accordo canzoni Le opere protette La legge sul diritto d'autore tutela le opere appartenenti alla letteratura, espresse in qualsiasi modo o forma, purché dotate di carattere creativo, unico e sufficiente requisito per la nascita del diritto di autore. Più specificamente, all'art. 2 l.d.a. sono indicate, a titolo esemplificativo e quindi non tassativo, le singole categorie di opere protette nell'ambito della letteratura, ovvero le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose; il legislatore si premura di specificare che la protezione ha ad oggetto l'opera espressa sia in forma scritta sia in forma orale. La forma scritta rappresenta da sempre il mezzo più adatto alla riproduzione del lavoro intellettuale in una definitiva e compiuta elaborazione ed è inoltre il mezzo che si è storicamente affermato come più idoneo per una facile divulgazione dell'opera; accanto alla scrittura, la legge del 1941 ammette la forma orale: la decisione di parificare le opere orali di per sé non definitive e permanenti, alle opere scritte, è stata motivata dalla considerazione che pur se non tutto ciò che si esprime oralmente può essere protetto come opera dell'ingegno, non si può comunque escludere che attraverso la parola si possano esprimere opere frutto dell'ingegno che possiedano i requisiti generali di un'opera scritta. Le opere drammatiche sono normalmente espresse in forma scritta, ciò non toglie che possano essere in tutto o in parte orali. Le opere scientifiche sono protette dal diritto d'autore come rappresentazione letteraria di un contenuto scientifico: infatti, ciò che il diritto d'autore tutela è la forma espressiva dell'opera, non l'idea e i principi che ne stanno alla base. Il legislatore ha voluto ricomprendere nella disposizione le opere didattiche non perché distinte dalle opere scientifiche, ma perché danno luogo a questioni speciali, legate alle libere utilizzazioni e quindi alle eccezioni ai diritti esclusivi d'autore. Sono altresì volutamente menzionate le opere religiose, al fine di superare le incertezze derivanti dalla particolare natura del loro contenuto, che faceva sorgere dubbi sul riconoscimento della loro protezione nonostante l'ovvia applicazione dell'art. 5 l.d.a. che esclude la protezione del diritto d'autore ai testi degli atti ufficiali dello Stato e delle Amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere, e quindi anche le pubblicazioni della Santa Sede. Il D. Lgs. 518/1992 introduce all'art. 1 l.d.a. un secondo comma che estende la tutela giuridica ai programmi per elaboratore, equiparandoli alle opere letterarie. Proprio in virtù di quanto detto più sopra, e cioè che il diritto d'autore non tutela le idee ma solo la loro espressione, si può comprendere il motivo di questa scelta legislativa: il programma parte da un'idea che si sviluppa ed è resa tangibile attraverso l'adozione di un determinato linguaggio, così come avviene per l'idea letteraria. Al pari di qualsiasi autore letterario, i programmatori possono teoricamente partire da un'idea comune per raggiungere lo stesso risultato, ciò che si differenzia è il modo di esprimere l'idea: lo scopo alla base del diritto d'autore è proprio la tutela delle infinite varietà di espressioni. Il comma 8 aggiunto all'art. 2 dallo stesso d.lgs. 518/1992 conferma quanto detto: sono protetti “i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi, purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell'autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso”. La disciplina L'autore di un'opera della letteratura è titolare, come chiunque altro autore di opere protette, dei diritti di sfruttamento economico dell'opera (pubblicazione, riproduzione, esecuzione, etc.) e dei diritti morali a difesa della personalità dell'autore. Lo sfruttamento delle opere appartenenti alla letteratura si realizza soprattutto mediante la stampa su supporto cartaceo e considerando la facilità di riproduzione di opere così divulgate si comprende come gli autori si sentano danneggiati dalla diffusa prassi di fotocopiare libri interi o parti rilevanti degli stessi; d'altra parte non si devono dimenticare i contrapposti interessi degli utilizzatori a che il progresso culturale non venga ostacolato dalle esclusive riconosciute agli autori. Le eccezioni nel campo delle opere letterarie La predisposizione di eccezioni al diritto d'autore risponde proprio all'esigenza di garantire un giusto compromesso tra gli interessi degli autori, che vorrebbero estese e assolute privative, e gli interessi degli utilizzatori di materiale protetto, che invece cercano un meno oneroso accesso alle opere dell'ingegno. Al fine di comprendere i confini tra libere utilizzazioni e diritto esclusivo così come delimitati dalla Legge sul diritto d'autore, l'attenzione deve posarsi sulle norme contenute nel Capo V relative alle eccezioni e limitazioni al diritto d'autore, in particolare sulle norme che riguardano lo sfruttamento delle opere letterarie. Si rimanda quindi alla trattazione relativa all’art. 68 l.d.a. Riferimenti bibliografici: Eduardo Piola Caselli, Codice del diritto di autore, UTET, 1943 Laura Chimienti, La tutela del software nel diritto d'autore, Giuffrè, 2000 Brevi cenni di storia della musica. Sull'origine della musica sono sorte molte ipotesi, più o meno valide. Secondo Darwin, il canto umano sarebbe cominciato nell'imitazione dei versi degli animali: Rousseau ipotizzò invece il tentativo di parlare su toni acuti. Per alcuni studiosi la musica iniziò con il ritmo dell'esecuzione dei lavori, mentre altri la ritengono una naturale evoluzione della comunicazione parlata. Normalmente si parla di storia della musica intendendo solo quella occidentale: anche se l'Occidente, ed in particolare l'Europa, è stato un imponente palcoscenico dello sviluppo musicale, non è comunque possibile non considerare altre culture musicali, come quella cinese e quella indiana, che pur non spartendo con la nostra alcunché, sono comunque arrivate ad un notevole grado di complessità. In queste pagine darò un brevissimo riassunto della storia della musica occidentale, dall'antichità agli sviluppi contemporanei: altre culture verranno esaminate in seguito. [Ebrea e romana] [medioevo e rinascimento] [classicismo] [barocco] [romanticismo] [nazionalismo] [XX secolo] Con l'agricoltura iniziò il declino del nomadismo ed alcune aree privilegiate videro un primo sviluppo della civiltàe della cultura: il fatto che una parte della popolazione potesse risiedere stabilmente in aree urbane diede un impulso notevole alle attività creative dei popoli antichi, anche nella musica: è qui che ha inizio la musica antica. La teoria musicale occidentale, risalente ai greci antichi, ha attinto fortemente dai popoli egiziani e della Mesopotamia: questi conoscevano già gli intervalli consonanti di quinta, quarta ed ottava, e ne facevano il punto di partenza di diversi sistemi di scale. Venne elaborato un sistema di relazioni tra altezza delle note e lunghezza delle corde (o dei flauti) necessaria per produrre tali note, a prescindere dalle relazioni matematiche alla base della produzione del suono che poi sarebbero state codificate da Pitagora. Era quello un periodo in cui la visione del mondo era comunque fortemente condizionata da superstizioni e religioni: i mesopotamici, ad esempio, adoravano i pianeti e ritenevano che l'armonia tra uomo ed universo fosse regolata dai numeri e si rispecchiasse proprio nella musica. Come già accennato, le basi della moderna teoria musicale vennero stabilite dai Greci, in particolare da Pitagora, che studiò in Egitto ed anche in Mesopotamia. L'antica Grecia. Le origini della musica greca si perdono nella mitologia dell'Età degli eroi, iniziata con la separazione della Grecia continentale da Creta, attorno al 1400 a.C. Secondo la leggenda, la lira, il flauto ed il flauto ad ancia furono inventati da Ermes, Iagnis e Marsia, mentre il padre del canto era Orfeo: al flautista Olimpo venne attribuita l'introduzione delle melodie tradizionali (nomoi). Tra l'VIII ed il VII secolo a.C. coesistettero tre tendenze musicali. Gli aedi, o rapsodi, professionisti che cantavano le gesta degli eroi e degli dei accompagnandosi con il kitharis, una lira di grandi dimensioni (il termine "lirica" deriva dallo strumento usato proprio dagli aedi): sui loro canti è basata l'Iliade (850 a.C. circa), riconosciuta come il primo grande poema epico della letteratura occidentale. Successivamente gli aedi si interessarono a temi di attualità o popolari. Nelle campagne la musica e la danza avevano come protagonista principale la syrinx, ossia il flauto di Pan, mentre il canto corale accompagnava le cerimonie religiose e quelle civili in generale. Tra il VI ed il V secolo a.C. il teatro classico raccolse la tradizione della lirica, con autori del calibro di Eschilo, Euripide ed Aristofane. Il coro che accompagnava queste opere era rigorosamente all'unisono. accompagnato eventualmente dalla lira o dall'aulos (una specie di flauto doppio): esso faceva da commento alla rappresentazione, ma eseguiva anche la danza, detta orchesis, stando nello spazio davanti la scena (che per questo venne detto orchestra). Il termine assunse l'odierno significato durante le prime esecuzioni di opere italiane, quando i musicisti sedevano davanti al palcoscenico. La musica (mousike = cultura dell'intelletto) non era concepita dai greci come attività indipendente, ma come nucleo principale dell'educazione, assieme alla cultura fisica: lo stesso Platone ne sottolineò l'importanza educativa. Le scale erano basate su gruppi di quattro note di intonazione discendente, detti tetracordi (quattro, come le corde delle prime lire). La nota iniziale e quella finale di ogni tetracordo formavano un intervallo di quarta perfetto: le note interne potevano essere alterate per formare diversi tetracordi (genera). Le scale di sette note, o harmoniai, erano formate collegando tra loro due tetracordi ed estese per coprire due ottave. Tra queste era poi possibile scegliere scale d'ottave diverse dette modi: il modo da un do all'altro, ad esempio, corrispondeva all'attuale scala di do maggiore. Pitagora (come detto nella pagina degli autori) trovò le relazioni numeriche tra la frequenza dei suoni e la lunghezza di una corda, includendo tutto questo nella sua cosmologia: questo pensiero influì poi profondamente nella cultura occidentale. La musica suonata in quei tempi è andata perduta, anche per la mancanza di una notazione musicale (introdotta dopo il IV secolo). Musica ebrea e romana. Intorno al 2000 a.C. il popolo Ebreo iniziò a distinguersi dagli altri popoli semiti nomadi del Medio Oriente: strumenti tipici di quel periodo erano il tabret o tof (timpano), il 'ugab (flauto), ed il kinnor (una lira di piccole dimensioni). Strumenti riservati per il culto erano lo shofar, un corno d'ariete, la hazozra, una tromba, ed il pa'amon, un sonaglio usato solo dai sacerdoti. Nel 1050 a.C. gli Ebrei avevano occupato la Palestina: la loro cultura era stata influenzata da Egitto, Mesopotamia, Fenicia e da quella di altri popoli. Dopo la diaspora (200 d.C.) il tempio perse il suo significato di centro del culto, a favore della sinagoga: i rabbini scoraggiarono la musica profana e modificarono la struttura di quella sacra, precedentemente accompagnata da più strumenti (il kinnor, un'arpa a dieci corde detta nevel e talvolta le hazozra) ed ora solo dallo shofar, basandosi sul canto solistico. La musica degli antichi romani fu influenzata dal popolo etrusco, da quello greco e dai popoli medioorientali. La tuba era una tromba etrusca dritta, in bronzo o legno ricoperto di cuoio: altri strumenti erano il cornu (un corno semicircolare) e la buccina, un corno animale. Nell'esercito la tuba era usata per l'attacco e la ritirata, la buccina per i turni di veglia. Altri strumenti "importati" erano l'aulos greco, ribattezzato tibia, la zampogna, proveniente dal Medio Oriente, e successivamente l'organo ad acqua (hydraulis). Gli strumenti a corda comprendevano una kithara ingrandita, vari tipi di arpe a più corde, mentre le percussioni comprendevano lo scabellum, una tavoletta battente con dei cardini, il sistrum, cimbali, tamburelli e campane. La musica non aveva la connotazione religiosa notata in altri popoli, essendo trattata come parte della vita sociale, o delle occasioni pubbliche come i festeggiamenti: i musici professionisti godevano di buona reputazione. Musica del medioevo e del rinascimento. La musica occidentale iniziò il suo sviluppo proprio in questo periodo di oltre mille anni, ed ogni passo è stato indubbiamente ricco di significati, non solo nell'ottica della lenta preparazione per la musica classica così come oggi è intesa. La polifonia. La polifonia vocale iniziò a svilupparsi nel IX secolo e raggiunse la sua vetta proprio nel Rinascimento. Polifonia indica più voci che si muovono ciascuna secondo una propria linea, creando così degli intrecci tra le varie voci spesso molto complesse: tutto questo molte volte si contrappone alla concezione usuale della musica vocale, comprendente una linea prevalente che viene semplicemente accompagnata dagli altri elementi. La tecnica della polifonia è basata sul contrappunto, l'antica tecnica di scrittura in più parti che si adattano nota contro nota, o appunto "punto contro punto" (contra punctum). Il canto liturgico fu il vero punto di partenza per lo sviluppo della polifonia: esso (canto piano) si componeva di una singola linea melodica, cantata all'unisono, senza accompagnamento strumentale. Il canto gregoriano è il corpus di questi canti, codificati nel VI sec. d.C. da Papa Gregorio Magno. La prima elaborazione del canto piano è del IX secolo (o forse addirittura antecedente), e partiva da un andamento parallelo per intervalli di ottava, quinta e quarta: venne chiamata "organum", forse perché l'organo usava allora gli stessi parallelismi. Sopra alla melodia (il "cantus") successivamente venne sovrapposta una voce libera e talvolta improvvisata (il "discantus"). La composizione polifonica. La prima forma di polifonia trovò il massimo splendore nel XII sec. ed all'inizio del XIII con la Scuola di Nôtre Dame: le forme più importanti del periodo, oltre all'organum già citato, furono il motetus ed il conductus. Il motetus (mottetto) era caratterizzato da una melodia di canto piano, tenuta in note lunghe da una voce appunto chiamata "tenor", cui si aggiungevano altre parti, con un andamento più veloce. Il conductus, più semplice, faceva invece parte della musica profana. La notazione musicale. Contemporaneo alla nascita della polifonia fu lo sviluppo della notazione musicale: per indicare le note, i greci usavano infatti le lettere dell'alfabeto. Boezio (470 - 525 circa) ne introdusse l'uso nel primo Medioevo in Europa, mentre intorno al VII secolo si cominciò ad usare il sistema dei neumi, segni corrispondenti a note o gruppi di note (vedi anche la pagina sulla scrittura musicale). Non veniva data però un'indicazione sugli intervalli: nell'XI sec. fu il monaco Benedettino Guido d'Arezzo a dare ad ogni nota della scala un nome con una sillaba, formando così la base del solfeggio. Nel frattempo si sviluppò anche il sistema del rigo musicale, e iniziarono le prime variazioni nella forma delle note così da indicarne il valore. La polifonia del tardo Medioevo, a partire dal teorico Marchetto da Padova, venne detta Ars Nova, in contrapposizione all'Ars Antiqua del XII e XIII secolo: il contrappunto dei compositori dell'Ars Nova raggiunse vette di notevole complessità, con movimenti delle voci più indipendenti rispetto al passato. Il maggiore tra i maestri dell'Ars Nova fu sicuramente Landino Francesco, della prima metà del secolo XIV, eccellente organista (cieco dalla nascita, fu chiamato anche "Il cieco degli organi") e compositore di molti madrigali e ballate. Musica profana. Nel Medioevo si assistè all'esecuzione musicale anche fuori dalle chiese: nacque la figura del jongleur, che della musica e degli scherzi faceva professione. Di livello maggiore erano i jongleurs de geste, rivolti verso l'epica. Al tempo, la società era profondamente gerarchica: al massimo livello erano i nobili, che già allora si dilettavano di musica e belle arti. I troubadors (trovatori, nella Provenza) o trouvères (trovieri, nella Francia del Nord) erano artisti girovaghi: essi trovavano (ossia inventavano) parole e musica, spesso in maniera molto raffinata, trattando di cavalleria e di amor cortese, influenzando profondamente la letteratura dell'epoca. Migliaia sono le comnposizioni pervenuteci, alcune addirittura in notazione musicale. Nel loro lavoro venivano aiutati dai menestrelli, che appunto "ministravano" un supporto musicale, fino a che nel XIV secolo questo nome passò ad indicare il musico professionista. I Minnesänger (cantori d'amore) erano l'equivalente tedesco dei trovatori, ovviamente con le dovute differenze culturali. La loro arte vide il declino alla fine del XIII secolo, e venne poi ripresa del XIV dai Meistersinger (maestri cantori) che erano artigiani o commercianti di città, dunque estranei alle corti nobili. Questi artisti erano riuniti in corporazioni che prevedevano regole estremamente rigide a riguardo della composizione e dell'esecuzione dei canti. Queste associazioni, che durarono circa tre secoli, furono descritte da Wagner nell'opera I maestri cantori di Norimberga. Gli strumenti del medioevo. Per la chiesa dell'epoca tutti gli strumenti, eccetto l'organo, erano pagani. L'organo poteva assumere, per questo motivo, moltissime dimensioni, dal piccolo organo portativo a complessi come l'organo dell'Abbazia di Winchester del X secolo, dotato di 400 canne, o gli organi presenti in abbondanza nelle più importanti chiese romane. Nel medioevo la musica era principalmente vocale: nella musica profana erano comunque molti gli strumenti usati. Troviamo quindi strumenti di antica origine come il flauto semplice e la zampogna, o l'arpa e la tromba naturale direttamente ereditati dall'epoca romana. Altri - come il liuto - vennero introdotti in Europa dai popoli arabi e turchi. Nel medioevo gli strumenti erano classificati in base all'intensità dei suoni prodotti: c'erano dunque gli strumenti alti (Haut), come trombe, tamburi e cornamuse, da suonarsi prevalentemente all'aperto, e gli strumenti bassi (Bas), dal suono delicato, destinati al chiuso. Il Rinascimento, dal punto di vista musicale, arriva dopo quello letterario, dovuto appunto al rinascere attorno al XIV sec. dell'interesse verso le culture greca e romana: la transizione dall'Ars Nova del tardo medioevo verso la cultura musicale rinascimentale fu lenta e graduale. La polifonia, nel frattempo, aveva ricevuto ulteriori stimoli: verso la fine del XIV sec. si passò a mottetti cantati da gruppi di voci contrastanti, fino a passare a cori completi. Questo portò ad un ulteriore affinamento dell'armonia, con la preparazione e la risoluzione delle dissonanze (ossia il far precedere e seguire le dissonanze da accordi consonanti), sviluppo che poi portò alla musica basata sull'armonia tonale così come venne sviluppata nei secoli fino al nostro. Il tardo Rinascimento. Tra il XVII ed il XVIII secolo l'Italia fu il centro dello sviluppo musicale, nonostante l'emergere, nel primo Rinascimento, di autori come Dunstable e Josquin Desprès: in particolare fu Desprès a fare da legame tra il primo ed il tardo Rinascimento, ed il suo contributo fu fruttuoso sopratutto nel tardo Rinascimento, con i maestri Giovanni Pierluigi da Palestrina, di Lasso, da Victoria e William Byrd. Forme e strumenti del rinascimento. La polifonia diede luogo alla messa polifonica, forma musicale di ampio respiro. I compositori svilupparono la messa musicando i brani dell'Ordinarium, portando così ad una forma a sezioni collegate da un tema: fino a circa il 1550 si continuò a scrivere messe intorno ad un canto fermo, non necessariamente di tipo gregoriano. Il madrigale, canto a più voci con un solo esecutore per ogni parte, fu la più importante forma profana dell'epoca: nacque da una forma italiana (la "frottola") grazie all'influenza di autori nordici, ed ebbe come peculiarità la coincidenza tra parole e musica. Esportato, raggiunse splendore in Inghilterra: gli ultimi madrigalisti italiani furono Carlo Gesualdo e Claudio Monteverdi, che effettuarono anche interessanti esperimenti con il cromatismo, allontanandosi così dal sistema modale del tempo. La musica vocale continuò ad avere predominio su quella strumentale fino al XVI secolo, pur modificando l'approccio alla costruzione degli strumenti: grazie infatti alla definizione dei registri vocali vennero sviluppate famiglie di strumenti che si accordassero a quelle particolari estensioni. Importantissima fu la comparsa di strumenti come il clavicembalo, il virginale ed il clavicordo, costruiti sul principio del salterio (corde tese su una cassa di risonanza), uniti a tastiere con meccaniche in grado di azionare i plettri o i martelletti sulle corde. Riforma e controriforma. Nel XVI secolo avvenne lo scisma tra Cattolicesimo e Protestantesimo, che staccò le Chiese Protestanti del Nord Europa dalla Chiesa Romana: questo evento ebbe profonde ripercussioni sulla musica. In Germania si ebbe lo sviluppo di una grande tradizione di Corali, caratteristica del protestantesimo, che avrebbe avuto grande influenza nello sviluppo musicale di Bach, mentre la Chiesa Romana, nell'Europa del Sud, rispose a questo "colpo" avviando la Controriforma: nel Concilio di Trento del 1545 (terminato nel 1563) si decretò che venisse esclusa dalla Chiesa la musica in cui trovasse parte qualcosa di empio o lascivo, avanzando perfino la richiesta di abbandonare le armonizzazioni. Fortunatamente un gruppo di compositori, guidato da Palestrina, evitò questo rischio dimostrando che l'armonia non era incompatibile con la comprensione del testo, né con il diktat cattolico. Il Classicismo. Solitamente questo stile musicale è associato al XVIII secolo, ed è definibile come un periodo di ricerca di equilibrio nelle forme e di pacatezza nell'espressione, a differenza del successivo periodo del romanticismo, in cui fu forte lo slancio emotivo. I compositori classici cercarono di basarsi su forme fortemente razionalizzate, mentre i romantici cercarono l'espressione libera da ogni condizionamento. Tendenze. Alla fine della guerra dei trent'anni (1648) gli stati germanici non subirono più la dominazione asburgica: iniziò per essi un periodo di rinascita, sotto ogni punto di vista. Nacquero presto numerose corti, città e corporazioni pronte a favorire forme culturali, dando così la spinta allo sviluppo di stili musicali particolari. A quei tempi era già presente una prima divisione tra il nord, protestante, ed il sud, a maggioranza cattolica e maggiormente aperto alle influenze italiane e francesi. Nel XVIII secolo gli stati egemoni (Prussia, Sassonia ed Austria) favorirono lo sviluppo di centri musicali, nei quali le tendenze si fusero. L'influenza del cosiddetto stile galante, importato dalla Francia e dall'Italia, fu sentita presto nel sud: questa espressività, leggera ed elegante, venne presto usata sopratutto dai clavicembalisti, e contrastava nettamente con il carattere più grave della musica contrappuntistica del nord, dando poi il via alla Scuola Viennese in cui figurano Haydn ed il grande genio di Mozart. Lo stile galante tendeva ad una forma espressiva semplice eppure evocativa: inizialmente confinato alla musica da camera, influenzò generi di più vasto respiro, come la messa ed il melodramma: una delle conseguenze fu il lento imporsi della sonata sulla suite. Precursori: apoteosi del classicismo. La musica tedesca del periodo fu fortemente influenzata dalla musica italiana a Vienna. A quel tempo l'Austria iniziava a diventare una grande potenza, per cui la cultura della città venne fortemente ampliata nelle arti, sopratutto dalla corte imperiale, ma anche dalla nuova borghesia, con il solito contributo della Chiesa. La musica tedesca restava dunque ancorata alle sue tradizioni, ma sentiva l'influenza culturale dell'Italia: un esempio si ha in Johann Joseph Fux, Kapellmeister di corte: nella musica sacra rimase fedele a Palestrina, mentre nelle composizioni profane incluse molte innovazioni della musica italiana dell'epoca, che a quei tempi comprese autori del calibro di Tommaso Albinoni, Benedetto Marcello, Alessandro e Domenico Scarlatti, e Antonio Vivaldi. In parallelo a Vienna emerse un altro centro musicale, che contribuì a questa nuova formazione culturale. Poiché il Grande Elettore del Palatinato, dopo la guerra dei trent'anni, aveva trasferito la propria corte da Heidelburg a Mannheim, fu questo centro a divenire importantissimo dal punto di vista musicale, con un'orchestra di fama europea. In particolare Johann Stamitz, e dopo di lui Franz Xavier Richter, rinnovarono la tecnica orchestrale. Molte composizioni dei due, e dell'allievo di Stamitz Cannabich (di formazione anche italiana), influenzarono le opere di Haydn e Mozart. A Berlino invece la musica seguiva tradizioni preclassiche: il figlio di Federico Guglielmo, Federico Augusto (che diverrà Federico il Grande) dovette perciò lasciare Berlino e fondare un centro musicale a Rheinsburg. Qui si circondò di valenti autori, tra cui Johann Quantz, il quale scrisse trecento concerti per flauto, ed un importante trattato sull'argomento (oltre al resto delle opere). Tra questi fu significativo anche Carl Philipp Emanuel Bach, compositore di musica per strumenti a tastiera: costui lavorò per trent'anni presso il sovrano, per poi sostituire Telemann ad Amburgo. Molte delle sue sonate per pianoforte rappresentano un contributo importante al repertorio di questo, ai tempi nuovo, strumento. A proposito di Amburgo, questa città si affermò come centro musicale in tempi successivi, avendo come massimo rappresentante proprio Telemann: l'attività musicale prese slancio in Sassonia, dopo l'ascesa al trono di Federico Augusto, mentre a Lipsia J.S. Bach continuava la sua opera e a Dresda, Veracini e Lotti facevano sentire l'influenza italiana. Fu però sopratutto Johann Hasse, che aveva studiato a Napoli, a far pesare questa influenza durante la sua brillante carriera. Dopo il 1770, in Francia, tra le arti visive si affermava lo stile neoclassico: i neoclassici prendevano spunto dai ritrovamenti dovuti agli scavi di Pompei e dalle opere dell'archeologo J.J. Winckelmann, ricercando l'ordine e la compostezza mostrate da quelle antichità. In Germania ed Inghilterra, in campo musicale, cominciavano ad emergere idee nuove, che dal classicismo avrebbero portato al romanticismo: Vienna era ancora un centro di grande importanza, ed ancora di più ne ebbe con autori del calibro di Hummel e Czerny: poco a poco, le influenze italiane confluirono in una musica di identità realmente tedesca. Alla metà del XVIII secolo, la sonata era arrivata alla forma definitiva: primo movimento in forma-sonata, un secondo in forma tripartita, minuetto e trio per il terzo movimento, e rondò per il finale. In particolare la forma-sonata era un elemento base di molte composizioni, sopratutto strumentali. La prima sezione di questa forma, detta esposizione, introduce i due temi (soggetti), di carattere contrastante: uno nella tonalità dell'intero brano, l'altro in tonalità vicina. Nella seconda sezione, non a caso chiamata sviluppo, si sviluppano questi temi in vari modi, mentre la terza sezione (la ripresa) ripresenta i due temi originari, entrambi nella tonalità d'impianto. Fu Haydn a portare la sinfonia al suo massimo splendore: questa presenta un'articolazione non molto diversa da quella della sonata. Il concerto invece prevede tre movimenti, ed emerse verso la fine del secolo XVIII, come genere adatto a strumenti solisti come violino e pianoforte. La disposizione dei movimenti corrisponde a quella della sonata, senza però minuetto e trio. Infine va citata la musica da camera, in particolare le forme di trio, quartetto e quintetto, che acquistarono peso rilevante nella musica del periodo classico. Musica del barocco. Normalmente questa età viene contraddistinta da queste due date: il 1600, con la nascita del melodramma, ed il 1750, data della morte di J.S. Bach. Si nota, in questa epoca, una unità di fondo tra la musica rinascimentale e quella barocca, ma verso la fine del XVI secolo si evidenzia un cambiamento di stile significativo: lo si può vedere confrontando alcune delle ultime opere di Palestrina con quelle più mature di Monteverdi, in cui si nota una forte influenza dell'Umanesimo. La dottrina umanistica, per i compositori del XVI sec., portava al dominio del testo verbale su quello musicale, mentre fino ad allora la musica aveva avuto il sopravvento. La parola, come elemento che meglio esprimeva l'individualità umana, era di primaria importanza nella visione umanistica, per cui era vietato soffocarla con la musica. Per soddisfare questa necessità i compositori dell'epoca adottarono uno stile consistente in una sola linea melodica, con un accompagnamento armonico, mentre per rafforzare i concetti espressi nel testo venivano usati metodi diversi. Anche in questi secoli i compositori dipendevano dalle corti o dal clero, come nel passato: bisognerà attendere il periodo del Romanticismo per poter assistere alla cessazione di questa dipendenza. Ai compositori dunque si chiedeva musica adatta alle occasioni, su commissione: per esempio l'Orfeo fu commissionato a Monteverdi per il carnevale di Mantova, mentre Bach componeva le cantate sacre per il servizio domenicale nella cattedrale di San Tommaso. Peraltro la composizione su "ordine" non escluse la nascita di capolavori come la Passione secondo Matteo o il Magnificat, proprio di J.S. Bach. Forme e tecniche del Barocco. Caratteristico del periodo è l'uso di un accorgimento particolare nella notazione, quello cioé del Basso continuo, di solito riservato agli strumenti a tastiera: si trattava di una linea di basso, con sopra segnate delle cifre per indicare le armonie richieste, e venne usato fin dagli inizi dell'opera per recitativi ed arie. Il primo teatro d'opera pubblico a pagamento fu aperto a Venezia nel 1637. Da questo primo evento risultò chiaramente che l'aria dominava sul recitativo, in quanto maggiormente melodica e quindi più adatta ad un pubblico normalmente poco preparato in campo musicale: cosa più rimarchevole, nacque allora il culto del solista, tuttora duraturo. I cantanti di allora erano invitati a sfoggiare la loro bravura ed agilità, impegnandosi in arie ricche di virtuosismi e prodezze tecniche: questi principi erano molto rispettati, a partire da Monteverdi per arrivare a Haendel. Stessa cosa valse per la musica strumentale: questo aspetto della musica si trasportò al di fuori dell'opera, portando modelli come l'"allegro - adagio - allegro" tipico delle ouvertures di opere come quelle di Scarlatti nel concerto grosso: la stessa struttura del ritornello, con i passaggi vocali interrotti da frasi puramente strumentali, fu adottata in opere strumentali. Un'altra caratteristica, già presente nel XVI secolo, fu quella dello stile concertato in cui strumenti solisti o gruppi contrastavano con l'orchestra: questo stile venne usato per molte musiche, compresa quella sacra. Un merito dell'epoca barocca fu il maggior studio delle capacità espressive degli strumenti, che così non risultarono più intercambiabili facilmente tra loro e permisero di raggiungere risultati di maggior livello rispetto ai tempi precedenti. Già all'inizio del XVII secolo la monodia (canto ad una sola voce) prevalse; la polifonia si sviluppò ulteriormente, portando agli alti livelli del contrappunto strumentale mostrati dalle fughe di Bach. Nel processo di semplificazione attraversato, inizia la codificazione moderna del concetto di tonalità: gli otto modi precedenti, nel 1700, vennero del tutto sostituiti dai due modi (maggiore e minore) conosciuti nella musica occidentale. Infine, le forme strumentali più affermate del periodo furono la suite e la sonata. La suite era una selezione di danze, solitamente presentata nelle quattro parti di allemanda, corrente, sarabanda e giga: di solito queste erano in una stessa tonalità, in cui ogni danza presentava due parti, delle quali la prima modulava in una tonalità vicina, la seconda tornava invece alla tonalità iniziale, il tutto poi veniva ripetuto due volte. La sonata inizialmente era simile alla suite, poi se ne differenziò, consistendo semplicemente in uno, al massimo due movimenti. Più tardi si definirono due tipi di sonata da camera (basata su movimenti di danza) e sonata da chiesa, dal contenuto solenne. Il romanticismo. Dopo il massimo fulgore del classicismo, raggiunto con Haydn e Mozart, i compositori cercarono di superarne i limiti. I musicisti del periodo romantico cercarono una espressione più diretta di quanto permettessero le forme del classicismo: la loro linea rifletteva bene il periodo di sconvolgimenti politici dell'Europa del tempo, che si fecero sentire anche in altri campi artistici. L'età detta "delle rivoluzioni", tra il 1789 ed il 1848 (che per l'Italia culminò con la III guerra d'indipendenza del 1866), fu associata alla partecipazione attiva di artisti ed intellettuali: in particolare in Francia scrittori, pittori e musicisti tra cui Flaubert, Baudelaire, George Sand, Hugo, Berlioz, ed i pittori impressionisti di fine secolo, tentarono di scuotere la visione materialistica del periodo. Il peso della classe media era ormai troppo alto perché i governi monarchici potessero ancora ignorarlo: oltre agli ideali di libertà ed uguaglianza che mossero la Rivoluzione Francese (o le guerre d'indipendenza italiane, per fare un altro esempio), gli artisti romantici traevano ispirazione da un modello di vita semplice ed armonizzato con la natura, pacifico e puro. Gli ideali rivoluzionari, come si sa, fallirono miseramente il loro scopo iniziale, quando alla fine delle rivoluzioni seguirono semplicemente nuove tirannidi: quando Napoleone Bonaparte si fece incoronare imperatore, Beethoven distrusse la dedica dell'Eroica, sostituendo poi le parole "Al generale Bonaparte" con "Alla memoria di un grande uomo.". Fu questo fallimento a scatenare l'altra componente del romanticismo, ossia l'evasione dalla realtà: anche stavolta, in tutti i campi (e nel caso specifico con autori come Berlioz e Mendelssohn) si nota un desiderio di esotismo e di non banale. In particolare in questo periodo si risvegliò un forte interesse verso il medio evo, sopratutto i suoi primi secoli, così come verso il macabro, in particolare nelle opere di Poe, Baudelaire e Dostoievskij: ai nostri tempi, seppure in misura decisamente minore, un movimento simile si riscontra nella cosiddetta "New age". Trasformazioni. Con Beethoven, ed ancora di più dopo di lui, bisognò ampliare l'orchestra per adattarla a forme espressive più intense: fu aumentato il numero dei fiati, venne perfezionata la costruzione dei legni per migliorarne l'intonazione, fecero per la prima volta la loro comparsa le chiavi, per facilitare la tecnica esecutiva. Anche gli ottoni vennero modificati: entrò il trombone e, con Wagner, tube, trombe e corni a pistoin, anche questi modificati per migliorarne l'intonazione. Anche le percussioni divennero più numerose. La classe media iniziò ad interessarsi in misura sempre maggiore alla musica colta, per cui le sale concerto si arricchirono di un nuovo pubblico: la lunghezza dei concerti era notevole, comprendendo almeno due sinfonie, movimenti di composizioni varie, suites ed ouvertures. Nacque la figura del direttore d'orchestra, a causa della complessità della gestione di orchestre sempre più grandi, mentre Spohr, Weber e Mendelssohn iniziarono la tradizione di prove condotte con grande disciplina, adeguando così l'orchestra al nuovo ed imponente repertorio. Artisti principali del romanticismo. Senza dubbio l'uomo che incarna maggiormente il movimento romantico è Ludwig Van Beethoven, di cui ho tracciato le linee biografiche nella pagina degli autori. Nel periodo romantico gli autori iniziavano ad affrancarsi dalla corte, proprio in virtù di quel desiderio di libertà espressiva che li portava a mal sopportare le imposizioni dei potenti e perciò allontanarsi dalla loro protezione, e Beethoven incarna integralmente questo spirito. Beethoven non ebbe mai quel rapporto di dipendenza che invece si ritrova in Haydn e, in parte, in Mozart: durante un concerto, al pubblico che insisteva nel cicaleccio gridò: "Io non suono per i porci!", mentre al principe Lichnowsky scrisse: "(...) voi siete quello che siete per accidente di nascita; mentre io sono quello che sono per opera mia. Principi ce ne sono tanti, ma c'è un Beethoven solo!". Musicalmente, Beethoven fu classico ed anche romantico, appartenendo ad entrambi i secoli; la sua grandezza sta anche nell'aver accolto e non rigettato gli elementi del classicismo, facendone una nuova sintesi alla luce dell'ideale romantico. La melodia diviene più vaga, l'armonia meno definita, ma il tutto viene comunque calato nella forma per essere controllato: i quaderni di appunti tenuti da Beethoven stesso testimoniano il desiderio di formalizzare e codificare il materiale prodotto, tipico del classicismo. Altri autori fondamentali del romanticismo, invece, sono più schiettamente romantici: tra questi uno dei primissimi, se non il primo, fu Carl Maria von Weber, che espresse in musica lo spirito nazionale tedesco allora rinnovato: fu il primo ad usare il termine "opera romantica", applicandolo alla sua Silvana, accolta come evento patriottico assieme a Der Freischutz (Il franco cacciatore). Contemporaneo di Beethoven fu invece Schubert, che si basò sulla forma classica in maniera diversa dal primo: in Schubert la melodia ha maggiore importanza che in Beethoven, ciò che lo fece eccellere nella musica da camera, nel pianoforte e nei Lieder, pur se peraltro scrisse delle opere (attualmente dimenticate). Non bisogna comunque dimenticare l'apporto dei musicisti italiani, tra cui artisti del calibro di Giuseppe Verdi: con le sue innumerevoli opere occupò la scena mondiale nel campo insieme a Wagner, adottando uno stile diverso da questo. Altri grandi del periodo furono invece Pietro Mascagni, che si rifece alla scuola verista (che avrebbe avuto in Verga uno dei suoi massimi esponenti nella letteratura), Ruggero Leoncavallo (del quale l'unica opera, I pagliacci, è tuttora eseguita con successo) e Gioacchino Rossini, della prima metà del secolo: egli fu il massimo operista italiano di questo periodo, pur avendo interrotto la sua produzione solo nel 1829 (con il Guglielmo Tell). Il suo genio portò all'opera buffa quel capolavoro che è Il barbiere di Siviglia, che stroncò l'omonima composizione del napoletano Paisiello. Dopo Beethoven le forme classiche vennero messe sempre più in secondo piano, forse in primo luogo nella musica per pianoforte, che dai tempi di Beethoven subiva costanti miglioramenti tecnici (tra cui la costruzione del telaio in monoblocco, cosa che permise di aggiungergli molti altri tasti e corde). Questo portò ad un graduale abbandono della sonata in favore del pezzo pianistico: tra i grandi nel campo va sicuramente ricordato Fryderyk Chopin, esecutore eccellente e grande autore, le cui linee melodiche, l'uso del rubato e del legato, influenzarono profondamente gli autori dei periodi successivi fino al XX secolo. La trasformazione culturale si vede anche nella fondazione di riviste dedicate ai vari argomenti: a Robert Schumann si deve l'importante Neue Zeitschrift für Musik, sulle cui pagine venne divulgata l'idea del romanticismo, e in cui Schumann riversò il suo disprezzo per la borghesia conservatrice, scagliandosi contro coloro che rifiutano le idee nuove solo perché tali. Anche Schumann, come Chopin, riversò il suo genio nelle composizioni pianistiche, abbandonando spesso le forme del classicismo per usare il suo personale stile, cosa che dimostra (se ce ne fosse bisogno) quanto Schumann sia lontano dal classicismo. La musica a programma. Questo fu un fenomeno del tutto romantico, iniziato da Hector Berlioz: nella sua Symphonie Fantastique egli preparò appunto un programma che permettesse agli ascoltatori di seguire ciò che l'autore intendeva esprimere. Oltre a questo, Berlioz introdusse l'uso del tema ricorrente nella musica sinfonica (idèe fixe), usandolo spesso per descrivere idee costantemente presenti, fino all'ossessione (come appunto nella Symphonie Fantastique, in cui simboleggiava tra l'altro la visione ossessiva della donna amata). il tardo romanticismo. Il romanticismo si sviluppò, con tempi e modi diversi, in tutta l'Europa, influenzando anche i compositori più di musica operistica, come Verdi e Wagner. Intanto nascevano i primissimi fermenti nazionalisti, in particolare in Russia, che nella musica venivano espressi con l'intento di sviluppare e divulgare la musica tipica del proprio paese: Piotr Il'ic Tchaikovskij, dopo una iniziale preferenza per le forme classiche e la musica occidentale, mostrò un avvicinamento verso la cultura del suo paese, componendo sei sinfonie su materiale popolare: come Berlioz e Liszt usò il tema ricorrente introdotto da Berlioz, sia pure in maniera meno dettagliata. Va citato ancora, tra i grandi, il nome di Johannes Bramhs, di Amburgo. Il suo talento innato si rivelò durante l'esecuzione della Sonata a Kreutzer di Beethoven, a Gottinga, alla presenza del violinista Joachim: essendosi accorto che il pianoforte era intonato un semitono sotto trasportò il brano "al volo", in maniera perfetta, tanto da suscitare l'ammirazione di Joachim che volle conoscerlo. I due divennero amici, ma Bramhs mantenne rapporti ottimi anche con altri grandi come Schumann, pur avendo atteggiamenti diversi nei riguardi della composizione musicale. Di carattere conservatore, egli adottò nelle sue sinfonie orchestre di dimensioni ridotte rispetto a quelle usate dai contemporanei, preferendo un organico vicino a quello scelto da Beethoven. In Bramhs l'intensità dei temi è comunque mediata da una forma rigorosamente inquadrata: le sue prime composizioni pianistiche rivelano una scrittura orchestrale, rifiutano ogni tipo di ornamento e virtuosismo fine a se stesso: Bramhs cerca sempre ritmi incisivi e spesso sincopati, con una scrittura molto portata all'accordo. Dopo le composizioni giovanili si rivolse a forme minori (a parte sei serie di variazioni): le sue opere, pur non essendo tipicamente romantiche, sono comunque spesso meditative e talvolta malinconiche, come il quintetto con clarinetto e la sonata per violoncello e piano (o brani come il Geistliches Lied per organo e coro). Bramhs passò alla sinfonia dopo i 40 anni, componendo le sue quattro sinfonie secondo linee tradizionali ma con un carattere molto personale, e con una tale inventiva da meritargli l'appellativo di migliore sinfonista dopo Beethoven. Bellissima, infine, la produzione vocale di Bramhs, con i suoi due cicli di Romanzen aus Magelone e Vier ernste Gesänge, o l'Ein Deutsches Requiem basato su testi della Bibbia luterana: la musica è qui dominata dal coro, mentre le parti solistiche assumono minor rilevanza. In Germania, la tradizione sinfonica venne portata avanti da Anton Bruckner e Gustav Mahler: Bruckner, tipico tardo-romantico, fu fortemente influenzato dalla sua formazione di organista di chiesa, usando spesso le sezioni dell'orchestra come se passasse da un registro d'organo ad un altro: pur non avendo grande influenza sugli autori successivi, ebbe un successore importante in Mahler, che come Bruckner preferiva un'orchestrazione imponente e forme di ampio respiro. Mahler, peraltro, ha poco in comune con Bruckner: compose solo sinfonie e Lieder, arrivando alla produzione del Lied sinfonico con il ciclo Das Lied von der Erde (Il canto della terra). Mahler inoltre ampliò ulteriormente la forma sinfonica, aumentando le dimensioni dell'orchestra più di quanto avesse fatto Beethoven, ed oltre tutto si orientò verso opere di grande durata, come ad esempio la sua ottava sinfonia, sviluppata per soli, doppio coro, coro di ragazzi ed orchestra. In definitiva nel romanticismo convivono due tendenze: una, maggiormente presente in autori come Bruckner e Mahler, è l'espansione della forma, l'altra è il tentativo di arrivare ad espressioni concise, come accade nelle composizioni pianistiche e negli ultimi lavori di Brahms. Allo stesso modo, le melodie liriche resero obsolete le strutture della vecchia sonata, portando ad un maggiore interesse verso il colore del suono e dell'orchestra, interesse questo che verrà sfruttato ampiamente dai compositori impressionisti francesi: l'impressionismo inizia proprio nel Lied, passando per i poemi sinfonici ed arriva al pieno sviluppo verso la fine del periodo romantico. Il nazionalismo. Nel periodo romantico erano forti i sentimenti patriottici e l'orgoglio di appartenere ad un paese: nell'ambito musicale questi sentimenti diedero luogo al sorgere di scuole nazionali nella seconda metà del XIX secolo. Per questo ogni paese ebbe modi personali e del tutto propri di fare musica: in molti casi comunque la tradizione della musica colta era talmente forte che le vicende nazionali non potevano avere un'influenza particolarmente intensa, come in Italia ed in Germania, ma anche in altri paesi extraeuropei. In alcuni paesi europei e nelle Americhe si affermarono invece scuole nazionali, i cui compositori si rivolsero ai temi popolari e così anche per le melodie e le musiche si rifecero alle tradizioni del loro paese. Chopin (che peraltro aveva vissuto a lungo fuori dalla natia Polonia) fu uno dei primi ad usare forme di danza polacche come la mazurka e la polka (polacca), mentre Liszt scrisse rapsodie basate sulla musica degli zingari ungheresi: quest'influenza popolare si riversò nelle forme classiche di sinfonia e concerto, in cui entrarono elementi etnici, con la comparsa di musica a programma basata su leggende popolari o fatti storici del paese. L'elemento etnico aggiunse un gusto particolare e nuovo alla musica del tempo, permettendo di ottenere una reazione positiva nell'educazione musicale accademica ricevuta dagli autori. L'uso degli elementi popolari nella musica, reazione all'accademismo, ebbe sicuramente un effetto stimolante: nelle opere migliori dei vari autori si vede la fusione delle qualità spontanee e vitali della musica popolare unirsi alla musica tradizionale, dando quindi esiti nuovi e spesso validi: tuttavia non sempre le qualità popolari della musica nazionale sono state inserite con successo nelle composizioni degli autori del periodo. Russia Il movimento nazionalista ebbe inizio dal compositore Michail Glinka (1804 - 57). Questi studiò in Italia e Germania; tornaro in patria compose il melodramma Una vita per lo Zar, cui seguì Russian e Ludmilla . Portò poi il nazionalismo nella musica strumentale con Kamarinskaja, basata su canti folk russi: attualmente Glinka è considerato il padre della musica russa. Gli ideali nazionali russi trovarono espressione massima nel "Gruppo dei cinque", ossia in Balakirev, Borodin, Rimskij-Korsakov , Mussorgskij e Cui, la cui musica espresse le qualità più personali della tradizione russa, esercitando grande fascino anche fuori dalla patria. Di Milij Balakirev (1837 - 1910) possiamo dire che fu la guida del gruppo, oltre che il primo a comporre musica sinfonica di ispirazione nazionale: una delle sue opere più note, l'Islamey, utilizza appunto temi della Russia asiatica. Aleksandr Borodin (1833 - 1887) fu professore di chimica all'università, e basò fortemente la sua musica sulla melodia e su ritmi coinvolgenti: la sua opera maggiore, l'incompiuta Il principe Igor, contiene le note "danze polovetsiane": altra opera degna di nota è il poema sinfonico Nelle steppe dell'Asia centrale. Nikolaj Rimskij-Korsakov (1844 - 1908) compose musica piena di colore e molto inventiva, come nella suite sinfonica Shéhérazade e nel Capriccio spagnolo, basato appunto su temi spagnoli, ma anche in opere meno note come Il gallo d'oro e La fanciulla di neve, queste ultime opere teatrali basate su fiabe russe. Con il Boris Godunov, invece, Modest Mussorgskij propose uno stile scabro in cui la vocalità riflette le inflessioni della parola in modo originale (vedi la pagina degli autori per avere qualche nota biografica su Mussorgskij). Rimane César Cui (1853 - 1918), che però compose opere di scarso interesse, restando maggiormente teorico e critico. Altri compositori russi continuarono, nel XX secolo, la tradizione nazionale, come si può notare nei primi lavori di Stravinskij. Europa orientale Movimenti paralleli a quello russo nascevano in altre regioni dell'Europa dell'est, in particolare in Boemia, con Smetana (1824 - 1884) dopo l'insurrezione del 1848 cui aveva partecipato. Nel suo fervore patriottico compose La sposa venduta, Dalibor ed altri poemi, in cui traspare la situazione politica del tempo, fino al ciclo di sei poemi sinfonici la mia patria. Compatriota di Smetana fu Antonín Dvorák (1841 - 1904), che scrisse le due serie di Danze slave per solo piano usando lo stile nazionale già iniziato da Smetana, nonché una serie di ouvertures e poemi sinfonici basati su leggende ceche. Dvorák nutriva una grande ammirazione per Brahms, il che lo ispirò nella strutturazione delle sue opere (migliore rispetto a quella degli altri compositori nazionalisti). Ungheresi furono poi Béla Bartók (1881 - 1945) e Zoltán Kodály (1882 - 1967) che insieme studiarono e collezionarono canti popolari dei Balcani, utilizzandoli poi nelle loro opere. Di Kodály si riconosce una frequente liricità e sensualità nelle opere, sempre ben inserite nella tradizione nazionale sviluppatasi in Ungheria. Il suo Psalmus Hungaricus, opera corale, è basato sulla traduzione di un antico salmo con molte implicazioni nazionali. Originalissima è invece la musica di Bartók, che comunque contiene temi nazionalisti: egli considerò gli elementi popolari come motivi (cellule), ossia mattoni da cui ricavare una composizione. Meno riguardoso delle convenzioni armoniche e melodiche dell'epoca, assimilò dai motivi popolari, pur senza citarla direttamente, caratteri innovativi estranei alla tradizione. La vitalità che ne risulta si intuisce chiaramente, come si nota dal nto Concerto per orchestra, o dai sei quartetti per archi, o infine dal balletto Il Mandarino meraviglioso. Nord Europa Pur se dominati dalla tradizione musicale tedesca, i paesi scandinavi vantano due compositori nazionali di grande caratura: Edvard Grieg (1843 - 1907), norvegese, e Jean Sibelius (1865 - 1957), finlandese. Grieg compose poche, ampie opere, e nelle trascrizioni di canti popolari e di danze tradizionali diede notevoli ritratti della vita e della cultura norvegese: il suo stile spazia dal romanticismo del Concerto in La minore per piano all'impressionismo delle suites del Peer Gynt, fino alle Danze norvegesi. Sibelius sviluppò uno stile personale, basando le sue musiche sui racconti epici e le leggende della sua terra, come protesta contro l'occupazione russa fortemente oppressiva: l'elemento popolare è presente in molte sue opere, come anche nei poemi sinfonici come Karelia e Finlandia. Gran Bretagna Alla fine del XIX secolo il fermento nazionalista iniziò ad emergere con Edward Elgar (1857 - 1934), con le sue Enigma Variations: Elgar fu il capostipite di una corrente schiettamente britannica. Egli non usò molto il canto popolare, ma la sua musica è molto influenzata da esso in ogni caso. Più interessato al folclore fu Ralph Vaughan Williams (1872 - 1958), noto per le sue ricerche sulla musica inglese antica: queste confluirono nella Fantasia on a theme of Tallis. Tra gli altri autori vanno segnalati Gustav Holst (1874 - 1934) e Frederick Delius (1862 - 1934), i quali posero l'accento sul carattere pastorale della musica popolare britannica. Spagna e Francia La musica popolare spagnola è influenzata da forti componenti orientali, e pertanto è molto particolare: pertanto, pur se il paese era staccato dai principali movimenti nazionalisti, in questo periodo nacquero compositori prettamente spagnoli, come Isaac Albéniz (1860 - 1909), che compose una serie di pezzi per pianoforte dal titolo Iberia di carattere prettamente spagnolo, e Manuel de Falla (1876 - 1946): il suo Notti nei giardini di Spagna rivela il carattere nazionale della composizione già dal titolo. In Francia, i compositori vennero influenzati dalla produzione della vicina Spagna: così la produzione musicale fu ispirata da elementi popolari spagnoli, come si può ad esempio notare nell'Iberia di Claude Debussy o nella Rapsodie Espagnole di Ravel. America Il nazionalismo in America nacque più tardi che in Europa, usufruendo però di una grande ricchezza di materiale, sia umano che culturale: la musica popolare sviluppata dai coloni bianchi (tutti di diverse nazionalità), la musica latino-americana, il blues, il jazz ed il soul delle popolazioni afroamericane e la musica originale degli indiani erano un grande crogiolo culturale. Charles Ives (1874 - 1954), citato spesso come il massimo compositore americano, fece a volte uso di elementi popolari, con uno stile talmente personale da non dare vita ad alcuna scuola nazionale: è piuttosto in Aaron Copland (1900) che si riconosce l'analogo dello sviluppo musicale europeo. Nel balletto Rodeo figurano canti e danze tradizionali, mentre la musica latinoamericana ha spazio nel El Saló México. Il personaggio più importante in quest'ottica è senza dubbio Heitor Villa-Lobos (1887 - 1959), che ad esempio fuse ottimamente motivi classici bachiani nel contesto brasiliano nella serie Bachianas brasileiras, ma del quale vanno ricordate importanti composizioni per chitarra (oltre ad altre opere). Il XX secolo. Alla fine dell'800 si arrivò ad un'ulteriore evoluzione della musica, evoluzione iniziata gi&agreve; dai tempi di Bach. I limiti dell'espressività nella musica romantica erano stati superati estendendo il cromatismo, vale a dire usando intervalli al di fuori della scala diatonica: questo fu fatto per aumentare la flessibilità delle armonie, e cosuò un distacco crescente dalla tonalità d'impianto di un brano: la successiva evoluzione non poteva essere altro che l'abbandono del sistema tonale, basato sul sistema convenzionale di accordi maggiori e minori, e l'adozione di un sistema innovativo. L'influenza di Wagner, estesa oltre i confini germanici, pose problemi che in ogni paese vennero risolti in modi diversi: questo non coinvolse peraltro tutte le correnti musicali (come la nazionalista, che proseguì nel XX secolo). Spesso anche l'opera proseguì secondo una linea tradizionale, come ad esempio con Giacomo Puccini e Umberto Giordano in Italia. Poiché in Europa ed in America la musica popolare perdeva interesse a favore della musica "leggera", spinta dalla crescita tecnologica, il pubblico si distaccò in parte dalle ricerche dei compositori del periodo, preferendo la musica colta del passato o l'attuale musica leggera. Questo ha generato visioni della musica contemporanea a volte snobistiche o spregiative, che però non mi sembrano corrette, come il sostenere che questa forma di musica manifesta una profonda rottura col passato: noi abbiamo visto come invece si tratti più probabilmente di una naturale evoluzione della musica, iniziata col classicismo stesso. Nuove concezioni dell'armonia. in Germania fu Richard Strauss (1864 - 1949, non legato agli Strauss di Vienna) a seguire le orme di Wagner: con Salome (1905) ed Elektra (1909) egli forza continuamente l'armonia fino al limite della dissonanza, in una musica che procede ad ondate con una linea vocale molto tesa. Non è un capriccio o un tentato virtuosismo, ma il risultato di una ricerca dell'espressione del tormento delle protagoniste. Strauss tornò poi sui suoi passi, proponendo una più rilassata Der Rosenkavalier (1911), ponendosi poi in una posizione tardo-romantica. Nello stesso periodo invece Arnold Schönberg portava la tonalità ai suoi limiti estremi con la sua Verklarte Nacht (1899), e con Erwartung (Attesa, 1909) l'abbandonava definitivamente. In Russia, nel frattempo, i progressi coinvolgevano personalità come Stravinskij ed Aleksander Skrjabin (1872 - 1915), temperamento mistico. Nel suo poema sinfonico Prometeo (1911) egli basa tutta la musica sull'accordo "mistico" do, fa#, sib, mi, la, re, che produce un particolare effetto del quale tutta la composizione è permeata. Skrjabin arrivò a precedere la visione scenografica dei concerti rock, indicando di accompagnare la sua opera con luci colorate poste in modo da intensificare l'effetto della musica. In Francia ci fu una reazione a questi estremismi: alcuni autori risolsero il problema della dilatazione dell'armonia rimanendo nei canoni della musica francese, senza quindi perdere l'uso dei modi (risalenti alla musica sacra medioevale: vedi anche il glossario musicale), con il che si opponeva un'andamento statico e tranquillo all'inquietudine ed al senso di dinamismo offerto dal cromatismo. Claude Debussy (1862 - 1918) compose invece musica in cui accordi relativamente semplici venivano accostati in modo insolito, tra l'altro usando spesso le scale a toni interi (senza intervalli di semitono) per ampliare le possibilità della composizione tonale. Queste tecniche vennero utilizzate nei lavori più famosi di Debussy, come il Prélude à l'aprés midi d'une faune del 1894, o La mer (1905), in uno stile da lui stesso definito impressionistico. Definizione simile si adatta bene anche ai lavori di Ravel (1875 - 1937), che incorpora nella sua musica elementi esotici spagnoli, orientali ed anche americani. Questa è una caratteristica della musica contemporanea, oltre all'attenzione estrema verso il timbro dei suoni. Visione del ritmo. Fino all'inizio del secolo la musica era composta in tempo binario o ternario, con ritmi prevalentemente semplici e regolari: anche questo schema viene superato nel XX secolo. Ci sono peraltro stati esempi nel passato, in cui il limite viene superato tramite soluzioni complesse, ma comunque il ritmo era legato a movimenti regolari ed armonici semplici. Data l'imprevedibilità dell'armonia il ritmo doveva seguire l'evoluzione: nel 1893 Tchaikovskij scrisse tutto un movimento della sua ultima sinfonia in 5/4: Ravel fece lo stesso per la sezione finale del balletto Daphnis et Chloe. Questo metro era difficile per il pubblico dell'epoca, ma anche per i ballerini che erano costretti a recitare mentalmente il nome dell'impresario (Ser-gej-Dia-ghi-lev) per mantenere il tempo. Bartó in Ungheria, e Stravinskij in Russia, vennero fortemente stimolati dai ritmi complessi della musica popolare dei loro paesi, cosa che li portò alla poliritmia. Oltre all'uso di metri insoliti, essi iniziarono ad accostare battute scritte con metri diversi, imponendo anche soluzioni complesse al di là della battuta stessa, facendo così cadere gli accenti in posizioni assolutamente imprevedibili: l'effetto è di grande dinamismo, tanto da rendere praticamente monotona buona parte della musica colta dei secoli precedenti (come si uò notare facilmente in una delle composizioni di Stravinskij scritte proprio per Diaghilev, La sagra della primavera). Ovviamente la melodia, legata all'armonia, doveva subire gli stessi cambiamenti, per cui in un tema venivano inseriti intervalli insoliti, come pure irregolarità ritmiche, per cui la melodia, libera dalle cadenze tradizionali, poteva spaziare a piacimento. Eventi simultanei, nuove forme e nuovi stili Il passo successivo seguito dai compositori fu l'accoppiamento di armonie diverse, o di ritmi diversi che si muovono contemporaneamente: era l'inserimento di eventi simultanei, che trovava un'analogia nell'arte pittorica, dove gli artisti combinavano in un'unica immagine diversi punti di vista di uno stesso oggetto. Bartók, ad esempio, compose un brano per pianoforte in cui le due mani eseguivano in due differenti tonalità (politonalità), così come il carattere particolare di un brano del Petrouschka è dovuto ad un'armonia fatta di accordi simultanei in do maggiore e fa diesis maggiore, due tonalità scelte appositamente diverse e lontane tra loro per sottolineare la doppia natura del protagonista. Un altro esempio di poliritmia viene dato da L'histoire du soldat (1918), sempre di Stravinskij, in cui ritmi regolari di marcia vengono combinati a linee melodiche irregolari nell'andamento: il pubblico, ovviamente, non accettò facilmente queste trasformazioni del pensiero musicale. A teatro non mancarono i fischi di disapprovazione, come proprio accadde nel La sagra della primavera (che poi venne riconosciuta come un capolavoro). Uno dei pochi capolavori che venne accettato come tale è The unanswered question dell'americano Charles Ives, per il semplice motivo che venne eseguito molti anni dopo la sua morte, e pertanto in un periodo in cui queste innovazioni erano state assorbite e comprese. Scritto nel 1908, nel breno una tromba ripete insistentemente una frase, a cui rispondono i fiati in un crescendo semre più agitato, mentre gli archi si muovono in maniera del tutto indipendente, con un andamento lento e grave. Il brano anticipa l'idea degli eventi simultanei, nonostante Ives, isolato ed ignaro delle altrui sperimentazioni, non venisse in alcun modo influenzato dagli eventi europei. Data allora la disgregazione dei principi sotto i colpi delle innovazioni, si poneva il problema di costruire nuovi modelli che comprendessero queste trasformazioni: una nuova organizzazione venne proposta da Arnold Schönberg, compositore viennese passato dalla musica tonale alla atonalità, in cui vengono consapevolmente esclusi tutti i nessi tonali e le armonie sono spesso dissonanti, sempre insolite. Nel 1923 Schönberg applicò un sistema di composizione in cui le note della scala cromatica hanno tutte lo stesso peso, rimuovendo quindi definitivamente il sistema tonale fin lì usato. La composizione si basa su una serie di dodici note (quelle della scala cromatica), modificata in modi diversi e con andamenti diversi: la musica che ne scaturisce è detta dodecafonica, dato che si basa appunto sulla serie dei dodici suoni. I discepoli più vicini a Schönberg furono altri due austriaci, Alban Berg (1885 - 1935) ed Anton Webern (1883 - 1945). Altri compositori invece si sforzarono di trovare altre soluzioni, accostandosi nuovamente al passato ma con accorgimenti che modificavano le forme classiche con soluzioni armoniche insolite e sonorità particolari. Questo movimento venne detto neo classicismo, ed annovera tra i suoi massimi esponenti Prokoviev (una sua sinfonia, la Classica del 1918, prende notevolmente le mosse da Haydn), e sopratutto Stravinskij, che rivisitò in maniera pesante le forme classiche, dandone un esempio nel suo balletto Pulcinella (1920) basato su temi di G. B. Pergolesi, o con l'Ottetto (1923) e la Sinfonia di salmi (1930): peraltro Stravinskij passò attraverso diverse fasi espressive, e settantenne diede una sua interpretazione della dodecafonia. Molti furono i compositori che preferirono rimanere estranei al confronto tra neoclassici e dodecafonici, come ad esempio il "Gruppo dei sei", ossia Auric, Durey, Honegger, Milhaud, Poulenc e Tailleferre: questi adottarono deliberatamente uno stile prosaico nelle loro composizioni, rifacendosi ad Eric Satie (che spesso componeva con un forte senso parodistico ed ironico, o solo per il gusto di confondere i suoi ascoltatori): molti altri compositori hanno preferito rimanere legati al passato inserendo qualità originali nella loro musica. Tra questi va sicuramente citato il tedesco Paul Hindemith (1895 - 1963), il russo Prokoviev, ma anche gli inglesi William Walton, Michael Tipett e Benjamin Britten (1913 - 1976) con il suo War requiem del 1961: va notato, per inciso, che Prokoviev ed altri autori russi erano inizialmente neoclassici: il ritorno a metodi tradizionali avvenne su richiesta del governo sovietico. Suoni e sonorità Già le nuove strutture armoniche, con la loro diversità rispetto al passato, presentavano un aspetto sonoro nuovo: gli autori del periodo moderno, però, si interessarono alla produzione del suono in maniera maggiormente creativa rispetto ai tempi precedenti (ma era già avvenuto in passato, con il perfezionamento degli strumenti musicali). Dopo Debussy divennero comuni gruppi di note vicine suonate insieme (detti clusters): nelle partiture per orchestra vennero tentati esperimenti con strumenti classici portati al di là dei normali limiti espressivi, come nella citata Sagra della primavera, il cui inizio è dato da un fagotto nel registro acuto. La stessa voce umana venne portata verso nuove tecniche, come lo sprechstimme (canto parlato) introdotto da Schönberg nel Pierrot lunaire. Vennero notevolmente impiegati gli strumenti a percussione, così come venne introdotto l'uso di rumori e suoni esotici: grazie allo sviluppo tecnologico del periodo iniziò l'uso della strumentazione elettrica per la produzione di suoni originali, come i primi teremin e onde-martenot, strumenti costruiti negli anni venti (prima quindi dell'avvento della microelettronica). Fu lo sviluppo del registratore a nastro (1950 circa) a fornire un potente impulso alla musica elettronica, grazie alle possibilità che questo fornisce sul suono: non potendo effettuare una modifica in tempo reale (come invece è possibile oggi) il registratore si rivelava utilissimo per l'acquisizione e la successiva elaborazione dei suoni. Sorsero due diverse scuole: in Francia nacque la musica concreta, con l'utilizzo di suoni ambientali e naturali, in Germania si affermò sopratutto la musica elettronica (basata su suoni di sintesi), ma le due scuole si fusero ben presto grazie appunto all'uso di strumenti come il registratore. Tra i pionieri di questo periodo vanno ricordati il tedesco Karlheinz Stockhausen (1928) e il nostro Luciano Berio (1925), che nel suo Omaggio a James Joyce del 1958 sottopone a modifica elettronica anche la voce umana. anche in questo campo furono diverse le soluzioni tentate: alcuni compositori preferirono spingere la loro ricerca sulle possibilità fornite dagli strumenti tradizionali, opportunamente modificati, come fa John Cage (1912), che negli anni quaranta usava un pianoforte con oggetti inseriti tra le corde per modificarne le vibrazioni: un altro americano che, come Cage, cercò soluzioni particolari fu Harry Partch (1901 - 1974), che si costruiva gli strumenti appositamente per ogni composizione. Queste sperimentazioni ebbero dei riflessi anche sulla scrittura musicale stessa: le opere di questi autori sono trascritte in forme sostanzialmente diverse da quelle comunemente usate, come si può vedere nelle composizioni di Stockhausen, o in Threni per le vittime di Hiroshima (1961), composizione per 52 archi del polacco Krysztof Penderecki (1933). Controllo e caso: variazioni strutturali La musica dodecafonica era un esempio di musica seriale, ossia basata su una serie di note: altri compositori volsero la loro ricerca a questa musica, in cui volume, ritmo ed altezza venivano modificati secondo schemi precisi (una serie, appunto, di valori predeterminati). Un pezzo interessante a riguardo è il Le marteau sans maître (Martello senza padrone, 1955) di Pierre Boulez (1925). Alcuni autori, come il compositore greco Iannis Xenakis nel suo Metastasis, si rivolsero al calcolo probabilistico e statistico, fino a tentare esperimenti di composizione assistita da calcolatore. Alcuni compositori hanno addirittura pensato di affidarsi integralmente al caso, come in Cage, che ha composto un brano basandosi sulle imperfezioni di un foglio musicale: molti hanno lasciato all'esecutore la libertà nell'ordine dell'esecuzione dei brani. Va citata infine una tecnica recente, quella della process music: in essa vengono usate piccole frasi musicali, ripetute secondo le istruzioni del compositore (processo), così da interagire in maniere diverse e creare un effetto quasi ipnotico: questo processo dà facilmente delle complesse soluzioni ritmiche, difficili da ottenere con metodi tradizionali: ne sono un esempio le composizioni In C (1964) e Drumming (1961), scritte dagli americani Terry Riley (1935) e Steve Reich (1936).
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ARTISTI DI POSITANO

MAESTRO VLàDIMIR

Maestro Vlàdimir, Compositore professionista (vedi curriculum in fondo alla pagina), iscritto alla SIAE con la qualifica di Compositore Musicista e Cantante, SCRIVE CANZONI E MUSICHE SU ORDINAZIONE!


Se desiderate partecipare ad un concorso, una selezione, un festival della canzone, concerto, show in televisione o in un programma radio ecc., e volete cantare una nuova canzone inedita, allora avete trovato il posto giusto, quello che fa per voi.
Il Maestro Vlàdimir farà tutto ciò che vi serve e scriverà canzoni quali potrete presentare per la vostra occasione. Voi potrete ordinare una canzone da scrivere o potete prenderla già pronta dal nostro archivio.

Per avere un idea professionale del Maestro, prego ascoltate alcuni frammenti di canzoni qui riportare:

 

"Dai, su dai!"

"Ragù"

"Un'isola d'amore"

ABBIAMO CANZONI GIA PRONTE ED INEDITE PER ESSERE ESIBITE PER LA PRIMA VOLTA!

Il nostro lavoro consiste in:

1. Inventare canzone
2. Arrangiamento, metrica e musica
3. Registrazione su CD base musicale di orchestra sensa voce

Per dettagli o altro è possibile contattarci personalmente.

Per primo contatto o informazioni, prego non esitate ad inviarci un E-mail dove scriverete tutto in dettaglio la Vs richiesta.


CURRICULIM VITAE

II sottoscritto Kamòlikov Vlàdimir, russo, nato 17. 10. 1949 a Drogobyc (regione di Leopoli, URSS), residente in via Tagliata n. 73, Positano ( SA) in possesso cittadinanza russa, dichiara:
Di aver portato a termine nella città di Lugansk (URSS) il normale corso di studi dell’ obbligo.
Dopo i corsi dell’obbligo ha seguito, terminandolo nel 1972, il corso di Laurea all’istituto musicale pedagogico (Conservatorio) di Lugansk (URSS).
In seguito ha svolto l’attività di professore di musica presso lo stesso istituto musicale pedagogico (Conservatorio) della città di Lugansk nel periodo dal 1972 al 1976.
Nello stesso periodo ha svolto l’attività di Direttore dell’Orchestra di Varietà presso la Filarmonica regionale e di cantante.
Dal 1976 al 1979 ha lavorato a Mosca come Direttore musicale e cantante dello gruppo show comico vocale “4 Ju”- molto popolare in URSS.
Dal 1979 al 1993 ha svolto l’attività di Redattore musicale dell’Unione dei cineasti dell’URSS e, contemporaneamente, di Direttore musicale del cinespettacolo “L’amico cinema” nell’ambito del Festival cinematografico di Mosca.
Dal 1993 al 1995 ha lavorato in qualità di Vice Direttore dello studio cinematografico “Chance” presso la città del cinema “Mosfil’m” di Mosca.
Dal 1996 risiede permanentemente in Italia nella città Positano, ove svolge l’attività di compositore.
Breve elenco delle opere:

1. Colonne sonore dei film: “II distacco” (Studi cinematografici della Repubblica
Lituania), “Ti amo. Ti aspetto. Helena”. (Studi cinematografici centrali “Gor’kij”).
2. Partecipazione come attore in film: I1 mio tenero amato detective” (TV- 1 dell’URSS), “I1 guadrato nero” ( Studi cinematografici centrali “Gor’kij”)
3. Teatri di Mosca per i quali ha composto musica: Teatro di prosa Vachtangov. Teatro centrale dci buraftini di S.Obrazcov, Teatro dei varietа.
4. Numerose canzoni in russo, in inglese, in Italiano. Autore del Inno istituzionale del Comune di Giffoni Valle Piana – “Terra di suoni” (Geofonos)
5. In qualita di redattore musicale ha lavorato per i film : “Il quadrato nero” , “La Principessa Margot”, “La Contessa de Monsoro” ecc.


Negli ultimi 3 anni ha scritto piu’ di 30 canzoni nuove in Italiano. Queste canzoni non sono state ancora pubblicate. Sono state arrangiate e registrate per DEMO dalI’autore stesso.
Sono stati realizzati d’autore:
Palazzo Murat (Positano) (1997);
Concerto di beneficenza per le vittime della frana della città di Sarno, tenutosi in
Montepertuso (Positano) (1998).
Concerto Natalizio nella Basilica di S.Trofimena a Minori (2004) ecc.
Il sottoscritto dichiara, inoltre, di essere iscritto alla RAO (Rossijskoe avtorskoe obscestvo, ovvero Associazione degli autori di Russia) e alla S.I.A.E (Italia).