CARLO MARX E FRIEDRIK ENGELS
CONTESTO STORICO DI MARX
La vita di Marx abbraccia un periodo che va dalla Santa Alleanza, che sancì
il trionfo delle idee neomedievali, al trionfo del capitalismo come sistema
sociale, coi suoi aspetti colonialistici avanzati.
Prima di parlare di questo periodo nel contesto europeo è bene dire alcune
cose sulla Renania, che diede i natali a Marx nel 1818.
Nel 1795 la riva sinistra del Reno era stata annessa alla Francia. In quei
territori era stato smantellato l'ordinamento feudale e introdotto il codice
napoleonico (quindi la servitù della gleba e con essa le corporazioni erano
state abolite). Tutto ciò, unitamente alla presenza di grandi giacimenti
carboniferi e di minerali ferrosi, favorì lo sviluppo dell'industria pesante
in quella regione.
Dopo il crollo dell'impero napoleonico la Renania fu annessa, nel 1815, alla
Prussia (il più reazionario dei 38 Stati in cui era divisa la Germania). Da
notare che l'unificazione politica tedesca fu il maggiore tra i problemi che
il Congresso di Vienna aveva lasciato irrisolti.
Nel 1818 la borghesia riuscì a unificare il territorio della Prussia in
un'unica zona doganale: l'economista F. List, nella lotta per l'unione
doganale (Zollverein), riuscì a mettere insieme, nel 1834, 18 Stati
tedeschi. Le spinte nazionaliste apparivano più forti di quelle liberali.
Le prime critiche sociali in Germania nacquero proprio in Renania, ad opera
di L. Gall, G. Büchner (che dovrà poi fuggire in Svizzera) e F. Weidig che,
dopo essere stato incarcerato e torturato, morirà suicida nel 1837. I
socialisti emigrati in Francia avevano costituito nel 1834 una società
segreta col nome di "Lega tedesca dei proscritti", imbevuta di idee
sant-simoniane e del socialismo utopistico di Fourier. Quand'essa si divise
in due, l'ala sinistra diede vita nel '36 alla "Lega dei giusti", il cui
principale teorico fu W. Weitling, che pubblicò alla fine del '42, in
Germania, Garanzie dell'armonia e della libertà, criticando duramente la
società borghese e la proprietà privata. L'impianto restava entro i limiti
del socialismo utopistico. Nello stesso anno L. Stein pubblicò Socialismo e
comunismo nella Francia contemporanea. Non meno importanti furono le due
opere di M. Hess, Storia sacra dell'umanità (1837) e Triarchia europea
(1841), nonché i suoi molti articoli pubblicati sulla Gazzetta renana. La
"Lega dei giusti", appoggiata dalle società segrete francesi di estrazione
operaia, aveva diramazioni anche a Londra e in alcune città svizzere e
tedesche.
* * *
Gli eventi più significativi dopo la Santa Alleanza sono i moti liberali del
'20-'21 (rivoluzione spagnola per ottenere dal re Ferdinando VII una
definitiva costituzione, moti a Napoli e in Sicilia, che erano sotto i
Borboni di Spagna, ma qui il re spagnolo chiese l'intervento, risultato
vincente, dell'Austria, la quale sconfisse anche i moti piemontesi), la
rivoluzione parigina del 1830, l'indipendenza greca dalla Turchia (1829),
riconosciuta dalla Santa Alleanza perché la corona della Grecia venne data a
Ottone di Baviera.
Poi vi furono i moti liberali del '30-'31, che praticamente partirono con la
rivoluzione parigina del luglio 1830 (le più importanti in Francia furono le
rivolte operaie nel '31 e nel '34). Al potere andò Luigi Filippo d'Orleans
che assunse il titolo di "re dei francesi" e non "per grazia di Dio" (come i
monarchi assoluti). Egli modificò la Costituzione sulla base del censo
elettorale, per permettere alla borghesia una più ampia partecipazione al
governo; proclamò la "politica del non intervento", per cui il governo
francese non avrebbe permesso l'intervento di uno Stato negli affari interni
di un altro (era l'esatto contrario del principio affermato dalla Santa
Alleanza).
Col nuovo principio francese s'impedì ad Austria e Russia d'intervenire
nella rivoluzione belga del 1830, con cui il Belgio, unito all'Olanda dalla
Santa Alleanza, allo scopo di creare uno Stato forte ai confini della
Francia, volle staccarsi dall'Olanda per motivi economici (il Belgio era
industriale e agricolo, l'Olanda era commerciale), nonché etnico-religiosi
(il Belgio vallone era cattolico, l'Olanda fiamminga era protestante). La
Francia fu appoggiata dall'Inghilterra: esse aiutarono il Belgio anche
militarmente.
La politica del "non intervento" non fu però applicata nel caso della
rivoluzione polacca, con cui la Polonia cercò di liberarsi, senza riuscirvi,
dal giogo russo, e neppure nel caso dei moti dell'Italia centrale nel 1831,
ove l'Austria poté facilmente avere la meglio. In Italia tuttavia i moti
insurrezionali continuarono a Genova, nella Savoia, a Imola, in Romagna e a
Cosenza: tutti moti di tipo mazziniano conclusisi negativamente.
In Inghilterra negli anni '30 si sviluppò il cartismo, movimento operaio a
tendenza radicale.
Le rivoluzioni borghesi ripresero nel 1848. Di nuovo fu quella di Parigi che
diede il via. Luigi Filippo aveva favorito solo l'alta borghesia (banchieri,
industriali, grossi commercianti...). La rivoluzione del '48 vide uniti la
piccola borghesia e il proletariato (era sorta in quegli anni la "questione
sociale", a causa della miseria e della disoccupazione).
Bonapartisti (seguaci di Luigi Napoleone, ex-ufficiali e impiegati dello
Stato), repubblicani e radicali (piccola borghesia) e socialisti
(Saint-Simon, Fourier e Blanc i leaders) chiesero il suffragio universale,
ma sono soprattutto i repubblicani e i socialisti che impongono con la
rivoluzione la costituzione di una repubblica, l'istituzione di officine
nazionali per dare lavoro ai disoccupati, e la convocazione di un'Assembla
costituente a suffragio universale per dare alla Francia una nuova
Costituzione.
La borghesia si spaventò del potere dei socialisti e così mandò alla
Costituente una maggioranza di repubblicani moderati con una forte minoranza
clericale. La Costituente chiuse gli opifici nazionali, represse con forza
il proletariato e promulgò una Costituzione repubblicana di carattere
borghese. Quando poi si trattò di eleggere il presidente, i voti della
borghesia andarono al partito bonapartista, cioè a Luigi Bonaparte, per
avere un governo forte. Ma una volta eletto, Luigi Bonaparte fece un colpo
di stato nel 1851 per farsi eleggere imperatore col titolo di Napoleone III
(il che farà nascere il II impero).
In Prussia, a Berlino, scoppia la rivoluzione nel 1848 per ottenere dal re
Federico Guglielmo IV una Costituzione. Il re represse la rivolta ma volle
concedere lo stesso una Costituzione, seppure di carattere moderato. Venne
imitato da quasi tutti gli altri Stati tedeschi. Il re parteggiava per la
romantica scuola storica del diritto, per la quale la monarchia feudale era
un'istituzione divina e la teoria del diritto naturale un assurdo.
I liberali però pretesero l'unificazione politica della Germania, avendo già
ottenuto l'unione doganale nel 1833. Proposero di trasformare la vecchia
Confederazione germanica in un Impero federale tedesco. Convocarono a tale
scopo un'Assemblea costituente, formata dai deputati di tutti gli Stati
tedeschi, eletti a suffragio universale.
L'Assemblea fu divisa tra "grandi tedeschi" (l'unità tedesca sotto
l'egemonia austriaca) e "piccoli tedeschi" (l'unità sotto la Prussia):
vinsero quest'ultimi.
Ma il re di Prussia, per timore dell'Austria e nettamente ostile al
movimento democratico, non volle accettare la corona; l'Austria e quasi
tutti i sovrani della Germania richiamarono i propri deputati. L'Assemblea
venne sciolta dalle milizie prussiane nel 1849.
L'unificazione politica della Germania non avverrà sotto la direzione della
borghesia industriale, ma sotto quella degli junkers (aristocrazia
fondiaria, alte caste militari, burocrazia statale). Dopo la sconfitta del
movimento liberale, all'indomani del '48, ogni traccia di rinnovamento
democratico-costituzionale si perse, e attorno a Guglielmo I di Prussia
restarono compatti appunto gli junkers. Il governo, è vero, agevolò le
iniziative economiche degli industriali (specie nelle regioni della Ruhr,
Slesia e Sassonia), ma non aprì nessun varco all'effettiva partecipazione
politica dei nuovi ceti imprenditoriali e commerciali. Il parlamento, pur
esistendo sulla carta, aveva la sola funzione di ratificare le decisioni
della monarchia e del governo. Il processo di unificazione era praticamente
guidato dall'alto in maniera del tutto autoritaria.
Intanto in Austria, a Vienna, per opera dei liberali, scoppia la
rivoluzione, al fine di ottenere da Ferdinando I sia la Costituzione che
l'autonomia amministrativa per i vari popoli dell'impero (italiani, boemi,
croati, sloveni, ungheresi). L'imperatore licenziò il ministro reazionario
Metternich e concesse una Costituzione di carattere moderato, che però
scontentò tutti.
I liberali convocarono un'Assemblea costituente. Nel contempo in Ungheria la
popolazione si solleva per proclamare l'indipendenza del loro paese.
Tuttavia, le correnti conservatrici, affidandosi alle armi, repressero il
movimento liberale e rioccuparono Vienna. Ferdinando I abdicò a favore di
Francesco Giuseppe, che revocò subito la Costituzione e con l'aiuto dei
russi stroncò l'insurrezione ungherese.
In Italia si ebbero le 5 giornate di Milano, ove si approfittò della
rivoluzione di Vienna: gli austriaci vennero cacciati dalla città. A Venezia
accadde la stessa cosa. La rivoluzione del Lombardo-Veneto fa la causa della
I guerra d'indipendenza.
MARX, ENGELS E IL SOCIALISMO SCIENTIFICO
M A R X
Iter biografico e intellettuale
Karl Marx nacque nel 1818 a Treviri, in Renania, la regione tedesca, assai
sviluppata economicamente, che forse più di ogni altra aveva risentito
dell'influsso delle idee progressiste della Rivoluzione francese. Il padre
di Marx, di idee nettamente illuministiche, era un avvocato di origine
ebraica ed era dovuto passare al protestantesimo nel 1816 per non rinunciare
alla professione, in quanto la legge prussiana vietava agli ebrei di
esercitare certi uffici.
Terminato il liceo nel 1835, Marx si iscrive alla facoltà di giurisprudenza
dell'università di Bonn e un anno dopo si reca a Berlino, la cui università
era certamente più quotata. Oltre ad occuparsi di diritto, studia storia e
filosofia, ma i suoi interessi principali vertono verso la letteratura:
scrive poesie liriche alla fidanzata (due delle quali vengono pubblicate
nella rivista "Atheäum"), una tragedia in versi, alcuni capitoli di un
romanzo satirico, epigrammi, sonetti..., lasciandosi chiaramente influenzare
dalla corrente dello Sturm und Drang.
Sul finire degli anni '30 Marx aderisce al Doktorclub di Berlino, formatosi
attorno alla figura di B. Bauer (vi erano anche, fra altri, Stirner ed
Hess). Organo letterario erano gli "Annali di Halle", fondati da Ruge ed
Echtermeyer nel '38. Interesse prevalente del club era la filosofia
hegeliana, specie nei suoi risvolti religiosi. La nuova filosofia che veniva
emergendo era quella dell'"autocoscienza" che -a giudizio degli hegeliani di
sinistra- doveva portare gli eredi dell'hegelismo ad assumere un coerente
ateismo.
Nel '37 Marx scrive il grande dialogo Cleante o del cominciamento e dello
sviluppo necessario della filosofia, che non ci è pervenuto. In esso Marx
aveva cercato di liberarsi dall'idealismo hegeliano, facendo riferimento
alle scienze della natura, a Schelling, alla storia, ma il tentativo -così
scrisse al padre- era fallito.
Nel '41, coronando i suoi interessi prevalentemente filosofici, si laurea
con una tesi sulla Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e
quella di Epicuro. Avendo già assunto posizioni ateistiche, Marx preferì
inviare la tesi all'università di Jena, temendo che quella di Berlino non
l'avrebbe valutata obiettivamente. Nella tesi, egli riconosce l'importanza
di Hegel, ma se ne distacca nell'interpretazione della filosofia
post-aristotelica. Hegel, che apprezzava più Democrito che Epicuro, viene
indirettamente contestato da Marx, che rileva in Democrito il tentativo di
aver prima ridotto la realtà a immaginazione soggettiva, accettando poi la
necessità come legge universale; mentre Epicuro, partendo dalla conoscenza
sensibile, avrebbe invece ammesso, di fronte all'assoluto determinismo, il
caso e la libertà. Oltre a ciò Marx respinge il tentativo di Plutarco di far
comparire la filosofia davanti al tribunale della religione e, accolta la
posizione scettica di Hume, afferma -per bocca di Prometeo- il proprio
irriducibile ateismo.
In questa tesi l'influenza di Bauer è notevole. La concezione
dell'"autocoscienza" (ovvero della libertà umana in divenire) non ha più
solo un valore contemplativo -come nell'idealismo-, ma attivo. Marx nella
tesi di laurea avverte la necessità di concretizzare operativamente la
filosofia, cioè di farla diventare uno strumento efficace per modificare la
realtà. La filosofia ufficiale, hegeliana, gli appare, in tal senso, troppo
conservatrice.
Una volta "dottore", Marx mira a entrare come docente all'università di
Bonn, ove insegnava Bauer, che qui era stato trasferito, da Berlino, sotto
la pressione della Destra hegeliana. Quando Bauer viene licenziato anche
dalla facoltà di teologia di Bonn, Marx rinuncia alla carriera universitaria
e decide di darsi alla pubblicistica, tornando in Renania. Qui, a Colonia,
la borghesia, esasperata dal voltafaccia di Federico Guglielmo IV, si era
alleata con la Sinistra hegeliana dando vita alla "Gazzetta renana", il
primo periodico moderno della Germania, nato nel '42 (sarà soppresso dal
governo dopo 15 mesi).
Il primo articolo di Marx si riferisce alla discussione della Dieta renana
sulla libertà di stampa. Il governo prussiano infatti aveva emanato delle
istruzioni per la censura. Marx reagì affermando che la libertà di stampa
era una forma necessaria della libertà di coscienza, a condizione
naturalmente che non si trasformasse in un'attività lucrativa. Egli rilevò
anche il carattere aristocratico della Dieta renana (composta per 1/3 dai
rappresentanti della nobiltà), nonché il suo carattere antipopolare, in
quanto dotata di soli poteri consultivi in materia di leggi statali. La
reazione della censura non si fece attendere: il secondo articolo di Marx
riguardante il conflitto tra governo prussiano e chiesa cattolica non poté
essere pubblicato.
Nel terzo articolo egli analizza il dibattito a proposito della legge contro
i furti di legna. Smascherando le vessazioni e i soprusi dei proprietari
terrieri, Marx difendeva la massa contadina da essi sfruttata. Nel quarto
articolo egli delinea il quadro della rovina dei viticoltori nella zona
della Mosella, denunciando la falsità della burocrazia prussiana. A causa di
questi e altri articoli non suoi, fu costretto a rispondere (essendo
diventato il direttore del giornale) agli attacchi della Gazzetta generale
di Augusta, che accusava la "Gazzetta renana" di propagandare idee comuniste
(in particolare il giornalista "incriminato" era M. Hess).
Occupandosi di questioni economiche (furti di legna, parcellizzazione
fondiaria e libertà di commercio), Marx era giunto alla conclusione che il
governo prussiano non difendeva mai gli interessi del popolo, ma sempre
quelli dei ceti privilegiati della nobiltà e del clero. In questo senso il
diritto e le leggi non potevano più essere considerati -a suo giudizio-
fuori del contesto dei rapporti sociali, in quanto nella società l'interesse
privato viene ritenuto come fine ultimo e il diritto, per essere conforme
allo scopo, deve realizzare necessariamente questo interesse. L'approdo di
Marx al socialismo fu appunto una conseguenza di questo lavoro
giornalistico.
Sul piano filosofico egli aveva anche capito che l'umanesimo di Feuerbach e
l'emancipazione dell'uomo imponevano di combattere sul terreno concreto
delle contraddizioni socio-economiche, ritenute dai giovani hegeliani
argomenti profani e indegni della filosofia. Essi infatti, riunitisi intorno
ai fratelli Bauer per fondare nel '42 il gruppo dei cosiddetti "Liberi",
spedivano alla "Gazzetta renana" astratte divagazioni sull'ateismo e sul
comunismo utopistico che a Marx non piacevano affatto. La rottura definitiva
con il circolo avvenne alla fine del '42 (alleato di Marx era Ruge).
Nel '43 il governo decide di sopprimere diversi periodici, fra cui gli
Annali tedeschi di Ruge e la Gazzetta renana di Marx. Gli azionisti di
quest'ultima pensarono di riuscire a salvare il giornale imprimendogli un
orientamento più moderato: Marx si dimise e lasciò la redazione. Il suo
proposito era diventato quello di emigrare all'estero e di pubblicare, con
Ruge, una nuova rivista per la Germania, allo scopo di criticare non solo le
idee della Sinistra hegeliana ma anche quelle utopistiche di Fourier,
Proudhon, Cabet, Dézamy e Weitling, che cominciavano a diffondersi in
Germania, offrendo del comunismo una visione astratta e dogmatica, come un
sistema già compiuto.
Prima di recarsi a Parigi (il luogo scelto per l'edizione), Marx sposa Jenny
von Westphalen, con cui vive a Kreuznach sino all'ottobre del '43, scrivendo
fra l'altro Per la critica della filosofia del diritto di Hegel (edito solo
nel 1927 in Urss). Esistono anche i Quaderni di Kreuznach, in cui sono
contenuti molti appunti storici sulla rivoluzione francese e sulla teoria e
storia dello Stato. Marx leggeva Rousseau, Montesquieu, Ranke, Ludwig..., in
quanto ciò che lo interessava di più era il problema dello Stato,
soprattutto nei suoi legami con le condizioni materiali di vita della
società civile. A suo parere, l'umanesimo di Feuerbach era materialista solo
quando doveva spiegare i fenomeni naturali, psicologici, ma restava
idealista nella sua concezione della storia, dei rapporti sociali e della
politica. Feuerbach insomma dava troppa importanza alla natura e non
abbastanza alla politica, mentre solo alleandosi con la politica la
filosofia poteva dimostrare la propria verità.
Nella Critica della filosofia hegeliana del diritto, Marx usa la critica che
Feuerbach aveva mosso all'hegelismo di aver fatto del pensiero un soggetto e
dell'oggetto un predicato, ed afferma che Hegel ha fatto dello Stato e del
diritto gli strumenti della logica. Marx cioè sostiene: 1) che lo Stato
(idealizzato, neutrale, interclassista) è un prodotto della società civile
(egoistica, divisa in classi) e non il contrario, 2) che l'anatomia della
società civile va cercata nell'economia politica, 3) che la proprietà
privata determina l'essenza stessa dello Stato e del diritto, 4) che la
classe che meglio rappresenta l'alienazione dello Stato (separato dalla
società civile) è la burocrazia, 5) che la liberazione dell'uomo non dipende
da una partecipazione politica all'attività dello Stato, ma da un
rivolgimento sociale che porti all'autogoverno, dove la direzione stessa è
espressione della comunità.
Marx era pervenuto alla distinzione tra "uomo" e "cittadino", che sarà fra
non molto il tema dominante del suo scritto sulla questione ebraica. Detto
altrimenti, il soggetto umano è diviso -secondo Marx- in "cittadino" per lo
Stato e "uomo" per la società civile: allo Stato non interessa l'uomo reale,
"ineguale", che soffre contraddizioni sociali antagonistiche nella società
civile, ma interessa solo l'uomo formale, "uguale", giuridicamente e
politicamente "libero", in grado di votare, ecc.
Prima di partire per Parigi, Marx invitò Feuerbach a collaborare alla nuova
rivista, proponendogli di redigere una critica di Schelling, ma ne ricevette
un rifiuto. Feuerbach non era interessato a un impegno di questo tipo.
In Francia, tra le file dei lavoratori erano già diffuse le idee del
socialismo utopistico (specie quelle di Saint-Simon e Fourier). Per la prima
volta il proletariato parigino si era affacciato alla ribalta storica con la
rivoluzione del luglio 1830. Durante il suo soggiorno parigino, Marx entrò
in contatto con i leaders della Lega dei Giusti e coi dirigenti della
maggior parte delle società operaie segrete francesi, senza tuttavia aderire
ad alcuna di esse. Conobbe i socialisti e comunisti francesi L. Blanc, É.
Cabet, P. Leroux, P.-J. Proudhon, il grande poeta tedesco H. Heine, il
politico russo M. Bakunin. Avendo in progetto un volume sull'economia, Marx
prese a studiare i classici inglesi dell'economia politica, A. Smith e D.
Ricardo. Si mise a studiare anche quegli storici borghesi come Thierry,
Guizot, Mignet, che spiegavano tutta l'evoluzione della Francia e
dell'Inghilterra moderne in termini di lotta di classe tra borghesia e
nobiltà.
Finalmente riesce a portare a termine con Ruge la redazione del primo numero
degli Annali franco-prussiani, pur non avendo ottenuto un solo contributo
francese. I socialisti di Francia -scriverà più tardi Marx- consideravano
più saggio attenersi al volterianesimo che all'ateismo tedesco del XIX sec.
Il primo e unico numero dei nuovi Annali uscì nella primavera del '44. In
seguito Ruge si staccò da Marx. I due lavori più importanti di Marx furono
La questione ebraica e Per la critica della filosofia del diritto di Hegel.
Introduzione.
Il primo saggio prendeva spunto da due opere di B. Bauer sulla capacità o
possibilità degli ebrei di diventare politicamente liberi (1843). Come noto,
nella Prussia dell'assolutismo cristiano-germanico, la religione fungeva da
strumento di governo, per cui agli oppositori filosofici (soprattutto alla
Sinistra hegeliana) la libertà politica appariva condizionata
dall'emancipazione ateistica. Un grosso problema dell'epoca era appunto
l'uguaglianza politica degli ebrei, privi di diritti civili a causa della
loro religione. Bauer non accettava il fatto che gli ebrei, per essere
liberi politicamente, chiedessero il privilegio d'essere riconosciuti dallo
Stato in quanto "ebrei". A suo parere, infatti, per emanciparsi
politicamente, gli ebrei avrebbero dovuto liberarsi della loro religione,
ovvero smettere di essere "ebrei", mentre lo Stato, dal canto suo, doveva
abbandonare ogni privilegio religioso, riducendo la religione ad affare
privato.
Marx rispose a Bauer superando la tesi feuerbachiana secondo cui il fulcro
dell'estraneazione umana sarebbe quella religiosa. Compito della filosofia
progressista è diventato ora per Marx quello di trasformare la lotta contro
la religione in una lotta contro le condizioni oggettive (socio-economiche)
che la rendono possibile. Ciò in pratica significava che la questione del
rapporto tra l'emancipazione politica e la religione doveva diventare la
questione del rapporto tra l'emancipazione politica e quella umana. Infatti,
se è vero che in molti Stati nord-americani -dice Marx- lo Stato è
completamente separato dalla religione, è anche vero che in questi Stati la
religione si presenta come un fenomeno molto attivo. Ciò quindi implica che
un'emancipazione politica non porta di per sé al superamento della
religione. E siccome la religione è l'esistenza di un "difetto", la fonte di
tale difetto va cercata nello stesso Stato politicamente emancipato.
A giudizio di Marx non solo non serve l'emancipazione della religione per
realizzare quella umana, ma non serve neppure quella politica. Lo dimostra
il fatto che in molti Stati nordamericani si è creduto di abolire la
proprietà privata, abolendo il censo per l'eleggibilità attiva e passiva. In
sostanza lo Stato politico va superato non meno di quello religioso, come va
superato il concetto di "cittadino" (formalmente "libero") nell'affermazione
del concetto di "uomo" (che se nullatenente è "estraniato"). Marx -come si
può vedere- criticava anche le Dichiarazioni dei diritti dell'uomo e del
cittadino proclamate alla fine del '700 in America e in Francia. La vera
liberazione dunque, per Marx, non è quella ateistica (dell'autocoscienza) né
quella politica (dello Stato), ma quella umana, sociale, che deve
realizzarsi nell'ambito della società civile. Qui infatti la contraddizione
è pratica, concreta, oggettiva, determinata essenzialmente dalla proprietà
privata, il cui uso fa dell'uomo un essere egoistico, anche se in quanto
cittadino può apparire "persona morale".
Nel secondo contributo, Marx ribadisce le tesi fondamentali della Questione
ebraica, chiarendo che l'interesse per il problema religioso, ora che si è
appurato, con Feuerbach, che "l'uomo è, per l'uomo, l'essere supremo", deve
essere superato dall'interesse (e dalla critica) per l'economia, la
politica, il diritto, rivoluzionando i rapporti sociali esistenti. Di questo
compito però, in Germania, non può farsi carico la borghesia, ma solo una
classe che per i suoi "dolori universali" possieda un carattere universale e
non rivendichi alcun diritto particolare, cioè il proletariato. La filosofia
(socialista o quella più progressista della Sinistra hegeliana) può trovare
nel proletariato le sue armi "materiali" per potersi realizzare, mentre il
proletariato può trovare in questa filosofia la sue armi "spirituali" per
potersi sopprimere come classe attraverso la rivoluzione. In sostanza, se la
Germania non è riuscita a fare nulla in senso "borghese", ora può fare molto
in senso "socialista".
Durante il soggiorno parigino, fino all'inizio del '45, Marx si mise a
studiare assiduamente i testi dei socialisti francesi, inglesi e tedeschi
(quest'ultimi però si riducevano agli scritti di Weitling, Hess ed Engels),
concentrando i suoi interessi sulle questioni dell'economia politica. Il
frutto di questo lavoro è racchiuso nei tre Manoscritti economico-filosofici
del 1844 (editi nel 1932).
In essi Marx scopre che l'estraneazione religiosa del credente (analizzata
da Feuerbach), secondo cui quante più virtù si attribuiscono a Dio tante
meno se ne conservano per sé, assomiglia molto di vicino all'alienazione
"economica" dell'operaio, che quanto più produce tanto più avverte i suoi
prodotti come oggetti estranei. La fonte di questa duplice estraneazione
risiede, secondo Marx, nella stessa attività produttiva, ovvero nel sistema
della proprietà privata, che divide il produttore dal prodotto del suo
lavoro. Questa alienazione non procede da nessuna legge naturale, ma è una
conseguenza storica determinata. Marx non contesta il valore del lavoro
moderno (come autoprodursi dell'uomo), ma il fatto che -come Hegel- ci si
voglia fermare a questo aspetto positivo, trascurando quello negativo dello
sfruttamento.
Soluzione della contraddizione sociale antagonistica è il comunismo, ma non
quello utopistico, per il quale infatti il possesso fisico immediato è
l'unico scopo della vita. In tal senso il comunismo diventa un'astrazione
come l'ateismo: questo si riduce a una mera negazione di Dio, quello a una
mera negazione della proprietà privata. Il comunismo utopistico -dice Marx-
prescinde dal talento degli individui e vuole annientare tutto ciò che non è
suscettibile d'essere posseduto da tutti in proprietà privata. La
prestazione dell'operaio salariato, anziché essere soppressa, viene estesa a
tutti gli uomini, così come al matrimonio -come forma di proprietà privata
esclusiva- viene contrapposta la comunanza delle donne. Questo comunismo non
è altro che l'espressione dell'invidia dei poveri per la ricchezza dei ceti
abbienti. L'uguaglianza sociale diventa una forma di livellamento. In
realtà, la soppressione della proprietà privata -dice Marx- è solo il primo
passo in direzione del comunismo, il quale esiste veramente solo quando
l'uomo viene valorizzato in tutte le sue capacità creative, personali e
collettive.
Nell'articolo Glosse marginali di critica all'articolo [di Ruge] "Il re di
Prussia e la riforma sociale", pubblicato nel '44, nel Vorwärts (organo
degli emigrati tedeschi a Parigi), Marx prosegue la critica antistatuale,
affermando, contro Ruge, che non si può affidare allo Stato la soluzione
della contraddizione sociale e che con un'attività politica che non metta in
discussione l'esistenza dello Stato, non si potrà mai conseguire il
rovesciamento dei rapporti di sfruttamento esistenti, che quello stesso
Stato protegge in tutti i modi. La comunità reale, sociale, supera di gran
lunga quella politica. Ruge infatti vedeva nelle agitazioni dei tessili
della Slesia (1844) un cieco ammutinamento ideologicamente immotivato, Marx
invece vi vedeva i primi passi del movimento operaio tedesco.
Se fino al '48 aveva avuto primaria importanza la formulazione delle basi
filosofiche del materialismo storico-dialettico, negli anni '48-'49 si erano
posti in primo piano le idee politiche, i problemi di tattica e di
strategia. Se la rivoluzione era fallita, ciò era dipeso sia dal fatto che
il rivoluzionarismo della democrazia borghese stava già morendo in Europa
(rispetto ai due secoli precedenti), sia al fatto che il rivoluzionarismo
del proletariato non era ancora giunto a maturazione. Quest'ultimo fatto si
evidenziava soprattutto nella mancanza di un'efficiente organizzazione
politica, consapevole e risoluta.
* * *
In Inghilterra Marx era al sicuro dalle minacce della reazione prussiana e
dei suoi alleati europei. Lì però sarà costretto a conoscere tutte le
miserie della vita da emigrato privo di qualunque mezzo di sussistenza. Nel
dicembre del '50 gli muoiono infatti due figli. Engels, che intanto aveva
ripreso a lavorare nella ditta paterna di Manchester, otteneva un modesto
stipendio col quale non poteva aiutarlo granché.
Per ricostituire al più presto la Lega dei comunisti, Marx ed Engels
scrissero nel '50 l'Indirizzo del C.C. della Lega dei comunisti, in cui si
palesava l'esigenza che in una futura rivoluzione il partito operaio fosse
più organizzato, più unanime e più indipendente, senza escludere la lotta in
comune con la piccola-borghesia. Però aggiungevano che nei confronti della
piccola-borghesia andava riaffermata la necessità di "distruggere" e non
semplicemente "trasformare" la proprietà privata, ovvero che i contrasti di
classe andavano "aboliti" e non "mitigati" e che l'attuale società non
poteva essere "migliorata" ma "rifondata". Ora, la condizione irrinunciabile
per la vittoria della futura rivoluzione era la fondazione di un partito
operaio che disponesse di un'organizzazione clandestina e pubblica, nonché
la trasformazione di ciascuna sua comunità in un centro di associazioni
operaie per l'autogoverno locale, difeso da una specifica guardia operaia.
Nel secondo Indirizzo del C.C. alla Lega (giugno '50) si informava che erano
stati contattati i rivoluzionari francesi del partito di A. Blanqui, i
cartisti di sinistra e il partito più avanzato dell'immigrazione ungherese.
A prezzo di enormi difficoltà, Marx riuscì ad organizzare ad Amburgo la
stampa della Nuova rivista renana (di economia-politica). Nei 6 numeri che
uscirono furono pubblicati i lavori di Marx ed Engels dedicati alle
rivoluzioni del '48-'49 in Francia e in Germania. Marx attribuì la sconfitta
del proletariato francese al suo isolamento, in quanto la borghesia aveva
saputo convogliare tutte le classi contro di esso. Di qui la conclusione
secondo cui la classe operaia francese non può distruggere la struttura
politica esistente se contro il dominio del capitale non si muovono anche le
masse contadine e la piccola-borghesia. Ne Le lotte di classe in Francia,
Marx per la prima volta fa uso della formula "dittatura del proletariato",
contro la dittatura economica della borghesia, che si esprime in una
"formale" democrazia politica. In una lettera a Weydemeyer (1852), Marx
afferma che la scoperta della lotta di classe spetta non a lui ma agli
storiografi borghesi. Il suo contributo stava semplicemente: 1) nell'aver
dimostrato che l'esistenza delle classi è legata a determinate fasi storiche
di sviluppo della produzione e non è eterna, 2) che la lotta di classe
conduce necessariamente alla dittatura del proletariato, 3) che tale
dittatura non è che il passaggio all'abolizione di tutte le classi e a una
società senza classi.
Un altro importante libro di Marx fu Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte,
scritto subito dopo il colpo di stato del dicembre '85, e pubblicato negli
USA. Qui Marx evidenzia l'essenza del bonapartismo, ovvero il fatto che la
borghesia, pur di non perdere il proprio potere economico, è disposta anche
a rinunciare alla propria democrazia parlamentare per affidarsi alla
dittatura personale di un duce. In questo colpo di stato, Bonaparte riuscì a
trovare nei contadini un efficace alleato. Marx esprime anche la necessità
di "spezzare", "demolire" la macchina statale, evitando di trasferirla così
com'è dalle mani borghesi a quelle proletarie.
Engels, nella Nuova rivista renana, pubblicò due importanti lavori: La
campagna per la Costituzione in Germania, dove elabora una teoria
dell'insurrezione armata, e La guerra dei contadini in Germania (del 1525),
ove fa capire indirettamente che l'alleanza del proletariato coi contadini è
fondamentale per la riuscita della rivoluzione.
Nell'ultimo no della rivista (1850), Marx ed Engels erano arrivati alla
conclusione che il capitalismo fosse entrato in una nuova fase di ripresa
economica, per cui non si poteva parlare di imminenti rivoluzioni. Tuttavia,
alcuni membri della Lega si dissociarono da queste conclusioni e cercarono
di preparare avventuristici piani di insurrezione armata in Germania. La
rottura fu inevitabile. Per salvare la Lega, la maggioranza trasferì il C.C.
a Colonia. Marx ed Engels scrissero contro i frazionisti un pamphlet, I
grandi uomini dell'emigrazione, che sarà però stampato per la prima volta in
URSS nel 1930.
Nel maggio '51 Marx viene informato dell'arresto di molti comunisti del C.C.
di Colonia. Nell'opuscolo Rivelazioni sul processo dei comunisti di Colonia,
egli smascherò le pretestuose macchinazioni del governo prussiano, ma
quell'arresto determinò la rottura dei legami col continente. La Lega nel
'52 venne sciolta sia qui che in Inghilterra.
Il primo decennio vissuto da Marx a Londra coincise con un periodo di dura
reazione in Europa. Il movimento rivoluzionario ed operaio era in declino.
Senza l'aiuto di Engels, Marx probabilmente sarebbe perito sotto il peso
della miseria. Nel '55 infatti un altro figlio gli muore. Per guadagnare
qualcosa, egli collabora a varie riviste, soprattutto colla Tribune di New
York.
Dalla primavera del '50 Marx aveva ripreso a lavorare sull'economia
politica. Per i suoi studi si recava alla biblioteca del British Museum.
Anche Engels, a Manchester, studiava moltissimo. Gli interessi scientifici
erano vastissimi in entrambi. A ciò si potevano dedicare anche perché il
partito proletario non aveva più una struttura organizzata vera e propria.
Peraltro in Inghilterra, il monopolio industriale-coloniale permetteva ai
capitalisti di realizzare tali profitti da poter corrompere i vertici del
movimento operaio, i quali si limitavano a rivendicazioni meramente
salariali.
Nei suoi articoli sulla Tribune (molti dei quali venivano solo firmati
essendo in realtà opera di Engels, che così permetteva a Marx di scrivere Il
capitale), Marx dimostrava che in Inghilterra neanche il veloce sviluppo
dell'industrializzazione faceva diminuire la povertà dei lavoratori o la
loro disoccupazione, e che comunque ad un breve periodo di espansione
economica seguiva sempre, necessariamente, una crisi più o meno forte (ciò
che poi si avverò nel '57, con la recessione scoppiata dapprima negli USA e
poi in tutta Europa: fu la prima crisi economica mondiale). Marx aveva
inoltre individuato l'essenza del regime statale inglese -dalla maggioranza
dei cittadini considerato, a torto, "sovraclassista"- nel compromesso tra
grande borghesia e aristocrazia terriera: di qui il lato falso e ipocrita
della vita politica inglese. Egli smascherava anche le manipolazioni
elettorali nelle campagne politiche della borghesia e dell'aristocrazia
inglesi, che non volevano perdere l'assoluta maggioranza in parlamento. Il
ruolo dell'opposizione parlamentare era paragonabile -secondo Marx- a quello
della valvola di sfogo nella macchina a vapore. Il tradizionale sistema
bipartitico inglese funzionava appunto in modo tale da non cambiare nulla
nel corso politico di un qualunque governo, quale che fosse il partito al
potere. Marx riponeva grandi fiducie nella lotta dei cartisti per la
democratizzazione della vita politica e per la Carta del popolo, inoltre
credeva nell'efficacia degli scioperi economici e politici.
Egli dedicò una serie di articoli anche allo sviluppo dell'economia
francese, allora contrassegnata da speculazioni e manovre borsistiche. Aveva
infatti notato un fenomeno nuovo: l'associazione del capitale finanziario
(specie bancario) con quello industriale sulla base della necessità di
allargare la produzione a livello mondiale; concentrando i capitali si
potevano così formare vasti imperi industriali che avrebbero sicuramente
mandato in rovina la piccola-borghesia, infoltendo le file del proletariato.
Marx aveva praticamente individuato alcune caratteristiche di quello che a
fine secolo sarebbe diventato il capitalismo monopolistico.
Marx scrisse articoli anche sulla Prussia, sull'Austria, sulla rivoluzione
spagnola iniziata nel 1854 e poi fallita nel '56 a causa del tradimento
della borghesia. Egli s'interessò anche alle sorti storiche dei paesi
colonizzati (specie quelli della corona inglese) e alle lotte di liberazione
nazionale di questi paesi. E scrisse che la barbarie della civiltà borghese
è senza veli solo nelle colonie, non nella madrepatria (vedi gli art. su
India, Cina, Irlanda, Birmania, Afghanistan, Iran, Turchia...). Sperava
anche che la guerra di Crimea nel '53-'56 sollevasse le popolazioni slave
contro lo zarismo. Il che però non avvenne anche perché Francia e
Inghilterra facevano di tutto pur di non arrecare troppo danno alla Russia,
affinché essa potesse continuare a svolgere in Europa il suo ruolo di
gendarme.
Dall'agosto '57 al maggio '58 Marx mise per iscritto il frutto di 15 anni di
ricerche economiche: Critica dell'economia politica, che rappresentava il
primo abbozzo de Il capitale, e che venne pubblicato integralmente a Mosca
nel 1939-41, col titolo di Lineamenti fondamentali della critica
dell'economia politica (i cd. Grundrisse). In quest'opera vengono gettate le
basi della teoria sul plusvalore. Di fondamentale importanza è la
Prefazione. Marx, in maniera assai concisa, sintetizza la sua concezione
della storia umana: 1) gli uomini, nascendo, ereditano modi e rapporti di
produzione della generazione precedente, che corrispondono a un determinato
grado di sviluppo, 2) questa struttura economica condiziona la
sovrastruttura giuridica, politica e tutte le forme della coscienza sociale,
3) la rivoluzione da una società a un'altra accade quando scoppia la
contraddizione tra lo sviluppo delle forze produttive e l'inadeguatezza dei
rapporti di produzione (di proprietà), 4) col mutarsi della base economica
si sconvolge anche la sovrastruttura, nell'ambito della quale gli uomini
possono acquisire la consapevolezza delle contraddizioni antagonistiche e
proporre soluzioni per superarle, 5) le contraddizioni però non scoppiano
quando la società ne ha consapevolezza, poiché la loro origine è di natura
materiale, oggettiva, economica, 6) in ogni caso esse non scoppiano mai in
maniera decisiva (tale da porre all'odg il problema della rivoluzione) fino
a quando una formazione sociale non ha esaurito tutte le sue potenzialità
produttive (l'umanità si propone solo quei problemi che è in grado di
risolvere e i problemi sorgono solo quando esistono, in qualche modo, le
condizioni materiali della loro soluzione), 7) le forze produttive che si
sviluppano nella società borghese creano in pari tempo le condizioni
materiali per risolvere le contraddizioni antagonistiche, 8) le
contraddizioni antagonistiche della società borghese solo le ultime della
preistoria della società umana.
Come noto, queste tesi vennero interpretate in senso meccanicistico durante
la II Internazionale e sotto lo stalinismo.
Dopo l'edizione del primo fascicolo sul Tribune (intitolato Per la critica
dell'economia politica), Marx si vide costretto a sospendere le sue ricerche
economiche a causa dei grandi avvenimenti internazionali che
caratterizzavano il '59. La crisi economica del '57, infatti, risvegliò i
movimenti democratici e proletari. In particolare, si era riacceso il
problema dell'unificazione italiana e della liberazione del Lombardo-Veneto
dal giogo austriaco. Luigi Bonaparte intervenne come alleato del Piemonte
contro l'Austria. A tale proposito Marx sosteneva che un'effettiva
indipendenza e unità del popolo italiano poteva essere acquisita solo con
una grande sollevazione popolare, guidata da Garibaldi, che rovesciasse
tutte le monarchie italiane, togliesse ogni potere temporale al papa e desse
la terra ai contadini, conducendo una guerra contro il dominio straniero.
Con quale passione Marx combattesse contro le infiltrazioni bonapartiste
nelle file dell'emigrazione tedesche lo documenta il suo pamphlet Herr Vogt.
K. Vogt, naturalista e democratico piccolo-borghese, cercò di screditare
moralmente i comunisti agli occhi del popolo. Marx gli contrappose
l'autentica storia della Lega dei comunisti, affermando che Vogt era un
agente segreto di Napoleone III, il cui scopo era quello di giustificare
l'aggressiva politica estera del Bonaparte. Quando, dopo la caduta del
secondo impero, vennero pubblicate le liste dei nomi degli agenti di L.
Bonaparte, tra essi figurava anche quello di Vogt.
Durante la guerra italo-franco-austriaca Marx ebbe forti divergenze anche
con F. Lassalle, tedesco democratico che aveva conosciuto Marx nel '48,
dichiarandosi suo sostenitore. Lassalle era contrario alla rivoluzione
socialista e alla dittatura del proletariato e orientava la classe operaia
tedesca verso una forma di lotta esclusivamente pacifica e legale. Sosteneva
che in Germania era sufficiente conquistare il diritto al suffragio
universale per ottenere uno Stato libero e popolare. Egli infondeva negli
operai l'illusione che lo Stato prussiano potesse aiutarli, mediante
l'organizzazione di cooperative produttive, ad appropriarsi dei mezzi di
produzione. Lassalle quindi si opponeva alla lotta di classe e allo
sciopero, e giudicava reazionario il ruolo storico dei contadini. Dopo la
sua morte, avvenuta nel '64 in seguito a un duello, Marx seppe da Liebknecht
che Lassalle aveva assicurato a Bismarck l'appoggio degli operai nella
guerra della Prussia contro la Danimarca, sperando di ottenere in cambio il
suffragio universale.
Nel '63-'64 si verificò l'insurrezione polacca. Prussia e Russia si erano
accordate per reprimerla. Entrambe infatti avevano già partecipato alla
spartizione della Polonia, col beneplacito di Francia e Inghilterra. Marx
denunciò l'aristocrazia polacca che aveva venduto se stessa e il proprio
paese agli stranieri.
Marx si accorse che la sconfitta della Russia nella guerra di Crimea aveva
acuito le profonde contraddizioni di questo paese. Ecco perché seguiva con
grande interesse il risveglio del movimento contadino. Come noto, nel 1861
lo zar aveva abolito la servitù della gleba.
La sua collaborazione alla Tribune venne meno quando durante la lotta
antischiavista del 1861-65, nella redazione del giornale si manifestarono
simpatie per le posizioni favorevoli al compromesso col Sud. Marx
caratterizzava la guerra negli USA come una lotta tra il sistema
capitalistico e quello schiavista, quest'ultimo certamente meno progredito
dell'altro. La classe operaia inglese, in questo caso, pur vedendo entrare
in crisi la propria industria cotoniera a causa di quella guerra, non
parteggiò mai per gli schiavisti americani.
Il risveglio del movimento proletario europeo indusse Marx ed Engels ad
allargare e rafforzare i legami con gruppi, associazioni e personalità
socialiste e comuniste, che appartenessero a tutte le nazioni euroepee,
inclusi gli USA. Nel settembre '64 si fondò a Londra la prima associazione
internazionale degli operai, cioè la I Internazionale, i cui programma e
statuto vennero stilati dallo stesso Marx.
Nell'Indirizzo inaugurale e nello Statuto provvisorio si dichiarò la
disponibilità ad aprire le porte dell'Internazionale alle organizzazioni
operaie di vario tipo e ai socialisti di tutte le sfumature ideologiche. Si
consideravano due vittorie acquisite dal proletariato inglese la legge sulla
giornata lavorativa di 10 ore e il movimento cooperativistico (quest'ultimo,
naturalmente, come preludio alla conquista operaia del potere politico).
Marx esprimeva anche l'esigenza di creare un partito proletario, organizzato
e cosciente.
Il primo problema che Marx dovette affrontare nell'ambito
dell'Internazionale fu il rifiuto a condurre lotte economico-sindacali da
parte di owenisti, proudhonisti e lassalliani. I quali sostenevano che
l'aumento dei salari porta con sé l'aumento del prezzo delle merci, per cui
gli scioperi sono alla fine controproducenti. Marx, con una relazione su
Salario, prezzo e profitto, tenuta nel giugno '65 (poi pubblicata dalla
figlia Eleonora nel '98), cercò di dimostrare che l'aumento dei salari in
realtà diminuisce il profitto dei capitalisti e che il prezzo delle merci
aumenta a prescindere dagli scioperi. E così l'Internazionale decise di
sostenere economicamente, nei limiti del possibile, tutti gli scioperanti
dei diversi paesi.
La lotta contro il proudhonismo (forte soprattutto in Francia e Belgio) e i
lassalliani (forti in Germania) continuò a svolgersi alla Conferenza di
Londra del '65, ai Congressi di Ginevra del '66, di Bruxelles del '68, di
Basilea nel '69. In Germania i lassalliani cercavano di collaborare col
governo di Bismarck per creare una sorta di socialismo statale,
monarchico-prussiano. Ciò rese impossibile qualunque rapporto
dell'Internazionale coll'Associazione generale operaia di Germania. Ecco
perché l'Internazionale pensò di organizzare in varie città tedesche delle
proprie sezioni. Due esponenti di queste sezioni, Liebknecht e Bebel, furono
eletti deputati al parlamento della Germania del nord. Nel '69 ad Eisenach
fu fondato il partito operaio socialdemocratico tedesco, avente un programma
sostanzialmente marxista.
Nello stesso momento in cui il marxismo otteneva la sua affermazione
ideologica sul proudhonismo venne alla ribalta il bakunismo. Marx aveva
conosciuto M. Bakunin a Parigi nel '43. Nel '64 a Londra Bakunin gli aveva
assicurato d'appoggiare l'Internazionale. Contrariamente però agli impegni
assunti egli aveva continuato a partecipare all'attività dell'organizzazione
borghese "Lega per la pace e la libertà". Non avendo in questa ottenuto
alcun successo, Bakunin decise di fondare, su principi anarchici, una
propria Alleanza internazionale della democrazia socialista. Egli vedeva il
principale nemico da sconfiggere non nel capitale e nella proprietà privata
dei mezzi produttivi, ma unicamente nello Stato. Il suo atteggiamento verso
la lotta politica era di tipo ribellistico: egli chiamava le masse alla
distruzione immediata e ininterrotta delle istituzioni statali, indicando
come unico mezzo di liberazione le insurrezioni e le rivolte. A tale scopo
riponeva le sue maggiori speranze negli emarginati e nel sottoproletariato.
Il bakunismo ebbe la sua maggior diffusione nei paesi dove dominava la
piccola produzione (Italia, Spagna e Svizzera), essendo espressione della
disperata protesta piccolo-borghese contro la produzione capitalista
industriale. Il suo programma, tra l'altro, prevedeva non l'eliminazione ma
l'uguaglianza delle classi, l'abolizione del diritto di eredità (preso da
Saint-Simon), l'ateismo come dogma imposto agli aderenti e soprattutto
l'astensione dalle lotte politiche (vedi Proudhon).
Marx ed Engels, nonostante questi principi anticomunisti, avevano accettato
la richiesta di adesione dei bakunisti all'Internazionale, ma a condizione
che sciogliessero la loro organizzazione (l'Alleanza Internazionale).
Bakunin lo promise, ma poi la mantenne in vita come associazione segreta,
cercando nel contempo di mettersi a capo dell'Internazionale: a tale scopo
si serviva dell'appoggio dei lassalliani e della corrente riformista delle
tradeunions inglesi (che era antiproudhonista riguardo alle questioni degli
scioperi, ma antimarxista riguardo alla socializzazione della proprietà
privata). Il tentativo però non gli riuscì. Marx aveva tra l'altro ottenuto
un valido appoggio contro Bakunin dalla sezione russa dell'Internazionale
fondata a Ginevra nel '70.
Tra la gioventù rivoluzionaria russa, il nome di Marx stava diventando
sempre più popolare. Dopo l'uscita del Capitale nel '67, Marx ricevette
proprio da quella gioventù la prima proposta di traduzione in lingua
straniera. Marx scrisse a Kugelmann che la Miseria della filosofia e Per la
critica dell'economia politica da nessuna parte avevano trovato uno smercio
maggiore che in Russia. Di qui l'esigenza di studiare la lingua russa e di
accingersi alla lettura degli scrittori progressisti allora più famosi
(Dobroljubov e soprattutto Cernyscevskij).
Erano invece peggiorati i rapporti tra Marx e gli esponenti del liberalismo
operaio inglese, soprattutto quando, sul finire degli anni '60, venne a
trovarsi al centro della vita politica inglese la questione irlandese. Dopo
la sfortunata insurrezione del '67 (l'Irlanda era infatti una colonia
dell'Inghilterra), il governo inglese si era dato a una feroce campagna di
persecuzione contro gli organizzatori del movimento d'indipendenza
irlandese: i Feniani (la cui tattica era cospirativa). A tale proposito,
Marx rivide la tesi sostenuta in precedenza, secondo cui l'oppressione
nazionale sull'Irlanda sarebbe stata eliminata con la presa del potere da
parte del proletariato inglese, ed affermò esattamente il contrario, e cioè
che il proletariato inglese non avrebbe potuto prendere il potere fintanto
che l'Irlanda non fosse divenuta libera. Marx infatti vedeva nell'Irlanda la
roccaforte dell'aristocrazia inglese, la fonte principale della sua
ricchezza e della sua influenza politica. Se con una rivoluzione agraria
fossero crollati i landlords inglesi in Irlanda, allora sarebbe crollata
anche l'aristocrazia terriera in Inghilterra. Inoltre proprio nella
questione irlandese stava il segreto -secondo Marx- della debolezza della
classe operaia inglese, che si era lasciata dividere dalla borghesia in
classe "operaia" e in classe operaia "inglese". Marx riteneva che in
Inghilterra vi fossero già i presupposti materiali per la rivoluzione
socialista, quello che mancava era lo spirito e il coraggio rivoluzionario.
A suo parere, questo spirito sarebbe potuto nascere a partire dalla
questione irlandese.
Ma una delle prove più severe cui fu sottoposta l'Internazionale fu la
guerra franco-prussiana iniziata nel luglio 1870. Non appena scoppiò, Marx
scrisse un Indirizzo a tutti i membri dell'Internazionale in Europa e negli
USA, definendo la guerra come il tentativo di Luigi Bonaparte di mantenere
la Germania nella frammentazione politica. Annettendosi infatti l'Hannover,
l'Assia-Cassel, il Nassau e la città di Francoforte, la Prussia era
diventata lo Stato dominante di una Confederazione della Germania del Nord,
comprendente 22 Stati, presieduta dal re di Prussia. Napoleone III,
preoccupato dall'ascesa della Germania, cominciò a perseguire progetti di
annessione della riva sinistra del Reno, del Belgio e del Lussemburgo.
Bismarck, a sua volta, non aspettava altro che apparire nel ruolo
dell'aggredito, per scatenare una guerra contro la Francia, espandendosi
verso ovest. La guerra si concluderà nel '71 con la sconfitta della Francia
e l'annessione da parte della Germania dell'Alsazia e della Lorena del nord.
Marx, all'inizio, chiese agli operai tedeschi di non trasformare una guerra
da difensiva a offensiva; poi, dopo la vittoria di Sedan, di non trasformare
la vittoria in una annessione dell'Alsazia-Lorena, prevedendo che, in tal
caso, la Francia si sarebbe alleata con la Russia ai danni della Germania.
In Francia, con la caduta dell'imperatore, era nata la Repubblica -e questo
per Marx doveva considerarsi l'esito più significativo della guerra. Ora
però gli operai non avrebbero dovuto approfittarne in senso rivoluzionario,
perché -diceva Marx- il nemico, la Prussia, batteva quasi alle porte di
Parigi. Invece nel '71 venne proclamata a Parigi la Comune. Marx descrive
l'impresa dei comunardi ne La guerra civile in Francia.
Il 18 marzo 1871, per la prima volta nella storia dell'umanità, il potere
statale passò, anche se solo per 72 giorni, nelle mani del proletariato.
Subito dopo la caduta del II Impero nel settembre '70, con la sconfitta di
Sedan, in Francia s'era instaurata la Repubblica. Ma l'accettazione da parte
dell'Assemblea Nazionale delle pesanti condizioni imposte dall'armistizio
con la Prussia, aveva subito suscitato forti malcontenti, tanto che per un
certo tempo non si riuscì a firmarlo. Quando poi la borghesia cercò di
scaricare tutte le conseguenze dell'armistizio sul proletariato, questo
insorse, insieme alla piccola-borghesia radicale, proclamando la Comune.
Il governo fuggì immediatamente a Versailles, ma, non essendo stato
attaccato subito, si ricompose militarmente preparando la controffensiva. Un
secondo errore commesso dai comunardi, capeggiati da proudhoniani e
blanquisti, fu quello di trascurare ogni misura immediata contro gli
elementi controrivoluzionari che cercavano di sabotare la Comune
dall'interno. I comunardi si preoccuparono soprattutto di preparare le
elezioni politiche, onde sottrarsi all'accusa di aver conquistato
illegalmente il potere, mentre in quel momento bellico sarebbe stato meglio
concentrare le forze in un organismo direttivo fortemente compatto,
centralizzato e autorevole.
In politica interna la Comune abolì l'esecito permanente basato sul servizio
di leva e lo sostituì con battaglioni di riserva della Guardia Nazionale. Si
affermò il principio della elettività, responsabilità personale e
revocabilità per tutti i dipendenti statali, inclusi gli eletti alla Comune.
Lo stipendio dei più alti impiegati non doveva superare la paga di un
operaio qualificato. Si rifiutò il parlamentarismo, in quanto la Comune era
nel contempo organo legislativo ed esecutivo del potere.
Sul piano economico-sociale la Comune incorporò le fabbriche abbandonate dai
capitalisti, ma promise loro un compenso in denaro se fossero rientrati a
Parigi. Poi instaurò il controllo statale-operaio sulla produzione di alcune
grosse imprese. Proibì il lavoro notturno nei panifici, le trattenute
arbitrarie sul salario. Intraprese misure a favore dei disoccupati. Stabilì
un salario minimo garantito. Requisì tutti gli appartamenti sfitti. Restituì
gli oggetti di valore impegnati ai monti di pietà. Abolì il pagamento degli
affitti per 9 mesi. Prolungò di 3 anni il termine di pagamento di ogni tipo
di effetto commerciale...
Stabilì la separazione tra Stato e chiesa e laicizzò la scuola. Venne
introdotto lo studio gratuito e obbligatorio per la scuola primaria e
organizzò per la prima volta in Francia la scuola professionale. I teatri
passarono dalle mani degli impresari a quelle degli artisti. Si
riorganizzarono musei e biblioteche...
Ovviamente quasi nessuna di queste riforme poté essere portata a termine,
anche perché i comunardi non vollero confiscare il denaro e altri preziosi
conservati nella Banca di Francia. I proudhoniani si rifiutarono sempre di
agire con forza nei confronti della proprietà borghese. E così proprio quei
capitali finirono col sovvenzionare la controrivoluzione di Versailles.
Altro errore fondamentale fu la sottovalutazione del ruolo dei contadini,
senza l'appoggio dei quali nessuna insurrezione è in grado di reggere per
molto tempo. Parigi infatti rimase isolata completamente dalla provincia.
Il governo di Versailles riuscì ad ottenere anche l'appoggio della Prussia.
Gli junkers e la borghesia tedesca temevano che gli avvenimenti francesi
potessero influire sul movimento operaio del loro paese; inoltre temevano
che il governo di Parigi non mantenesse fede al trattato di pace e che
rinnovasse la guerra per riprendersi l'Alsazia e la Lorena. La Comune invece
si dichiarò pronta a pagare alla Germania 500 mil. di franchi come primo
acconto sulle riparazioni di guerra, se il governo tedesco fosse rimasto
neutrale. Bismarck accettò le trattative ma solo per impaurire il governo di
Versailles, il quale infatti si convinse a firmare il trattato di pace e ad
accettare tutte le pesanti condizioni imposte dalla Germania.
Quando i versagliesi riuscirono a entrare a Parigi, il massacro fu enorme.
Morirono più di 30.000 comunardi e più di 50.000 furono fatti prigionieri.
L'unico appoggio che riuscirono ad ottenere fu quello della I
Internazionale.
Con la caduta della Comune iniziò un periodo molto pesante per
l'Internazionale, contro la quale si allearono quasi tutti i governi
europei. La guerra civile in Francia aveva attirato su di sè l'attenzione
dei circoli dirigenti borghesi di molti paesi. Marx praticamente era
diventato l'uomo più calunniato di Londra. Due leaders tradeunionisti
uscirono dall'Internazionale. Il bakunismo si stava di nuovo rafforzando.
Nel Congresso a porte chiuse del '71 a Londra, Marx si pronuncia a favore
della lotta politica della classe operaia: "contro il potere compatto delle
classi abbienti, gli operai possono agire come classe solo se organizzati in
un partito politico autonomo", svolgendo una tattica pacifica là dove è
possibile, e con le armi dove è necessario. Poi disse che se la classe
operaia va al potere, come nel caso della Comune, è suo dovere affermare la
dittatura del proletariato e costituire un esercito proletario. La Comune
aveva altresì insegnato che lo Stato non va trasferito da una classe
all'altra, ma va "spezzato".
I bakunisti contrattaccarono cercando di dividere l'Internazionale. Marx ed
Engels si videro costretti a emanare una circolare segreta, Le pretese
scissioni nell'Internazionale, mettendo in luce la lotta di Bakunin contro
ogni disciplina, autorità e potere, lotta che portava a disarmare il
proletariato. E' vero che Bakunin poneva la "volontà" a fondamento della
rivoluzione socialista, ma faceva questo nell'ignoranza più completa delle
condizioni economiche. Egli era convinto che il proletariato al potere
avrebbe fatto nascere un altro proletariato oppresso. Marx si era anche
pronunciato contro l'abrogazione del diritto di eredità propagandata da
Bakunin: questa misura, infatti, portava il contadino ad accettare subito,
per forza di cose, la proprietà collettiva, mentre per Marx il processo
doveva essere graduale, soprattutto con l'aiuto della produzione
cooperativistica.
A fianco dei bakunisti si trovarono i leaders delle tradeunions inglesi e
altri gruppi, anche americani. Il Congresso dell'Aia nel '72 decise di
espellere Bakunin dall'Internazionale. La sede del Consiglio generale venne
però trasferita a New York, in quanto la situazione europea rischiava di
favorire il formarsi in seno al Consiglio di una maggioranza di riformisti
inglesi e di blanquisti.
E così, pur uscendo vincitrice sulle tendenze frazioniste dei bakunisti,
l'Internazionale aveva dovuto riconoscere che il principale ostacolo che
impediva la coesione tra il comunismo scientifico e il movimento operaio era
l'influenza liberal-borghese e riformistica sugli stessi operai, nonché le
varie forme di socialismo e anarchismo settari e piccolo-borghesi che
caratterizzavano molti leader dell'Internazionale. In Francia, con la
disfatta della Comune di Parigi, il movimento stentava a riprendersi; in
Inghilterra si lasciava corrompere dall'aumento dei salari (reso possibile
dai monopoli e dal colonialismo); in Germania il movimento nazionale
borghese aveva appena vinto e in Russia dominava ancora la reazione feudale.
Marx ed Engels intuirono la necessità di una lenta preparazione della
rivoluzione sociale e che a tale scopo la struttura dell'Internazionale si
rivelavano inadeguate (con le sue sezioni e federazioni eterogenee per
composizione, sparse nei diversi paesi): occorreva costituire dei partiti
proletari di massa. La I Internazionale cessava di esistere come
organizzazione unitaria nel 1876.
Dopo la caduta della Comune, dopo il periodo burrascoso che va dal '48 al
'71 [rivoluzioni borghesi, fallimento delle rivoluzioni proletarie del '48,
fine del socialismo utopico, Comune di Parigi, nascita dei partiti proletari
indipendenti con la fine della I Internazionale ('64-'72), socialdemocrazia
tedesca], l'Europa conosce un periodo relativamente pacifico, senza scosse
rivoluzionarie, almeno sino al 1904. L'occidente aveva terminato le
rivoluzioni borghesi e l'oriente non era ancora maturo per esse. In Europa
occidentale i partiti socialisti imparano a servirsi del parlamentarismo
borghese, a creare la loro stampa quotidiana, le loro istituzioni di
educazione, i loro sindacati, le loro cooperative. Il marxismo si diffonde
in estensione (soprattutto in Germania), mentre nel primo periodo era solo
una dottrina fra le altre.
Marx approfitta di questo periodo di calma politica per completare Il
Capitale. Cura la seconda edizione tedesca e prepara quella francese,
apportando sostanziali mutamenti alla struttura originaria del libro. Nel
contempo sistema i materiali raccolti per il secondo libro ("Il processo di
circolazione del capitale") e per il terzo ("Il processo complessivo della
produzione capitalistica"). La sua attenzione verte sempre più sui processi
di centralizzazione e concentrazione dei capitali, nonché dsulla tendenza al
monopolio da parte delle grandi compagnie azionistiche che investono grandi
capitali oltre che in operazioni finanziarie, anche nella costruzione di
fabbriche, esercitando un'influenza notevole sulla produzione industriale e
sul commercio. Gli interessa inoltre il fenomeno della crescente
esportazione dei capitali. Egli in sostanza aveva avvertito il passaggio ad
una nuova epoca, quella dell'imperialismo.
Tra il '78 e l'82 compone un saggio storico sul calcolo differenziale in due
manoscritti Sulle funzioni derivate e sui differenziali: applicando la
dialettica alla matematica elaborò un nuovo metodo di calcolo differenziale
per gli studi economici. Questi testi sono stati pubblicati a Mosca nel
1968. Marx scrisse anche molti quaderni sulla storia della tecnologia e del
macchinismo. Negli anni '79-'81 compose degli Estratti cronologici per una
storia dell'India. Dalla fine dell'81 alla fine dell'82 compose un panorama
sinottico della storia politica degli Stati europei, che comprendeva i
principali avvenimenti a partire dal I sec. dC. sino alla metà del XVII sec.
(vi sono anche degli excursus sulla storia dei paesi afro-asiatici legati
all'Europa dal colonialismo). Dalla metà degli anni '70 in poi Marx mostrò
grande interesse per lo studio delle formazioni sociali precapitalistiche e
soprattutto per lo studio della dissoluzione delle società primitive.
Soprattutto su due ricercatori aveva soffermato la propria attenzione:
l'etnologo americano L.G. Morgan (di cui vedi La società antica del '77) e
lo studioso russo M. Kovalevsky che con il libro La proprietà fondiaria in
forma di obscina (1879) permise a Marx di capire il carattere universale
della proprietà fondiaria in forma di comunità esistente nei tempi antichi
presso varie popolazioni delle terra. I materiali di Marx vennero poi
utilizzati da Engels per l'opera Origine della famiglia, della proprietà
privata e dello Stato, ch'egli considererà quasi come un'esecuzione
testamentaria per l'amico. Le conoscenze enciclopediche di Marx riguardavano
anche tutti i campi delle scienze naturali, benché su questo Engels abbia
prodotto di più.
Intanto in Germania, dove il proletariato aveva subìto la guerra
austro-prussiana del '66 e quella franco-prussiana del '70-'71 senza
ottenere nulla in cambio, si stava cercando di mettere in pratica le ultime
disposizioni dell'Internazionale relative alla costituzione di un partito
operaio di massa. Si partì dal fatto che l'unificazione del Paese era
avvenuta praticamente "dall'alto", per via controrivoluzionaria, nella forma
più svantaggiosa per i lavoratori, in quanto si erano conservati la
monarchia, i privilegi politici ed economici di determinate classi e altri
retaggi feudali.
Nel febbraio '75 la socialdemocrazia tedesca tenne a Gotha il suo primo
Congresso, al quale fu sottoposto anche un programma. A causa delle
concessioni fatte ai lassalliani, esso subì severe critiche da parte di Marx
ed Engels. Al Congresso si cercò la riunificazione su basi opportunistiche
degli eisenachiani (Bebel e Liebknecht) con i lassalliani. Lassalle e i
lassalliani, al tempo della Germania "divisa", vedendo che la via proletaria
e democratica aveva scarse possibilità di successo, si erano adattati
all'egemonia bismarckiana, portando il partito operaio sulla via di un
socialismo statale-bonapartista. Con la Germania "unita" venivano a cadere
le principali divergenze tattiche che dividevano i due gruppi del partito.
Con la sua Critica al programma di Gotha (pubblicato da Engels nel '91),
Marx rifiutò il progetto di riunificazione sostenendo che il partito non
doveva venir meno alla purezza dei suoi ideali teorici e doveva respingere
l'opportunismo dei lassalliani, cui contestò l'idea che la società comunista
sia possibile edificarla subito dopo la rivoluzione. Marx precisa che
occorre distinguere nel comunismo due fasi: una, inferiore, detta
"socialismo", e un'altra, superiore, detta "comunismo". La prima fase è
caratterizzata dalla liquidazione della proprietà privata dei mezzi
produttivi, dalla costituzione di una proprietà socialista comune e dalla
eliminazione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, ma nonostante ciò la
divisione del lavoro resta, per cui a ineguale attitudine individuale, a
ineguale capacità di rendimento e a ineguali condizioni di vita (un operaio
sposato e uno no, uno con figli e uno senza, ecc.), deve corrispondere
necessariamente un'ineguale distribuzione del reddito. Ciò significa che il
principio lassalliano del "reddito integrale del lavoro" non ha senso, anche
perché dal prodotto sociale complessivo vanno detratte le spese per la
riproduzione allargata, per i mezzi di consumo, per i servizi sociali, ecc.
Dunque nel socialismo il diritto dei produttori è proporzionale alle loro
prestazioni di lavoro. L'uguaglianza consiste nel fatto che il termine di
paragone è sempre lo stesso: il lavoro (chi non lavora non può partecipare
alla distribuzione del reddito). Soltanto nella fase avanzata del comunismo,
con la scomparsa della subordinazione degli individui alla divisione del
lavoro, con la fine del contrasto tra lavoro intellettuale e manuale, tra
città e campagna, e con l'affermazione del lavoro quale primo biosgno vitale
(di creativa espressione), solo allora si potrà dire: "Ognuno secondo le sue
capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni".
Marx critica anche la concezione lassalliana dello "Stato libero" (ente
autonomo che possiede proprie basi spirituali, morali...). Lo Stato in
realtà -dice Marx-, nei moderni paesi civili, è sempre lo Stato della
borghesia, mentre quello del proletariato al potere è uno Stato transitorio,
utile a sconfiggere la borghesia e la proprietà privata, ma destinato a
estinguersi.
Queste osservazioni critiche di Marx furono recepite in misura
insignificante dal Congresso, ma dato che il fatto della riunificazione
veniva interpretato positivamente dagli operai, Marx ed Engels rinunciarono
a intervenire pubblicamente contro il programma. Tuttavia, nelle loro
lettere ai leaders del partito essi avvertivano dei pericoli insiti in tale
ricomposizione.
L'immaturità teorica del programma di Gotha si manifesterà infatti in forme
ancora più nette lungo tutta la storia della II Internazionale. Intorno al
1875 di tale debolezza aveva già dato prova E. Dühring, libero docente
all'università di Berlino e uno dei primi critici del Capitale. Molti capi
del partito avevano accolto con entusiasmo le sue idee. Fu Liebknecht a
chiedere ad Engels di rispondere agli attacchi di Dühring (Marx era troppo
impegnato nella stesura del Capitale). Engels lo fece malvolentieri, perché
stava lavorando a un libro sulla Dialettica della natura, che sarà
pubblicata postuma nel 1925. Engels spedì una serie di articoli, che poi
vennero raccolti in un unico volume dal titolo Antidühring, che è una vera
enciclopedia del marxismo, trattando in modo organico di filosofia, economia
politica e socialismo (il 10o cap. è opera di Marx: è un profilo storico del
pensiero economico). Engels ne approfittò anche per fare un bilancio dei
suoi studi sulle scienze naturali, dimostrando che in natura sono operanti
quelle stesse leggi dialettiche del movimento che anche nella storia
dominano l'apparente accidentalità degli avvenimenti.
Le apprensioni di Marx ed Engels si dimostrarono fondate quando il governo
di Bismarck introdusse nell'ottobre '78 delle leggi eccezionali contro i
socialisti. Portando avanti una politica di blocco agrario-borghese,
Bismarck intendeva introdurre dazi protezionistici sulle merci industriali
ed agricole, aumentare le spese militari e accrescere le imposte. La
socialdemocrazia, che già impensieriva il governo a causa dei suoi successi
elettorali, rappresentava un ostacolo all'attuazione di queste misure. Di
qui il divieto a qualunque organizzazione e organo di stampa di fare
propaganda socialista, nonché la concessione alle autorità locali della
facoltà di proclamare lo stato di semiassedio sul loro territorio, onde
permettere alla polizia di espellere le persone "sgradite".
Marx difese la socialdemocrazia tedesca dalle calunnie di quanti la volevano
vedere compromessa con gli attentati terroristici contro l'imperatore. In
ogni caso con le leggi eccezionali il partito non poteva più sussistere
legalmente. A quel punto, il C.C. di Amburgo, che svolgeva allora il ruolo
di direzione del partito, si limitò unicamente a ratificare lo scioglimento
e non anche a mutare tattica passando a organizzare strutture di partito
clandestine (solo Bebel si oppose allo scioglimento unilaterale). Ultima
isola di legalità rimase la tribuna del Reichstag, ove però i molti
parlamentari del partito non seppere fare altro che chiedere l'abolizione
delle leggi eccezionali (che durarono dal '78 al '90).
Marx ed Engels rimasero sconcertati dall'opportunismo dei leader
socialdemocratici. Solo con Bebel e Liebknecht la classe operaia potè
ristabilire i legami troncati e rifondare il partito. Tuttavia
l'opportunismo, il revisionismo e il riformismo avevano già trovato molti
seguaci nelle file della socialdemocrazia. Con una Lettera circolare Marx ed
Engels denunciarono i tentativi dei "tre di Zurigo" (Höchberg, Bernstein e
Schramm, seguaci di Dühring) di ridurre, col loro "manifesto", i compiti
della socialdemocrazia a una "generale conciliazione" col capitalismo e
quindi a un rifiuto della lotta di classe. La protesta di Marx ed Engels si
fece sentire e i "tre" non poterono più pubblicare i loro articoli
nell'organo di stampa del partito, che inizialmente li aveva ospitati.
Nel primo Congresso clandestino del partito, tenutosi in Svizzera nell'80,
la maggioranza espulse l'ala estremistica che rifiutava l'impegno
parlamentare e cancellò dal programma di Gotha la parte in cui si diceva che
il partito avrebbe raggiunto i suoi scopi solo coi mezzi legali,
riconoscendo così la necessità di associare al lavoro legale-parlamentare
l'attività clandestina.
In Francia, intanto, il partito operaio veniva a ricomporsi per opera di J.
Guesde, ex-bakunista passato al marxismo, e P. Lafargue, che insieme posero
le basi del rinato partito al Congresso di Marsiglia nell'ottobre '79. Su
richiesta di Lafargue, Engels rielaborò per la Révue socialista tre capitoli
dell'Antidühring, che divennero poi noti col titolo L'evoluzione del
socialismo dall'utopia alla scienza.
Marx ed Engels rimproveravano spesso Guesde e Lafargue per la loro tendenza
al fraseologismo rivoluzionario e, soprattutto Guesde, per il settarismo e
il dogmatismo. Tuttavia la loro corrente seppe opporsi validamente a quella
filo-anarchica, che era su posizioni "possibiliste" (rivendicare cioè solo
quello che si pensa immediatamente conseguibile, lasciando perdere gli scopi
finali). Nel settembre '82 al Congresso di Saint-Étienne vi fu la scissione
fra le due correnti. Marx ed Engels sottolinearono che quando era in gioco
una lotta tra il carattere proletario del partito e l'opportunismo, la
scissione poteva salvaguardare l'unità e la coerenza del partito.
Viceversa in Inghilterra, dopo la caduta del movimento cartista, gli operai
non manifestavano più alcuna autonomia politica e non sapevano legare la
loro quotidiana lotta economica ad uno scopo finale. Tre cause avevano
contribuito a tale situazione: 1) la politica coloniale dell'Inghilterra che
garantiva alti profitti e quindi possibilità di alti salari in cambio di una
scelta non-rivoluzionaria (gli alti profitti erano garantiti anche dal
monopolio industriale, ma già dalla fine degli anni '70 questo era
minacciato dalla concorrenza americana e tedesca); 2) la tradizionale
indifferenza degli operai inglesi per le questioni teoriche; 3) le forti
tendenze sciovinistiche tipiche della nazione inglese. Marx apprezzava solo
i pubblicisti Belfort Bax e W. Morris.
Non minore difficoltà incontrava la formazione di un partito operaio negli
USA. Dopo la guerra di secessione il capitalismo aveva cominciato a
svilupparsi in modo burrascoso. Proprio qui si manifestarono con più
evidenza quelle nuove linee di sviluppo del capitalismo che Marx aveva
notato sul finire della sua vita: prodigiosa concentrazione del capitale,
crescita di una forza monopolistica, influenza delle grandi compagnie che si
sono assicurate, dall'inizio della guerra civile, il dominio dell'industria,
del commercio, della terra, delle ferrovie, delle finanze. "Le cricche degli
affaristi -diceva Marx- hanno messo le mani sugli organi legislativi
trasformando la politica in oggetto di commercio".
Il movimento operaio americano tardava a formarsi anche perché a quel tempo
gli operai avevano ancora la possibilità di ottenere una terra e diventare
dei farmers (il capitalismo poteva espandersi verso ovest). Inoltre gli
operai bianchi erano privilegiati rispetto ai neri e ai nuovi immigrati.
Come quello inglese, l'operaio americano aveva interessi esclusivamente
economici. Infine i principali propagandisti del socialismo in America erano
emigrati tedeschi, in maggioranza lassalliani, inclini al dogmatismo e al
settarismo, avulsi dalla quotidiana lotta degli operai.
Ciononostante nell'estate del '76 venne fondato il partito operaio
americano, capeggiato da Sorge, O. Weydemeyer jr. e McDonnell. Sul loro
organo di stampa, Labour Standard, Engels pubblicò nel '78 la serie di
articoli Gli operai europei nel 1877. Ma già nel '77 i lassalliani avevano
ottenuto la maggioranza, per cui il partito entrò in una profonda crisi.
Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 sorsero partiti o
gruppi socialisti anche in Austria, Danimarca, Belgio, Spagna, Portogallo,
Olanda, Italia, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia e Russia. Verso
quest'ultima, a cominciare dagli anni '70, presero a rivolgersi le speranze
di Marx. Ciò che soprattutto lo interessava erano i rapporti agrari,
l'evoluzione della obscina, i processi avvenuti dopo l'abolizione della
servitù della gleba. Tra la fine dell'81 e l'inizio dell'82 egli scrisse
Note sulla riforma del 1861 e sullo sviluppo della Russia dopo la riforma.
In questo lavoro Marx respingeva nettamente l'idea populistica secondo cui
la sussistenza dell'obscina (la comune agricola) avrebbe perservato la
Russia dallo sviluppo capitalistico e in ogni caso l'obscina non avrebbe
potuto da sola evolversi in una più alta struttura sociale, in quanto non
aveva i presupposti materiali per farlo. Solo una rivoluzione
proletaria -secondo Marx- avrebbe potuto salvare l'obscina dalla sua
definitiva rovina. Marx ed Engels avevano previsto che in Russia si poteva
evitare il capitalismo trasformando con la rivoluzione socialista la
proprietà comune rurale in punto di partenza per una evoluzione comunista.
Quando in Russia si formò la prima organizzazione marxista, "Emancipazione
del lavoro", capeggiata da Plechanov, Marx era già morto. Egli si spense a
Londra nel marzo dell'83, un anno dopo la morte della moglie e della figlia
di 38 anni Jenny.
Engels si trovò subito di fronte a un compito immane. Dovette anzitutto
provvedere all'edizione del II e III libro del Capitale. Mantenne poi
contatti epistolari con la maggior parte dei movimenti rivoluzionari.
Scrisse infine L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello
Stato (1884) e L. Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica
tedesca (1886). Nel marzo '95, poco prima della sua morte, redasse
un'introduzione alle Lotte di classe in Francia di Marx, che fu considerata
come il suo testamento politico e di cui si serviranno i revisionisti per
deformare il suo pensiero. Bernstein infatti affermerà che Engels in quel
testo aveva ripudiato la rivoluzione come mezzo di conquista del potere, a
favore della lotta parlamentare. In realtà Engels aveva voluto distinguere
"le lotte di strada" (le barricate) dalla rivoluzione vera e propria: le
prime hanno solo lo scopo di paralizzare le truppe nemiche, di scuotere la
resistenza dell'esercito avversario; la seconda invece è conquista attiva
del potere, trasformazione dei rapporti sociali ed economici. Se le "lotte
di strada" resistono fino al punto che il nemico, demoralizzato, si ritira,
allora si può approfittare per fare la rivoluzione; se invece si pensa di
fare la rivoluzione solo con le "lotte di strada", allora è meglio la lotta
parlamentare. Le rivoluzioni non si improvvisano, né si fanno con piccole
minoranze coscienti. Affinché le masse comprendano ciò che si deve fare,
occorre una lavoro lungo e paziente. Engels morì nell'agosto 1895.
MARX ED ENGELS (II parte)
Il primo frutto di questo lavoro comune tra Marx ed Engels fu La sacra
famiglia. Contro Bruno Bauer e soci, scritto prevalentemente da Marx, poiché
Engels ebbe bisogno di recarsi in Germania per portare a termine il suo
lavoro sulla classe operaia inglese. Praticamente, l'inizio della critica di
Marx ed Engels al capitalismo andò di pari passo con una revisione delle
loro idee filosofiche generali maturate in Germania ai tempi della loro
adesione alla Sinistra hegeliana. La quale ora viene messa in ridicolo a
causa della sua pretesa di compiere una rivoluzione solo "col pensiero" o
solo con le "grandi personalità" della storia. Nel testo, che sarà
pubblicato agli inizi del '45, gli autori dimostrano anche che il
proletariato deve compiere una missione storico-universale: quella di creare
la società socialista, in antitesi non solo soprattutto alle concezioni di
Bauer, che opponeva gli intellettuali che "creano" cultura alla massa che
ostacola tale creazione, ma anche alle concezioni dei socialisti utopisti,
che vedevano nel proletariato una massa impotente e passiva.
Poco prima che La sacra famiglia fosse pubblicata, il governo francese, su
insistente richiesta di quello prussiano, espulse dal paese i socialisti e
comunisti più in vista, soprattutto quelli che si erano riuniti intorno al
"Vorwärts", giornale che sotto la direzione di Marx aveva preso un indirizzo
comunista decisamente antiprussiano. Marx si trasferì da Parigi a Bruxelles
nel febbraio del '45.
Engels intanto in Germania organizzava riunioni di comunisti venendo a
contrasto con le forze dell'ordine. Legge L'unico e la sua proprietà di
Stirner e ne condivide la critica al concetto feuerbachiano di "uomo",
ancora troppo astratto e inficiato di elementi religiosi, ma ritiene che
Stirner sia approdato solo all'individualismo. Scrivendo a Marx gli fa
capire che non ha più intenzione di polemizzare contro la teologia e il
crasso materialismo, preferendo argomenti di carattere sociale, e che vuole
smettere di continuare a vivere un'esistenza borghese, nel quadro della
famiglia, svolgendo nel contempo propaganda comunista.
A Bruxelles Marx e la sua famiglia si trovavano praticamente privi di mezzi
di sussistenza. Furono aiutati da Engels che li raggiunse nell'aprile del
'45, dopo aver pubblicato La situazione della classe operaia in Inghilterra.
Marx però fu costretto a rinunciare alla cittadinanza prussiana se voleva
evitare di essere espulso anche dal Belgio.
Nel suo testo sociologico, Engels collega la rivoluzione industriale con
l'invenzione della macchina a vapore e delle macchine per la lavorazione del
cotone (il filatoio meccanico). A questo, secondo lui, bisogna far risalire
l'incremento della produzione, la vittoria del lavoro a macchina su quello
artigianale, la rapida caduta dei prezzi di tutte le merci manufatte, le
crescenti esigenze del mercato e quindi la fioritura del commercio, inclusa
la conquista di quasi tutti i mercati esteri non protetti, l'esodo dalle
campagne (per cui ad es. i tessitori-agricoli si trasformarono in
tessitori-salariati), la formazione del proletariato industriale e delle
agitazioni politiche e sindacali...
Engels sottolinea anche che il proletario è di diritto e di fatto uno
schiavo della borghesia, la quale gli fornisce il minimo indispensabile per
vivere, ottenendo in cambio la forza-lavoro, da essa giudicata un
"equivalente", ma che in realtà produce molto di più di quanto venga pagata.
Il concetto di "equivalenza" sta d'altra parte a significare, per la
borghesia, che la compravendita della forza-lavoro avviene in piena
"libertà", in quanto l'operaio, di sua "spontanea volontà", accetta di
metterla a disposizione del capitalista sulla base di un contratto regolare.
Con acume Engels evidenzia che l'operaio ha semplicemente la libertà di
sottostare alle condizioni della borghesia o di morire di fame.
Engels indica anche la necessità, per il contenimento dei salari e per la
sostituzione degli operai non graditi ai capitalisti, del cosiddetto
"esercito di riserva del proletariato", e sottolinea la necessità delle
crisi nell'anarchica produzione capitalistica e che la lotta di classe è una
conseguenza del principio della libera concorrenza. La rivoluzione
proletaria, date la miopia e l'intransigenza della borghesia, non potrà che
essere violenta.
Engels infine rileva che il socialismo utopistico inglese (che trae origine
dall'industriale Owen) non tocca granché i contrasti tra borghesia e
proletariato predicando un comunismo astratto, estraneo all'evoluzione
storica della società. I socialisti sono divisi dai cartisti: questi sono
arretrati e immaturi ma schietti proletari, quelli più preparati e con
orizzonti più vasti, ma slegati dalla classe operaia.
Quando Engels giunse a Bruxelles, si rese conto che con Marx avrebbe dovuto
cominciare a sintetizzare le esperienze e le teorie dei socialisti francesi,
tedeschi e inglesi. Questi movimenti ora apparivano come un più generale
movimento della moderna classe operaia europea.
Nella primavera del '45 Marx abbozzò in un taccuino le famose undici Tesi su
Feuerbach, nelle quali egli rileva i limiti del materialismo "classico" e di
quello antropologico (in particolare, di Feuerbach), entrambi incapaci di
trasformare la realtà, in quanto considerano l'uomo mero oggetto di natura,
isolato, astratto, e non invece come prodotto storico-sociale e insieme
soggetto che trasforma le circostanze in cui vive (qui Marx critica anche
Owen).
Marx elabora il concetto di "prassi rivoluzionaria", nel momento in cui
cerca di superare le pretese della "critica teorica" della Sinistra
hegeliana, di cui Feuerbach è considerato l'esponente più significativo in
direzione del materialismo filosofico. "E' nell'attività pratica -dice Marx-
che l'uomo deve dimostrare la verità". E per "attività pratica" Marx intende
la trasformazione della società, ovvero il superamento delle contraddizioni
che alienano l'uomo. Senza di essa il materialismo resta idealistico, poiché
gli idealisti si limitano unicamente a "interpretare" il mondo, ovvero a
conciliare le contraddizioni nell'ambito del pensiero. Il vero materialismo
quindi è quello storico-sociale, quello in cui l'uomo, che è un "insieme di
rapporti sociali", è artefice consapevole e attivo della propria storia. Il
superamento dell'alienazione religiosa può avvenire solo in questi termini,
così come il superamento della realtà della società borghese nella società
umana (o umanità socializzata).
Queste Tesi furono pubblicate da Engels nel 1888 in appendice al suo volume
su Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca.
Il lavoro comune di Marx ed Engels proseguì nella stesura dell'Ideologia
tedesca. All'inizio, ricevuto un volume miscellaneo in cui Bauer e Stirner
li criticavano, Marx ed Engels pensarono subito di rispondere a
quest'ultimi; in seguito però aggiunsero una critica a Feuerbach e una al
"Vero socialismo" di Grün e Kuhlmann: di qui il titolo di Ideologia tedesca.
Questo voluminoso manoscritto presenta un notevole interesse per chi voglia
seguire la genesi del pensiero dei due fondatori del socialismo scientifico:
esso fu realizzato -come dicono gli autori- per "saldare i conti" con le
loro precedenti convinzioni filosofiche. Ma il suo valore fondamentale sta
nell'aver delineato per sommi capi una concezione materialistica della
storia (o materialismo storico). Quand'essi videro che nessun editore voleva
pubblicarlo, decisero di abbandonarlo -come ricorda Marx- alla "rodente
critica dei topi" (l'espressione purtroppo va presa alla lettera, in quanto
il manoscritto, rimasto inedito sin al 1932, subì danni irreparabili). Poco
prima di scriverlo, Marx ed Engels avevano compiuto un viaggio in
Inghilterra, ove rimasero per circa un mese e mezzo studiando nelle
biblioteche di Manchester e Londra quella letteratura economica impossibile
a Bruxelles. Qui rafforzarono i legami con i cartisti di sinistra e con la
Lega dei Giusti, contribuendo alla nascita dell'organizzazione
internazionalista Fraternal Democrats.
Nella Premessa l'Ideologia tedesca denuncia l'incapacità della Sinistra
hegeliana ma più in generale di tutti i filosofi tedeschi, a ricercare il
nesso esistente tra la loro filosofia e la realtà tedesca, tra la loro
critica e il loro ambiente materiale. La nuova concezione materialistica
afferma invece che il primo presupposto di tutta la storia umana sono gli
individui umani viventi (che non possono essere ipostatizzati) e la prima
constatazione riguarda l'organizzazione fisica di questi individui fra di
loro e nel rapporto colla natura. L'analisi quindi deve partire dall'esame
delle caratteristiche dei loro mezzi di sussistenza (che una generazione
eredita da quella precedente) e dall'esame del modo come li utilizzano e li
trasformano. L'organizzazione sociale attorno a questi mezzi di sussistenza
determina l'uomo, inclusa la sua coscienza. E' l'uomo che produce delle
idee, l'uomo però che dipende da un determinato processo materiale di
produzione e riproduzione.
La coscienza quindi è sempre un riflesso della realtà, che è, a sua volta,
una relazione sociale in cui si trova coinvolta anche la natura, poiché
questa viene trasformata dall'uomo. Ciò significa che la morale, la
religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica non ha storia
propria, in quanto la loro storia è strettamente subordinata a quella degli
uomini. Non è la coscienza che determina la vita (o l'essere sociale) ma il
contrario. Quando la concezione che i filosofi hanno della realtà o della
storia, trascura questa base reale su cui sorgono le idee, essi si muovono
con una falsa coscienza (ideologica). Il termine "ideologia" viene quindi
usato da Marx ed Engels in due modi: 1) per indicare tutto ciò che non fa
parte della struttura materiale dell'esistenza (e che può modificare questa
struttura solo quando vi sono le condizioni materiali necessarie e solo
quando l'ideologia si socializza, diventando un fenomeno di massa); 2) per
indicare quelle specifiche concezioni di vita o filosofie che negano il
primato della struttura materiale e che credono di beneficiare di
un'assoluta indipendenza (queste ideologie tendono, anche contro le loro
intenzioni, a giustificare sempre la realtà in cui vengono formulate). Nella
produzione di Marx ed Engels i due usi del termine "ideologia" spesso si
confondono perché prima del materialismo storico nessuna filosofia aveva
assegnato all'economia la funzione di base o struttura del pensiero umano.
In sostanza, il materialismo storico sostiene che non possono essere le idee
a determinare il corso della storia, in quanto esse non sono che il riflesso
di oggettive relazioni sociali, indipendenti dalla soggettiva volontà dei
filosofi. La verità filosofica sta nel sapere adeguare il pensiero alle
esigenze della realtà (alle esigenze della prassi rivoluzionaria). Nel 1859
(vedi la Prefazione a Per la critica dell'economia politica) Marx chiamerà
col nome di "struttura" o "base reale" le relazioni socio-produttive, e darà
il nome di "sovrastruttura" a tutte le forme ideali della coscienza.
Il rapporto struttura/sovrastruttura non va inteso in senso meccanicistico,
poiché né Marx né Engels hanno mai negato un'azione di ritorno della
coscienza (che però dev'essere sociale, collettiva) sulla struttura (vedi ad
es. III Tesi su Feuerbach). Una generazione accoglie tutto della generazione
precedente, ma, a sua volta, trasformando quello che ha ricevuto, offre alla
generazione seguente condizioni di vita e forme di pensiero sensibilmente
mutati. In effetti, se la prima opera storica dell'uomo è la produzione di
mezzi atti a soddisfare bisogni elementari (mangiare, bere, abitare,
vestirsi...), nel secondo momento si verifica che i bisogni soddisfatti
portano a nuovi bisogni, pratici e intellettuali, che modificano di fatto,
anche a prescindere dalla volontà dell'uomo, l'esistenza e la coscienza
delle cose.
Col perfezionamento della produzione nasce la divisione del lavoro, che
implica la ripartizione ineguale (in qualità e quantità) del lavoro, dei
suoi prodotti e soprattutto della proprietà, nonché la contraddizione tra
interessi singoli e collettivi negli individui che hanno rapporti reciproci.
Ma la vera divisione del lavoro avviene quando il lavoro manuale si separa
da quello intellettuale. A partire da questo momento la coscienza si
estranea dal mondo e produce la "pura" teoria (teologia, filosofia,
morale...). Queste forme teoriche del pensiero entrano in contraddizione con
la realtà, perché determinati rapporti sociali sono già entrati in
contraddizione con le forze produttive esistenti. Una teoria può sempre
entrare in contraddizione con la realtà, ma se mancano i rapporti sociali
che la sostengono essa resterà lettera morta. Le forze produttive sono
quelle che spingono in avanti il processo vitale degli uomini; i rapporti
sociali devono adeguarsi a tali forze perché queste possano esprimersi al
meglio. Le rivoluzione scoppiano quando la mancata corrispondenza dei due
elementi raggiunge livelli insopportabili.
Nell'Ideologia tedesca Marx ed Engels si esprimono negativamente contro la
tradizionale divisione del lavoro, fondata sulla proprietà privata
(divisione che si manifesta persino nell'ambito della stessa classe
dominante, fra chi si limita a "pensare", elaborando idee apologetiche del
sistema o idee pseudo-rivoluzionarie, e chi invece "agisce" concretamente,
come gli imprenditori, gli affaristi, i commercianti...). Secondo loro,
nella futura società comunista nessuno avrà una sfera di attività esclusiva
(in qualche modo imposta) in cui esprimersi, ma avrà la possibilità di
perfezionarsi in qualsiasi campo, mentre la società, nel suo insieme,
regolerà la produzione generale. Marx concepisce l'uomo come un essere
polivalente e onnilaterale.
Nel testo continua anche la critica all'istituzione dello Stato e alla
natura del potere politico. Lo Stato è considerato estraneo non solo ai
bisogni del singolo individuo, ma anche a quelli dell'intera società civile.
Le lotte politiche nell'ambito dello Stato sono solo illusorie ed esse
comunque riflettono lotte di classe che avvengono nella società. Per
eliminare questo Stato occorre che le forme produttive si sviluppino
notevolmente: in tal modo la massa dell'umanità priva di proprietà si
renderà più facilmente conto "da che parte" sta lo Stato. Marx ed Engels
parlano di "massa dell'umanità" perché ritengono possibile una rivoluzione
comunista solo a livello mondiale, ovvero a livello dei paesi più
industrializzati del mondo. Lo sviluppo delle forze produttive, nell'ambito
del capitalismo, permette non solo l'aumento della povertà (e quindi la
rottura rivoluzionaria), ma anche la possibilità di creare una società
comunista nel benessere (altrimenti si generalizzerebbe soltanto la
miseria). Il comunismo quindi è la soppressione del mercato mondiale
capitalistico e la storia diventa "storia universale", quella storia in cui
non esistono nazioni che governano altre nazioni.
Infine, il proletariato non deve solo far esplodere la contraddizione tra
forze e rapporti produttivi, ma deve anche, allo stesso tempo, lottare
contro le idee della classe dominante, che in ogni epoca sono sempre le idee
dominanti della società, poiché la classe che dispone dei mezzi produttivi
materiali dispone anche dei mezzi produttivi intellettuali. All'interno
della classe dominante -dicono Marx ed Engels- possono prodursi, a causa del
regime concorrenziale, contrasti anche aspri, ma ogni ostilità cade da sé
quando la classe borghese, come tale, si sente minacciata dal proletariato.
Dall'analisi che l'Ideologia tedesca delinea appare evidente che tutti gli
elementi fondamentali della nuova concezione materialistica
(storico-dialettica) della storia sono ormai dati.
Mentre si trovavano a Bruxelles, Marx ed Engels cercarono di gettare le basi
per un'organizzazione internazionale che stabilisse legami coi cartisti
inglesi, con la dirigenza londinese della Lega dei Giusti (cui però Marx ed
Engels continuavano a negare la loro piena adesione a causa della sua natura
utopistica, settaria e cospirativa), con varie comunità parigine (ma in
questo caso senza particolare successo), con singoli gruppi comunisti
tedeschi di Colonia, in Westfalia, in Slesia, ecc. Di qui la fondazione a
Bruxelles nel '46 di un Comitato di corrispondenza comunista.
L'interesse teorico di Marx si concentrava sui problemi economici, anche a
motivo del fatto che i seguaci del socialismo utopistico di Saint-Simon,
Fourier e Owen continuavano a porsi negativamente nei confronti degli
scioperi, delle organizzazioni sindacali e delle lotte politiche (loro
preoccupazione principale era quella di fondare delle colonie comuniste in
Europa o negli Stati Uniti).
W. Weitling, comunista utopista tedesco, aveva riconosciuto l'esigenza della
rivoluzione, ma ne individuava la forza motrice nel sottoproletariato
(lumpenproletariato) non nella classe operaia. Inoltre, dopo la
pubblicazione di Garanzie dell'armonia e della libertà, Weitling era
scivolato verso posizioni egualitaristiche a sfondo mistico-religioso.
Quand'egli arrivò a Bruxelles nel '46 reduce da una lite con i capi
londinesi della Lega dei Giusti, Marx ed Engels cercarono di fargli superare
le sue errate convinzioni, ma il contrasto fu insanabile e la rottura
definitiva.
Già nell'Ideologia tedesca Marx ed Engels si erano misurati con le
concezioni utopistiche del "Vero socialismo" (K. Grün, H. Kriege, M. Hess
disapprovavano le critiche rivolte a Bauer, Stirner e Ruge), secondo cui in
luogo della lotta di classe operaia era meglio usare idee di fratellanza
universale e di conciliazione delle classi. Marx notava inoltre l'assurdità
di negare l'esigenza di partecipare al movimento democratico europeo sulla
base della convinzione che la nazione tedesca e il piccolo-borghese tedesco
avrebbero raggiunto livelli superiori a quelli di ogni altra nazione.
Kriege, redattore del giornale Volks-Tribun di New York, si serviva del
giornale per screditare in America il movimento comunista tedesco, Grün
propagandava il "Vero socialismo" nella comunità parigina della Lega dei
Giusti, mescolando le sue concezioni con quelle del riformatore francese
piccolo-borghese P.J. Proudhon. Il Comitato di Bruxelles inviò Engels a
Parigi nel '46 per sconfessare l'operato di Grün. Il tentativo riuscì, ma il
nuovo astro nascente del socialismo utopico era diventato Proudhon.
Già nel '40, col libro Che cos'è la proprietà? (La proprietà è un furto),
Proudhon aveva destato l'interesse del movimento proletario, e Marx nel '44
lo volle conoscere di persona. Nel '46 Proudhon delineò i suoi principi
fondamentali nel libro Sistema delle contraddizioni economiche o Filosofia
della miseria. In quello stesso anno Marx l'aveva invitato a collaborare al
Comitato di corrispondenza: ne ricevette un rifiuto sulla base dell'idea che
una trasformazione rivoluzionaria della società sarebbe accaduta da sola,
mediante singole riforme progressive.
Con la pubblicazione del '47 di Miseria della filosofia Marx rompe
definitivamente con Proudhon. Egli parte dai risultati classici
dell'economia politica borghese (Smith e Ricardo in particolare),
accogliendo in sostanza la loro teoria del valore-lavoro, secondo cui il
lavoro è fonte del valore e la misura del lavoro è il tempo, cioè il valore
relativo dei prodotti è determinato dal tempo necessario per produrli,
mentre il prezzo è l'espressione monetaria del valore relativo di un
prodotto. In seguito Marx comprenderà che il capitalista non compra il
lavoro bensì la "forza-lavoro", dando ad essa solo quanto è necessario per
riprodursi. Smith e Ricardo erano convinti di aver espresso, con la loro
teoria del valore, la legge naturale ed eterna di una società corrispondente
alla natura umana e non consideravano il capitalismo come un fenomeno
storico transitorio.
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