LE ERESIE - PERSONAGGI |
I mennoniti dopo la morte di Menno Simons Dopo la morte di S., i suoi
seguaci, come già detto, furono denominati mennoniti. Purtroppo quasi
immediatamente iniziarono le secessioni interne al movimento: la prima fu
quella dei waterlanders (il Waterland era la regione costiera nell'Olanda
settentrionale), che furono guidati con energia per 54 anni (dal 1577 al
1638) da Hans de Ries. I waterlanders parteciparono attivamente alla guerra
di liberazione dell'Olanda contro gli spagnoli, sia consegnando a Guglielmo
d'Orange una forte somma nel 1572, sia inviando volontari a combattere a
fianco dei calvinisti, cosa ancora più straordinaria, vista la tipica
vocazione non violenta dell'anabattismo. Comunque questo spirito pacifista
fu ribadito nel 1577 nella Confessione di fede di Waterlander, elaborata da
de Ries stesso, in cui si condannò la guerra e la violenza, oltre a
sottolineare i punti cardini dell'anabattismo: battesimo solo degli adulti,
negazione del peccato originale, condanna del giuramento, obbedienza
condizionata alle autorità locali. Il governo olandese li trattò tutto
sommato abbastanza bene, esentando i loro templi e orfanotrofi dal pagamento
delle tasse, permettendo loro di fare semplici dichiarazioni al posto dei
giuramenti nei tribunali e esentandoli dalla leva militare dietro pagamento
di una somma concordata. I rimanenti mennoniti olandesi invece scomparvero in
un frazionamento all'infinito: prima in frisoni (vriezen) e fiamminghi
(vlamingen): poi ognuno dei due gruppi si frazionò ulteriormente in
conservatori (o vecchi) e moderati (o giovani). Gli altri mennoniti, che
erano la maggioranza, non ebbero la fortuna del gruppo olandese e furono
costretti, a causa delle persecuzioni, a spostarsi sempre più verso est,
verso la Prussia, la Polonia, l'Ungheria, la Transilvania, fino in Russia,
invitati in quest'ultimo paese nel 1786 dalla imperatrice Caterina II
(1762-1796), detta la Grande, la quale concesse loro la libertà di religione
e l'esenzione militare. Nel frattempo, nel 1693, dal filone principale dei
mennoniti, si era staccato l'ex vescovo svizzero Jakob Amman, il quale aveva
fondato una sua chiesa denominata amisch, poi graficamente semplificato in
amish. Oramai totalmente scomparsi in Europa, gli amish sono ancora presenti
in Stati Uniti, principalmente in Pennsylvania, e sono caratterizzati da
una strettissima osservanza biblica, per cui rifiutano qualsiasi modernità,
come automobili, telefoni, televisori e lampadine elettriche. Nel XIX
secolo, quando in Prussia ed in Russia si introdusse la leva obbligatoria per
tutti, i mennoniti ripresero le emigrazioni verso gli Stati Uniti, dove altri
loro confratelli, già dal 1663, erano emigrati, in particolare in
Pennsylvania, e dove avevano lottato contro il commercio degli
schiavi. Altre emigrazioni del XIX secolo portarono i mennoniti russi,
attraverso il Pacifico, in Canada (Manitoba), negli Stati Uniti centrali
(Nebraska e Indiana) e in Paraguay.
I mennoniti oggi I
mennoniti sono quindi principalmente concentrati in America: infatti, benché
secondo le loro statistiche interne ci siano più di un milione di fedeli
(tuttavia secondo altre statistiche sono solo 700.000) sparsi in 60 paesi del
mondo, solo in Stati Uniti e Canada (secondo la Mennonite World Conference
del 1996) ci sono 415.978 membri (altri danno un numero più contenuto di
circa 200-250.000 fedeli nordamericani). La denominazione americana più
numerosa è quella della Mennonite Church USA, ottenuta dalla recentissima
fusione nel febbraio 2002 delle due chiese mennonite più diffuse: la
Mennonite Church, (il filone principale con circa 96.000 fedeli), e la
General Conference Mennonite Church (progressista con circa 36.000 fedeli in
USA e 17.000 in Canada), ma esistono anche altre chiese mennonite derivate da
varie scissioni in senso progressista, pietista, revivalista o
tradizionalista, come: Mennonite Brethren (revivalista con 34.000 fedeli,
ugualmente divisi tra USA e Canada), Church of God in Christ, Mennonite
(da non confondere con la quasi omonima organizzazione pentecostale)
revivalista con 12.000 membri, Old Order Mennonites di stampo
tradizionalista, Church of the Brethren, progressista. Brethren in Christ
pietista, che a livello mondiale conta 80.000 fedeli grazie ad attività
missionarie in Africa, India e Sud America. Helwys (o Elwes o Helwisse o
Helwas) Thomas (ca. 1550- ca.1616) e la Chiesa Battista
Generale
Le notizie su Thomas Helwys (il cognome viene riferito
anche come Elwes, Helwisse o Helwas) sono molto scarse: egli nacque da una
famiglia di proprietari terreni (il padre si chiamava William Helwys) a
Broxtowe Hall, nella contea inglese del Nottinghamshire, nel 1550 circa, e
ricevette una buona educazione al collegio Gray's Inn, a Londra. Non sono
note altre informazioni fino al 1606, quando H. decise di aderire ad una
congregazione separatista, fondata da John Smyth e John Robinson, nella valle
del fiume Trent, alla confluenza delle contee del Lincolnshire, Yorkshire e
Nottinghamshire. Facevano parte del gruppo William Brewster, Richard Clifton,
Hugh Bromhead, e William Bradford (1590-1657). Quest'ultimo sarebbe in
seguito diventato il governatore della colonia dei Padri Pellegrini a
Plymouth nel Massachusetts. A causa di divergenze interne (contrariamente a
Robinson, Smyth voleva tagliare ogni forma di amicizia con i puritani rimasti
nell'ambito della Chiesa Anglicana), il gruppo si spezzò in due tronconi,
anche per motivi geografici: H., Clifton e Bromhead rimasero con Smythe a
Gainsborough (nella contea del Lincolnshire), mentre gli altri, che vivevano
vicino a Scrooby (nella contea del Nottinghamshire), scelsero Robinson come
loro capo. Comunque ambedue i gruppi decisero di emigrare in Olanda nel 1608,
Robinson a Leida e Smyth ad Amsterdam. Ad Amsterdam Smyth rincontrò il suo
ex collega d'università Francis Johnson (1562-1618), che aveva fondato una
chiesa separatista in esilio, dopo aver scontato quattro anni di prigione,
fino al 1596, per aver stabilito precedentemente una simile chiesa a
Londra. Smyth litigò ben presto con Johnson per una serie di ragioni, ma
soprattutto a causa del rifiuto di Smyth verso il battesimo dei bambini, un
punto piuttosto originale per una chiesa protestante inglese. Ciò era
inizialmente derivato dal rifiuto di tutto quello che veniva celebrato dalla
Chiesa Anglicana, incluso il battesimo infantile e poi, secondo Smyth,
era fondamentale credere per poter essere battezzati, una
condizione evidentemente impossibile per bambini neonati. Ma questa presa di
posizione, a quel tempo, suscitò scalpore perché faceva immediatamente venire
alla mente gli anabattisti e le atrocità della dittatura di Münster del
1534-36, che avevano provocato tanti lutti e dolori in molte famiglie
olandesi. Comunque Smyth, H. e i loro seguaci decisero ugualmente di fondare
una seconda chiesa congregazionalista o separatista in Olanda nel 1609 e
di ribattezzarsi: dapprima Smyth battezzò se stesso, poi battezzò H. e
gli altri. Questo gesto di se-battesimo, come fu chiamato l'auto-battesimo
di Smyth, fu aspramente criticato da Clifton, alle cui obiezioni Smyth
rispose cercando l'adesione ad uno dei rami più importanti
dell'anabattismo mennonita olandese: quello dei waterlanders di Hans De
Ries. Tuttavia questa subitanea decisione fu contestata da H., il quale,
non volendo assimilare in toto la dottrina dei mennoniti, abbandonò la chiesa
di S., fondandone una nuova, sempre di tipo congregazionalista,
denominata successivamente Chiesa dei Battisti Generali, che scomunicò Smyth
e tagliò ogni relazione con lui entro il 1611. Nello stesso anno H. espose
le proprie idee nella sua Declaration of Faith (dichiarazione di fede),
accettando il convincimento di tipo calvinista che i credenti fossero
predestinati alla salvezza, ma respinse, d'altra parte, che i peccatori
fossero destinati alla dannazione: Dio avrebbe salvato chiunque avesse
accettato la Grazia da Lui donata agli uomini per essere da loro, secondo il
libero arbitrio, recepita o respinta. Questa tesi non era farina del sacco di
H., bensì proveniva dalle dottrine del noto teologo calvinista Jakob
Hermanzoon, detto Arminio, pubblicate nel 1610, ed in seguito condannate nel
sinodo calvinista di Dort del 1618-19. Inoltre, contrariamente a Smyth, H.
accettò il dogma del peccato originale, pur mantenendo la pratica del
battesimo degli adulti (per immersione). Infine H. prese le distanze dai
mennoniti, respingendo la loro idea che i cristiani non dovessero mai giurare
o ricoprire ruoli nella magistratura. L'anno successivo, H. decise, con un
atto molto coraggioso (secondo H. era meglio perdere la vita per Cristo nel
proprio paese che fuggire per le persecuzioni), di far rientrare in
Inghilterra il proprio gruppo nel 1612 e stabilirsi, nel vecchio ospedale di
Spitafield, un quartiere nella parte orientale di Londra. Nel 1612 H.
pubblicò il suo scritto A short declaration of the Mistery of Iniquity (una
breve dichiarazione sul mistero dell'iniquità), mandandone una copia al re
Giacomo I (1567-1625) in persona. In questo scritto H. attaccò temerariamente
la monarchia, che non doveva imporre leggi in spregio delle coscienze dei
sudditi, poiché, come lui stesso scrisse, Il re è un uomo mortale, e non Dio,
e perciò non ha alcun potere di fare leggi e ordinanze per le anime mortali
dei suoi sudditi e imporre dei capi spirituali sopra di essi. Il credo di
H. prevedeva la massima tolleranza, anche per eretici, turchi, ebrei o
chiunque altro, ma il re Giacomo I non era dello stesso avviso e fece
perseguitare la chiesa di H. Lo stesso fondatore venne imprigionato nel 1613,
assieme all'altro leader John Murton (1585-ca.1626), nel carcere di Newgate,
dove morì probabilmente entro il 1616.
Benché oggigiorno gli
studiosi di storia delle religioni propendono per una presenza di battisti
sul territorio inglesi anche prima della Chiesa dei Battisti Generali di H.,
quest'ultima, nondimeno, viene accettata come la prima organizzazione
battista operante in Inghilterra. Negli anni successivi la morte di H., i
suoi seguaci, denominati, come detto, battisti generali, si distingueranno,
per il rifiuto di compromessi con la Chiesa Anglicana, dal movimento dei
battisti particolari [nato da una scissione della congregazione
Jacob-Lathrop-Jessey fondata nel 1616 da Henry Jacob (1553-1624)] che invece
cercarono di mantenere qualche forma di contatto con l'establishment
anglicano. Il futuro fu meno roseo per i battisti generali, che declinarono
man mano venendo entro il XVIII e XIX secolo riassorbiti dai metodisti o
dagli unitariani (quest'ultima fusione avvenne nel 1815), mentre dai
battisti particolari discendono le chiese battiste attualmente esistenti,
molto diffuse soprattutto in Stati Uniti.
Clarke, John
(1609-1676)
John Clarke nacque nella contea inglese del
Bedfordshire l'8 ottobre 1609 e si laureò in medicina, attività che esercitò
a Londra. Tuttavia, essendosi convertito al battismo, dovette subire le
conseguenze delle persecuzioni scatenate dall'arcivescovo di Canterbury,
William Laud (1573-1645) contro le sette non-conformiste nel 1637 e decise
quindi di emigrare nelle colonie americane. Nel novembre 1637 C. e la
moglie Elisabeth sbarcarono a Boston, nella colonia del Massachusetts Bay, ed
ebbero una amara delusione, trovando un'intolleranza da parte dei maggiorenti
puritani pari a quella lasciata in Inghilterra. C. non si perse d'animo:
raccolse un gruppo di dissidenti e con loro si mosse nel marzo 1638 dapprima
verso la Narragansett Bay, la zona dove si era installato il gruppo di Roger
Williams nel 1636, poi più a sud. Qui acquistò, il 24 marzo, dagli indiani un
territorio, dove poté fondare la cittadina di Newport e la locale Chiesa dei
Battisti, la prima degli USA, di cui egli fu nominato pastore. La Chiesa
di Newport aderì al movimento dei battisti particolari [nato da una scissione
della congregazione Jacob-Lathrop-Jessey fondata nel 1616 da Henry Jacob
(1553-1624)] che cercarono di mantenere qualche forma di contatto con
l'establishment anglicano, contrapposta ai battisti generali, che si
distinsero per il rifiuto di compromessi con la Chiesa Anglicana. Nel
frattempo, nella vicina Massachusetts, fu emanata una legge nel 1644
che bandiva il battismo e questa fu applicata quando, nel luglio 1651, C.,
John Crandall e Obadiah Holmes fecero visita a William Witter, un battista
cieco, che viveva a Lynn, vicino a Boston. I tre infatti furono sorpresi,
arrestati per aver organizzato una funzione religiosa battista non
autorizzata e condannati ad una forte multa o ad essere frustati in pubblico.
In agosto un ignoto amico pagò le multe e Crandall e C. furono rilasciati,
mentre Holmes rifiutò il pagamento e fu quindi frustato. Nello stesso
1651, C. si recò in Inghilterra, assieme a Roger Williams, per farsi
rinnovare la concessione ufficiale del territorio del Rhode Island. I due
riuscirono nell'intento e Williams rientrò nelle colonie nel 1654, mentre C.
rimase in Inghilterra fino alla restaurazione della monarchia
con l'insediamento sul trono del re Carlo II (1649-1685) nel 1660. Dallo
stesso re C. ottenne nel 1663 una nuova concessione ufficiale per Rhode
Island. Nel 1664 C. fece ritorno a Newport, dove riprese la sua attività di
pastore fino al giorno della sua morte, avvenuta il 20 aprile
1676. Fonzio, Bartolomeo (1502-1562)
Bartolomeo Fonzio, nato a
Venezia nel 1502, entrò da giovane nell'ordine dei francescani conventuali
minori. Come predicatore di notevole cultura e preparazione, F. era dotato di
un elevato carisma, ma proprio per questo si mise nei guai nel 1528,
predicando concetti luterani nella chiesa di San Geremia, nella sua città
natale e nel 1531 venne emesso l'ordine di arresto nei suoi confronti, ma,
aiutato da alcuni nobili veneziani, riuscì a fuggire in
Germania. Soggiornò per diversi anni (almeno fino al 1535) in varie città
tedesche: Augusta, Ulm, Norimberga, Basilea, Costanza e Strasburgo. Qui
diventò collaboratore dell'ex domenicano Martin Butzer (Bucero), che F. cercò
di aiutare nel difficile compito di mediare (Capitoli di Concordia) tra le
due anime della Riforma: calvinismo e luteranesimo (il punto del contendere
era l'interpretazione dottrinale sulla Santa Cena), ma dissentì per le
condanne, pronunciate dal Bucero nel giugno 1533, contro gli anabattisti e
Caspar von Schwenckfeld. F. rientrò in Italia, a Venezia, nello stesso
1533, illudendosi che si potessero portare avanti delle riforme in un
ambiente di riconciliazione tra cristiani. Allo scopo convocò delle riunioni
in casa sua, dove discutere liberamente di questi concetti, ma nel 1537 venne
denunciato all'Inquisizione. F. giocò d'anticipo recandosi a Roma da Papa
Paolo III (1534-1549) che lo fece arrestare: tuttavia F. presentò a sua
difesa una voluminosa documentazione, che convinse la commissione
esaminatrice di teologi a proscioglierlo dell'accusa e a metterlo in
libertà. Dal 1537 al 1541 visse all'Aquila e nell'abbazia di Farfa redasse un
suo Catechismo. Nel 1544 a Modena, egli partecipò attivamente alle
discussioni dell'Accademia modenese, fondata dal medico e umanista Giovanni
Grillenzoni, allievo di Pietro Pomponazzi. Assieme al tessitore bolognese
Tommaso Bavellino (m. 1549), già condannato a Ferrara e Bologna, F. organizzò
la propaganda luterana tra i cittadini di estrazione sociale più modesta,
come mercanti, tessitori, venditori ambulanti, ma nel autunno 1545 fu indetto
a Ferrara un processo contro di lui per le sue dottrine. Pensò bene di
cambiare aria e, dopo un breve periodo a Roma (1546-1547) ed ad Ancona, si
stabilì a Padova nel 1548. Nel 1551 si trasferì nella vicina Cittadella (dove
era ancora vivo il ricordo della tragedia di Francesco Spiera), e qui
soggiornò per sette anni come un apprezzato maestro di scuola, ma applicando
le sue dottrine all'insegnamento della religione, richiamò l'attenzione
dell'Inquisizione, venendo nuovamente inquisito nel 1557. Fuggì vagando
attraverso città dell'Italia settentrionale, ma quando rientrò a Cittadella,
fu arrestato il 27 maggio 1558 e condotto a Venezia, dove venne tenuto in
carcere per quattro anni con 44 capi d'accusa. La sua estradizione, chiesta a
gran voce dall'Inquisizione romana, fu negata dal Consiglio dei
Dieci. Probabilmente gli inquirenti veneziani speravano nella riconversione
del F., ma, dopo quattro anni di interrogatori e dopo aver rifiutato più
volte l'abiura, F. fu condannato a morte il 26 giugno 1562: egli avrebbe
dovuto essere strangolato nel carcere ed il corpo essere bruciato in Piazza
San Marco, ma, per ordine del Consiglio dei Dieci, che non
desideravano un'azione punitiva così eclatante, venne deciso di giustiziarlo
mediante annegamento, con una pietra legata ai piedi, nella laguna la notte
del 4 agosto 1562. Il suo testamento spirituale fu la Fidei et doctrinae
Bartolomei Fontii ratio, 284 tesi in latino (rielaborate su un suo precedente
testo del 1540) sulla predestinazione, la giustificazione sola fide, i
sacramenti come segno di grazia, ma anche un disperato appello alla
riunificazione universale tra cristiani e una speranza (disattesa) che il
Concilio di Trento (1545-1563) potesse accogliere detto
appello.
Bay (Baio), Michel de (1513-1589) e
baianismo
La vita Michel de Bay (o Michel Baius), nato nel
1513 a Melun, nella regione belga del Hainault, studiò filosofia
all'università di Lovanio (Louvain). Dopo la laurea e l'ordinazione a prete,
egli fu nominato direttore del collegio Standonk, a Lovanio, nel
1541. Divenuto docente di filosofia nel 1544, egli mantenne la cattedra fino
al 1550, quando, una volta laureato anche in teologia, fu nominato
presidente del collegio Adrien, sempre a Lovanio, e divenne il sostituto di
Jean Leonardi (Hasselius), professore di Sacre Scritture, in quel
momento impegnato nel concilio di Trento. B. iniziò a lavorare a nuove
idee dottrinali assieme a Jan Hessels (1522-1566), a sua volta sostituto di
Josse Ravesteyn (Tiletanus) (1506-1570), professore di teologia della
stessa università e impegnato anch'egli nel concilio della
Controriforma. Tuttavia, quando i due titolari di cattedra rientrarono nel
1552 da Trento, essi si resero conto ben presto delle idee non precisamente
ortodosse dei loro sostituti e chiesero quindi la condanna di 18 proposizioni
di B. e Hessels da parte dell'università parigina della Sorbona.
Tuttavia, nonostante la censura ufficiale, i due teologi dissidenti furono
scelti, a sorpresa, nel 1561 per rappresentare l'università di Lovanio al
concilio di Trento, dove, però, essi, dopo polemiche e discussioni, furono
inviati nel 1563 ufficialmente come teologi del re di Spagna, Filippo II
(1556-1598). Dopo la morte di Hessels, 79 idee di B. (e di Hessels stesso)
furono poi pubblicate nel 1566 nella sua opera Opuscula omnia, condannata
dalla bolla papale Ex omnibus afflictionibus, firmata da Papa Pio V
(1566-1572) il 1 ottobre 1567, dove, però, non venne menzionato il nome del
teologo belga, probabilmente nella speranza che egli si ravvedesse. Tuttavia
per tutta la sua vita, B. non fece altro di abiurare le sue idee, quando era
sotto pressione o accusato, per poi, passata la tempesta, ritornare sulle
proprie posizioni. Nel 1570 B. fu nominato decano della facoltà di
teologia, ma le sue idee furono sistematicamente attaccate sia da (San)
Roberto Bellarmino (1542-1621), professore di teologia a Lovanio tra il 1570
ed il 1576, che da Leonhard Lessius (1554-1623), successore di Bellarmino dal
1576. Infine, sotto la pressione da parte di Papa Gregorio XIII (1572-1585) e
del suo incaricato, il teologo e filosofo gesuita Francisco Toledo
(Toletus) (1532-1596), B., nel frattempo diventato cancelliere
dell'università, fu costretto a firmare una definitiva abiura nel 1579. Per
gli ultimi dieci anni della vita di B. non si segnalano altri fatti degni di
nota, fino alla sua morte avvenuta a Lovanio il 16 settembre
1589.
La dottrina del baianismo Sicuramente B. fu influenzato dal
pensiero, condiviso da alcuni teologi domenicani dell'epoca, di reazione
contro la Riforma protestante, e che si basava su una più attenta e diretta
rilettura delle Sacre Scritture e dei Padri della Chiesa, come San Cipriano,
Sant'Ambrogio e soprattutto Sant'Agostino, ricusando le interpretazioni della
Scolastica medioevale. Dall'altra parte, era forte anche la reazione nel
mondo cattolico contro la rigida applicazione, soprattutto da parte della
Compagnia di Gesù, dei concetti espressi nel Concilio di Trento (1545-1563):
esteriorità del culto, passiva accettazione dei sacramenti, soggezione senza
discussione alla gerarchia della Chiesa. I gesuiti, in particolare,
applicavano un lassismo benevolo verso i peccatori sottomessi alla Chiesa,
tenendo conto di tutta una serie di attenuanti, basati sui casi di coscienza,
mentre non esitavano di usare il pugno di ferro contro i dissidenti, anche se
questi erano armati delle migliori intenzioni religiose e
morali. Capostipite di questo pensiero gesuita fu il teologo Luis de
Molina (1535-1600), autore di Concordia liberi arbitrii cum gratiae donis,
divina praescientia, providentia, praedestinatione et reprobatione (1588).
Per Molina l'efficacia della grazia non sta nella sostanza della grazia
stessa, bensì nella preconoscenza divina che l'uomo collaborerà
spontaneamente con la grazia. Fortemente influenzato quindi da
Sant'Agostino, l'impianto dottrinale di B., denominato baianismo dal nome del
teologo, si inserì in questa polemica in atto sul concetto della grazia. I
punti fondamentali del baianismo furono: Nello stato dell'uomo prima del
peccato originale, l'innocenza non è un dono soprannaturale di Dio, ma un
complemento della natura umana. Questo stato include tra i suoi requisiti la
destinazione al paradiso, l'immunità dalla sofferenza, l'ignoranza e la
morte. Il successivo peccato originale non è semplicemente una privazione
della grazia, ma una concupiscenza, trasmessa in maniera ereditaria anche
ai bambini innocenti, e, nonostante il libero arbitrio, l'uomo, senza la
grazia divina, non è capace altro che di peccare. Il dono della primitiva
innocenza viene restaurato da Dio e Cristo mediatore: la redenzione e la
grazia infatti ci permettono di recuperare questi valori, operando una scelta
in cui sostituiamo la concupiscenza (che non possiamo eliminare, ma almeno
tenere sotto controllo) con la Carità. In questi tre punti, B. venne accusato
di mischiare l'antica eresia del pelagianesimo (stato primitivo dell'uomo)
con le idee contemporanee: calvinista (la successiva caduta dell'uomo) e
luterana (il concetto della redenzione). Il baianismo non sopravvisse al
suo ideatore, ma senz'altro diversi suoi elementi si ritrovarono circa
ottant'anni dopo, nel 1640, nel giansenismo.
Amman, Jacob (1644-dopo
il 1730) e ammaniti o amish
Jacob Amman Jacob Amman nacque nel
1644 a Erlenbach, nella valle del Simm (Simmental), nel cantone Berna in
Svizzera, da Michael Amman e Ann Ruppen, genitori di religione riformata, che
lo fecero battezzare il 12 febbraio dello stesso anno. In gioventù,
tuttavia, A. venne convertito alla corrente mennonita dell'anabattismo e
ribattezzato, in seguito al quale egli si trasferì in una comunità vicino a
Bowil, nella valle dell'Emm (Emmental), dove divenne un pastore ed in seguito
un vescovo mennonita. Nel 1673, a cause delle persecuzioni contro i mennoniti
nel cantone Berna, A. fuggì in Alsazia, dove esercitò il suo ministero come
vescovo fino al 1693 e dove, dopo la visita in Svizzera che portò alla
scissione del suo gruppo, si stabilì fino al 1708 a
Sainte-Marie-auz-Mines. Nel 1693 A. si rese protagonista di una delle
scissioni più importanti della tormentata storia degli anabattisti: in
quell'anno egli espresse la sua disapprovazione che gli anziani della chiesa
mennonita non stessero praticando la rigida separazione dal mondo e che in
particolare non applicassero alla lettera la meidung, cioè l'ostracismo più
rigoroso nei confronti del fedele colpito da scomunica, che doveva essere
osservata anche dai membri della sua stessa famiglia. Inoltre egli era
favorevole alla lavanda dei piedi in tutte le comunità (cioè era facoltativo
per i mennoniti), alla Comunione due volte all'anno (contro una volta
soltanto dei mennoniti), alla crescita della barba per gli uomini adulti
ed all'uniformità molto semplice dei vestiti dei fedeli. Per questo fu
scomunicato dai mennoniti svizzeri (che scomunicò a sua volta) e decise
quindi di fondare in Alsazia una propria comunità denominata ammanita o
amisch (in seguito semplificato graficamente in amish). Ogni successivo
tentativo di riconciliazione andò fallita anche per il carattere non
precisamente facile di A. Gli amish si diffusero anche in Germania, nel
Lussemburgo e Olanda, ma nel 1712 essi, ed in generale tutti gli anabattisti,
furono espulsi dall'Alsazia ed iniziarono ad emigrare verso le colonie
inglesi in America, in particolare, verso la Pennsylvania, terra di libertà
per tutte le confessioni religiose, grazie all'impegno di William Penn. Le
notizie sulla vita di A. da questo momento in avanti diventano molto scarse:
l'unica testimonianza è del 1730, quando la figlia dichiarò che il padre era
emigrato all'estero, senza però precisare né dove né quando. La data della
morte quindi può essere fatta risalire successivamente al 1730. Gli
Amish Come già detto, ad iniziare dal 1712, gli a. iniziarono ad emigrare
negli attuali Stati Uniti, soprattutto in Pennsylvania, dove la contea
di Lancaster ospita una delle comunità amish più numerose e resa famosa
dal film Witness (Il testimone). Oggigiorno, soprattutto in seguito
alle emigrazioni del XIX e XX secolo essi sono presenti praticamente solo
in Stati Uniti e in Canada: la comunità più numerosa (circa 45.000 fedeli)
è nell'Ohio, le altre si trovano nell'Illinois, Indiana, Pennsylvania,
New York e nell'Ontario in Canada, mentre le comunità europee sono
oramai estinte. Anche questa setta ha avuto comunque le sue scissioni
interne. La più importante fu quella del 1850, quando si divisero in
tradizionalisti (vecchio ordine) e innovatori (nuovo ordine), questi ultimi
favorevoli a qualche minimo ammodernamento nell'Ordnung (le regole di vita
delle comunità).
Le dottrine e la filosofia di vita Gli a.
seguono il credo anabattista di tipo mennonita, basato sull'autorità delle
Sacre Scritture, il rifiuto della violenza, del servizio militare e
di prestare giuramento, il battesimo per adulti (che avviene tra i 17 e i
20 anni di età), la celebrazione della Cena del Signore e della lavanda
dei piedi. In più gli a. rispettano l'Ordnung, le regole orali che
regolano la vita quotidiana, non fanno proselitismo (solo il 10% dei fedeli
sono convertiti) e praticano il Meidung, il severo ostracismo nei confronti
del fedele che sia colpito da scomunica (per essere scomunicati basta anche
dire una bugia), che abbandoni la chiesa amish o che sposi un estraneo alla
comunità. Gli altri fedeli non possono né vendere né comparare qualcosa da
lui, e perfino mangiare alla sua stessa tavola. Le funzioni religiose
vengono tenute nelle case dei fedeli e gli a. rispettano tutte le feste
cristiane, oltre ad una giornata di digiuno l'11 ottobre. La loro
filosofia di vita è basata sul Gelassenheit, un concetto insegna al fedele di
essere riservato, modesto, calmo e tranquillo; di essere totalmente
sottomesso all'autorità di Dio; di servire e rispettare gli altri nella
comunità.
Stili di vita Il Gelassenheit influenza quindi anche lo
stile di vita quotidiano degli a. Gli a. vivono in comunità auto-gestite,
senza coordinamento centrale: gli uomini vestono con un vestito semplice di
colore scuro senza bottoni, portano un cappello nero a tesa larga e si
lasciano crescere la barba, ma non i baffi, simbolo del militarismo; le donne
sono vestite con un vestito colorato senza gioielli con una cuffia, un
grembiule e, durante le funzioni, uno scialle (bianco per le maritate, nero
per le nubili). I bambini vanno alla scuola pubblica solo per i primi otto
anni, perché gli a. non condividono le idee insegnate nei licei: gli
insegnamenti successivi vengono infatti impartiti nelle comunità, sotto il
controllo degli anziani. La lingua parlata è il Pennsylvania Dutch, un antico
dialetto tedesco, ma nelle cerimonie viene usato il tedesco puro e a scuola
si impara l'inglese. Gli a. non usano automobili, ma carrozze a cavalli (i
buggies); non hanno telefoni, televisori, radio e non fanno uso dell'energia
elettrica; sono ottimi agricoltori, ma non usano trattori moderni; hanno un
ottimo artigianato di giocattoli in legno e coperte multicolori, chiamati
quilts; non fanno fotografie perché è contro le Scritture. Essi si sposano
rigorosamente tra confratelli (il contrario porterebbe alla scomunica) e i
funerali sono di una spartana semplicità. I fedeli pagano le tasse, ma non i
fondi sanitari e pensionistici nazionali, perché hanno dei fondi da loro
gestiti per i confratelli bisognosi di aiuto.
Confessioni amish La
maggior parte degli 134.000 a. è riunita sotto la Old Order Amish
Church (Chiesa degli Amish del vecchio ordine) con circa 81.000 fedeli. Le
altre confessioni sono: Egli Amish, di orientamento ancora più
tradizionalista della Old Order e fondata dal vescovo Henry Egli
(1824-1890), Conservative (Amish) Mennonite Conference [Conferenza degli
(amish) mennoniti conservatori], l'ala più liberale (contrariamente a quando
si presuppone dal nome), che si è recentemente accostata ai
mennoniti, diplomaticamente lasciando cadere la parola amish nella
propria intestazione. Beachy Amish, l'ala progressista moderata, fondata
dal vescovo Moses Beachy (1865-1950) nel 1923, che raccoglie circa 11.000
fedeli.
Molinos, Miguel de (1640-1696) e Quietismo
La
vita Il mistico Miguel de Molinos nacque il 21 dicembre 1640 a Muniesa,
vicino a Saragoza, in Spagna. Da giovane egli studiò, laureandosi e venendo
ordinato, a Valencia, dove successivamente poté godere del beneficio
(rendita) della locale chiesa di San Tommaso e fu confessore per un convento
di suore. Nel 1662 egli si trasferì a Roma, dove divenne amico del cardinale
Benedetto Odescalchi, il futuro Papa (energico, saggio ma alquanto
intransigente) Innocenzo XI (1676-1689). Nel 1675 M. pubblicò, in italiano,
la sua Guida spirituale, che disinvolge l'anima e la conduce per l'interior
cammino all'acquisto della perfetta contemplazione e del ricco tesoro della
pace interiore, seguita poco dopo dal Trattato della Comunione quotidiana. I
due testi passarono abbastanza inosservati fino al 1681, quando il
predicatore gesuita Paolo Segneri (1624-1694) attaccò le idee di M., pur non
citandolo direttamente. Una prima inchiesta dell'Inquisizione assolse il
mistico spagnolo, tuttavia i soliti gesuiti non ebbero problemi a scatenare
il re di Francia, Luigi XIV (1654-1715), ansioso di mettere in difficoltà
Innocenzo XI con il quale era ai ferri corti per le posizioni gallicane della
monarchia francese, a denunciare, attraverso il cardinale César d'Estrées
(1628-1714), ambasciatore presso la Santa Sede, la presenza di un eretico a
Roma proprio nella persona di M., oltretutto amico del Papa. M. fu
arrestato nel maggio 1685 e, nonostante le intercessioni di amici altolocati,
fu processato per eresia e immoralità (quest'ultima accusa fu un malinteso
derivato da una particolare interpretazione della sua dottrina: vedi sotto):
la sentenza di condanna fu pronunciata il 3 settembre 1687 nella chiesa
domenicana di Santa Maria sopra Minerva a Roma. M. dovette fare pubblica
ammissione dei propri errori e fu condannato alla prigione a vita e a
vestirsi con il saio dei penitenti. Infine il 2 novembre 1687 Innocenzo XI
firmò la bolla Colestis pastor, che condannò 68 proposizioni contenute nella
Guida spirituale e in altre opere di M. M. morì in carcere il 28 dicembre
1696.
La dottrina Il quietismo mirava a privilegiare un rapporto
diretto, una vera unione, con Dio, ottenuto mediante uno stato di quiete, di
passività, di annullamento della volontà e di ogni pensiero intellettuale,
rifiutando la consolidata gerarchia ecclesiastica. L'uomo doveva percorrere
la sua via interna annichilandosi, abbandonandosi totalmente alla volontà di
Dio senza pensare a premi o punizioni e rimanere perinde ac cadaver (come un
cadavere). Facendo ciò, l'anima si annichiliva e ritornava alla fonte,
l'essenza di Dio, nella quale veniva trasformata e divinizzata. Erano
quindi disprezzate le attività esteriori del Cristianesimo, come le preghiere
(più il fedele si abbandonava alla volontà di Dio e più gli risultava
difficile recitare anche un semplice Padre Nostro), i sacramenti, la
ritualità. L'accusa di immoralità rivolta a M. derivava dal convincimento
quietista che quando la purezza dell'anima fosse stata raggiunta con
l'annichilazione sopra descritta, l'uomo non doveva più chiedere niente a
Dio, ma anche non offrire resistenza alle tentazioni in quanto egli non
avrebbe potuto più peccare. Del resto un eventuale peccato (opera del
diavolo) non andava neanche confessato cosicché lo spirito potesse vincere il
diavolo grazie alla sua pace e all'unione più intima con Dio. Un credo questo
simile a quello del movimento medioevale dei fratelli del libero spirito,
che, al riguardo, rimandavano al passo di San Paolo: Tutto è puro per i
puri (Lettera a Tito 1,15). Elementi della dottrina quietista si possono
ritrovare nella storia del Cristianesimo occidentale fino al `500: in alcune
scuole gnostiche, nei messaliani, nel movimento dei begardi e beghine, nei
già citati fratelli del libero spirito, nei mistici tedeschi come Johannes
Eckhart, negli alumbrados, e perfino nei santi mistici cattolici Teresa
d'Avila (1515-1582) e Giovanni della Croce (1542-1591). Inoltre, nel XVII
secolo, idee o istanze simili a quelle quietiste si ritrovano espresse dai
quaccheri di George Fox, dal giansenismo, dalla mistica eterodossa francese
(quietista ante-litteram) Antoinette Bourignon, dal mistico spagnolo Juan
Falconi (1596-1638), e soprattutto dai precursori del pietismo luterano:
Johann Arndt aveva pubblicato nel 1606 il suo lavoro più famoso, Vier Bücher
vom Wahren Christhentum [Quattro (diventati poi sei) libri sul vero
cristianesimo] e Jean de Labadie, dopo il 1650, aveva fondato comunità
mistica di adepti che si ritenevano predestinati alla salvezza e che
rifiutavano sacramenti, pratiche religiose, dogmi e
gerarchia ecclesiastica.
Il quietismo dopo Molinos In Italia il
più famoso seguace di M. fu il vescovo (poi cardinale) di Iesi, Pier Matteo
Petrucci, condannato nel 1687, mentre molto peggio andò ai francescani minori
conventuali Antonio Bevilacqua e Carlo Maria Campana, decapitati nelle
Carceri Nuove il 26 marzo 1695. Inoltre, nel 1708, fece notevole scalpore il
processo al prete bresciano Giuseppe Beccarelli (1666-1716), accusato di
quietismo, ma forse più noto per le gravi accuse di sodomia nei confronti dei
giovani che frequentavano il collegio bresciano, di cui il Beccarelli era
direttore. Comunque la nazione dove il quietismo ebbe la diffusione più
duratura fu la Francia: a parte la mistica Antoinette Bourignon, gli
esponenti più in vista furono Jeanne Marie Guyon (detta Madame Guyon), una
mistica ben introdotta nell'aristocrazia francese e amica di Francoise
d'Aubigne, Marchesa de Maintenon (1635-1719) e moglie morganatica del re
Luigi XIV (1654-1715); il confessore della Guyon, padre François Lacombe
(1643-1715); e l'arcivescovo di Cambrai François de Fénelon. Il grande
nemico del quietismo fu Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704), predicatore e
vescovo di Meaux, in Francia. Egli dispose l'arresto e l'imprigionamento alla
Bastiglia di Madame Guyon, entrò in polemica accesa con Fénelon e fu il
principale artefice della condanna, nel 1699, di quest'ultimo da parte di
Papa Innocenzo XII (1691-1700).
Confraternita Rosa Croce
(rosacrocianesimo o società dei rosacrociani)
(XVII secolo)
Premessa e paternità dei manifesti
rosacrociani Nel 1614 comparve a Cassel, in Germania, il manifesto base, dal
titolo Allgemeine und General Reformation der ganzen weiten Welt (Riforma
generale ed universale di tutto il mondo) di un misterioso movimento
mistico occultistico, denominato Confraternita Rosa Croce. Il documento
venne seguito l'anno successivo da un ulteriore manifesto dal titolo
Fama Fraternitas R. C. Ambedue gli scritti lanciavano un appello a tutti
gli studiosi di cabala e occultismo di concorrere a formare una società
segreta, che potesse aiutare la rinascita dell'umanità e all'epoca apparvero
come anonimi, ma la loro paternità come quella (certa) del successivo
libro alchemico, Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz, pubblicato nel
1616, venne attribuita al pastore luterano Johann Valentin Andreae, che,
secondo lo storico Paul Arnold, smentì di averli scritti ed anzi dichiarò,
in seguito, di aver concepito Le nozze chimiche per ridicolizzare un
diffuso interesse dell'epoca verso l'occultismo. Tuttavia altre
interpretazioni moderne propendono proprio per un diretto coinvolgimento di
Andreae, sebbene mediato da una stesura, a più mani, dei sopraccitati testi
concepita all'interno del cosiddetto Cerchio di Tubinga, un circolo
mistico-occultista di circa trenta aderenti, comprendenti, fra gli altri, lo
stesso Andreae, Tobias Hess (1558-1614), Johann Arndt, Wilhelm von Wense (m.
1641), Tobias Adami (m. 1643) e Christophe Besold (1577-1638), amico fraterno
di Andreae.
Definizione di rosacrociano Secondo Franz Hartmann, il
rosacrociano è "una persona che mediante il processo di risveglio spirituale,
ha ottenuto una conoscenza pratica del significato segreto della Rosa e della
Croce (..) Chiamare una persona rosacrociana non significa fare di lui un
rosacrociano. Il vero rosacrociano non può essere creato; egli deve crescere
per diventarlo mediante l'espansione del potere divino nel suo cuore". Le
idee dei rosacrociani nacquero da un immenso crogiolo nel quale
erano confluiti: il pensiero di Traiano Boccalini (1556-1613), autore di un
testo satirico chiamato Ragguagli di Parnasso, tradotto da Besold; le
visioni utopiche del filosofo domenicano Tommaso Campanella, i cui scritti
furono portati in Germania da Tobias Adami nel 1613; le profezie di
Gioacchino da Fiore; i mistici tedeschi del XIV secolo come Johannes Tauler e
Johannes Eckhart e scienze occulte come la cabala, l'alchimia e
l'ermetismo.
La leggenda di Christian Rosenkreuz (1378-1484) I
manifesti facevano quindi riferimento a questa misteriosa fratellanza,
di tipo occultistico, cabalistico, e teosofico, fondata da un nobile
tedesco, filosofo ed ex monaco, Christian Rosenkreuz, che sarebbe vissuto ben
106 anni tra il 1378 ed il 1484. Egli, viaggiando tra Damasco,
Cairo, Gerusalemme e Fez, sarebbe stato iniziato da alcuni sapienti arabi,
che erano stati in grado di rivelargli tutti i segreti della sua vita,
passata, presente e futura, e di guarirlo da una grave malattia con l'aiuto
della Pietra Filosofale. Al ritorno in Germania, egli avrebbe fondato, nel
1407, un ordine rosacrociano con tre, in seguito otto, confratelli e sarebbe
vissuto ancora 77 anni. La sua tomba sarebbe rimasta celata fino alla sua
riscoperta nel 1604, da cui l'aumentato interesse nei confronti del suo
ordine all'inizio del XVII secolo. Oggigiorno la tesi che Rosenkreuz sia
un personaggio storicamente esistito è la meno accreditata, perfino tra i
moderni rosacrociani. Altri autori propendono per l'ipotesi che il nome
copra, attraverso uno pseudonimo, un personaggio storico in vista, secondo
alcuni Francesco Bacone (1561-1626), secondo altri Cornelius Agrippa di
Nettesheim, oppure, più probabilmente, che tutta la vicenda vada letta in
senso strettamente allegorico.
Primi passi del
rosacrocianesimo Comunque il riferimento nei manifesti ad una supposta
società segreta provocò una grande eccitazione in tutta l'Europa (soprattutto
in Francia, Inghilterra, Austria e Paesi Bassi): famosi occultisti, come
l'inglese Robert Fludd (1574-1637) o il tedesco Michael Maier (1568-1622), o
perfino il grande filosofo francese René Descartes (Cartesio)(1586-1654),
chiesero pubblicamente di essere contattati dai misteriosi rosacrociani o,
meglio, affermarono addirittura di essere già entrati nella società. Un po'
ovunque sorsero gruppi auto-nominatisi rosacrociani, anche se poi nessuno
riuscì a trovare fisicamente i rosacrociani, per il semplice motivo che essi,
come società segreta strutturata, non esistevano proprio. Nel frattempo,
nel 1616, gli stessi autori (il precedentemente citato circolo di Tubinga),
spaventati dall'incredibile impatto dei loro manifesti e dalle reazioni
negative delle chiese ufficiali, decisero di non uscire allo scoperto e di
osservare il più rigoroso anonimato, abbandonando quindi alla riprovazione
pubblica Andreae, l'unico tra loro che aveva avuto il coraggio di firmare un
testo. E rapido arrivò il declino: già dal 1619 i principali
occultisti, interessati al movimento, iniziarono a dissociarsi e lo stesso
Andreae, indispettito per il voltafaccia dei suoi ex amici, pubblicò, tra il
1617 ed il 1618, l'Invitatio ad Fraternitatem Christi (Invito alla
Confraternita di Cristo), dove egli cercò di lanciare, in contrapposizione
al rosacrocianesimo, un movimento innovatore, una specie di "Città
Cristiana" (Christianopolis), una Nuova Gerusalemme posta direttamente sotto
la protezione di Dio. Nel 1628, dopo una pausa forzata a causa di un
periodo della Guerra dei Trent'anni (1618-1648), scrisse un nuovo manifesto
Verae unionis in Christo specimen, nel quale, attaccando Calvinisti,
Anabattisti, Schwenckfeldiani, e i suoi ex-amici rosacrociani, egli esortava
alla formazione di una Società Cristiana. L'ultimo episodio avvenne in
Olanda, quando il pittore e alchimista Johannes Symonsz van der Beeck (o
Beke) (nome umanistico: Torrentius) (1589-1644), venne imprigionato il 30
agosto 1627 e processato: lo sfortunato pittore era probabilmente solo un
libertino e gaudente, ma venne considerato il leader della Rosa Croce
olandese. Fu torturato e venne condannato come bestemmiatore e per aver
praticato l'alchimia, con un suo amico, tale Christiaen Coppens, addirittura
al rogo, pena poi trasformata in carcere per vent'anni. Per fortuna, grazie
al re d'Inghilterra Carlo I (1625-1649), suo ammiratore, Torrentius venne
rilasciato dalla prigione nel 1630 ed emigrò in Inghilterra, ritornando dopo
qualche anno in patria, dove morì ad Amsterdam nel 1644.
Rosa
croce e massoneria E proprio in Inghilterra la Rosa Croce non tramontò mai
definitivamente, ma i suoi ideali vennero inglobati nella nascente massoneria
speculativa. Tradizionalmente si considera l'elemento di passaggio tra queste
due scuole di pensiero il grande alchimista, antiquario e astrologo Elias
Ashmole (1617-1692), pubblico difensore della Rosa Croce nel 1650 e massone
dal 1646, sebbene in generale, intorno alla metà del XVII secolo, ci fu
un rifiorire di pubblicazioni rosacrociane, come la traduzione in inglese,
a cura di John Heydon (n. 1629), della Fama Fraternitatis nel 1652 o i
testi alchemici, di ispirazione rosacrociana, di Thomas Vaughan (1622-1665),
che scriveva sotto lo pseudonimo di Eugenius Philalethes. In seguito
l'influenza dei Rosa Croce fu rilevante sulla massoneria degli anni 1720-1730
e divenne parte degli alti gradi massonici: il 18° grado del rito scozzese si
denomina, per l'appunto, Principe di Rosa Croce. Verso il 1757 il tedesco
Hermann Fictuld (m. 1777) fondò la Confraternita della Rosa Croce d'Oro, ma
nei metodi e nei rituali, oramai questa era più un ordine massonico, che un
diretto discendente degli anni della Fama Fraternitatis. Nel 1866 il
funzionario della Grande Loggia d'Inghilterra, Robert Wentworth Little
(1840-1878) fondò la Societas Rosicruciana in Anglia, aperta ai soli massoni
cristiani trinitari, ma anche in Francia ci fu nel XIX secolo un rinnovato
interesse per il rosacrocianesimo, alimentato dai lavori dell'occultista
Eliphas Levi (1810-1875), che ispirarono la fondazione dell'Ordine
Cabalistico della Rosa-Croce nel 1887, voluta dagli occultisti Stanislas de
Guaita (1861-1897), Gérard Encausse, detto Papus (1865-1916) e Joséphin
Péladan (1858-1918). Quest'ultimo fondò poi, nel 1890, l'Ordine della
Rosa-Croce Cattolica del Tempio e del Graal.
I rosacrociani
oggigiorno Oggi i principali gruppi rosacrociani sono otto, derivati spesso
da ambienti massonici o teosofici americani e quasi tutti caratterizzati
dall'offerta di corsi (spesso per corrispondenza) di astrologia, occultismo
ed esoterismo e dalla stampa di un proprio periodico: 1. Fraternitas Rosae
Crucis, la più antica confraternita, fondata da Pascal Beverly Randolph
(1825-1875) nel 1858, è associata con la Church of Illumination (Chiesa
dell'Illuminazione), che si occupa dell'insegnamento esoterico del gruppo. La
sede centrale è a Quakertown, nella Pennsylvania. La denominazione legale
riporta anche la dicitura Beverly Hall Corporation e il sito ufficiale. 2.
Societas Rosicruciana in Civitatibus Foederatis (S.R.I.C.F.), fondata nel
1880 da un gruppo di massoni americani, che nel 1878 si erano fatti iniziare
dalla Societas Rosicruciana in Anglia in Inghilterra. Condizione necessaria
per l'adesione è, come per il gruppo inglese, essere massone cristiano
trinitaro. 3. Societas Rosicruciana in America (S.R.I.A.), nata nel 1907 da
una scissione della precedente, quando alcuni membri espressero il desiderio
di aprire l'insegnamento rosacrociano ai profani (cioè ai non massoni).
Collegato alla società esiste anche il Seminario di Studi Biblici: infatti il
forte connotato cristiano mistico della società fu dato dal principale
divulgatore, George Winslow Plummer (1877-1944), che divenne vescovo della
Chiesa Ortodossa Americana nel 1934. 4. The Ancient and Mystical Order Rosae
Crucis (A.M.O.R.C.), il più diffuso e noto gruppo rosacrociano fu fondato
dall'occultista Harvey Spencer Lewis (1883-1939) nel 1915, dopo essere stato
iniziato nel 1909 in Francia. Nonostante abbia incorporato una chiesa
rosacrociana (Pristine Church of the Rose Cross) negli anni '20, la
confraternita insiste sul suo aspetto laico con gradi e ritualistica di forte
sapore massonico. Negli anni '30 Lewis ha dotato la sede centrale di San Jose
(California) di una propria università, planetario, biblioteca e museo egizio
(Lewis era infatti convinto che l'ordine fosse stato fondato dal faraone
Tutmosis III nel 1450 a.C.). L'AMORC è presente in diversi paesi e,
nonostante diverse defezioni a favore di nuove e nascenti organizzazioni
rosacrociane, esso rimane il gruppo più numeroso (gli organizzatori citano un
numero di aderenti di 6 milioni, ma pare più realistica la cifra di qualche
centinaia di migliaia di adepti). In Italia esso è presente con due logge (a
Milano, sede centrale, e a Verona), ma anche diversi altri punti organizzati,
denominati capitoli e pronai. L'afflusso agli incontri viene rinforzato dalla
presenza di emigrati di colore, originari dell'Africa, dove l'AMORC è
particolarmente diffuso. 5. The Rosicrucian Fellowship, fondato nel 1907 da
Max Heindel, pseudonimo dell'aristocratico e ingegnere tedesco-danese Carl
Louis von Grasshoff (1865-1919), emigrato in America nel 1903 e con la
passione per l'occultismo. Heindel fu anche iscritto alla Società Teosofica e
allievo di Rudolf Steiner. La forte impronta teosofica, religiosa e rituale
venne da Heindel trasferita nel suo gruppo rosacrociano, che è caratterizzata
da un vivo interesse anche per l'astrologia: la Fellowship, con sede a
Oceanside (California), pubblica tutti gli anni le effemeridi, indispensabili
per i calcoli astrologici. E' presente anche in Italia come
Associazione Rosicruciana Oceanside (A.R.C.O.), con sede a Vaprio d'Agogna
(Novara). 6. Rosicrucian Anthroposophic League, una scissione della
precedente fatta da S.R. Parchement con particolare rilievo alle tematiche
antroposofiche di Steiner. La sua sede a San Francisco. Non ha un sito web
ufficiale. 7. Lectorium Rosicrucianum, uno dei più popolari gruppi, fu
fondato nel 1924 da alcuni membri olandesi del Rosicrucian Fellowship,
guidati da Jan van Rijckenborgh, pseudonimo di Jan Leene (1896-1968), ma solo
nel 1935 essi si staccarono dall'obbedienza madre, formando un ordine, detto
dei Manichei. Dopo la seconda guerra mondiale, il gruppo assunse nel 1945 il
nome attuale di Lectorium Rosacrucianum. Il Lectorium, con sede americana a
Bakersfield (California), fa riferimento a correnti e tradizioni esoteriche,
mistiche cristiane (con particolare interesse per il pensiero di Jakob
Böhme), gnostiche dualistiche e catare, teosofiche, antroposofiche,
massoniche. Gli adepti praticano la dottrina della trasfigurazione (il
rinunciare a vivere secondo l'ordine stabilito dagli uomini per vivere,
attraverso un processo iniziatico, secondo quello divino) per evitare il
tormento delle continue reincarnazioni. Il gruppo è presente in Italia dal
1980 in 11 città e ha la sede principale a Dovadola, in provincia di
Forlì. 8. Ausar Auset Society, fondata nel 1975 a New York da R.A.Straughn,
noto anche con il nome religioso di Ra Un Nefer Amen, un ex membro
del Rosicrucian Anthroposophic League, che ha particolarmente diffuso le
sue idee occultiste alla comunità nera americana, alla quale ha anche
dedicato testi di approfondimento sulla condizione sociale degli
afro-americani. Bullinger, Johann Heinrich (1504-1575)
Johann
Heinrich Bullinger nacque nel 1504 a Bremgarten, nel cantone di Argovia, in
Svizzera. Studiò per quattro anni con i monaci certosini ad Emerich
(Germania), ma fu successivamente convertito alla Riforma da Ulrich Zwingli,
di cui divenne un fervente seguace, sposandone la figlia e subentrando a
questi nella guida della Chiesa riformata di Zurigo, dopo la tragica morte di
Zwingli durante la battaglia di Kappel del 1531. Il suo principale impegno
fu quello di evitare il riassorbimento del pensiero del suo maestro nel più
popolare calvinismo, di cui non condivideva la dottrina della predestinazione
(non che lo rifiutasse in toto, ma non poteva credere che Dio volesse la
dannazione dei peccatori), i rapporti troppo stretti con l'autorità civile, e
il concetto di una partecipazione reale di Cristo nell'Eucaristia. A
proposito di quest'ultimo argomento, nel 1549 B. firmò il Consensus Tigurinus
assieme a Calvino e Farel: nell'accordo non si faceva menzione del termine
substantia, (sebbene il termine presenza reale fosse rimasto nel testo) un
successo comunque per B, che era riuscito a portare Calvino su posizione più
vicine all'interpretazione simbolica dell'Eucaristia, cara a Zwingli.
Tuttavia resta sempre il dubbio che i riformatori ginevrini abbiano accettato
il compromesso dottrinale per un'opportunità politica: quella di non isolare
la loro città dal resto della Svizzera riformata. Nuovamente, dopo la morte
di Calvino, anche il suo successore, il diplomatico Théodore di Béze,
impegnato in una disputa sull'Eucaristia con B., preferì non insistere sulle
sue posizioni per mantenere l'unità della Chiesa riformata. Nel 1563 B. fu
favorevole al Catechismo di Heidelberg (1563): questo testo, benché scritto
dai calvinisti Caspar von der Olewig (Olevianus o Olevian) (1536-1585) e
Zacharias Beer (Ursinus) (1534-1583), non faceva menzione alla dottrina delle
predestinazione e per quanto concerne l'Eucaristia, si allineava più sulle
posizioni zwingliane. Il Catechismo di Heidelberg influenzò poi il testo
della Seconda Confessio Helvetica del 1566, scritto da B. stesso, in risposta
ad una richiesta dell'Elettore-Palatino Federico III, detto il Pio
(1559-1576), che aveva annunciato la sua adesione al calvinismo nel
1563. B., saggio e moderato, godeva di grande prestigio all'estero, presso
la Chiesa riformata scozzese di John Knox, in Francia con l'amico
filosofo Pierre de la Ramée (Ramus) (1515-1572), nei Paesi Bassi, dove i suoi
scritti erano molto popolari, e, grazie all'amico John Hooper, negli
ambienti anglicani: quando Pio V (1566-1572) confermò la scomunica di
Elisabetta I d'Inghilterra (1558-1603), fu B. ad aiutare la regina inglese a
preparare un'adeguata risposta. Del resto proprio il riformatore zurighese
ospitò alcuni vescovi riformati inglesi profughi in Svizzera, in occasione
delle persecuzioni durante il regno della sorella cattolica di Elisabetta,
Maria Tudor, detta la Sanguinaria (1553-1558). L'atteggiamento di B. nei
confronti delle frange radicali fu non sempre costante: da una parte amico
dell'antitrinitariano Lelio Sozzini, dall'altra dapprima ammiratore, ma
successivamente avversario del movimento anabattista, soprattutto dopo le
atrocità compiute a Münster. B. morì a Zurigo nel 1575. Beghine e begardi
(o bizocchi o pinzocheri o beghini) (dal XIII secolo)
Il fenomeno
medioevale delle beghine vide, per la prima volta, le donne prendere
l'iniziativa in un importante movimento
religioso.
L'etimologia L'etimologia del nome beghina è oscura:
l'ipotesi più probabile è che derivi dalla parola fiamminga medioevale
beghen, che significa pregare. Altri lo collegano: al francese begard
(mendicare), al sassone (e inglese) beg (chiedere l'elemosina), a San Bega
(o Begga), patrono di Nivelles, in Brabante (Belgio) dove fu fondata una
delle prime comunità, al prete (o frate) fiammingo Lambert le Bègue (cioè il
Balbuziente), fondatore a Liegi nel 1170 di una comunità per vedove e orfani
dei crociati, a un supposto collegamento con gli (al)bigesi (o catari), al
colore beige del vestito portato dagli aderenti al
movimento.
L'origine Nel XII secolo, particolarmente in Francia,
Germania e nei Paesi Bassi, vi era un numero elevato di donne sole, di
estrazione sociale medio-bassa, che non potevano maritarsi per penuria di
uomini decimati da crociate o guerre locali e non venivano, d'altra parte,
accettate dai pochi conventi femminili esistenti all'epoca, più interessati a
domande provenienti da fanciulle ricche e nobili. L'unica alternativa per
queste donne era di vivere da sole nelle periferie delle città, pregando e
occupandosi di lavori manuali o di insegnamento. Con l'andare del tempo molte
di esse, chiamate beghine (vedi sopra per l'etimologia), unirono le loro
dimore, l'una vicino all'altra, e da questo nacquero le prime comunità,
denominate beghinaggi, il primo dei quali comparve nel 1170 circa a Liegi (o
forse a Nivelles) in Brabante (Belgio) su iniziativa del prete Lambert le
Bègue. Le b. non erano delle suore, non prendevano infatti i voti e
potevano ritornare alla vita normale in qualsiasi momento: vivevano in
castità e spesso dedite alla carità, un po' come delle converse, cioè delle
suore laiche. Inoltre non chiedevano l'elemosina (da cui si capisce che è
errata l'etimologia da beg o begard), ma mantenevano le loro proprietà
originarie, se ne avevano, oppure, se necessario, lavoravano, per esempio
filando la lana o tessendo. La prima donna ad essere identificata come b.
fu la mistica Maria di Oignies, che influenzò il cardinale Jacques di Vitry
(1160-1240), protettore del movimento, di cui Vitry ottenne il
riconoscimento, purtroppo solo a parole, da Papa Onorio III (1216-1227) nel
1216. Con l'andare del tempo i beginaggi divennero delle vere e proprie
comunità, orientate alla cura dei malati e all'aiuto di donne sole, non
accettate dai conventi. Ci furono beginaggi, forti anche di migliaia di b.
(come a Ghent), in tutte le città e paesi del Belgio e dell'Olanda, dove,
nonostante le vicissitudini storiche (furono per esempio aboliti durante la
Rivoluzione Francese), esistono oggigiorno, dopo ben sette secoli, ancora 11
comunità in Belgio e 2 in Olanda.
I begardi Ci fu anche una
forma maschile di b., che ebbe minore diffusione rispetto alla controparte
femminile e fu denominata (con un connotato negativo in senso eretico)
begardi. In Italia vennero denominati anche bizzocchi o pinzocheri o beghini
e condussero spesso una vita da predicatori erranti (molto diffusa
nel Medioevo) e furono molto impegnati nel denunciare il nicolaismo e
la corruzione del clero, propendendo per una vita apostolica e povera,
come quella di Gesù e dei primi Apostoli. Su questi punti in comune si
allearono spesso con i Francescani spirituali nel combattere il comune nemico
Papa Giovanni XXII (1316-1334), che contro di loro scatenò il famoso (o
meglio famigerato) inquisitore Bernardo Gui (1261-1331).
La
condanna Benché le b. non dessero alcun segno di eresia (per i begardi il
discorso è più complesso), esse vennero dapprima condannate allo scioglimento
delle loro comunità dal IV Concilio Laterano (1215), ma successivamente
accettate verbalmente da Onorio III nel 1216 ed approvate da Papa Gregorio
IX (1227-1241) nella sua bolla Gloriam virginalem del 1233, il che non
impedì, tuttavia, il rogo della prima b. condannata come eretica, una tale
Aleydis. Nonostante l'approvazione papale, negli anni successivi seguì una
raffica di condanne, a loro carico, ai sinodi di Fritzlar (1259) e Mainz
(1261), concilio di Lione (1274), sinodi di Eichstätt (1282) e Béziers
(1299), ed infine al Concilio di Vienne (1311-12), dove vennero condannate
come eretiche, sebbene venisse precisato nel contempo che non c'era nulla di
male in comunità formate da donne penitenti anche senza che esse avessero
preso i voti. Nel 1310 fu bruciata sul rogo Marguerite La Porète, una b.
con simpatie verso i Fratelli del Libero Spirito ed autrice del libro Le
miroir des simples âmes (lo specchio delle anime semplici), attribuito per
anni a Santa Margherita d'Ungheria. Il solito Giovanni XXII perseguitò con
furore beghine e begardi, come si è detto, mediante Bernardo Gui, benché il
Papa stesso cercasse di distinguere tra forme eretiche e forme ortodosse del
movimento. Pur tuttavia, l'elenco dei processi e relativi roghi di b. durante
questo periodo, soprattutto in Francia meridionale, è impressionante: a
Marsiglia (il beghino Pierre Trancavel e sua figlia Andreina), Narbona,
Carcassonne, Béziers e Tolosa si giustiziarono senza pietà i b. Alcuni
episodi denotarono l'accanimento degli inquisitori, come a Lodève, dove fu
bruciata la b. Esclarmonda Durban, e, quando il fratello cercò
di raccoglierne le reliquie, fu giustiziato anche lui. O a Mirepoix, dove
si dovettero costruire delle nuove carceri tanti che erano gli "eretici"
(b., spirituali, catari) in attesa di essere interrogati dall'Inquisizione. O
nel 1325 a Carcassonne dove 82 b. vennero processati semplicemente
per manifestazioni di devozione sulla tomba del capo degli spirituali
francesi, Pietro di Giovanni Olivi.
La dottrina La stragrande
maggioranza delle b. e dei begardi era cattolica ortodossa, e tutt'altro che
eretica, tuttavia fu la vicinanza e la frequentazione dei Francescani
spirituali e dei Fratelli del libero spirito (delle cui dottrine venne
accusata Margherita la Porète), che permise agli inquirenti di fare di tutte
le erbe un fascio e processare anche gli aderenti al movimento
b., soprattutto i begardi. Giovanni XXII cercò di distinguere in b. buoni
e cattivi, tracciando una linea immaginaria tra i "cattivi", che stavano in
Italia e in Francia meridionale (Provenza e Linguadoca) e i "buoni" che
stavano in Germania, Paesi Bassi e Francia settentrionale, ma questa
classificazione era alquanto semplicistica. Oltretutto, durante il periodo
di persecuzioni, era sufficiente che il b., a cui venisse ordinato di
ritirarsi in clausura in un ordine religioso "approvato", si opponesse alla
questa decisione per essere automaticamente considerato eretico. Infine il
linguaggio, volutamente provocatorio, di alcuni scritti, come quelli di
Margherita la Porète fu strumentalmente interpretato dagli inquisitori come
dichiarazioni di antinomismo. Beghine e begardi (o bizocchi o pinzocheri o
beghini) (dal XIII secolo)
Il fenomeno medioevale delle beghine
vide, per la prima volta, le donne prendere l'iniziativa in un importante
movimento religioso.
L'etimologia L'etimologia del nome beghina è
oscura: l'ipotesi più probabile è che derivi dalla parola fiamminga
medioevale beghen, che significa pregare. Altri lo collegano: al francese
begard (mendicare), al sassone (e inglese) beg (chiedere l'elemosina), a
San Bega (o Begga), patrono di Nivelles, in Brabante (Belgio) dove fu fondata
una delle prime comunità, al prete (o frate) fiammingo Lambert le Bègue (cioè
il Balbuziente), fondatore a Liegi nel 1170 di una comunità per vedove e
orfani dei crociati, a un supposto collegamento con gli (al)bigesi (o
catari), al colore beige del vestito portato dagli aderenti al
movimento.
L'origine Nel XII secolo, particolarmente in Francia,
Germania e nei Paesi Bassi, vi era un numero elevato di donne sole, di
estrazione sociale medio-bassa, che non potevano maritarsi per penuria di
uomini decimati da crociate o guerre locali e non venivano, d'altra parte,
accettate dai pochi conventi femminili esistenti all'epoca, più interessati a
domande provenienti da fanciulle ricche e nobili. L'unica alternativa per
queste donne era di vivere da sole nelle periferie delle città, pregando e
occupandosi di lavori manuali o di insegnamento. Con l'andare del tempo molte
di esse, chiamate beghine (vedi sopra per l'etimologia), unirono le loro
dimore, l'una vicino all'altra, e da questo nacquero le prime comunità,
denominate beghinaggi, il primo dei quali comparve nel 1170 circa a Liegi (o
forse a Nivelles) in Brabante (Belgio) su iniziativa del prete Lambert le
Bègue. Le b. non erano delle suore, non prendevano infatti i voti e
potevano ritornare alla vita normale in qualsiasi momento: vivevano in
castità e spesso dedite alla carità, un po' come delle converse, cioè delle
suore laiche. Inoltre non chiedevano l'elemosina (da cui si capisce che è
errata l'etimologia da beg o begard), ma mantenevano le loro proprietà
originarie, se ne avevano, oppure, se necessario, lavoravano, per esempio
filando la lana o tessendo. La prima donna ad essere identificata come b.
fu la mistica Maria di Oignies, che influenzò il cardinale Jacques di Vitry
(1160-1240), protettore del movimento, di cui Vitry ottenne il
riconoscimento, purtroppo solo a parole, da Papa Onorio III (1216-1227) nel
1216. Con l'andare del tempo i beginaggi divennero delle vere e proprie
comunità, orientate alla cura dei malati e all'aiuto di donne sole, non
accettate dai conventi. Ci furono beginaggi, forti anche di migliaia di b.
(come a Ghent), in tutte le città e paesi del Belgio e dell'Olanda, dove,
nonostante le vicissitudini storiche (furono per esempio aboliti durante la
Rivoluzione Francese), esistono oggigiorno, dopo ben sette secoli, ancora 11
comunità in Belgio e 2 in Olanda.
I begardi Ci fu anche una
forma maschile di b., che ebbe minore diffusione rispetto alla controparte
femminile e fu denominata (con un connotato negativo in senso eretico)
begardi. In Italia vennero denominati anche bizzocchi o pinzocheri o beghini
e condussero spesso una vita da predicatori erranti (molto diffusa
nel Medioevo) e furono molto impegnati nel denunciare il nicolaismo e
la corruzione del clero, propendendo per una vita apostolica e povera,
come quella di Gesù e dei primi Apostoli. Su questi punti in comune si
allearono spesso con i Francescani spirituali nel combattere il comune nemico
Papa Giovanni XXII (1316-1334), che contro di loro scatenò il famoso (o
meglio famigerato) inquisitore Bernardo Gui (1261-1331).
La
condanna Benché le b. non dessero alcun segno di eresia (per i begardi il
discorso è più complesso), esse vennero dapprima condannate allo scioglimento
delle loro comunità dal IV Concilio Laterano (1215), ma successivamente
accettate verbalmente da Onorio III nel 1216 ed approvate da Papa Gregorio
IX (1227-1241) nella sua bolla Gloriam virginalem del 1233, il che non
impedì, tuttavia, il rogo della prima b. condannata come eretica, una tale
Aleydis. Nonostante l'approvazione papale, negli anni successivi seguì una
raffica di condanne, a loro carico, ai sinodi di Fritzlar (1259) e Mainz
(1261), concilio di Lione (1274), sinodi di Eichstätt (1282) e Béziers
(1299), ed infine al Concilio di Vienne (1311-12), dove vennero condannate
come eretiche, sebbene venisse precisato nel contempo che non c'era nulla di
male in comunità formate da donne penitenti anche senza che esse avessero
preso i voti. Nel 1310 fu bruciata sul rogo Marguerite La Porète, una b.
con simpatie verso i Fratelli del Libero Spirito ed autrice del libro Le
miroir des simples âmes (lo specchio delle anime semplici), attribuito per
anni a Santa Margherita d'Ungheria. Il solito Giovanni XXII perseguitò con
furore beghine e begardi, come si è detto, mediante Bernardo Gui, benché il
Papa stesso cercasse di distinguere tra forme eretiche e forme ortodosse del
movimento. Pur tuttavia, l'elenco dei processi e relativi roghi di b. durante
questo periodo, soprattutto in Francia meridionale, è impressionante: a
Marsiglia (il beghino Pierre Trancavel e sua figlia Andreina), Narbona,
Carcassonne, Béziers e Tolosa si giustiziarono senza pietà i b. Alcuni
episodi denotarono l'accanimento degli inquisitori, come a Lodève, dove fu
bruciata la b. Esclarmonda Durban, e, quando il fratello cercò
di raccoglierne le reliquie, fu giustiziato anche lui. O a Mirepoix, dove
si dovettero costruire delle nuove carceri tanti che erano gli "eretici"
(b., spirituali, catari) in attesa di essere interrogati dall'Inquisizione. O
nel 1325 a Carcassonne dove 82 b. vennero processati semplicemente
per manifestazioni di devozione sulla tomba del capo degli spirituali
francesi, Pietro di Giovanni Olivi.
La dottrina La stragrande
maggioranza delle b. e dei begardi era cattolica ortodossa, e tutt'altro che
eretica, tuttavia fu la vicinanza e la frequentazione dei Francescani
spirituali e dei Fratelli del libero spirito (delle cui dottrine venne
accusata Margherita la Porète), che permise agli inquirenti di fare di tutte
le erbe un fascio e processare anche gli aderenti al movimento
b., soprattutto i begardi. Giovanni XXII cercò di distinguere in b. buoni
e cattivi, tracciando una linea immaginaria tra i "cattivi", che stavano in
Italia e in Francia meridionale (Provenza e Linguadoca) e i "buoni" che
stavano in Germania, Paesi Bassi e Francia settentrionale, ma questa
classificazione era alquanto semplicistica. Oltretutto, durante il periodo
di persecuzioni, era sufficiente che il b., a cui venisse ordinato di
ritirarsi in clausura in un ordine religioso "approvato", si opponesse alla
questa decisione per essere automaticamente considerato eretico. Infine il
linguaggio, volutamente provocatorio, di alcuni scritti, come quelli di
Margherita la Porète fu strumentalmente interpretato dagli inquisitori come
dichiarazioni di antinomismo. Beghine e begardi (o bizocchi o pinzocheri o
beghini) (dal XIII secolo)
Il fenomeno medioevale delle beghine
vide, per la prima volta, le donne prendere l'iniziativa in un importante
movimento religioso.
L'etimologia L'etimologia del nome beghina è
oscura: l'ipotesi più probabile è che derivi dalla parola fiamminga
medioevale beghen, che significa pregare. Altri lo collegano: al francese
begard (mendicare), al sassone (e inglese) beg (chiedere l'elemosina), a
San Bega (o Begga), patrono di Nivelles, in Brabante (Belgio) dove fu fondata
una delle prime comunità, al prete (o frate) fiammingo Lambert le Bègue (cioè
il Balbuziente), fondatore a Liegi nel 1170 di una comunità per vedove e
orfani dei crociati, a un supposto collegamento con gli (al)bigesi (o
catari), al colore beige del vestito portato dagli aderenti al
movimento.
L'origine Nel XII secolo, particolarmente in Francia,
Germania e nei Paesi Bassi, vi era un numero elevato di donne sole, di
estrazione sociale medio-bassa, che non potevano maritarsi per penuria di
uomini decimati da crociate o guerre locali e non venivano, d'altra parte,
accettate dai pochi conventi femminili esistenti all'epoca, più interessati a
domande provenienti da fanciulle ricche e nobili. L'unica alternativa per
queste donne era di vivere da sole nelle periferie delle città, pregando e
occupandosi di lavori manuali o di insegnamento. Con l'andare del tempo molte
di esse, chiamate beghine (vedi sopra per l'etimologia), unirono le loro
dimore, l'una vicino all'altra, e da questo nacquero le prime comunità,
denominate beghinaggi, il primo dei quali comparve nel 1170 circa a Liegi (o
forse a Nivelles) in Brabante (Belgio) su iniziativa del prete Lambert le
Bègue. Le b. non erano delle suore, non prendevano infatti i voti e
potevano ritornare alla vita normale in qualsiasi momento: vivevano in
castità e spesso dedite alla carità, un po' come delle converse, cioè delle
suore laiche. Inoltre non chiedevano l'elemosina (da cui si capisce che è
errata l'etimologia da beg o begard), ma mantenevano le loro proprietà
originarie, se ne avevano, oppure, se necessario, lavoravano, per esempio
filando la lana o tessendo. La prima donna ad essere identificata come b.
fu la mistica Maria di Oignies, che influenzò il cardinale Jacques di Vitry
(1160-1240), protettore del movimento, di cui Vitry ottenne il
riconoscimento, purtroppo solo a parole, da Papa Onorio III (1216-1227) nel
1216. Con l'andare del tempo i beginaggi divennero delle vere e proprie
comunità, orientate alla cura dei malati e all'aiuto di donne sole, non
accettate dai conventi. Ci furono beginaggi, forti anche di migliaia di b.
(come a Ghent), in tutte le città e paesi del Belgio e dell'Olanda, dove,
nonostante le vicissitudini storiche (furono per esempio aboliti durante la
Rivoluzione Francese), esistono oggigiorno, dopo ben sette secoli, ancora 11
comunità in Belgio e 2 in Olanda.
I begardi Ci fu anche una
forma maschile di b., che ebbe minore diffusione rispetto alla controparte
femminile e fu denominata (con un connotato negativo in senso eretico)
begardi. In Italia vennero denominati anche bizzocchi o pinzocheri o beghini
e condussero spesso una vita da predicatori erranti (molto diffusa
nel Medioevo) e furono molto impegnati nel denunciare il nicolaismo e
la corruzione del clero, propendendo per una vita apostolica e povera,
come quella di Gesù e dei primi Apostoli. Su questi punti in comune si
allearono spesso con i Francescani spirituali nel combattere il comune nemico
Papa Giovanni XXII (1316-1334), che contro di loro scatenò il famoso (o
meglio famigerato) inquisitore Bernardo Gui (1261-1331).
La
condanna Benché le b. non dessero alcun segno di eresia (per i begardi il
discorso è più complesso), esse vennero dapprima condannate allo scioglimento
delle loro comunità dal IV Concilio Laterano (1215), ma successivamente
accettate verbalmente da Onorio III nel 1216 ed approvate da Papa Gregorio
IX (1227-1241) nella sua bolla Gloriam virginalem del 1233, il che non
impedì, tuttavia, il rogo della prima b. condannata come eretica, una tale
Aleydis. Nonostante l'approvazione papale, negli anni successivi seguì una
raffica di condanne, a loro carico, ai sinodi di Fritzlar (1259) e Mainz
(1261), concilio di Lione (1274), sinodi di Eichstätt (1282) e Béziers
(1299), ed infine al Concilio di Vienne (1311-12), dove vennero condannate
come eretiche, sebbene venisse precisato nel contempo che non c'era nulla di
male in comunità formate da donne penitenti anche senza che esse avessero
preso i voti. Nel 1310 fu bruciata sul rogo Marguerite La Porète, una b.
con simpatie verso i Fratelli del Libero Spirito ed autrice del libro Le
miroir des simples âmes (lo specchio delle anime semplici), attribuito per
anni a Santa Margherita d'Ungheria. Il solito Giovanni XXII perseguitò con
furore beghine e begardi, come si è detto, mediante Bernardo Gui, benché il
Papa stesso cercasse di distinguere tra forme eretiche e forme ortodosse del
movimento. Pur tuttavia, l'elenco dei processi e relativi roghi di b. durante
questo periodo, soprattutto in Francia meridionale, è impressionante: a
Marsiglia (il beghino Pierre Trancavel e sua figlia Andreina), Narbona,
Carcassonne, Béziers e Tolosa si giustiziarono senza pietà i b. Alcuni
episodi denotarono l'accanimento degli inquisitori, come a Lodève, dove fu
bruciata la b. Esclarmonda Durban, e, quando il fratello cercò
di raccoglierne le reliquie, fu giustiziato anche lui. O a Mirepoix, dove
si dovettero costruire delle nuove carceri tanti che erano gli "eretici"
(b., spirituali, catari) in attesa di essere interrogati dall'Inquisizione. O
nel 1325 a Carcassonne dove 82 b. vennero processati semplicemente
per manifestazioni di devozione sulla tomba del capo degli spirituali
francesi, Pietro di Giovanni Olivi.
La dottrina La stragrande
maggioranza delle b. e dei begardi era cattolica ortodossa, e tutt'altro che
eretica, tuttavia fu la vicinanza e la frequentazione dei Francescani
spirituali e dei Fratelli del libero spirito (delle cui dottrine venne
accusata Margherita la Porète), che permise agli inquirenti di fare di tutte
le erbe un fascio e processare anche gli aderenti al movimento
b., soprattutto i begardi. Giovanni XXII cercò di distinguere in b. buoni
e cattivi, tracciando una linea immaginaria tra i "cattivi", che stavano in
Italia e in Francia meridionale (Provenza e Linguadoca) e i "buoni" che
stavano in Germania, Paesi Bassi e Francia settentrionale, ma questa
classificazione era alquanto semplicistica. Oltretutto, durante il periodo
di persecuzioni, era sufficiente che il b., a cui venisse ordinato di
ritirarsi in clausura in un ordine religioso "approvato", si opponesse alla
questa decisione per essere automaticamente considerato eretico. Infine il
linguaggio, volutamente provocatorio, di alcuni scritti, come quelli di
Margherita la Porète fu strumentalmente interpretato dagli inquisitori come
dichiarazioni di antinomismo. Boehme (o Boehm, Böhme, Böhm, Behmen), Jacob
(1575-1624) e behmenisti
Che un solo uomo possa aver influenzato
il pensiero di famosissimi filosofi, scienziati, artisti, teologi e fondatori
di movimenti religiosi-filosofici come: George Fox (1624-1691), Georg
Johann Gichtel (1638-1710), Isaac Newton (1642-1727), Emmanuel Swedenborg
(1688-1772), Louis Claude de Saint Martin (1743-1803), William Blake
(1757-1827), Benedikt von Baader (1765-1841), Georg Hegel
(1770-1831), Friedrich Schelling (1775-1854), Arthur Schopenhauer
(1788-1860), Helena Blavatsky (1831-1891), Eduard von Hartmann
(1842-1906), Friedrich Nietzsche (1844-1900), Vladimir Soloviev
(1853-1900), Henri Bergson (1859-1941), Rudolf Steiner
(1861-1925), Alfred North Whitehead (1861-1947), Nikolaj Berdjaev
(1874-1948), Carl Jung (1875-1961), Albert Schweitzer (1875-1965), Paul
Tillich (1886-1965) e Martin Heiddeger (1889-1976), oltre ad avere avuto
un certo peso anche sul pensiero dei Rosacroce e sui rituali della
Massoneria, a molti potrà sembrare difficilissimo. E se poi si sapesse che
quell'unico uomo era un ciabattino, il personaggio assumerebbe i contorni
della leggenda! Eppure questo uomo è effettivamente vissuto a cavallo tra il
XVI ed il XVII secolo e si chiamava Jacob Boehme.
La vita Jacob
Boehme (per le varie grafie del cognome vedi il titolo) nacque
ad Altseidenberg, nella regione tedesca della Slesia, il, o intorno al,
24 aprile 1575 da una agiata famiglia di contadini. Su una sua effettiva
carriera scolastica, gli autori non concordano, ed alcuni glissano
strumentalmente su una (quasi certa) buona educazione presso la scuola
locale, in maniera probabilmente da poter sottolineare ancora di più il
carattere di "illuminazioni mistiche" spontanee alla base della sua opera
letteraria. Sicuramente B. fu un appassionato autodidatta e lesse le opere
dei famosi mistici tedeschi come i trecenteschi Eckhart e Tauler, e
i cinquecenteschi Franck, Paracelso e Valentin Weigel (1533-1588), oltre
a testi di teologia, astrologia e alchimia. Comunque B. non frequentò
l'università, ma neanche intraprese il mestiere del padre a causa del suo
precario stato di salute: fu invece avviato alla professione di calzolaio nel
1590 ed in questa attività si dimostrò molto abile e il suo business fiorì
negli anni successivi. Finito l'apprendistato nel 1599, egli divenne maestro
artigiano nella gilda della vicina cittadina di Görlitz, dove era andato ad
abitare e dove si era sposato. Negli anni successivi B. venne a contatto con
molti intellettuali perseguitati, come il pastore mistico Martin Moller (m.
ca. 1612), il quale, per stimolare i cristiani ad una vita spirituale più
profonda, decise di fondare un gruppo, denominato Conventicola dei veri servi
di Dio, a cui B. aderì, partecipando con interesse alle riunioni e alle
discussioni. Poco dopo, probabilmente nel 1600, B. ebbe un'esperienza
mistica, riassunta nella sua famosa frase: Tutte le cose consistono in un Sì
o in un No (vedi sotto). Nel 1612 B. scrisse il suo primo trattato Die
Morgenroete in Aufgang oder Aurora (Sale il rosseggiare della mattina ovvero
Aurora), di cui una copia, fatto circolare l'anno dopo, pervenne alle
autorità ecclesiastiche locali. Queste ultime, tra cui particolarmente
accanito contro il calzolaio mistico fu il successore di Moller, il nuovo
pastore Gregor Richter, accusarono B. di eresia e lo fecero imprigionare:
egli fu liberato solo dopo che gli fu notificata la proibizione di scrivere
altre opere, ma B. decise allora, a maggior ragione, di vendere la sua
attività artigianale, per essere più libero di poter scrivere. Infatti dal
1618 egli iniziò a scrivere altri trattati e la maggior parte dei suoi lavori
si concentrò tra il 1619 ed il 1624, anno della sua morte. Alla pubblicazione
del suo lavoro più popolare Weg zu Christo (la via a Cristo), una collezione
di nove trattati dottrinali, B. e la sua famiglia furono espulsi da Görlitz
nel marzo 1624. B. allora si recò a Dresda con la speranza di poter parlare
con il principe elettore di Sassonia Johann Georg I (1611-1656), ma
l'incontro gli fu rifiutato. Deluso ritornò a Görlitz, dove, dopo alcuni
altri brevi viaggi, morì il 17 novembre 1624 all'età di 49 anni. Purtroppo
anche dopo la morte, B. fu vittima di persecuzioni: la sua tomba, nei
successivi mesi al suo decesso, fu profanata da facinorosi locali.
La
dottrina La dottrina di B. prende spunto da temi cari alle scuole dualistiche
e gnostiche. Lo sviluppo del pensiero nelle opere di B. è alquanto complesso
e spesso difficile da comprendere a prima vista, ma indubbiamente dotato
di fascino. Il punto principale è una visione dualistica della realtà
(Tutte le cose consistono in un Sì o in un No): questa è, sia nella sua forma
fisica che in quella metafisica, una entità vivente in una tensione continua
a causa del dualismo tra l'affermazione e la negazione del potenziale
evolutivo all'interno di questa unica entità. Questo concetto della tensione
tra poli opposti in un'unica entità venne in seguito utilizzata da Jung per
spiegare il dualismo della psiche, ad esempio
introversione/estroversione, sentire/intuire etc. Per quanto concerne Dio
(o la Deità), B. credeva che la Deità non era misurabile e quindi non
descrivibile: Dio Padre era una realtà primaria non manifesta, chiamata
l'Abisso (Der Ungrund), un Niente che conteneva la potenzialità del Tutto.
L'Abisso era caratterizzato dal desiderio di rivelarsi attraverso un processo
di introspezione Divina, o riflessione. Il desiderio di rivelarsi veniva
identificato con il Figlio della Trinità, il processo di riflessione con lo
Spirito Santo. Ma il tutto questo processo di riflessione necessitava di uno
specchio divino, che B. chiamava Saggezza Vergine o Sophia, configurata
quindi come il quarto principio della Deità e fondamentale in quanto, proprio
vedendo le proprie potenzialità nello specchio di Sophia, Dio Padre aveva
espresso il desiderio di trasformare le potenzialità in realtà, scatenando
quindi il processo della Creazione. Particolare attenzione venne data da
B. al concetto del male nel mondo, che derivava dal dualismo di Dio stesso,
contenente sia il Male che il Bene. B. giustificava questa scioccante (per i
contemporanei) presenza del Male in Dio, spiegando che se non ci fosse stato
un principio contrario al Bene, non ci sarebbe stato né la Rivelazione di Dio
né la Sua coscienza di Se Stesso. Partendo quindi da questo dualismo della
natura Divina, B. ipotizzò che Dio avesse sette qualità primordiali, di cui
tre rappresentavano la collera Divina e tre l'amore Divino. In mezzo il
settimo, il fuoco Divino, che era il principio della vita. L'angelo
ribelle Lucifero si era infatuato solo delle qualità colleriche di Dio e
rifiutando quelle positive, si era opposto al cammino dall'oscurità alla
luce, restando così totalmente malvagio e creando quindi il mondo materiale,
un concetto questo simile a quello usato dagli gnostici per spiegare la
figura del demiurgo.
Le opere L'aspetto più stupefacente della
vita di B. fu la sua ricca produzione letteraria, anche se la maggior parte
delle sue opere non furono pubblicate se non dopo il 1640. Egli scrisse
almeno 29 trattati, la maggior parte, come già detto, scritta tra il 1619 ed
il 1624, in tedesco, unica lingua che conosceva, disquisendo anche su molti
temi caldi del momento, come ad esempio la predestinazione.
I
Behmenisti I seguaci di B., detti behmenisti, si diffusero ovviamente in
Germania, dove l'erede spirituale di B. fu Abraham von Franckenberg
(1593-1652), e in Olanda, dove Abraham Willemsz van Beyerland (1586/7-1648)
provvide alla stampa dell'intera opera letteraria. Quest'ultimo influenzò il
diplomatico Michel le Blon (1587-1658), responsabile della successiva
diffusione degli scritti di B. in Svezia, dove interessarono la famosa regina
Cristina (1626-1689), e in Inghilterra. In quest'ultimo paese, dove per la
verità, i suoi lavori circolavano già dagli anni '40 del XVII secolo, si
svilupparono gruppi di seguaci del pensiero di B. Alcuni behmenisti inglesi
si fusero in seguito con il movimento dei quaccheri, il cui fondatore, George
Fox (anche lui un ex ciabattino!), era rimasto particolarmente colpito dal
pensiero del "Calzolaio di Görlitz". Anche il familista reverendo James
Pordage fu un suo accanito lettore. Assieme a Jane Leade, Pordage fondò la
Società dei Filadelfi (The Philadelphian Society) nel 1670 proprio per
promuovere un maggiore interesse nel pensiero di B.
Boehme (o
Boehm, Böhme, Böhm, Behmen), Jacob (1575-1624) e behmenisti
Che
un solo uomo possa aver influenzato il pensiero di famosissimi
filosofi, scienziati, artisti, teologi e fondatori di movimenti
religiosi-filosofici come: George Fox (1624-1691), Georg Johann Gichtel
(1638-1710), Isaac Newton (1642-1727), Emmanuel Swedenborg
(1688-1772), Louis Claude de Saint Martin (1743-1803), William Blake
(1757-1827), Benedikt von Baader (1765-1841), Georg Hegel
(1770-1831), Friedrich Schelling (1775-1854), Arthur Schopenhauer
(1788-1860), Helena Blavatsky (1831-1891), Eduard von Hartmann
(1842-1906), Friedrich Nietzsche (1844-1900), Vladimir Soloviev
(1853-1900), Henri Bergson (1859-1941), Rudolf Steiner
(1861-1925), Alfred North Whitehead (1861-1947), Nikolaj Berdjaev
(1874-1948), Carl Jung (1875-1961), Albert Schweitzer (1875-1965), Paul
Tillich (1886-1965) e Martin Heiddeger (1889-1976), oltre ad avere avuto
un certo peso anche sul pensiero dei Rosacroce e sui rituali della
Massoneria, a molti potrà sembrare difficilissimo. E se poi si sapesse che
quell'unico uomo era un ciabattino, il personaggio assumerebbe i contorni
della leggenda! Eppure questo uomo è effettivamente vissuto a cavallo tra il
XVI ed il XVII secolo e si chiamava Jacob Boehme.
La vita Jacob
Boehme (per le varie grafie del cognome vedi il titolo) nacque
ad Altseidenberg, nella regione tedesca della Slesia, il, o intorno al,
24 aprile 1575 da una agiata famiglia di contadini. Su una sua effettiva
carriera scolastica, gli autori non concordano, ed alcuni glissano
strumentalmente su una (quasi certa) buona educazione presso la scuola
locale, in maniera probabilmente da poter sottolineare ancora di più il
carattere di "illuminazioni mistiche" spontanee alla base della sua opera
letteraria. Sicuramente B. fu un appassionato autodidatta e lesse le opere
dei famosi mistici tedeschi come i trecenteschi Eckhart e Tauler, e
i cinquecenteschi Franck, Paracelso e Valentin Weigel (1533-1588), oltre
a testi di teologia, astrologia e alchimia. Comunque B. non frequentò
l'università, ma neanche intraprese il mestiere del padre a causa del suo
precario stato di salute: fu invece avviato alla professione di calzolaio nel
1590 ed in questa attività si dimostrò molto abile e il suo business fiorì
negli anni successivi. Finito l'apprendistato nel 1599, egli divenne maestro
artigiano nella gilda della vicina cittadina di Görlitz, dove era andato ad
abitare e dove si era sposato. Negli anni successivi B. venne a contatto con
molti intellettuali perseguitati, come il pastore mistico Martin Moller (m.
ca. 1612), il quale, per stimolare i cristiani ad una vita spirituale più
profonda, decise di fondare un gruppo, denominato Conventicola dei veri servi
di Dio, a cui B. aderì, partecipando con interesse alle riunioni e alle
discussioni. Poco dopo, probabilmente nel 1600, B. ebbe un'esperienza
mistica, riassunta nella sua famosa frase: Tutte le cose consistono in un Sì
o in un No (vedi sotto). Nel 1612 B. scrisse il suo primo trattato Die
Morgenroete in Aufgang oder Aurora (Sale il rosseggiare della mattina ovvero
Aurora), di cui una copia, fatto circolare l'anno dopo, pervenne alle
autorità ecclesiastiche locali. Queste ultime, tra cui particolarmente
accanito contro il calzolaio mistico fu il successore di Moller, il nuovo
pastore Gregor Richter, accusarono B. di eresia e lo fecero imprigionare:
egli fu liberato solo dopo che gli fu notificata la proibizione di scrivere
altre opere, ma B. decise allora, a maggior ragione, di vendere la sua
attività artigianale, per essere più libero di poter scrivere. Infatti dal
1618 egli iniziò a scrivere altri trattati e la maggior parte dei suoi lavori
si concentrò tra il 1619 ed il 1624, anno della sua morte. Alla pubblicazione
del suo lavoro più popolare Weg zu Christo (la via a Cristo), una collezione
di nove trattati dottrinali, B. e la sua famiglia furono espulsi da Görlitz
nel marzo 1624. B. allora si recò a Dresda con la speranza di poter parlare
con il principe elettore di Sassonia Johann Georg I (1611-1656), ma
l'incontro gli fu rifiutato. Deluso ritornò a Görlitz, dove, dopo alcuni
altri brevi viaggi, morì il 17 novembre 1624 all'età di 49 anni. Purtroppo
anche dopo la morte, B. fu vittima di persecuzioni: la sua tomba, nei
successivi mesi al suo decesso, fu profanata da facinorosi locali.
La
dottrina La dottrina di B. prende spunto da temi cari alle scuole dualistiche
e gnostiche. Lo sviluppo del pensiero nelle opere di B. è alquanto complesso
e spesso difficile da comprendere a prima vista, ma indubbiamente dotato
di fascino. Il punto principale è una visione dualistica della realtà
(Tutte le cose consistono in un Sì o in un No): questa è, sia nella sua forma
fisica che in quella metafisica, una entità vivente in una tensione continua
a causa del dualismo tra l'affermazione e la negazione del potenziale
evolutivo all'interno di questa unica entità. Questo concetto della tensione
tra poli opposti in un'unica entità venne in seguito utilizzata da Jung per
spiegare il dualismo della psiche, ad esempio
introversione/estroversione, sentire/intuire etc. Per quanto concerne Dio
(o la Deità), B. credeva che la Deità non era misurabile e quindi non
descrivibile: Dio Padre era una realtà primaria non manifesta, chiamata
l'Abisso (Der Ungrund), un Niente che conteneva la potenzialità del Tutto.
L'Abisso era caratterizzato dal desiderio di rivelarsi attraverso un processo
di introspezione Divina, o riflessione. Il desiderio di rivelarsi veniva
identificato con il Figlio della Trinità, il processo di riflessione con lo
Spirito Santo. Ma il tutto questo processo di riflessione necessitava di uno
specchio divino, che B. chiamava Saggezza Vergine o Sophia, configurata
quindi come il quarto principio della Deità e fondamentale in quanto, proprio
vedendo le proprie potenzialità nello specchio di Sophia, Dio Padre aveva
espresso il desiderio di trasformare le potenzialità in realtà, scatenando
quindi il processo della Creazione. Particolare attenzione venne data da
B. al concetto del male nel mondo, che derivava dal dualismo di Dio stesso,
contenente sia il Male che il Bene. B. giustificava questa scioccante (per i
contemporanei) presenza del Male in Dio, spiegando che se non ci fosse stato
un principio contrario al Bene, non ci sarebbe stato né la Rivelazione di Dio
né la Sua coscienza di Se Stesso. Partendo quindi da questo dualismo della
natura Divina, B. ipotizzò che Dio avesse sette qualità primordiali, di cui
tre rappresentavano la collera Divina e tre l'amore Divino. In mezzo il
settimo, il fuoco Divino, che era il principio della vita. L'angelo
ribelle Lucifero si era infatuato solo delle qualità colleriche di Dio e
rifiutando quelle positive, si era opposto al cammino dall'oscurità alla
luce, restando così totalmente malvagio e creando quindi il mondo materiale,
un concetto questo simile a quello usato dagli gnostici per spiegare la
figura del demiurgo.
Le opere L'aspetto più stupefacente della
vita di B. fu la sua ricca produzione letteraria, anche se la maggior parte
delle sue opere non furono pubblicate se non dopo il 1640. Egli scrisse
almeno 29 trattati, la maggior parte, come già detto, scritta tra il 1619 ed
il 1624, in tedesco, unica lingua che conosceva, disquisendo anche su molti
temi caldi del momento, come ad esempio la predestinazione.
I
Behmenisti I seguaci di B., detti behmenisti, si diffusero ovviamente in
Germania, dove l'erede spirituale di B. fu Abraham von Franckenberg
(1593-1652), e in Olanda, dove Abraham Willemsz van Beyerland (1586/7-1648)
provvide alla stampa dell'intera opera letteraria. Quest'ultimo influenzò il
diplomatico Michel le Blon (1587-1658), responsabile della successiva
diffusione degli scritti di B. in Svezia, dove interessarono la famosa regina
Cristina (1626-1689), e in Inghilterra. In quest'ultimo paese, dove per la
verità, i suoi lavori circolavano già dagli anni '40 del XVII secolo, si
svilupparono gruppi di seguaci del pensiero di B. Alcuni behmenisti inglesi
si fusero in seguito con il movimento dei quaccheri, il cui fondatore, George
Fox (anche lui un ex ciabattino!), era rimasto particolarmente colpito dal
pensiero del "Calzolaio di Görlitz". Anche il familista reverendo James
Pordage fu un suo accanito lettore. Assieme a Jane Leade, Pordage fondò la
Società dei Filadelfi (The Philadelphian Society) nel 1670 proprio per
promuovere un maggiore interesse nel pensiero di B.
Askew, Anne
(1521-1546)
Anne Askew era nata nel 1521 da una famiglia
altolocata della contea inglese del Lincolnshire. Ebbe un'ottima educazione e
mostrò uno spiccato interesse nei dibattiti teologici e verso la fede
protestante, ma fu obbligata da suo padre a sposare Thomas Kyme, il promesso
sposo (di religione cattolica) della sorella, morta poco prima del
matrimonio. Fu un'unione infelice soprattutto per contrasti in tema di
convinzioni religiose e alla fine il marito la cacciò di casa, benché
riconoscesse che la moglie era una delle donne più devote che avesse mai
incontrato. A. si recò quindi a Londra, per ottenere il divorzio, e
diventò nell'occasione dama di compagnia dell'ultima moglie di Enrico
VIII d'Inghilterra, Caterina Parr, che A. riuscì a convertire segretamente
alle proprie convinzioni religiose. Tuttavia erano tempi duri per i
luterani in Inghilterra: nel 1539 il parlamento inglese aveva approvato i Sei
Articoli (The Six Articles), confermando, tra l'altro, la validità del dogma
della transustanziazione, l'Eucaristia sotto una sola specie, il celibato per
i prelati, le Messe private e la confessione. Nel 1545 A. fu inquisita
sulla propria fede, ma essa rifiutò coraggiosamente di aderire ai Sei
Articoli, in particolare sui punti concernenti la transustanziazione e le
messe, in cui lei non credeva. Fu per questo crudelmente torturata per farla
confessare i nomi dei suoi confratelli, come la regina stessa ed altri
nobili. Tuttavia A. resistette alle torture e né confessò né fece nomi:
nonostante le perorazioni di Caterina Parr presso Enrico VIII, essa fu
quindi condannata al rogo nel giugno 1546, assieme ai compagni di fede
il gentiluomo John Lascelles, il sarto John Adams ed il sacerdote
Nicholas Belenian. La sentenza fu eseguita nel luglio dello stesso anno a
Smithfield: indebolita dalle torture, A. dovette essere trasportata sulla
pira su una sedia. Rifiutò all'ultimo minuto la grazia del re, che avrebbe
comportato l'abiura delle sue idee religiose, e morì tra le
fiamme.
Belesnianza (o Balsinanza o Bellesmanza) (vescovo cataro)
(attivo 1230-1250)
Vescovo cataro di Desenzano tra il 1230 ed il
1250, capo della fazione tradizionalista, in contrasto a quella innovatrice
capeggiata dal suo "figlio maggiore" (vale a dire successore designato),
Giovanni di Lugio. Belesnianza credeva, come Giovanni, alla metempsicosi
(reincarnazione) degli spiriti, per raggiungere la salvezza anche attraverso
varie esistenze.
Belesnianza (o Balsinanza o Bellesmanza) (vescovo
cataro) (attivo 1230-1250)
Vescovo cataro di Desenzano tra il
1230 ed il 1250, capo della fazione tradizionalista, in contrasto a quella
innovatrice capeggiata dal suo "figlio maggiore" (vale a dire successore
designato), Giovanni di Lugio. Belesnianza credeva, come Giovanni, alla
metempsicosi (reincarnazione) degli spiriti, per raggiungere la salvezza
anche attraverso varie esistenze.
Bembo, cardinale Pietro
(1470-1547)
I primi anni Pietro Bembo nacque a Venezia il 20
maggio 1470, primogenito del nobiluomo e senatore della Serenissima
Repubblica Bernardo Bembo (1433-1519). Da piccolo egli viaggiò spesso con il
padre, particolarmente a Firenze: l'amore dei due Bembo per la cultura
toscana si estrinsecò nel monumento a Dante Alighieri, fatto erigere da
Bernardo a Ravenna, e nell'uso scritto e parlato del toscano, preferito da
Pietro in contrapposizione al dialetto veneziano. Nel periodo 1492-94 B.
studiò greco a Messina, presso la scuola del rinomato filologo Costantino
Lascaris (1431-1501), e qui scrisse il dialogo in latino De Aetna, pubblicato
a Venezia nel 1496 da Aldo Manunzio (1450-1515), presso il quale egli
pubblicò nel 1501-02 anche un'edizione critica delle opere di Petrarca e di
Dante. In seguito, completò i suoi studi a Padova, seguendo i corsi di
filosofia di Pietro Pomponazzi. Dal 1497 al 1499 e, successivamente, dal 1502
al 1506, egli abitò a Ferrara, dove iniziò la stesura della sua opera più
famosa, il dialogo Gli Asolani, che venne pubblicato nel 1505: il dialogo in
tre libri, un inno all'amore spirituale e alla bellezza divina, è ambientato
nella villa di Asolo della famosa ex regina di Cipro, Caterina Cornaro
(1454-1510). A Ferrara, inoltre, egli conobbe Ludovico Ariosto (1474-1533),
ma soprattutto ebbe una relazione amorosa (secondo alcuni autori,
solo platonica) con la famosa Lucrezia Borgia (1480-1519), della quale
conservò gelosamente un ricciolo dei suoi leggendari capelli
biondi.
La carriera al servizio della Chiesa e il periodo a
Padova Nel 1506 B. si trasferì a Urbino alla corte di Guidobaldo I
(1482-1508) e poi di Francesco Maria I della Rovere (1508-1516), ma nel 1512
lasciò la città marchigiana per accompagnare a Roma l'amico Giuliano de'
Medici (1479-1516), dove l'anno successivo il fratello di questi, Giovanni
de' Medici (1475-1521), fu eletto papa con il nome di Leone X (1513-1521). A
sua volta, Giuliano fu creato Capitano Generale delle truppe pontificie,
mentre B. divenne segretario (insieme a Jacopo Sadoleto) del papa, rimanendo
così stabilmente a Roma fino al 1521. In questo periodo B. si innamorò di
Ambrogina Faustina Della Torre, da lui soprannominata la Morosina, e da cui
ebbe tre figli, Lucilio, Torquato ed Elena. L'influenza della Morosina sulle
decisioni di B. fu elevata: infatti, dopo la morte di Leone X nel 1521, ella
riuscì a convincere B. a ritirarsi dalla sua funzione pubblica a causa della
sua salute malferma e a trasferirsi a Padova. Qui B. formò una ricca
biblioteca nella propria villa di Treville e si circondò di un vivace circolo
culturale, di cui fece parte anche Aonio Paleario ed il filosofo benedettino
Vincenzo Maggi (1498-1564), poi convertito alla Riforma ed esule nel cantone
Grigioni nel 1553. Nel 1529 B. accettò il posto di storiografo ufficiale di
Venezia e, l'anno dopo, di bibliotecario della Libreria Nicena (poi Marciana)
di Venezia. A questo periodo risalgono le altre opere principali di B., come
le Prose della volgar lingua (1525) e le Rime (1530).
Bembo tra
gli ecclesiastici spirituali Nel 1535 morì l'adorata Morosina, e fu da questo
periodo che B. si dedicò sempre più alla carriera ecclesiastica, accostandosi
in particolar modo all'evangelismo, alle dottrine di Erasmo e al circolo
degli ecclesiastici spirituali, di coloro cioè che volevano una riforma
dall'interno della Chiesa Cattolica, formato, tra gli altri, dai cardinali
Gasparo Contarini, Giovanni Morone e Reginald Pole, dal generale dei
cappuccini Bernardino Ochino, oltre che dall'umanista Marcantonio Flaminio e
dalla marchesa Vittoria Colonna, con la quale B. ebbe una fitta
corrispondenza. Quattro anni dopo, nel 1539, il papa Paolo III (1534-1549)
gli offrì il titolo di cardinale, e due anni dopo B. fu nominato vescovo di
Gubbio e, nel 1544 di Bergamo: in quest'ultima diocesi, alla sua morte, gli
subentrò Vittore Soranzo. Il suo impegno evangelico rimase comunque
immutato: infatti nel 1541 egli difese l'accordo di Contarini con Melantone
sulla dottrina della giustificazione. Infine morì a 77 anni, a Roma il 18
gennaio 1547.
Bembo, cardinale Pietro (1470-1547)
I
primi anni Pietro Bembo nacque a Venezia il 20 maggio 1470, primogenito del
nobiluomo e senatore della Serenissima Repubblica Bernardo Bembo (1433-1519).
Da piccolo egli viaggiò spesso con il padre, particolarmente a Firenze:
l'amore dei due Bembo per la cultura toscana si estrinsecò nel monumento a
Dante Alighieri, fatto erigere da Bernardo a Ravenna, e nell'uso scritto e
parlato del toscano, preferito da Pietro in contrapposizione al dialetto
veneziano. Nel periodo 1492-94 B. studiò greco a Messina, presso la scuola
del rinomato filologo Costantino Lascaris (1431-1501), e qui scrisse il
dialogo in latino De Aetna, pubblicato a Venezia nel 1496 da Aldo Manunzio
(1450-1515), presso il quale egli pubblicò nel 1501-02 anche un'edizione
critica delle opere di Petrarca e di Dante. In seguito, completò i suoi studi
a Padova, seguendo i corsi di filosofia di Pietro Pomponazzi. Dal 1497 al
1499 e, successivamente, dal 1502 al 1506, egli abitò a Ferrara, dove iniziò
la stesura della sua opera più famosa, il dialogo Gli Asolani, che venne
pubblicato nel 1505: il dialogo in tre libri, un inno all'amore spirituale e
alla bellezza divina, è ambientato nella villa di Asolo della famosa ex
regina di Cipro, Caterina Cornaro (1454-1510). A Ferrara, inoltre, egli
conobbe Ludovico Ariosto (1474-1533), ma soprattutto ebbe una relazione
amorosa (secondo alcuni autori, solo platonica) con la famosa Lucrezia Borgia
(1480-1519), della quale conservò gelosamente un ricciolo dei suoi leggendari
capelli biondi.
La carriera al servizio della Chiesa e il periodo a
Padova Nel 1506 B. si trasferì a Urbino alla corte di Guidobaldo I
(1482-1508) e poi di Francesco Maria I della Rovere (1508-1516), ma nel 1512
lasciò la città marchigiana per accompagnare a Roma l'amico Giuliano de'
Medici (1479-1516), dove l'anno successivo il fratello di questi, Giovanni
de' Medici (1475-1521), fu eletto papa con il nome di Leone X (1513-1521). A
sua volta, Giuliano fu creato Capitano Generale delle truppe pontificie,
mentre B. divenne segretario (insieme a Jacopo Sadoleto) del papa, rimanendo
così stabilmente a Roma fino al 1521. In questo periodo B. si innamorò di
Ambrogina Faustina Della Torre, da lui soprannominata la Morosina, e da cui
ebbe tre figli, Lucilio, Torquato ed Elena. L'influenza della Morosina sulle
decisioni di B. fu elevata: infatti, dopo la morte di Leone X nel 1521, ella
riuscì a convincere B. a ritirarsi dalla sua funzione pubblica a causa della
sua salute malferma e a trasferirsi a Padova. Qui B. formò una ricca
biblioteca nella propria villa di Treville e si circondò di un vivace circolo
culturale, di cui fece parte anche Aonio Paleario ed il filosofo benedettino
Vincenzo Maggi (1498-1564), poi convertito alla Riforma ed esule nel cantone
Grigioni nel 1553. Nel 1529 B. accettò il posto di storiografo ufficiale di
Venezia e, l'anno dopo, di bibliotecario della Libreria Nicena (poi Marciana)
di Venezia. A questo periodo risalgono le altre opere principali di B., come
le Prose della volgar lingua (1525) e le Rime (1530).
Bembo tra
gli ecclesiastici spirituali Nel 1535 morì l'adorata Morosina, e fu da questo
periodo che B. si dedicò sempre più alla carriera ecclesiastica, accostandosi
in particolar modo all'evangelismo, alle dottrine di Erasmo e al circolo
degli ecclesiastici spirituali, di coloro cioè che volevano una riforma
dall'interno della Chiesa Cattolica, formato, tra gli altri, dai cardinali
Gasparo Contarini, Giovanni Morone e Reginald Pole, dal generale dei
cappuccini Bernardino Ochino, oltre che dall'umanista Marcantonio Flaminio e
dalla marchesa Vittoria Colonna, con la quale B. ebbe una fitta
corrispondenza. Quattro anni dopo, nel 1539, il papa Paolo III (1534-1549)
gli offrì il titolo di cardinale, e due anni dopo B. fu nominato vescovo di
Gubbio e, nel 1544 di Bergamo: in quest'ultima diocesi, alla sua morte, gli
subentrò Vittore Soranzo. Il suo impegno evangelico rimase comunque
immutato: infatti nel 1541 egli difese l'accordo di Contarini con Melantone
sulla dottrina della giustificazione. Infine morì a 77 anni, a Roma il 18
gennaio 1547.
Paleologo, Giacomo (o Jacopo) (ca.
1520-1585)
Giacomo (o Jacopo) Paleologo, umanista di origine
greca, nacque sull'isola di Chio nel 1520 ca. da Teodoro Paleologo, un greco
ortodosso, che aveva sposato un'italiana cattolica. Educato nella
religione della madre, P. entrò nell'ordine dei domenicani sull'isola nativa,
studiando successivamente teologia a Genova e a Bologna. Nel 1553 egli fu
mandato nel convento di Pera, vicino a Costantinopoli, e qui iniziò a
sviluppare la sua idea universalista, basata sul principio che anche i fedeli
di altre religioni, in particolare gli ebrei ed i mussulmani, potevano
salvarsi. Per queste sue idee fu inquisito varie volte fino ad essere
incarcerato a Roma, da dove riuscì a fuggire nel 1559, come Andrea Ghetti da
Volterra, in seguito ai moti popolari scoppiati in seguito alla morte del
Papa Paolo IV (1555-1559). Si rifugiò dapprima in Francia e poi, nel 1562,
in Moravia, ma in seguito, a causa delle sue idee eretiche, fu costretto a
riparare in Transilvania, dove fu nominato preside del ginnasio di Kolozsvár,
mentre il suo discepolo locale, János Sommer (1540-1574), ricoprì il ruolo di
rettore nella stessa scuola. Infine si trasferì, dal 1576 [a parte alcuni
brevi periodi a Hluk, in Moravia, presso Jetrich (1545-1582), signore di
Kunovice e suo protettore], in Polonia, a Cracovia, dove scrisse il proprio
trattato De discrimine Veteris et Novi Testamenti: riprendendo il suo
concetto universalista, P. insistette sulla concordanza delle leggi mosaica e
cristiana e per questo fu contestato da Grzegorz Pawel. In Polonia entrò
in contatto ed influenzò vari studiosi umanisti riformati come Ferenc Dàvid,
Niccolò Paruta, Szymon Budny, Giorgio Biandrata, Andrea Dudith-Sbardellati e
l'ex-domenicano (successivamente pastore calvinista a Derfle, in Moravia)
Bonifacio Benincasa, che divenne suo amico e stretto collaboratore. P.,
intervenendo, spesso in tono polemico, sui più svariati argomenti teologici e
storici, scrisse moltissimi trattati, di cui si possono citare, ad esempio,
una Catechesis christiana, le Dissolutio de iusticia e Ad quaesita pro
thesibus ad dissolutionem quaestionis pro iusticia contro la dottrina della
giustificazione (sia quella protestante per fede, che quella cattolica per
opere), la Disputatio scholastica, rivisitazione
storica dell'antitrinitarismo nell'Est Europa, ed in particolare in
Transilvania, il Commentarius in Apocalypsin, dove, prendendo spunto da un
commento sull'Apocalisse, attaccò il papato, ed in particolare Papa Pio
V (1566-1572), preso di mira anche nello scritto Adversus Pii V
proscriptionem Elizabethae reginae Angliae, e le apologie in difesa di
famosi antitrinitariani, come Giovanni Valentino Gentile (pro Valentino
Gentile) Miguel Serveto (Pro Serveto in Ioannis Calvini librum de orthodoxa
fide), Sébastien Castellion (Theodoro Bezae pro Castalione) e Ferenc
Dàvid (Defensio Francisci Davidis). Ma divennero popolari anche le accese
polemiche con l'ecclesia minor polacca e con il famoso antitrinitariano,
Fausto Sozzini, a riguardo della figura di Gesù Cristo, che, per il Sozzini,
era un vero uomo crocefisso, il cui compito era di rivelare Dio agli uomini,
che potevano così raggiungere la salvezza, seguendo il Suo esempio. Il P.,
invece, negava il ruolo di guida per i fedeli verso la salvezza del Cristo e
rifiutava, conseguentemente, ogni forma di adorazione di Gesù Cristo. Per
questo, il P. e i suoi seguaci vennero denominati antitrinitariani
non-adoranti in contrapposizione al pensiero sociniano. Inoltre un altro
punto di frizione con il senese fu l'obbligo morale, secondo P., del
cristiano nella difesa, anche prendendo le armi, del paese che offriva la sua
ospitalità. Sozzini era in totale disaccordo con questa tesi: per
l'antitrinitariano senese, il cristiano, secondo l'interpretazione del Nuovo
Testamento, non poteva versare il sangue di altri cristiani. Questa polemica
divenne molto viva soprattutto nel 1580, qualche anno dopo l'elezione di
Istvàn (Stefano) Bàthory, ex voivoda della Transilvania, sul trono di Polonia
(re: 1576-1586). Il P. polemizzò infine anche con gli anabattisti, sempre per
la funzione centrale, che questa setta attribuivano alla figura del
Cristo. Nel frattempo, dopo l'ascesa al potere dell'imperatore cattolico
Rodolfo II (1578-1612), le condizioni per gli eretici nei confini dell'impero
divennero quanto mai insicure, soprattutto in Moravia. Infatti, nel dicembre
1581, mentre il P. era ospite del suo protettore, il signore di Kunovice,
in Moravia, egli fu arrestato dal vescovo di Olomouc, Stanislav II
Pavlovský (consacrato vescovo nel 1580), forte di un mandato imperiale e di
una nutrita scorta armata. Trasferito a Kromeriz, P. fu poi estradato a
Vienna e successivamente inviato a Roma, per essere processato e condannato a
morte per eresia nel 1583. Dopo due anni di detenzione, P. fu decapitato
(giustamente secondo il polemico Sozzini) nel carcere di Tor di Nona il 22
Marzo 1585 ed il corpo fu arso sul rogo, il giorno dopo, a Campo dei
Fiori. L'effetto della morte del P. gettò nello sconforto il gruppo
degli antitrinitariani italiani e polacchi: entro pochi anni, sotto
l'effetto della Controriforma, guidata dai re polacchi cattolici, Sigismondo
III Vasa (1587-1632) e, soprattutto, Giovanni II Casimiro Vasa (1648-1668),
essi furono espulsi dal paese, che tornò ad essere un baluardo
cattolico.
Berengario di Tours (ca.
999-1088)
Berengario, famoso esponente della scuola Scolastica,
nacque a Tours, nella valle della Loira in Francia, nel 999 (secondo altre
fonti nel 1010), studiò dapprima alla scuola della città, e successivamente
alla famosa scuola di teologia di Chartres, sotto la guida del vescovo
Fulberto (vescovo: 1007-1029). Alla morte di quest'ultimo nel 1029, B. tornò
a Tours, diventando il direttore della locale scuola di San Martino. Nel
1039, B. fu nominato arcidiacono di Angers dal vescovo Uberto, ma continuò a
vivere e a lavorare a Tours. Nel 1047 B. entrò in discussione con Lanfranco,
abate del monastero di Le Bec in Normandia e futuro arcivescovo di Canterbury
(n. 1005, arcivescovo: 1070-1089), a proposito della natura della Eucarestia.
Questa era una polemica, per la verità, già affrontata circa 200 anni prima
da: Pascasio Radberto, secondo cui, nella sua opera più importante, De
corpore et sanguine Domini (Del corpo e sangue del Signore), l'essenza
(ovviamente non l'apparenza) del pane e del vino realmente si trasformava in
quel Corpo e in quel Sangue, che era nato da Maria e aveva patito sulla
croce, Ratramno di Corbie, il quale insisteva sul fatto che la presenza di
Cristo nell'Eucarestia fosse un mistero, non riducibile ad una trasformazione
alla lettera del pane e del vino, e Giovanni Scoto Eriugena, il quale
dichiarò che la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di
Cristo durante la messa era da intendersi in senso
simbolico.
Lanfranco si allineò al pensiero di Pascasio Radberto e B.
a quello di Scoto Eriugena, ribadendo che, dal punto di vista razionale, gli
sembrava inconcepibile l'effettiva trasformazione del pane e del vino nel
Corpo e nel Sangue di Cristo, denominata transustanziazione. Tuttavia in
seguito alla denuncia del suo avversario, B. fu fatto imprigionare su ordine
del re Enrico I di Francia (1031-1060) e successivamente condannato dal
concilio di Vercelli del 1050. Gli anni successivi di B. si caratterizzarono
per le frequenti convocazioni di concili, che condannavano puntualmente le
sue tesi e che spesso portavano il teologo di Tours a ritrattare
ufficialmente, salvo poi smentire tutto poco dopo. Indubbiamente gli fu
utile, più di una volta, l'amicizia con Ildebrando di Soana, il potente ed
influente arcidiacono, che ebbe un ruolo decisivo nella politica papale tra
il 1050 ed il 1073, anno in cui diventò lui stesso papa con il nome di
Gregorio VII (1073-1085). Le condanne contro B. furono pronunciate al
concilio di Parigi (1051), Tours (1055), Roma (1059), Poitiers (1075), Saint
Maixeut (1076) ed infine nuovamente a Roma nel 1078, dove, in un concilio
convocato in Laterano dall'amico Ildebrando, diventato nel frattempo Papa
Gregorio VII, B. firmò un atto di fede, in cui affermava di credere: "che,
dopo la consacrazione, il pane diventa il vero Corpo di Cristo, quel corpo
nato dalla Vergine", "che il pane ed il vino sull'altare, grazie al mistero
della preghiera santa e del parole del nostro Salvatore, vengono convertiti
in sostanza nel Corpo e Sangue del Signore Gesù Cristo". In cambio,
Gregorio stabilì che B. non potesse essere perseguitato per le sue idee.
Tuttavia, tornato in Francia, B., come al solito, ritrattò, ma fu infine
convinto a firmare una definitiva rinuncia alle sue idee al concilio di
Bordeaux del 1080. B. morì in solitudine sull'isola di San Cosma, vicino a
Tours nel 1088. 127 anni dopo la sua morte, nel 1215, al Quarto Concilio
Laterano, la transustanziazione divenne un dogma della
fede.
Berillo di Bostra (III secolo)
Vescovo di Bostra
in Arabia, Berillo propugnò un monoteismo molto radicale, riducendo Cristo a
uomo senza personalità divina propria, ma solo un corpo nel quale lo spirito
di Dio era sceso ad abitare. Le idee di B. erano quindi monarchiane di tipo
molto radicale. Nel 244, B. ebbe un scontro teologico con Origene, recatosi
in Arabia per confutare le sue tesi, con evidente successo, visto che in
seguito B. abbandonò le sue posizioni estreme. Bernard Marty (o Bertand
d'En Marti) (vescovo cataro) (m. 1244)
"Figlio maggiore" del
vescovo cataro di Tolosa, Guilhabert de Castres e suo successore, famoso
nella storia degli albigesi per la strenua difesa della roccaforte simbolo di
questa setta: Montségur. B. difese eroicamente il pog (picco) di Montségur
dal maggio 1243 al 16 marzo 1244 con 70 "perfetti", le loro famiglie ed una
ridotta guarnigione, al comando di Pierre-Roger de Mirepoix, per un totale di
ca. 500 persone contro un esercito assediante di 10.000 soldati (secondo una
stima, forse esagerata, di alcuni storici) al comando del siniscalco di
Carcassonne, Hugues de Arcis. L'assedio iniziò nel maggio 1243, ma fu
solamente alla fine di dicembre, che gli assedianti riuscirono a portarsi in
una posizione strategicamente più favorevole, fiaccando la resistenza dei
catari. In questi ultimi mesi dell'assedio di Montségur, si svilupparono le
leggende più varie, legate al favoloso "tesoro" dei catari, messo in salvo
chissà dove oppure alla fuga dalla rocca, il giorno prima della resa, di
quattro "perfetti" a conoscenza di misteriosi segreti, sui quali alcuni
autori, più o meno fantasiosamente, hanno speculato nei secoli successivi:
dal Sacro Graal all'ubicazione della tomba con le spoglie mortali di Gesù
ecc. Il 16 marzo 1244 la guarnigione si arrese e furono lasciati liberi solo
i soldati al comando di Mirepoix. Ben altra sorte attendeva i ca. 205 (o
forse 225) catari, tra i quali, oltre a Marty, facevano parte Raimond
Agulher, vescovo della chiesa catara del Razès e i famigliari di Ramon de
Perella (o Raymond de Péreille), signore del luogo, e più precisamente la
moglie Corba de Lanta, la figlia Esclarmonde de Péreille (alla cui vita e
morte sul rogo fa probabilmente allusione una cantata del trovatore occitano
Guilhem de Montanhagol) e la suocera, marchesa de Lanta . Tutti furono
bruciati sul rogo, sul quale salirono cantando, sicuri della loro salvezza in
Dio. Il luogo fu rinominato Prat dels Cremats (Prato dei
Bruciati).
Bernardino Bonifacio, Giovanni
(1517-1597)
Giovanni Bernardino Bonifacio, ultimo marchese di
Oria (vicino ad Otranto, in Puglia), era nato nel 1517 e nel 1536 era
diventato erede del titolo e dei feudi della famiglia, una delle dinastie più
in vista del regno di Napoli. Il B. aveva ricevuto una solida educazione
umanistica, sviluppata in diversi anni di studio e nella frequentazione di
ambienti culturali napoletani. Qui egli si distinse come assiduo habitué dei
circoli ispirati a Juan de Valdès, dove, probabilmente, conobbe i personaggi
più noti dei club valdesiani, come Bernardino Ochino, Pier Martire Vermigli,
Pietro Carnesecchi e Marcantonio Flaminio. Pur mantenendosi al sicuro
mediante un assiduo atteggiamento nicodemitico, B. sponsorizzò a distanza nel
1553 la pubblicazione a Basilea del De haereticis an sint persequendi del
riformatore Sebastian Castellion (Castellione). Solo nel 1557, dopo la
morte della moglie, il B. si trasferì volontariamente a Basilea. Fu appena in
tempo: infatti nell'ottobre dello stesso anno, egli fu citato a comparire
davanti al tribunale dell'inquisizione a Napoli. A Basilea B. fondò un
circolo luterano e conobbe Celio Secondo Curione, con il quale entrò in
polemica. Nello stesso 1557, egli fece la conoscenza e divenne amico di
Melantone, in occasione di un viaggio a Worms. Rimase sempre un animo
inquieto e questo spirito lo portò a vagare da una parte all'altra
dell'Europa, sempre alla ricerca della città ideale, che aveva denominato
"Eutopia". Dopo il soggiorno svizzero, si recò a Venezia, dove, nuovamente,
riuscì a scampare (fuggendo a Trieste) ad un ordine di cattura da
parte dell'inquisizione. Nel 1561 si recò in Polonia a Kasimirierz, presso
Cracovia, dove diventò amico di Giorgio Biandrata e di Prospero Provana. B.
si recò spesso anche in Moravia e accumulò negli anni successivi una
impressionante serie di tappe in giro per l'Europa, come già detto: Lione,
Parigi, Londra, dal 1565 al 1575 a Lörrach (Basilea), dove divenne amico e
sponsor del riformatore senese Mino Celsi (1514-ca.1575), Norimberga, Vienna,
Danimarca, Svezia, Inghilterra, Costantinopoli, e infine nuovamente (dal
1584) in Polonia, a Vilna, ospite di Niccolò Buccella. Poco dopo fece un
tragico viaggio in Inghilterra, dove perse la vista, e al ritorno dalla
quale, fece naufragio, salvandosi a stento, sulle coste polacche. Si stabilì
a Danzica, al cui Senato B. donò nel 1591 la sua preziosa collezione di ben
1.043 libri, con l'intento di non farli cadere in mano ai gesuiti e
permettendo la fondazione della Biblioteca cittadina. Morì a Danzica stessa
nel 1597. Dal punto di vista dottrinale, B. si allineò sulle posizioni
umaniste luterane di Melantone. Come i riformatori, B. era pessimista sulla
decadenza dell'uomo a causa del peccato e pensava che solo la Grazia, e non
certo le opere buone, potevano riportare l'uomo a Dio.
|
|
|
|