Testo provvisorio - Revisione in atto a cura di Nino Gernone – Mino Errico
IL MANOSCRITTO:
Le rovine del Brigantaggio
dell'anno 1860, nelle province
meridionale del Regno d'Italia,
Scritto dal Capo Banda, CARMINE
DONATELLO CROCCO, recluso
nel Bagno penale di S. Stefano.
Signori nell'anno 1867 fui catturato
dalla pulizia francese nella Città di
Marsifia, mentre io fornito di passaporto
dello stato ponteficio,
transitava alla volta d'Algeri Città
dell'Africa Colonia Francese. Nel
medesimo anno dopo molte dispute
di gabbinetti, fui da Marsilia trasferito
a Roma, qui acchiuse in orride
prigione, vi restai sepolto fine al 15
Settembre 1870. Nella quale epica, il
Regno d'Italia Sotto il vissillo di Suo
Maesta Vittorio Emmanuele, Compi
la grand'opra dell'unione di Roma,
dibellante l'ultimo avanze di quella
nefanta reazione. Il ditronizzato
governo di Sua Santità pio nono mi
sepellì nella torra della rocca di
paliono, dove fui liberato da prossima
morte, dai prodi e magnanimi figli
della civiltà moderna, ai quali
conservo finche vivo, eterna
riconoscenza. Nell'anno 1871 da
paliono fui trasferito nella Citta
d'Avellino, poi alla Citta di potenza,
quivi nell'anno 1872 il dì 15 del mese
d'Agosto comparii avante alla Corte
d'assia, da cui, per gravità e quantità
dei delitti commessi per cieca
reazioni, che io senza sapere cosa mi
facessi, capitanai rabbiosamente, per
4 anni consicutivo. Il giorno 12 Settembre
dello stesso 1872, posto fine
alla causa mi trovai reo di 75
uomicidi, e di un Milione, e due
centomile Lire di guasti, fra
divastazione ingendii ed altri fatti che
fanno rabrividire non solo l'onestà,
ma pure i malfattorì...
Al mondo tutto, Sarà l'unica causa
fatta così enorma, e pure l'unica
causa fatta così enorma, e pure
l'unica che il delinguente vivo ancora
Signori lo confesso da me, ma debbo
pure dirvi che senza di me alla testa
di una formidabile Banta di due mile e
due centi uomini tutti istruito all'arma
meglio dei soldati, dedidi alla ferocia
dei meridionali, la storia conterebbe
fatti sconosciuto ai più barbari della
Terra. L'odia della plebba del Regno
delle due Sicilie, Sotto alla
dominazione borbonica, era terribile
contro gli oppressori e degli traditori della patria, quindi le vendette
private, spinse la cecità alla vendetta.
La Signoria da prima tutti oppressori,
poi divisi in due, L'una liberale, L'altra
realista, questi, conoscendo il male
che loro cadeva sopro, volendo
tendari l'ultimo colpo di vendetto
aizzava la misera plebba, la quale
con faciltà si precipita nelle voragine,
terribile sono le sue prime mosse, ma
codarda nel sostenere il fine, ed è
questa la maldizione avverato sopra
la discendenza di Cani. (7 tuoi figli
saranno servi dei servi) Guai ai prepotenti
se L'uomo conoscesse che la
forza sta nelle sue mani, guai agli
oppressori se l'uomo conoscesse i
suoi derittí e suoi doveri. Nel 1860 il
15 Agosto nella mia provincía Al
grido di Viva Vittorio Emmanuele,
Viva Garibaldi, Viva L'Italia, Viva
L'unita, Viva la fratellanza, chi puole
scrivere la gioia di quel popolo
nessuno, come nessuno puole
credere che dopo pochi mesi questo
popolo festevolo, si doveva trucidare
a vìcenta, e perche? Basta una sola
parola, L'invidia e le turpitudine di
pochi uomini che si facevano
chiamare Signori, erano Signori, sono
Signori, e saranno sempre Signori,
imperocche la cecità del governo il
quale faceva passare per le armi le
Locertele, e metteva nel suo seno i
Serpenti velenosi i quali avuto il pieno
loro indente finivano di sterminare le
Serpungole, uno dei quali sono io.
Molte volte sono stato pregato da
persone assennato, affinche scrivessi
la mia Storia, ed io che sempre
desiderava d'esporre la volontà
dell'animo mio, con quella lealtà
proveniente da singere pentimente
del male che ho recato ai miei simili,
e volendo fare sapere alle future
generazione, che io non fui crudele, ne barbaro, poiche L'Italia
generalmente parlando non ebbi, non
ha e non avrà mai uomini barbari, o
crudele, ma questa nobilissima patria
ebbi sempre dei vile traditori, pei
quali ha sofferto molte dominazione,
ma ebbi sempre uomini eroici che dal
nullo seppero disputare palmi a palmi
la propria terra, ed è l'unica sul
globbe che novere sulla storia il vespere
di Sicilia, e la rivuluzione di
Masaniello è tanti fatti che a me non
vanno necessitati scrivergli Giova
sapere però, che un popolo che si fa
trucidare per il suo sovrano, se non
merita lode, è sempre degno di
commiserazione. Mi trovo schiavo,
sotto il peso della catena, oppresso
della miseria, derelitto dagli obbrobrii,
Vecchio ed infermi, non istruiti, e pure
se potessi parlare, a mio bellaggio,
resterei ai posteri un'istoria, che
gioverebbe ai figli della meseria, se
non tutto almeno in parte, onde
essere cauti. Nelle calamita dei
tempi, accorrere pressi gli fautori per
poi avere forca e catene...
Imperocche chi è nato povere stia
pure nella sua povertà, e vedrete che
sarai felice più del ricco, chi governo
lascia che faccia come gli pare, fa
che l'uomo sia onesto e vedrai che il
Giudice ha paura di te, non di Lui; In
tutto questo scritto parlerò per voi
misiri figli della miseria. Sappiate che
per noi nessuno scrittore sprega
inchiostro e carta, i nostri malanni, la
nostra miseria, gli abusi, l'ingiustizia,
che ci fanno, nessuno la scrive,
mentre poi sono chiamati sommo
scrittori, quelli che ci dispreggiano
chiamandoci plebaglia, Miserabile,
vermi, ed altri dispreggi che ci fanni
comparire tanti schifosi animale,
portano poi all'infenito le drute, le ruffiane,
i traditori, ed altri che non torno
dirgli, non pensate a questi lasciateli chiachierare, essi hanno le loro
spine, la poca felicità sta nella onesta
ed è questo quello che io mi dedica
farvi sapere, onde non cadere nella
trapola dove sono io ed altri per colpa
di scellerati ed infami uomini...
La Capanna del zio Coppa - La
chiesa della Madonna di Pierno - Il
popolo di S. Fele - La figlia dello
zio Coppa- Il bello fanciullo.
All'oriente della Montagna di S.
Croce, all'ombra di una grande
massa di Granito calcareo d'enorma
altezza e derupatorio, in sito scelto a
pie di questa montagna sta fabbricate
una bella chiesuola dedicata alla
Madonna ell'assunta, la quale
cumunamente viene detto - La
madonna di Pierno. Ogni anno il 15
Agosto dal clero di Sanfele, si
festeggiava una cosi detta
perdonanza accorrente anche da
lontano paesi molto popolo divote,
onde diporrere ai piedi della Vergina i
loro voti, uno ai proprii peccati. La
festa durava fine allottava, molti
mercanduzzi v'accorreva colle sue
baggatelle, che poi e divoti e mercandi,
ciascuni tornava suddisfatto
alla propria patria, non mi delunga più
sopro a tal particolare poiche in Italia
quaso in tutto le provinge si trova una
simila pordonanza campestra. Giova
sapere che il Luogo dove è situato la
chiesa di cui si parla è un sito ameno
ed ha per delizie rupe spaventevele,
boschi di faggi, ed un boschetto di
castagni con due sorgente d'acqua
chiara e gelata, durante la festa e
permesso fare le legna nel bosco
onde fare il fuoco la notte, giacche sebbene d'agosto il fredo è potente la
notta, bene contemplate bene una di
quelle notte fra una quantità di fuochi,
ed una massa di popolo accuvacchiate
fra quei derupi, certemente
chi possiede il dono della scenza,
trova pascola alla sua filantropica
fantasia. Correva L'anno 1842
quando per pura compinazione mi
trovava mischiate in quella
perdonanza, io non era, come non
sono filosofo, ma pure, sebbene di
poca età contemplai con meraviglia
quella di massa di popolo, di si
svariate, tipe, costume, dialetto,
vestire, costume, e bellezza.
Imperocche, colà v'erano della
provincia di Salerno, d'Avellino, di
Foggio, di bari, di Basilicata, e della
stessa Napoli, vi era il ventitore di
Santi e madonnelle nei loro
scaravatti, come sapete, non
mancava il ladro covaborse, ne la
mala femina, ma il severo Marasciallo
di Gendarmeria con una mezza
dozzina di Gentarmi, unito ad un
drappello di Guardia urbano,
manteneva in rispetto l'un'e l'altro. La
chiesa, bella parata, il clero tutto
affaccendato, i confessionile tutti
affollati, appena terminava una donna
ecco si presentava l'altra, chi
piangeva a pie dell'altara cercando
Grazia alla Madonna, chi per il figlio
zoppo, chi per lo sposo ammalato,
chi per il padre ciechi, chi offriva
Gambe, braccia, mammelle, di cera,
trecce di capelli, ed altri doni che la
Madonna tutto accettava. lo non
aveva mai veduto una facenda cosi
brillante, giacche la mia scellerata
stella, fine dall'età di solo sei anni
gettato m'aveva nei boschi a
pasturare, bestie ed era divenuto
bestiuola anche io, quandunque
sapeva Leggere, e scrivere, ne più e ne meno di quando ne so adesso che
sono d'anni sessanta...
Ma pure non mi sfuggiva nullo,
dagli miei occhi, come nulla mi
sfugge dalla mia vecchia memoria.
Qualcuno mi dirà, ma che cosa
volete darci ad indentere con queste
fantonie di feste voti perdonanze, elle
sono cose che noi sappiamo, ed
esistano, ancora poicche appartengono
alla nostra religiona, scrivetici
altri fatti ... ? Benone avete ragione,
ma io però vi prego d'avere pazienza,
e lasciarmi rovestare bene nella folla
perche debbo fare le prime
conoscenze con una ottantina di
compagni, coi quali dobbiamo a
meglior tempo fare qualche cosa
poca gradita alla societa, ma
necessaria e deve andare cosi e non
altrimente.
Ascolta fino dalla mattina io
giravagai nella folla guardante or qua
or là, ma terminate la processione,
finito i sparatorii, entrato la madonna
nella chiesa, suonò mezzo giorno
tutto il popolo a gruppo a gruppo, si
posere a mangiare ed a bevere tanta
grazia di Dio. lo povaretto, forestiero,
senza conoscenza, restai solo e
vergognosi, ed il peggio si era che
non aveva dove nascondermi, ondo
non dare soggezione, molti mi
guardavano, ma nessuno mi diceva o
la, volendomi sottrarre prese la via
del bosco e taccheggiava, quando
una Legiadra Giovanetta dai 14 anni,
menando a mano un fanciullo bello
come quelli che ipinsi Raffaele, Maria
felice cosi si chiama la giovanetta su
riferita, mi si piantò dinanzi ed
imperativamente mi dice, sono due
ore che io vado incerca di te, vieno
meco alla mia Capanna, perche mio padre vi cerca. Restai pietrificate ad
una si strana dimanda, guardai la
giovanetta dalla punta dei suoi
scarpini, fine alla cima dei suoi capelli,
guardai il fanciullo stupefatto
senza dire verbo, Ma la giovanetta
incomingiò a tempestarmi di
preghiere e di rimprovere, ed io non
mi risolveva a rispondere, finalmente
mi risolvetti e gli dissi, Giovinetta voi
sbagliata io non conosco chi ella
sia... Ed io conosco chi siete voi ciò
basta, è dovete venire meco, poicche
lo desidere mio padre, non che tutto
di mia famiglia... bbene verrò senza
temo, ma mi dovete dire sel sapete
chi sono io... Voi siete il figlio di
Francesco Donatello Crocco di
Rionero, Compare di mio padre,
perche battezzò me, è questo figlio
della Madonna lo vedete come è
carino vè vè... Si che lo veggo, ed è
bellino assai, ma scherzate... La
madonna non puole avere altri figli
fuorche G. Cristo... Sù andiamo non
perdiamo tempo, riguardo poi alla
vostra dimanda, vi sarà spiegata
dopo perche io non conosco altro che
il fanciullo e figlio alla Madonna, così
dice mio padre, cosi dicono tutto, cosi
dico anche io... t cosi dirò anche io
andiamo, è dato la mano al fanciullo
prendemmo la via della Capanna
dello zio Coppa, la quale distava
dalla chiesa un mezzo chilometro,
passando per dentro il falto bosco di
castagni chi era proprieta della
Madonna, dalla cui rendita viveva il
Sacrestano, all'ombra dei quali casta
gni, vi erano una massa di popolo
che spolpava un altra massa di
creature di Dio, cotte a rifredi, vale a
dire. Tacchini, gallucci, Capponi,
piccioni, Castrati, Agnelli, e chi sa
quant'altri cosarelle, che le belle
mamme sanno preparare, quando si
tratta di gire ad una festa lontano. Guardate di qua, e di là giungemmo
alla Capanna, quivi trovai oltre di
cinquanta persone di varii paesi
poicche il zio Tonio Coppa aveva
degli amici da per tutto, perciò vi era
una famiglia baresa, una foggiono,
due della provincia d'Avellino, ed
altra della rovincia di Salerno.
Chiama Capanna la masseria dello
zio Coppa, per non assendarla dalle
altre; Imperocche il popolo di Sanfele,
come il pppolo d'Avigliano, i quali
abbitanti montanari d'una falda degli
appennini, alla porta orientale, usano
che il condadino dove ha la terra da
coltivare, là si costruisce la sua
Capanna, ed ivi si situava colla sua
famigliuola, le sue bestiuole, ed il suo
campocello, ed io non posso dirvi
quanta migliaja di capanne vi erano,
so per certo, che v'erano unione di
capanne, che acchiudeva
novecent'anime, ed è impossibile
trovere altro popolo che viveva felice
come Sanfele ed Avigliano. I
Sanfelesi alquanto più rozzi degli
Aviglienesi ma laboriosi, fatigatori,
fornito d'ottimo coraggio, senza Ladri,
e di rade fra essi accadeva qualche
assasinio, guardandosi a vicente ed
amandosi scampievolmente...
Viciverso gli Aviglianesi loro
confinante di tenemente sono oppure
erano meno rozzo, non aveva ladri,
ma si scannavano a vicente come
cani rabbiosi. I due paesi contava giù
per sù un 25 Mila anime, fra i quali
era conosciuto, fama, miseria, e
paura. Io conobbe da fangiullo questi
due popoli, stante nei due tenimente
una parta dell'anno a pasturare ora le
pecore, ora le cavalle, ed ora le
vacche, e quandunque il mio paeso
ch'è Rionero in Vulture, non distano
che 12 mialia da Avigliano, e nove da
Sanfele, avendo continuo commercio
i tre popoli cui sono affratellati, ed imparentite da scampievole
matrimonii, ed essendo stato
molt'anni bandito, è con comettive
risentite pure tuttavia non ci praticai
mai fra essi. Nell'anno 1853 mi trovai
fra quei monti con sei compagni,
senza recargli alcune moleste, ma
essi lo seppero, si unirono e mi
dettero la caccia e sebbene mi era
nascoste in orride rupe boscose,
pure mi trovarano, furtuna per me
che era verso sera, venemmo alle
mani, e ci dettero tanta fucilate chè
mai più, fatto notta tornai nelle puglie,
e nel passare la vulture, giurai di mai
passare più in quei luoghi mantenno
ed ottenno il mio giuramente, sicche
da me non ebbero nè male nè bene,
gli ebbi sempre in stima, poicche,
quel popolo chi non fa rispettare il
suo tenemente, sono sempre uomini
dappoca...
Intanto torniamo alla Capanna dello
zio Coppa, Io, Maria felice, ed
fanciullo arrivammo alla masseria,
quivi fui presentato allo zio Tonio, il
quale con aria patriarcale mi fece
sedere vicino a se ch'era in testa alla
mezza o mensa, e se credete
sontuosa, poicche il Coppa era un'agiato
pastore e contadino, da prima
mi obbligò a mangiare, poi
Dolcemente mi rimprovirò il come
essere venuto alla festa, e non
essere ite a trovare il compare e
vecchio amico di tuo padre... A cui
rispose, e chi mai vi ha conosciuto
gnor zio gli rispose... Come è
possibile che compare Francesco
vostro padre non v'abbia marlate mai
di me... Ma vossignoria non sa che
sono quaso quatt'anni che non veggo
mio padre - Come mai? - eppure è
propria cosi gnor zio, dacche gli
accadde quella disgrazia, s'è rintanato nei boschi dell'agopesila da
cui non esce neanche selle spara a
palla infuocate, sono corioso sapere
come avete fatto vostra signoria a
conoscermi. - sono stato io, sono
stato io che vi ha fatto la spia ed ho
incaricato la commarella filicetta
affinche vi portasse qui, salto a dire
un'uomo grossotto che divorava un
bel tocco dicastrate il quale era un
mercando di cerreali mio paesano di
paeso ed un poco parente, il quale io
non aveva mai veduto ne conosciuto
- Accui risposo è perche voi giacche
vi dite paesano e parente, perche
non sei venuto da me onde farmi
paleso quanto ora mi è manifestato -
Che volete io ho tanti affare... con
degli amici... - avete torto, avete torto
Compare Vincenzo, risposero il
compare la commara e figli di loro, -
E siccome io esitava di mangiare, sia
per sorpresa, sia per vergogna, sia
per dispetto dell'ingrata sorte, il
buono compare la prudenta
commara, i suoi figli, e specialmente
felicetta si sforzavano a farmi convinto.
Giovannino (cosi si chiamava il
figlio della madonna) Giovannino
vispo come una donala, mi saltava
sulle ginocchie, mi offriva or questa
or quell'altra cosa finalmente dovetti
addatarmi onde fare onore alla tavola
bandita all'ombra di un'annosa
pergola...
Terminate di pransare gli amici
prendente comiate un dopo l'altro
prendente ciascuno la sua via onde
tornare alle proprie patrie, come fece
pure il mio infamo parente che
sebbene ottuagenario vive tuttora a
mio dispetto che sia maldetto uno alla
sua infama famiglia ricca col danaro
da me rubbato ad un prete riccone...
Come fecere gli amici cosi feci
ancora io dopo avere baciato la mano al compare e la commara coppa
baciandoci uno dopo l'altro coi figli e
figlie, dante una dozzina di bacio a
Giovannino il figlio alla Madonna,
promettendo di tornare fra essi
quando prima, e fra gli arrivederci me
ne partii per i vicini monti per accutire
alla costodia delle vacche coi miei
compagni ch'erano colà rimasti, i
quali non ebbero necessità di
ricorrere alla madonna, come l'ebbe
io. Mi conviene significare qual fii la
mia necessità di ire a quella festa.
Ecco come, nel mese di giugno di
quel medesime anno essendosi
smarrito una vacca, fui necessitato
alla ricerca, dopo camminate per
valle e monti una intiera giornata
senza rinvenirla, trovandomi
affamato, ed arrivate ad una vigna
colla speranza di trovare il padrone,
tirai ver un paglioso ch'era nel mezzo
di detta vigna, ma oime non trovai
nessuno. Chiamai, ma nessuno
rispose, aprii il pagliaio e trovai già
appolaiato una dozzina di galline, e
senza dare tempo al tempo, diete un
colpe di bastone, e giù due galline
per terra, li prese e via di tutta fretta,
dopo un'ora di cammino essendomi
bene innoltrato nel bosco, acceso il
fuoco spennate la prima gallina,
l'infilzai ad uno spito di legna e metà
cotta la divorai, l'altra la feci più
comodamente, mangiandola col
megliore gusto della prima, mi
distantai non molto dal fuoco e mi
straiaio per terra e dormi tutta Notta,
sul fare del giorno principiaio la
ricerca, finalmente sul mezzo giorno
trovai la vacca, la quale dormiva
ruminando io in campocello di pesielli
avendone mietuto la metà, m'affrettai
a cacciarla per tema di pagare il
danno fatto, e con essa feci ritorno
all'ovile, ecco due ladri per la pancia.
Mi restava il rimorso della propria coscienza per le galline, cosi venuto
la festa dove si perdonava ogni
peccato, chiesi ed ottenno il
permesso di Gire a confessarmi,
difatto era giunto prima di fare giorno
appena i preti principiarono a
confessare mi gettai ai piedi d'un
buone vecchio sacerdote, il quale
dopo tanti avertimente paterno, si
ricevetti 25 soldi per il scotto delle
galline, mi detto l'assuluzione, presi
la cumunione e detto pace al mio
cuore giovanile, ritornando a timore di
Dio. ed al rispetto della roba altrui.
Chi mai poi pensava ch'io doveva
cadere nell'inferno carico di tanta
nefantezza, ed è altro amici miei che
inferno la Galera in vita, dopo avere
scampate la morte sulla furca per
divino meracolo, che cosa era poi la
rilegione, il timore dell'inferno, la
religione era ed è la salvatrice di ogni
male, è la benefattrice del genere
umani...
Lasciate chi ebbi la capanna del
Compare Coppa, due ora dopo
arrivai alla valla del tasso dove noi
avevamo costruite una capanna di
fascine, quivi dormivamo la notta
trovai che gli miei tra compagni,
uomini di famiglia, preparate avevano
il pranso, avendo cotto un Lepre che
caduto era nella trapola, dividemmo
la carne e ciascuno mangiava la sua
io mi era attrippate bene, bevuto
meglio aveva portate una borraccia
pieno di vino, cui posi a disposizione
loro, e mentre dessi mangiavano io
raccontava quando veduto aveva in
quella giornata, di nulla essi restavano
meravigliate, poicche, ne
aveano veduto molte, ma quando
parlai del figlio della madonna, che si
chiamava giovannino, che camminava, che io dato gli aveva la
mano, scoppiarono a ridere, e dalla
risa alle beffe fu la stessa cosa, e
siccome io era stizzoso, la sera fu
gaia e dilettevela, finalmente dopo
avermi pelate bene bene, il più
vecchio disse basta mo non più, è
rivolte a me mi disse, sapete figliuol
mio chi sono i figli della Madonna -No
zio Michele vel giuro... - Ebbene i figli
della Madonna sono i mulacchi, vale
a dire figli alle donne infame...
Veremente delle male donne ho
inteso parlare, ma dei mulacchi mai,
per altro vi posso dire che il fanciullo
da me veduto è bello più di
un'Angelo, lo battezzo mio padre, è
sta alla Capanna di Certo Tonio
Coppa il quale, dice essere cunipare
di mio padre, avendomi fatto molta
buona accoglienza, ho promesso di
tornare colà perciò quando tocca la
mia quindicina, ritornerò da lui onde
scoprire s'è possibile sapere qualche
cosa di quel fanciullo per il quale
vado pazzo della sua bellezza... hem
corpo di bacca, se porterai unaltra
borraccia di vino come questa che
hai portata questa sera, va pure
dimana, farò io per te il servizio tuo...
si compare, ma potrebbe piombare il
massaro... huni rispose l'altro se
vieno il massaro troveremo una
scusa qualunque, si tratta di giornate
non d'anno, diavolo è poi...
No caro zio Vito, domano non mi
conviene perche troverei ancora il
residuo della Festa, lasciamo
passare una settimana, cosi troverò
che il compare s'è calmato dallo
stordimente della festa ed avrò
megliore soddisfazione, riguardo poi
alla borraccia del vino non dubitare
che ne porterò di più, se poi volete
mangiare funghi per due giorni: con il latto farò un poco di scamozze cui
farne un presente, mentre voi sapete
che andare dagli amici colle mani
vuote, è lo stesso di tornare colle
mani nelle seccocie del resto sarà
mia la premura di ricompensarvi...
Ebbene faremo cosi, per tre giorni
sara tuo il latto lo quaglieremo,
faremo quindici paia di scamazze,
con la ricotta fare un poco di manteca
cosi apparecchieremo un reale
principesco restaimo cosi. sì sì ad
una vocia...
E’ col fatto i miei compagni entra tre
giorni raccolsero il latto spettando alla
nostra cena e fecero quei bei lavori di
pasta di caciocavallo, che sono
conosciuto da tutt'i meridionali vale a
dire, scamozzelle, cavallucci, pupe,
cervette, uccelle, trecce, e
mantechelle. appaiate, fra il peso di 5
chile di formaggio caciocavallo avrete
un brillante regalucci, cosi arrivate la
giornata prefisse, di buono mattino
calai a terra, e dopo due ora di
sempre calare giu giunse dal
compare zio Coppa, fui ricevuto
cortesamente ma restò mortificato del
reale da me portate, ma poi saputo il
come si tranquillizò, dicento va bene,
e sul momente stesso chiamo un suo
garzone, fece bardare una mula, ed
agiunte altra robba a quella da me
portata, con due pingue tacchini, e
fatto posto due righi di lettere, fece
partire il garzone alla volta di potenzo
diresse il reale all'avvocato
Santaniello, il quale portava una sua
causa per lite, sur un picolo fonte
malamente impotegate. I miei primi
pensieri furno sul fangiullo e la
commarella felicetta, questa colla
calza nelle mani faceva giocare i ferri
a tutta velocita, Giovannino
baloccava con uno cavalluccio che gli aveva dato da parte, la commara
dava sesto alla partenza del reale da
spedirsi, mentre i figliuoli picoli e
grandi partivano chi colle pecore, chi
colle capre, e chi coi bovi, restammo
solo il compare, la commara, filicetta
il fanciullo ed io. dopo avere fatto
colazione uscimmo unito col compare
entrammo nella vigna chi era vicino
alla masseria, e ci ponemmo a
sedere sotto ad un grossissimo
castagno la cui frescuva rendeva
suavo il nostro lungo dialogo che
durò piu ora.
Noi non facemmo uso di sedie nè
tavolini, ma due sassi sopro dei quali
ci ponemmo assedere, ed alla mia dimanda
fatta di sapere come il
compare Coppa aveva fatto amicizia
con mio padre, e come Giovannino si
trovava da lui, e il perche mio padre
aveva premura di quel fanciullo, il
dabbene uomo mi rispose calmo e
sereno...
La nefanda Storia del Capo
Banda Giovanni Esposito alias
Coppa ScTitta da CARMINE
CROcco DONATELLO, recluso nel
Bagno di S. Stefano in secola
secoloro a men...
Secondo mio padre, quanto sta alla
mia conoscenza, Secondo mi disse
lui Giovanni Coppa, Chiamerò
sempre cosi poiche voi già sapete,
come Antonio Coppa fu il suo padre
di Latto il quale L'allevo come proprio
figlio...
Mio padre mi ha detto. Dalla mia
infanzia conobbi un certo Vito Milono, il quale era fattore di campagna, del
Barone z. Il detto Vito Milono, m'amò
sempre e nella mia sciagura mi
soccorso sempre, che se oggi godo
la stima, e la feducia del mio
eccellente padrone lo debbo a lui,
solo a lui... Laonde io debbitore della
sua cortesia, fidate suo a tutta pruova
mi successo quanto vado a manefestarvi.
Come sapete che in
Montemilono, si fa quella Gran fiera il
giorno di S. Lucia. cioè il 13
Decembre ogni anni - Benissimo -
Ebbene nell'anno 1838 io scortai alla
fiera i suini del padrone mio. Colà
trovai Vito Milone, il quale mi chiamò
in segreto e mi disse. Francesco, io
debbo confidarvi un segreto di
somma importanza, sei tu nel caso di
farmi un faore, e promettermi di
palesare ad anima vivente il mio
affidatevi segrete... - Che volete il
sanque - Ba coglioneria... un segrete
che merita fedeltà, e delligenza,
come pure, anima e coscienza... Ed
avete scelto me per tanta gelosa
facenda, delligenza non manca
perche voi lo sapete, fedelta nemeno
perche ve nè ho date pruova mille
volte, forse qualche volta siete
rimaste deluso della mia Fedeltà, tutti
i furti da te Fatto al Barone, ed
affidate a me, non sono stato sempre
con esattezza consegnata alla tua
moglie, con cui avete fabricata il tuo
palazzotto. Forse ho detto mai
qualche parola... vi ho denunziate
qualche volta all'amministratore...
Ora mi dite, Anima e coscienza, che
diavelo mi dovete confidare un furto
grosso da portare alla vostra casa, dà
quà che io sono prondo a qualunque
tuo comando fuorche al male fare... -
Si tratta tutt'altro, ma tu chiama furto
quello che si tratta di portare alla
famiglia qualche cosella che non Si
trova nei nostri paesi e che servono per comodita della famiglia, come
sarebbe un poco di lana, un pò di
formaggio, un paio di bovi, olio,
amandorle, grano, orzo, fave, miele,
cera, e che so io, piccole cosarelle
che non valgano la minora
sciocchezza dico bene... - Ma si, che
cosa sono tre o quattro cantare di
lano, nulla, cosi pure le amandorle,
per esempio 5 cantare di lana a scudi
cinquanta il cantare fanno 250 scudi
cosa di nullo alla casa di un gran
signore, una dozzina di cantare di
amandorle sgusciate, venderle a
scudi 30 il cantare che sono la
miserabile somma di scudi 360 cosi
facendo dall'A. alla z. alla fine dell'anno
sì trovano quattruova nel
paniere e si è sempre onorato
quell'uomo che puole fare da fattore
in quelle sfondate fattorie... - Ma tu
però facevi da monotengolo - Certi
guai, era giovanotto faceva il
Vuttorino alla masseria, era
comandate ubidiva e cheto voleto
che facesse il delatore... - Mai meglio
la morte... - Cosi va bene, e poi mi
dava pure a me qualche cosa da
rosicare, quando poi prendei moglie,
lasciai di servire padroni feci da me, e
fu la mia rovina, se non lasciava di
servire non mi sarebbe accaduto
quella sciagura. - Ma via non
allongarla tanto raccondami che fu il
segreto di Vito Milono di cui ho
premura sapere con desia - Eccomi.
Conchiudemmo che io era prondo di
ubbidire a lui, ma senza sapere a che
cosa, restammo d'accordo che
m'avrebbe chiamato lui a megliore
tempo, e difatto nel mese di febbrai,
l'anno nuovo 1839. Arrivo da me un
giovanetto, portandomi un magnifico
cavallo od una letterina di fattore Vito
che diceva Dresso a poco cosi. Caro
Francesco l'ora e giunte di farmi quel
faore, perciò mondate sul cavallo e giovanotto ha avuto l'ordine che deve
fare, ma se vi bisogna, resto a tua
disposizione finche ritorno tu quindi
se ne verrà col medesimo cavallo. lo
non feci altro, posi al mio posto il
giovinetto e saltai in sella camminai
tutta notta e il mattino era a
pantanella quivi trovai lui, ci
abbracciammo e facemmo colazione,
dopo uscimmo alla campagna
lontano dalla fattoria, e discorrendo
mi disse così... - Francesco, voi
dovete fare il sequente servizio e
sarete ricompensato benone - sarebbe
di presto Vito non farmi più
lambeccare il cerivello ... - Ma è cosa
santa matto non pensate a cosa
cattivo ... questa notta verrai meco, vi
sarà consegnato un fanciullo, tu lo
porterai in Basilicata l'esporrai dove
credete meglio, vedrete chi lo piglia,
egli sarà consegnato alla cumuna voi
vi fingete intefferente, ma dopo
parlerai al trovatore, gli farai sapere
che se alleva bene il fanciullo farà la
sua furtuna, e cosi sarà pure per te
capite... - Come diavelo v'è venuto
nel cranio fattore Vito di delegare
proprio a me di cotesta facenta, io
sono un povero santo carico di
madonne, chi sa fare cotesti pasticci,
sono cose di ruffiane attrottato, non
cose nostro, se mia moglie non fosse
stata pazza poteva crescerlo lei cel
porterei direi averlo trovato, sarebbe
rimediarla ma cosi mi veggo tutto
impicciate, ma perche giusto a me
fattore Vito... - e dove volete ch'io
avessi trovate un'altro uomo più
fidate di te, che sappia scrivere
quattro scarabocchi come li sapeti
fare voi, se poi mi dite il perchè devi
uscirre il fanciullo dalla provincia di
foggio è per allontanarlo da qui per
fare sparire ogni ombra di sospetto,
per il quale potrebbero succedere chi sa quante cose brutto - Dove diasche
e partorita questa donna in qualche
caverna, come si fa per nascondere
una femmina grosso gravide - hum
che sproposito, sono deserti i palazzi
dei ricchi, quel ch'è certo che finora
nessuno lo sa forse la madre ed il
medico, come pure una fidata
vecchiarella di serva. dunque alle
corte che dice volete o riò tentare la
vostra furtuna. credami sarai
condente se ci mette la tua capacità -
Che, credete allevare uno vitello un
capretto, dicendomi mettere la mia
capacità, bisogna trovare una buona
nutriccia, come si fa per averla, Basta
cercherò il meglio che potrò dove sta
il fanciullo - questa sere andremo a
prenderlo, voi darete la parola di non
confidare ad anima vivente, il mio
nome, giacche da chi lo ricevete non
sapreti chi essi soso. - ed io non
voglio sapere nulla, se la legge mi
obbligasse diro, Cammine facendo
ho trovate questa creatura il raccolse
come sta cosi consegna nelle mani
dello uomo di legge pensateci voi,
per farlo allevare, cosi ciancevano
con il fattore Vito senza sapere che
v'erano ordine da ricevere e pericoli
di essere uccisi in caso di froda e di
mancanze dì negligenza... Difatto sul
cadere della giornata, Vito ed io
mondammo in sella e di galoppa
prendemmo la via della masseria
detto perillo a te noto - Benissimo -
Quivi giungemmo a due ora di notta
vi era il segno di convensione, un
sordillino ed un'uomo ci detto la
buona sere, smondammo da cavallo,
endrammo nel cortile tutto era bui e
tetro silenzio, Vito disse all'uomo governa
i cavalli hai capite - sisignore -
Lui ed io salimmo la scalinata e
fummo nella Galleria dove due
signori stavano assedere all'ombra di
due Lumi d'allabastro appannato - Vito salutato confedenzialmente i due
signori, poi disse Eccelenza Eccomi
l'uomo di cui potete fidare sulla mia
responsabilità. - bene, bravissimo, il
suo volto mi dà feducia risposo il più
giovano. Come vi chiamate
Francesco Crocco Donatello. Nativo
di Rionero in vulture provingia di
Basilicato circondario di Melfi. per
servire le loro signorie III.w..a. -
Sapete Leggere e Scrivere - Si ma
poca lo sa - Vediamo Scrivete qui,
nome Cognomi, e patria. - E mi
dettero un foglio di carta Imperiala,
bianca. io Scrivetti Cosi, lo Francisco
Crocco Donatello di condizione
pastore e contadino, nato e
domiciliate in Rionero in vulture. Mi
propongo addempire con coscienza
l'opera pia che mi sarà confidato, da
persone a me ignote, i quali, mi
dicono essere Signori, ed io
ubbidisco perche non v'è cosa
malefica di cui vado superbo. - Benissimo
qual nostr'uomo. Sapete per
qual scopo noi vi abbiamo fatto
scrivere questi pochi righi a tua
volontà? - No signore - Ebbene
ascolta voi prenderete la totela del
fanciullo forse per pochi mesi, quella
danna che gli sarà nutriccia gli sarà
dato una piccola mesata di tre solo
scudi al mese, con cui può
mantenersi la donna. questi tre scudi
li riceverai da Vito Milono, e per
essere noi sicure di lui e di voi. Vi
cerchiamo la firma con le ricevute annuole.
Guai per voi se fraudate, cioè
perderete il premio di mille scudi che
avrete quando noi vi richiediamo il
fanciullo avete capite... Adesso
riceverai centoventi scudi venti sono
per te Francesco e cento
consegnerai alla furtunata nutriccia,
che se farà il suo dovero da ottima
Madre sarà bene ricompensate...Signori non dubitate di nulla, io farò
di tutto per suddisfarvi, remetiamo a
Dio l'esito felice e se verrà quel
giorno che posso dire, ecco il vostro
tesoro a me confidate quindi sarei
superbo senza i milli scudi da lor
signori offertomi, ora comprendo la
delicatezza della cosa, sarà mia
risponzabilita onde portare il fanciullo
in una famiglia, in cui starà meglio
che se fosse nella casa del Duca di
Bisaccia, ma in campagna
spiegamoci - Si si è meglio, è meglio
in quei diliziosi villaggi della Città
d'Avigliano lo spera - No in quei di
Sanfele, dovo una mia commara di
fresco partorita, ella darà il latto al
fanciullo e la sua piccina sarà nutrita
da altra donna ve nè sono tante - Sei
sicure di ciò - Sicurissimo - Dunque
non perdiamo tempo partite, ecco il
danaro - No Signore, il danaro no,
verrò dopo a prenderlo da Vito
perche potrei avere qualche mal
incontro ed io non potrei defendergli
perche disarmate - Ebbene verrai da
Vito dopo che avete situato il
fanciullo, 120 scudi 20 per te cento
alla nutriccia, tre scudi mensile,
sempre col tuo, dichiara qui sotto
scritto di avere ricevuto scudi... è
consegnato alla N. - E per essere
vossignoria più sicure vi farò
pervenire anche la firma del mio
compare che sara il padre del
fanciullo - Benissimo partite, fedelta e
giudizio brav'uomo arrivederci.
Mi ricevetto il fanciullo dalle mani di
Vito Milono, egli era bene fardellato,
ebbi certi preparati da imbeccargli se
vaggiva, mondai supra uno superbo
cavallo e detto a Vito arrivederci
preso la via di S. Carlo, passai
l'ofante al ponte di Santa Venera, ed
arrivai a Rionero l'orologio batteva ott'ora sicche in 5 ora percorso aveva
24 miglia, mi restava farne altri novi
che posi altre due ora quindi ad ora
dieci bussai alla porta della masseria
del Compare Coppa...
Colà vedemmo al lumo quella
magnificenza discritta, facemmo con
magnifica riuscita la detta consegna,
ora mi conviene dirvi come, nel
Battizare il fanciullo, la chiesa di San
Nicola era zeppa di femmine, queste
come vespe, appena seppero la
notizia del trovatello, fù una vera
rivuluzione, sel preso da prima una
Signora, che il guardò non poco, e
sel stava mangiante di baci, poi una
dopo l'altra fecero la stessa cosa. La
ricca Fasciature, la bellezza del
neonato fece cadare il sospetto ad
una monacella di casa, tanto e
soporita la calunia, sopro l'innocenza...
Finalmente potemmo Battezzare
il fanciullo, il parroco, lesse sulla
fascia porrai il Nome Giovanni, e cosi
fu fatto. Io tutto intefferente mi offerso
per compare c'era chi voleva
contrastarmilo ma il paraco, disse il
forestiero il forestiero tocca perche lo
voglio io e silenzio. Fatta la divina
cerimonia uscimmo dalla chiesa per
tornare alla casa, macche le viottole
ereno pieni di coriosi e coriose,
ognuno voleva vedere e baciare il
trovatello, per poi dire la sua.
Finalmente arrivate alla piazza, qua
mo vi sono tutti quei signori che si
divertano nel caffè ci levano il fanciullo
e fissano i loro occhiatini, poi
arriciano il mostacchio e susurra
all'orecchio del vicino, quel torce il
muso e dice hoibo che... quando
eccomi D. Antonio Santore mio
conoscente, mi chiama sparte da
parte è chiatto chiatto mi dice, Egli è figlio a D. Gennaro non è vero
Francesco... Lo avete portate voi...
Scherzato o dice da sonno D.
Antonio, ma se io sono venuto qua
per affare del mio padrone, mi sono
incondrato col mio compare, il quale
ha trovate quell'anima di Dio. ed io mi
sono essibito di tenerlo alla fonte,
credami parola da uomo. - Bravo il
silenzio è la prima virtù dell'uomo da
bene, scusami - Scusate vossignoria
perche non posso dirvi la verità
perche nulla so. In tanta ciarla e
sospetti tanto i signori quanto le
signore dissero la verità cioe che il
trovatello era figlio di nobile, e non
plebei... - Padre mio, facesto un
brutto regale a quei poveri Sanfelesi,
Vedete che bella lana è il tuo
compariello, lo raccogliesti nella
Puglia per fragellare la Basilicata e le
puglie cornè se non avessi bastate io
iste a cercarno un'altro che mi
supra... Vedete, voi daste a me la
vita, Battezaste Giovannino,
Battezaste Donato Tortora, e figli e
comparielli tuoi siamo il Fragello di
queste contrate. Noi certemente
andiamo all'inferno dopo essere stati
uccisi, tu padre mio ti crede andare al
paradiso con cotesta lunga corona
dicente rosario... Siamo nel 1862 che
facciamo cotesto descorso, quando
io vi domandai nell'anno 1845, chi
fosse Giovannino tu non mi dicesti
quanto ora vi siete benignate dirmi,
perchè forse temete qualche
mancanza, di parlate chiare, e ditemi
perche, e come fú che Giovannino
non ebbi più l'assegno mensile -
Riguarda al temere lo di te non ci ho
mai pensate ne ci pensa, e quaso
quaso mi sarebbe venuto il tecchio
darvi quattro scappellotti perche
avete derise la mia corona ed il mio santo rosario - hemma mettolo a nola
che vivrai di rendita - Scherza tu coi
Santi... In quanto al tenue mensile di
Giovannino, nell'anno 1848, Andai
per riscuture il semestro di Gennaio,
mi fu detto che bastava, essendo il
giovannino fatto grandocello, poteva
da se lucrarsi del pane, allora mi feci
lasciare il non più ultre mi giustificai
col Compare Coppa, e di poi non se
ne parlò più... - E gli milli scudi promessi
a voi ed alla nutriccia - Che
volete, ce li darà quando verrà per
pigliarsi suo figlio forse - quando avete
percipite voi fra tutto - Venti scudi -
Null'altro -nulla più mai - è il fastidio
delle vostre cure per la totela, non vi
sono stato pagato mai - Mai - Siete
sicure che Giovannino è figlio al
Barone z. - Sicurissimo - Lo giurate -
Sulla madonna del Carmine - Da chi
avete sapute la verità - Da Vito
Milono - Non da altro - hum mio Dio e
figlio al Barone, ed alla Signora C? -
Di cerignala - Sissignore - Ma io
benche non dubito, di voi vorrei
un'altra piccola provicella, poiche Vito
Melono ha potuto servirsi del nome
del Barone per essigere maggiore
rispetto, e potrebbe essere il
Giovannino figlio a qualche
malscalzone, poiche, io mai posso
credere che un gran Signore
mancasse alla promessa fattovi non
solo, ma d'avere abbandonato il
Giovannino in punto chi era più
orgente dell'infanzia cioè mantenerlo
alla scuola capite - Lo dicemmo
anche noi cosi, ma che fare, poteva
continuore alla Scuola, ma che gli
sarebbe giovate qualora egli doveva
correre alla zappa ò alla postorizia,
agiungete che ne volle sapere propria
di Scrittura... Riguardo a qualche
altra prova. potete domandare a massoro Gerardo Figlio di Vito
Milono...
Il quale Conosce più del padre
cerca la nascita di Giovannino. -
Eccone - Egli era incaricato della
Somministrazione del mensile
assegno, ed egli fu quello che middisse
non più ultre. - allora va
benissimo Guai a lui se mentissi vi
dispiacerebbe se vi facessi fare una
facciofronta - Mai, ma che vai
cercando, che cosa credete di fare
cose vecchie che nè puole ricavare...
- Nulla, ma voi sapete che da piccino,
io amai Giovannino, ebbene quando
sarò sicuro. Lo chiamerò signore
Barone. Ecco tutto. Se voi mi avessi
detto questo fatto 15 anni primo ne io
e ne Giovannino saremma qui oggi,
nè voi, nè il compare Coppa avrebbe
veduto tante stragge, come vi tocca
uno giorno all'altro vederci scannate
io e lui capite il vostro sbaglio è la
causa della nostra rovina è volesse
iddio che non fussavi fucilati voi o
morire nelle carcere per colpa
nostra... - Quando voi mi domandasti
voi eravate giovanotti, erano fatti di
palosare ai Ragazzi cotesti, e poi che
avresti fatto - Non lo so neanche io,
ma credami che non saremma qui ne
io nè lui. ora non più a tempo. Ritornate
alla Città e dite al Generale
La Chiesa che tanto io penso a
presentarmi da lui, quanto lui pensa
di farsi frate. Ciò detto congedai mio
padre, il quale venuto era per ordine
del signore Generale, con la
consolanta notizia di farmi presentare
da lui. Non tardai che pochi giorni e
mi portai da Gerardo Milono figlio del
fu Vito nato e domiciliato in Bella
Lucano citta del distretto di Melfi... chi
sa qualcuno volesse levarsi la
fantasia, troverà i soggetti, e se il Barone Z. è la Signora C. non
fossere alla presenza del sommo
Autore, gli sbiancherei lo stesso onde
rinifacciare la loro inniqua avarizia,
mentre con due mila scudi avrebbero
fatto un patrimonio al proprio figlio,
L'avrebbero liberato dalla Leva
militare da cui venne la sua rovina.
Quando fin dal soprodetto Gerardo
Lo chiamai alla mia presenza e cosi
lo parlai. Figlio del fu zio Vito. Io vi
faccio una dimanda, trema dal
mentire e rispondomi franco - Dite
pure che non sono uomo di mentire
salva qualche calunia - Non puole
essere calunie per la quale è cosa
vecchia. Voi conoscete il Capo
Banda Coppa Giovanni esposto - Si -
a chi è figlio - Al Barone Z. ed alla
Signora C. - La Figlia di D. Francesco
C. - precisamente - Grazio Gerardo vi
sono riconoscente sapete, perche ho
stimate sempre il Barono e da oggi
principierò a stimarlo di più salvo
però che rimette subito 1980 scudi
promesso a mio padre, e 1000 scudi
promesso alla nutriccia di Giovanni
Coppa da voi conosciuto suo figlio.
Mi spiegherete poi la ragione perche
levaste la mesata dei tre scudi al
mese da lui assignato al figlio - Qui
siete in errore. Il Barone non ha
cavato manche un grano era la madre
che soccorreva il figlio, ma il caso
volle che nel 1848, per paura di
qualche visita furono nascoste tutto le
carte, non so come fu, furono trovati
quei biglietti di ricevuto di vostro
padre. il marito della Signora che
stava dubioso scoprì la verità, qui la
Guerra fra marito e moglia, stetteri
per dividersi, e sono sempre in
guerra dichiarata, D. peppino quando
pagherebbe se si trovasse chi
uccidesso il suocero che il tradi, ecco
le discordii di quelle due famiglie voi lo sapete - Mel hanno detto ma io
che so -Laonde la disgrazia signora
ha dovuta tralasciare l'opra ben
principiata, tuttora piange sempre la
sventura di suo figlio, ma nulla gli
giova - Dunque il Barone nulla conosce
di quella promessa fatta - Si la
fece per contendare la Giovanetta la
quale non voleva lasciare il figlio e si
contendava restare mala femmina.
Ma lui sempre lusinghiero per
sposarla... Ma ritornati a Napoli la
demanticò presto per sempre. Lui
non è venuto più a Cerignola, nè
verrà...
La signorina si maritò ed ora ha
preso di se tre figli due maschi ed
una femmina, ed io sono con Lei di
piena riconoscenza, ma è sempre
dolenta ed inquieto col marito. -
Dunque assumete di portare questa
lettera all'amministratore, due mila
scudi subito, resterò io debbitore di
20 scudi. Vediamo se sia intefferente
con me, come fu colla signorina.
Eccomi come mi fu raccondate la
nascita del capo banta Giovanni
Coppa, il quale chiamerò sempre
cosi, per levare quell'esosa parola
esposito io discorrerò con lui voi
ascoltate quanto egli dice circa i suoi
sensibile ricordi.
Sarà or mai tempo di tornare alla
mia Banta nella provincia di Bari, e
lasciare quei miei cari Coratini. Comi
ho detto che passai tutto il meso di
Maggio, fra quelli ridenti masserie
delle Murgio. Senza mai cementarmi
colla forza, era necessario di non
abbusare tanto, poi che tutta, la
Cavalleria si era raunato sopra di me,
onde prima di essere pellicciato a dovere, preso da me congeda, e
tornai a Monticchio, dove i miei
formatosi a piccole bantecelle,
facevano la vita da signorotti. Giunti a
Montemilono, osia nei boschi di Lui,
Summo Giuseppe mi lasciò e tornò
dalle sue montagne, Coppa Giovanni
volle pure ritornare alle propria
montagne, credendosi d'avere la
stessa furtuna dell'anno prima, ma
ciò non fù perche i Sanfelesi aveano
pensate prima, ed avevano posto alle
più grande masserie, forti drappelli di
forza per sorvigliare il prossimo
ricolto, ma ciò sarebbe stato nulla, se
non avessero posto nelle mantagne,
una grossa pattuglia, la quale come
seppero il suo arrivo gli dettero le
prime lezzione, pel ben venuto,
Cercava lui farsi largo, ma piu si
serrava da se stesso, quindi i
compagni, principiare a pregarlo
affinché cedesse di molestare la
forza, e nascondersi appiattandosi or
qua or la come fanno le altre bante,
ma ciò non voleva saperne sicché
una partita disertò, un'altra si ricusò
un giorno di molestare una
Compagnia che transitava per fatti
suoi, ma lui ostinate, disse, e bene
che vuole seguirmi venga meco, chi
no resta pure qua ma io voglio andare
a farmi uccidere poiche sono stufo
di vivere da codardo, ciò detto saltò
in sella, ma i Compagni saltarono
pure e con rabbia si buttarono sulla
Compagnia, onde sfuggire dalla detta
codardia, Lesito fu bello ma la sua
campana era sonata, imperocché era
caduto uno e ferito altri due,
restavamo il fratello del morto, il
quale piangeva il suo fratello, ma
fatto anima dai compagni, si poso a
raccogliere legna per bruggiare il
corpo del morto fratello, fatto ridurre
tutto in cenere, se ne andarono in
una montagna inaccessibile, qui piangeva sempre, ma confortato dai
compagni, risposo cosa mi giovo il
vivere a me senza di mio fratello,
ucidetemi voi e fate sapere a mia
madre che siamo caduto entrambo,
hum rispose Coppa hai tutta questa
paura, volete essere ucciso da
qualcuno di noi, vi sono tanta belle
cognetture, mangiate ora, che dopo
andremo unito a trovare qualche
buono fattore, avete qualcosa da dire
circa la morte di vostro fratello, forse
èstato abbandonate nel coniflitto, una
palla scostumata, ecco la bella
fortuna del bandito. - Si ma non deva
Lui andare in cerca, la natura stessa
dice fuggi l'occasione, quando poi
vieno da se pazienza, se tu non
forzava, mio fratello sarebbe qui ed io
non piangerei, ma siccome tu hai
principiato dal delegato, uccidesti il
capitano contro la volontà di tutti, fu
la nostra rovina, dove sono quelli
nostri compagni, essi sarebbero qui
se tu non ti fosse vestito di capricci,
poi ci accusa di codardia se noi
ricusiamo ai tuo capricci - E bene se
aveto capite che io sono causa della
vostra rovina, datemi il mal servito ed
io vi lascio in pace, siete contendenti
tutti parlate - Via da noi la sconcordia,
il fatto è andate cosi pazienza
baderemo meglio per l'avvenire. -
Dunque resterò con voi o parte pei
fatti miei, che dite voi pezza tosta. - lo
e gli assesta una fucilata, e poi
un'altra, Coppa Giovanni avuto i due
colpi cadde, ma poi alzatosi ratto e
con una fucilata fa saltare il cranio
allo aversario, che stava infilante le
spoletto al suo fucile fasciò, i 28
compagni piansero l'uno è l'altro
compagno dopo avere soccorso il
Coppa colla speranza di poterlo
salvare, e niente disse lui e niente
datemi un poco di acqua, ed è niente
bevette quindi pregò di accompagnalo da me, cui fecero con
tanta essatteza. Il giorno dopo, cioè
sul fare del giorno La compagnia mi
consegnò il ferito il quale dava poche
fiocche parole, mi riconobbe, gli feci
sentire raccondare il fatto come era
successi, è udite la fina dissi colla
testa si, domandate se voleva
vendetta da qualche suo Compagno,
raddopiò il no, no, colla testa,
finalmente alla stessora dopo 24 ora
che aveva ricevuto i due colpi. Spirò,
quando vido che il polso non dava
più battito, subito gli strappai tuttì
panni lo chiuso bene gli occhi lavai
bene bene il cadavero, taffettai bene
le ferite, asciucato bene gli posi una
cammicia di lino motente e calzette
una scolla di seta ìncanna, gli pettinai
bene i capelli, e lo poso sopra una
coverta unaltra sopra lo Lasciai
dormire... La notta scelso il luogo,
desegnai la fossa e sei dei suoi più
fidi cavarono alla profondita di 8 palmi
un fosso in cui dovevo tumulare il
campariello di mio padre il figlio della
mala femmina, alla quale col mio
debbole e rozzo scritto chiamo a
vedere suo figlio.
Ella è presenta io scopro il freddo
cadavero, e dico Guarda infama, uno
Giovine di 24 anni e pochi mesi di
statura cinque, tre, e due, secondo la
misura degli Artiglieri Napolitani.
Bianco come l'alabastro la sua bocca
mista alla risa, i suoi capelli ricci
coloro velluto nero, la sua faccia
rassomiglia all'Arcangelo Raffaele.
Non vi commovate madra infama, nel
vedere tuo figlio scannato, colpe la
tua sozzosa libidine, e la tua
compiacenza. Se poi aggiungete
l'avarizia, e la negligenza siete
infamissima. Eppure tuo figlio è
furtunato, mentre tuttì figli delle pare
tue hanno la stessa sorta, chi sa quanti milioni ne muiano di fame negli
asili infantile, chi sa quanti ne vengono
butta semi vivi, nei cammini
collarinarii, e perche? per la vostra
brutale sozzura, che differenza passa
tra te, e la madre del mio furiero, cui
per defendere la sua madre da una
parola detta per scherza domanta
suddìsfazione, non avete voi Gelosia
della bella e virtuosa madrona Milanesa,
la quale gode i gesti di suo
figlio virtuoso come sua madre, e suo
padre...
Appena fatto giorno prendemmo
nuovamente a contemplare il
cadavero egli dormiva perfettamente,
lo prendemmo bello bello, e lo
ponemmo all'impiedi si reggeve
perfettamente. Cammina Giovannino,
Cammina meco all'ultima tua baronia,
la tua furtuna è bella ed assicurata,
non temere più, tutto hai pagato, vi
resta solo il debito calla madre antica,
viene da essa. La quale pietosamente
v'aspetta. E prendendolo
senza farlo smuovere lo portammo
alla preparata fossa. quivi giunte lo
ravvolgemmo in due coverte e il
calammo giù poi fatti a pezzi tutte le
sue arme, compresi gli speroni, ed il
morso della briglia del suo cavallo, lo
coprimmo di terra facendo scomparire
ogni menoma traccia, finite il
tutto dissi. Eccomi. miei cari
compagni, dove va la superba
dell'uomo, voi credete che sia solo
per questo. Ma nò, ella è per tutto, ed
il mio compare è furtunatissimo, non
tutti avremo questa sorte, il giorno
verrà pure per me, ma come? Iddio lo
sà... lo miei Cari compagni conobbi
quest'uomo quando ere piccino non
andai incerca di lui ma, lui venne
incerca di me, chi mai poteva
credere, che io doveva sotterralo cadavero, chi mai pensava che
doveva vedere distrutto, quella
famiglia, che l'ebbe si caro. Ma le
vicende del Genere umano sono cosi
pernigiose, che solo Iddio le puole
intendere.
La morte del Coppa Giovanni alias
esposte. Non tardò molto a sapersi
nei paesi. potete comprendere qual
condente dà per tutto, fuorche in
Sanfele dove la viltà e sconosciuta...
Non potete mai credere nè sapere
quanto il fragello ebbe quel paeso dal
Coppa, quanti ne ammazzo, quanti
nè rovinò, io nollo sò la sa il governo,
lo sa l'archìvio dove tutto è scritto.
Considerate qual festa avranno fatto.
Siete in gran sbaglio. essi
Generalmente poveri, ricchi, nemici
ed amici ebbero tutto dispiacere. Ma
è perche mi risponderà qualcuno - lo
nollo so, ne posso dirvi nulla riguardo
a ciò. Sarà forse che i soli vili
avranno piacere del male altrui perciò
i Sanfelesi non sarebbero state
Sanfelesi se avessero avuto piacere
della morte del proprio loro nemico,
c'è una altra considerazione la
sempatia: e siccome il Coppa non
faceva male all'uomo che si faceva i
fatti suoi, ma bensi a quelli che si
mischiavano nei fatti altrui per vile
lucro, di cotesta brutta genia quando
vengono trucidati nessuno ha
dispiacere, per esempio,i se fate il
tradimento a Coppa vi sono Vente
Mila lire, e poi e poi. Il traditore
accetto e si pone all'opra, gli riesce si
fa ricco, ma non cessa mai essere
traditore. E se qualcuno gli assetta
una buona pugnalata, o una buona
fucilata, e lo stento giù. tutti dicono
bene gli sta, ha pagato il fio della sua
scelleragina, Riguardo a me non
saprei giudicare questa partita ne metto la responsabilita ad altri. ma vi
dico solo che l'uomo intricante nessuno
lo guarda di buonocchio e sono
del parere che non tutti gli uomini
sono degni di vivere. pei primi i
briganti poiche, non si dovevano
impicciate nei fatti dei Governi,
vogliamo questo perché ci comanda
con tre effa e non quello che ci
comanda con le tre. p. p. p. Laonde
miserabile figli della miseria siamo
nati per la zappa, per le pecore, per
servire, per ubidire, e per pagare,
facciamo cosi ubbidiamo che ci
troveremo, se non bene, ma con
pochi male. Che se poi vi fate
adescare in qualche compricola,
capiterete peggio di noi e sarete
macellati come noi e peggio ancora,
la megliore cosa che posso avertirvi
si è di fuggire dal male fare,
pensandoci prima, non vi pentite
dopo; Imperocchè a nulla giova il
pentimento dopo avere comesse un
delitto sia piccolo, cesate d'essere
uomo, la macchia del male simile alla
rugina vicino al ferro, roda senza che
nessuno vi dica o la. Credetemi
singeramente che a me nessuna
cosa mi spaventa fuorche la vergogna,
dessa mi fragella notte e dì,
talvolta mi conduce a certa
disperazione che non veggo piu me
stesso, e se trova qualche conforte,
mi trafige di piu, chi mi giova mi uccida;
è perchè? perche conosco che
non sono più uomo. lo da fanciullo fui
sempre infelice, ma era ricco di
pazienza, questa fuggi da me, non
pel mio conto, ma bensi per
sovvenire al pericolo del terzo, ciò
non aveva bisogno perche da se
bastava, ma tutto sta nel primo
passo, ed è il primo che si deve
evitare, ma non ebbi flemma, errai per essere sempre infelice morire
infelice ed obbrobiato dopo morto...
Esempio Luminoso ai Giovinotti.
Era una bella giornata di ottobre
quando mi recai ad una masseria per
governare cavalli e cavalieri. quivi
trovai una torma di Giovinotti che
stavano lavorando nei campi, fra essi
un bel Giovine riconobbe un Brigante
suo paesano il quale vedendolo
l'abbracciò cordialmente, quindi
postosi a discorrere saporitamente,
manciarono uniti, e tutta giornata
bivivaccò unito. il brigante gli posi
avante tante milanderia, e conchiuso
l'utile che avrebbe avuto ponendosi
nella banta. Il Ragazzo tendinnò da
prima ma poi finì di adderire dicente
si, il furbo suditore, subito lo
condusso da me, dicendomi. Ecco
qua signore un altro nostro soldato...
Avendolo guardato gli domandai per
quale motivo volete darvi bandite, è
secco secco mi rispose forse
avviziato dal suditore, sono stufo di
campare voglio farmi uccidere per
Francesco uno a due... Avete padre...
no... Madre... si... sorelle una...
fratelli - zero... Dunque non potete
venire con me, perche faresti morire
tua madre di colera e tua sorella
corre il pericolo di andare nel
bordello, perciò io sarei maledetto
dalla tua madre e dalla tua sorella,
perciò andate. Ma il diavolo era
trasuto nelle corna, il si l'avava detto
il mancare era delitto ed insisteva per
avere l'arma la quale offriva il suo
paesano aventola sopro piu, tornò di
nuovo gli disse assalutemente no.
ebbene me nè antrò da un'altra Banta da qua il fucile disso al suo
paesano, cui detto subito. Vi era colà
un'altro bel giovinotto suo paesano
l'istesso, non potete immagginare
mai dove giunsero le preghieri di
quello per distorglierlo da quel passo,
ma nulla giovò egli fu irrimovibile e si
detto al male fare. Non dorò. che
pochi mesi ed eccomi un giorno gli
arrivò una palla scostumata e lo fece
cadavero, e per mala sorte nello
pottero prendere i compagni e lo
portarono alla città quivi fu chiamate
sua madre, onde conoscerlo, la quale
vedendolo cosi malconge non ebbe
fiato per profferire parole, indi a poco
mori, la sorella rimaste orfina si dette
pure al male fare, eccomi la
distruzione di quella famiglia. Venuta
per male consiglio, e per male
giudizio di quello sciagurate giovinotto,
perdette la vita Lui e la sua
povera madre. quala differenza fra lui
ed il compagno suo che tanto lo
supplicava onde non dare quello
brutto passo, egli atteso alla fatiga
pei fatti suoi, prese moglie e con essa
viveva contendo, L'anno appresso lo
trovai che lavorava il suo campocello
ed ebbi piacere di vedere sua una
bella tocca di Giovinetta cui accuteva
presso di lui le facente di campagna.
ed avendomi raccondato tutto la
storia della madre e della sorella del
morto, mi disse - Non volle udire a
ma che tanto amava, si è perduto lui,
la madre e la sorellina, volle udire
quello che da piccolo non fece mai
cosa buona. Voleva pure a me tirarmi
nella trapola ma non vi riusci, ed io
ringrazio a Dio che m' liberò dalle sue
furbe insidie, ora mi trova bene cosi
spera per l'avvenire. ho sempre in
memoria le vostre parole quando gli
dicesti che la sua madre morrebbe di
dolore e sua sorella cadrebbe nel peccate, cosi è stato proprio. -
Vedete a quanto bisogna badare
prima di commettere un passo
cattivo, prima per se, poi per la
famiglia. Quale vergogna fu per mio
padre quando fu chiamato padre di
un Ladrone, quale vergogna per le
mie germane quando sono chiamate
Serelle di Ladro Bandito. Lonta
passa, passa sopro i miei Nepoti
quando sono detti, via Nepoti di Galeotti,
più in la va nella Galera dove è
tuo zio, ancora di più, va nella Galera
dove è morto tuo zio...
Guardate che maledetta rugina si
attacca ad una famiglia, e va fino agli
ultimi parenti e si occorre a gli amici.
Tutte queste reflessione sapete
quando si fanno nella vecchiaia e
nella miseria. A me però mi erano
stato posto nella memoria degli
vecchi antichi, lo sapeva per via delle
savaie letture, ma nel furore dalla
rabbia tutto scordai, è caddi nel
delitto e muorirò con Lui e schifoso
più di Lui, per ogni secolo dei secoli,
amenno...
Della Città d Avigliano Era
Giuseppe Nicola Summo detto Ningo
Nanghe. Poche parole sopro
questo terribile uomo, Sua miseranda
morte avvenuta il di 14
Marzo 1864. Egli mori circa 5
miglia discosto dalla sua nativa
Città, tradito...
Non posso assalutamente
discrivere le belle qualità di
quest'uomo, poiche manga la
capacità del sapere, nè posso
discrivere le sue brutalità, perche non ho tempo e non vego più con gli
occhiali scaduto dall'età. Vi dirò
poche parole cui basteranno a farvi
conoscere che l'ente suprema ha gli
strumenti della sua colera, gli uomini
e se ne servo a megliori tempi per
fragellare altri uomini, e finché non fa
tutto lo giro la ruota dorme sempre ,
quindi mette per ultimo nel fuoco la
ruota, ed è suddisfatto nella sua
collera... Non conosco in che anno
egli nacque, ma era più giovine di
me, in età di circa 15 anni resto
senza padre, e senza madre, in uno
solo giorno, egli era il primo Genito
d'altri 4 figlio, tre femine ed uno
maschio, povero senza veruno bene
di sorte alcune, abbracciò la crocia
da padre di famiglia, e crebbe in
remediabile stato, le sue Germane,
ed il piccolo fratello a cui non fece
mancare mai la Carchiòla nè gli feci
esporre alla carità del prossimo
(come capitai io). Suo padre prima di
morire aveva costruito da se una
Capanna di legnami sassi e paglia,
dessa era nel basso della montagna
del Carmine, dove la neva cresce i 5
a sei metri, e dura qualche paio di
mesi dell'anno. Gennaio febraio. Qui
dunque poggiato ad un macigno di
granito il povero uomo si era
accovacchiato colla sua famiglia, qui
mori colla moglie, coltivava quanta
terra poteva essendo robba
cumunale, ed essendo di poco
preggio, pagava poca pigione, morto
che fu Giuseppe Nicola continuo nel
retaggio paterno fatigava notto e
giorno nella buona stagiona,
raccoglieva la ricolta si faceva la
provista di tutto fine le legna, e
quando cadeva il crudo inverno di lui
si burlava, in tal modo si fece uomo
lui ed i suoi, arrivate da marito la
sorella nata presso di lui gli rimedio
pochi cenci, e la maritò, dopo maritò l'altra colla medesima dota di 5 tomoli
di grano turco, quindi prese moglie lui
senza ne anche lagonella, essendo
una povaretta del tutto infelice. - Non
puoi credere quando era condente mi
disse un giorno. Fu una pessima
invernata l'ultimo anno della sua
filicita. Ed avvenno che dopo tre mesi
di terribile assedio della neva,
terminate aveva il sale non solo lui
ma tutto gli altri prossimi Villicci,
montanari, perciò appena potettero
sprigionarsi si dettero la vocia, ed
unitisi si rotolarono giù ver la città
onde providersi del sale tanto
nessario. Giuseppe non aveva
nessuno soldo, pose nella Vertola
due presciutti cui vendè subito, col
ricavate comprò il sale L'olio, ed altra
piccola spesa gli era rimasta una
Publica colla quale preso una mezza
di vino maggiato un pezzo di
carchiola senza sale bevette, usci
dalla cantina ed andava per unirsi coi
compagni onde uniti fare ritorno alle
loro capanne, ma via facente si
inbattè in una torna di sfacendati ubbriaconi
cui colla pazzia cercavano lo
spassatempo. - Ecco, ecco lo scialpo
disse uno di loro - Chi è cotesto scialpo
rispose il secondo - Diavolo non
conosce lo scialpo Ningo. Nanghe
risposo il terzo - Si si si egli fa
crepare della risa disse il quarto - Be
scialpo vieni con noi Vogliamo ridere
oggi e questa notta dovete cantare
con noi - Do do do volete po po
portarmi las Signo - Bi ba ha ha ha
non vi ho detto io che fa crepare della
risa come apre la bobbo - Bene
andiamo vieno con noi alla cantina
vino quanto ne volete, è canto quanto
ne vogliamo ecco la Caparra,
dandogli un sicari. Voi mo avete
capite che ummo è scialpa,
tartaglione, come meglio vi agrata
chiamatelo, e che come apre la bocco fa crepare della risa, osia
ridere, bene non parlerò osia scriverò
da scialpa le sue parole quindi
risponto, grazio buono cittadino io
non fumo come non beve vino assai,
verrei con voi se non avesso che
fare, ma dovente tornare alla rnia
capanna perche da venti giorni fa,
che manciano sempre sale, ed
appena ci reggiamo all'impiedi. -
Ecco il sicari per caparra e cammina
con me disse il donatore. - Viringrazio
ottimo amico ma con te non
posso venire ne vi vengo - E perche?
il perche vell' disso lasciatemi peì
miei affari. - è tieno disse il
petolando, dandogli un sonoro
schiaffo - paf una ben diretta
cortellato alla cafonegna, dicendo ne
volete più impeccilo, disse il cafone
Ningo Nanghe. - to to scherzavamo...
Ci... fa fi si... Ed una tempesta di
percosse e coltellate cadeva sopro il
mal capitate ma la sua Leonina forza
fece si che non caddo vittima, ma
ebbe pure le sue fra lè meglie un
colpe di scura nella Gamba.
Terminata la sanquinosa rattatughia,
si trovarono tutto nel carcero. Dopo
tanti mesi, veniva condannato sei
anni di Relegazione il Summo, cui fù
portato nell'isola di Ponza onde
scontare la pena. da cosi piccola
pene riportata dalla corta criminale
risulta la sua ragione, a caso diverso
gli avrebbero dato 25 anni per il solo
uomocidi senza i lievi ferimenti...
Arrivate a Ponza, trovò colà subito un
padrone pel suo mestiero da
contadino, si pose a lavorare, ed
ebbe il nome di spacca montagna da
qu i Isolani, il delegato, il lascio libero
sotto la totela del padrone. quindi
stava benissimo, ed aveva decise di
mai più tornare in quei nevosi monti,
dove semminate nel me d'agoste e
miete a settembre. Tre anno dopo la sua co danna venno L'anno 1860. La
Grazia fatta dal Re il sei settembre
metteva in libertà tutti i delegati,
perciò avendo avuto il rilasciò
dovettero partire ciascuno alla sua
patria, non gli fu concesso rimanere
nell'isola, rilascio e passaporto erano
pel suo paeso dové andare qui
dunque, come va, va, la facenda.
Liberato da Ponza, sbarcava nel
porto di Napoli si ricò alla prefettura
per il visto a partire cui ebbe, dopo
mondò sulla ferrovia ed alla volta di
Salerno parti, qui trovò i Battaglioni
Lucani, che bello bello si
accostavano alla Capitalo onde
liberare la parteppa dall'oppressore
straniere. In uno dei detti Battaglioni
trovo suo Fratello Francesco il quale
militava sotto il Sacerdote D. Nicolino
Manguso d'Avigliano, veduto avente
il fratello si rivolse fargli compagnia
quindi presentava dal Manguso
chiedente essere ammesso nel suo
Battaglione, onde sequire la sorte del
fratello defendente la patria. Ma
trovate avente pretesi il Manguso,
non fu ammesso nel Battaglione,
perciò dividentosi piangente col
fratello, il quale gli era più padre che
fratello, avendolo cresciuto lui da
piccino...
Giuseppe Summo arriva in
Avigliano, si giustifica colla legge, la
quale Lo spedisce nell'esilio per
evitare la rabbia della famiglia del
morto, cui era impicciosa non poco.
Ebbe le carte per la Citta di Gravino,
in terra di Bari. quivi formare il suo
domicilio. A gradì con gioia la data
traslocazione, baccio la mano al
sindaco e si dispose a partire
mediatamente. e per maggior
sicurezza il sindaco lo fece accompagnare da 8 Guardia
Nazionali, cui condussero libero fine
fuore il tenemente, poi lasciato, continua
il suo cammino e giunge in
Gravino, si presenta dal sindaco,
costui lo ricevo paternamente gli
trova un buono padrone cui rimanda
nei suo vasti fondi dove si metto a
lavorare, da contadino, ed è felice del
suo stato. Da qui olla accettare. un
ciottolino di attone gli fu posto sul
petto ed il Summo ruppe fl
salvacondatto, campiò strada, e
venno da me portando suo fratello ed
altri 12 in tutti 14 fra essi, suo fratello
ed altri tre che da poco erano tornati
congedati da Garibaldini, con il
premio di scudi trenduno
ciascheduno, ed il fucile che portato
aveano dalla rivuluzione.
La bandocella bene armata venno
da me, che accolse cortesemente, li
fecì riconoscere daì miei, gli poso a
parte del regolamente, quindi disso
loro guardato come faccio io cosi
farete voi. e vedrete che fra poco ne
saprete piu di me Gìudizio e sarete
felice per tutta la vostra vita. Ma si
riesce, altrimente colla vita sì paga il
debito della nostra audacia, Laonde
coraggio e fede nella difficila impresa
di cui ci siamo esposte. fac et
Speramus...
Non voglio perdere tempo, col dire
qualche cosa sulla delicatezza del
Governo che cercava sulla persona
di un povero cavaterra, poiche
conosco che il Governo non pensava
nè a lui nè ad altri, ma faoriva le
vendette private, causa primiera del
Brigandaggio. Dirò che i Summo non
volevano prendere la Libertà, uno va alla Guerra con Garìbaldi, l'altro
vieno posto in libertà da quello Re
che a furia di popolo vieno
detronizato, il vincetore ammazza
uno e l'altro per suddisfare la
vendetta del terzo... Dirò di questi
due figli della miseria tutto quello che
alla mia conoscenza, a datare 9
Febbraio 1861, epoca in cui vennero
da me i due fratelli Summo già
inneziati alla contra rivuluzione, la
quale fa cenno la Storia d'Italia.
Voi avete saputo il sito dove
nacquero questi due fratelli, da chi
avevano essi apprese l'arta di
comandare uomini, farsi amare,
ubbidire, e temere, dove attinsero
quìste tre subblìmi virtù, tanto difficile,
a godersi, quanto ifficile a possedersi,
eppure uno rozzo contadino, senza
conoscere neanche la z. Tartaglione,
rozzo, e selvaggio, ero temuto
ubbidite ed amate da una banda
furmidabile, Cui riponeva la feducia in
lui per la loro salvezza e non restavano
mai delusi. Circa due mesì fu
sempre con me, apprese cosi bene
l'arta del deludere dell'incannare, e
del sorprendere, che non ebbe simile,
veloce come il lampo nella defesa,
sapeva cosi bene scegliere le
posizione defensive ed offensive che
una volta prese, non ce la levava
senza grave contusione, con tal
tattica e sempre riuscite a soprafare
forze due volte superiore alla sua, ed
io stima che non vi puole essere
megluiore sensìbìlità per uno uomo
dedide alla Guerra, fuorché la scelta
del terreno da manovrare. Giuseppe,
e Francesco Summo, sono stato
bandite tre anni e trentacinque giorni,
cioè dal 9 Feb braìo 1861 al 14
Marzo 1864, giorno in cui furono
uccisi uno dopo l'altro. In tutto questo tempo ebbero una seria di fatti di non
pochi rilievi, che io non riporto perche
sono ammalato con gli occhi, e non
ho tempo, ma se qualche persona
volesso intrapprendere dalla
processura di quest'uomo fra le
brutalità, scorgerà fatti piacevoli di
Generosita, per esempio dopo avere
trucidato 21 Cavallegieri, perdonava
un Luogotenente, ed un sergente e
sei soldati, solo perche si erano bene
defesi. Altra volta avendo macellato
una intiera compagnia di Guardia
mobilizata, Lasciava poi la vita al
fratello di cului che l'aveva fatto dare
quel passo di perdizione, Dicendogli
va dalla tua povera Madre, non voglio
che piange più quella donna, per
causa di voi miserabile ozziosi
vagabondi, e lo lasciava vivere, da
stupire tutto la città cui conoscevano
le brutalita di quel forsennato da
Lupinare, e spia mercenaria...
Aggiungete che mai tolse la vita ad
un sodato preso preggionìero, ed
avrete L'uomo terribile solo per la
propria defesa, per la quale cosa
godeva nei tanti rami di forza pubblica,
una stima particolare, causa
che tante volte era scansate e se
volete qualche volta venia avìsate
dalla forza medesima...
Eccomi dove sta quel talismanno.
che uomini si fanno amare dai più
accoriti nemici. gli uomini brutali stante
al potere, vogliono essere amato
coll'opprìmere il simile suo, cioè
l'uomo a se sobordonato, cui l'odia
vieno dall'istinte di natura, cotesti
mostri sono amate dai soli addolatore.
Sul principiare dell'anno
1864 fá una pessima invernate, tutte
le grosse commettìve, uno dopo la
altre eravamo stato distrutto. restava
illesa solo quella di Giuseppe Nicola Summo e fratello. Ningo Nanghe,
dessi da una provincia passava
nell'altra, finalmente dopo avere
percorso di Lungo e di Largo le
province di Avellina, Foggia, Bari,
Lecce, Venno a morire nella
Basilicata, sua provincia, in una parte
dove tutti gli abbitanti armati pure le
donne bastava un solo bandito a
metterli sottosopre. tanto e pacifico
quel popolo che temano l'ombra loro
stesso. ma i Summi non ci sapevano
un palmo di terreno di quel cumune,
ed essendosi unito con due fugiasco
di quel paeso, costori gli assicurarono
che nulla doveva temere, perche nel
loro paeso v'era un capitano assai
buono, che nulla celava dei banditi, lo
portarono alla bella masseria del
capitano della Guardia Nazionale, e
gli dissero. qui non avete timore,
perche il capitano della truppa sta in
casa sua se cosa vi sia manderà
subbìto l'avviso e noi ce la daremo
alla gamba prima che Lui venga qua.
La masseria del Signore Capitane
della Guardia Nazionale era bella e
granda non mancava nulla, sia per le
persone sia pei cavalli, erano entrato
di notta nessuno sapeva il loro arrivo
colà, la notta passo tranquilla, ma
fatto giorno, contemplò il site dove si
trovava, e vide che per sortire di là
v'erano due solo sbocco i quali
chiuso da pochi soldati non potevano
sortire più con i cavalli, ed a piedi non
re' stava che buttarsi nel fiummo quivi
annegarsi, poiche racchiuso in uno
anse del ripido fiumo. Il paeso distava
circa due miglia, il presidio era una
bella compagnia, bene amaestro alla
caccia dei briganti, dunque la
posizione era critìchìssima.
conoscendo in qua] pericolo si
trovava ingomincio a sospirare, ma il
capitano della truppa è buono non v'è paura (Ciò dissero il vero che il
capitano era buonissimo) Lo so che
non ci è paura rispose Summo, ma ci
potrebbe venire la paura, e con essa
la bella morte. Il capitano buono è
colui che io tema' che se fosso
cattivo non avrei paura, daltronde
che fare, la giornata era pessima il
fiumo straripava, i torronti muggivano
la terra eretosa il pericolo, non e
piccolo, vediamo come va per finìre,
ristrinse tutte le persone non fece
sortire nessuno si pose ad una
finestra puntò il binocolo alle porte
del paeso vide tutto tranquillo,
vedeva camminare per le strade i
soldati nulla novita. più tardo arrivò il
muluttiero, domandato costui che
cosa si fa Nel paeso, rispose il mio
padrone ho lasciato dormente, gli
ufficiale della compagnia giocano
colle signorine, i soldati giocano nelle
cantine, il paeso e placito, che avete
paura che vengono qui mai, è
perche? Che volete che il mio
padrone mandasse la forza, qua per
poi essere bruggiate la masseria...
Anche il molattiero disse la verità,
poìche in tutto la santa giornata la
compagnia non andò per disturbare
la commettiva... Come fanno a
sapere mo nel paeso che alla
masseria v'è la banda, mentre
nessuno è uscito, ne il mulattiero e
tornato e doveva ritornare a casa
subito. qui sta la convinzione, il
mulattiero non ritornando, assicurava
che alla masseria v'erano i briganti,
se erano pochi andava alla fontana
con uno solo mulo, e se molti andava
con tre colla pretesa di beverare chi
poteva pensare a questa bagatella, la
fontana era discoste una ventina di
metri dal portone della masseria, non
fu impedite di andare e venire coi
muli alla fontana, dal balcone del palazzo stavano puntate i canochiali,
padrone ed ufficiali seppero che alla
masseria ci era la commettiva e molti.
Ma sono intefferenti, fa notta la
giornata era passata molta agitata,
ma il buono capitane era stato
indulgente tutto il giorno, cosi però
non fu la sera, poiche di buonora
fece segretemente avvertire la
compagnia, postale sott'all'arme fece
citare la Guardia Nazionale, tuttì i
signori, ed unìto due centi armati; è
ad ora avansate si mosso ed andò a
fare un'imboscata, che gli riusci
ameraviglia. Il Summo appena fece
scuro salta in sella ringrazia la
foresaglia fa piccoli regali, ordina di
ringraziare il padrone della masseria,
gli cerca scusa dell'incomodo
recategli e certamente parte, passa
una gola pericolosa e si crede salvo,
si uniscono tutti essendo passato due
per volta, fatto alto in una pianura
netta. - Siamo tutti - si - il mulattíero è
qui si. - dategli cinqui scudi, vieno
con noi fino alla strada rotabile, quindi
sìa licenziate, avante. non v'è piu
temore avante, tre dietro tu
Francesco resta qui alla testa della
compagnia, io vado avante cento
passo con altri due per esplorare, il
santo ed accorte finche avremo
raggiunte il sentiero di...
Da li a due centí metri c'erano
duecenti uomini appiattati dìetro un
muro di pietre a secchi ombregiate da
folte ulive Giuseppe coi due passò
libero da vante alle bocche di
sessanta fucile a doppia canne, e
stava fuore dall'imboscata, quando
Francesco fu colla compagnia nel
mezzo. I dormienti posato i fucili sul
muro ed a bruggiapeli dettero la
prima scarica, frattante i soldati
saltanto il muro chiusero avante ed a dietro a calata baionetta, sicche i
banditi non ebbero scampo, e mano
mano che givano rozzolando
vinivano uccisi dall'imboscata di
fiango, cavalli e cavalieri restavano
una mucchia di cadaveri compreso il
mulattiero del capitano della Guardia
Nazionala di Tricaroco, cosi chiamasi
il paeso dove peri la piu ferocia
banda capitanata da due fratelli
Summa. Francesco chi era il primo
uomo alla testa, ebbe una in tiera
fucilata a cignale, cioè una palla e
nove ciciotti, il cavallo ebbe la
medesima botta. Ma il Generoso
animale sento lo sprone, atterra una
mano di soldati che si erano
possessato della briglia e fugge,
Giuseppe torno verso il fratello l'incontra
fra una tempesta di fucilate, lo
soccorre, lo regge in sella, e si
dilegua dal periglio, non molte
discoste il cavallo del fratello cade,
ma lo fa montare sopro il suo, pone
un giovanotto alla groppa per
mantenerlo, lui cavalche il cavallo del
giovinotto, è tutti e quattro vanno in
luoghi salvi. Della commetiva se ne
salvaro pochi, dalla straggia notturna,
i quali furono preso il dì vegnente, essendo
tutto non pratico del luogo, ed
alle forte pattuglie non sfuggirono,
solo uno si fece uccidere da Leone,
gli altri si arresero tutti...
Gìuseppe Nicola Summo
cognomminato Ningo Nanghe, era
salvo, il capitano buono aveva fatto la
sua fortuna col massacrare la sua
banda, c'è un'altro che deva essere
fatto cavaliero mediante la sua morte,
vi sono altre persone che sì debbano
devidere il suo fuorbante, di 20 Mila
Lire. Iddio ha segnato l'ora, la sua
parola è irrivocabile, fin qui e non più
ultre... Cosi fu. il giorno 12 Marzo
Moriva Francesco suo fratello, dalla ferita riportata in quella fatale
inboscata. Lo sotterrò ìn orride luogo,
quindi affrante dal dolore si pose in
cerca d'altri compagni, spedì a me un
corriero, per sapere dove mi trovava,
fece ricerca di un bandito e lo trovò,
era costui un certo Nicola Carciuso
suo paesano di paeso, il quale
nell'anno 1861 aveva ricivuto una
palla nella gamba ed era restato
poco zoppo, l'aveva fatto guarire il
Summo, poi assendato dalla banda,
se nè stava soletto nei boschi, senza
che nessuno lo cercava, dovunque
andava, a nome di Summo aveva
ciocche gli bisognava per vìvere e
vestire. Da tanto in tanto Summo
andava da lui per avere notizie e
lettere, di cui era incaricato, tutte le
volte gli dava la sua tangento in danaro
ed altro. Giuseppe da quella
lettera chì ebbe dal suo protettore, la
quale lettera con sfacciata mensogna
chiamava Galeotto il Delegato, e per
le sua calunnie venne la morte degli
otto ufficiali, ed avendo avuto da me
quella lezione, m'aveva udìte, e si era
da luì allondanato, il perfido temendo
qualche vigliaccheria, cerco una
trama con Nicola Carciuso,
promettendogli lìbertà e premio se lui
facesso il tradimente a Summo
L'infamo Carciuso, disse che era
impossibile ad effetuarsi, poiche la
commettiva stava in formidabile
viggilanza per la sicurezza dei due
fratelli Summo, percio era inutile a
pensarci. Ma se si fosso dato qualche
caso allora glie nè avrebbe fatto
aviso. Il caso venne egli ne approfittò,
dapprimo attirò il Summo in una
capanna dove teneva un
nascondiglio, molto bene costroito, il
Luogo era dissabitato, poco nascosto
dal bosco, qui lo porto per passare
una notta essendoci molta neva,
diffatto Summo approvò di restarvi finche aggiornasso. Il Carciuso
essendosi assicurato, con altro
pretese fece sapere ad un'altro suo
amico, costui volò alla citta e portò la
notizia dell'ordito tradimente. Il
Signore, appena ebbe sentore fece
chiamare il maresciallo dei Reali
Carabinieri, chiamò altrì quattordici
suoi conoscendi, èin 21 persone tutti
armati di fucile a doppio canne,
segretemente partì. non senza
difficoltà sormandò le montagne cui
erano coverte di neva, fù faorito da
una notta stellate e rigida colla Luna
brillante e colgelo durissimo, quindi
dopo circa otto meglia di forzata
marcia due ora prima di fare giorno
giunse alla desolata capanna dove
stava il Summo, con una febra
ardentissima, il portatore aveva
condotto la forza per sentieri non
sospetto a mode che piombarono in
un lambo alla porta della capanna,
cui senza perdere tempo posero il
fuoco. La fazziona chi era uno dei
due compagni di Summo sparò sopro
i nemici e fuggi, Summo, Carciuso,
ed il compagno restarano chiuso
nelle fiamme, restava fra loro la
scelta del morire. Il Carciuso sicuro
del fatto suo propose di arrendersi
perche... diceva v'è il Signore... sentò
che ci chiama... udite ciò Summo lo
preso pei capelli gli spiccò il capo
colla cortella e la butto fuore
dicente... Eccoti la testa del traditore
infamo... poì disse all'altro
compagno, ch'era uno ragazzo
víntenno rinitente di leva che da poco
si era fatto bandite, gli disse,
arrendoti figliuol mio potrai avere la
vita, ciò fece, appena fuore il
Raggazzo, il Summo si fece saltare il
Cranio con due fucilate, puntante la
duppìetta nella tempìa, e scottando i
due grilletti, la sua figura era
orrenda... Eppure lo trassero fuore uno a Carciuso i quali posero sopro i
muli e condussero alla Città di
Avigliano con sommo trionfo del
signore Cavaliere il quale era stato il
fragello dì quella Città...
Fù tanto faorevelo la furtuna di
quello scellerato, che per miracolo
arrivò salvo alla Citta. Imperocche io
Carmine Donatello Crocco mi trovava
un scarso miglia discosto dalla
Capanna dove morì Summo? Ecco
come, sul fare notta il giorno 13
Marzo, era giunto da me il corriero
speditami da Summo, il quale mi
raccondò la sua rovina, non perdei
un minbuto di tempo, mondai a
cavallo con altri miei 50 compagni e
camminai tutta notta, ed arrivai al
luogo del convegno ad ora undice,
quivi mi fermai ed atteso il giorno. Nel
mentre aspettava di vedere arrivare il
Summo, vide tornare il corriero solo
tutto spaventato' il quale mi raccondo
con poche parole la catastrofo succeduto,
e che la forza non erano che
solo 21 ed erano ancora alla
masseria di Paolo doce, che
portavano i cadaveri alla città. Avete
veduto mai qualche sorta di Lupi
quando si scaglia entro un brango di
Angnelli... Mi direte no. ma Domandate
chi ha veduto, e sentirete
con terrore... Cosi coi miei mi
scagliaio sopro gli uccisori dì Summo.
Eravamo alla loro vista, aveva scorto
il loro disordine, la loro confusione, il
loro no so che fare, ma stando alla vista
del castello dell'acupesela, dove
presidiava una compagnia di soldati,
costori appena ci videro corsero alla
mia volta come tanti Leopardi, e
tagliandomi la strada dovetto
retrocedere. Il signore Capitano
Borbonico vecchia nostra
conoscenza, non sapeva nulla che quelli portavano Giuseppe Nicola
Summo ucciso, ma lo seppe dopo
avere tagliato a me la via dell'insiquimente.
Lascìò subito
dall'insequirmi e corso dietro di coloro
che portavano la preda fatta. Forse
colla speranza di guadambiare anche
lui qualche ossarello sopre le 20 Mila
lire del fuorbanda. Intanto per me fu
una fortuna, che mi lasciò altrimente
chi sa come andava quella giornata,
se quel diavolotto mi dava la caccia,
poteva battere nelle altre pattuglie da
cui poteva portare la testa rotta.
Viciverso passai la giornata calma,
sebbene arrabbiato per la perdita del
compagno Giuseppe Nicola Summo
detto Ningo Nanghe lo scialpo, nativa
dei monti del Carmine Tenemente
della Città di Avigliano. In funere cipressi
è Laori Altere... Fine della
storia di Summo e fratello. |