|
|
|
|
VINO
|
|
La vite è una pianta antichissima che da milioni di anni è presente nelle zone temperate del pianeta; solo da qualche migliaio di anni però si è cominciato a produrre vino. Hanno incominciato i sumeri, poi gli egiziani e greci e quindi gli etruschi. Oggi l'Italia è il primo paese viticolo del mondo e l'Europa detiene l'80% della produzione mondiale.
Tra le varie specie esistenti la più importante è sicuramente la vitis vinifera alla quale appartengono quasi tutte le varietà da
frutto. La vite può vivere e fruttificare solo dove esistono le quattro stagioni. Già al tempo dell'Impero Romano vi erano circa 140 tipi di vino che circolavano a Roma che, per via dell'estensione dell'Impero, arrivavano da ogni parte. Dopo la caduta dell'impero il vino e la vite subirono una grave involuzione e resistettero bene solo all'interno dei monasteri. In seguito grazie a Carlo Magno, grande estimatore, il vino conobbe un nuovo boom. La vite era coltivabile senza grossi problemi fino a che ,circa 200 anni fa, dell'America sono arrivati dei parassiti che hanno quasi portato all'estinzione la vite europea.
Quelli degni di nota e molto pericolosi sono: La fillossera, che attacca le radici della pianta, la peronospora e l'oidio, che attaccano foglie e grappoli. Per tali motivi oggi si combattono ancora questi parassiti con prodotti a base di rame per la peronospora e zolfo per l'oidio. Questo tipo di trattamenti oggi sono molto meno "velenosi" che in passato ma efficaci e soprattutto necessari.Gli interventi vengono eseguiti a distanza di circa 10-12 giorni l'uno dall'altro. Il primo si effettua alla comparsa dei grappoli per evitare che vengano subito attaccati dalla peronospora l'ultimo almeno 45 giorni prima della vendemmia, questo per evitare che tracce di questi prodotti creino problemi alla fermentazione alcolica. Per la fillossera il problema è stato risolto con l'utilizzazione dell'apparato radicale americano che ne è immune.Oggi le piante europee hanno tutte il basale portante le radici di tipo americano, la parte fruttifera invece è europea e viene applicata per mezzo di un innesto.
Ogni anno la vite, quando è a riposo vegetativo, deve essere potata per ottenere una buona produzione sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Dal tipo di potatura dal numero di piante per ettaro e dal tipo di vigneto dipende in gran parte la qualità e la quantità dell'uva. Con la potatura vengono eliminati i tralci che hanno già dato il frutto, (se non fossero tagliati la pianta crescerebbe a dismisura e si spoglierebbe della vegetazione fruttifera, la vite è un vegetale parente della liana). I sistemi di potatura sono di diverso tipo a seconda dei fattori climatici e del tipo di vigneto. Nei climi ed ambienti più consoni alla coltivazione si cerca, dopo un'adeguata potatura, di avere dalla pianta la massima espansione vegetativa. Non dimentichiamo che più vegetazione c'è più è accentuata la fotosintesi clorofilliana e più zucchero ci sarà nell'acino (questo è uno dei motivi per cui si
sta tornando decisamente ad impianti di vigneto a "filare", dato che essi garantiscono un maggiore sviluppo fogliare ed una esposizione al sole maggiore). Il tralcio si pota più o meno corto a seconda dell'uva che si vuole produrre; più gemme avrà il tralcio più uva produrrà la vite e minore sarà la qualità. L'esposizione migliore che la vite può avere è quella a sud est per un ovvio motivo di esposizione al Sole, ed in collina.Le piantine (denominate barbatelle quando vengono acquistate in vivaio prima di essere piantate), cominciano a produrre intorno al 3° o 4° anno di età, raggiunto il 6° anno si ottiene già un'ottima produzione. Il ciclo della vite durerà fino ai 30 anni, dopo conviene estirpare il vigneto, far riposare il terreno qualche anno e reimpiantare. In primavera la vite ricomincia a vegetare ed in seguito ci sarà la fioritura a cui segue la formazione di piccoli grappoli (allegagione).Prima dell'estate noteremo i grappoli già formati e verdi, mentre in piena estate c'è la fase dell'invaiatura dove l'acino per dilatazione cellulare si ammorbidisce e prende il colore (giallo o rosso) dalla buccia. Il momento della raccolta dipende molto dal vino che si vuole ottenere. Se si deve produrre uno spumante la raccolta sarà leggermente anticipata per avere una quantità di acidi superiore nell'uva (per motivi che non
sto ad elencare), man mano che l'uva matura diminuiscono gli acidi e crescono gli zuccheri; al bilanciamento considerato ottimale si raccoglie l'uva. Cercando di rovinare gli acini il meno possibile, l'uva viene portata in cantina per la vinificazione. Il ciclo poi ricomincerà nuovamente.
Si pensa che la Vitis Vitifera, la specie di vite con cui si fa la maggior parte del vino moderno si sia sviluppata intorno al 7500 a.C. nella regione transcaucasica che oggi corrisponde all'Armenia e alla Georgia. Da allora fino all'era classica la cultura della vite si diffuse in quasi tutti i paesi del mediterraneo e giunse fino al medio oriente.
Si pensa che Muscat e Syrah siano i vitigni più antichi del mondo come indica la stessa etimologia dei loro nomi. I reperti archeologici fanno risalire i primi esperimenti di vinificazione nel periodo neolitico (8000 a.C.): in Turchia, Giordania sono stati rinvenuti enormi depositi vinaccioli che suggeriscono che le uve venivano spremute.
Al tempo, tuttavia, il vino si faceva da uve selvatiche, mentre le prime prove di qualche attività di viticoltura vengono dalle Georgia 3000 anni dopo, nell'età della Pietra.
Le prime testimonianze della pratica della viticoltura ci giungono dalla Genesi (cap.9) quando Noè, finito il diluvio universale, attraccò a terra, piantò la vite e si ubriacò del suo vino.
Le prime attestazioni dell'attività vinicola sono degli antichi Egizi e giungono a noi in un affresco tombale conservato a Tebe che riproduce in dettaglio ogni fase del processo di vinificazione, della vendemmia, delle uve sino al trasporto sulle imbarcazioni lungo il Nilo.
I vini erano in gran parte rossi dato che le uve raffigurate sono solo uve nere tipiche dei climi temperati. Il vino veniva conservato in anfore dal collo stretto, solitamente a due manici, chiuse da un tappo d'argilla. Chi faceva vino apponeva anche un sigillo con l'anno della vendemmia; prima prova di una rudimentale pratica di invecchiamento. Con l'emergere di altre civiltà, la viticoltura e la vinificazione si affermarono più a nord, lungo le coste del Mediterraneo. Creta e Micene dominarono il mondo culturale ed entrambe erano civiltà commercianti che riconobbero il grande valore del vino.
L'Iliade di Omero è ricca di citazioni, ulteriore prova del grande significato che assunse nel mondo greco: a Itaca, Ulisse, nella sala del tesoro, conservava non solo oro, bronzi, tessuti, olio, ma anche "vasi di vino vecchio, dolce da bere" (Odissea II, vv 340). Micene cadde sotto mano nemica e la popolazione si rifugiò sulla terra ferma, in Grecia portando con sé l'arte della coltivazione della vite e dell'olivo.
Gradualmente lungo il corso dei secoli migrarono verso l'Italia che chiamarono Enotria, la terra della vite, poiché qui le viti prosperavano. Il vino, infatti, era già comparso in Sicilia oltre 2000 anni a.C. a opera inizialmente dei Fenici che portarono nuove qualità di Vitis Vinifera Sativa e nuove tecnologie di coltura. In tutto il territorio poi colonizzato dai Greci vi fu una vera e propria fioritura della civiltà del vino : in Calabria, vicino a Sibari, venne costruito un veno enodotto, cioè un condotto di argilla che convogliava il vino nella zona portuale dove veniva raccolto in anfore e quindi imbarcato. Le stesse colture palafitticole dell'età padana vinificavano: ce lo testimoniano i naturali ammassi di vinaccioli ritrovati; così come in Veneto il ritrovamento delle situle, ossia di bicchieri di terracotta che servivano da vasi vinari.
Intorno al 1000 a.C. gli Etruschi diedero maggiore impulso alla diffusione della viticoltura e proposero la diffusione della vite in piccole piante potate (alberello basso) e alcune fonti sostengono che la vite coltivata secondo questa tradizione si chiamasse lambrusca ; i greci invece accostavano la vite ad alberi di medio e alto fusto permettendo così alla pianta di arrampicarsi.
In questa fase preromana possiamo individuare in Italia due diverse civiltà del vino :
- una meridionale caratterizzata da un clima caldo, più progredita che accoglie in sé l'evoluzione della civiltà enoica delle culture mediterranee
- una settentrionale caratterizzata da un clima freddo che si è sviluppata posteriormente e solo in un secondo tempo ad una rudimentale coltura della vite ne ha fatto seguire una più evoluta che prevede non solo il trapianto ma anche la potatura e l'innesto.
La differenza tra le due culture si evidenzierà in seguito soprattutto a causa delle diversità climatiche.
Nell'età romana è bene fare una divisone in sottoperiodi:
- il primo dalla nascita di Roma alle Guerre Puniche
- il secondo arriva alla vigilia della nascita di Cristo
- il terzo prosegue fino alla fine dell'Impero
Con la caduta dell'Impero Romano lo sfacelo politico e le scorribande barbariche la cultura viticola fu abbandonata. Le campagne devastate e saccheggiate venivano abbandonate dai contadini che cercavano sicurezza presso chi poteva proteggerli.
Chi seppe riempire questo vuoto di potere fu la Chiesa Cristiana che offrì proprio sicurezza e protezione. Nei monasteri, piccole oasi di pace, protetti da alte mura di cinta, si coltivavano ortaggi, ma anche la vite. La vite per il suo vino e il vino per il culto. Nei Vangeli il vino è elemento presente ed essenziale, dalle "Nozze di Cana" fino all'episodio dell'ultima cena. Da questo momento e in questo momento il vino che rallegra l'anima, che guarisce, che introduce nel mondo dionisiaco, diviene simbolo profondo di un momento sacrificale. Il vino diviene sangue, è il sangue della terra "sanguinis uvae" insieme al pane azzimo diventano il nutrimento dell'anima. Il vino e il pane, nel momento dell'offerta, vengono trasmutati in sangue e corpo di Cristo. La religione Cristiana avendo bisogno del vino per il compimento del culto rappresentò la forza di conservazione del poco rimasto e poi di propulsione per lo sviluppo della viticoltura. I monasteri divennero centri di aggregazione di tutti quelli uomini legati alla campagna che non chiedevano altro di poter lavorare la terra. Il paesaggio cominciò a modificarsi e numerose famiglie di contadini cominciarono ad adunarsi attorno all'Abbazia. L'estensione territoriale di questi centri aumentò e l'abate divenne il punto di riferimento non solo morale ma anche civile in quanto assicurava ordine e giustizia. I monaci insegnavano le tecniche della viticoltura e della vinificazione e si trovavano nei monasteri persino "...taberna in monasterium...", e visto che le regole dei monasteri si facevano sempre meno rigide il vino veniva bevuto spesso e volentieri non solo durante l'uffizio religioso al punto che "ora et labora" venne talvolta affiancato a "bibite frates ne diabolus vos otiosos inveniat" (bevete fratelli affinché il diavolo non vi colga oziosi); venne coniata la scomunica papale agli ecclesiastici che si ubriacavano. Se l'abate era il punto di riferimento alla vita agricola, il vescovo lo era nella società cittadina e la vite era coltivata e protetta
perché il vescovo potesse somministrare il vino a tutti i credenti. La vigna divenne così simbolo di ricchezza, venne difesa da recinti, protetta dal pascolo. Anche le popolazioni barbare, che piano piano si stanziarono nel territorio romano e si innestarono al tessuto sociale presero in considerazione la coltivazione della vite: il mondo civile fece propria la vite assunta a simbolo dalla cristianità. Rotari prestigioso Re longobardo, fissò nel famoso editto tutta una normativa a difesa della vite; anche Carlo Magno, re dei franchi, nel suo famoso "Capitolare..." dettò le regole per la vinificazione. Chiesa e Impero organizzarono la normativa agraria.
Nel 200 Federico II di Svevia ordinò che agli adulteratori del vino venisse coniata la fustigazione e in caso di recidività, prima il taglio della mano e poi la decapitazione. Intanto dalle campagne il vino affluiva in città e sorsero luoghi aperti al pubblico per sorseggiare boccali di vino. La richiesta aumentò la produzione e il vignaiolo preferiva vendere il vino buono che gli consentiva ottimi affari e tenere per sè il vinello. La stessa municipalità cominciò a distribuire il vino buono per compensare lavori straordinari o nel caso di feste o cerimonie. Con il diffondersi del vino nacquero i commercianti e oltre il taverniere apparve il cabarettiere che portava la sua taverna (panche e tavoli chiuse in un recinto di legno) nelle feste e nei mercati. In Francia Luigi IX concesse nel 1250 il primo status ai mercanti di vino che in seguito si organizzarono in corporazioni. Nasceva intanto l'osteria, locale più dignitoso della taverna, ma non esisteva ancora un luogo ove si potesse, oltre che bere, mangiare.
Durante il periodo delle potenze marinare, soprattutto a Venezia ecco arrivare quel "vino greco" che aveva fatto il suo ingresso in Italia già in epoca preromana: vino dolce di uve di uve moscato o malvasia delle isole di Cipro o di Creta. Vino per l'alto prelato o per il ricco mercante che amavano vini ricercati o raffinati così diversi dall'italico. I viticultori italiani non si fecero attendere e migliaia di talee di malvasia e moscato vennero messe a dimora nella fascia mediterranea e soprattutto nel sud.
Il '500 fu un secolo significativo per la viticoltura: le idee e le conoscenze cominciarono a circolare con maggior facilità e sempre più zone vennero sottratte ai boschi per essere coltivate a vite. Proprio in questo periodo un grande studioso, Andrea Bacci, naturalista e medico di Sua Santità, autore di una "Natura Vinorum Historia" esaltava il buon vino romano e da lui veniamo a conoscenza di quali erano i vini italiani dell'epoca.
Fu nel 1600 che in Inghilterra Re Giacomo I proibì che le vetrerie utilizzassero legno da ardere (tutela del legno boschivo che serviva per il mantenimento della flotta) e i vetrai allora impiegarono il carbone e il vetro acquistò una notevole consistenza.
Così nel XIX secolo dopo lunga storia si affermò il connubio "vino-bottiglia" preceduto solo dall'esempio dello Champagne Francese. Non esisteva il tappo perfetto come quello di sughero, ma piccoli legni avvolti da stracci imbevuti nell'olio o legati da una colata di cera erano le sole chiusure di cui disponevano.
Ai primi del 700, autorizzata la vendita dello Champagne si aprì la conoscenza dell'introduzione forzata del tappo nel collo della bottiglia. Nel corso sempre del 700 la diffusione di pubblicazioni che svolgevano temi vitivinicoli divennero sempre più numerose e diffuse e si fecero grandi sperimentazioni soprattutto in Toscana.
L'800 rappresentò un secolo determinante per l'enologia: G. Acerbi nel trattato "Delle viti..." operò una metodica nonché scientifica classificazione dei vitigni creando una raccolta di monografie di altri autori. Nell'atto pratico si registrano sviluppi : sia il Conte Cavour (chiamò in Italia l'enologo francese Oudart) sia i marchesi Falletti diedero vita a una nuova produzione di Barolo simile a quella attuale, mentre Boschero diffondeva in Piemonte il sistema di viticolture Guyot. In Toscana il barone Ricasoli pianificò la produzione del Chianti mentre Carlo Gancia trapiantò le bratelle di Pinot e cominciò la produzione dello spumante classico. Il vino, pur mantenendo il suo fascino perdeva molti suoi misteri: ad esempio la chiarificazione che fin dall'antichità veniva praticata aggiungendo ai vini o ai mosti ingredienti che quasi per magia perdevano
torpidità, veniva ora fatta capendo che le sostanze aggiunte, depositandosi, assorbivano o trascinavano meccanicamente sul fondo del recipiente le particelle solide che si trovavano in sospensione.
Ma la più grande scoperta del secolo è da attribuirsi a L. Pasteur : la pastorizzazione.
Nel corso del nostro secolo si è fatto moltissimo per la coltura vinicola dal punto di vista tecnologico anche se il carattere del vino è prima di tutto determinato dall'ambiente: il clima e la composizione geologica dei terreni su cui l'uva è maturata. Un grande vino è quello che riesce a cogliere nel modo più compiuto i profumi, i colori, il sapore che madre natura ha nascosto nel chicco lucente dell'uva matura, che sa esplicitare nel liquore i misteriosi affascinanti legami fra terra e sapori.
Cantine Italiane - Cantine d'Italia. COME FARE IL VINO
- COME FARE UN BUON VINO Crea il tuo vino, come fare il vino >>>
SE NE HAI BISOGNO RICORDATI DEL "GLOSSARIO DEL VINO".
Benvenuti !!! In questo spazio troverete semplici ed utili consigli su come fare il vino in casa!!! Prima di tutto non badate a spese per l'acquisto dell'uva, è la base per produrre un buon vino!
In tal senso è opportuno informarsi sul periodo migliore per la raccolta dal proprietario del vigneto, in quanto
località, tipo di impianto del vigneto, tipo di vitigno e fattori climatici dell’annata influiscono sulla data di raccolta. Inoltre, è bene che il processo di vinificazione si svolga in un luogo areato (durante la fermentazione si sviluppa anidride carbonica nociva alla salute) e fresco (le temperature elevate potrebbero vanificare gli sforzi). In ogni caso, la vostra cantina deve essere sempre pulita, il vino non deve prendere aria e vanno evitati sempre odori forti e grosse vibrazioni.
Ammettiamo che abbiate l’intenzione di produrre circa 150 litri di vino (se le
quantità cambiano fate le dovute proporzioni): considerando che ogni quintale di uva dà circa 70 litri di vino (avendo un torchio, altrimenti si diminuisce), bisognerà acquistare 2,5 quintali d’uva da vino. Le prime operazioni da effettuare dopo la raccolta dell'uva sono quelle della pigiatura e della diraspatura, ovvero separare i raspi dall'acino (a tal proposito ci sono delle pigiadiraspatrici manuali, che per piccole quantità vanno benissimo). Mentre svolgete questa operazione aggiungete del metabisolfito (o trefosolfina):questa sostanza ha infatti proprieta’ antisettiche, antiossidanti ed aiuta la precipitazione delle sostanze in sospensione da eliminare (la quantità da aggiungere, è scritta sulla confezione).
Il "vino" ottenuto da questa prima fase di lavorazione deve essere posto in un recipiente, possibilmente di acciaio inox, da 250 litri e con rubinetto.
Il contenitore, deve essere lavato e disinfettato con una parte di un dischetto di zolfo, facendolo bruciare all'interno (o pulito con acqua bollente).
Solo dopo questa operazione potrete tappare il contenitore: dopo qualche minuto potrete riaprire, ma evitando di respirare il fumo che si è prodotto. Dovrete ripetere questa operazione ogni qual volta riutilizzerete il recipiente.
Chiudete appena il coperchio, in modo tale che i gas prodotti durante la fermentazione possano fuoriuscire. Le bucce devono essere "affogate" (follatura) due volte al giorno per evitare che si ossidino (diventerebbero più scure ed irrancidirebbero alterando il mosto) e anche per abbassare leggermente la temperatura della massa, che oltre i 36 gradi circa, potrebbe far arrestare la fermentazione (si arresta infatti l'attività dei lieviti che sono gli autori della fermentazione).
A questo punto passate alla svinatura: dopo 1 giorno, se si tratta di uve bianche, circa 5 giorni, se si tratta di uve nere.
La svinatura, consiste nella fuoriuscita del mosto dal recipiente e nella raccolta delle bucce che possiedono ancora molto liquido. Inserite le bucce nella piccola pressa e passate alla torchiatura: il mosto ottenuto
dovrà essere unito a quello appena svinato. Tutto il mosto che avrete ottenuto
dovrà essere posto in 3 damigiane da 54 litri ciascuna (eventualmente distribuendo il mosto ottenuto dalla pressatura in ciascuna damigiana), la rimanenza, che all'incirca dovrebbe essere di 10 -15 litri, in un contenitore più piccolo .
Come tappo dovrete utilizzare dei piccoli "bollitori" di plastica (uno per damigiana) che dovranno essere riempiti al loro interno con un po' d'acqua. In questo modo otterrete una barriera che impedirà all'aria di entrare, e allo stesso tempo farete fuoriuscire l'anidride carbonica (l'effetto è molto evidente e si vedranno fuoriuscire dal tappo delle bolle). Mettete le damigiane su di un piano rialzato. Il mosto pian piano si quieterà e dopo circa 20 giorni potrete fare il 1° travaso (dico circa, perché non è sbagliato eseguire l'operazione con la luna in fase calante). A questo punto si
potrà effettuare il travaso tramite un tubo di plastica nel recipiente in acciaio inox, sciacquate bene le damigiane e riempitele nuovamente. Non bisogna assolutamente toccare il fondo delle damigiane né agitare il vino da travasare,
perché si potrebbe causare il movimento della "feccia" che si è accumulata nel fondo (i residui oltre ad essere causa della non limpidezza del vino sono anche portatori di batteri pericolosi per lo stesso).
Durante il travaso prelevate un campione del vostro vino (circa ½ litro), chiudetelo bene in una bottiglia di pari quantità e portatelo ad analizzare da un enologo (la spesa si aggira intorno a 10 euro). L'enologo sicuramente vi darà dei correttivi come ad esempio acido citrico, o tartarico, di cui il vostro vino è deficitario e vi consiglierà di mettere un po' di bentonite per la chiarificazione del vino (fatevi spiegare bene come utilizzarla): in commercio esistono comunque dei filtri ad un prezzo accessibile.
La quantità del vino è diminuita per via dei depositi che avrete eliminato e va reintegrata con il vino del piccolo recipiente, colmandolo . Di nuovo andrete a mettere gli speciali tappi. Dopo circa 30 giorni dovrete effettuare un nuovo travaso -
Il TRAVASO (se avete acquistato la bentonite ricordatevi di metterne un po' per damigiana circa una settimana prima del nuovo travaso). Mettete tutto il vino che avete nel recipiente di acciaio e dopo aver miscelato bene i prodotti che vi sono stati dati dall'enologo con del vino(non vi preoccupate non sono sostanze pericolose ma solo sostanze che il vino possiede naturalmente e di cui il vostro necessita per la sua buona conservazione ed il miglioramento delle qualità organolettiche).
Ripulite le damigiane e, se potete, lasciatele scolare a testa in giù (risciacquare con acqua prima di un nuovo utilizzo).
Il nostro recipiente con il vino deve essere dotato di galleggiante, è l'ideale perché con l'aggiunta di una piccola quantità di olio enologico (intorno al galleggiante) avrete ottenuto un'ottima protezione dall'aria; in caso contrario la quantità di olio da utilizzare sarà di circa 1 litro, e l'effetto sarà identico. Dopo circa 15 giorni assaggiate il vostro vino, ma se volete un consiglio del tutto personale non iniziate a berlo prima di Natale: ha bisogno di maturare !!!
Ora se tutto è andato bene avrete la grande soddisfazione di aver CREATO IL VOSTRO VINO!!! Guardatelo dentro ad un bicchiere rigorosamente di vetro non lavorato, se il vostro vino bianco avrà un colore dorato va bene se risulta ambrato dovrete iniziare a preoccuparvi !
Procedete alla degustazione del primo bicchiere…..vi emozionerete perché vi sembrerà il vino più buono che abbiate mai bevuto!!! Qualora vogliate imbottigliare il vostro vino, posto che quest’ultimo non
potrà durare a lungo nelle bottiglie, dovrete usare tappi in plastica o in sughero tenendo presente che per questi ultimi serve necessariamente un’imbottigliatrice manuale.
Per il vino rosso imbottigliato con tappi di sughero, provate a vedere com’e’ dopo un anno. L'imbottigliamento deve essere fatto comunque a primavera. Cercate quindi di consumare il vino nell'anno in corso,con maggiore attenzione per il bianco e ricordatevi di imbottigliare con la Luna giusta.
Per presentare meglio il vostro vino potrete creare una vostra etichetta ed utilizzare una capsula termorestringente sul tappo. Ora che avete imparato a fare il vino in casa, sperando che tutto sia andato bene e soprattutto che sia venuto un buon
vino.
|
|
|
|
|
| |