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ANTICO TESTAMENTO - LA BIBBIA - MACCABEI - GIOBBE

LA SACRA BIBBIA - GIOBBE

Maccabei 2 - Capitolo 1
I. LETTERE AI GIUDEI DI EGITTO
PRIMA LETTERA
[1]«Ai fratelli giudei sparsi nell'Egitto salute. I fratelli giudei che sono
in Gerusalemme e nella regione della Giudea augurano buona pace. [2]Dio
voglia concedervi i suoi benefici e ricordarsi della sua alleanza con
Abramo, Isacco e Giacobbe suoi servi fedeli; [3]conceda a tutti voi volontà
di adorarlo e di compiere i suoi desideri con cuore generoso e animo pronto;
[4]vi dia una mente aperta ad intender la sua legge e i suoi comandi, e
volontà di pace. [5]Esaudisca le vostre preghiere e vi sia propizio e non vi
abbandoni nell'ora dell'avversità.
[6]Noi qui appunto preghiamo per voi.
[7]Quando regnava Demetrio nell'anno centosessantanove, noi Giudei vi
abbiamo scritto: "Nelle calamità e angosce che ci hanno colpiti in questi
anni da quando Giasone e i suoi partigiani hanno apostatato dalla città
santa e dal regno, [8]incendiando il portone e versando sangue innocente,
noi abbiamo pregato il Signore e siamo stati esauditi. Quindi abbiamo preso
l'offerta delle vittime e del fior di farina, abbiamo acceso le lampade e
presentato i panì'. [9]Vi scriviamo la presente per esortarvi a celebrare i
giorni delle Capanne nel mese di Casleu.
L'anno centottantotto.
SECONDA LETTERA
Indirizzo
[10]I Giudei residenti in Gerusalemme e nella Giudea, il consiglio degli
anziani e Giuda, ad Aristòbulo, maestro del re Tolomeo, appartenente alla
stirpe dei sacerdoti consacrati con l'unzione, e ai Giudei dimoranti in
Egitto, salute e prosperità.
Ringraziamento per il castigo di Antioco
[11]Salvati da grandi pericoli per l'intervento di Dio, lo ringraziamo molto
per esserci potuti schierare contro il re. [12]Perché egli stesso ha
respinto le forze schierate contro la santa città.
[13]Recatosi in Persia, il loro capo e con lui l'esercito creduto
invincibile, fu ucciso nel tempio della dea Nanea, per gli inganni orditi
dai sacerdoti di Nanea. [14]Con il pretesto di celebrare le nozze con lei,
Antioco con i suoi amici si era recato sul posto per prelevarne le immense
ricchezze a titolo di dote. [15]Dopo che i sacerdoti del tempio di Nanea
gliele ebbero mostrate, egli entrò con pochi nel recinto sacro e quelli,
chiuso il tempio alle spalle di Antioco [16]e aperta una porta segreta nel
soffitto, scagliarono pietre e fulminarono il condottiero e i suoi. Poi
fattili a pezzi e tagliate le loro teste, le gettarono a quelli di fuori.
[17]In tutto sia benedetto il nostro Dio, che ha consegnato alla morte gli
empi.
Il fuoco sacro miracolosamente conservato
[18]Stando noi per celebrare la purificazione del tempio il venticinque di
Casleu, abbiamo creduto necessario darvi qualche spiegazione, perché anche
voi celebriate la festa delle Capanne e del fuoco, apparso quando Neemia
offrì i sacrifici dopo la ricostruzione del tempio e dell'altare.
[19]Infatti quando i nostri padri furono deportati in Persia, i sacerdoti
fedeli di allora, preso il fuoco dall'altare, lo nascosero con cautela nella
cavità di un pozzo che aveva il fondo asciutto e là lo misero al sicuro, in
modo che il luogo rimanesse ignoto a tutti. [20]Dopo un buon numero di anni,
quando piacque a Dio, Neemia, rimandato dal re di Persia, inviò i
discendenti di quei sacerdoti che avevano nascosto il fuoco, a farne
ricerca; quando essi ci riferirono che non avevano trovato il fuoco ma acqua
grassa, comandò loro di attingerne e portarne. [21]Poi furono portate le
offerte per i sacrifici e Neemia comandò che venisse aspersa con quell'acqua
la legna e quanto vi era sopra. [22]Così fu fatto e dopo un pò di tempo il
sole, che prima era coperto di nubi, cominciò a risplendere e si accese un
gran rogo, con grande meraviglia di tutti.
[23]I sacerdoti si posero allora in preghiera, mentre il sacrificio veniva
consumato, e con i sacerdoti tutti gli altri: Giònata intonava, gli altri
continuavano in coro insieme a Neemia. [24]La preghiera era formulata in
questo modo: Signore, Signore Dio, creatore di tutto, tremendo e potente,
giusto e misericordioso, tu solo re e buono, [25]tu solo generoso, tu solo
giusto e onnipotente ed eterno, che salvi Israele da ogni male, che hai
fatto i nostri padri oggetto di elezione e santificazione, [26]accetta il
sacrificio offerto per Israele tuo popolo, custodisci la tua porzione e
santificala. [27]Raccogli i nostri dispersi, libera quelli che sono schiavi
in mano ai pagani, guarda benigno i disprezzati e gli oltraggiati; sappiano
i pagani che tu sei il nostro Dio. [28]Punisci quelli che ci opprimono e ci
ingiuriano con superbia. [29]Concedi al tuo popolo di radicarsi nel tuo
luogo santo, come ha detto Mosè. [30]I sacerdoti a loro volta cantavano
inni. [31]Poi vennero consumate le vittime del sacrificio e Neemia ordinò
che il resto dell'acqua venisse versata sulle pietre più grosse. [32]Fatto
questo, si accese una fiamma, la quale tuttavia fu assorbita dal bagliore
del fuoco acceso sull'altare. [33]Quando fu divulgato il fatto e fu
annunciato al re dei Persiani che nel luogo dove i sacerdoti deportati
avevano nascosto il fuoco era comparsa acqua e che i sacerdoti al seguito di
Neemia avevano con quella purificato le cose necessarie al sacrificio,
[34]il re fece cingere il luogo e lo dichiarò sacro, dopo aver accertato il
fatto. [35]Il re ricevette anche molti doni da quelli che aveva favoriti e
ne diede a sua volta. [36]I compagni di Neemia chiamarono questo luogo
Neftar che significa spurificaziones; ma i più lo chiamano Neftai.
Maccabei 2 - Capitolo 2
Geremia nasconde il materiale del culto
[1]Si trova scritto nei documenti che Geremia profeta ordinò ai deportati di
prendere del fuoco, come è stato significato, [2]e che il medesimo profeta
ai deportati consegnò la legge raccomandando loro di non dimenticarsi dei
comandi del Signore e di non lasciarsi traviare nelle idee, vedendo i
simulacri d'oro e d'argento e il fasto di cui erano circondati, [3]e che con
altre simili espressioni li esortava a non ripudiare la legge nel loro
cuore. [4]Si diceva anche nello scritto che il profeta, ottenuto un
responso, ordinò che lo seguissero con la tenda e l'arca. Quando giunse
presso il monte dove Mosè era salito e aveva contemplato l'eredità di Dio,
[5]Geremia salì e trovò un vano a forma di caverna e là introdusse la tenda,
l'arca e l'altare degli incensi e sbarrò l'ingresso. [6]Alcuni del suo
seguito tornarono poi per segnare la strada, ma non trovarono più il luogo.
[7]Geremia, saputolo, li rimproverò dicendo: Il luogo deve restare ignoto,
finché Dio non avrà riunito la totalità del suo popolo e si sarà mostrato
propizio. [8]Allora il Signore mostrerà queste cose e si rivelerà la gloria
del Signore e la nube, come appariva sopra Mosè, e come avvenne quando
Salomone chiese che il luogo fosse solennemente santificato. [9]Si narrava
anche che questi, dotato di sapienza, offrì il sacrificio per la dedicazione
e il compimento del tempio. [10]E allo stesso modo che Mosè aveva pregato il
Signore ed era sceso il fuoco dal cielo a consumare le vittime immolate,
così pregò anche Salomone e il fuoco sceso dal cielo consumò gli olocausti.
[11]Mosè aveva detto: Poiché non è stata mangiata la vittima offerta per il
peccato, essa è stata consumata. [12]Allo stesso modo anche Salomone celebrò
gli otto giorni.
La biblioteca di Neemia
[13]Si descrivevano le stesse cose nei documenti e nelle memorie di Neemia e
come egli, fondata una biblioteca, curò la raccolta dei libri dei re, dei
profeti e di Davide e le lettere dei re intorno ai doni. [14]Anche Giuda ha
raccolto tutti i libri andati dispersi per la guerra che abbiamo avuto, e
ora si trovano presso di noi. [15]Se mai ne avete bisogno, mandate persone
con l'incarico di portarveli.
Invito alla Dedicazione
[16]Vi abbiamo scritto mentre stiamo per celebrare la purificazione; farete
ottima cosa se celebrerete anche voi questi giorni. [17]Poiché Dio ha
salvato tutto il suo popolo e ha concesso a tutti l'eredità, nonchè il
regno, il sacerdozio e la santificazione [18]come ha promesso mediante la
legge, noi poniamo in Dio speranza che egli ci usi presto misericordia e
voglia presto radunarci, da ogni regione posta sotto il cielo, nel luogo
santo; egli infatti ci ha liberati da grandi mali e ha purificato il luogo
santo».
II. PREFAZIONE DELL'AUTORE
[19]I fatti riguardanti Giuda Maccabeo e i suoi fratelli, la purificazione
del grande tempio e la dedicazione dell'altare, [20]come anche le guerre
contro Antioco Epìfane e il figlio di lui Eupàtore, [21]nonchè le
manifestazioni venute dal cielo sopra coloro che si erano battuti con valore
per il giudaismo, riuscendo in pochi a impadronirsi di tutta la regione e a
scacciare una moltitudine di barbari, [22]a riconquistare il tempio famoso
in tutto il mondo, a liberare la città e a ristabilire le leggi che stavano
per essere soppresse, quando il Signore si rese loro propizio con ogni
benevolenza: [23]questi fatti narrati da Giasone di Cirene nel corso di
cinque libri, ci studieremo di riassumerli in una sola composizione.
[24]Vedendo infatti la massa di numeri e l'effettiva difficoltà per chi
desidera di inoltrarsi nelle narrazioni storiche, a causa della vastità
della materia, [25]ci siamo preoccupati di offrire diletto a coloro che
amano leggere, facilità a quanti intendono ritenere nella memoria, utilità a
tutti gli eventuali lettori. [26]Per noi certo, che ci siamo sobbarcati la
fatica del sunteggiare, l'impresa non si presenta facile: ci vorranno sudori
e veglie, [27]così come non è facile preparare un banchetto e accontentare
le esigenze altrui; tuttavia per far cosa gradita a molti ci sarà dolce
sopportare la fatica, [28]lasciando all'autore la completa esposizione dei
particolari, curandoci invece di procedere secondo gli schemi di un
riassunto. [29]Come infatti in una casa nuova all'architetto tocca pensare a
tutta la costruzione, mentre chi è incaricato di dipingere a fuoco e a
fresco deve badare solo alla decorazione, così, penso, è per noi.
[30]L'entrare in argomento e il passare in rassegna i fatti e l'insinuarsi
nei particolari, spetta all'ideatore dell'opera storica; [31]curare il sunto
della esposizione e tralasciare i complementi della narrazione storica, è
riservato a chi fa opera di compendio. [32]Di qui dunque cominceremo la
narrazione, senza nulla aggiungere a ciò che abbiamo detto nella prefazione:
sarebbe certo ingenuo abbondare nei preamboli e abbreviare poi la narrazione
storica.
Maccabei 2 - Capitolo 3
III. STORIA DI ELIODORO
La venuta di Eliodoro e Gerusalemme
[1]Nel periodo in cui la città santa godeva completa pace e le leggi erano
osservate perfettamente per la pietà del sommo sacerdote Onia e la sua
avversione al male, [2]gli stessi re avevano preso ad onorare il luogo santo
e a glorificare il tempio con doni insigni, [3]al punto che Selèuco, re
dell'Asia, provvedeva con le proprie entrate a tutte le spese riguardanti il
servizio dei sacrifici. [4]Ma un certo Simone della tribù di Bilga, nominato
sovrintendente del tempio, venne a trovarsi in contrasto con il sommo
sacerdote intorno all'amministrazione della città. [5]Non potendo aver
ragione con Onia, si recò da Apollonio di Tarso, che in quel periodo era
stratega della Celesiria e della Fenicia, [6]e gli riferì che il tesoro di
Gerusalemme era colmo di ricchezze immense tanto che l'ammontare del
capitale era incalcolabile e non serviva per le spese dei sacrifici; era
quindi ben possibile ridurre tutto in potere del re.
[7]Apollonio si incontrò con il re e gli riferì intorno alle ricchezze a lui
denunciate; quegli designò l'incaricato degli affari Eliodòro e lo inviò con
l'ordine di effettuare il prelevamento delle suddette ricchezze. [8]Eliodòro
si mise subito in viaggio, in apparenza per visitare le città della
Celesiria e della Fenicia, in realtà per compiere l'incarico del re.
[9]Giunto a Gerusalemme e accolto con deferenza dal sommo sacerdote della
città, espose le segnalazioni ricevute e disse chiaro il motivo per cui era
venuto; domandava poi se le cose stavano realmente così. [10]Il sommo
sacerdote gli spiegò che quelli erano i depositi delle vedove e degli
orfani; [11]che una parte era anche di Ircano, figlio di Tobia, persona di
condizione assai elevata; che l'empio Simone andava denunciando la cosa a
suo modo, ma complessivamente si trattava di quattrocento talenti d'argento
e duecento d'oro; [12]che era assolutamente impossibile permettere che
fossero ingannati coloro che si erano fidati della santità del luogo e del
carattere sacro e inviolabile di un tempio venerato in tutto il mondo.
La città è sconvolta
[13]Ma Eliodòro, a causa degli ordini ricevuti dal re, rispose recisamente
che quelle ricchezze dovevano essere trasferite nell'erario del re.
[14]Venne in un giorno da lui stabilito per ordinare l'inventario delle
medesime, mentre tutta la città era in grande agitazione. [15]I sacerdoti,
rivestiti degli abiti sacerdotali, si erano prostrati davanti all'altare ed
elevavano suppliche al Cielo che aveva sancito la legge dei depositi, perché
fossero conservati integri a coloro che li avevano consegnati. [16]Chi
guardava l'aspetto del sommo sacerdote riportava uno strazio al cuore,
poiché il volto e il cambiamento di colore ne mostravano l'intimo tormento.
[17]Tutta la sua persona era immersa in un timore e in un tremito del corpo
da cui appariva manifesta, a chi osservava, l'angoscia che aveva in cuore.
[18]Anche dalle case uscivano per accorrere in folla a una pubblica
supplica, perché il luogo santo stava per essere violato. [19]Le donne,
cingendo sotto il petto il cilicio, riempivano le strade; anche le
fanciulle, di solito ritirate, in parte accorrevano alle porte, in parte
sulle mura, altre si sporgevano dalle finestre; [20]tutte, con le mani
protese verso il Cielo, moltiplicavano le suppliche. [21]Muoveva a
compassione il pianto confuso della moltitudine e l'ansia tormentosa del
sommo sacerdote. [22]Essi supplicavano l'onnipotente Signore che volesse
conservare intatti in piena sicurezza i depositi per coloro che li avevano
consegnati.
[23]Eliodòro metteva ugualmente in esecuzione il suo programma.
Castigo di Eliodoro
[24]Ma appena fu arrivato sul posto con gli armati, presso il tesoro, il
Signore degli spiriti e di ogni potere compì un'apparizione straordinaria,
così che tutti i temerari che avevano osato entrare, colpiti dalla potenza
di Dio, si trovarono fiaccati e atterriti. [25]Infatti apparve loro un
cavallo, montato da un cavaliere terribile e rivestito di splendida
bardatura, il quale si spinse con impeto contro Eliodòro e lo percosse con
gli zoccoli anteriori, mentre il cavaliere appariva rivestito di armatura
d'oro. [26]A lui apparvero inoltre altri due giovani dotati di gran forza,
splendidi di bellezza e con vesti meravigliose, i quali, postisi ai due
lati, lo flagellavano senza posa, infliggendogli numerose percosse. [27]In
un attimo fu atterrato e si trovò immerso in una fitta oscurità. Allora i
suoi lo afferrarono e lo misero in una barella. [28]Egli che era entrato
poco prima nella suddetta camera del tesoro con numeroso seguito e con tutta
la guardia, fu portato via impotente ad aiutarsi. Dopo aver sperimentato nel
modo più evidente la potenza di Dio. [29]Così, mentre egli, prostrato dalla
forza divina, era là senza voce e privo d'ogni speranza di salvezza, [30]gli
altri benedicevano il Signore che aveva glorificato il suo luogo santo; il
tempio, che poco prima era pieno di trepidazione e confusione, dopo che il
Signore onnipotente aveva manifestato il suo intervento, si riempì di gioia
e letizia. [31]Subito alcuni compagni di Eliodòro pregarono Onia che
supplicasse l'Altissimo e impetrasse la grazia della vita a costui che stava
irrimediabilmente esalando l'ultimo respiro. [32]Il sommo sacerdote, temendo
che il re per avventura venisse a sospettare che i Giudei avessero teso un
tranello a Eliodòro, offrì un sacrificio per la salute dell'uomo. [33]Mentre
il sommo sacerdote compiva il rito propiziatorio, apparvero a Eliodòro gli
stessi giovani adorni delle stesse vesti, i quali in piedi dissero:
«Ringrazia ampiamente il sommo sacerdote Onia, per merito del quale il
Signore ti ridà la vita. [34]Tu poi, che hai sperimentato i flagelli del
Cielo, annuncia a tutti la grande potenza di Dio». Dette queste parole,
disparvero.
Conversione di Elidoro
[35]Eliodòro offrì un sacrificio al Signore e innalzò grandi preghiere a
colui che gli aveva restituito la vita, poi si congedò da Onia e fece
ritorno con il suo seguito dal re. [36]Egli testimoniava a tutti le opere
del sommo Dio, che aveva visto con i suoi occhi. [37]Quando poi il re gli
domandava chi fosse adatto ad essere inviato ancora una volta in
Gerusalemme, rispondeva: [38]Se hai qualcuno che ti è nemico o insidia il
tuo governo, mandalo là e l'avrai indietro flagellato per bene, se pure ne
uscirà salvo, perché in quel luogo c'è veramente una potenza divina. [39]Lo
stesso che ha la sua dimora nei cieli è custode e difensore di quel luogo ed
è pronto a percuotere e abbattere coloro che vi accedono con cattiva
intenzione. [40]Così dunque si sono svolti i fatti rigurdanti Eliodòro e la
difesa del tesoro.
Maccabei 2 - Capitolo 4
IV. PROPAGANDA ELLENISTICA E PERSECUZIONE SOTTO ANTIOCO EPIFANE
Misfatti di Simone
[1]Il suddetto Simone, che si era fatto delatore dei beni e della patria,
diffamava Onia, come se avesse percosso Eliodòro e fosse stato
l'organizzatore dei disordini; [2]osava definire nemico della cosa pubblica
il benefattore della città, il protettore dei cittadini, il difensore delle
leggi. [3]L'odio era giunto a tal punto che si compirono delle uccisioni da
parte di uno dei gregari di Simone; [4]allora Onia, vedendo l'aggravarsi
dell'invidia e accorgendosi che Apollonio figlio di Menèsteo, stratega della
Celesira e della Fenicia, aizzava la perfidia di Simone, [5]si recò dal re,
non per far la parte di accusatore dei suoi concittadini, ma per provvedere
al bene comune del popolo e di ciascuno in particolare. [6]Vedeva infatti
che senza un provvedimento del re era impossibile ristabilire la pace nella
vita pubblica e che Simone non avrebbe messo freno alla sua pazzia.
Il sommo sacerdote Giasone introduce l'ellenismo
[7]Ma, Selèuco essendo passato all'altra vita e avendo preso le redini del
governo Antioco chiamato anche Epìfane, Giasone, fratello di Onia, volle
procurarsi con la corruzione il sommo sacerdozio [8]e, in un incontro con il
re, gli promise trecentosessanta talenti d'argento e altri ottanta talenti
riscossi con un'altra entrata. [9]Oltre a questi prometteva di versargli
altri centocinquanta talenti, se gli fosse stato concesso di stabilire di
sua autorità una palestra e un campo d'addestramento e di erigere una
corporazione d'Antiocheni a Gerusalemme. [10]Avendo il re acconsentito,
egli, ottenuto il potere, si diede subito a trasformare i suoi connazionali
secondo i costumi greci, [11]annullando i favori concessi dal re ai Giudei,
ad opera di Giovanni, padre di quell'Eupolemo che aveva guidato l'ambasciata
presso i Romani per negoziare il patto d'amicizia e di alleanza, e
sradicando le leggi cittadine inaugurò usanze perverse. [12]Fu subito
zelante nel costruire una palestra, proprio ai piedi dell'acròpoli, e
nell'indurre i giovani più distinti a portare il pètaso. [13]Così era
raggiunto il colmo dell'ellenizzazione e la diserzione verso i costumi
stranieri per l'eccessiva corruzione dell'empio e falso sommo sacerdote
Giasone. [14]Perciò i sacerdoti non erano più premurosi del servizio
all'altare, ma, disprezzando il tempio e trascurando i sacrifici, si
affrettarono a partecipare agli spettacoli contrari alla legge nella
palestra, appena dato il segnale del lancio del disco. [15]Così tenendo in
poco conto le glorie patrie stimavano nobilissime le glorie elleniche.
[16]Ma appunto a causa di queste li sorprese una grave situazione e si
ebbero quali avversari e punitori proprio coloro le cui istituzioni
seguivano con zelo e a cui cercavano di rassomigliare in tutto. [17]Non è
cosa che resti impunita il comportarsi empiamente contro le leggi divine,
come dimostrerà chiaramente il successivo periodo di tempo.
[18]Celebrandosi in Tiro i giochi quinquennali con l'intervento del re,
[19]l'empio Giasone inviò come rappresentanti alcuni Antiocheni di
Gerusalemme, i quali portavano con sé trecento dramme d'argento per il
sacrifico a Ercole; ma questi portatori ritennero non conveniente usarle per
il sacrifico, bensì impiegarle per altra spesa. [20]Così il denaro destinato
al sacrificio a Ercole da parte del mandante, servì, grazie ai portatori,
per la costruzione delle triremi.
Antioco Epifane acclamato a Gerusalemme
[21]Antioco, avendo mandato Apollonio, figlio di Menèsteo, in Egitto per
l'intronizzazione del re Filomètore, venne a sapere che costui era diventato
contrario al suo governo e quindi si preoccupò della sua sicurezza. Perciò
si recò a Giaffa, poi mosse alla volta di Gerusalemme. [22]Fu accolto da
Giasone e dalla città con dimostrazioni magnifiche e introdotto con corteo
di fiaccole e acclamazioni. Così riprese la marcia militare verso la
Fenicia.
Menelao diventa sommo sacerdote
[23]Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao, fratello del gia menzionato
Simone, a portare al re denaro e a presentargli un memoriale su alcuni
affari importanti. [24]Ma quello, fattosi presentare al re e avendolo
ossequiato con un portamento da persona autorevole, si accaparrò il sommo
sacerdozio, superando l'offerta di Giasone di trecento talenti d'argento.
[25]Munito delle disposizioni del re, si presentò di ritorno, non avendo con
sé nulla che fosse degno del sommo sacerdozio, ma avendo le manie di un
tiranno unite alla ferocia di una belva. [26]Così Giasone, che aveva tradito
il proprio fratello, fu tradito a sua volta da un altro e fu costretto a
fuggire nel paese dell'Ammanìtide. [27]Menelato si impadronì del potere, ma
non s'interessò più del denaro promesso al re, [28]sebbene gliele avesse
fatto richiesta Sòstrato, comandante dell'acròpoli; questi infatti aveva
l'incarico della riscossione dei tributi. Per questo motivo tutti e due
furono convocati dal re. [29]Menelao lasciò come sostituto nel sommo
sacerdozio Lisìmaco suo fratello; Sòstrato lasciò Cratète, comandante dei
Ciprioti.
Assassinio di Onia
[30]Mentre così stavano le cose, le città di Tarso e Mallo si ribellarono,
perché erano state date in dono ad Antiòchide, concubina del re. [31]Il re
partì in fretta per riportare all'ordine la situazione, lasciando come
luogotenente Andronìco, uno dei suoi dignitari. [32]Menelao allora, pensando
di aver trovato l'occasione buona, sottrasse alcuni arredi d'oro del tempio
e ne fece omaggio ad Andronìco; altri poi si trovò che li aveva venduti a
Tiro e nelle città vicine. [33]Ma Onia lo biasimò, dopo essersi accertato
della cosa ed essersi rifugiato in località inviolabile a Dafne situata
presso Antiochia. [34]Per questo Menelao, incontratosi in segreto con
Andronìco, lo pregò di sopprimere Onia. Quegli, recatosi da Onia e
ottenutane con inganno la fiducia, dandogli la destra con giuramento lo
persuase, sebbene ancora guardato con sospetto, ad uscire dall'asilo e
subito lo uccise senza alcun riguardo alla giustizia. [35]Per questo fatto
non solo i Giudei, ma anche molti altri popoli si mossero a sdegno e
tristezza per l'empia uccisione di tanto uomo. [36]Quando il re tornò dalle
località della Cilicia, si presentarono a lui i Giudei della città insieme
con i Greci che condividevano l'esecrazione dell'uccisione di Onia contro
ogni diritto. [37]Antioco fu intimamente rattristato, colpito da cordoglio e
mosso a lacrime per la saggezza e la grande prudenza del defunto;
[38]subito, acceso di sdegno, tolse la porpora ad Andronìco, ne stracciò le
vesti e lo trascinò attraverso tutta la città fino al luogo stesso dove egli
aveva sacrilegamente ucciso Onia e là cancellò dal mondo l'assassino. Così
il Signore gli rese il meritato castigo.
Lisimaco muore in una sommossa
[39]Essendo poi avvenuti molti furti sacrileghi in città da parte di
Lisìmaco su istigazione di Menelao ed essendosene sparsa la voce al di
fuori, il popolo si ribellò a Lisìmaco, quando gia molti arredi d'oro erano
stati portati via. [40]La folla era eccitata e piena di furore e Lisìmaco,
armati circa tremila uomini, diede inizio ad atti di violenza, mettendo come
comandante un certo Aurano gia avanzato in età e non meno in stoltezza.
[41]Ma quelli, appena si accorsero dell'aggressione di Lisìmaco, afferrarono
chi pietre, chi grossi bastoni, altri raccolsero a manciate la polvere sul
posto e si gettarono contro coloro che stavano attorno a Lisìmaco. [42]A
questo modo ne ferirono molti, alcuni ne stesero morti, costrinsero tutti
alla fuga, misero a morte lo stesso saccheggiatore del tempio presso la
camera del tesoro.
Menelao prosciolto per denaro
[43]Per questi fatti fu intentato un processo contro Menelao. [44]«Venuto il
re a Tiro, i tre uomini mandati dal consiglio degli anziani difesero presso
di lui il loro diritto. [45]Menelao, ormai sul punto di essere abbandonato,
promise una buona quantità di denaro a Tolomeo, figlio di Dorìmene, perché
traesse il re dalla sua parte. [46]Tolomeo invitò il re sotto un portico,
come per prendere il fresco, e gli fece mutar parere. [47]Così il re
prosciolse dalle accuse Menelao, causa di tutto il male, e a quegli infelici
che, se avessero discusso la causa anche presso gli Sciti, sarebbero stati
prosciolti come innocenti, decretò la pena di morte. [48]Così senza
dilazione subirono l'ingiusta pena coloro che avevano difeso la città, il
popolo e gli arredi sacri. [49]Gli stessi cittadini di Tiro, indignati per
questo fatto, provvidero generosamente quanto occorreva per la loro
sepoltura. [50]Menelao invece, per la cupidigia dei potenti, rimase al
potere, crescendo in malvagità e facendosi grande traditore dei
concittadini.
Maccabei 2 - Capitolo 5
Seconda campagna egiziana
[1]In questo periodo di tempo Antioco organizzò la seconda spedizione in
Egitto. [2]Sopra tutta la città per circa quaranta giorni apparivano
cavalieri che correvano per l'aria con auree vesti, armati di lance roteanti
e di spade sguainate, [3]e schiere di cavalieri disposti a battaglia e
attacchi e scontri vicendevoli e trambusto di scudi e selve di aste e lanci
di frecce e bagliori di bardature d'oro e corazze d'ogni specie. [4]Per
questo tutti pregarono che l'apparizione fosse di buon augurio.
Assalto di Giasone e repressione di Epifane
[5]Essendosi diffusa la falsa notizia che Antioco era passato all'altra
vita, Giasone, prendendo con sé non meno di mille uomini, sferrò un assalto
alla città. Si accese la lotta sulle mura e, quando la città era ormai
presa, Menelao si rifugiò nell'acròpoli. [6]Giasone fece strage dei propri
concittadini senza pietà, non comprendendo che un successo contro i propri
connazionali era il massimo insuccesso, e credendo di riportare trofei sui
nemici e non sulla propria gente. [7]Non riuscì però ad impadronirsi del
potere e alla fine, conscio della vergogna del tradimento, corse di nuovo a
rifugiarsi nell'Ammanìtide. [8]Da ultimo incontrò una pessima sorte.
Imprigionato presso Areta, re degli Arabi, fuggendo poi di città in città,
perseguitato da tutti e odiato come traditore delle leggi, riguardato con
orrore come carnefice della patria e dei concittadini, fu spinto in Egitto;
[9]colui che aveva mandato in esilio numerosi figli della sua patria morì
presso gli Spartani, fra i quali si era ridotto quasi a cercare riparo in
nome della comunanza di stirpe. [10]E ancora, colui che aveva lasciato
insepolta una moltitudine di gente, finì non pianto da alcuno, privo di
esequie ed escluso dal sepolcro dei suoi padri.
[11]Quando il re venne a conoscenza di questi fatti, concluse che la Giudea
stava ribellandosi. Perciò tornando dall'Egitto, furioso come una belva,
prese la città con le armi [12]e diede ordine ai soldati di colpire senza
risparmio quanti capitavano e di uccidere quelli che si rifugiavano nelle
case. [13]Vi fu massacro di giovani e di vecchi, sterminio di uomini, di
donne e di fanciulli, stragi di fanciulle e di bambini. [14]Ottantamila in
quei tre giorni furono spacciati, quarantamila nel corso della lotta e in
numero non inferiore agli uccisi furono quelli venduti schiavi.
Saccheggio del tempio
[15]Non sazio di questo, Antioco osò entrare nel tempio più santo di tutta
la terra, avendo a guida quel Menelao che si era fatto traditore delle leggi
e della patria, [16]e afferrò con empie mani gli arredi sacri; quanto dagli
altri re era stato deposto per l'abbellimento e lo splendore del luogo e per
segno d'onore, egli lo saccheggiò con le sue mani sacrileghe.
[17]Antioco si inorgoglì, non comprendendo che il Signore si era sdegnato
per breve tempo a causa dei peccati degli abitanti della città e per questo
c'era stato l'abbandono di quel luogo. [18]Se il popolo non si fosse trovato
implicato in molti peccati, come era avvenuto per Eliodòro, mandato dal re
Seleuco a ispezionare la camera del tesoro, anche costui al suo ingresso
sarebbe stato colpito da flagelli e sarebbe stato distolto dalla sua
audacia. [19]Ma il Signore aveva eletto non gia il popolo a causa di quel
luogo, ma quel luogo a causa del popolo. [20]Perciò anche il luogo, dopo
essere stato coinvolto nelle sventure piombate sul popolo, da ultimo ne
condivise i benefici; esso, che per l'ira dell'Onnipotente aveva
sperimentato l'abbandono, per la riconciliazione del grande Sovrano fu
ripristinato in tutta la sua gloria.
I funzionari del paese
[21]Antioco dunque portando via dal tempio milleottocento talenti d'argento,
fece ritorno in fretta ad Antiochia, convinto nella sua superbia di aver
reso navigabile la terra e transitabile il mare, per effetto del suo
orgoglio. [22]Egli lasciò sovrintendenti per opprimere la nazione: in
Gerusalemme Filippo, frigio di stirpe, ma nei modi più barbaro di chi
l'aveva nominato; [23]sul Garizim Andronìco; oltre a loro Menelao, il quale
più degli altri era altezzoso con i concittadini, nutrendo una ostilità
dichiarata contro i Giudei.
Intervento del misarca Apollonio
[24]Mandò poi il misarca Apollonio con un esercito di ventiduemila uomini, e
con l'ordine di uccidere quanti erano in età adulta e di vendere le donne e
i fanciulli. [25]Costui, giunto a Gerusalemme e fingendo intenzioni
pacifiche, si tenne quieto fino al giorno sacro del sabato. Allora sorpresi
i Giudei in riposo, comandò ai suoi una parata militare [26]e trucidò quanti
uscivano per assistere alla festa; poi, scorrendo con gli armati per la
città, mise a morte un gran numero di persone.
[27]Ma Giuda, chiamato anche Maccabeo, che faceva parte di un gruppo di
dieci, si ritirò nel deserto, vivendo tra le montagne alla maniera delle
fiere insieme a quelli che erano con lui; e vivevano cibandosi di alimenti
erbacei, per non contrarre contaminazione.
Maccabei 2 - Capitolo 6
Introduzione dei culti pagani
[1]Non molto tempo dopo, il re inviò un vecchio ateniese per costringere i
Giudei ad allontanarsi dalle patrie leggi e a non governarsi più secondo le
leggi divine, [2]inoltre per profanare il tempio di Gerusalemme e dedicare
questo a Giove Olimpio e quello sul Garizim invece a Giove Ospitale, come si
confaceva agli abitanti del luogo. [3]Grave e intollerabile per tutti era il
dilagare del male. [4]Il tempio infatti fu pieno di dissolutezze e
gozzoviglie da parte dei pagani, che gavazzavano con le prostitute ed entro
i sacri portici si univano a donne e vi introducevano le cose più
sconvenienti. [5]L'altare era colmo di cose detestabili, vietate dalle
leggi. [6]Non era più possibile né osservare il sabato, né celebrare le
feste tradizionali, né fare aperta professione di giudaismo. [7]Si era
trascinati con aspra violenza ogni mese nel giorno natalizio del re ad
assistere al sacrificio; quando ricorrevano le feste dionisiache, si era
costretti a sfilare coronati di edera in onore di Dioniso. [8]Fu emanato poi
un decreto diretto alle vicine città ellenistiche, per iniziativa dei
cittadini di Tolemàide, perché anch'esse seguissero le stesse disposizioni
contro i Giudei, li costringessero a mangiare le carni dei sacrifici [9]e
mettessero a morte quanti non accettavano di partecipare alle usanze greche.
Si poteva allora capire quale tribolazione incombesse. [10]Furono
denunziate, per esempio, due donne che avevano circonciso i figli: appesero
i loro bambini alle loro mammelle e dopo averle condotte in giro
pubblicamente per la città, le precipitarono dalle mura. [11]Altri che si
erano raccolti insieme nelle vicine caverne per celebrare il sabato,
denunciati a Filippo, vi furono bruciati dentro, perché essi avevano
ripugnanza a difendersi per il rispetto a quel giorno santissimo.
Carattere provvidenziale della persecuzione
[12]Io prego coloro che avranno in mano questo libro di non turbarsi per
queste disgrazie e di considerare che i castighi non vengono per la
distruzione ma per la correzione del nostro popolo. [13]E veramene il fatto
che agli empi è data libertà per poco tempo, e subito incappano nei
castighi, è segno di grande benevolenza. [14]Poiché il Signore non si
propone di agire con noi come fa con gli altri popoli, attendendo
pazientemente il tempo di punirli, quando siano giunti al colmo dei loro
peccati; [15]e questo per non dovere alla fine punirci quando fossimo giunti
all'estremo delle nostre colpe. [16]Perciò egli non ci toglie mai la sua
misericordia, ma, correggendoci con le sventure, non abbandona il suo
popolo. [17]Questo sia detto come verità da ricordare. Dopo questa breve
parentesi torniamo alla narrazione.
Il martirio di Eleazaro
[18]Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo gia avanti negli
anni e molto dignitoso nell'aspetto della persona, veniva costretto ad
aprire la bocca e ad ingoiare carne suina. [19]Ma egli, preferendo una morte
gloriosa a una vita ignominiosa, s'incamminò volontariamente al supplizio,
[20]sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono
pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per brama di
sopravvivere. [21]Coloro che erano incaricati dell'illecito banchetto
sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano con
quest'uomo, lo tirarono in disparte e lo pregarono di prendere la carne di
cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare la
porzione delle carni sacrificate imposta dal re, [22]perché, agendo a questo
modo, avrebbe sfuggito la morte e approfittato di questo atto di clemenza in
nome dell'antica amicizia che aveva con loro. [23]Ma egli, facendo un nobile
ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia a cui si
aggiungeva la veneranda canizie, e della condotta irreprensibile tenuta fin
da fanciullo, e degno specialmente delle sante leggi stabilite da Dio,
rispose subito dicendo che lo mandassero alla morte. [24]«Non è affatto
degno della nostra età fingere con il pericolo che molti giovani, pensando
che a novant'anni Eleàzaro sia passato agli usi stranieri, [25]a loro volta,
per colpa della mia finzione, durante pochi e brevissimi giorni di vita, si
perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia
vecchiaia. [26]Infatti anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini,
non potrei sfuggire né da vivo né da morto alle mani dell'Onnipontente.
[27]Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della
mia età [28]e lascerò ai giovani nobile esempio, perché sappiano affrontare
la morte prontamente e generosamente per le sante e venerande leggi». Dette
queste parole, si avviò prontamente al supplizio. [29]Quelli che ve lo
trascinavano, cambiarono la benevolenza di poco prima in avversione,
ritenendo a loro parere che le parole da lui prima pronunziate fossero una
pazzia. [30]Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i gemiti: «Il
Signore, cui appartiene la sacra scienza, sa bene che, potendo sfuggire alla
morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i flagelli, ma nell'anima
sopporto volentieri tutto questo per il timore di lui». [31]In tal modo egli
morì, lasciando non solo ai giovani ma alla grande maggioranza del popolo la
sua morte come esempio di generosità e ricordo di fortezza.
Maccabei 2 - Capitolo 7
Il martirio dei sette fratelli
[1]Ci fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre,
furono costretti dal re a forza di flagelli e nerbate a cibarsi di carni
suine proibite. [2]Uno di essi, facendosi interprete di tutti, disse: «Che
cosa cerchi di indagare o sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che
trasgredire le patrie leggi». [3]Allora il re irritato comandò di mettere al
fuoco padelle e caldaie. [4]Diventate queste subito roventi, il re comandò
di tagliare la lingua, di scorticare e tagliare le estremità a quello che
era stato loro portavoce, sotto gli occhi degli altri fratelli e della
madre. [5]Quando quegli fu mutilato di tutte le membra, comandò di
accostarlo al fuoco e di arrostirlo mentre era ancora vivo. Mentre il fumo
si spandeva largamente all'intorno della padella, gli altri si esortavano a
vicenda con la loro madre a morire da forti, esclamando: [6]«Il Signore Dio
ci vede dall'alto e in tutta verità ci dà conforto, precisamente come
dichiarò Mosè nel canto della protesta: Egli si muoverà a compassione dei
suoi servi». [7]Venuto meno il primo, in egual modo traevano allo scherno il
secondo e, strappatagli la pelle del capo con i capelli, gli domandavano:
«Sei disposto a mangiare, prima che il tuo corpo venga straziato in ogni suo
membro?». [8]Egli rispondendo nella lingua paterna protestava: «No». Perciò
anch'egli si ebbe gli stessi tormenti del primo. [9]Giunto all'ultimo
respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re
del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita
nuova ed eterna». [10]Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro
richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani
[11]e disse dignitosamente: «Da Dio ho queste membra e, per le sue leggi, le
disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo»; [12]così lo stesso re e i
suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza del giovinetto, che non
teneva in nessun conto le torture. [13]Fatto morire anche costui, si misero
a straziare il quarto con gli stessi tormenti. [14]Ridotto in fin di vita,
egli diceva: «E' bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio
l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per
te la risurrezione non sarà per la vita». [15]Subito dopo, fu condotto
avanti il quinto e fu torturato. [16]Ma egli, guardando il re, diceva: «Tu
hai potere sugli uomini, e sebbene mortale, fai quanto ti piace; ma non
credere che il nostro popolo sia stato abbandonato da Dio. [17]Quanto a te,
aspetta e vedrai la grandezza della sua forza, come strazierà te e la tua
discendenza». [18]Dopo di lui presero il sesto; mentre stava per morire,
egli disse: «Non illuderti stoltamente; noi soffriamo queste cose per causa
nostra, perché abbiamo peccato contro il nostro Dio; perciò ci succedono
cose che muovono a meraviglia. [19]Ma tu non credere di andare impunito dopo
aver osato di combattere contro Dio».
[20]La madre era soprattutto ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché
vedendo morire sette figli in un sol giorno, sopportava tutto serenamente
per le speranze poste nel Signore. [21]Esortava ciascuno di essi nella
lingua paterna, piena di nobili sentimenti e, sostenendo la tenerezza
femminile con un coraggio virile, diceva loro: [22]«Non so come siate
apparsi nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la vita, né io ho dato
forma alle membra di ciascuno di voi. [23]Senza dubbio il creatore del
mondo, che ha plasmato alla origine l'uomo e ha provveduto alla generazione
di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la
vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi».
[24]Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quella voce fosse di
scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo e non solo a parole, ma
con giuramenti prometteva che l'avrebbe fatto ricco e molto felice se avesse
abbandonato gli usi paterni, e che l'avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe
affidato cariche. [25]Ma poiché il giovinetto non badava affatto a queste
parole il re, chiamata la madre, la esortava a farsi consigliera di salvezza
per il ragazzo. [26]Dopo che il re la ebbe esortata a lungo, essa accettò di
persuadere il figlio; [27]chinatasi verso di lui, beffandosi del crudele
tiranno, disse nella lingua paterna: «Figlio, abbi pietà di me che ti ho
portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato,
ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. [28]Ti scongiuro,
figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi
che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l'origine del
genere umano. [29]Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi
fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi
fratelli nel giorno della misericordia». [30]Mentre essa finiva di parlare,
il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma
ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di
Mosè. [31]Ma tu, che ti fai autore di tutte le sventure degli Ebrei, non
sfuggirai alle mani di Dio. [32]Per i nostri peccati noi soffriamo. [33]Se
per nostro castigo e correzione il Signore vivente si adira per breve tempo
con noi, presto si volgerà di nuovo verso i suoi servi. [34]Ma tu, o
sacrilego e di tutti gli uomini il più empio, non esaltarti invano, agitando
segrete speranze, mentre alzi la mano contro i figli del Cielo; [35]perché
non sei ancora al sicuro dal giudizio dell'onnipotente Dio che tutto vede.
[36]Gia ora i nostri fratelli, che hanno sopportato breve tormento, hanno
conseguito da Dio l'eredità della vita eterna. Tu invece subirai per
giudizio di Dio il giusto castigo della tua superbia. [37]Anche io, come gia
i miei fratelli, sacrifico il corpo e la vita per le patrie leggi,
supplicando Dio che presto si mostri placato al suo popolo e che tu fra dure
prove e flagelli debba confessare che egli solo è Dio; [38]con me invece e
con i miei fratelli possa arrestarsi l'ira dell'Onnipotente, giustamente
attirata su tutta la nostra stirpe». [39]Il re, divenuto furibondo, si sfogò
su costui più cudelmente che sugli altri, sentendosi invelenito dallo
scherno. [40]Così anche costui passò all'altra vita puro, confidando
pienamente nel Signore. [41]Ultima dopo i figli, anche la madre incontrò la
morte.
[42]Ma ora basti quanto s'è esposto circa i pasti sacrificali e le
incredibili crudeltà.
Maccabei 2 - Capitolo 8
V. VITTORIA DEL GIUDAISMO.
MORTE DEL PERSECUTORE E PURIFICAZIONE DEL TEMPIO
Giuda Maccabeo alla macchia
[1]Intanto Giuda Maccabeo e i suoi compagni, passando di nascosto nei
villaggi, invitavano i parenti, raccogliendo in più coloro che erano rimasti
fedeli al giudaismo; così misero insieme circa seimila uomini. [2]Alzarono
allora suppliche al Signore, perché riguardasse il popolo da tutti
calpestato, avesse pietà del tempio profanato da uomini empi, [3]usasse
misericordia alla città devastata e prossima ad essere rasa al suolo,
porgesse orecchio al sangue che gridava al suo cospetto, [4]non dimenticasse
l'iniquo sterminio di fanciulli innocenti e le bestemmie pronunciate contro
il suo nome e mostrasse sdegno contro la malvagità. [5]Il Maccabeo, postosi
a capo del gruppo, divenne ormai invincibile ai pagani, mentre l'ira del
Signore si volgeva in misericordia. [6]Piombando inaspettatamente su città e
villaggi, li incendiava e, impadronendosi delle posizioni più opportune,
metteva in fuga non pochi dei nemici, [7]scegliendo di preferenza la notte
come tempo favorevole a queste incursioni. La fama del suo valore risuonava
dovunque.
Campagna di Nicanore e di Gorgia
[8]Filippo, osservando che quest'uomo a poco a poco otteneva vantaggio e
progrediva continuamente nei successi, scrisse a Tolomeo, stratega della
Celesiria e della Fenicia, perché intervenisse a favore degli interessi del
re. [9]Quegli incaricò Nicànore, figlio di Pàtroclo, uno dei primi amici del
re, e lo inviò, mettendo ai suoi ordini gente d'ogni nazione in numero non
inferiore a ventimila, per sterminare totalmente la stirpe dei Giudei. Gli
associò anche Gorgia, un generale di professione ed esperto nelle azioni
belliche. [10]Nicànore stabilì di pagare il tributo che il re doveva ai
Romani, che era di duemila talenti, con la vendita degli schiavi giudei.
[11]Anzi spedì senz'altro un avviso alle città della costa, invitandole
all'acquisto di schiavi giudei e promettendo di barattare novanta
prigionieri per un talento; non immaginava che la vendetta dell'Onnipotente
stava per piombare su di lui.
[12]Giuda fu informato della spedizione di Nicànore e annunciò ai suoi
uomini la presenza dell'esercito. [13]Allora i paurosi e i diffidenti della
giustizia di Dio fuggirono, portandosi lontano dalla zona. [14]Altri
vendevano tutte le cose che erano loro rimaste e insieme pregavano il
Signore di salvare coloro che l'empio Nicànore aveva venduti prima ancora
dello scontro; [15]questo, se non per loro merito, almeno per l'alleanza con
i loro padri e per riguardo al suo glorioso nome invocato sopra di loro.
[16]Il Maccabeo poi, radunando i suoi uomini in numero di seimila, li
esortava a non scoraggiarsi davanti ai nemici, né a lasciarsi prendere da
timore di fronte alla moltitudine dei pagani venuti ingiustamente contro di
loro, ma a combattere da forti, [17]tenendo davanti agli occhi le violenze
da essi empiamente perpetrate contro il luogo santo e lo strazio della città
messa a ludibrio e ancora la soppressione dell'ordinamento politico degli
antenati. [18]«Costoro - disse - confidano nelle armi e insieme nel loro
ardire; noi confidiamo nel Dio onnipotente, capace di abbattere quanti
vengono contro di lui e il mondo intero con un sol cenno». [19]Ricordò loro
distintamente gli interventi divini al tempo degli antenati, quello avvenuto
contro Sennàcherib, quando morirono centottantacinquemila uomini, [20]e
quello successo in Babilonia nella battaglia contro i Gàlati, quando vennero
nella necessità di battersi, essendo in tutto ottomila insieme con
quattromila Macedoni, e mentre i Macedoni soccombevano, gli ottomila
sterminarono centoventimila uomini con l'aiuto venuto loro dal Cielo e
trassero un grande vantaggio.
[21]Con queste parole li rese coraggiosi e pronti a morire per le leggi e
per la patria; poi divise in qualche modo l'esercito in quattro parti;
[22]mise al comando di ogni schieramento i suoi fratelli Simone, Giuseppe e
Giònata, affidando a ciascuno millecinquecento uomini; [23]fece inoltre
leggere da Eleàzaro il libro sacro e, data la parola d'ordine «Aiuto di
Dio», postosi a capo del primo reparto, attaccò Nicànore. [24]L'Onnipotente
si fece in realtà loro alleato ed essi uccisero più di novemila nemici,
ferirono e mutilarono nelle membra la maggior parte dell'esercito di
Nicànore e costrinsero tutti a fuggire. [25]S'impadronirono anche del denaro
dei mercanti convenuti per acquistarli; inseguirono poi i nemici per un
pezzo, ma tornarono indietro impediti dall'ora tarda. [26]Era la vigilia del
sabato e per questa ragione non protrassero l'inseguimento. [27]Raccolte le
armi dei nemici e tolte loro le spoglie, passarono il sabato benedicendo
incessantemente e ringraziando il Signore che li aveva fatti giungere salvi
fino a quel giorno, fissandolo per loro come inizio della sua misericordia.
[28]Dopo il sabato distribuirono parte delle spoglie ai sinistrati, alle
vedove, agli orfani; il resto se lo divisero loro e i loro figli.
[29]Compiute queste cose, alzarono insieme preghiere al Signore
misericordioso, scongiurandolo di riconciliarsi pienamente con i suoi servi.
Sconfitta di Timoteo e Bacchide
[30]Combatterono anche con gli uomini di Timòteo e di Bàcchide, uccidendone
più di ventimila, e divennero padroni di alte fortezze e distribuirono le
molte spoglie, facendo parti uguali per sé, per i sinistrati, per gli
orfani, per le vedove e anche per i vecchi. [31]Raccolte le armi dei nemici,
con molta cura riposero il tutto in luoghi opportuni; il resto del bottino
lo portarono a Gerusalemme. [32]Uccisero anche l'ufficiale preposto alle
guardie di Timòteo, uomo scelleratissimo, che aveva fatto soffrire molto i
Giudei. [33]Mentre si celebrava la vittoria in patria, bruciarono coloro che
avevano incendiato le sacre porte, compreso Callìstene, che si era rifugiato
in una casupola; ricevette così una degna mercede della sua empietà.
Fuga e confessione di Nicanore
[34]Il tristissimo Nicànore, colui che aveva convocato mille mercanti per la
vendita dei Giudei, [35]umiliato, con l'aiuto di Dio, da coloro che erano da
lui ritenuti insignificanti, deposta la splendida veste, fuggiasco come uno
schiavo attraverso la campagna e ormai privo di tutto, arrivò ad Antiochia,
gia troppo fortunato di essere sopravvissuto alla rovina dell'esercito.
[36]Così chi si riprometteva di assicurare il tributo per i Romani con la
vendita dei prigionieri in Gerusalemme, confessava ora che i Giudei avevano
un difensore, che i Giudei erano per questa ragione invincibili, perché
obbedivano alle leggi stabilite da lui.
Maccabei 2 - Capitolo 9
Fine di Antioco Epifane
[1]Avvenne in quel periodo il ritorno ignominioso di Antioco dalle regioni
della Persia. [2]Infatti egli era giunto nella città chiamata Persepoli e si
era accinto a depredare il tempio e ad impadronirsi della piazza, ma i
cittadini ricorsero in massa alle armi e lo ricacciarono; perciò Antioco,
messo in fuga dagli abitanti, dovette ritirarsi vergognosamente. [3]Mentre
si trovava presso Ecbàtana, gli giunsero le notizie su ciò che era accaduto
a Nicànore e agli uomini di Timòteo. [4]Montato in gran furore, pensava di
sfogarsi sui Giudei anche per lo smacco inflittogli da coloro che lo avevano
messo in fuga. Perciò diede ordine al cocchiere di compiere il viaggio
spingendo i cavalli senza sosta; ma incombeva ormai su di lui il giudizio
del Cielo. Così diceva nella sua superbia: «Farò di Gerusalemme un cimitero
di Giudei, appena vi sarò giunto». [5]Ma il Signore che tutto vede, il Dio
d'Israele, lo colpì con piaga insanabile e invisibile. Aveva appena
terminato quella frase, quando lo colpì un insopportabile dolore alle
viscere e terribili spasimi intestinali, [6]ben meritati da colui che aveva
straziato le viscere altrui con molti e strani generi di tormenti. [7]Ma
egli non desisteva affatto dalla sua alterigia, anzi pieno ancora di
superbia spirava il fuoco della sua collera contro i Giudei e comandava di
accelerare la corsa. Ma gli accadde di cadere dal carro in corsa tumultuosa
e per la grave caduta di riportare contusioni in tutte le membra del corpo.
[8]Colui che poco prima pensava di comandare ai flutti del mare, arrogandosi
di essere un superuomo e di pesare sulla bilancia le cime dei monti, ora
gettato a terra doveva farsi portare in lettiga, rendendo a tutti manifesta
la potenza di Dio, [9]a tal punto che nel corpo di quell'empio si formavano
i vermi e, mentre era ancora vivo, le sue carni fra spasimi e dolori
cadevano a brandelli e l'esercito era tutto nauseato dal fetore e dal
marciume di lui. [10]Colui che poco prima credeva di toccare gli astri del
cielo, ora nessuno poteva sopportarlo per l'intollerabile intensità del
fetore. [11]Allora finalmente, malconcio a quel modo, incominciò ad
abbassare il colmo della sua superbia e ad avviarsi al ravvedimento per
effetto del divino flagello, mentre ad ogni istante era lacerato dai dolori.
[12]Non potendo più sopportare il suo proprio fetore, disse: «E' giusto
sottomettersi a Dio e non pensare di essere uguale a Dio quando si è
mortali!». [13]Quell'empio si mise a pregare quel Signore che ormai non
avrebbe più avuto misericordia di lui, e diceva [14]che avrebbe dichiarato
libera la città santa, che prima si affrettava a raggiungere per raderla al
suolo e farne un cimitero; [15]che avrebbe reso pari agli Ateniesi tutti i
Giudei che prima aveva stabilito di non degnare neppure della sepoltura, ma
di gettare in pasto alle fiere insieme con i loro bambini; [16]che avrebbe
adornato con magnifici doni votivi il sacro tempio, che prima aveva
saccheggiato, e avrebbe restituito in maggior numero tutti gli arredi sacri
e avrebbe provveduto con le proprie entrate ai contributi fissati per i
sacrifici; [17]inoltre che si sarebbe fatto Giudeo e si sarebbe recato in
ogni luogo abitato per annunciare la potenza di Dio.
Lettera di Antioco ai Giudei
[18]Ma poiché i dolori non diminuivano per nulla - era arrivato infatti su
di lui il giusto giudizio di Dio - e disperando ormai di sé, scrisse ai
Giudei la lettera che riportiamo qui sotto, nello stile di una supplica,
così concepita:
[19]«Ai Giudei, ottimi cittadini, il re e condottiero Antioco augura
magnifica salute, benessere e prosperità. [20]Se voi state bene e i figli e
le vostre cose procedono secondo il vostro pensiero, io, riponendo le mie
speranze nel Cielo, [21]mi ricordo con tenerezza del vostro onore e della
vostra benevolenza. Ritornando dalle province della Persia e trovandomi
colpito da una malattia insopportabile, ho creduto necessario pensare alla
comune sicurezza di tutti. [22]Pur non disperando del mio stato, ma avendo
molta fiducia di poter scampare dalla malattia, [23]considerando d'altra
parte che anche mio padre, quando aveva intrapreso spedizioni nelle province
settentrionali, aveva indicato il successore, [24]perché se accadesse
qualche cosa di inaspettato o si diffondesse la notizia di qualche grave
incidente, gli abitanti del paese, sapendo in mano a chi era stato lasciato
il governo, non si agitassero; [25]e oltre a questo constatando che i
sovrani vicini e confinanti con il nostro regno spiano il momento opportuno
e attendono gli eventi, ho designato come re mio figlio Antioco, che gia più
volte, quando intraprendevo i viaggi nei distretti settentrionali, ho
raccomandato e affidato a moltissimi di voi. A lui indirizzo la lettera qui
unita. [26]Vi prego dunque e vi scongiuro di ricordarvi dei benefici
ricevuti pubblicamente o privatamente e prego ciascuno di conservare la
vostra benevolenza verso di me e mio figlio. [27]Ho fiducia che egli si
comporterà con voi con moderazione e umanità, secondo le mie direttive».
[28]Quest'omicida e bestemmiatore dunque, soffrendo crudeli tormenti, come
li aveva fatti subire agli altri, finì così la sua vita in terra straniera,
in una zona montuosa, con una sorte misera. [29]Curò il trasporto della
salma Filippo, cresciuto insieme a lui, il quale poi, diffidando del figlio
di Antioco, si recò in Egitto presso Tolomeo Filomètore.
Maccabei 2 - Capitolo 10
Purificazione del tempio
[1]Il Maccabeo intanto e i suoi uomini, guidati dal Signore, rioccuparono il
tempio e la città, [2]distrussero le are innalzate dagli stranieri sulle
piazze e i recinti sacri. [3]Purificarono il tempio e vi costruirono un
altro altare; poi facendo scintille con le pietre, ne trassero il fuoco e
offrirono sacrifici, dopo un'interruzione di due anni; prepararono l'altare
degli incensi, le lampade e l'offerta dei pani. [4]Fatto questo, prostrati a
terra, supplicarono il Signore, che non li facesse più incorrere in quei
mali ma, se mai peccassero ancora, venissero da lui corretti con clemenza,
ma non abbandonati in mano a un popolo di barbari e bestemmiatori. [5]La
purificazione del tempio avvenne nello stesso giorno in cui gli stranieri
l'avevano profanato, il venticinque dello stesso mese, cioè di Casleu.
[6]Con gioia passarono otto giorni come nella festa delle Capanne,
ricordando come poco tempo prima avevano passato la feste delle Capanne
dispersi sui monti e nelle caverne come animali selvatici. [7]Perciò,
tenendo in mano bastoni ornati, rami verdi e palme, innalzavano inni a colui
che aveva fatto ben riuscire la purificazione del suo proprio tempio.
[8]Stabilirono quindi con pubblico decreto e deliberazione per tutto il
popolo dei Giudei, che ogni anno si celebrassero questi giorni.
VI. LOTTA DI GIUDA CONTRO I POPOLI VICINI E CONTRO LISIA, MINISTRO DI
EUPATORE
Inizio del regno di Antioco Eupatore
[9]Tali furono le vicende riguardanti la morte di Antioco chiamato Epìfane.
[10]Ora invece esporremo le cose accadute sotto Antioco Eupàtore, figlio di
quell'empio, sunteggiando le principali sventure connesse alle guerre.
[11]Costui, dunque, succeduto nel regno, nominò capo degli affari politici
un certo Lisia, primo stratega della Celesiria e della Fenicia. [12]Tolomeo,
chiamato Macrone, preferendo osservare la giustizia nei riguardi dei Giudei,
a causa dei torti che erano stati fatti loro, cercava di svolgere i rapporti
con loro pacificamente. [13]Per questo motivo fu accusato dagli amici presso
l'Eupàtore ed egli, sentendosi spesso chiamare traditore per aver
abbandonato Cipro a lui affidata dal Filomètore ed essere passato dalla
parte di Antioco Epìfane, né potendo esercitare con onore la carica, preso
il veleno, pose fine alla propria vita.
Gorgia e le fortezze idumee
[14]Gorgia, divenuto stratega della regione, assoldava stranieri e teneva
viva la guerra contro i Giudei. [15]Insieme con lui anche gli Idumei, che
occupavano fortezze strategiche, lottavano contro i Giudei e, dando asilo a
tutti i fuorusciti da Gerusalemme, cominciarono a fomentare la guerra.
[16]Pertanto gli uomini del Maccabeo, dopo aver innalzato preghiere e
supplicato Dio che si facesse loro alleato, mossero contro le fortezze degli
Idumei [17]e, attaccandole con energia, si impadronirono delle posizioni,
respinsero quelli che combattevano sulle mura e uccisero quanti erano venuti
a tiro; ne uccisero così non meno di ventimila. [18]Non meno di novemila
tuttavia fuggirono in due torri fortificate a regola d'arte e fornite di
tutto l'occorrente per sostenere l'assedio. [19]Allora il Maccabeo,
lasciando Simone e Giuseppe e inoltre Zaccheo e i suoi uomini, sufficienti
per quell'assedio, si recò in zone più critiche. [20]Ma gli uomini di
Simone, vinti dalla prospettiva del guadagno, si lasciarono persuadere per
denaro da alcuni che erano nelle torri e, ricevute settantamila dramme, ne
lasciarono fuggire alcuni. [21]Quando fu riferito al Maccabeo l'accaduto,
radunati i capi del popolo, li accusò di aver venduto per denaro i loro
fratelli, dando libertà ai loro nemici. [22]Fece giustiziare coloro che si
erano resi colpevoli di tradimento e senza indugio espugnò le due torri.
[23]Essendo ben riuscito in tutto con le armi in mano, mise a morte nelle
due fortezze più di ventimila uomini.
Giuda batte Timoteo e prende Ghezer
[24]Timòteo, che prima aveva perduto di fronte ai Giudei, assoldando ora
forze straniere in gran numero e radunando la cavalleria dell'Asia, che non
era meno numerosa, avanzò con l'intenzione di soggiogare la Giudea con le
armi. [25]Gli uomini del Maccabeo al suo avvicinarsi, si cosparsero il capo
di polvere per la preghiera a Dio e, cintisi i fianchi di sacco, [26]si
prostrarono sul rialzo davanti all'altare e lo supplicarono che si mostrasse
loro propizio e fosse nemico dei loro nemici e avversario dei loro
avversari, secondo l'espressione della legge. [27]Terminata la preghiera,
presero le armi e uscirono dalla città per un bel tratto. Quando furono
vicini ai nemici, si fermarono. [28]Appena spuntata la luce del mattino,
iniziò l'attacco dalle due parti, gli uni avendo a garanzia del successo e
della vittoria gloriosa la fiducia nel Signore, gli altri ponendo come guida
nel conflitto il loro ardire. [29]Accesasi una lotta durissima, apparvero
dal cielo ai nemici cinque uomini splendidi su cavalli dalle briglie d'oro,
che guidavano i Giudei. [30]Essi presero in mezzo il Maccabeo e, riparandolo
con le loro armature, lo rendevano invulnerabile; contro gli avversari
invece scagliavano dardi e folgori ed essi, confusi e accecati, si
dispersero in preda al disordine. [31]Ne furono uccisi ventimilacinquecento
e seicento cavalieri. [32]Lo stesso Timòteo dovette rifugiarsi nella
fortezza chiamata Ghezer, ben munita, dove era comandante Chèrea. [33]Ma i
soldati del Maccabeo assediarono con entusiasmo la fortezza per quattro
giorni. [34]Gli assediati, fidando delle fortificazioni del luogo,
bestemmiavano in modo orribile e lanciavano empie frasi. [35]Alle prime luci
del quinto giorno, venti giovani del Maccabeo, accesi di sdegno per le
bestemmie, prese d'assalto le mura coraggiosamente e con selvaggio furore,
travolsero chiunque trovarono. [36]Anche altri, attaccando con una manovra
di aggiramento, incendiarono le torri e, accesi dei fuochi, bruciarono vivi
i bestemmiatori; altri ancora sfondarono le porte e fatto entrare il resto
dell'esercito affrettarono la presa della città. [37]Uccisero Timòteo che si
era nascosto in una buca e il fratello di lui Chèrea e Apollòfane.
[38]Terminata l'impresa, con canti e inni di riconoscenza benedicevano il
Signore che aveva magnificamente favorito Israele e concesso loro la
vittoria.
Maccabei 2 - Capitolo 11
Prima campagna di Lisia
[1]Dopo brevissimo tempo Lisia, tutore e parente del re e incaricato degli
affari di stato, mal sopportando l'accaduto, [2]raccolti circa ottantamila
uomini e tutta la cavalleria, mosse contro i Giudei, calcolando di ridurre
la città a dimora dei Greci, [3]di imporre tasse al tempio come agli altri
edifici di culto dei pagani e di mettere in vendita ogni anno il sommo
sacerdozio. [4]Egli non considerava per niente la potenza di Dio, ma si
appoggiava sulla potenza di migliaia di fanti, sulle migliaia di cavalli e
sugli ottanta elefanti. [5]Entrato nella Giudea e avvicinatosi a Bet-Zur,
che era una posizione fortificata distante da Gerusalemme circa venti
miglia, la cinse d'assedio. [6]Quando gli uomini del Maccabeo vennero a
sapere che quegli assediava le fortezze, tra gemiti e lacrime supplicarono
con tutto il popolo il Signore che inviasse il suo angelo buono a salvare
Israele. [7]Lo stesso Maccabeo, cingendo per primo le armi, esortò gli altri
ad esporsi con lui al pericolo per andare in aiuto dei loro fratelli: tutti
insieme partirono con coraggio. [8]Mentre si trovavano ancora vicino a
Gerusalemme, apparve come condottiero davanti a loro un cavaliere in sella,
vestito di bianco, in atto di agitare un'armatura d'oro. [9]Tutti insieme
benedissero Dio misericordioso e si sentirono così rafforzati in cuore, che
erano pronti ad assalire non solo gli uomini ma anche le bestie più feroci e
mura di ferro. [10]Procedevano in ordine, con un alleato venuto dal cielo,
per la misericordia che il Signore aveva avuto di loro. [11]Gettatisi come
leoni sui nemici, ne stesero al suolo undicimila e milleseicento cavalieri,
tutti gli altri li costrinsero a fuggire. [12]Costoro in gran parte
riuscirono a salvarsi feriti e spogliati. Anche Lisia per salvarsi fu
costretto a fuggire vergognosamente.
Pace con gli Ebrei. Quattro lettere riguardanti il trattato.
[13]Ma, non privo di intelligenza, pensando alla sconfitta subìta e
constatando che gli Ebrei erano invincibili, perché l'onnipotente Dio
combatteva al loro fianco, [14]mandò a proporre un accordo su tutto ciò che
fosse giusto, assicurando che a questo scopo avrebbe persuaso il re, facendo
pressione su di lui perché diventasse loro amico. [15]Il Maccabeo, badando a
ciò che più conveniva, acconsentì a tutto quanto Lisia chiedeva. Quanto
infatti il Maccabeo aveva presentato a Lisia per iscritto a riguardo dei
Giudei, fu accordato dal re. [16]Il contenuto della lettera scritta da Lisia
ai Giudei era del seguente tenore:
[17]«Lisia al popolo dei Giudei salute. Giovanni e Assalonne, inviati da
voi, ci hanno consegnato la decisione qui sotto riportata e hanno chiesto la
ratifica dei punti in essa dichiarati. [18]Quanto era necessario riferire al
re, l'ho riferito ed egli ha accordato quanto era accettabile. [19]Se dunque
conserverete il vostro buon impegno per gli interessi del regno, procurerò
anche in avvenire di esservi causa di favori. [20]Su questi punti e sui
particolari ho dato ordine a questi due e ai miei incaricati di trattare con
voi. [21]State bene. L'anno centoquarantotto, il ventiquattro del mese di
Dioscorinzio».
[22]La lettera del re si esprimeva così:
«Il re Antioco al fratello Lisia salute. [23]Dopo che nostro padre è passato
tra gli dei, volendo noi che i cittadini del regno possano tranquillamente
attendere ai loro interessi particolari [24]e, avendo sentito che i Giudei,
non favorevoli al disegno di ellenizzazione di nostro padre, attaccati
invece al loro sistema di vita, chiedono di potersi attenere alle proprie
leggi, [25]desiderosi a nostra volta che anche questo popolo sia libero da
turbamenti, decretiamo che il tempio sia loro restituito e si governino
secondo le tradizioni dei loro antenati. [26]Farai quindi cosa opportuna a
inviare loro messaggeri e ad offrire loro la destra perché, conosciuta la
nostra decisione, si sentano contenti e riprendano a loro agio la cura delle
proprie cose».
[27]La lettera del re indirizzata al popolo era così concepita:
«Il re Antioco al consiglio degli anziani dei Giudei e agli altri Giudei
salute. [28]Se state bene, è appunto come noi vogliamo: anche noi godiamo
ottima salute. [29]Menelao ci ha rivelato che voi volete tornare a vivere
nelle vostre sedi. [30]A quelli che si metteranno in viaggio entro i trenta
giorni del mese di Xàntico, sarà garantita sicurezza e facoltà [31]di usare,
come Giudei, delle loro regole alimentari e delle loro leggi come prima e
nessuno di loro potrà essere molestato da alcuno per le mancanze commesse
per ignoranza. [32]Ho anche mandato Menelao per rassicurarvi. [33]State
bene. L'anno centoquarantotto, il venticinque del mese di Xàntico».
[34]Anche i Romani inviarono loro questa lettera:
«Quinto Memmio e Tito Manio, legati dei Romani, al popolo dei Giudei salute.
[35]Riguardo a ciò che Lisia, parente del re, vi ha accordato, anche noi
siamo d'accordo. [36]Riguardo invece a quei punti che egli ha giudicato
dover riferire al re, mandate subito uno, dopo aver deliberato tra di voi,
perché possiamo esporre le cose in modo conveniente per voi. Noi siamo in
viaggio per Antiochia. [37]Mandate dunque in fretta alcuni per farci
conoscere di quale parere siete. [38]State bene. L'anno centoquarantotto, il
venticinque del mese di Xàntico».
Maccabei 2 - Capitolo 12
I fatti di Giaffa e di Iamnia
[1]Conclusi questi accordi, Lisia ritornò presso il re; i Giudei invece si
diedero a coltivare la terra. [2]Ma alcuni dei comandanti dei distretti e
precisamente Timòteo e Apollonio, figlio di Gennèo, Ierònimo e Demofonte e,
oltre questi, Nicànore, il comandante dei mercenari di Cipro, non li
lasciavano vivere tranquilli né procedere in pace. [3]Gli abitanti di Giaffa
perpetrarono un'empietà di questo genere: invitarono i Giudei che abitavano
con loro a salire con le mogli e con i figli su barche allestite da loro,
come se non ci fosse alcuna cattiva intenzione a loro riguardo, [4]ma fosse
un'iniziativa di tutta la cittadinanza. Essi accettarono, desiderosi di
rinsaldare la pace, e lontani da ogni sospetto. Ma quando furono al largo,
li fecero affondare in numero non inferiore a duecento. [5]Quando Giuda fu
informato di questa crudeltà compiuta contro i suoi connazionali, diede
ordine ai suoi uomini [6]e, invocando Dio, giusto giudice, mosse contro gli
assassini dei suoi fratelli e nella notte incendiò il porto, bruciò le navi
e uccise di spada quanti vi si erano rifugiati. [7]Poi, dato che il luogo
era sbarrato, abbandonò l'impresa con l'idea di tornare un'altra volta e
sradicare tutta la cittadinanza di Giaffa. [8]Avendo poi appreso che anche i
cittadini di Iamnia volevano usare lo stesso sistema con i Giudei che
abitavano con loro, [9]piombando di notte sui cittadini di Iamnia, incendiò
il porto con la flotta, così che si vedeva il bagliore delle fiamme fino a
Gerusalemme, che è distante duecentoquaranta stadi.
Spedizione in Galaad
[10]Quando si furono allontanati di là per nove stadi, dirigendosi contro
Timòteo, non meno di cinquemila Arabi con cinquecento cavalieri irruppero
contro Giuda. [11]Ne nacque una zuffa furiosa, ma gli uomini di Giuda con
l'aiuto di Dio ebbero la meglio. I nomadi invece, sopraffatti, supplicarono
Giuda che stendesse loro la destra promettendo di cedergli bestiame e di
aiutarlo in tutto il resto. [12]Giuda, prevedendo che realmente gli
sarebbero stati utili in molte cose, acconsentì a far la pace con loro ed
essi, strette le destre, tornarono alle loro tende. [13]Attaccò anche una
città difesa da contrafforti, circondata da mura e abitata da gente d'ogni
stirpe, chiamata Casfin. [14]Quelli di dentro, sicuri della solidità delle
mura e delle riserve di viveri, si mostravano insolenti con gli uomini di
Giuda, insultandoli, aggiungendo bestemmie e pronunciando frasi che non è
lecito riferire. [15]Ma gli uomini di Giuda, dopo aver invocato il grande
Signore del mondo, il quale senza arieti e senza macchine ingegnose aveva
fatto cadere Gerico al tempo di Giosuè, assalirono furiosamente le mura.
[16]Presa la città per volere di Dio, fecero innumerevoli stragi, cosicché
il lago adiacente, largo due stadi, sembrava pieno del sangue che vi colava
dentro.
La battaglia di Carnion
[17]Allontanatisi di là settecentocinquanta stadi giunsero a Caraca, presso
i Giudei chiamati Tubiani; [18]ma da quelle parti non trovarono Timòteo, il
quale era gia partito dalla zona, senza aver intrapreso alcuna azione, ma
lasciando in un certo luogo un presidio molto forte. [19]Dosìteo e
Sosìpatro, due capitani del Maccabeo, in una sortita sterminarono gli uomini
di Timòteo lasciati nella fortezza, che erano più di diecimila. [20]Intanto
il Maccabeo ordinò il suo esercito dividendolo in reparti, nominò questi al
comando dei reparti e mosse contro Timòteo, il quale aveva con sé
centoventimila fanti e duemilacinquecento cavalieri. [21]Quando Timòteo
seppe dell'arrivo di Giuda, mandò avanti le donne, i fanciulli e tutto il
bagaglio nel luogo chiamato Carnion: era questa una posizione inespugnabile
e inaccessibile per la strettezza di tutti i passaggi. [22]All'apparire del
primo reparto di Giuda, si diffuse tra i nemici il panico e il terrore
perché si verificò contro di loro l'apparizione di colui che dall'alto tutto
vede, e perciò cominciarono a fuggire precipitandosi chi da una parte chi
dall'altra, cosicché spesso erano colpiti dai propri compagni e trafitti
dalle punte delle loro spade. [23]Giuda dirigeva l'inseguimento con ogni
energia, trafiggendo quegli empi: ne sterminò circa trentamila. [24]Lo
stesso Timòteo, caduto in mano agli uomini di Dosìteo e Sosìpatro,
supplicava con molta astuzia di essere lasciato sano e salvo, perché
tratteneva come ostaggi i genitori di molti di loro e di alcuni i fratelli
ai quali sarebbe capitato di essere trattati senza riguardo. [25]Avendo egli
con molti discorsi prestato solenne promessa di restituire incolumi gli
ostaggi, lo lasciarono libero per la salvezza dei propri fratelli.
[26]Giuda mosse poi contro Carnion e l'Atergatèo e uccise venticinquemila
uomini.
Ritorno per Efron e Beisan
[27]Dopo la sconfitta e lo sterminio di questi, marciò contro la fortezza di
Efron, nella quale era stanziato Lisia con una moltitudine di gente di ogni
razza; davanti alle mura erano schierati i giovani più forti e combattevano
vigorosamente, mentre nella città stavano pronte molte riserve di macchine e
di proiettili. [28]Avendo invocato il Signore che distrugge con la sua
potenza le forze dei nemici, i Giudei fecero cadere la città nelle proprie
mani e uccisero venticinquemila di coloro che vi stavano dentro.
[29]Ritornati di là, mossero verso Beisan, che dista seicento stadi da
Gerusalemme. [30]Ma i Giudei che vi abitavano testimoniarono che i cittadini
di Beisan avevano dimostrato loro benevolenza e buona comprensione nel tempo
della sventura [31]e questi li ringraziarono e li esortarono ad essere ben
disposti anche in seguito verso il loro popolo. Poi si recarono a
Gerusalemme nell'imminenza della festa delle settimane.
Campagna contro Gorgia
[32]Dopo questa festa, chiamata Pentecoste, mossero contro Gorgia, stratega
dell'Idumea. [33]Questi avanzò con tremila fanti e quattrocento cavalieri.
[34]Schieratisi in combattimento, caddero un piccolo numero di Giudei.
[35]Un certo Dosìteo, degli uomini di Bacènore, abile nel cavalcare e
valoroso, si attaccò a Gorgia e, afferratolo per la clamide, lo trascinava a
gran forza volendo prendere vivo quello scellerato; ma uno dei cavalieri
traci si gettò su di lui tagliandogli la spalla e Gorgia potè fuggire a
Maresa. [36]Poiché gli uomini di Esdrin combattevano da lungo tempo ed erano
stanchi, Giuda supplicò il Signore che si mostrasse loro alleato e guida
nella battaglia. [37]Poi, intonato nella lingua paterna il grido di guerra
che si accompagnava agli inni, diede un assalto improvviso alle truppe di
Gorgia e le mise in fuga.
Il sacrificio per i morti
[38]Giuda poi radunò l'esercito e venne alla città di Odollam; poiché si
compiva la settimana, si purificarono secondo l'uso e vi passarono il
sabato. [39]Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata necessaria,
gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri per deporli con i loro
parenti nei sepolcri di famiglia. [40]Ma trovarono sotto la tunica di
ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iamnia, che la legge proibisce ai
Giudei; fu perciò a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti.
[41]Perciò tutti, benedicendo l'operato di Dio, giusto giudice che rende
palesi le cose occulte, [42]ricorsero alla preghiera, supplicando che il
peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti
quelli del popolo a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri
occhi quanto era avvenuto per il peccato dei caduti. [43]Poi fatta una
colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d'argento, le inviò a
Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in
modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione.
[44]Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero
risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. [45]Ma se
egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si
addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era
santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i
morti, perché fossero assolti dal peccato.
Maccabei 2 - Capitolo 13
Campagna di Antioco V e di Lisia. Supplizio di Menelao
[1]Nell'anno centoquarantanove giunse notizia agli uomini di Giuda che
Antioco Eupàtore muoveva contro la Giudea con numerose truppe; [2]era con
lui Lisia, suo tutore e preposto agli affari dello stato, che aveva con sé
un esercito greco di centodiecimila fanti, cinquemilatrecento cavalli,
ventidue elefanti e trecento carri falcati. [3]A costoro si unì anche
Menelao, il quale incoraggiava con molta astuzia Antioco, non per la
salvezza della patria, ma per la speranza di essere rimesso al suo posto di
comando. [4]Ma il Re dei re eccitò l'ira di Antioco contro quello scellerato
e, quando Lisia ebbe additato costui come causa di tutti i mali, diede
ordine che fosse condotto a Berèa e messo a morte secondo l'usanza del
luogo. [5]Vi è là una torre di cinquanta cubiti piena di cenere. Essa ha un
ordigno girevole che da ogni lato fa cadere a precipizio sulla cenere. [6]Di
lassù chi è reo di sacrilegio o chi ha raggiunto gli estremi in certi altri
delitti, tutti lo spingono alla morte. [7]In tal modo l'empio Menelao
incontrò la morte e non trovò terra per la sepoltura; [8]giusto castigo
poiché, dopo aver commesso molti delitti attorno all'altare dov'erano il
fuoco sacro e la cenere, nella cenere trovò la sua morte.
Preghiere e successi dei Giudei presso Modin
[9]Il re avanzava con barbari sentimenti e con l'intenzione di far provare
ai Giudei trattamenti peggiori di quelli che avevano subiti sotto suo padre.
[10]Quando Giuda seppe queste cose, ordinò al popolo di pregare il Signore
giorno e notte, perché, come altre volte, così anche ora aiutasse coloro che
erano in pericolo di essere privati della legge, della patria e del tempio
santo [11]e non permettesse che il popolo, che aveva appena goduto di un
breve respiro, cadesse in mano a quegli infami pagani. [12]Quando ebbero
fatto ciò tutti insieme ed ebbero supplicato il Signore misericordioso con
gemiti e digiuni e prostrazioni per tre giorni continui, Giuda li esortò e
comandò loro di tenersi preparati. [13]Tenuto poi un convegno a parte con
gli anziani, decise che si dovesse, con l'aiuto di Dio, risolvere le cose
uscendo a battaglia prima che l'esercito entrasse nella Giudea e si
impadronisse della città. [14]Affidando poi ogni cura al creatore del mondo,
esortò i suoi a combattere da prodi fino alla morte per le leggi, per il
tempio, per la città, per la patria, per le loro istituzioni, e pose il
campo vicino a Modin. [15]Data ai suoi uomini la parola d'ordine «Vittoria
di Dio», con giovani valorosi ben scelti, piombò di notte sulla tenda del re
nell'accampamento, uccise circa tremila uomini e trafisse il più grosso
degli elefanti insieme con l'uomo che era nella torretta [16]e alla fine
riempirono tutto il campo di terrore e confusione; poi se ne tornarono ad
impresa ben riuscita. [17]Quando gia spuntava il giorno, la cosa era
compiuta, per la protezione del Signore che aveva assistito Giuda.
Antioco V tratta con i Giudei
[18]Il re, avuto questo saggio dell'audacia dei Giudei, tentava con
l'astuzia la conquista delle posizioni. [19]Così si spingeva contro Bet-Zur,
una ben munita fortezza dei Giudei, ma veniva respinto, aveva sfortuna e
falliva; [20]mentre Giuda faceva giungere il necessario agli assediati.
[21]Intanto Rodoco, appartenente alle file dei Giudei, aveva rivelato i
segreti ai nemici: fu ricercato, preso e tolto di mezzo. [22]Il re tornò a
trattare con quelli che erano in Bet-Zur, diede e ricevette la destra di
pace e se ne andò. Assalì gli uomini di Giuda ma ebbe la peggio.
[23]Ricevette poi notizia che Filippo, lasciato in Antiochia a dirigere gli
affari, agiva da dissennato e ne rimase sconcertato; invitò i Giudei a
trattare, si sottomise, si obbligò con giuramento a rispettare tutte le
giuste condizioni, ristabilì l'accordo e offrì un sacrificio, onorò il
tempio e beneficò il luogo. [24]Fece accoglienze al Maccabeo e lasciò
Egemònide come stratega da Tolemàide fino al paese dei Gerreni. [25]Venne a
Tolemàide, ma i cittadini di Tolemàide si mostrarono malcontenti per quegli
accordi; erano irritati contro coloro che avevano voluto abolire i loro
privilegi. [26]Salì allora sulla tribuna Lisia, fece la sua difesa meglio
che potè, li persuase, li calmò, li rese ragionevoli; poi tornò ad
Antiochia. Così si svolse la spedizione del re e il suo ritorno.
Maccabei 2 - Capitolo 14
VII. LOTTA CONTRO NICANORE, GENERALE DI DEMETRIO I - IL GIORNO DI NICANORE
Intervento del sommo sacerdote Alcimo
[1]Dopo un periodo di tre anni, venne all'orecchio degli uomini di Giuda che
Demetrio, figlio di Selèuco, era sbarcato nel porto di Tripoli con un grande
esercito e la flotta [2]e si era impadronito del paese, eliminando Antioco e
il suo tutore Lisia. [3]Un certo Alcimo, che era stato prima sommo
sacerdote, ma che si era volontariamente contaminato nei giorni della
secessione, accorgendosi che per nessun verso si apriva a lui una via di
salvezza né ulteriore accesso al sacro altare, [4]andò dal re Demetrio verso
l'anno centocinquantuno offrendogli una corona d'oro e una palma oltre ai
tradizionali ramoscelli di ulivo del tempio e per quel giorno stette quieto.
[5]Ma colse l'occasione favorevole alla sua follia, quando fu chiamato da
Demetrio al consiglio e fu interrogato in quale disposizione e mentalità si
tenessero i Giudei. A questa richiesta rispose: [6]«I Giudei che si dicono
Asidèi, a capo dei quali sta Giuda il Maccabeo, alimentano guerre e
ribellioni e non lasciano che il regno trovi la tranquillità. [7]Per questo
anch'io, privato della dignità ereditaria, intendo dire del sommo
sacerdozio, sono venuto qui, [8]spinto anzitutto da schietta premura per gli
interessi del re e dalla preoccupazione della sconsideratezza delle suddette
persone, in secondo luogo mirando ai miei concittadini, perché, a causa del
disordine della situazione descritta, tutto il nostro popolo viene non poco
impoverito. [9]Ora che sai queste cose in particolare, tu, re, provvedi al
paese e alla nostra stirpe che va decadendo, con quella cortese benevolenza
che hai con tutti. [10]Fin quando Giuda è là, la situazione non può mettersi
tranquilla». [11]Dopo queste sue parole, gli altri amici, irritati per i
successi di Giuda, si affrettarono a infiammare Demetrio. [12]Questi,
designato subito Nicànore, gia a capo degli elefanti, e nominatolo stratega
della Giudea, lo inviò [13]con l'ordine di eliminare prima Giuda, di
disperdere i suoi uomini e di costituire Alcimo sommo sacerdote del tempio
massimo. [14]Allora i pagani della Giudea, che erano fuggiti davanti a
Giuda, si univano in massa a Nicànore sapendo che le sfortune e le calamità
dei Giudei sarebbero state apportatrici di fortuna per loro.
Nicanore fa amicizia con Giuda
[15]Quando seppero della venuta di Nicànore e dell'aggressione dei pagani, i
Giudei cosparsi di polvere, elevarono suppliche a colui che ha stabilito il
suo popolo per i secoli e che con segni palesi sempre protegge la sua
porzione. [16]Poi il comandante, dati gli ordini, mosse rapidamente di là e
si scontrò con loro presso il villaggio di Dessau. [17]Simone, fratello di
Giuda, aveva gia attaccato Nicànore, ma era rimasto battuto per l'improvvisa
comparsa dei nemici. [18]Tuttavia Nicànore, sentendo parlare del valore che
avevano gli uomini di Giuda e del loro entusiasmo nelle lotte per la patira,
non si arrischiava a decidere la sorte con spargimento di sangue. [19]Per
questo mandò Posidonio e Teòdoto e Mattatia a dare e ricevere la destra per
la pace. [20]Fu fatto un lungo esame intorno a queste cose e, quando il
comandante ne diede comunicazione alle truppe, il parere risultò concorde e
accettarono gli accordi. [21]Fissarono il giorno nel quale sarebbero venuti
a un incontro privato. Dall'una e dall'altra parte avanzò una lettiga e
collocarono dei seggi. [22]Giuda tuttavia dispose degli uomini armati nei
luoghi opportuni per paura che si verificasse d'improvviso qualche
tradimento da parte dei nemici: così in buon accordo tennero il convegno.
[23]Nicànore si trattenne in Gerusalemme e non fece alcun gesto fuori luogo;
anzi licenziò le turbe raccogliticce che gli si erano unite. [24]Voleva
Giuda sempre alla sua presenza, sentiva un'intima inclinazione per quel
prode. [25]L'esortò a sposarsi e ad avere figli; e quegli si sposò, potè
mettersi a posto e godere giorni sereni.
Alcimo riaccende le ostilità e Nicanore minaccia il tempio
[26]Ma Alcimo, vedendo la loro reciproca simpatia e procuratosi copia degli
accordi intercorsi, andò da Demetrio e gli disse che Nicànore seguiva una
linea contraria agli interessi dello stato: aveva infatti nominato suo
successore Giuda, il sobillatore del regno. [27]Il re, acceso di sdegno e
irritato per le calunnie di quel genio malefico, scrisse a Nicànore,
dichiarandogli di essere scontento delle alleanze concluse e ordinandogli
che gli mandasse subito ad Antiochia il Maccabeo in catene. [28]Nicànore,
sopreso da questi ordini, rimase sconcertato e aveva ripugnanza a rompere le
alleanze senza che l'uomo avesse commesso alcuna colpa. [29]Ma, poiché non
gli era possibile agire contro la volontà del re, cercava l'occasione per
effettuare la cosa con qualche stratagemma. [30]Il Maccabeo, notando che
Nicànore era più freddo nei rapporti con lui e che nei consueti incontri si
comportava con durezza, arguendo che questa freddezza non presagiva niente
di buono, raccolti non pochi dei suoi non si fece più vedere da Nicànore.
[31]Quest'altro, accortosi di essere stato giocato abilmente da quell'uomo,
salito al massimo e santo tempio, mentre i sacerdoti stavano compiendo i
sacrifici prescritti, ordinò che gli fosse consegnato l'uomo. [32]I
sacerdoti dichiararono con giuramento che non sapevano dove mai fosse il
ricercato [33]ma egli, stendendo la destra contro il tempio, giurò: «Se non
mi consegnerete Giuda in catene, farò di questa dimora di Dio una piazza
pulita, abbatterò dalle fondamenta l'altare e innalzerò qui uno splendido
tempio a Dioniso». [34]Dette queste grosse parole, se ne andò. I sacerdoti
alzando le mani al cielo, invocarono il protettore sempre vigile del nostro
popolo: [35]«Tu, Signore, che di nulla hai bisogno, ti sei compiaciuto di
porre il tempio della tua abitazione in mezzo a noi. [36]E ora tu, Santo e
Signore di ogni santità, custodisci questa tua casa, appena purificata, per
sempre libera da contaminazioni».
Morte di Razis
[37]Fu denunziato a Nicànore un certo Razis degli anziani di Gerusalemme,
uomo pieno di amore per la città, che godeva grandissima fama e chiamato per
la sua benevolenza padre dei Giudei. [38]Egli infatti nei giorni precedenti
la rivolta si era attirata l'accusa di giudaismo e realmente per il
giudaismo aveva impegnato corpo e anima con piena generosità. [39]Volendo
Nicànore far nota a tutti l'ostilità che aveva verso i Giudei, mandò più di
cinquecento soldati per arrestarlo; [40]pensava infatti che, prendendo
costui, avrebbe arrecato loro un grave colpo. [41]Ma, quando quella truppa
stava per occupare la torre e tentava di forzare la porta del cortile e
ordinavano di portare il fuoco e di appiccarlo alle porte, egli, accerchiato
da ogni lato, si piantò la spada in corpo, [42]preferendo morire nobilmente
piuttosto che divenire schiavo degli empi e subire insulti indegni della sua
nobiltà. [43]Non avendo però portato a segno il colpo per la fretta della
lotta, mentre la folla premeva fuori delle porte, salì coraggiosamente sulle
mura e si lasciò cadere a precipizio sulla folla con gesto da prode.
[44]Essi lo scansarono immediatamente lasciando uno spazio libero ed egli
cadde in mezzo allo spazio vuoto. [45]Poiché respirava ancora, con l'animo
infiammato, si alzò, mentre il sangue gli usciva a fiotti e le ferite lo
straziavano e, attraversata di corsa la folla, salì su di un tratto di
roccia, [46]ormai completamente esague; si trappò gli intestini e
prendendoli con le mani li gettò contro la folla; morì in tal modo invocando
il Signore della vita e dello spirito perché di nuovo glieli restituisse.
Maccabei 2 - Capitolo 15
Bestemmie di Nicanore
[1]Nicànore, avendo saputo che gli uomini di Giuda si trovavano nella
regione della Samaria, decise di assalirli a colpo sicuro nel giorno del
riposo. [2]Poiché i Giudei che l'avevano seguito forzatamente gli dicevano:
«Assolutamente non devi ucciderli in modo così crudele e barbaro; rendi
onore al giorno che è stato gia onorato rivestendolo di santità da colui che
tutto vede», [3]quell'uomo tre volte scellerato chiese se c'era in cielo un
Signore che aveva comandato di celebrare il giorno del sabato. [4]Essi
risposero: «Vi è il Signore vivente; egli è il sovrano del cielo, che ha
comandato di celebrare il settimo giorno». [5]L'altro ribattè: «E io sono
sovrano sulla terra, che comando di prendere le armi e portare a termine le
disposizioni del re». Tuttavia non riuscì a mandare ad effetto il suo
crudele intento.
Esortazione e sogno di Giuda
[6]Nicànore, dunque, alzata la testa con tutta la superbia, aveva decretato
di erigere un pubblico trofeo per la vittoria sugli uomini di Giuda. [7]Il
Maccabeo invece era costantemente convinto e pienamente fiducioso di trovare
protezione da parte del Signore. [8]Esortava i suoi uomini a non temere
l'attacco dei pagani, ma a tener fissi in mente gli aiuti che in passato
erano venuti loro dal Cielo e ad aspettare ora la vittoria che sarebbe stata
loro concessa dall'Onnipotente. [9]Confortandoli così con le parole della
legge e dei profeti e ricordando loro le lotte che avevano gia condotte a
termine, li rese più coraggiosi. [10]Avendo così stimolato i loro
sentimenti, espose e denunziò la malafede dei pagani e la violazione dei
giuramenti. [11]Dopo aver armato ciascuno di loro non tanto con la sicurezza
degli scudi e delle lance quanto con il conforto delle egrege parole, li
riempì di gioia, narrando loro un sogno degno di fede, anzi una vera
visione. [12]La sua visione era questa: Onia, che era stato sommo sacerdote,
uomo eccellente, modesto nel portamento, mite nel contegno, dignitoso nel
proferir parole, occupato dalla fanciullezza in quanto riguardava la virtù,
con le mani protese pregava per tutta la nazione giudaica. [13]Gli era anche
apparso un personaggio che si distingueva per la canizie e la dignità ed era
rivestito di una maestà meravigliosa e piena di magnificenza. [14]Onia
disse: «Questi è l'amico dei suoi fratelli, colui che innalza molte
preghiere per il popolo e per la città santa, Geremia il profeta di Dio».
[15]E Geremia stendendo la destra consegnò a Giuda una spada d'oro,
pronunciando queste parole nel porgerla: [16]«Prendi la spada sacra come
dono da parte di Dio; con questa abbatterai i nemici».
L'animo dei combattenti
[17]Esortati dalle bellissime parole di Giuda, capaci di spingere
all'eroismo e di rendere virile anche l'animo dei giovani, decisero di non
restare in campo, ma di intervenire coraggiosamente e decidere la sorte
attaccando battaglia con tutto il coraggio, perché la città e le cose sante
e il tempio erano in pericolo. [18]Minore era il loro timore per le donne e
i figli come pure per i fratelli e i parenti, poiché la prima e principale
preoccupazione era per il tempio consacrato. [19]Anche per quelli rimasti in
città non era piccola l'angoscia, essendo tutti turbati per l'ansia del
combattimento in campo aperto. [20]Mentre tutti erano in attesa della prova
imminente e i nemici gia avevano cominciato ad attaccare e l'esercito era in
ordine di battaglia e gli elefanti erano piazzati in posizione opportuna e
la cavalleria schierata ai lati, [21]il Maccabeo dopo aver osservato le
moltitudini presenti e la svariata attrezzatura delle armi e la ferocia
delle bestie, alzò le mani al cielo e invocò il Signore che compie prodigi,
convinto che non è possibile vincere con le armi, ma che egli concede la
vittoria a coloro che ne sono degni, secondo il suo giudizio. [22]Invocando
il Signore, si esprimeva in questo modo: «Tu, Signore, inviasti il tuo
angelo al tempo di Ezechia re della Giudea ed egli fece perire nel campo di
Sennàcherib centottantacinquemila uomini. [23]Anche ora, sovrano del cielo,
manda un angelo buono davanti a noi per incutere paura e tremore. [24]Siano
atterriti dalla potenza del tuo braccio coloro che bestemmiando sono venuti
qui contro il tuo santo tempio». Con queste parole egli terminò.
Disfatta e morte di Nicanore
[25]Gli uomini di Nicànore avanzavano al suono delle trombe e degli inni di
guerra. [26]Invece gli uomini di Giuda con invocazioni e preghiere si
gettarono nella mischia contro i nemici. [27]In tal modo combattendo con le
mani e pregando Dio con il cuore, travolsero non meno di tretacinquemila
uomini, rallegrandosi grandemente per la manifesta presenza di Dio.
[28]Terminata la battaglia, mentre facevano ritorno pieni di gioia,
riconobbero Nicànore caduto con tutte le sue armi. [29]Levarono alte grida
dandosi all'entusiasmo, mentre benedicevano l'Onnipotente nella lingua
paterna. [30]Quindi colui che era stato sempre il primo a combattere per i
suoi concittadini con anima e corpo, colui che aveva conservato l'affetto
della prima età verso i suoi connazionali, comandò che tagliassero la testa
di Nicànore e la sua mano con il braccio e li portassero a Gerusalemme.
[31]Quando vi giunse, chiamò a raccolta tutti i connazionali e i sacerdoti
davanti all'altare: sostando in mezzo a loro mandò a chiamare quelli
dell'Acra [32]e mostrò loro la testa dell'empio Nicànore e la mano che quel
bestemmiatore aveva steso contro la sacra dimora dell'Onnipotente
pronunciando parole orgogliose. [33]Tagliata poi la lingua del sacrilego
Nicànore, la fece gettare a pezzi agli uccelli e ordinò di appendere davanti
al tempio la mercede della sua follia.
[34]Tutti allora, rivolti verso il cielo, benedissero il Signore glorioso
dicendo: «Benedetto colui che ha conservato la sua dimora inviolata».
[35]Fece poi appendere la testa di Nicànore all'Acra alla vista di tutti,
perché fosse segno manifesto dell'aiuto di Dio. [36]Quindi decretarono
unanimemente con voto pubblico di non lasciar passare inosservato quel
giorno, ma di commemorarlo il tredici del decimosecondo mese - che in lingua
siriaca si chiama Adar - il giorno precedente la festa di Mardocheo.
Epilogo del redattore
[37]Così andarono le cose riguardo a Nicànore e, poiché da quel tempo la
città è rimasta in mano agli Ebrei, anch'io chiudo qui la mia narrazione.
[38]Se la disposizione dei fatti è riuscita scritta bene e ben composta, era
quello che volevo; se invece è riuscita di poco valore e mediocre, questo
solo ho potuto fare. [39]Come il bere solo vino e anche il bere solo acqua è
dannoso e viceversa come il vino mescolato con acqua è amabile e procura un
delizioso piacere, così l'arte di ben disporre l'argomento delizia gli
orecchi di coloro a cui capita di leggere la composizione. E qui sia la
fine.
Giobbe - Capitolo 1
I. PROLOGO
Satana mette Giobbe alla prova
[1]C'era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe: uomo integro e retto,
temeva Dio ed era alieno dal male. [2]Gli erano nati sette figli e tre
figlie; [3]possedeva settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia
di buoi e cinquecento asine, e molto numerosa era la sua servitù. Quest'uomo
era il più grande fra tutti i figli d'oriente.
[4]Ora i suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno di loro,
ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare anche le loro tre sorelle
per mangiare e bere insieme. [5]Quando avevano compiuto il turno dei giorni
del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si alzava di
buon mattino e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro. Giobbe
infatti pensava: «Forse i miei figli hanno peccato e hanno offeso Dio nel
loro cuore». Così faceva Giobbe ogni volta.
[6]Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e
anche satana andò in mezzo a loro. [7]Il Signore chiese a satana: «Da dove
vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra, che ho
percorsa». [8]Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo
Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è
alieno dal male». [9]Satana rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe
teme Dio per nulla? [10]Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla
sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e
il suo bestiame abbonda di terra. [11]Ma stendi un poco la mano e tocca
quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». [12]Il Signore disse a
satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di
lui». Satana si allontanò dal Signore.
[13]Ora accadde che un giorno, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano
mangiando e bevendo in casa del fratello maggiore, [14]un messaggero venne
da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino
ad essi, [15]quando i Sabei sono piombati su di essi e li hanno predati e
hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti
racconto questo».
[16]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un fuoco divino è
caduto dal cielo: si è attaccato alle pecore e ai guardiani e li ha
divorati. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[17]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I Caldei hanno
formato tre bande: si sono gettati sopra i cammelli e li hanno presi e hanno
passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto
questo».
[18]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I tuoi figli e le
tue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del loro fratello maggiore,
[19]quand'ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha
investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono
morti. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[20]Allora Giobbe si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo, cadde a
terra, si prostrò [21]e disse:
«Nudo uscii dal seno di mia madre,
e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto,
sia benedetto il nome del Signore!».
[22]In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.
Giobbe - Capitolo 2
[1]Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore, anche
satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. [2]Il Signore disse a
satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra
che ho percorsa». [3]Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio
servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio
ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai
spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo». [4]Satana rispose al
Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la
sua vita. [5]Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e
vedrai come ti benedirà in faccia!». [6]Il Signore disse a satana: «Eccolo
nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita».
[7]Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna,
dalla pianta dei piedi alla cima del capo. [8]Giobbe prese un coccio per
grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. [9]Allora sua moglie disse:
«Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!». [10]Ma egli
le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo
il bene, perché non dovremo accettare il male?».
In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.
[11]Nel frattempo tre amici di Giobbe erano venuti a sapere di tutte le
disgrazie che si erano abbattute su di lui. Partirono, ciascuno dalla sua
contrada, Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita, e si
accordarono per andare a condolersi con lui e a consolarlo. [12]Alzarono gli
occhi da lontano ma non lo riconobbero e, dando in grida, si misero a
piangere. Ognuno si stracciò le vesti e si cosparse il capo di polvere.
[13]Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti, e
nessuno gli rivolse una parola, perché vedevano che molto grande era il suo
dolore.
Giobbe - Capitolo 3
II. DIALOGO
1. PRIMO CICLO DI DISCORSI
Giobbe maledice il giorno della sua nascita
[1]Dopo, Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno; [2]prese a dire:
[3]Perisca il giorno in cui nacqui
e la notte in cui si disse: «E' stato concepito un
uomo!».
[4]Quel giorno sia tenebra,
non lo ricerchi Dio dall'alto,
né brilli mai su di esso la luce.
[5]Lo rivendichi tenebra e morte,
gli si stenda sopra una nube
e lo facciano spaventoso gli uragani del giorno!
[6]Quel giorno lo possieda il buio
non si aggiunga ai giorni dell'anno,
non entri nel conto dei mesi.
[7]Ecco, quella notte sia lugubre
e non entri giubilo in essa.
[8]La maledicano quelli che imprecano al giorno,
che sono pronti a evocare Leviatan.
[9]Si oscurino le stelle del suo crepuscolo,
speri la luce e non venga;
non veda schiudersi le palpebre dell'aurora,
[10]poiché non mi ha chiuso il varco del grembo
materno,
e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei!
[11]E perché non sono morto fin dal seno di mia madre
e non spirai appena uscito dal grembo?
[12]Perché due ginocchia mi hanno accolto,
e perché due mammelle, per allattarmi?
[13]Sì, ora giacerei tranquillo,
dormirei e avrei pace
[14]con i re e i governanti della terra,
che si sono costruiti mausolei,
[15]o con i principi, che hanno oro
e riempiono le case d'argento.
[16]Oppure, come aborto nascosto, più non sarei,
o come i bimbi che non hanno visto la luce.
[17]Laggiù i malvagi cessano d'agitarsi,
laggiù riposano gli sfiniti di forze.
[18]I prigionieri hanno pace insieme,
non sentono più la voce dell'aguzzino.
[19]Laggiù è il piccolo e il grande,
e lo schiavo è libero dal suo padrone.
[20]Perché dare la luce a un infelice
e la vita a chi ha l'amarezza nel cuore,
[21]a quelli che aspettano la morte e non viene,
che la cercano più di un tesoro,
[22]che godono alla vista di un tumulo,
gioiscono se possono trovare una tomba...
[23]a un uomo, la cui via è nascosta
e che Dio da ogni parte ha sbarrato?
[24]Così, al posto del cibo entra il mio gemito,
e i miei ruggiti sgorgano come acqua,
[25]perché ciò che temo mi accade
e quel che mi spaventa mi raggiunge.
[26]Non ho tranquillità, non ho requie,
non ho riposo e viene il tormento!
Giobbe - Capitolo 4
Fiducia in Dio
[1]Elifaz il Temanita prese la parola e disse:
[2]Se si tenta di parlarti, ti sarà forse gravoso?
Ma chi può trattenere il discorso?
[3]Ecco, tu hai istruito molti
e a mani fiacche hai ridato vigore;
[4]le tue parole hanno sorretto chi vacillava
e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato.
[5]Ma ora questo accade a te e ti abbatti;
capita a te e ne sei sconvolto.
[6]La tua pietà non era forse la tua fiducia
e la tua condotta integra, la tua speranza?
[7]Ricordalo: quale innocente è mai perito
e quando mai furon distrutti gli uomini retti?
[8]Per quanto io ho visto, chi coltiva iniquità,
chi semina affanni, li raccoglie.
[9]A un soffio di Dio periscono
e dallo sfogo della sua ira sono annientati.
[10]Il ruggito del leone e l'urlo del leopardo
e i denti dei leoncelli sono frantumati.
[11]Il leone è perito per mancanza di preda
e i figli della leonessa sono stati dispersi.
[12]A me fu recata, furtiva, una parola
e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro.
[13]Nei fantasmi, tra visioni notturne,
quando grava sugli uomini il sonno,
[14]terrore mi prese e spavento
e tutte le ossa mi fece tremare;
[15]un vento mi passò sulla faccia,
e il pelo si drizzò sulla mia carne...
[16]Stava là ritto uno, di cui non riconobbi
l'aspetto,
un fantasma stava davanti ai miei occhi...
Un sussurro..., e una voce mi si fece sentire:
[17]«Può il mortale essere giusto davanti a Dio
o innocente l'uomo davanti al suo creatore?
[18]Ecco, dei suoi servi egli non si fida
e ai suoi angeli imputa difetti;
[19]quanto più a chi abita case di fango,
che nella polvere hanno il loro fondamento!
Come tarlo sono schiacciati,
[20]annientati fra il mattino e la sera:
senza che nessuno ci badi, periscono per sempre.
[21]La funicella della loro tenda non viene forse
strappata?
Muoiono senza saggezza!».
Giobbe - Capitolo 5
[1]Chiama, dunque! Ti risponderà forse qualcuno?
E a chi fra i santi ti rivolgerai?
[2]Poiché allo stolto dà morte lo sdegno
e la collera fa morire lo sciocco.
[3]Io ho visto lo stolto metter radici,
ma imputridire la sua dimora all'istante.
[4]I suoi figli sono lungi dal prosperare,
sono oppressi alla porta, senza difensore;
[5]l'affamato ne divora la messe
e gente assetata ne succhia gli averi.
[6]Non esce certo dalla polvere la sventura
né germoglia dalla terra il dolore,
[7]ma è l'uomo che genera pene,
come le scintille volano in alto.
[8]Io, invece, mi rivolgerei a Dio
e a Dio esporrei la mia causa:
[9]a lui, che fa cose grandi e incomprensibili,
meraviglie senza numero,
[10]che dà la pioggia alla terra
e manda le acque sulle campagne.
[11]Colloca gli umili in alto
e gli afflitti solleva a prosperità;
[12]rende vani i pensieri degli scaltri
e le loro mani non ne compiono i disegni;
[13]coglie di sorpresa i saggi nella loro astuzia
e manda in rovina il consiglio degli scaltri.
[14]Di giorno incappano nel buio
e brancolano in pieno sole come di notte,
[15]mentre egli salva dalla loro spada l'oppresso,
e il meschino dalla mano del prepotente.
[16]C'è speranza per il misero
e l'ingiustizia chiude la bocca.
[17]Felice l'uomo, che è corretto da Dio:
perciò tu non sdegnare la correzione
dell'Onnipotente,
[18]perché egli fa la piaga e la fascia,
ferisce e la sua mano risana.
[19]Da sei tribolazioni ti libererà
e alla settima non ti toccherà il male;
[20]nella carestia ti scamperà dalla morte
e in guerra dal colpo della spada;
[21]sarai al riparo dal flagello della lingua,
né temerai quando giunge la rovina.
[22]Della rovina e della fame ti riderai
né temerai le bestie selvatiche;
[23]con le pietre del campo avrai un patto
e le bestie selvatiche saranno in pace con te.
[24]Conoscerai la prosperità della tua tenda,
visiterai la tua proprietà e non sarai deluso.
[25]Vedrai, numerosa, la prole,
i tuoi rampolli come l'erba dei prati.
[26]Te ne andrai alla tomba in piena maturità,
come si ammucchia il grano a suo tempo.
[27]Ecco, questo abbiamo osservato: è così.
Ascoltalo e sappilo per tuo bene.
Giobbe - Capitolo 6
L'uomo oppresso conosce solo la sua miseria
[1]Allora Giobbe rispose:
[2]Se ben si pesasse il mio cruccio
e sulla stessa bilancia si ponesse la mia sventura...
[3]certo sarebbe più pesante della sabbia del mare!
Per questo temerarie sono state le mie parole,
[4]perché le saette dell'Onnipotente mi stanno infitte,
sì che il mio spirito ne beve il veleno
e terrori immani mi si schierano contro!
[5]Raglia forse il somaro con l'erba davanti
o muggisce il bue sopra il suo foraggio?
[6]Si mangia forse un cibo insipido, senza sale?
O che gusto c'è nell'acqua di malva?
[7]Ciò che io ricusavo di toccare
questo è il ributtante mio cibo!
[8]Oh, mi accadesse quello che invoco,
e Dio mi concedesse quello che spero!
[9]Volesse Dio schiacciarmi,
stendere la mano e sopprimermi!
[10]Ciò sarebbe per me un qualche conforto
e gioirei, pur nell'angoscia senza pietà,
per non aver rinnegato i decreti del Santo.
[11]Qual la mia forza, perché io possa durare,
o qual la mia fine, perché prolunghi la vita?
[12]La mia forza è forza di macigni?
La mia carne è forse di bronzo?
[13]Non v'è proprio aiuto per me?
Ogni soccorso mi è precluso?
[14]A chi è sfinito è dovuta pietà dagli amici,
anche se ha abbandonato il timore di Dio.
[15]I miei fratelli mi hanno deluso come un torrente,
sono dileguati come i torrenti delle valli,
[16]i quali sono torbidi per lo sgelo,
si gonfiano allo sciogliersi della neve,
[17]ma al tempo della siccità svaniscono
e all'arsura scompaiono dai loro letti.
[18]Deviano dalle loro piste le carovane,
avanzano nel deserto e vi si perdono;
[19]le carovane di Tema guardano là,
i viandanti di Saba sperano in essi:
[20]ma rimangono delusi d'avere sperato,
giunti fin là, ne restano confusi.
[21]Così ora voi siete per me:
vedete che faccio orrore e vi prende paura.
[22]Vi ho detto forse: «Datemi qualcosa»
o «dei vostri beni fatemi un regalo»
[23]o «liberatemi dalle mani di un nemico»
o «dalle mani dei violenti riscattatemi»?
[24]Istruitemi e allora io tacerò,
fatemi conoscere in che cosa ho sbagliato.
[25]Che hanno di offensivo le giuste parole?
Ma che cosa dimostra la prova che viene da voi?
[26]Forse voi pensate a confutare parole,
e come sparsi al vento stimate i detti di un disperato!
[27]Anche sull'orfano gettereste la sorte
e a un vostro amico scavereste la fossa.
[28]Ma ora degnatevi di volgervi verso di me:
davanti a voi non mentirò.
[29]Su, ricredetevi: non siate ingiusti!
Ricredetevi; la mia giustizia è ancora qui!
[30]C'è forse iniquità sulla mia lingua
o il mio palato non distingue più le sventure?
Giobbe - Capitolo 7
[1]Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?
[2]Come lo schiavo sospira l'ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
[3]così a me son toccati mesi d'illusione
e notti di dolore mi sono state assegnate.
[4]Se mi corico dico: «Quando mi alzerò?».
Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino
all'alba.
[5]Ricoperta di vermi e croste è la mia carne,
raggrinzita è la mia pelle e si disfà.
[6]I miei giorni sono stati più veloci d'una spola,
sono finiti senza speranza.
[7]Ricordati che un soffio è la mia vita:
il mio occhio non rivedrà più il bene.
[8]Non mi scorgerà più l'occhio di chi mi vede:
i tuoi occhi saranno su di me e io più non sarò.
[9]Una nube svanisce e se ne va,
così chi scende agl'inferi più non risale;
[10]non tornerà più nella sua casa,
mai più lo rivedrà la sua dimora.
[11]Ma io non terrò chiusa la mia bocca,
parlerò nell'angoscia del mio spirito,
mi lamenterò nell'amarezza del mio cuore!
[12]Son io forse il mare oppure un mostro marino,
perché tu mi metta accanto una guardia?
[13]Quando io dico: «Il mio giaciglio mi darà
sollievo,
il mio letto allevierà la mia sofferenza»,
[14]tu allora mi spaventi con sogni
e con fantasmi tu mi atterrisci.
[15]Preferirei essere soffocato,
la morte piuttosto che questi miei dolori!
[16]Io mi disfaccio, non vivrò più a lungo.
Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni.
[17]Che è quest'uomo che tu nei fai tanto conto
e a lui rivolgi la tua attenzione
[18]e lo scruti ogni mattina
e ad ogni istante lo metti alla prova?
[19]Fino a quando da me non toglierai lo sguardo
e non mi lascerai inghiottire la saliva?
[20]Se ho peccato, che cosa ti ho fatto,
o custode dell'uomo?
Perché m'hai preso a bersaglio
e ti son diventato di peso?
[21]Perché non cancelli il mio peccato
e non dimentichi la mia iniquità?
Ben presto giacerò nella polvere,
mi cercherai, ma più non sarò!
Giobbe - Capitolo 8
Il corso inarrestabile della giustizia divina
[1]Allora prese a dire Bildad il Suchita:
[2]Fino a quando dirai queste cose
e vento impetuoso saranno le parole della tua bocca?
[3]Può forse Dio deviare il diritto
o l'Onnipotente sovvertire la giustizia?
[4]Se i tuoi figli hanno peccato contro di lui,
li ha messi in balìa della loro iniquità.
[5]Se tu cercherai Dio
e implorerai l'Onnipotente,
[6]se puro e integro tu sei,
fin d'ora veglierà su di te
e ristabilirà la dimora della tua giustizia;
[7]piccola cosa sarà la tua condizione di prima,
di fronte alla grandezza che avrà la futura.
[8]Chiedilo infatti alle generazioni passate,
poni mente all'esperienza dei loro padri,
[9]perché noi siamo di ieri e nulla sappiamo,
come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra.
[10]Essi forse non ti istruiranno e ti parleranno
traendo le parole dal cuore?
[11]Cresce forse il papiro fuori della palude
e si sviluppa forse il giunco senz'acqua?
[12]E' ancora verde, non buono per tagliarlo,
e inaridisce prima d'ogn'altra erba.
[13]Tale il destino di chi dimentica Dio,
così svanisce la speranza dell'empio;
[14]la sua fiducia è come un filo
e una tela di ragno è la sua sicurezza:
[15]si appoggi alla sua casa, essa non resiste,
vi si aggrappi, ma essa non regge.
[16]Rigoglioso sia pure in faccia al sole
e sopra il giardino si spandano i suoi rami,
[17]sul terreno sassoso s'intreccino le sue radici,
tra le pietre attinga la vita.
[18]Se lo si toglie dal suo luogo,
questo lo rinnega: «Non t'ho mai visto!».
[19]Ecco la gioia del suo destino
e dalla terra altri rispuntano.
[20]Dunque, Dio non rigetta l'uomo integro,
e non sostiene la mano dei malfattori.
[21]Colmerà di nuovo la tua bocca di sorriso
e le tue labbra di gioia.
[22]I tuoi nemici saran coperti di vergogna
e la tenda degli empi più non sarà.
Giobbe - Capitolo 9
La giustizia divina è al di sopra del diritto
[1]Giobbe rispose dicendo:
[2]In verità io so che è così:
e come può un uomo aver ragione innanzi a Dio?
[3]Se uno volesse disputare con lui,
non gli risponderebbe una volta su mille.
[4]Saggio di mente, potente per la forza,
chi s'è opposto a lui ed è rimasto salvo?
[5]Sposta le montagne e non lo sanno,
egli nella sua ira le sconvolge.
[6]Scuote la terra dal suo posto
e le sue colonne tremano.
[7]Comanda al sole ed esso non sorge
e alle stelle pone il suo sigillo.
[8]Egli da solo stende i cieli
e cammina sulle onde del mare.
[9]Crea l'Orsa e l'Orione,
le Pleiadi e i penetrali del cielo australe.
[10]Fa cose tanto grandi da non potersi indagare,
meraviglie da non potersi contare.
[11]Ecco, mi passa vicino e non lo vedo,
se ne va e di lui non m'accorgo.
[12]Se rapisce qualcosa, chi lo può impedire?
Chi gli può dire: «Che fai?».
[13]Dio non ritira la sua collera:
sotto di lui sono fiaccati i sostenitori di Raab.
[14]Tanto meno io potrei rispondergli,
trovare parole da dirgli!
[15]Se avessi anche ragione, non risponderei,
al mio giudice dovrei domandare pietà.
[16]Se io lo invocassi e mi rispondesse,
non crederei che voglia ascoltare la mia voce.
[17]Egli con una tempesta mi schiaccia,
moltiplica le mie piaghe senza ragione,
[18]non mi lascia riprendere il fiato,
anzi mi sazia di amarezze.
[19]Se si tratta di forza, è lui che dà il vigore;
se di giustizia, chi potrà citarlo?
[20]Se avessi ragione, il mio parlare mi
condannerebbe;
se fossi innocente, egli proverebbe che io sono reo.
[21]Sono innocente? Non lo so neppure io,
detesto la mia vita!
[22]Per questo io dico: «E' la stessa cosa»:
egli fa perire l'innocente e il reo!
[23]Se un flagello uccide all'improvviso,
della sciagura degli innocenti egli ride.
[24]La terra è lasciata in balìa del malfattore:
egli vela il volto dei suoi giudici;
se non lui, chi dunque sarà?
[25]I miei giorni passano più veloci d'un corriere,
fuggono senza godere alcun bene,
[26]volano come barche di giunchi,
come aquila che piomba sulla preda.
[27]Se dico: «Voglio dimenticare il mio gemito,
cambiare il mio volto ed essere lieto»,
[28]mi spavento per tutti i miei dolori;
so bene che non mi dichiarerai innocente.
[29]Se sono colpevole,
perché affaticarmi invano?
[30]Anche se mi lavassi con la neve
e pulissi con la soda le mie mani,
[31]allora tu mi tufferesti in un pantano
e in orrore mi avrebbero le mie vesti.
[32]Poiché non è uomo come me, che io possa
rispondergli:
«Presentiamoci alla pari in giudizio».
[33]Non c'è fra noi due un arbitro
che ponga la mano su noi due.
[34]Allontani da me la sua verga
sì che non mi spaventi il suo terrore:
[35]allora io potrò parlare senza temerlo,
perché così non sono in me stesso.
Giobbe - Capitolo 10
[1]Stanco io sono della mia vita!
Darò libero sfogo al mio lamento,
parlerò nell'amarezza del mio cuore.
[2]Dirò a Dio: Non condannarmi!
Fammi sapere perché mi sei avversario.
[3]E' forse bene per te opprimermi,
disprezzare l'opera delle tue mani
e favorire i progetti dei malvagi?
[4]Hai tu forse occhi di carne
o anche tu vedi come l'uomo?
[5]Sono forse i tuoi giorni come i giorni di un uomo,
i tuoi anni come i giorni di un mortale,
[6]perché tu debba scrutare la mia colpa
e frugare il mio peccato,
[7]pur sapendo ch'io non sono colpevole
e che nessuno mi può liberare dalla tua mano?
[8]Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto
integro in ogni parte; vorresti ora distruggermi?
[9]Ricordati che come argilla mi hai plasmato
e in polvere mi farai tornare.
[10]Non m'hai colato forse come latte
e fatto accagliare come cacio?
[11]Di pelle e di carne mi hai rivestito,
d'ossa e di nervi mi hai intessuto.
[12]Vita e benevolenza tu mi hai concesso
e la tua premura ha custodito il mio spirito.
[13]Eppure, questo nascondevi nel cuore,
so che questo avevi nel pensiero!
[14]Tu mi sorvegli, se pecco,
e non mi lasci impunito per la mia colpa.
[15]Se sono colpevole, guai a me!
Se giusto, non oso sollevare la testa,
sazio d'ignominia, come sono, ed ebbro di miseria.
[16]Se la sollevo, tu come un leopardo mi dai la
caccia
e torni a compiere prodigi contro di me,
[17]su di me rinnovi i tuoi attacchi,
contro di me aumenti la tua ira
e truppe sempre fresche mi assalgono.
[18]Perché tu mi hai tratto dal seno materno?
Fossi morto e nessun occhio m'avesse mai visto!
[19]Sarei come se non fossi mai esistito;
dal ventre sarei stato portato alla tomba!
[20]E non son poca cosa i giorni della mia vita?
Lasciami, sì ch'io possa respirare un poco
[21]prima che me ne vada, senza ritornare,
verso la terra delle tenebre e dell'ombra di morte,
[22]terra di caligine e di disordine,
dove la luce è come le tenebre.
Giobbe - Capitolo 11
La sapienza di Dio provoca il riconoscimento di Giobbe
[1]Allora Zofar il Naamatita prese la parola e disse:
[2]A tante parole non si darà risposta?
O il loquace dovrà aver ragione?
[3]I tuoi sproloqui faranno tacere la gente?
Ti farai beffe, senza che alcuno ti svergogni?
[4]Tu dici: «Pura è la mia condotta,
io sono irreprensibile agli occhi di lui».
[5]Tuttavia, volesse Dio parlare
e aprire le labbra contro di te,
[6]per manifestarti i segreti della sapienza,
che sono così difficili all'intelletto,
allora sapresti che Dio ti condona parte della tua
colpa.
[7]Credi tu di scrutare l'intimo di Dio
o di penetrare la perfezione dell'Onnipotente?
[8]E' più alta del cielo: che cosa puoi fare?
E' più profonda degli inferi: che ne sai?
[9]Più lunga della terra ne è la dimensione,
più vasta del mare.
[10]Se egli assale e imprigiona
e chiama in giudizio, chi glielo può impedire?
[11]Egli conosce gli uomini fallaci,
vede l'iniquità e l'osserva:
[12]l'uomo stolto mette giudizio
e da ònagro indomito diventa docile.
[13]Ora, se tu a Dio dirigerai il cuore
e tenderai a lui le tue palme,
[14]se allontanerai l'iniquità che è nella tua mano
e non farai abitare l'ingiustizia nelle tue tende,
[15]allora potrai alzare la faccia senza macchia
e sarai saldo e non avrai timori,
[16]perché dimenticherai l'affanno
e te ne ricorderai come di acqua passata;
[17]più del sole meridiano splenderà la tua vita,
l'oscurità sarà per te come l'aurora.
[18]Ti terrai sicuro per ciò che ti attende
e, guardandoti attorno, riposerai tranquillo.
[19]Ti coricherai e nessuno ti disturberà,
molti anzi cercheranno i tuoi favori.
[20]Ma gli occhi dei malvagi languiranno,
ogni scampo è per essi perduto,
unica loro speranza è l'ultimo respiro!
Giobbe - Capitolo 12
La sapienza di Dio si manifesta anche con le devastazioni provocate dalla
sua potenza
[1]Giobbe allora rispose:
[2]E' vero, sì, che voi siete la voce del popolo
e la sapienza morirà con voi!
[3]Anch'io però ho senno come voi,
e non sono da meno di voi;
chi non sa cose simili?
[4]Ludibrio del suo amico è diventato
chi grida a Dio perché gli risponda;
ludibrio il giusto, l'integro!
[5]«Per la sventura, disprezzo», pensa la gente
prosperosa,
«spinte, a colui che ha il piede tremante».
[6]Le tende dei ladri sono tranquille,
c'è sicurezza per chi provoca Dio,
per chi vuol ridurre Dio in suo potere.
[7]Ma interroga pure le bestie, perché ti
ammaestrino,
gli uccelli del cielo, perché ti informino,
[8]o i rettili della terra, perché ti istruiscano
o i pesci del mare perché te lo faccian sapere.
[9]Chi non sa, fra tutti questi esseri,
che la mano del Signore ha fatto questo?
[10]Egli ha in mano l'anima di ogni vivente
e il soffio d'ogni carne umana.
[11]L'orecchio non distingue forse le parole
e il palato non assapora i cibi?
[12]Nei canuti sta la saggezza
e nella vita lunga la prudenza.
[13]In lui risiede la sapienza e la forza,
a lui appartiene il consiglio e la prudenza!
[14]Ecco, se egli demolisce, non si può ricostruire,
se imprigiona uno, non si può liberare.
[15]Se trattiene le acque, tutto si secca,
se le lascia andare, devastano la terra.
[16]Da lui viene potenza e sagacia,
a lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore.
[17]Rende stolti i consiglieri della terra,
priva i giudici di senno;
[18]scioglie la cintura dei re
e cinge i loro fianchi d'una corda.
[19]Fa andare scalzi i sacerdoti
e rovescia i potenti.
[20]Toglie la favella ai più veraci
e priva del senno i vegliardi.
[21]Sui nobili spande il disprezzo
e allenta la cintura ai forti.
[22]Strappa dalle tenebre i segreti
e porta alla luce le cose oscure.
[23]Fa grandi i popoli e li lascia perire,
estende le nazioni e le abbandona.
[24]Toglie il senno ai capi del paese
e li fa vagare per solitudini senza strade,
[25]vanno a tastoni per le tenebre, senza luce,
e barcollano come ubriachi.
Giobbe - Capitolo 13
[1]Ecco, tutto questo ha visto il mio occhio,
l'ha udito il mio orecchio e l'ha compreso.
[2]Quel che sapete voi, lo so anch'io;
non sono da meno di voi.
[3]Ma io all'Onnipotente vorrei parlare,
a Dio vorrei fare rimostranze.
[4]Voi siete raffazzonatori di menzogne,
siete tutti medici da nulla.
[5]Magari taceste del tutto!
sarebbe per voi un atto di sapienza!
[6]Ascoltate dunque la mia riprensione
e alla difesa delle mie labbra fate attenzione.
[7]Volete forse in difesa di Dio dire il falso
e in suo favore parlare con inganno?
[8]Vorreste trattarlo con parzialità
e farvi difensori di Dio?
[9]Sarebbe bene per voi se egli vi scrutasse?
Come s'inganna un uomo, credete di ingannarlo?
[10]Severamente vi redarguirà,
se in segreto gli siete parziali.
[11]Forse la sua maestà non vi incute spavento
e il terrore di lui non vi assale?
[12]Sentenze di cenere sono i vostri moniti,
difese di argilla le vostre difese.
[13]Tacete, state lontani da me: parlerò io,
mi capiti quel che capiti.
[14]Voglio afferrare la mia carne con i denti
e mettere sulle mie mani la mia vita.
[15]Mi uccida pure, non me ne dolgo;
voglio solo difendere davanti a lui la mia condotta!
[16]Questo mi sarà pegno di vittoria,
perché un empio non si presenterebbe davanti a lui.
[17]Ascoltate bene le mie parole
e il mio esposto sia nei vostri orecchi.
[18]Ecco, tutto ho preparato per il giudizio,
son convinto che sarò dichiarato innocente.
[19]Chi vuol muover causa contro di me?
Perché allora tacerò, pronto a morire.
[20]Solo, assicurami due cose
e allora non mi sottrarrò alla tua presenza;
[21]allontana da me la tua mano
e il tuo terrore più non mi spaventi;
[22]poi interrogami pure e io risponderò
oppure parlerò io e tu mi risponderai.
[23]Quante sono le mie colpe e i miei peccati?
Fammi conoscere il mio misfatto e il mio peccato.
[24]Perché mi nascondi la tua faccia
e mi consideri come un nemico?
[25]Vuoi spaventare una foglia dispersa dal vento
e dar la caccia a una paglia secca?
[26]Poiché scrivi contro di me sentenze amare
e mi rinfacci i miei errori giovanili;
[27]tu metti i miei piedi in ceppi,
spii tutti i miei passi
e ti segni le orme dei miei piedi.
[28]Intanto io mi disfò come legno tarlato
o come un vestito corroso da tignola.
Giobbe - Capitolo 14
[1]L'uomo, nato di donna,
breve di giorni e sazio di inquietudine,
[2]come un fiore spunta e avvizzisce,
fugge come l'ombra e mai si ferma.
[3]Tu, sopra un tal essere tieni aperti i tuoi occhi
e lo chiami a giudizio presso di te?
[4]Chi può trarre il puro dall'immondo? Nessuno.
[5]Se i suoi giorni sono contati,
se il numero dei suoi mesi dipende da te,
se hai fissato un termine che non può oltrepassare,
[6]distogli lo sguardo da lui e lascialo stare
finché abbia compiuto, come un salariato, la sua
giornata!
[7]Poiché anche per l'albero c'è speranza:
se viene tagliato, ancora ributta
e i suoi germogli non cessano di crescere;
[8]se sotto terra invecchia la sua radice
e al suolo muore il suo tronco,
[9]al sentore dell'acqua rigermoglia
e mette rami come nuova pianta.
[10]L'uomo invece, se muore, giace inerte,
quando il mortale spira, dov'è?
[11]Potranno sparire le acque del mare
e i fiumi prosciugarsi e disseccarsi,
[12]ma l'uomo che giace più non s'alzerà,
finché durano i cieli non si sveglierà,
né più si desterà dal suo sonno.
[13]Oh, se tu volessi nascondermi nella tomba,
occultarmi, finché sarà passata la tua ira,
fissarmi un termine e poi ricordarti di me!
[14]Se l'uomo che muore potesse rivivere,
aspetterei tutti i giorni della mia milizia
finché arrivi per me l'ora del cambio!
[15]Mi chiameresti e io risponderei,
l'opera delle tue mani tu brameresti.
[16]Mentre ora tu conti i miei passi
non spieresti più il mio peccato:
[17]in un sacchetto, chiuso, sarebbe il mio misfatto
e tu cancelleresti la mia colpa.
[18]Ohimè! come un monte finisce in una frana
e come una rupe si stacca dal suo posto,
[19]e le acque consumano le pietre,
le alluvioni portano via il terreno:
così tu annienti la speranza dell'uomo.
[20]Tu lo abbatti per sempre ed egli se ne va,
tu sfiguri il suo volto e lo scacci.
[21]Siano pure onorati i suoi figli, non lo sa;
siano disprezzati, lo ignora!
[22]Soltanto i suoi dolori egli sente
e piange sopra di sé.
Giobbe - Capitolo 15
2. SECONDO CICLO DI DISCORSI
Giobbe si condanna con le sue stesse parole
[1]Elifaz il Temanita prese a dire:
[2]Potrebbe il saggio rispondere con ragioni campate
in aria
e riempirsi il ventre di vento d'oriente?
[3]Si difende egli con parole senza costrutto
e con discorsi inutili?
[4]Tu anzi distruggi la religione
e abolisci la preghiera innanzi a Dio.
[5]Sì, la tua malizia suggerisce alla tua bocca
e scegli il linguaggio degli astuti.
[6]Non io, ma la tua bocca ti condanna
e le tue labbra attestano contro di te.
[7]Sei forse tu il primo uomo che è nato,
o, prima dei monti, sei venuto al mondo?
[8]Hai avuto accesso ai segreti consigli di Dio
e ti sei appropriata tu solo la sapienza?
[9]Che cosa sai tu che noi non sappiamo?
Che cosa capisci che da noi non si comprenda?
[10]Anche fra di noi c'è il vecchio e c'è il canuto
più di tuo padre, carico d'anni.
[11]Poca cosa sono per te le consolazioni di Dio
e una parola moderata a te rivolta?
[12]Perché il tuo cuore ti trasporta
e perché fanno cenni i tuoi occhi,
[13]quando volgi contro Dio il tuo animo
e fai uscire tali parole dalla tua bocca?
[14]Che cos'è l'uomo perché si ritenga puro,
perché si dica giusto un nato di donna?
[15]Ecco, neppure dei suoi santi egli ha fiducia
e i cieli non sono puri ai suoi occhi;
[16]quanto meno un essere abominevole e corrotto,
l'uomo, che beve l'iniquità come acqua.
[17]Voglio spiegartelo, ascoltami,
ti racconterò quel che ho visto,
[18]quello che i saggi riferiscono,
non celato ad essi dai loro padri;
[19]a essi soli fu concessa questa terra,
né straniero alcuno era passato in mezzo a loro.
[20]Per tutti i giorni della vita il malvagio si
tormenta;
sono contati gli anni riservati al violento.
[21]Voci di spavento gli risuonano agli orecchi
e in piena pace si vede assalito dal predone.
[22]Non crede di potersi sottrarre alle tenebre,
egli si sente destinato alla spada.
[23]Destinato in pasto agli avvoltoi,
sa che gli è preparata la rovina.
[24]Un giorno tenebroso lo spaventa,
la miseria e l'angoscia l'assalgono
come un re pronto all'attacco,
[25]perché ha steso contro Dio la sua mano,
ha osato farsi forte contro l'Onnipotente;
[26]correva contro di lui a testa alta,
al riparo del curvo spessore del suo scudo;
[27]poiché aveva la faccia coperta di grasso
e pinguedine intorno ai suoi fianchi.
[28]Avrà dimora in città diroccate,
in case dove non si abita più,
destinate a diventare macerie.
[29]Non arricchirà, non durerà la sua fortuna,
non metterà radici sulla terra.
[30]Alle tenebre non sfuggirà,
la vampa seccherà i suoi germogli
e dal vento sarà involato il suo frutto.
[31]Non confidi in una vanità fallace,
perché sarà una rovina.
[32]La sua fronda sarà tagliata prima del tempo
e i suoi rami non rinverdiranno più.
[33]Sarà spogliato come vigna della sua uva ancor
acerba
e getterà via come ulivo i suoi fiori,
[34]poiché la stirpe dell'empio è sterile
e il fuoco divora le tende dell'uomo venale.
[35]Concepisce malizia e genera sventura
e nel suo seno alleva delusione.
Giobbe - Capitolo 16
Dall'ingiustizia degli uomini alla giustizia di Dio
[1]Allora rispose:
[2]Ne ho udite gia molte di simili cose!
Siete tutti consolatori molesti.
[3]Non avran termine le parole campate in aria?
O che cosa ti spinge a rispondere così?
[4]Anch'io sarei capace di parlare come voi,
se voi foste al mio posto:
vi affogherei con parole
e scuoterei il mio capo su di voi.
[5]Vi conforterei con la bocca
e il tremito delle mie labbra cesserebbe.
[6]Ma se parlo, non viene impedito il mio dolore;
se taccio, che cosa lo allontana da me?
[7]Ora però egli m'ha spossato, fiaccato,
tutto il mio vicinato mi è addosso;
[8]si è costituito testimone ed è insorto contro di
me:
il mio calunniatore mi accusa in faccia.
[9]La sua collera mi dilania e mi perseguita;
digrigna i denti contro di me,
il mio nemico su di me aguzza gli occhi.
[10]Spalancano la bocca contro di me,
mi schiaffeggiano con insulti,
insieme si alleano contro di me.
[11]Dio mi consegna come preda all'empio,
e mi getta nelle mani dei malvagi.
[12]Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha rovinato,
mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato;
ha fatto di me il suo bersaglio.
[13]I suoi arcieri mi circondano;
mi trafigge i fianchi senza pietà,
versa a terra il mio fiele,
[14]mi apre ferita su ferita,
mi si avventa contro come un guerriero.
[15]Ho cucito un sacco sulla mia pelle
e ho prostrato la fronte nella polvere.
[16]La mia faccia è rossa per il pianto
e sulle mie palpebre v'è una fitta oscurità.
[17]Non c'è violenza nelle mie mani
e pura è stata la mia preghiera.
[18]O terra, non coprire il mio sangue
e non abbia sosta il mio grido!
[19]Ma ecco, fin d'ora il mio testimone è nei cieli,
il mio mallevadore è lassù;
[20]miei avvocati presso Dio sono i miei lamenti,
mentre davanti a lui sparge lacrime il mio occhio,
[21]perché difenda l'uomo davanti a Dio,
come un mortale fa con un suo amico;
[22]poiché passano i miei anni contati
e io me ne vado per una via senza ritorno.
Giobbe - Capitolo 17
[1]Il mio spirito vien meno,
i miei giorni si spengono;
non c'è per me che la tomba!
[2]Non sono io in balìa di beffardi?
Fra i loro insulti veglia il mio occhio.
[3]Sii tu la mia garanzia presso di te!
Qual altro vorrebbe stringermi la destra?
[4]Poiché hai privato di senno la loro mente,
per questo non li lascerai trionfare.
[5]Come chi invita gli amici a parte del suo pranzo,
mentre gli occhi dei suoi figli languiscono;
[6]così son diventato ludibrio dei popoli
sono oggetto di scherno davanti a loro.
[7]Si offusca per il dolore il mio occhio
e le mie membra non sono che ombra.
[8]Gli onesti ne rimangono stupiti
e l'innocente s'indigna contro l'empio.
[9]Ma il giusto si conferma nella sua condotta
e chi ha le mani pure raddoppia il coraggio.
[10]Su, venite di nuovo tutti:
io non troverò un saggio fra di voi.
[11]I miei giorni sono passati, svaniti i miei
progetti,
i voti del mio cuore.
[12]Cambiano la notte in giorno,
la luce - dicono - è più vicina delle tenebre.
[13]Se posso sperare qualche cosa, la tomba è la mia
casa,
nelle tenebre distendo il mio giaciglio.
[14]Al sepolcro io grido: «Padre mio sei tu!»
e ai vermi: «Madre mia, sorelle mie voi siete!».
[15]E la mia speranza dov'è?
Il mio benessere chi lo vedrà?
[16]Scenderanno forse con me nella tomba
o caleremo insieme nella polvere!
Giobbe - Capitolo 18
La collera non può nulla contro la giustizia
[1]Bildad il Suchita prese a dire:
[2]Quando porrai fine alle tue chiacchiere?
Rifletti bene e poi parleremo.
[3]Perché considerarci come bestie,
ci fai passare per bruti ai tuoi occhi?
[4]Tu che ti rodi l'anima nel tuo furore,
forse per causa tua sarà abbandonata la terra
e le rupi si staccheranno dal loro posto?
[5]Certamente la luce del malvagio si spegnerà
e più non brillerà la fiamma del suo focolare.
[6]La luce si offuscherà nella sua tenda
e la lucerna si estinguerà sopra di lui.
[7]Il suo energico passo s'accorcerà
e i suoi progetti lo faran precipitare,
[8]poiché incapperà in una rete con i suoi piedi
e sopra un tranello camminerà.
[9]Un laccio l'afferrerà per il calcagno,
un nodo scorsoio lo stringerà.
[10]Gli è nascosta per terra una fune
e gli è tesa una trappola sul sentiero.
[11]Lo spaventano da tutte le parti terrori
e lo inseguono alle calcagna.
[12]Diventerà carestia la sua opulenza
e la rovina è lì in piedi al suo fianco.
[13]Un malanno divorerà la sua pelle,
roderà le sue membra il primogenito della morte.
[14]Sarà tolto dalla tenda in cui fidava,
per essere trascinato al re dei terrori!
[15]Potresti abitare nella tenda che non è più sua;
sulla sua dimora si spargerà zolfo.
[16]Al di sotto, le sue radici si seccheranno,
sopra, saranno tagliati i suoi rami.
[17]Il suo ricordo sparirà dalla terra
e il suo nome più non si udrà per la contrada.
[18]Lo getteranno dalla luce nel buio
e dal mondo lo stermineranno.
[19]Non famiglia, non discendenza avrà nel suo
popolo,
non superstiti nei luoghi della sua dimora.
[20]Della sua fine stupirà l'occidente
e l'oriente ne prenderà orrore.
[21]Ecco qual è la sorte dell'iniquo:
questa è la dimora di chi misconosce Dio.
Giobbe - Capitolo 19
Il trionfo della fede nell'abbandono di Dio e degli uomini
[1]Giobbe allora rispose:
[2]Fino a quando mi tormenterete
e mi opprimerete con le vostre parole?
[3]Son dieci volte che mi insultate
e mi maltrattate senza pudore.
[4]E' poi vero che io abbia mancato
e che persista nel mio errore?
[5]Non è forse vero che credete di vincere contro di me,
rinfacciandomi la mia abiezione?
[6]Sappiate dunque che Dio mi ha piegato
e mi ha avviluppato nella sua rete.
[7]Ecco, grido contro la violenza, ma non ho risposta,
chiedo aiuto, ma non c'è giustizia!
[8]Mi ha sbarrato la strada perché non passi
e sul mio sentiero ha disteso le tenebre.
[9]Mi ha spogliato della mia gloria
e mi ha tolto dal capo la corona.
[10]Mi ha disfatto da ogni parte e io sparisco,
mi ha strappato, come un albero, la speranza.
[11]Ha acceso contro di me la sua ira
e mi considera come suo nemico.
[12]Insieme sono accorse le sue schiere
e si sono spianata la strada contro di me;
hanno posto l'assedio intorno alla mia tenda.
[13]I miei fratelli si sono allontanati da me,
persino gli amici mi si sono fatti stranieri.
[14]Scomparsi sono vicini e conoscenti,
mi hanno dimenticato gli ospiti di casa;
[15]da estraneo mi trattano le mie ancelle,
un forestiero sono ai loro occhi.
[16]Chiamo il mio servo ed egli non risponde,
devo supplicarlo con la mia bocca.
[17]Il mio fiato è ripugnante per mia moglie
e faccio schifo ai figli di mia madre.
[18]Anche i monelli hanno ribrezzo di me:
se tento d'alzarmi, mi danno la baia.
[19]Mi hanno in orrore tutti i miei confidenti:
quelli che amavo si rivoltano contro di me.
[20]Alla pelle si attaccano le mie ossa
e non è salva che la pelle dei miei denti.
[21]Pietà, pietà di me, almeno voi miei amici,
perché la mano di Dio mi ha percosso!
[22]Perché vi accanite contro di me, come Dio,
e non siete mai sazi della mia carne?
[23]Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
[24]fossero impresse con stilo di ferro sul piombo,
per sempre s'incidessero sulla roccia!
[25]Io lo so che il mio Vendicatore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
[26]Dopo che questa mia pelle sarà distrutta,
senza la mia carne, vedrò Dio.
[27]Io lo vedrò, io stesso,
e i miei occhi lo contempleranno non da straniero.
Le mie viscere si consumano dentro di me.
[28]Poiché dite: «Come lo perseguitiamo noi,
se la radice del suo danno è in lui?»,
[29]temete per voi la spada,
poiché punitrice d'iniquità è la spada,
affinchè sappiate che c'è un giudice.
Giobbe - Capitolo 20
L'ordine della giustizia non ammette eccezioni
[1]Zofar il Naamatita prese a dire:
[2]Per questo i miei pensieri mi spingono a rispondere
e perciò v'è questa fretta dentro di me.
[3]Ho ascoltato un rimprovero per me offensivo,
ma uno spirito, dal mio interno, mi spinge a
replicare.
[4]Non sai tu che da sempre,
da quando l'uomo fu posto sulla terra,
[5]il trionfo degli empi è breve
e la gioia del perverso è d'un istante?
[6]Anche se innalzasse fino al cielo la sua statura
e il suo capo toccasse le nubi,
[7]come lo sterco sarebbe spazzato per sempre
e chi lo aveva visto direbbe: «Dov'è?».
[8]Svanirà come un sogno, e non si troverà più,
si dileguerà come visione notturna.
[9]L'occhio avvezzo a vederlo più non lo vedrà,
né più lo scorgerà la sua dimora.
[10]I suoi figli dovranno risarcire i poveri,
le loro mani restituiranno le sue ricchezze.
[11]Le sue ossa erano ancora piene di giovinezza,
ma con lui giacciono nella polvere.
[12]Se alla sua bocca fu dolce il male,
se lo teneva nascosto sotto la sua lingua,
[13]assaporandolo senza inghiottirlo,
se lo tratteneva in mezzo al suo palato:
[14]il suo cibo gli si guasterà nelle viscere,
veleno d'aspidi gli sarà nell'intestino.
[15]I beni divorati ora rivomita,
Dio glieli caccia fuori dal ventre.
[16]Veleno d'aspide ha succhiato,
una lingua di vipera lo uccide.
[17]Non vedrà più ruscelli d'olio,
fiumi di miele e fior di latte;
[18]renderà i sudati acquisti senza assaggiarli,
come non godrà del frutto del suo commercio,
[19]perché ha oppresso e abbandonato i miseri,
ha rubato case invece di costruirle;
[20]perché non ha saputo essere pago dei suoi beni,
con i suoi tesori non si salverà.
[21]Nulla è sfuggito alla sua voracità,
per questo non durerà il suo benessere.
[22]Nel colmo della sua abbondanza si troverà in
miseria;
ogni sorta di sciagura piomberà su di lui.
[23]Quando starà per riempire il suo ventre,
Dio scaglierà su di lui la fiamma del suo sdegno,
e gli farà piovere addosso brace.
[24]Se sfuggirà l'arma di ferro,
lo trafiggerà l'arco di bronzo:
[25]gli uscirà il dardo dalla schiena,
una spada lucente dal fegato.
Lo assaliranno i terrori;
[26]tutte le tenebre gli sono riservate.
Lo divorerà un fuoco non acceso da un uomo,
esso consumerà quanto è rimasto nella sua tenda.
[27]Riveleranno i cieli la sua iniquità
e la terra si alzerà contro di lui.
[28]Un'alluvione travolgerà la sua casa,
scorrerà nel giorno dell'ira.
[29]Questa è la sorte che Dio riserva all'uomo
perverso,
la parte a lui decretata da Dio.
Giobbe - Capitolo 21
La smentita dei fatti
[1]Giobbe rispose:
[2]Ascoltate bene la mia parola
e sia questo almeno il conforto che mi date.
[3]Tollerate che io parli
e, dopo il mio parlare, deridetemi pure.
[4]Forse io mi lamento di un uomo?
E perché non dovrei perder la pazienza?
[5]Statemi attenti e resterete stupiti,
mettetevi la mano sulla bocca.
[6]Se io ci penso, ne sono turbato
e la mia carne è presa da un brivido.
[7]Perché vivono i malvagi,
invecchiano, anzi sono potenti e gagliardi?
[8]La loro prole prospera insieme con essi,
i loro rampolli crescono sotto i loro occhi.
[9]Le loro case sono tranquille e senza timori;
il bastone di Dio non pesa su di loro.
[10]Il loro toro feconda e non falla,
la vacca partorisce e non abortisce.
[11]Mandano fuori, come un gregge, i loro ragazzi
e i loro figli saltano in festa.
[12]Cantano al suono di timpani e di cetre,
si divertono al suono delle zampogne.
[13]Finiscono nel benessere i loro giorni
e scendono tranquilli negli inferi.
[14]Eppure dicevano a Dio: «Allontanati da noi,
non vogliamo conoscer le tue vie.
[15]Chi è l'Onnipotente, perché dobbiamo servirlo?
E che ci giova pregarlo?».
[16]Non hanno forse in mano il loro benessere?
Il consiglio degli empi non è lungi da lui?
[17]Quante volte si spegne la lucerna degli empi,
o la sventura piomba su di loro,
e infliggerà loro castighi con ira?
[18]Diventano essi come paglia di fronte al vento
o come pula in preda all'uragano?
[19]«Dio serba per i loro figli il suo castigo...».
Ma lo faccia pagare piuttosto a lui stesso e lo senta!
[20]Veda con i suoi occhi la sua rovina
e beva dell'ira dell'Onnipotente!
[21]Che cosa gli importa infatti della sua casa dopo
di sé,
quando il numero dei suoi mesi è finito?
[22]S'insegna forse la scienza a Dio,
a lui che giudica gli esseri di lassù?
[23]Uno muore in piena salute,
tutto tranquillo e prospero;
[24]i suoi fianchi sono coperti di grasso
e il midollo delle sue ossa è ben nutrito.
[25]Un altro muore con l'amarezza in cuore
senza aver mai gustato il bene.
[26]Nella polvere giacciono insieme
e i vermi li ricoprono.
[27]Ecco, io conosco i vostri pensieri
e gli iniqui giudizi che fate contro di me!
[28]Infatti, voi dite: «Dov'è la casa del
prepotente,
dove sono le tende degli empi?».
[29]Non avete interrogato quelli che viaggiano?
Non potete negare le loro prove,
[30]che nel giorno della sciagura è risparmiato il
malvagio
e nel giorno dell'ira egli la scampa.
[31]Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta
e di quel che ha fatto chi lo ripaga?
[32]Egli sarà portato al sepolcro,
sul suo tumulo si veglia
[33]e gli sono lievi le zolle della tomba.
Trae dietro di sé tutti gli uomini
e innanzi a sé una folla senza numero.
[34]Perché dunque mi consolate invano,
mentre delle vostre risposte non resta che inganno?
Giobbe - Capitolo 22
3. TERZO CICLO DI DISCORSI
Dio castiga solo in nome della giustizia
[1]Elifaz il Temanita prese a dire:
[2]Può forse l'uomo giovare a Dio,
se il saggio giova solo a se stesso?
[3]Quale interesse ne viene all'Onnipotente che tu sia
giusto
o che vantaggio ha, se tieni una condotta integra?
[4]Forse per la tua pietà ti punisce
e ti convoca in giudizio?
[5]O non piuttosto per la tua grande malvagità
e per le tue iniquità senza limite?
[6]Senza motivo infatti hai angariato i tuoi fratelli
e delle vesti hai spogliato gli ignudi.
[7]Non hai dato da bere all'assetato
e all'affamato hai rifiutato il pane,
[8]la terra l'ha il prepotente
e vi abita il tuo favorito.
[9]Le vedove hai rimandato a mani vuote
e le braccia degli orfani hai rotto.
[10]Ecco perché d'intorno a te ci sono lacci
e un improvviso spavento ti sorprende.
[11]Tenebra è la tua luce e più non vedi
e la piena delle acque ti sommerge.
[12]Ma Dio non è nell'alto dei cieli?
Guarda il vertice delle stelle: quanto sono alte!
[13]E tu dici: «Che cosa sa Dio?
Può giudicare attraverso la caligine?
[14]Le nubi gli fanno velo e non vede
e sulla volta dei cieli passeggia».
[15]Vuoi tu seguire il sentiero d'un tempo,
gia battuto da uomini empi,
[16]che prima del tempo furono portati via,
quando un fiume si era riversato sulle loro
fondamenta?
[17]Dicevano a Dio: «Allontànati da noi!
Che cosa ci può fare l'Onnipotente?».
[18]Eppure egli aveva riempito le loro case di beni,
anche se i propositi degli empi erano lontani da lui.
[19]I giusti ora vedono e ne godono
e l'innocente si beffa di loro:
[20]«Sì, certo è stata annientata la loro fortuna
e il fuoco ne ha divorati gli avanzi!».
[21]Su, riconcìliati con lui e tornerai felice,
ne riceverai un gran vantaggio.
[22]Accogli la legge dalla sua bocca
e poni le sue parole nel tuo cuore.
[23]Se ti rivolgerai all'Onnipotente con umiltà,
se allontanerai l'iniquità dalla tua tenda,
[24]se stimerai come polvere l'oro
e come ciottoli dei fiumi l'oro di Ofir,
[25]allora sarà l'Onnipotente il tuo oro
e sarà per te argento a mucchi.
[26]Allora sì, nell'Onnipotente ti delizierai
e alzerai a Dio la tua faccia.
[27]Lo supplicherai ed egli t'esaudirà
e tu scioglierai i tuoi voti.
[28]Deciderai una cosa e ti riuscirà
e sul tuo cammino splenderà la luce.
[29]Egli umilia l'alterigia del superbo,
ma soccorre chi ha gli occhi bassi.
[30]Egli libera l'innocente;
tu sarai liberato per la purezza delle tue mani.
Giobbe - Capitolo 23
Dio è lontano e il male trionfa
[1]Giobbe allora rispose:
[2]Ancor oggi il mio lamento è amaro
e la sua mano grava sopra i miei gemiti.
[3]Oh, potessi sapere dove trovarlo,
potessi arrivare fino al suo trono!
[4]Esporrei davanti a lui la mia causa
e avrei piene le labbra di ragioni.
[5]Verrei a sapere le parole che mi risponde
e capirei che cosa mi deve dire.
[6]Con sfoggio di potenza discuterebbe con me?
Se almeno mi ascoltasse!
[7]Allora un giusto discuterebbe con lui
e io per sempre sarei assolto dal mio giudice.
[8]Ma se vado in avanti, egli non c'è,
se vado indietro, non lo sento.
[9]A sinistra lo cerco e non lo scorgo,
mi volgo a destra e non lo vedo.
[10]Poiché egli conosce la mia condotta,
se mi prova al crogiuolo, come oro puro io ne esco.
[11]Alle sue orme si è attaccato il mio piede,
al suo cammino mi sono attenuto e non ho deviato;
[12]dai comandi delle sue labbra non mi sono
allontanato,
nel cuore ho riposto i detti della sua bocca.
[13]Se egli sceglie, chi lo farà cambiare?
Ciò che egli vuole, lo fa.
[14]Compie, certo, il mio destino
e di simili piani ne ha molti.
[15]Per questo davanti a lui sono atterrito,
ci penso e ho paura di lui.
[16]Dio ha fiaccato il mio cuore,
l'Onnipotente mi ha atterrito;
[17]non sono infatti perduto a causa della tenebra,
né a causa dell'oscurità che ricopre il mio volto.
Giobbe - Capitolo 24
[1]Perché l'Onnipotente non si riserva i suoi tempi
e i suoi fedeli non vedono i suoi giorni?
[2]I malvagi spostano i confini,
rubano le greggi e le menano al pascolo;
[3]portano via l'asino degli orfani,
prendono in pegno il bue della vedova.
[4]Spingono i poveri fuori strada,
tutti i miseri del paese vanno a nascondersi.
[5]Eccoli, come ònagri nel deserto
escono per il lavoro;
di buon mattino vanno in cerca di vitto;
la steppa offre loro cibo per i figli.
[6]Mietono nel campo non loro;
racimolano la vigna del malvagio.
[7]Nudi passan la notte, senza panni,
non hanno da coprirsi contro il freddo.
[8]Dagli scrosci dei monti sono bagnati,
per mancanza di rifugi si aggrappano alle rocce.
[9]Rapiscono con violenza l'orfano
e prendono in pegno ciò che copre il povero.
[10]Ignudi se ne vanno, senza vesti
e affamati portano i covoni.
[11]Tra i filari frangono le olive,
pigiano l'uva e soffrono la sete.
[12]Dalla città si alza il gemito dei moribondi
e l'anima dei feriti grida aiuto:
Dio non presta attenzione alle loro preghiere.
[13]Altri odiano la luce,
non ne vogliono riconoscere le vie
né vogliono batterne i sentieri.
[14]Quando non c'è luce, si alza l'omicida
per uccidere il misero e il povero;
nella notte si aggira il ladro
e si mette un velo sul volto.
[15]L'occhio dell'adultero spia il buio
e pensa: «Nessun occhio mi osserva!».
[16]Nelle tenebre forzano le case,
di giorno se ne stanno nascosti:
non vogliono saperne della luce;
[17]l'alba è per tutti loro come spettro di morte;
quando schiarisce, provano i terrori del buio fondo.
[18]Fuggono veloci di fronte al giorno;
maledetta è la loro porzione di campo sulla terra,
non si volgono più per la strada delle vigne.
[19]Come siccità e calore assorbono le acque nevose,
così la morte rapisce il peccatore.
[20]Il seno che l'ha portato lo dimentica,
i vermi ne fanno la loro delizia,
non se ne conserva la memoria
ed è troncata come un albero l'iniquità.
[21]Egli maltratta la sterile che non genera
e non fa del bene alla vedova.
[22]Ma egli con la sua forza trascina i potenti,
sorge quando più non può contare sulla vita.
[23]Anche Dio gli concede sicurezza ed egli sta saldo,
ma i suoi occhi sono sopra la sua condotta.
[24]Salgono in alto per un poco, poi non sono più,
sono buttati giù come tutti i mortali,
falciati come la testa di una spiga.
[25]Non è forse così? Chi può smentirmi
e ridurre a nulla le mie parole?
Giobbe - Capitolo 25
Inno all'onnipotenza di Dio
[1]Bildad il Suchita prese a dire:
[2]V'è forse dominio e paura presso Colui
Che mantiene la pace nell'alto dei cieli?
[3]Si possono forse contare le sue schiere?
E sopra chi non sorge la sua luce?
[4]Come può giustificarsi un uomo davanti a Dio
e apparire puro un nato di donna?
[5]Ecco, la luna stessa manca di chiarore
e le stelle non sono pure ai suoi occhi:
[6]quanto meno l'uomo, questo verme,
l'essere umano, questo bruco!
Giobbe - Capitolo 26
Bildad parla all'aria
[1]Giobbe rispose:
[2]Quanto aiuto hai dato al debole
e come hai soccorso il braccio senza forza!
[3]Quanti buoni consigli hai dato all'ignorante
e con quanta abbondanza hai manifestato la saggezza!
[4]A chi hai tu rivolto la parola
e qual è lo spirito che da te è uscito?
[5]I morti tremano sotto terra,
come pure le acque e i loro abitanti.
[6]Nuda è la tomba davanti a lui
e senza velo è l'abisso.
[7]Egli stende il settentrione sopra il vuoto,
tiene sospesa la terra sopra il nulla.
[8]Rinchiude le acque dentro le nubi,
e le nubi non si squarciano sotto il loro peso.
[9]Copre la vista del suo trono
stendendovi sopra la sua nube.
[10]Ha tracciato un cerchio sulle acque,
sino al confine tra la luce e le tenebre.
[11]Le colonne del cielo si scuotono,
sono prese da stupore alla sua minaccia.
[12]Con forza agita il mare
e con intelligenza doma Raab.
[13]Al suo soffio si rasserenano i cieli,
la sua mano trafigge il serpente tortuoso.
[14]Ecco, questi non sono che i margini delle sue opere;
quanto lieve è il sussurro che noi ne percepiamo!
Ma il tuono della sua potenza chi può comprenderlo?
Giobbe - Capitolo 27
Giobbe, innocente, conosce la potenza di Dio
[1]Giobbe continuò a dire:
[2]Per la vita di Dio, che mi ha privato del mio
diritto,
per l'Onnipotente che mi ha amareggiato l'animo,
[3]finché ci sarà in me un soffio di vita,
e l'alito di Dio nelle mie narici,
[4]mai le mie labbra diranno falsità
e la mia lingua mai pronunzierà menzogna!
[5]Lungi da me che io mai vi dia ragione;
fino alla morte non rinunzierò alla mia integrità.
[6]Mi terrò saldo nella mia giustizia senza cedere,
la mia coscienza non mi rimprovera nessuno dei miei
giorni.
[7]Sia trattato come reo il mio nemico
e il mio avversario come un ingiusto.
[8]Che cosa infatti può sperare l'empio, quando
finirà,
quando Dio gli toglierà la vita?
[9]Ascolterà forse Dio il suo grido,
quando la sventura piomberà su di lui?
[10]Porrà forse la sua compiacenza nell'Onnipotente?
Potrà forse invocare Dio in ogni momento?
[11]Io vi mostrerò la mano di Dio,
non vi celerò i pensieri dell'Onnipotente.
[12]Ecco, voi tutti lo vedete;
perché dunque vi perdete in cose vane?
Discorso di Zofar: Il maledetto
[13]Questa è la sorte che Dio riserva al malvagio
e la porzione che i violenti ricevono
dall'Onnipotente.
[14]Se ha molti figli, saranno per la spada
e i suoi discendenti non avranno pane da sfamarsi;
[15]i superstiti li seppellirà la peste
e le loro vedove non faranno lamento.
[16]Se ammassa argento come la polvere
e come fango si prepara vesti:
[17]egli le prepara, ma il giusto le indosserà
e l'argento lo spartirà l'innocente.
[18]Ha costruito la casa come fragile nido
e come una capanna fatta da un guardiano.
[19]Si corica ricco, ma per l'ultima volta,
quando apre gli occhi, non avrà più nulla.
[20]Di giorno il terrore lo assale,
di notte se lo rapisce il turbine;
[21]il vento d'oriente lo solleva e se ne va,
lo strappa lontano dal suo posto.
[22]Dio lo bersaglia senza pietà;
tenta di sfuggire alla sua mano.
[23]Si battono le mani contro di lui
e si fischia su di lui dal luogo dove abita.
Giobbe - Capitolo 28
4. ELOGIO DELLA SAPIENZA
La sapienza inaccessibile all'uomo
[1]Certo, per l'argento vi sono miniere
e per l'oro luoghi dove esso si raffina.
[2]Il ferro si cava dal suolo
e la pietra fusa libera il rame.
[3]L'uomo pone un termine alle tenebre
e fruga fino all'estremo limite
le rocce nel buio più fondo.
[4]Forano pozzi lungi dall'abitato
coloro che perdono l'uso dei piedi:
pendono sospesi lontano dalla gente e vacillano.
[5]Una terra, da cui si trae pane,
di sotto è sconvolta come dal fuoco.
[6]Le sue pietre contengono zaffiri
e oro la sua polvere.
[7]L'uccello rapace ne ignora il sentiero,
non lo scorge neppure l'occhio dell'aquila,
[8]non battuto da bestie feroci,
né mai attraversato dal leopardo.
[9]Contro la selce l'uomo porta la mano,
sconvolge le montagne:
[10]nelle rocce scava gallerie
e su quanto è prezioso posa l'occhio:
[11]scandaglia il fondo dei fiumi
e quel che vi è nascosto porta alla luce.
[12]Ma la sapienza da dove si trae?
E il luogo dell'intelligenza dov'è?
[13]L'uomo non ne conosce la via,
essa non si trova sulla terra dei viventi.
[14]L'abisso dice: «Non è in me!»
e il mare dice: «Neppure presso di me!».
[15]Non si scambia con l'oro più scelto,
né per comprarla si pesa l'argento.
[16]Non si acquista con l'oro di Ofir,
con il prezioso berillo o con lo zaffiro.
[17]Non la pareggia l'oro e il cristallo,
né si permuta con vasi di oro puro.
[18]Coralli e perle non meritano menzione,
vale più scoprire la sapienza che le gemme.
[19]Non la eguaglia il topazio d'Etiopia;
con l'oro puro non si può scambiare a peso.
[20]Ma da dove viene la sapienza?
E il luogo dell'intelligenza dov'è?
[21]E' nascosta agli occhi di ogni vivente
ed è ignota agli uccelli del cielo.
[22]L'abisso e la morte dicono:
«Con gli orecchi ne udimmo la fama».
[23]Dio solo ne conosce la via,
lui solo sa dove si trovi,
[24]perché volge lo sguardo
fino alle estremità della terra,
vede quanto è sotto la volta del cielo.
[25]Quando diede al vento un peso
e ordinò alle acque entro una misura,
[26]quando impose una legge alla pioggia
e una via al lampo dei tuoni;
[27]allora la vide e la misurò,
la comprese e la scrutò appieno
[28]e disse all'uomo:
«Ecco, temere Dio, questo è sapienza
e schivare il male, questo è intelligenza».
Giobbe - Capitolo 29
5. CONCLUSIONE DEL DIALOGO
Lamenti e apologia di Giobbe:
A. I giorni passati
[1]Giobbe continuò a pronunziare le sue sentenze e disse:
[2]Oh, potessi tornare com'ero ai mesi di un tempo,
ai giorni in cui Dio mi proteggeva,
[3]quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo
e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre;
[4]com'ero ai giorni del mio autunno,
quando Dio proteggeva la mia tenda,
[5]quando l'Onnipotente era ancora con me
e i giovani mi stavano attorno;
[6]quando mi lavavo in piedi nel latte
e la roccia mi versava ruscelli d'olio!
[7]Quando uscivo verso la porta della città
e sulla piazza ponevo il mio seggio:
[8]vedendomi, i giovani si ritiravano
e i vecchi si alzavano in piedi;
[9]i notabili sospendevano i discorsi
e si mettevan la mano sulla bocca;
[10]la voce dei capi si smorzava
e la loro lingua restava fissa al palato;
[11]con gli orecchi ascoltavano e mi dicevano felice,
con gli occhi vedevano e mi rendevano testimonianza,
[12]perché soccorrevo il povero che chiedeva aiuto,
l'orfano che ne era privo.
[13]La benedizione del morente scendeva su di me
e al cuore della vedova infondevo la gioia.
[14]Mi ero rivestito di giustizia come di un
vestimento;
come mantello e turbante era la mia equità.
[15]Io ero gli occhi per il cieco,
ero i piedi per lo zoppo.
[16]Padre io ero per i poveri
ed esaminavo la causa dello sconosciuto;
[17]rompevo la mascella al perverso
e dai suoi denti strappavo la preda.
[18]Pensavo: «Spirerò nel mio nido
e moltiplicherò come sabbia i miei giorni».
[19]La mia radice avrà adito alle acque
e la rugiada cadrà di notte sul mio ramo.
[20]La mia gloria sarà sempre nuova
e il mio arco si rinforzerà nella mia mano.
[21]Mi ascoltavano in attesa fiduciosa
e tacevano per udire il mio consiglio.
[22]Dopo le mie parole non replicavano
e su di loro scendevano goccia a goccia i miei detti.
[23]Mi attendevano come si attende la pioggia
e aprivano la bocca come ad acqua primaverile.
[24]Se a loro sorridevo, non osavano crederlo,
né turbavano la serenità del mio volto.
[25]Indicavo loro la via da seguire e sedevo come capo,
e vi rimanevo come un re fra i soldati
o come un consolatore d'afflitti.
Giobbe - Capitolo 30
B. Angoscia presente
[1]Ora invece si ridono di me
i più giovani di me in età,
i cui padri non avrei degnato
di mettere tra i cani del mio gregge.
[2]Anche la forza delle loro mani a che mi giova?
Hanno perduto ogni vigore;
[3]disfatti dalla indigenza e dalla fame,
brucano per l'arido deserto,
[4]da lungo tempo regione desolata,
raccogliendo l'erba salsa accanto ai cespugli
e radici di ginestra per loro cibo.
[5]Cacciati via dal consorzio umano,
a loro si grida dietro come al ladro;
[6]sì che dimorano in valli orrende,
nelle caverne della terra e nelle rupi.
[7]In mezzo alle macchie urlano
e sotto i roveti si adunano;
[8]razza ignobile, anzi razza senza nome,
sono calpestati più della terra.
[9]Ora io sono la loro canzone,
sono diventato la loro favola!
[10]Hanno orrore di me e mi schivano
e non si astengono dallo sputarmi in faccia!
[11]Poiché egli ha allentato il mio arco e mi ha
abbattuto,
essi han rigettato davanti a me ogni freno.
[12]A destra insorge la ragazzaglia;
smuovono i miei passi
e appianano la strada contro di me per perdermi.
[13]Hanno demolito il mio sentiero,
cospirando per la mia disfatta
e nessuno si oppone a loro.
[14]Avanzano come attraverso una larga breccia,
sbucano in mezzo alle macerie.
[15]I terrori si sono volti contro di me;
si è dileguata, come vento, la mia grandezza
e come nube è passata la mia felicità.
[16]Ora mi consumo
e mi colgono giorni d'afflizione.
[17]Di notte mi sento trafiggere le ossa
e i dolori che mi rodono non mi danno riposo.
[18]A gran forza egli mi afferra per la veste,
mi stringe per l'accollatura della mia tunica.
[19]Mi ha gettato nel fango:
son diventato polvere e cenere.
[20]Io grido a te, ma tu non mi rispondi,
insisto, ma tu non mi dai retta.
[21]Tu sei un duro avversario verso di me
e con la forza delle tue mani mi perseguiti;
[22]mi sollevi e mi poni a cavallo del vento
e mi fai sballottare dalla bufera.
[23]So bene che mi conduci alla morte,
alla casa dove si riunisce ogni vivente.
[24]Ma qui nessuno tende la mano alla preghiera,
né per la sua sventura invoca aiuto.
[25]Non ho pianto io forse con chi aveva i giorni duri
e non mi sono afflitto per l'indigente?
[26]Eppure aspettavo il bene ed è venuto il male,
aspettavo la luce ed è venuto il buio.
[27]Le mie viscere ribollono senza posa
e giorni d'affanno mi assalgono.
[28]Avanzo con il volto scuro, senza conforto,
nell'assemblea mi alzo per invocare aiuto.
[29]Sono divenuto fratello degli sciacalli
e compagno degli struzzi.
[30]La mia pelle si è annerita, mi si stacca
e le mie ossa bruciano dall'arsura.
[31]La mia cetra serve per lamenti
e il mio flauto per la voce di chi piange.
Giobbe - Capitolo 31
Apologia di Giobbe
[1]Avevo stretto con gli occhi un patto
di non fissare neppure una vergine.
[2]Che parte mi assegna Dio di lassù
e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto?
[3]Non è forse la rovina riservata all'iniquo
e la sventura per chi compie il male?
[4]Non vede egli la mia condotta
e non conta tutti i miei passi?
[5]Se ho agito con falsità
e il mio piede si è affrettato verso la frode,
[6]mi pesi pure sulla bilancia della giustizia
e Dio riconoscerà la mia integrità.
[7]Se il mio passo è andato fuori strada
e il mio cuore ha seguito i miei occhi,
se alla mia mano si è attaccata sozzura,
[8]io semini e un altro ne mangi il frutto
e siano sradicati i miei germogli.
[9]Se il mio cuore fu sedotto da una donna
e ho spiato alla porta del mio prossimo,
[10]mia moglie macini per un altro
e altri ne abusino;
[11]difatti quello è uno scandalo,
un delitto da deferire ai giudici,
[12]quello è un fuoco che divora fino alla
distruzione
e avrebbe consumato tutto il mio raccolto.
[13]Se ho negato i diritti del mio schiavo
e della schiava in lite con me,
[14]che farei, quando Dio si alzerà,
e, quando farà l'inchiesta, che risponderei?
[15]Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto
anche lui?
Non fu lo stesso a formarci nel seno?
[16]Mai ho rifiutato quanto brama il povero,
né ho lasciato languire gli occhi della vedova;
[17]mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane,
senza che ne mangiasse l'orfano,
[18]poiché Dio, come un padre, mi ha allevato fin
dall'infanzia
e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato.
[19]Se mai ho visto un misero privo di vesti
o un povero che non aveva di che coprirsi,
[20]se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi,
o con la lana dei miei agnelli non si è riscaldato;
[21]se contro un innocente ho alzato la mano,
perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava,
[22]mi si stacchi la spalla dalla nuca
e si rompa al gomito il mio braccio,
[23]perché mi incute timore la mano di Dio
e davanti alla sua maestà non posso resistere.
[24]Se ho riposto la mia speranza nell'oro
e all'oro fino ho detto: «Tu sei la mia fiducia»;
[25]se godevo perché grandi erano i miei beni
e guadagnava molto la mia mano;
[26]se vedendo il sole risplendere
e la luna chiara avanzare,
[27]si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore
e con la mano alla bocca ho mandato un bacio,
[28]anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale,
perché avrei rinnegato Dio che sta in alto.
[29]Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico
e ho esultato perché lo colpiva la sventura,
[30]io che non ho permesso alla mia lingua di peccare,
augurando la sua morte con imprecazioni?
[31]Non diceva forse la gente della mia tenda:
«A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?».
[32]All'aperto non passava la notte lo straniero
e al viandante aprivo le mie porte.
[33]Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia
colpa,
tenendo celato il mio delitto in petto,
[34]come se temessi molto la folla,
e il disprezzo delle tribù mi spaventasse,
sì da starmene zitto senza uscire di casa.
[38]Se contro di me grida la mia terra
e i suoi solchi piangono con essa;
[39]se ho mangiato il suo frutto senza pagare
e ho fatto sospirare dalla fame i suoi coltivatori,
[40]in luogo di frumento, getti spine,
ed erbaccia al posto dell'orzo.
[35]Oh, avessi uno che mi ascoltasse!
Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda!
Il documento scritto dal mio avversario
[36]vorrei certo portarlo sulle mie spalle
e cingerlo come mio diadema!
[37]Il numero dei miei passi gli manifesterei
e mi presenterei a lui come sovrano.
Giobbe - Capitolo 32
III. I DISCORSI DI ELIU
Intervento di Eliu
(31,40b) Quando Giobbe ebbe finito di parlare, [1]quei tre uomini cessarono
di rispondere a Giobbe, perchè egli si riteneva giusto. [2]Allora si accese
lo sdegno di Eliu, figlio di Barachele il Buzita, della tribù di Ram. Si
accese di sdegno contro Giobbe, perché pretendeva d'aver ragione di fronte a
Dio; [3]si accese di sdegno anche contro i suoi tre amici, perché non
avevano trovato di che rispondere, sebbene avessero dichiarato Giobbe
colpevole. [4]Però Eliu aveva aspettato, mentre essi parlavano con Giobbe,
perché erano più vecchi di lui in età. [5]Quando dunque vide che sulla bocca
di questi tre uomini non vi era più alcuna risposta, Eliu si accese di
sdegno.
[6]Presa dunque la parola, Eliu, figlio di Barachele il Buzita, disse:
Esordio
Giovane io sono di anni
e voi siete gia canuti;
per questo ho esitato per rispetto
a manifestare a voi il mio sapere.
[7]Pensavo: Parlerà l'età
e i canuti insegneranno la sapienza.
[8]Ma certo essa è un soffio nell'uomo;
l'ispirazione dell'Onnipotente lo fa intelligente.
[9]Non sono i molti anni a dar la sapienza,
né sempre i vecchi distinguono ciò che è giusto.
[10]Per questo io oso dire: Ascoltatemi;
anch'io esporrò il mio sapere.
[11]Ecco, ho atteso le vostre parole,
ho teso l'orecchio ai vostri argomenti.
Finché andavate in cerca di argomenti
[12]su di voi fissai l'attenzione.
Ma ecco, nessuno ha potuto convincere Giobbe,
nessuno tra di voi risponde ai suoi detti.
[13]Non dite: Noi abbiamo trovato la sapienza,
ma lo confuti Dio, non l'uomo!
[14]Egli non mi ha rivolto parole,
e io non gli risponderò con le vostre parole.
[15]Sono vinti, non rispondono più,
mancano loro le parole.
[16]Ho atteso, ma poiché non parlano più,
poiché stanno lì senza risposta,
[17]voglio anch'io dire la mia parte,
anch'io esporrò il mio parere;
[18]mi sento infatti pieno di parole,
mi preme lo spirito che è dentro di me.
[19]Ecco, dentro di me c'è come vino senza sfogo,
come vino che squarcia gli otri nuovi.
[20]Parlerò e mi sfogherò,
aprirò le labbra e risponderò.
[21]Non guarderò in faccia ad alcuno,
non adulerò nessuno,
[22]perché io non so adulare:
altrimenti il mio creatore in breve mi eliminerebbe.
Giobbe - Capitolo 33
La presunzione di Giobbe
[1]Ascolta dunque, Giobbe, i miei discorsi,
ad ogni mia parola porgi l'orecchio.
[2]Ecco, io apro la bocca,
parla la mia lingua entro il mio palato.
[3]Il mio cuore dirà sagge parole
e le mie labbra parleranno chiaramente.
[4]Lo spirito di Dio mi ha creato
e il soffio dell'Onnipotente mi dà vita.
[5]Se puoi, rispondimi,
prepàrati davanti a me, stà pronto.
[6]Ecco, io sono come te di fronte a Dio
e anch'io sono stato tratto dal fango:
[7]ecco, nulla hai da temere da me,
né graverò su di te la mano.
[8]Non hai fatto che dire ai miei orecchi
e ho ben udito il suono dei tuoi detti:
[9]«Puro son io, senza peccato,
io sono mondo, non ho colpa;
[10]ma egli contro di me trova pretesti
e mi stima suo nemico;
[11]pone in ceppi i miei piedi
e spia tutti i miei passi!».
[12]Ecco, in questo ti rispondo: non hai ragione.
Dio è infatti più grande dell'uomo.
[13]Perché ti lamenti di lui,
se non risponde ad ogni tua parola?
[14]Dio parla in un modo
o in un altro, ma non si fa attenzione.
[15]Parla nel sogno, visione notturna,
quando cade il sopore sugli uomini
e si addormentano sul loro giaciglio;
[16]apre allora l'orecchio degli uomini
e con apparizioni li spaventa,
[17]per distogliere l'uomo dal male
e tenerlo lontano dall'orgoglio,
[18]per preservarne l'anima dalla fossa
e la sua vita dalla morte violenta.
[19]Lo corregge con il dolore nel suo letto
e con la tortura continua delle ossa;
[20]quando il suo senso ha nausea del pane,
il suo appetito del cibo squisito;
[21]quando la sua carne si consuma a vista d'occhio
e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori,
[22]quando egli si avvicina alla fossa
e la sua vita alla dimora dei morti.
[23]Ma se vi è un angelo presso di lui,
un protettore solo fra mille,
per mostrare all'uomo il suo dovere,
[24]abbia pietà di lui e dica:
«Scampalo dallo scender nella fossa,
ho trovato il riscatto»,
[25]allora la sua carne sarà più fresca che in gioventù,
tornerà ai giorni della sua adolescenza:
[26]supplicherà Dio e questi gli userà benevolenza,
gli mostrerà il suo volto in giubilo,
e renderà all'uomo la sua giustizia.
[27]Egli si rivolgerà agli uomini e dirà:
«Avevo peccato e violato la giustizia,
ma egli non mi ha punito per quel che meritavo;
[28]mi ha scampato dalla fossa
e la mia vita rivede la luce».
[29]Ecco, tutto questo fa Dio,
due volte, tre volte con l'uomo,
[30]per sottrarre l'anima sua dalla fossa
e illuminarla con la luce dei viventi.
[31]Attendi, Giobbe, ascoltami,
taci e io parlerò:
[32]ma se hai qualcosa da dire, rispondimi,
parla, perché vorrei darti ragione;
[33]se no, tu ascoltami
e io ti insegnerò la sapienza.
Giobbe - Capitolo 34
Scacco dei tre saggi nel discolpare Dio
[1]Eliu continuò a dire:
[2]Ascoltate, saggi, le mie parole
e voi, sapienti, porgetemi l'orecchio,
[3]Perché l'orecchio distingue le parole,
come il palato assapora i cibi.
[4]Esploriamo noi ciò che è giusto,
indaghiamo fra di noi quale sia il bene:
[5]poiché Giobbe ha detto: «Io son giusto,
ma Dio mi ha tolto il mio diritto;
[6]contro il mio diritto passo per menzognero,
inguaribile è la mia piaga benché senza colpa».
[7]Chi è come Giobbe
che beve, come l'acqua, l'insulto,
[8]che fa la strada in compagnia dei malfattori,
andando con uomini iniqui?
[9]Poiché egli ha detto: «Non giova all'uomo
essere in buona grazia con Dio».
[10]Perciò ascoltatemi, uomini di senno:
lungi da Dio l'iniquità
e dall'Onnipotente l'ingiustizia!
[11]Poiché egli ripaga l'uomo secondo il suo operato
e fa trovare ad ognuno secondo la sua condotta.
[12]In verità, Dio non agisce da ingiusto
e l'Onnipotente non sovverte il diritto!
[13]Chi mai gli ha affidato la terra
e chi ha disposto il mondo intero?
[14]Se egli richiamasse il suo spirito a sè
e a sé ritraesse il suo soffio,
[15]ogni carne morirebbe all'istante
e l'uomo ritornerebbe in polvere.
[16]Se hai intelletto, ascolta bene questo,
porgi l'orecchio al suono delle mie parole.
[17]Può mai governare chi odia il diritto?
E tu osi condannare il Gran Giusto?
[18]lui che dice ad un re: «Iniquo!»
e ai principi: «Malvagi!»,
[19]lui che non usa parzialità con i potenti
e non preferisce al povero il ricco,
perché tutti costoro sono opera delle sue mani?
[20]In un istante muoiono e nel cuore della notte
sono colpiti i potenti e periscono;
e senza sforzo rimuove i tiranni,
[21]poiché egli tiene gli occhi sulla condotta
dell'uomo
e vede tutti i suoi passi.
[22]Non vi è tenebra, non densa oscurità,
dove possano nascondersi i malfattori.
[23]Poiché non si pone all'uomo un termine
per comparire davanti a Dio in giudizio:
[24]egli fiacca i potenti, senza fare inchieste,
e colloca altri al loro posto.
[25]Poiché conosce le loro opere,
li travolge nella notte e sono schiacciati;
[26]come malvagi li percuote,
li colpisce alla vista di tutti;
[27]perché si sono allontanati da lui
e di tutte le sue vie non si sono curati,
[28]sì da far giungere fino a lui il grido
dell'oppresso e fargli udire il lamento dei poveri.
[29]Se egli tace, chi lo può condannare?
Se vela la faccia, chi lo può vedere?
Ma sulle nazioni e sugli individui egli veglia,
[30]perché non regni un uomo perverso,
perché il popolo non abbia inciampi.
[31]Si può dunque dire a Dio:
«Porto la pena, senza aver fatto il male;
[32]se ho peccato, mostramelo;
se ho commesso l'iniquità, non lo farò più»?
[33]Forse, secondo le tue idee dovrebbe ricompensare,
perché tu rifiuti il suo giudizio?
Poiché tu devi scegliere, non io,
dì, dunque, quello che sai.
[34]Gli uomini di senno mi diranno
con l'uomo saggio che mi ascolta:
[35]«Giobbe non parla con sapienza
e le sue parole sono prive di senno».
[36]Bene, Giobbe sia esaminato fino in fondo,
per le sue risposte da uomo empio,
[37]perché aggiunge al suo peccato la rivolta,
in mezzo a noi batte le mani
e moltiplica le parole contro Dio.
Giobbe - Capitolo 35
Dio non è indifferente ai casi umani
[1]Eliu riprese a dire:
[2]Ti pare di aver pensato cosa giusta,
quando dicesti: «Ho ragione davanti a Dio»?
[3]O quando hai detto: «Che te ne importa?
Che utilità ne ho dal mio peccato»?
[4]Risponderò a te con discorsi
e ai tuoi amici insieme con te.
[5]Contempla il cielo e osserva,
considera le nubi: sono più alte di te.
[6]Se pecchi, che gli fai?
Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno gli arrechi?
[7]Se tu sei giusto, che cosa gli dai
o che cosa riceve dalla tua mano?
[8]Su un uomo come te ricade la tua malizia,
su un figlio d'uomo la tua giustizia!
[9]Si grida per la gravità dell'oppressione,
si invoca aiuto sotto il braccio dei potenti,
[10]ma non si dice: «Dov'è quel Dio che mi ha
creato,
che concede nella notte canti di gioia;
[11]che ci rende più istruiti delle bestie
selvatiche,
che ci fa più saggi degli uccelli del cielo?».
[12]Si grida, allora, ma egli non risponde
di fronte alla superbia dei malvagi.
[13]Certo è falso dire: «Dio non ascolta
e l'Onnipotente non presta attenzione»;
[14]più ancora quando tu dici che non lo vedi,
che la tua causa sta innanzi a lui e tu in lui speri;
[15]così pure quando dici che la sua ira non punisce
né si cura molto dell'iniquità.
[16]Giobbe dunque apre invano la sua bocca
e senza cognizione moltiplica le chiacchiere.
Giobbe - Capitolo 36
Il vero senso delle sofferenze di Giobbe
[1]Eliu continuò a dire:
[2]Abbi un pò di pazienza e io te lo dimostrerò,
perché in difesa di Dio c'è altro da dire.
[3]Prenderò da lontano il mio sapere
e renderò giustizia al mio creatore,
[4]poiché non è certo menzogna il mio parlare:
un uomo di perfetta scienza è qui con te.
[5]Ecco, Dio è grande e non si ritratta,
egli è grande per fermezza di cuore.
[6]Non lascia vivere l'iniquo
e rende giustizia ai miseri.
[7]Non toglie gli occhi dai giusti,
li fa sedere sul trono con i re
e li esalta per sempre.
[8]Se talvolta essi sono avvinti in catene,
se sono stretti dai lacci dell'afflizione,
[9]fa loro conoscere le opere loro
e i loro falli, perché superbi;
[10]apre loro gli orecchi per la correzione
e ordina che si allontanino dalla iniquità.
[11]Se ascoltano e si sottomettono,
chiuderanno i loro giorni nel benessere
e i loro anni nelle delizie.
[12]Ma se non vorranno ascoltare,
di morte violenta periranno,
spireranno senza neppure saperlo.
[13]I perversi di cuore accumulano l'ira;
non invocano aiuto, quando Dio li avvince in catene:
[14]si spegne in gioventù la loro anima,
e la loro vita all'età dei dissoluti.
[15]Ma egli libera il povero con l'afflizione,
gli apre l'udito con la sventura.
[16]Anche te intende sottrarre dal morso
dell'angustia:
avrai in cambio un luogo ampio, non ristretto
e la tua tavola sarà colma di vivande grasse.
[17]Ma se colmi la misura con giudizi da empio,
giudizio e condanna ti seguiranno.
[18]La collera non ti trasporti alla bestemmia,
l'abbondanza dell'espiazione non ti faccia fuorviare.
[19]Può forse farti uscire dall'angustia il tuo
grido,
con tutti i tentativi di forza?
[20]Non sospirare quella notte,
in cui i popoli vanno al loro luogo.
[21]Bada di non volgerti all'iniquità,
poiché per questo sei stato provato dalla miseria.
Inno alla sapienza onnipotente
[22]Ecco, Dio è sublime nella sua potenza;
chi come lui è temibile?
[23]Chi mai gli ha imposto il suo modo d'agire
o chi mai ha potuto dirgli: «Hai agito male?».
[24]Ricordati che devi esaltare la sua opera,
che altri uomini hanno cantato.
[25]Ogni uomo la contempla,
il mortale la mira da lontano.
[26]Ecco, Dio è così grande, che non lo
comprendiamo:
il numero dei suoi anni è incalcolabile.
[27]Egli attrae in alto le gocce dell'acqua
e scioglie in pioggia i suoi vapori,
[28]che le nubi riversano
e grondano sull'uomo in grande quantità.
[31]In tal modo sostenta i popoli
e offre alimento in abbondanza.
[29]Chi inoltre può comprendere la distesa delle
nubi,
i fragori della sua dimora?
[30]Ecco, espande sopra di esso il suo vapore
e copre le profondità del mare.
[32]Arma le mani di folgori
e le scaglia contro il bersaglio.
[33]Lo annunzia il suo fragore,
riserva d'ira contro l'iniquità.
Giobbe - Capitolo 37
[1]Per questo mi batte forte il cuore
e mi balza fuori dal petto.
[2]Udite, udite, il rumore della sua voce,
il fragore che esce dalla sua bocca.
[3]Il lampo si diffonde sotto tutto il cielo
e il suo bagliore giunge ai lembi della terra;
[4]dietro di esso brontola il tuono,
mugghia con il suo fragore maestoso
e nulla arresta i fulmini,
da quando si è udita la sua voce;
[5]mirabilmente tuona Dio con la sua voce
opera meraviglie che non comprendiamo!
[6]Egli infatti dice alla neve: «Cadi sulla terra»
e alle piogge dirotte: «Siate violente».
[7]Rinchiude ogni uomo in casa sotto sigillo,
perché tutti riconoscano la sua opera.
[8]Le fiere si ritirano nei loro ripari
e nelle loro tane si accovacciano.
[9]Dal mezzogiorno avanza l'uragano
e il freddo dal settentrione.
[10]Al soffio di Dio si forma il ghiaccio
e la distesa dell'acqua si congela.
[11]Carica di umidità le nuvole
e le nubi ne diffondono le folgori.
[12]Egli le fa vagare dappertutto
secondo i suoi ordini,
perché eseguiscano quanto comanda loro
sul mondo intero.
[13]Le manda o per castigo della terra
o in segno di bontà.
[14]Porgi l'orecchio a questo, Giobbe, soffèrmati
e considera le meraviglie di Dio.
[15]Sai tu come Dio le diriga
e come la sua nube produca il lampo?
[16]Conosci tu come la nube si libri in aria,
i prodigi di colui che tutto sa?
[17]Come le tue vesti siano calde
quando non soffia l'austro e la terra riposa?
[18]Hai tu forse disteso con lui il firmamento,
solido come specchio di metallo fuso?
[19]Insegnaci che cosa dobbiamo dirgli.
Noi non parleremo per l'oscurità.
[20]Gli si può forse ordinare: «Parlerò io?».
O un uomo può dire che è sopraffatto?
[21]Ora diventa invisibile la luce,
oscurata in mezzo alle nubi:
ma tira il vento e le spazza via.
[22]Dal nord giunge un aureo chiarore,
intorno a Dio è tremenda maestà.
[23]L}Onnipotente noi non lo possiamo raggiungere,
sublime in potenza e rettitudine
e grande per giustizia: egli non ha da rispondere.
[24]Perciò gli uomini lo temono:
a lui la venerazione di tutti i saggi di mente.
Giobbe - Capitolo 38
IV. I DISCORSI DI IAHVE
PRIMO DISCORSO
La sapienza creatrice confonde Giobbe
[1]Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:
[2]Chi è costui che oscura il consiglio
con parole insipienti?
[3]Cingiti i fianchi come un prode,
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
[4]Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?
Dillo, se hai tanta intelligenza!
[5]Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
o chi ha teso su di essa la misura?
[6]Dove sono fissate le sue basi
o chi ha posto la sua pietra angolare,
[7]mentre gioivano in coro le stelle del mattino
e plaudivano tutti i figli di Dio?
[8]Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando erompeva uscendo dal seno materno,
[9]quando lo circondavo di nubi per veste
e per fasce di caligine folta?
[10]Poi gli ho fissato un limite
e gli ho messo chiavistello e porte
[11]e ho detto: «Fin qui giungerai e non oltre
e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde».
[12]Da quando vivi, hai mai comandato al mattino
e assegnato il posto all'aurora,
[13]perché essa afferri i lembi della terra
e ne scuota i malvagi?
[14]Si trasforma come creta da sigillo
e si colora come un vestito.
[15]E' sottratta ai malvagi la loro luce
ed è spezzato il braccio che si alza a colpire.
[16]Sei mai giunto alle sorgenti del mare
e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato?
[17]Ti sono state indicate le porte della morte
e hai visto le porte dell'ombra funerea?
[18]Hai tu considerato le distese della terra?
Dillo, se sai tutto questo!
[19]Per quale via si va dove abita la luce
e dove hanno dimora le tenebre
[20]perché tu le conduca al loro dominio
o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa?
[21]Certo, tu lo sai, perché allora eri nato
e il numero dei tuoi giorni è assai grande!
[22]Sei mai giunto ai serbatoi della neve,
hai mai visto i serbatoi della grandine,
[23]che io riserbo per il tempo della sciagura,
per il giorno della guerra e della battaglia?
[24]Per quali vie si espande la luce,
si diffonde il vento d'oriente sulla terra?
[25]Chi ha scavato canali agli acquazzoni
e una strada alla nube tonante,
[26]per far piovere sopra una terra senza uomini,
su un deserto dove non c'è nessuno,
[27]per dissetare regioni desolate e squallide
e far germogliare erbe nella steppa?
[28]Ha forse un padre la pioggia?
O chi mette al mondo le gocce della rugiada?
[29]Dal seno di chi è uscito il ghiaccio
e la brina del cielo chi l'ha generata?
[30]Come pietra le acque induriscono
e la faccia dell'abisso si raggela.
[31]Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi
o sciogliere i vincoli di Orione?
[32]Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino
o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli?
[33]Conosci tu le leggi del cielo
o ne applichi le norme sulla terra?
[34]Puoi tu alzare la voce fino alle nubi
e farti coprire da un rovescio di acqua?
[35]Scagli tu i fulmini e partono
dicendoti: «Eccoci!»?
[36]Chi ha elargito all'ibis la sapienza
o chi ha dato al gallo intelligenza?
[37]Chi può con sapienza calcolare le nubi
e chi riversa gli otri del cielo,
[38]quando si fonde la polvere in una massa
e le zolle si attaccano insieme?
[39]Vai tu a caccia di preda per la leonessa
e sazi la fame dei leoncini,
[40]quando sono accovacciati nelle tane
o stanno in agguato fra le macchie?
[41]Chi prepara al corvo il suo pasto,
quando i suoi nati gridano verso Dio
e vagano qua e là per mancanza di cibo?
Giobbe - Capitolo 39
[1]Sai tu quando figliano le camozze
e assisti al parto delle cerve?
[2]Conti tu i mesi della loro gravidanza
e sai tu quando devono figliare?
[3]Si curvano e depongono i figli,
metton fine alle loro doglie.
[4]Robusti sono i loro figli, crescono in campagna,
partono e non tornano più da esse.
[5]Chi lascia libero l'asino selvatico
e chi scioglie i legami dell'ònagro,
[6]al quale ho dato la steppa per casa
e per dimora la terra salmastra?
[7]Del fracasso della città se ne ride
e gli urli dei guardiani non ode.
[8]Gira per le montagne, sua pastura,
e va in cerca di quanto è verde.
[9]Il bufalo si lascerà piegare a servirti
o a passar la notte presso la tua greppia?
[10]Potrai legarlo con la corda per fare il solco
o fargli erpicare le valli dietro a te?
[11]Ti fiderai di lui, perché la sua forza è grande
e a lui affiderai le tue fatiche?
[12]Conterai su di lui, che torni
e raduni la tua messe sulla tua aia?
[13]L'ala dello struzzo batte festante,
ma è forse penna e piuma di cicogna?
[14]Abbandona infatti alla terra le uova
e sulla polvere le lascia riscaldare.
[15]Dimentica che un piede può schiacciarle,
una bestia selvatica calpestarle.
[16]Tratta duramente i figli, come se non fossero
suoi,
della sua inutile fatica non si affanna,
[17]perché Dio gli ha negato la saggezza
e non gli ha dato in sorte discernimento.
[18]Ma quando giunge il saettatore, fugge agitando le
ali:
si beffa del cavallo e del suo cavaliere.
[19]Puoi tu dare la forza al cavallo
e vestire di fremiti il suo collo?
[20]Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo?
Il suo alto nitrito incute spavento.
[21]Scalpita nella valle giulivo
e con impeto va incontro alle armi.
[22]Sprezza la paura, non teme,
né retrocede davanti alla spada.
[23]Su di lui risuona la faretra,
il luccicar della lancia e del dardo.
[24]Strepitando, fremendo, divora lo spazio
e al suono della tromba più non si tiene.
[25]Al primo squillo grida: «Aah!...»
e da lontano fiuta la battaglia,
gli urli dei capi, il fragor della mischia.
[26]Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero
e spiega le ali verso il sud?
[27]O al tuo comando l'aquila s'innalza
e pone il suo nido sulle alture?
[28]Abita le rocce e passa la notte
sui denti di rupe o sui picchi.
[29]Di lassù spia la preda,
lontano scrutano i suoi occhi.
[30]I suoi aquilotti succhiano il sangue
e dove sono cadaveri, là essa si trova.
Giobbe - Capitolo 40
[1]Il Signore riprese e disse a Giobbe:
[2]Il censore vorrà ancora contendere con l'Onnipotente?
L'accusatore di Dio risponda!
[3]Giobbe rivolto al Signore disse:
[4]Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere?
Mi metto la mano sulla bocca.
[5]Ho parlato una volta, ma non replicherò.
ho parlato due volte, ma non continuerò.
SECONDO DISCORSO
Dio controlla le forze del male
[6]Allora il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine e disse:
[7]Cingiti i fianchi come un prode:
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
[8]Oseresti proprio cancellare il mio guidizio
e farmi torto per avere tu ragione?
[9]Hai tu un braccio come quello di Dio
e puoi tuonare con voce pari alla sua?
[10]Ornati pure di maestà e di sublimità,
rivestiti di splendore e di gloria;
[11]diffondi i furori della tua collera,
mira ogni superbo e abbattilo,
[12]mira ogni superbo e umilialo,
schiaccia i malvagi ovunque si trovino;
[13]nascondili nella polvere tutti insieme,
rinchiudili nella polvere tutti insieme,
[14]anch'io ti loderò,
perché hai trionfato con la destra.
Le bestie
[15]Ecco, l'ippopotamo, che io ho creato al pari di te,
mangia l'erba come il bue.
[16]Guarda, la sua forza è nei fianchi
e il suo vigore nel ventre.
[17]Rizza la coda come un cedro,
i nervi delle sue cosce s'intrecciano saldi,
[18]le sue vertebre, tubi di bronzo,
le sue ossa come spranghe di ferro.
[19]Esso è la prima delle opere di Dio;
il suo creatore lo ha fornito di difesa.
[20]I monti gli offrono i loro prodotti
e là tutte le bestie della campagna si trastullano.
[21]Sotto le piante di loto si sdraia,
nel folto del canneto della palude.
[22]Lo ricoprono d'ombra i loti selvatici,
lo circondano i salici del torrente.
[23]Ecco, si gonfi pure il fiume: egli non trema,
è calmo, anche se il Giordano gli salisse fino alla bocca.
[24]Chi potrà afferarlo per gli occhi,
prenderlo con lacci e forargli le narici?
Leviatan
[25]Puoi tu pescare il Leviatan con l'amo
e tener ferma la sua lingua con una corda,
[26]ficcargli un giunco nelle narici
e forargli la mascella con un uncino?
[27]Ti farà forse molte suppliche
e ti rivolgerà dolci parole?
[28]Stipulerà forse con te un'alleanza,
perché tu lo prenda come servo per sempre?
[29]Scherzerai con lui come un passero,
legandolo per le tue fanciulle?
[30]Lo metteranno in vendita le compagnie di pesca,
se lo divideranno i commercianti?
[31]Crivellerai di dardi la sua pelle
e con la fiocina la sua testa?
[32]Metti su di lui la mano:
al ricordo della lotta, non rimproverai!
Giobbe - Capitolo 41
[1]Ecco, la tua speranza è fallita,
al solo vederlo uno stramazza.
[2]Nessuno è tanto audace da osare eccitarlo
e chi mai potrà star saldo di fronte a lui?
[3]Chi mai lo ha assalito e si è salvato?
Nessuno sotto tutto il cielo.
[4]Non tacerò la forza delle sue membra:
in fatto di forza non ha pari.
[5]Chi gli ha mai aperto sul davanti il manto di pelle
e nella sua doppia corazza chi può penetrare?
[6]Le porte della sua bocca chi mai ha aperto?
Intorno ai suoi denti è il terrore!
[7]Il suo dorso è a lamine di scudi,
saldate con stretto suggello;
[8]l'una con l'altra si toccano,
sì che aria fra di esse non passa:
[9]ognuna aderisce alla vicina,
sono compatte e non possono separarsi.
[10]Il suo starnuto irradia luce
e i suoi occhi sono come le palpebre dell'aurora.
[11]Dalla sua bocca partono vampate,
sprizzano scintille di fuoco.
[12]Dalle sue narici esce fumo
come da caldaia, che bolle sul fuoco.
[13]Il suo fiato incendia carboni
e dalla bocca gli escono fiamme.
[14]Nel suo collo risiede la forza
e innanzi a lui corre la paura.
[15]Le giogaie della sua carne son ben compatte,
sono ben salde su di lui, non si muovono.
[16]Il suo cuore è duro come pietra,
duro come la pietra inferiore della macina.
[17]Quando si alza, si spaventano i forti
e per il terrore restano smarriti.
[18]La spada che lo raggiunge non vi si infigge,
né lancia, né freccia né giavellotto;
[19]stima il ferro come paglia,
il bronzo come legno tarlato.
[20]Non lo mette in fuga la freccia,
in pula si cambian per lui le pietre della fionda.
[21]Come stoppia stima una mazza
e si fa beffe del vibrare dell'asta.
[22]Al disotto ha cocci acuti
e striscia come erpice sul molle terreno.
[23]Fa ribollire come pentola il gorgo,
fa del mare come un vaso da unguenti.
[24]Dietro a sé produce una bianca scia
e l'abisso appare canuto.
[25]Nessuno sulla terra è pari a lui,
fatto per non aver paura.
[26]Lo teme ogni essere più altero;
egli è il re su tutte le fiere più superbe.
Giobbe - Capitolo 42
Ultima risposta di Giobbe
[1]Allora Giobbe rispose al Signore e disse:
[2]Comprendo che puoi tutto
e che nessuna cosa è impossibile per te.
[3]Chi è colui che, senza aver scienza,
può oscurare il tuo consiglio?
Ho esposto dunque senza discernimento
cose troppo superiori a me, che io non comprendo.
[4]«Ascoltami e io parlerò,
io t'interrogherò e tu istruiscimi».
[5]Io ti conoscevo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono.
[6]Perciò mi ricredo
e ne provo pentimento sopra polvere e cenere.
V. EPILOGO
Iahve biasima i tre saggi
[7]Dopo che il Signore aveva rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz
il Temanita: «La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici,
perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe.
[8]Prendete dunque sette vitelli e sette montoni e andate dal mio servo
Giobbe e offriteli in olocausto per voi; il mio servo Giobbe pregherà per
voi, affinchè io, per riguardo a lui, non punisca la vostra stoltezza,
perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe».
[9]Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita andarono e
fecero come loro aveva detto il Signore e il Signore ebbe riguardo di
Giobbe.
Dio reintegra la fortuna di Giobbe
[10]Dio ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli pregato per i
suoi amici; accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva posseduto.
[11]Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima
vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e lo commiserarono e lo
consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui e gli
regalarono ognuno una piastra e un anello d'oro.
[12]Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima ed
egli possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di
buoi e mille asine. [13]Ebbe anche sette figli e tre figlie. [14]A una mise
nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio. [15]In tutta
la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il
loro padre le mise a parte dell'eredità insieme con i loro fratelli.
[16]Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide figli e
nipoti di quattro generazioni. [17]Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di
giorni.

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