicitura Beverly Hall Corporation e il sito ufficiale è http://www.rosecross.org/index.html 2.
Societas Rosicruciana in Civitatibus Foederatis (S.R.I.C.F.), fondata
nel 1880 da un gruppo di massoni americani, che nel 1878 si erano fatti
iniziare dalla Societas Rosicruciana in Anglia in Inghilterra. Condizione
necessaria per l'adesione è, come per il gruppo inglese, essere massone
cristiano trinitaro. Sito web: http://www.sricf-ca.org 3. Societas
Rosicruciana in America (S.R.I.A.), nata nel 1907 da una scissione della
precedente, quando alcuni membri espressero il desiderio di aprire
l'insegnamento rosacrociano ai profani (cioè ai non massoni). Collegato alla
società esiste anche il Seminario di Studi Biblici: infatti il forte
connotato cristiano mistico della società fu dato dal principale divulgatore,
George Winslow Plummer (1877-1944), che divenne vescovo della Chiesa
Ortodossa Americana nel 1934. Sito web: http://www.sria.org 4. The Ancient and
Mystical Order Rosae Crucis (A.M.O.R.C.), il più diffuso e noto gruppo
rosacrociano fu fondato dall'occultista Harvey Spencer Lewis (1883-1939) nel
1915, dopo essere stato iniziato nel 1909 in Francia. Nonostante abbia
incorporato una chiesa rosacrociana (Pristine Church of the Rose Cross) negli
anni '20, la confraternita insiste sul suo aspetto laico con gradi e
ritualistica di forte sapore massonico. Negli anni '30 Lewis ha dotato la
sede centrale di San Jose (California) di una propria università, planetario,
biblioteca e museo egizio (Lewis era infatti convinto che l'ordine fosse
stato fondato dal faraone Tutmosis III nel 1450 a.C.). L'AMORC è presente in
diversi paesi e, nonostante diverse defezioni a favore di nuove e nascenti
organizzazioni rosacrociane, esso rimane il gruppo più numeroso (gli
organizzatori citano un numero di aderenti di 6 milioni, ma pare più
realistica la cifra di qualche centinaia di migliaia di adepti). In Italia
esso è presente con due logge (a Milano, sede centrale, e a Verona), ma anche
diversi altri punti organizzati, denominati capitoli e pronai. L'afflusso
agli incontri viene rinforzato dalla presenza di emigrati di colore,
originari dell'Africa, dove l'AMORC è particolarmente diffuso. Sito web: http://www.amorc.org 5. The Rosicrucian
Fellowship, fondato nel 1907 da Max Heindel, pseudonimo dell'aristocratico e
ingegnere tedesco-danese Carl Louis von Grasshoff (1865-1919), emigrato in
America nel 1903 e con la passione per l'occultismo. Heindel fu anche
iscritto alla Società Teosofica e allievo di Rudolf Steiner. La forte
impronta teosofica, religiosa e rituale venne da Heindel trasferita nel suo
gruppo rosacrociano, che è caratterizzata da un vivo interesse anche per
l'astrologia: la Fellowship, con sede a Oceanside (California), pubblica
tutti gli anni le effemeridi, indispensabili per i calcoli astrologici. E'
presente anche in Italia come Associazione Rosicruciana Oceanside (A.R.C.O.),
con sede a Vaprio d'Agogna (Novara). Sito web: http://www.rosicrucian.com 6.
Rosicrucian Anthroposophic League, una scissione della precedente fatta da
S.R. Parchement con particolare rilievo alle tematiche antroposofiche
di Steiner. La sua sede a San Francisco. Non ha un sito web ufficiale. 7.
Lectorium Rosicrucianum, uno dei più popolari gruppi, fu fondato nel 1924 da
alcuni membri olandesi del Rosicrucian Fellowship, guidati da Jan
van Rijckenborgh, pseudonimo di Jan Leene (1896-1968), ma solo nel 1935 essi
si staccarono dall'obbedienza madre, formando un ordine, detto dei
Manichei. Dopo la seconda guerra mondiale, il gruppo assunse nel 1945 il nome
attuale di Lectorium Rosacrucianum. Il Lectorium, con sede americana a
Bakersfield (California), fa riferimento a correnti e tradizioni esoteriche,
mistiche cristiane (con particolare interesse per il pensiero di Jakob
Böhme), gnostiche dualistiche e catare, teosofiche, antroposofiche,
massoniche. Gli adepti praticano la dottrina della trasfigurazione (il
rinunciare a vivere secondo l'ordine stabilito dagli uomini per vivere,
attraverso un processo iniziatico, secondo quello divino) per evitare il
tormento delle continue reincarnazioni. Il gruppo è presente in Italia dal
1980 in 11 città e ha la sede principale a Dovadola, in provincia di Forlì.
Web site: http://www.lectoriumrosicrucianum.org 8.
Ausar Auset Society, fondata nel 1975 a New York da R.A.Straughn, noto anche
con il nome religioso di Ra Un Nefer Amen, un ex membro del Rosicrucian
Anthroposophic League, che ha particolarmente diffuso le sue idee occultiste
alla comunità nera americana, alla quale ha anche dedicato testi di
approfondimento sulla condizione sociale degli
afro-americani. ----- Huska, Martin (XV secolo) e
Adamiti
Nel 1418 alcuni profughi francesi perseguitati per le
loro idee religiose, provenienti dalla zona di Lilla e Tournai, cioè dalla
Piccardia, e per questo denominati piccardi (secondo alcuni fantasiosi autori
una corruzione del termine begardi) raggiunsero la Boemia hussita. Essi
predicavano le dottrine dei Fratelli del Libero Spirito, e della
Libera Intelligenza, due movimenti diffusi, dal XII secolo, nella
Francia settentrionale, in Germania, nei Paesi Bassi e in Italia, e che
professavano l'indipendenza dall'autorità ecclesiastica e la possibilità di
vivere secondo una vita apostolica, poiché i propri adepti erano convinti di
essere pervasi dallo Spirito Santo. Questo stato di divinità coincideva
con la totale scomparsa dei tormenti della coscienza: essi quindi ritenevano
di essere talmente perfetti da poter commettere qualsiasi atto senza correre
il rischio di peccare, secondo il detto di San Paolo: Tutto è puro per i puri
(Lettera a Tito 1,15). Alcuni autori cattolici riportarono che i piccardi si
lasciavano andare ad atti contro la morale, come atti sessuali extra
matrimoniali, avevano l'abitudine di girare nudi come Adamo ed Eva nell'Eden,
e mettevano in comune tutte le cose, comprese le donne. Per questo furono
soprannominati Adamiti. A capo di questo gruppo si mise un predicatore
hussita, Martin Huska, soprannominato Loquis, precedentemente aderente
all'ala estremista dei taboriti. Egli fissò il quartiere generale della setta
su un'isola sul fiume Nezàrka e diede alla dottrina del gruppo una
interpretazione pessimistica ed apocalittica della società, come quella degli
Zeloti (la setta apocalittica giudaica, risalente ai tempi di Gesù e opposta
ai Romani e che annoverò tra i suoi aderenti anche l'apostolo Simone). H.
inoltre negava la transustanziazione (la presenza del Corpo di
Cristo nell'Eucaristia) e incoraggiava atroci profanazioni. Per questo egli
venne arrestato, torturato e bruciato sul rogo dentro un barile. Anche la
sua setta non durò molto a lungo: il comportamento dei suoi seguaci disgustò
gli hussiti, che nell'Ottobre 1421, al comando di Jan Zizka, circondarono gli
Adamiti nel loro accampamento e li massacrarono tutti. ----- Askew, Anne
(1521-1546)
Anne Askew era nata nel 1521 da una famiglia
altolocata della contea inglese del Lincolnshire. Ebbe un'ottima educazione e
mostrò uno spiccato interesse nei dibattiti teologici e verso la fede
protestante, ma fu obbligata da suo padre a sposare Thomas Kyme, il promesso
sposo (di religione cattolica) della sorella, morta poco prima del
matrimonio. Fu un'unione infelice soprattutto per contrasti in tema di
convinzioni religiose e alla fine il marito la cacciò di casa, benché
riconoscesse che la moglie era una delle donne più devote che avesse mai
incontrato. A. si recò quindi a Londra, per ottenere il divorzio, e
diventò nell'occasione dama di compagnia dell'ultima moglie di Enrico
VIII d'Inghilterra, Caterina Parr, che A. riuscì a convertire segretamente
alle proprie convinzioni religiose. Tuttavia erano tempi duri per i
luterani in Inghilterra: nel 1539 il parlamento inglese aveva approvato i Sei
Articoli (The Six Articles), confermando, tra l'altro, la validità del dogma
della transustanziazione, l'Eucaristia sotto una sola specie, il celibato per
i prelati, le Messe private e la confessione. Nel 1545 A. fu inquisita
sulla propria fede, ma essa rifiutò coraggiosamente di aderire ai Sei
Articoli, in particolare sui punti concernenti la transustanziazione e le
messe, in cui lei non credeva. Fu per questo crudelmente torturata per farla
confessare i nomi dei suoi confratelli, come la regina stessa ed altri
nobili. Tuttavia A. resistette alle torture e né confessò né fece nomi:
nonostante le perorazioni di Caterina Parr presso Enrico VIII, essa fu
quindi condannata al rogo nel giugno 1546, assieme ai compagni di fede
il gentiluomo John Lascelles, il sarto John Adams ed il sacerdote
Nicholas Belenian. La sentenza fu eseguita nel luglio dello stesso anno a
Smithfield: indebolita dalle torture, A. dovette essere trasportata sulla
pira su una sedia. Rifiutò all'ultimo minuto la grazia del re, che avrebbe
comportato l'abiura delle sue idee religiose, e morì tra le
fiamme. ----- Messaliani o euchiti o adelfiani o lampeziani o entusiasti
ed eufemiti (IV secolo)
Una setta eretica del IV secolo, che
credeva che, in seguito al peccato originale di Adamo, ognuno avesse un
demone unito alla propria anima e che esso non fosse stato espulso con il
battesimo: l'unica maniera di espellerlo era la continua ed incessante
preghiera con lo scopo di eliminare ogni passione e desiderio. Il nome
messaliani, infatti, deriva dall'aramaico mètzalin, cioè preganti e la stessa
etimologia aveva la versione greca del loro nome, euchiti
da euchetai. Comparvero intorno al 360 in Mesopotamia, come setta fondata
da un certo Adelfio (da cui il nome adelfiani), espulso da Antiochia nel 376
dal vescovo Flaviano e autore del testo base della setta, Asceticus. Una
ulteriore condanna fu loro inflitta dal sinodo di Side del 390 ca. e
dal concilio di Efeso del 431(dove venne condannato il loro libro
Asceticus). Eppure la setta continuò ad esistere: alla metà del V secolo, il
loro capo era il prete Lampezio (da cui un ennesima versione del loro nome),
il quale scrisse un loro nuovo testo, chiamato Il testamento. In Armenia la
setta, pur combattuta anche dalla Chiesa Nestoriana, continuò a prosperare
fino al IX secolo. I m. influenzarono alcune eresie medievali come i
pauliciani, i bogomili e i fratelli del Libero Spirito. Essi, come si
diceva, praticavano la preghiera incessante e la danza estatica, durante le
quali erano posseduti dallo Spirito Santo (da cui, letteralmente, il nome di
entusiasti, cioè "posseduti da Dio"), si rifiutavano di lavorare, vivendo
nelle piazze e vagando da una città all'altra e prendendo, secondo loro, ad
esempio la vita itinerante di Gesù e gli apostoli. Essi, inoltre,
consideravano inutili i sacramenti e la mediazione della Chiesa. Secondo
Sant'Epifanio, esisteva, inoltre, un'altra setta molto simile, non cristiana,
ma che adorava un unico Dio onnipotente. I seguaci di questa setta erano
chiamati anche eufemiti e furono considerati i precursori dei messaliani, con
i quali vennero spesso confusi. ----- Adelofagi (IV
secolo)
Una misteriosa setta della fine del IV secolo, il cui
nome derivava dal greco adelos, segretamente e phalo, io mangio, menzionata
da un autore anonimo conosciuto come Praedestinatus, il quale riferiva di una
curiosa abitudine degli aderenti alla setta: questi si appartavano per
mangiare, ad imitazione dei Profeti, secondo una loro interpretazione del
tutto personale delle Scritture. Secondo Filastrio, inoltre, essi negavano
la divinità dello Spirito Santo. ----- Melantone, Philipp (Schwarzerd)
(1497-1560) e adiaforisti e filippisti
La vita Philipp
Schwarzerd, figlio dell'armaiolo Georg Schwarzerd, nacque il 16 Febbraio 1497
a Bretten, vicino alla Foresta Nera nella regione del Baden. All'età di 10
anni, egli andò a vivere con la nonna a Pforzheim e qui fu educato ad una
solida cultura classica, ma soprattutto fu fortemente influenzato dal prozio
materno, il famoso umanista Johann Reuchlin, che lo convinse a cambiare il
proprio cognome in Melantone, la traduzione greca di quello originario
tedesco, il cui significato era "terra nera". Nel 1509, all'età di soli 12
(!) anni, M., vero ragazzo prodigio, si iscrisse all'università di Heidelberg
ed ottenne il baccalaureato due anni dopo: già nel 1512 era pronto per
diventare Maestro di arti liberali, ma la domanda fu respinta per la giovane
età. M. si recò quindi all'università di Tübingen, l'ateneo del prozio, dove
continuò gli studi per altri due anni e nel 1514, divenne finalmente Maestro,
giungendo primo tra 11 candidati. Iniziò immediatamente ad insegnare come
docente nella stessa università e nel contempo si mise a studiare teologia
privatamente, in quanto aveva una scarsissima considerazione dei docenti
dell'epoca. Sempre durante il suo periodo a Tübingen, prese le difese del
prozio, professore di Ebraico alla stessa università, quando questi entrò in
una vivace polemica con gli inquisitori domenicani di Colonia, che si
erano messi a distruggere scritture ebraiche. Nel 1518, dietro
raccomandazione sempre di Reuchlin, M. ottenne la cattedra di Greco
all'università di Wittenberg e fece un'ottima impressione su Martin Lutero
nel suo discorso iniziale. Alla giovane università (fondata solo 16 anni
prima) M. completò i suoi studi di teologia, ottenendo il baccalaureato nel
1519, e divenendo docente della stessa materia. L'amicizia con Lutero si
approfondì sempre più e, già dall'inizio, vediamo il giovane professore
affiancare il più esperto riformatore, come durante la nota disputa di
Lipsia, organizzata dal nunzio papale Carl Von Miltitz (1480-1529) dal 27
Giugno al 16 Luglio 1519, tra il teologo Johann Eck (1486-1543) e i due amici
e colleghi Andreas Bodenstein (Carlostadio) e Martin Lutero. Per questo
confronto, M. scrisse alcune note per Lutero con citazioni della Bibbia, che
contraddicevano le posizioni papali. I due erano diametralmente opposti come
carattere: secondo lo storico Philip Schaff, Lutero era paragonabile ad un
selvaggio torrente di montagna, mentre M. si poteva definire un calmo
ruscello di campagna. Se l'impeto di Lutero era l'ideale per fare breccia
sulla gente comune, la cultura di M. fu fondamentale per diffondere la
Riforma presso gli intellettuali. Nel 1521, M. scrisse la sua principale
opera Loci communes rerum theologicarum, dedicato a Re Enrico VIII
d'Inghilterra, il primo testo che presentasse sistematicamente la teologia
della Riforma. In essa M. sviluppò il concetto della salvezza per grazia in
Cristo come risposta al peccato umano, ma toccò, nelle ben 50 edizioni del
libro durante la sua vita, molti argomenti della teologia luterana: dai
sacramenti a studi sul Vecchio e Nuovo Testamento, sempre con lo stile
moderato e inconfondibile che lo contraddistingueva. Sempre nel 1521, M.
venne a contatto con i "Profeti di Zwickau" millenaristi apocalittici
capeggiati da Nicholas Storch, che, espulsi dal loro paese, cercarono di
esportare le loro idee a Wittenberg: essi furono ascoltati da Amsdorf, M. e
Andreas Bodenstein (Carlostadio) e riuscirono ad impressionare favorevolmente
Carlostadio e perfino ad installare dei dubbi in M., colpito dalla loro
conoscenza della Bibbia. La situazione, precipitata in seguito ad una serie
di episodi di iconoclastia provocati da Carlostadio, divenne così critica che
Lutero stesso dovette lasciare il suo rifugio nel castello di Wartburg e
tornare a Wittenberg il 7 Marzo 1522 per rimettere ordine tra i propri
seguaci. Fu in questa occasione che M. dimostrò di non avere il carisma
necessario per diventare un vero leader. Nell'Ottobre 1529 M. partecipò al
Colloquio di Marburg, dove si approfondì il divario tra Lutero e lo zurighese
Huldreich Zwingli sul tema dell'Eucaristia e nell'anno successivo, 1530, egli
fu uno dei protagonisti della prima dieta di Augusta, dove i vari riformisti
si presentarono separati e, nonostante la conciliatoria Confessio Augustana,
tracciata da M. stesso, lo strappo con i protestanti svizzeri, che
presentarono la loro Fidei ratio, divenne un dato di fatto: anche la grave
sconfitta militare che questi ultimi subirono nel 1531 a Zurigo (con la morte
di Zwingli) non permise un raccostamento ai fratelli tedeschi, bensì un
proseguimento nel calvinismo, culminato con la Confessio Helvetica del
1539. Martin Lutero morì il 18 Febbraio 1546 e M. dovette prendere delle
decisioni importanti, senza il conforto del maestro: nel 1548 egli respinse
l'interim di Augusta, la formula dottrinale provvisoria fra protestanti e
cattolici in attesa delle risultanze del Concilio di Trento. Negli ultimi
10 anni della sua vita (1550-1560), M. si dedicò alla riorganizzazione della
Chiesa luterana su una base semi-episcopale e alla riforma della scuola e
delle università in Germania (per questo fu soprannominato praeceptor
Germaniae), ma soprattutto fu impegnato in frequenti e frustranti discussioni
e polemiche con gli altri teologi luterani. A lui e ai suoi seguaci,
denominati anche filippisti, fu rinfacciato uno strisciante
cripto-calvinismo per le sue presunte simpatie verso alcuni punti della
dottrina di Giovanni Calvino, soprattutto perché M. era incline ad aderire al
concetto calvinista della presenza spirituale di Cristo nella Cena del
Signore, e non alla dottrina luterana della presenza fisica di Cristo. M.
morì a Wittenberg il 19 Aprile 1560.
La teologia Nella teologia di
M. c'erano degli importanti distinguo dalla linea di Lutero, che portarono il
mite teologo sotto il mirino dei luterani più oltranzisti, come Nikolaus von
Amsdorf o Mattija Vlacic (Mattia Flacio Illirico). Detto sopra del
pensiero di M. sulla presenza di Cristo nella Cena del Signore, per quanto
concerne la salvezza dell'uomo, M. espose la sua teoria, contrastante con il
suo maestro, nell'edizione del 1535 dei Loci communes: Lutero infatti
disprezzava totalmente il valore delle opere buone per ottenere la salvezza,
ma M. era dell'idea che le opere buone erano necessarie per ottenere
perlomeno la "felicità eterna": questa tesi fu anche sostenuta dal teologo
Joannes Major (Majoris) (1496-1550), professore di Wittenberg, denunciato, a
sua volta, dai soliti Amsdorf e Flacio Illirico. Per quanto concernono alcune
dottrine e pratiche della Chiesa Cattolica, Lutero era dell'avviso che
dovevano essere combattute, mentre per M. erano indifferenti, e quindi
potevano essere anche ammesse. La controversia fu denominata adiaforista dal
latino adiaphora (cose indifferenti dal punto di vista morale). Inoltre
Lutero era convinto che l'uomo non poteva contribuire alla propria salvezza,
ma M., in età matura, credeva che la volontà umana era utile perlomeno per
lottare contro la debolezza insita nell'uomo: questo pensiero fu detto
sinergistico.
Le opere M. fu un uomo di enorme cultura (secondo
alcuni autori, secondo solo a Erasmo da Rotterdam) e scrisse, tra l'altro, a
parte i Loci communes e la Confessio Augustana, di cui si è già detto, una
Apologia in difesa della Confessio, una Instructio visitatorum, per i
visitatori delle chiese luterane, una vasta raccolta dei suoi insegnamenti,
riuniti nel Corpus Philippicum, ed un trattato sul metodo di studio della
teologia. ----- Adozionismo
Dottrina cristologica, che pone
l'accento sulla adozione di Gesù, come uomo, da parte di Dio. Essa ricorre
svariate volte, in maniera più o meno palese o rielaborata, nella lunga
storia delle eresie cristiane:
La setta giudeo-cristiana degli
ebioniti (I secolo) Svariate correnti del gnosticismo, come le scuole di
Carpocrate, di Basilide, gli ofiti. Teodato, un conciatore di pelli di
Bisanzio (III secolo) vero fondatore della prima corrente adozionista. I
seguaci di Teodato (sempre del III secolo):l'omonimo Teodato detto
il Banchiere o il Cambiavalute, Esclipedoto, Artemone. Paolo di Samosata
(200-275) rielaborò e diede spessore teologico all'idea
di Teodato. Nestorio, patriarca di Costantinopoli (381-451), insistette
sulle due nature, solo congiunte tra loro, del Cristo incarnato, l'uno Divino
e l'altro umano. Elipando di Toledo (m. 807) e Felice di Urgel (m.
813) Pietro Abelardo (1079-1142) Lelio Sozzini (1525-1562) ed il nipote
Fausto Sozzini (1539-1604) Samuel Hopkins (1721-1803) teologo
americano Adolf von Harnack (1851-1930) e Rudolf Bultmann (1884-1976)
teologi tedeschi del XX secolo Testimoni di Geova (XIX-XX
secolo) ----- Adozionismo
Dottrina cristologica, che pone
l'accento sulla adozione di Gesù, come uomo, da parte di Dio. Essa ricorre
svariate volte, in maniera più o meno palese o rielaborata, nella lunga
storia delle eresie cristiane:
La setta giudeo-cristiana degli
ebioniti (I secolo) Svariate correnti del gnosticismo, come le scuole di
Carpocrate, di Basilide, gli ofiti. Teodato, un conciatore di pelli di
Bisanzio (III secolo) vero fondatore della prima corrente adozionista. I
seguaci di Teodato (sempre del III secolo):l'omonimo Teodato detto
il Banchiere o il Cambiavalute, Esclipedoto, Artemone. Paolo di Samosata
(200-275) rielaborò e diede spessore teologico all'idea
di Teodato. Nestorio, patriarca di Costantinopoli (381-451), insistette
sulle due nature, solo congiunte tra loro, del Cristo incarnato, l'uno Divino
e l'altro umano. Elipando di Toledo (m. 807) e Felice di Urgel (m.
813) Pietro Abelardo (1079-1142) Lelio Sozzini (1525-1562) ed il nipote
Fausto Sozzini (1539-1604) Samuel Hopkins (1721-1803) teologo
americano Adolf von Harnack (1851-1930) e Rudolf Bultmann (1884-1976)
teologi tedeschi del XX secolo Testimoni di Geova (XIX-XX
secolo) ----- Aeluro, Timoteo (m.477)
Timoteo Aeluro si
inserì nella lotta, dopo il Concilio di Calcedonia (451), tra cattolici
ortodossi e monofisiti per il controllo del Patriarcato
di Alessandria. Dopo che il precedente Patriarca monofisita Dioscoro
d'Alessandria (444-451) fu bandito, l'Imperatore d'Oriente Marciano (450-457)
fece eleggere al seggio Proterio (452-457). Ma questi fu semplicemente
ignorato dagli egiziani e successivamente scomparve, assassinato nel
457. D'altra parte, l'elezione per acclamazione popolare di A. (dal nome
del gatto sacro agli antichi egizi) a Patriarca d'Alessandria nel 457
diede luogo alla creazione di due fazioni contrapposte: i cattolici
ortodossi, chiamati Melchiti, fedeli all'imperatore, e i monofisiti,
chiamati Giacobiti. Tuttavia il nuovo imperatore Leone I (457-474) fece
esiliare A., sostituendolo con un altro Timoteo, detto Salofaciolo (cioè
cappello tremante), cattolico ortodosso. Nel 474, si ebbe un nuovo
capovolgimento di fronte: il neo eletto nuovo imperatore Zenone (474-475 e
476-491) fu deposto e l'usurpatore, Basilisco, prese il potere per 20 mesi.
Durante questo periodo A. ridiventò Patriarca d'Alessandria e, assieme all'ex
Patriarca di Antiochia Pietro Fullone, convi nse l'imperatore a condannare le
risoluzioni del Concilio di Calcedonia. Un nuovo concilio fu indetto ad Efeso
per ratificare questa condanna. Comunque, nonostante il ritorno del legittimo
imperatore Zenone, A. fu lasciato in pace, anche a causa della sua età
avanzata e sotto la sua guida, con l'aiuto dei monaci cristiani egiziani,
denominati in arabo qubt (copti) dal greco (e)gýpt(ikos), fu fondata la
Chiesa Egizia, detta appunto Copta. Il tipo di monofisismo adottato dai Copti
rifiutava il concetto espresso da Eutiche di fusione tra le due nature,
divina e umana, di Gesù Cristo, per favorire un'unione come tra corpo e
anima. ----- Aezio di Celesiria (o di Antiochia) (m.
367)
Nato a Celesiria (oggi Beqa'a) all'inizio del IV secolo,
Aezio fu il fondatore del ramo più radicale dell'arianesimo, detta degli
aeziani. Rispetto alla natura di Cristo, A. era convinto che solo il Padre
fosse Dio, e quindi che il Figlio fosse dissimile da Dio (anòmoios). Detta
dottrina, supportata anche da Eunomio di Cizico e Ursacio di Singiduno, fu
ribadita nei tre sinodi, tenuti tra il 357 ed il 359 a Sirmio (nella ex
Iugoslavia) ed indetti dall'imperatore Costanzo II (337-361, figlio di
Costantino), per cercare di venire a capo delle dispute teologiche sviluppate
all'interno del movimento ariano, in seguito alla morte della guida
carismatica, Eusebio di Nicomedia (m. ca. 341).
Le altre formulazioni
presentate erano: Homooùsios (identico, nella sostanza, a Dio, cioè
consustanziale), secondo il Credo di Nicea, difeso da Atanasio di
Alessandria. Homoioùsios (simile, nella sostanza, a Dio), propugnato da
Basilio di Ancyra. Hòmoios (simile a Dio), proposto da Acacio di Cesarea,
definizione vaga, dove si parlava di una generica similitudine tra Padre e
Figlio, senza precisare il rapporto sul piano della
sostanza.
All'inizio (357) il partito dell'aeziani ebbe la meglio e i
vari discepoli di A. occuparono posti di rilievo, tuttavia la reazione
dell'opinione pubblica fu talmente energica, che successivamente (358)
l'imperatore Costanzo decise di aderire alla dottrina dell'homoioùsios di
Basilio e di bandire A. e i suoi seguaci. Ma, dopo il III° sinodo di
Sirmio del 359, Costanzo cambiò nuovamente parere, preferendo la versione più
"soft" di Acacio (homoios) come ufficiale e convocò i vescovi occidentali a
Rimini e quelli orientali a Selucia per ratificare la formula acaciana. Il
concilio di Seleucia del 359, aggiornato a Costantinopoli nel 360, vide la
strenua opposizione degli aeziani, ma l'esilio di A. fu confermato. La
situazione cambiò nuovamente nel 361 con la morte di Costanzo e l'ascesa al
potere di Giuliano, detto l'Apostata (361-363), il quale proclamò un'amnistia
generale per tutti i cristiani, permettendo ad A. di rientrare ad Antiochia
(dove morì nel 367) e riacquistare una certa popolarità. Ciononostante, pochi
anni dopo, la corrente radicale di A. sarebbe scomparso sotto il contrattacco
dei niceni, supportati dai due imperatori Valentino I (364-375) e Teodosio I
(379-395). Scrittore prolifico, A. scrisse 300 trattati, di cui ci restano
frammenti della sua opera principale, di ispirazione anti-nicena, il
Syntagmation, tramandate da Epifanio. ----- Giuliano di Alicarnasso (m.
ca. 527)
Giuliano divenne vescovo di Alicarnasso (nell'attuale
Turchia occidentale) durante il regno dell'imperatore Anastasio (491-518),
monarca alquanto tollerante verso il monofisismo. Tuttavia, alla salita al
trono nel 518 dell'ortodosso Giustino I (518-527), G. fu esiliato in
Egitto. Qui, egli fondò la corrente degli aftartodocetisti o fantasiasti
o incorrutticoli, una variante del monofisismo. Essi, in contrasto con la
corrente monofisita dei severiani o fartatolatri o corrutticoli, fondata da
Severo di Antiochia, affermavano che Cristo aveva una natura umana
incorruttibile, non solo dal momento della resurrezione, ma già dalla
incarnazione. Quindi, Cristo non era normalmente soggetto ai desideri di
fame, sete, stanchezza, ecc. ma si era sottoposto volontariamente ad essi per
amore nostro. G. morì ca. nel 527. L'imperatore Giustiniano (527-565),
che in tardi età desiderava la riconciliazione dei Cristiani, fece diventare,
nel 565, l'incorruttibilità del Corpo di Cristo, elaborata da G., una
dottrina della Chiesa. Questa mossa, più politica che altro, serviva a
Giustiniano per prendere le distanze dai severiani, favorendo un loro
avversario e volutamente dimenticandosi della scomunica postuma emesso a
carico di G. a Costantinopoli nel 536. ----- Circoncellioni (o
circumcellioni) o agonistici (IV secolo)
I Circoncellioni erano
bande di ex contadini fanatici religiosi, probabilmente di razza berbera,
collegati al movimento donatista del IV secolo e diffusi soprattutto in
Numidia. Il loro nome derivò dal latino circum cellae, in quanto essi
sostavano spesso intorno alle tombe, o più precisamente, intorno ai magazzini
di derrate alimentari vicino alle chiese contenenti le tombe dei
martiri. Vennero chiamati anche agonistici (lottatori). Erano armati
principalmente di bastoni e sfogavano la loro aggressività, attaccando al
grido di Deo laudes e prendendo a bastonate i cattolici oppure i proprietari
terrieri o gli agenti delle tasse o infine assaltando ville e chiese
cattoliche. I C. si erano votati al martirio, anche attraverso il suicidio
attuato gettandosi da precipizi o annegandosi o mediante un'altra tecnica
estrema di martirio: quella di fermare un passante e minacciare di ucciderlo,
se questi, a sua volta, non avesse ucciso il C. stesso. Le ripetute azioni
dei C., sotto il comando di Axido e Fasir, infastidirono gli stessi
donatisti, che chiesero l'intervento militare delle truppe del generale
Taurino per combattere gli eccessi. Taurino sconfisse i C. ad Ottava, in
Numidia, ma essi rimasero comunque il braccio armato dei donatisti per
parecchio tempo. ----- Agricola (Schnitter o Schneider), Johann (o
Johannes) (1494-1566) e antinomismo (o
antinomianismo)
Definizione e storia dell'antinomismo o
antinomianismo L'antinomismo è la convinzione dell'inutilità della legge
morale, solitamente, ma non solamente, derivata da motivi filosofici o
teologici. Questo atteggiamento era già presente all'inizio del Cristianesimo
nella dottrina di varie sette gnostiche, come i Carpocraziani o i Cainiti,
che sostenevano di non essere più soggetti alla legge, basandosi
su un'interpretazione (del tutto soggettiva) della Lettera di San Paolo
ai Romani, per esempio nei seguenti brani: Perché non dovremmo fare il
male affinché venga il bene, come alcuni - la cui condanna è ben giusta - ci
calunniano, dicendo che noi lo affermiamo? (3,8) Ora invece,
indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio,
testimoniata dalla legge e dai profeti. (3,21) Dalla Riforma in avanti, le
idee antinomiane comparvero abbastanza sistematicamente nel mondo
protestante: nel XVI secolo furono espresse in Germania da Johann Agricola,
nel XVII secolo dai Ranters in Inghilterra e da Anne Hutchinson nelle colonie
inglesi in America, nel XVIII secolo dal conte Zizendorf, nel XIX secolo da
John Nelson Darby e dai fratelli di Plymouth.
Johann
Agricola Johann (o Johannes) Agricola, da non confondere con l'omonimo
alchimista (1589-1643), nacque nel 1492 in Eisleben, una cittadina nella
Turingia, nove anni dopo il suo illustre concittadino, Martin Lutero. Il suo
nome originario era Schnitter, o Schneider, e spesso venne
soprannominato Magister Islebius. Compì i suoi studi a Wittenberg, dove,
una volta laureato, insegnò e dove aderì alla Riforma luterana e nel 1525 A.
si trasferì a Francoforte per diffondere il protestantesimo, ma, dopo poco,
ritornò ad Eisleben per insegnare alla scuola di Sant'Andrea fino al 1536. In
quell'anno, infatti, fu richiamato dall'università di Wittenberg con
l'offerta di una docenza. Tuttavia, poco dopo il suo arrivo, scoppiò la
controversia antinomiana: A. forzò il pensiero luterano della giustificazione
sola fide, per arrivare alla conclusione che, se le buone opere non portavano
alla salvezza, allora neanche le cattive opere la facevano perdere. Egli
fu per questo attaccato duramente da Lutero nel suo trattato Contro
gli antinomiani, dove quest'ultimo affermò che la legge dava all'uomo
la coscienza del peccato e che la paura della legge era necessaria per
la conservazione della moralità. Sotto la continua pressione di Lutero
stesso, A. fu costretto a ricusare le proprie idee nel 1540 davanti al
Principe elettore di Brandeburgo, Gioacchino II (1535-1571), da cui A. era
stato nominato predicatore di corte. A. morì a Berlino nel
1566.
Curiosità Il grande poeta inglese del periodo vittoriano,
Robert Browning (1812-1889), scrisse nel 1836 un poema, sotto forma di
monologo drammatico, dal titolo Johannes Agricola in Meditation, in cui il
poeta si immagina le fantasticherie di A., che si crede al sicuro dagli
strali divini, qualsiasi cattiveria compia, come in questo
passaggio:
....io ho la garanzia divina, che potrei mischiare in
una tazza, ogni orrendo peccato per bere tutto il veleno mescolato; certo
che la mia natura velocemente convertirebbe il sorso in letizia
fiorente. ----- Agrippa di Nettesheim, Heinrich Cornelius
(1486-1535)
La vita Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim,
famoso alchimista, medico, mago, teologo e filosofo tedesco, nacque il 14
Settembre 1486 a Colonia dalla ricca e nobile famiglia Von Nettesheim.
Originariamente il suo nome era Heinrich Cornelis, ma egli decise di
latinizzare Cornelis in Cornelius e di aggiungere il nome Agrippa in onore
del fondatore romano della città di Colonia (la Colonia Agrippina dell'impero
romano). Nel 1499, a soli 13 anni, A. si iscrisse nella facoltà di
arti all'università di Colonia, ottenendone il relativo baccalaureato nel
1502 e nel 1506 entrò al servizio dell'imperatore Massimiliano
d'Asburgo (1493-1519) come segretario della corte. Nel 1506 stesso, A. si
recò a studiare a Parigi, dove fondò una confraternita segreta per la pratica
delle scienze occulte e, in seguito (nel 1507-08), viaggiò in Spagna (a
Barcellona e nelle isole Baleari). Nel 1509 A. iniziò a tenere delle lezioni
sul De verbo mirifico di Johannes Reuchlin all'università di Dôle (nella
Borgogna), ma fu costretto a lasciare la città nel 1510, dopo essere stato
pubblicamente accusato di eresia, a causa dei suoi insegnamenti eterodossi,
da parte di Jean Catilenet, capo dell'ordine dei Francescani della
Borgogna. In quel frangente, A. fu provvidenzialmente mandato da Massimiliano
I in missione in Inghilterra, presso re Enrico VIII (1509-1547), il quale
venne convinto da A. ad allearsi con l'imperatore nella Lega Santa, contro
Luigi XII di Francia (1498-1515). In Inghilterra A. riuscì a completare la
stesura del suo De occulta philosophia, nel quale iniziò ad accostarsi alla
Cabbala, molto probabilmente in seguito all'influenza di famosi studiosi
quali l'abate Johannes Tritemius (Heidenberg) di Sponheim (1462-1516), abate
del monastero di St. Jakob, presso Würzburg, presso il quale A. aveva
risieduto per qualche mese. Nel 1511 il poliedrico A. intraprese la
carriera militare, entrando nell'esercito dell'imperatore Massimiliano I
d'Asburgo, dove si distinse combattendo per la Lega di Cambrai (Spagnoli ed
Asburgici) contro la Repubblica di Venezia e guadagnandosi in breve tempo i
gradi di Capitano: fu successivamente nominato Cavaliere per atti di
coraggio. Sempre nel 1511 egli partecipò in qualità di teologo al sinodo di
Pisa, convocato da nove cardinali, appoggiati da Luigi XII di Francia in
aperto conflitto con il Papa Giulio II (1503-1513), ma ciò costò ad A.
una scomunica, comminata peraltro a tutti i partecipanti del sinodo da parte
di Giulio II: tuttavia tale condanna gli fu successivamente condonata
dal successivo pontefice, Leone X (1513-1521), suo fervente
ammiratore. Dal 1512 A. iniziò ad insegnare all'università di Pavia, dove nel
1515 egli istituì una accademia per lo studio delle scienze occulte, tenendo
delle lezioni su Ermete Trismegisto, e dove trovò perfino il tempo per
laurearsi in legge e medicina. Nel 1518-1519 egli si distinse come
avvocato e oratore a Metz, in Francia, dove si scontrò con l'Inquisizione per
aver preso le difese di presunte streghe. Sempre a Metz A. si mise in luce
difendendo con successo Jacques Le Fèvre d'Etaples, ma in seguito a ciò fu
costretto ad emigrare in Svizzera. Qui, dal 1521 al 1523 A. praticò l'arte
medica e la sua fama gli permise, nel 1524, di diventare a Lione medico
personale di Luisa di Savoia, madre del re Francesco I di Francia
(1515-1547). Tuttavia, dopo poco, A. cadde in disgrazia e perse i favori
della Regina Madre per essersi rifiutato di compilarle un
oroscopo. Comunque, a permettere nel 1528 ad A. di risiedere in Anversa (dove
si guadagnò la fama di medico miracoloso), di pubblicare le sue opere e
di riprendere i suoi esperimenti di alchimia, fu un'altra grande
protettrice, Margherita d'Asburgo, figlia dell'imperatore Massimiliano I e
artefice, assieme alla già citata Luisa di Savoia, della pace di Cambrai del
1529, detta appunto delle Due Dame. Nel 1530 A. scrisse il suo De
incertitudine et vanitate scientiarum et artium, e pubblicò il De occulta
philosophia, con i quali si alienò i favori degli accademici dell'università
Sorbona di Parigi, i quali gli fecero una guerra spietata, riuscendo perfino
a farlo imprigionare. A questo si aggiunse oltretutto un crescente
atteggiamento ostile da parte dell'imperatore Carlo V, soprattutto dopo la
morte nel 1530 della protettrice di A., Margherita d'Asburgo. A. fu infine
attaccato dai monaci di Lovanio, per le sua denuncie contro la venerazione
dei santi e delle reliquie e per il suo ostinato richiamo ad un ritorno alla
lettura delle Sacre Scritture originarie. Nel 1533, Carlo V, istigato dai
Domenicani, condannò A. a morte (pena che fu solo successivamente commutata
in una condanna all'esilio) per eresia, ma questi fuggì in Francia. Qui egli
fu incarcerato, non si sa se per debiti o per lo sgarbo fatto alla madre del
re Francesco I, ma in seguito fatto liberare da alcuni amici. A. si recò
quindi a Lione, dove però non giunse mai perché morì, povero in canna, a
Grenoble il 18 Febbraio 1535, mentre era ospite di un importante cittadino
della città francese. Dopo la sua morte, si moltiplicarono le leggende più
fantastiche a testimonianza del grande alone di mistero e magia, che circondò
questo studioso, il quale ebbe, fra l'altro, una grande influenza su un
altro famoso studioso eterodosso di qualche anno dopo: Giordano
Bruno.
Il pensiero A. fu un dotto esponente della scuola
magico-astrologica. Egli credeva che l'universo fosse un essere vivente
dotato di un corpo e di un'anima. Il corpo, a sua volta, era formato di
quattro elementi: terra, aria, fuoco e sangue, che concorrevano a formare gli
oggetti. Poiché, secondo A., gli oggetti erano dotati di poteri occulti,
attraverso la magia era possibile dominare la natura. Tuttavia per
comprendere l'universo in pieno, per A. erano comunque sempre necessari la
fede ed il misticismo. ----- Albano (vescovo cataro) (inizio XII
secolo)
Vescovo della chiesa catara di Desenzano, caratterizzata
da un dualismo alquanto radicale. Dal nome di A. sono derivati gli
albanenses, come erano chiamati i membri di questa chiesa: pare che l'altra
ipotesi etimologica, cioè che questa parola derivi dall'Albania, avanzata da
alcuni autori, sia da ritenersi priva di fondamento. ----- Albano
(vescovo cataro) (inizio XII secolo)
Vescovo della chiesa catara
di Desenzano, caratterizzata da un dualismo alquanto radicale. Dal nome di
A. sono derivati gli albanenses, come erano chiamati i membri di questa
chiesa: pare che l'altra ipotesi etimologica, cioè che questa parola derivi
dall'Albania, avanzata da alcuni autori, sia da ritenersi priva
di fondamento. ----- Flagellanti (dal XIII
secolo)
L'usanza di frustare per motivi di disciplina o frustarsi
per penitenza fece già parte, fin dal IX secolo, della disciplina monastica
del medioevo e venne impiegata in diversi ordini religiosi come i
Camaldolesi, i Cluniacensi o i Domenicani. Tuttavia, ciò che iniziò a
preoccupare la Chiesa Cattolica dei secoli XIII e XIV fu una nuova forma di
flagellanti, cioè gruppi incontrollabili di persone, i quali, in grandiose
processioni pubbliche, si frustavano in remissione dei peccati del
mondo. Si possono riconoscere diversi movimenti che hanno fatto uso di questa
forma di auto punizione.
Flagellanti del 1260 Il 1260 fu una
data cruciale per il Cattolicesimo: coincideva infatti, secondo il mistico
calabrese Gioacchino da Fiore, con l'inizio dell'era dello Spirito Santo e
con la lotta finale contro l'Anticristo, ed effettivamente gli episodi
nefasti del 1259, come l'epidemia di pestilenza, la carestia diffusa e
l'invasione dei tartari in Europa Centrale, facevano proprio pensare che
fosse giunto il momento predetto. Così sorse il movimento dei f. a Perugia su
iniziativa di un eremita francescano umbro, Fra Raniero Fasani (m. 1281),
fondatore di una fratellanza dei Disciplinati di Gesù Cristo (altri gruppi si
chiamarono Battuti, Frustati ecc.). Queste compagnie si diffusero rapidamente
per tutta l'Italia centrale e settentrionale, coinvolgendo donne, uomini,
bambini, laici e religiosi, in gigantesche processioni (fino a 10.000
persone), che passavano attraverso le città, mentre i f., spesso denudati
fino alla cintola, ma col viso coperto da un cappuccio, si frustavano fino a
far sgorgare copioso il sangue. Il movimento si diffuse anche in altri
paesi Europei, come Germania, Boemia e Polonia, finché nel Gennaio 1261, il
Papa Alessandro IV (1254-1261) proibì questa usanza pubblica. Ci furono
alcune frange isolate, come il movimento di Venturino da Bergamo in Italia,
attive fino al 1296.
Flagellanti del 1348 Nel 1347 la Peste,
chiamata Morte Nera, iniziò la sua devastazione in Europa, decimandone la
popolazione di oltre un terzo nei due anni successivi. Inoltre tremendi
terremoti si susseguirono in Italia, Francia e Europa Orientale e molti
pensarono che era imminente la parusìa, il secondo ritorno di Cristo sulla
terra, e quindi per purificarsi apparvero nuovamente, nel 1348, le compagnie
di f., che sfilavano vestiti con un saio e cappuccio (nero o bianco) con una
croce rossa sul petto e sulla schiena (da cui il nome di Fratellanza della
Croce) e frustandosi, mentre cantavano laudi, componimenti popolari sulla
passione di Cristo, di cui Jacopone da Todi fu un valente
compositore. Chiunque avesse voluto aderire al movimento, doveva poi
rimanerci per trentatré giorni e mezzo (per ricordare gli anni di Cristo),
periodo che Gesù Cristo stesso, in una "lettera" fatta recapitare a Roma da
un angelo (sic!), aveva stabilito come minimo per salvarsi l'anima. Il
movimento, forte di ben 50.000 persone, si diffuse in Italia,
Ungheria, Svizzera e nel 1349 in Olanda, Boemia, Polonia e Danimarca, ma non
in Inghilterra, dove non ebbero seguito. Ovviamente una massa così poco
controllabile diede luogo allo sviluppo di dottrine eterodosse, come il
dubitare del valore dei sacramenti ufficiali a causa della corruzione della
Chiesa, il confessarsi o il battezzarsi tra loro; o allo sfogo di
atteggiamenti intolleranti nei confronti degli ebrei con vere e proprie
persecuzioni: si calcola, per esempio, che nella sola Strasburgo furono
trucidati circa 8.000 ebrei. Papa Clemente VI (1342-1352) dapprima permise
alcune processioni, ma poi reagì alle spinte eretiche condannando il
movimento in una lettera inviata nel 1349 ai vescovi di Francia, Germania,
Polonia, Svezia e Inghilterra. Soprattutto in Germania, nella Turingia, il
fenomeno aveva preso rilievi preoccupanti nel 1360 con la comparsa di un
certo Konrad Schmid, il quale si spacciò come la reincarnazione
dell'imperatore Federico II o quella del profeta Enoch e pretese di abrogare
l'autorità ecclesiastica. Schmid e sei altri capi del movimento,
probabilmente associati ai Fratelli del Libero Spirito, furono bruciati sul
rogo nel 1369. Un altro movimento di f., condannato e poi soppresso, fu
quello della confraternita degli albati (dal colore bianco dei loro
cappucci), che manifestarono a Roma nel 1399 alla vigilia del giubileo del
1400. La repressione dei f. continuò per tutto il XIV e XV secolo con
processi seguiti dagli immancabili roghi per decine, e a volte centinaia, di
f. condannati a morte.
Flagellanti dal XVI secolo in poi Più
recentemente, in particolare dal XVI secolo (quando venne incoraggiato in
Francia da Caterina dei Medici e dal re Enrico III) in avanti, il fenomeno si
è ripetuto, ma più nei binari dell'ortodossia e controllato dalle autorità
ecclesiastiche e certe volte stimolato dall'azione di confraternite
penitenziali accettate e ispirate dalle prediche del domenicano San Vincenzo
Ferrer (1350-1419). Manifestazioni simili si ebbero con i Penitenti neri del
1574 o Los Hermanos Penitentes in Messico e in New Mexico, oppure in Spagna
(censurati da re Carlo III nel 1777) e, portati dai Gesuiti, nelle colonie
spagnole del Sud America e soprattutto delle Filippine, l'unica nazione che
attualmente vede un vero e proprio revival dell'auto flagellazione. Infine
in Italia sopravvivono tuttora tradizioni di f. in processioni sacre, per
esempio quelli dei Vattienti a Nocera Terinese (in provincia di Catanzaro),
dei Battenti a Verbicaro (in provincia di Cosenza) e dei Battenti (ogni sette
anni) a Guardia Sanframondi (in provincia di Benevento), mentre le cruenti
processioni di f., che si svolgevano a Ispica e Ibla (ambedue in provincia di
Ragusa), ormai non hanno più questi connotati estremi.
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