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ANTICO TESTAMENTO
- LA BIBBIA - MACCABEI - GIOBBE
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LA SACRA BIBBIA -
GIOBBE |
Maccabei 2 - Capitolo 1 I. LETTERE AI GIUDEI DI EGITTO PRIMA
LETTERA [1]«Ai fratelli giudei sparsi nell'Egitto salute. I fratelli giudei
che sono in Gerusalemme e nella regione della Giudea augurano buona pace.
[2]Dio voglia concedervi i suoi benefici e ricordarsi della sua alleanza
con Abramo, Isacco e Giacobbe suoi servi fedeli; [3]conceda a tutti voi
volontà di adorarlo e di compiere i suoi desideri con cuore generoso e animo
pronto; [4]vi dia una mente aperta ad intender la sua legge e i suoi comandi,
e volontà di pace. [5]Esaudisca le vostre preghiere e vi sia propizio e non
vi abbandoni nell'ora dell'avversità. [6]Noi qui appunto preghiamo per
voi. [7]Quando regnava Demetrio nell'anno centosessantanove, noi Giudei
vi abbiamo scritto: "Nelle calamità e angosce che ci hanno colpiti in
questi anni da quando Giasone e i suoi partigiani hanno apostatato dalla
città santa e dal regno, [8]incendiando il portone e versando sangue
innocente, noi abbiamo pregato il Signore e siamo stati esauditi. Quindi
abbiamo preso l'offerta delle vittime e del fior di farina, abbiamo acceso le
lampade e presentato i panì'. [9]Vi scriviamo la presente per esortarvi a
celebrare i giorni delle Capanne nel mese di Casleu. L'anno
centottantotto. SECONDA LETTERA Indirizzo [10]I Giudei residenti in
Gerusalemme e nella Giudea, il consiglio degli anziani e Giuda, ad
Aristòbulo, maestro del re Tolomeo, appartenente alla stirpe dei sacerdoti
consacrati con l'unzione, e ai Giudei dimoranti in Egitto, salute e
prosperità. Ringraziamento per il castigo di Antioco [11]Salvati da grandi
pericoli per l'intervento di Dio, lo ringraziamo molto per esserci potuti
schierare contro il re. [12]Perché egli stesso ha respinto le forze schierate
contro la santa città. [13]Recatosi in Persia, il loro capo e con lui
l'esercito creduto invincibile, fu ucciso nel tempio della dea Nanea, per gli
inganni orditi dai sacerdoti di Nanea. [14]Con il pretesto di celebrare le
nozze con lei, Antioco con i suoi amici si era recato sul posto per
prelevarne le immense ricchezze a titolo di dote. [15]Dopo che i sacerdoti
del tempio di Nanea gliele ebbero mostrate, egli entrò con pochi nel recinto
sacro e quelli, chiuso il tempio alle spalle di Antioco [16]e aperta una
porta segreta nel soffitto, scagliarono pietre e fulminarono il condottiero e
i suoi. Poi fattili a pezzi e tagliate le loro teste, le gettarono a quelli
di fuori. [17]In tutto sia benedetto il nostro Dio, che ha consegnato alla
morte gli empi. Il fuoco sacro miracolosamente conservato [18]Stando
noi per celebrare la purificazione del tempio il venticinque di Casleu,
abbiamo creduto necessario darvi qualche spiegazione, perché anche voi
celebriate la festa delle Capanne e del fuoco, apparso quando Neemia offrì i
sacrifici dopo la ricostruzione del tempio e dell'altare. [19]Infatti quando
i nostri padri furono deportati in Persia, i sacerdoti fedeli di allora,
preso il fuoco dall'altare, lo nascosero con cautela nella cavità di un pozzo
che aveva il fondo asciutto e là lo misero al sicuro, in modo che il luogo
rimanesse ignoto a tutti. [20]Dopo un buon numero di anni, quando piacque a
Dio, Neemia, rimandato dal re di Persia, inviò i discendenti di quei
sacerdoti che avevano nascosto il fuoco, a farne ricerca; quando essi ci
riferirono che non avevano trovato il fuoco ma acqua grassa, comandò loro di
attingerne e portarne. [21]Poi furono portate le offerte per i sacrifici e
Neemia comandò che venisse aspersa con quell'acqua la legna e quanto vi era
sopra. [22]Così fu fatto e dopo un pò di tempo il sole, che prima era coperto
di nubi, cominciò a risplendere e si accese un gran rogo, con grande
meraviglia di tutti. [23]I sacerdoti si posero allora in preghiera, mentre il
sacrificio veniva consumato, e con i sacerdoti tutti gli altri: Giònata
intonava, gli altri continuavano in coro insieme a Neemia. [24]La preghiera
era formulata in questo modo: Signore, Signore Dio, creatore di tutto,
tremendo e potente, giusto e misericordioso, tu solo re e buono, [25]tu solo
generoso, tu solo giusto e onnipotente ed eterno, che salvi Israele da ogni
male, che hai fatto i nostri padri oggetto di elezione e santificazione,
[26]accetta il sacrificio offerto per Israele tuo popolo, custodisci la tua
porzione e santificala. [27]Raccogli i nostri dispersi, libera quelli che
sono schiavi in mano ai pagani, guarda benigno i disprezzati e gli
oltraggiati; sappiano i pagani che tu sei il nostro Dio. [28]Punisci quelli
che ci opprimono e ci ingiuriano con superbia. [29]Concedi al tuo popolo di
radicarsi nel tuo luogo santo, come ha detto Mosè. [30]I sacerdoti a loro
volta cantavano inni. [31]Poi vennero consumate le vittime del sacrificio e
Neemia ordinò che il resto dell'acqua venisse versata sulle pietre più
grosse. [32]Fatto questo, si accese una fiamma, la quale tuttavia fu
assorbita dal bagliore del fuoco acceso sull'altare. [33]Quando fu divulgato
il fatto e fu annunciato al re dei Persiani che nel luogo dove i sacerdoti
deportati avevano nascosto il fuoco era comparsa acqua e che i sacerdoti al
seguito di Neemia avevano con quella purificato le cose necessarie al
sacrificio, [34]il re fece cingere il luogo e lo dichiarò sacro, dopo aver
accertato il fatto. [35]Il re ricevette anche molti doni da quelli che aveva
favoriti e ne diede a sua volta. [36]I compagni di Neemia chiamarono questo
luogo Neftar che significa spurificaziones; ma i più lo chiamano
Neftai. Maccabei 2 - Capitolo 2 Geremia nasconde il materiale del
culto [1]Si trova scritto nei documenti che Geremia profeta ordinò ai
deportati di prendere del fuoco, come è stato significato, [2]e che il
medesimo profeta ai deportati consegnò la legge raccomandando loro di non
dimenticarsi dei comandi del Signore e di non lasciarsi traviare nelle idee,
vedendo i simulacri d'oro e d'argento e il fasto di cui erano circondati,
[3]e che con altre simili espressioni li esortava a non ripudiare la legge
nel loro cuore. [4]Si diceva anche nello scritto che il profeta, ottenuto
un responso, ordinò che lo seguissero con la tenda e l'arca. Quando
giunse presso il monte dove Mosè era salito e aveva contemplato l'eredità di
Dio, [5]Geremia salì e trovò un vano a forma di caverna e là introdusse la
tenda, l'arca e l'altare degli incensi e sbarrò l'ingresso. [6]Alcuni del
suo seguito tornarono poi per segnare la strada, ma non trovarono più il
luogo. [7]Geremia, saputolo, li rimproverò dicendo: Il luogo deve restare
ignoto, finché Dio non avrà riunito la totalità del suo popolo e si sarà
mostrato propizio. [8]Allora il Signore mostrerà queste cose e si rivelerà la
gloria del Signore e la nube, come appariva sopra Mosè, e come avvenne
quando Salomone chiese che il luogo fosse solennemente santificato. [9]Si
narrava anche che questi, dotato di sapienza, offrì il sacrificio per la
dedicazione e il compimento del tempio. [10]E allo stesso modo che Mosè aveva
pregato il Signore ed era sceso il fuoco dal cielo a consumare le vittime
immolate, così pregò anche Salomone e il fuoco sceso dal cielo consumò gli
olocausti. [11]Mosè aveva detto: Poiché non è stata mangiata la vittima
offerta per il peccato, essa è stata consumata. [12]Allo stesso modo anche
Salomone celebrò gli otto giorni. La biblioteca di Neemia [13]Si
descrivevano le stesse cose nei documenti e nelle memorie di Neemia e come
egli, fondata una biblioteca, curò la raccolta dei libri dei re, dei profeti
e di Davide e le lettere dei re intorno ai doni. [14]Anche Giuda ha raccolto
tutti i libri andati dispersi per la guerra che abbiamo avuto, e ora si
trovano presso di noi. [15]Se mai ne avete bisogno, mandate persone con
l'incarico di portarveli. Invito alla Dedicazione [16]Vi abbiamo scritto
mentre stiamo per celebrare la purificazione; farete ottima cosa se
celebrerete anche voi questi giorni. [17]Poiché Dio ha salvato tutto il suo
popolo e ha concesso a tutti l'eredità, nonchè il regno, il sacerdozio e la
santificazione [18]come ha promesso mediante la legge, noi poniamo in Dio
speranza che egli ci usi presto misericordia e voglia presto radunarci, da
ogni regione posta sotto il cielo, nel luogo santo; egli infatti ci ha
liberati da grandi mali e ha purificato il luogo santo». II. PREFAZIONE
DELL'AUTORE [19]I fatti riguardanti Giuda Maccabeo e i suoi fratelli, la
purificazione del grande tempio e la dedicazione dell'altare, [20]come anche
le guerre contro Antioco Epìfane e il figlio di lui Eupàtore, [21]nonchè
le manifestazioni venute dal cielo sopra coloro che si erano battuti con
valore per il giudaismo, riuscendo in pochi a impadronirsi di tutta la
regione e a scacciare una moltitudine di barbari, [22]a riconquistare il
tempio famoso in tutto il mondo, a liberare la città e a ristabilire le leggi
che stavano per essere soppresse, quando il Signore si rese loro propizio con
ogni benevolenza: [23]questi fatti narrati da Giasone di Cirene nel corso
di cinque libri, ci studieremo di riassumerli in una sola
composizione. [24]Vedendo infatti la massa di numeri e l'effettiva difficoltà
per chi desidera di inoltrarsi nelle narrazioni storiche, a causa della
vastità della materia, [25]ci siamo preoccupati di offrire diletto a coloro
che amano leggere, facilità a quanti intendono ritenere nella memoria,
utilità a tutti gli eventuali lettori. [26]Per noi certo, che ci siamo
sobbarcati la fatica del sunteggiare, l'impresa non si presenta facile: ci
vorranno sudori e veglie, [27]così come non è facile preparare un banchetto e
accontentare le esigenze altrui; tuttavia per far cosa gradita a molti ci
sarà dolce sopportare la fatica, [28]lasciando all'autore la completa
esposizione dei particolari, curandoci invece di procedere secondo gli schemi
di un riassunto. [29]Come infatti in una casa nuova all'architetto tocca
pensare a tutta la costruzione, mentre chi è incaricato di dipingere a fuoco
e a fresco deve badare solo alla decorazione, così, penso, è per
noi. [30]L'entrare in argomento e il passare in rassegna i fatti e
l'insinuarsi nei particolari, spetta all'ideatore dell'opera storica;
[31]curare il sunto della esposizione e tralasciare i complementi della
narrazione storica, è riservato a chi fa opera di compendio. [32]Di qui
dunque cominceremo la narrazione, senza nulla aggiungere a ciò che abbiamo
detto nella prefazione: sarebbe certo ingenuo abbondare nei preamboli e
abbreviare poi la narrazione storica. Maccabei 2 - Capitolo 3 III.
STORIA DI ELIODORO La venuta di Eliodoro e Gerusalemme [1]Nel periodo in
cui la città santa godeva completa pace e le leggi erano osservate
perfettamente per la pietà del sommo sacerdote Onia e la sua avversione al
male, [2]gli stessi re avevano preso ad onorare il luogo santo e a
glorificare il tempio con doni insigni, [3]al punto che Selèuco,
re dell'Asia, provvedeva con le proprie entrate a tutte le spese riguardanti
il servizio dei sacrifici. [4]Ma un certo Simone della tribù di Bilga,
nominato sovrintendente del tempio, venne a trovarsi in contrasto con il
sommo sacerdote intorno all'amministrazione della città. [5]Non potendo
aver ragione con Onia, si recò da Apollonio di Tarso, che in quel periodo
era stratega della Celesiria e della Fenicia, [6]e gli riferì che il tesoro
di Gerusalemme era colmo di ricchezze immense tanto che l'ammontare
del capitale era incalcolabile e non serviva per le spese dei sacrifici;
era quindi ben possibile ridurre tutto in potere del re. [7]Apollonio si
incontrò con il re e gli riferì intorno alle ricchezze a lui denunciate;
quegli designò l'incaricato degli affari Eliodòro e lo inviò con l'ordine di
effettuare il prelevamento delle suddette ricchezze. [8]Eliodòro si mise
subito in viaggio, in apparenza per visitare le città della Celesiria e della
Fenicia, in realtà per compiere l'incarico del re. [9]Giunto a Gerusalemme e
accolto con deferenza dal sommo sacerdote della città, espose le segnalazioni
ricevute e disse chiaro il motivo per cui era venuto; domandava poi se le
cose stavano realmente così. [10]Il sommo sacerdote gli spiegò che quelli
erano i depositi delle vedove e degli orfani; [11]che una parte era anche di
Ircano, figlio di Tobia, persona di condizione assai elevata; che l'empio
Simone andava denunciando la cosa a suo modo, ma complessivamente si trattava
di quattrocento talenti d'argento e duecento d'oro; [12]che era assolutamente
impossibile permettere che fossero ingannati coloro che si erano fidati della
santità del luogo e del carattere sacro e inviolabile di un tempio venerato
in tutto il mondo. La città è sconvolta [13]Ma Eliodòro, a causa degli
ordini ricevuti dal re, rispose recisamente che quelle ricchezze dovevano
essere trasferite nell'erario del re. [14]Venne in un giorno da lui stabilito
per ordinare l'inventario delle medesime, mentre tutta la città era in grande
agitazione. [15]I sacerdoti, rivestiti degli abiti sacerdotali, si erano
prostrati davanti all'altare ed elevavano suppliche al Cielo che aveva
sancito la legge dei depositi, perché fossero conservati integri a coloro che
li avevano consegnati. [16]Chi guardava l'aspetto del sommo sacerdote
riportava uno strazio al cuore, poiché il volto e il cambiamento di colore ne
mostravano l'intimo tormento. [17]Tutta la sua persona era immersa in un
timore e in un tremito del corpo da cui appariva manifesta, a chi osservava,
l'angoscia che aveva in cuore. [18]Anche dalle case uscivano per accorrere in
folla a una pubblica supplica, perché il luogo santo stava per essere
violato. [19]Le donne, cingendo sotto il petto il cilicio, riempivano le
strade; anche le fanciulle, di solito ritirate, in parte accorrevano alle
porte, in parte sulle mura, altre si sporgevano dalle finestre; [20]tutte,
con le mani protese verso il Cielo, moltiplicavano le suppliche. [21]Muoveva
a compassione il pianto confuso della moltitudine e l'ansia tormentosa
del sommo sacerdote. [22]Essi supplicavano l'onnipotente Signore che
volesse conservare intatti in piena sicurezza i depositi per coloro che li
avevano consegnati. [23]Eliodòro metteva ugualmente in esecuzione il suo
programma. Castigo di Eliodoro [24]Ma appena fu arrivato sul posto con gli
armati, presso il tesoro, il Signore degli spiriti e di ogni potere compì
un'apparizione straordinaria, così che tutti i temerari che avevano osato
entrare, colpiti dalla potenza di Dio, si trovarono fiaccati e atterriti.
[25]Infatti apparve loro un cavallo, montato da un cavaliere terribile e
rivestito di splendida bardatura, il quale si spinse con impeto contro
Eliodòro e lo percosse con gli zoccoli anteriori, mentre il cavaliere
appariva rivestito di armatura d'oro. [26]A lui apparvero inoltre altri due
giovani dotati di gran forza, splendidi di bellezza e con vesti meravigliose,
i quali, postisi ai due lati, lo flagellavano senza posa, infliggendogli
numerose percosse. [27]In un attimo fu atterrato e si trovò immerso in una
fitta oscurità. Allora i suoi lo afferrarono e lo misero in una barella.
[28]Egli che era entrato poco prima nella suddetta camera del tesoro con
numeroso seguito e con tutta la guardia, fu portato via impotente ad
aiutarsi. Dopo aver sperimentato nel modo più evidente la potenza di Dio.
[29]Così, mentre egli, prostrato dalla forza divina, era là senza voce e
privo d'ogni speranza di salvezza, [30]gli altri benedicevano il Signore che
aveva glorificato il suo luogo santo; il tempio, che poco prima era pieno di
trepidazione e confusione, dopo che il Signore onnipotente aveva manifestato
il suo intervento, si riempì di gioia e letizia. [31]Subito alcuni compagni
di Eliodòro pregarono Onia che supplicasse l'Altissimo e impetrasse la grazia
della vita a costui che stava irrimediabilmente esalando l'ultimo respiro.
[32]Il sommo sacerdote, temendo che il re per avventura venisse a sospettare
che i Giudei avessero teso un tranello a Eliodòro, offrì un sacrificio per la
salute dell'uomo. [33]Mentre il sommo sacerdote compiva il rito
propiziatorio, apparvero a Eliodòro gli stessi giovani adorni delle stesse
vesti, i quali in piedi dissero: «Ringrazia ampiamente il sommo sacerdote
Onia, per merito del quale il Signore ti ridà la vita. [34]Tu poi, che hai
sperimentato i flagelli del Cielo, annuncia a tutti la grande potenza di
Dio». Dette queste parole, disparvero. Conversione di
Elidoro [35]Eliodòro offrì un sacrificio al Signore e innalzò grandi
preghiere a colui che gli aveva restituito la vita, poi si congedò da Onia e
fece ritorno con il suo seguito dal re. [36]Egli testimoniava a tutti le
opere del sommo Dio, che aveva visto con i suoi occhi. [37]Quando poi il re
gli domandava chi fosse adatto ad essere inviato ancora una volta
in Gerusalemme, rispondeva: [38]Se hai qualcuno che ti è nemico o insidia
il tuo governo, mandalo là e l'avrai indietro flagellato per bene, se pure
ne uscirà salvo, perché in quel luogo c'è veramente una potenza divina.
[39]Lo stesso che ha la sua dimora nei cieli è custode e difensore di quel
luogo ed è pronto a percuotere e abbattere coloro che vi accedono con
cattiva intenzione. [40]Così dunque si sono svolti i fatti rigurdanti
Eliodòro e la difesa del tesoro. Maccabei 2 - Capitolo 4 IV. PROPAGANDA
ELLENISTICA E PERSECUZIONE SOTTO ANTIOCO EPIFANE Misfatti di Simone [1]Il
suddetto Simone, che si era fatto delatore dei beni e della patria, diffamava
Onia, come se avesse percosso Eliodòro e fosse stato l'organizzatore dei
disordini; [2]osava definire nemico della cosa pubblica il benefattore della
città, il protettore dei cittadini, il difensore delle leggi. [3]L'odio era
giunto a tal punto che si compirono delle uccisioni da parte di uno dei
gregari di Simone; [4]allora Onia, vedendo l'aggravarsi dell'invidia e
accorgendosi che Apollonio figlio di Menèsteo, stratega della Celesira e
della Fenicia, aizzava la perfidia di Simone, [5]si recò dal re, non per far
la parte di accusatore dei suoi concittadini, ma per provvedere al bene
comune del popolo e di ciascuno in particolare. [6]Vedeva infatti che senza
un provvedimento del re era impossibile ristabilire la pace nella vita
pubblica e che Simone non avrebbe messo freno alla sua pazzia. Il sommo
sacerdote Giasone introduce l'ellenismo [7]Ma, Selèuco essendo passato
all'altra vita e avendo preso le redini del governo Antioco chiamato anche
Epìfane, Giasone, fratello di Onia, volle procurarsi con la corruzione il
sommo sacerdozio [8]e, in un incontro con il re, gli promise trecentosessanta
talenti d'argento e altri ottanta talenti riscossi con un'altra entrata.
[9]Oltre a questi prometteva di versargli altri centocinquanta talenti, se
gli fosse stato concesso di stabilire di sua autorità una palestra e un campo
d'addestramento e di erigere una corporazione d'Antiocheni a Gerusalemme.
[10]Avendo il re acconsentito, egli, ottenuto il potere, si diede subito a
trasformare i suoi connazionali secondo i costumi greci, [11]annullando i
favori concessi dal re ai Giudei, ad opera di Giovanni, padre di
quell'Eupolemo che aveva guidato l'ambasciata presso i Romani per negoziare
il patto d'amicizia e di alleanza, e sradicando le leggi cittadine inaugurò
usanze perverse. [12]Fu subito zelante nel costruire una palestra, proprio ai
piedi dell'acròpoli, e nell'indurre i giovani più distinti a portare il
pètaso. [13]Così era raggiunto il colmo dell'ellenizzazione e la diserzione
verso i costumi stranieri per l'eccessiva corruzione dell'empio e falso sommo
sacerdote Giasone. [14]Perciò i sacerdoti non erano più premurosi del
servizio all'altare, ma, disprezzando il tempio e trascurando i sacrifici,
si affrettarono a partecipare agli spettacoli contrari alla legge
nella palestra, appena dato il segnale del lancio del disco. [15]Così tenendo
in poco conto le glorie patrie stimavano nobilissime le glorie
elleniche. [16]Ma appunto a causa di queste li sorprese una grave situazione
e si ebbero quali avversari e punitori proprio coloro le cui
istituzioni seguivano con zelo e a cui cercavano di rassomigliare in tutto.
[17]Non è cosa che resti impunita il comportarsi empiamente contro le leggi
divine, come dimostrerà chiaramente il successivo periodo di
tempo. [18]Celebrandosi in Tiro i giochi quinquennali con l'intervento del
re, [19]l'empio Giasone inviò come rappresentanti alcuni Antiocheni
di Gerusalemme, i quali portavano con sé trecento dramme d'argento per
il sacrifico a Ercole; ma questi portatori ritennero non conveniente usarle
per il sacrifico, bensì impiegarle per altra spesa. [20]Così il denaro
destinato al sacrificio a Ercole da parte del mandante, servì, grazie ai
portatori, per la costruzione delle triremi. Antioco Epifane acclamato a
Gerusalemme [21]Antioco, avendo mandato Apollonio, figlio di Menèsteo, in
Egitto per l'intronizzazione del re Filomètore, venne a sapere che costui era
diventato contrario al suo governo e quindi si preoccupò della sua sicurezza.
Perciò si recò a Giaffa, poi mosse alla volta di Gerusalemme. [22]Fu accolto
da Giasone e dalla città con dimostrazioni magnifiche e introdotto con
corteo di fiaccole e acclamazioni. Così riprese la marcia militare verso
la Fenicia. Menelao diventa sommo sacerdote [23]Tre anni dopo, Giasone
mandò Menelao, fratello del gia menzionato Simone, a portare al re denaro e a
presentargli un memoriale su alcuni affari importanti. [24]Ma quello, fattosi
presentare al re e avendolo ossequiato con un portamento da persona
autorevole, si accaparrò il sommo sacerdozio, superando l'offerta di Giasone
di trecento talenti d'argento. [25]Munito delle disposizioni del re, si
presentò di ritorno, non avendo con sé nulla che fosse degno del sommo
sacerdozio, ma avendo le manie di un tiranno unite alla ferocia di una belva.
[26]Così Giasone, che aveva tradito il proprio fratello, fu tradito a sua
volta da un altro e fu costretto a fuggire nel paese dell'Ammanìtide.
[27]Menelato si impadronì del potere, ma non s'interessò più del denaro
promesso al re, [28]sebbene gliele avesse fatto richiesta Sòstrato,
comandante dell'acròpoli; questi infatti aveva l'incarico della riscossione
dei tributi. Per questo motivo tutti e due furono convocati dal re.
[29]Menelao lasciò come sostituto nel sommo sacerdozio Lisìmaco suo fratello;
Sòstrato lasciò Cratète, comandante dei Ciprioti. Assassinio di
Onia [30]Mentre così stavano le cose, le città di Tarso e Mallo si
ribellarono, perché erano state date in dono ad Antiòchide, concubina del re.
[31]Il re partì in fretta per riportare all'ordine la situazione, lasciando
come luogotenente Andronìco, uno dei suoi dignitari. [32]Menelao allora,
pensando di aver trovato l'occasione buona, sottrasse alcuni arredi d'oro del
tempio e ne fece omaggio ad Andronìco; altri poi si trovò che li aveva
venduti a Tiro e nelle città vicine. [33]Ma Onia lo biasimò, dopo essersi
accertato della cosa ed essersi rifugiato in località inviolabile a Dafne
situata presso Antiochia. [34]Per questo Menelao, incontratosi in segreto
con Andronìco, lo pregò di sopprimere Onia. Quegli, recatosi da Onia
e ottenutane con inganno la fiducia, dandogli la destra con giuramento
lo persuase, sebbene ancora guardato con sospetto, ad uscire dall'asilo
e subito lo uccise senza alcun riguardo alla giustizia. [35]Per questo
fatto non solo i Giudei, ma anche molti altri popoli si mossero a sdegno
e tristezza per l'empia uccisione di tanto uomo. [36]Quando il re tornò
dalle località della Cilicia, si presentarono a lui i Giudei della città
insieme con i Greci che condividevano l'esecrazione dell'uccisione di Onia
contro ogni diritto. [37]Antioco fu intimamente rattristato, colpito da
cordoglio e mosso a lacrime per la saggezza e la grande prudenza del
defunto; [38]subito, acceso di sdegno, tolse la porpora ad Andronìco, ne
stracciò le vesti e lo trascinò attraverso tutta la città fino al luogo
stesso dove egli aveva sacrilegamente ucciso Onia e là cancellò dal mondo
l'assassino. Così il Signore gli rese il meritato castigo. Lisimaco muore
in una sommossa [39]Essendo poi avvenuti molti furti sacrileghi in città da
parte di Lisìmaco su istigazione di Menelao ed essendosene sparsa la voce al
di fuori, il popolo si ribellò a Lisìmaco, quando gia molti arredi d'oro
erano stati portati via. [40]La folla era eccitata e piena di furore e
Lisìmaco, armati circa tremila uomini, diede inizio ad atti di violenza,
mettendo come comandante un certo Aurano gia avanzato in età e non meno in
stoltezza. [41]Ma quelli, appena si accorsero dell'aggressione di Lisìmaco,
afferrarono chi pietre, chi grossi bastoni, altri raccolsero a manciate la
polvere sul posto e si gettarono contro coloro che stavano attorno a
Lisìmaco. [42]A questo modo ne ferirono molti, alcuni ne stesero morti,
costrinsero tutti alla fuga, misero a morte lo stesso saccheggiatore del
tempio presso la camera del tesoro. Menelao prosciolto per
denaro [43]Per questi fatti fu intentato un processo contro Menelao.
[44]«Venuto il re a Tiro, i tre uomini mandati dal consiglio degli anziani
difesero presso di lui il loro diritto. [45]Menelao, ormai sul punto di
essere abbandonato, promise una buona quantità di denaro a Tolomeo, figlio di
Dorìmene, perché traesse il re dalla sua parte. [46]Tolomeo invitò il re
sotto un portico, come per prendere il fresco, e gli fece mutar parere.
[47]Così il re prosciolse dalle accuse Menelao, causa di tutto il male, e a
quegli infelici che, se avessero discusso la causa anche presso gli Sciti,
sarebbero stati prosciolti come innocenti, decretò la pena di morte. [48]Così
senza dilazione subirono l'ingiusta pena coloro che avevano difeso la città,
il popolo e gli arredi sacri. [49]Gli stessi cittadini di Tiro, indignati
per questo fatto, provvidero generosamente quanto occorreva per la
loro sepoltura. [50]Menelao invece, per la cupidigia dei potenti, rimase
al potere, crescendo in malvagità e facendosi grande traditore
dei concittadini. Maccabei 2 - Capitolo 5 Seconda campagna
egiziana [1]In questo periodo di tempo Antioco organizzò la seconda
spedizione in Egitto. [2]Sopra tutta la città per circa quaranta giorni
apparivano cavalieri che correvano per l'aria con auree vesti, armati di
lance roteanti e di spade sguainate, [3]e schiere di cavalieri disposti a
battaglia e attacchi e scontri vicendevoli e trambusto di scudi e selve di
aste e lanci di frecce e bagliori di bardature d'oro e corazze d'ogni specie.
[4]Per questo tutti pregarono che l'apparizione fosse di buon
augurio. Assalto di Giasone e repressione di Epifane [5]Essendosi diffusa
la falsa notizia che Antioco era passato all'altra vita, Giasone, prendendo
con sé non meno di mille uomini, sferrò un assalto alla città. Si accese la
lotta sulle mura e, quando la città era ormai presa, Menelao si rifugiò
nell'acròpoli. [6]Giasone fece strage dei propri concittadini senza pietà,
non comprendendo che un successo contro i propri connazionali era il massimo
insuccesso, e credendo di riportare trofei sui nemici e non sulla propria
gente. [7]Non riuscì però ad impadronirsi del potere e alla fine, conscio
della vergogna del tradimento, corse di nuovo a rifugiarsi nell'Ammanìtide.
[8]Da ultimo incontrò una pessima sorte. Imprigionato presso Areta, re degli
Arabi, fuggendo poi di città in città, perseguitato da tutti e odiato come
traditore delle leggi, riguardato con orrore come carnefice della patria e
dei concittadini, fu spinto in Egitto; [9]colui che aveva mandato in esilio
numerosi figli della sua patria morì presso gli Spartani, fra i quali si era
ridotto quasi a cercare riparo in nome della comunanza di stirpe. [10]E
ancora, colui che aveva lasciato insepolta una moltitudine di gente, finì non
pianto da alcuno, privo di esequie ed escluso dal sepolcro dei suoi
padri. [11]Quando il re venne a conoscenza di questi fatti, concluse che la
Giudea stava ribellandosi. Perciò tornando dall'Egitto, furioso come una
belva, prese la città con le armi [12]e diede ordine ai soldati di colpire
senza risparmio quanti capitavano e di uccidere quelli che si rifugiavano
nelle case. [13]Vi fu massacro di giovani e di vecchi, sterminio di uomini,
di donne e di fanciulli, stragi di fanciulle e di bambini. [14]Ottantamila
in quei tre giorni furono spacciati, quarantamila nel corso della lotta e
in numero non inferiore agli uccisi furono quelli venduti
schiavi. Saccheggio del tempio [15]Non sazio di questo, Antioco osò
entrare nel tempio più santo di tutta la terra, avendo a guida quel Menelao
che si era fatto traditore delle leggi e della patria, [16]e afferrò con
empie mani gli arredi sacri; quanto dagli altri re era stato deposto per
l'abbellimento e lo splendore del luogo e per segno d'onore, egli lo
saccheggiò con le sue mani sacrileghe. [17]Antioco si inorgoglì, non
comprendendo che il Signore si era sdegnato per breve tempo a causa dei
peccati degli abitanti della città e per questo c'era stato l'abbandono di
quel luogo. [18]Se il popolo non si fosse trovato implicato in molti peccati,
come era avvenuto per Eliodòro, mandato dal re Seleuco a ispezionare la
camera del tesoro, anche costui al suo ingresso sarebbe stato colpito da
flagelli e sarebbe stato distolto dalla sua audacia. [19]Ma il Signore aveva
eletto non gia il popolo a causa di quel luogo, ma quel luogo a causa del
popolo. [20]Perciò anche il luogo, dopo essere stato coinvolto nelle sventure
piombate sul popolo, da ultimo ne condivise i benefici; esso, che per l'ira
dell'Onnipotente aveva sperimentato l'abbandono, per la riconciliazione del
grande Sovrano fu ripristinato in tutta la sua gloria. I funzionari del
paese [21]Antioco dunque portando via dal tempio milleottocento talenti
d'argento, fece ritorno in fretta ad Antiochia, convinto nella sua superbia
di aver reso navigabile la terra e transitabile il mare, per effetto del
suo orgoglio. [22]Egli lasciò sovrintendenti per opprimere la nazione:
in Gerusalemme Filippo, frigio di stirpe, ma nei modi più barbaro di
chi l'aveva nominato; [23]sul Garizim Andronìco; oltre a loro Menelao, il
quale più degli altri era altezzoso con i concittadini, nutrendo una
ostilità dichiarata contro i Giudei. Intervento del misarca
Apollonio [24]Mandò poi il misarca Apollonio con un esercito di ventiduemila
uomini, e con l'ordine di uccidere quanti erano in età adulta e di vendere le
donne e i fanciulli. [25]Costui, giunto a Gerusalemme e fingendo
intenzioni pacifiche, si tenne quieto fino al giorno sacro del sabato. Allora
sorpresi i Giudei in riposo, comandò ai suoi una parata militare [26]e
trucidò quanti uscivano per assistere alla festa; poi, scorrendo con gli
armati per la città, mise a morte un gran numero di persone. [27]Ma Giuda,
chiamato anche Maccabeo, che faceva parte di un gruppo di dieci, si ritirò
nel deserto, vivendo tra le montagne alla maniera delle fiere insieme a
quelli che erano con lui; e vivevano cibandosi di alimenti erbacei, per non
contrarre contaminazione. Maccabei 2 - Capitolo 6 Introduzione dei culti
pagani [1]Non molto tempo dopo, il re inviò un vecchio ateniese per
costringere i Giudei ad allontanarsi dalle patrie leggi e a non governarsi
più secondo le leggi divine, [2]inoltre per profanare il tempio di
Gerusalemme e dedicare questo a Giove Olimpio e quello sul Garizim invece a
Giove Ospitale, come si confaceva agli abitanti del luogo. [3]Grave e
intollerabile per tutti era il dilagare del male. [4]Il tempio infatti fu
pieno di dissolutezze e gozzoviglie da parte dei pagani, che gavazzavano con
le prostitute ed entro i sacri portici si univano a donne e vi introducevano
le cose più sconvenienti. [5]L'altare era colmo di cose detestabili, vietate
dalle leggi. [6]Non era più possibile né osservare il sabato, né celebrare
le feste tradizionali, né fare aperta professione di giudaismo. [7]Si
era trascinati con aspra violenza ogni mese nel giorno natalizio del re
ad assistere al sacrificio; quando ricorrevano le feste dionisiache, si
era costretti a sfilare coronati di edera in onore di Dioniso. [8]Fu emanato
poi un decreto diretto alle vicine città ellenistiche, per iniziativa
dei cittadini di Tolemàide, perché anch'esse seguissero le stesse
disposizioni contro i Giudei, li costringessero a mangiare le carni dei
sacrifici [9]e mettessero a morte quanti non accettavano di partecipare alle
usanze greche. Si poteva allora capire quale tribolazione incombesse.
[10]Furono denunziate, per esempio, due donne che avevano circonciso i figli:
appesero i loro bambini alle loro mammelle e dopo averle condotte in
giro pubblicamente per la città, le precipitarono dalle mura. [11]Altri che
si erano raccolti insieme nelle vicine caverne per celebrare il
sabato, denunciati a Filippo, vi furono bruciati dentro, perché essi
avevano ripugnanza a difendersi per il rispetto a quel giorno
santissimo. Carattere provvidenziale della persecuzione [12]Io prego
coloro che avranno in mano questo libro di non turbarsi per queste disgrazie
e di considerare che i castighi non vengono per la distruzione ma per la
correzione del nostro popolo. [13]E veramene il fatto che agli empi è data
libertà per poco tempo, e subito incappano nei castighi, è segno di grande
benevolenza. [14]Poiché il Signore non si propone di agire con noi come fa
con gli altri popoli, attendendo pazientemente il tempo di punirli, quando
siano giunti al colmo dei loro peccati; [15]e questo per non dovere alla fine
punirci quando fossimo giunti all'estremo delle nostre colpe. [16]Perciò egli
non ci toglie mai la sua misericordia, ma, correggendoci con le sventure, non
abbandona il suo popolo. [17]Questo sia detto come verità da ricordare. Dopo
questa breve parentesi torniamo alla narrazione. Il martirio di
Eleazaro [18]Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo gia avanti
negli anni e molto dignitoso nell'aspetto della persona, veniva costretto
ad aprire la bocca e ad ingoiare carne suina. [19]Ma egli, preferendo una
morte gloriosa a una vita ignominiosa, s'incamminò volontariamente al
supplizio, [20]sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che
sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per brama
di sopravvivere. [21]Coloro che erano incaricati dell'illecito
banchetto sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano
con quest'uomo, lo tirarono in disparte e lo pregarono di prendere la carne
di cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare
la porzione delle carni sacrificate imposta dal re, [22]perché, agendo a
questo modo, avrebbe sfuggito la morte e approfittato di questo atto di
clemenza in nome dell'antica amicizia che aveva con loro. [23]Ma egli,
facendo un nobile ragionamento, degno della sua età e del prestigio della
vecchiaia a cui si aggiungeva la veneranda canizie, e della condotta
irreprensibile tenuta fin da fanciullo, e degno specialmente delle sante
leggi stabilite da Dio, rispose subito dicendo che lo mandassero alla morte.
[24]«Non è affatto degno della nostra età fingere con il pericolo che molti
giovani, pensando che a novant'anni Eleàzaro sia passato agli usi stranieri,
[25]a loro volta, per colpa della mia finzione, durante pochi e brevissimi
giorni di vita, si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia
alla mia vecchiaia. [26]Infatti anche se ora mi sottraessi al castigo degli
uomini, non potrei sfuggire né da vivo né da morto alle mani
dell'Onnipontente. [27]Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi
mostrerò degno della mia età [28]e lascerò ai giovani nobile esempio, perché
sappiano affrontare la morte prontamente e generosamente per le sante e
venerande leggi». Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio.
[29]Quelli che ve lo trascinavano, cambiarono la benevolenza di poco prima in
avversione, ritenendo a loro parere che le parole da lui prima pronunziate
fossero una pazzia. [30]Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i
gemiti: «Il Signore, cui appartiene la sacra scienza, sa bene che, potendo
sfuggire alla morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i flagelli, ma
nell'anima sopporto volentieri tutto questo per il timore di lui». [31]In tal
modo egli morì, lasciando non solo ai giovani ma alla grande maggioranza del
popolo la sua morte come esempio di generosità e ricordo di
fortezza. Maccabei 2 - Capitolo 7 Il martirio dei sette fratelli [1]Ci
fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono
costretti dal re a forza di flagelli e nerbate a cibarsi di carni suine
proibite. [2]Uno di essi, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa
cerchi di indagare o sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto
che trasgredire le patrie leggi». [3]Allora il re irritato comandò di mettere
al fuoco padelle e caldaie. [4]Diventate queste subito roventi, il re
comandò di tagliare la lingua, di scorticare e tagliare le estremità a quello
che era stato loro portavoce, sotto gli occhi degli altri fratelli e
della madre. [5]Quando quegli fu mutilato di tutte le membra, comandò
di accostarlo al fuoco e di arrostirlo mentre era ancora vivo. Mentre il
fumo si spandeva largamente all'intorno della padella, gli altri si
esortavano a vicenda con la loro madre a morire da forti, esclamando: [6]«Il
Signore Dio ci vede dall'alto e in tutta verità ci dà conforto, precisamente
come dichiarò Mosè nel canto della protesta: Egli si muoverà a compassione
dei suoi servi». [7]Venuto meno il primo, in egual modo traevano allo scherno
il secondo e, strappatagli la pelle del capo con i capelli, gli
domandavano: «Sei disposto a mangiare, prima che il tuo corpo venga straziato
in ogni suo membro?». [8]Egli rispondendo nella lingua paterna protestava:
«No». Perciò anch'egli si ebbe gli stessi tormenti del primo. [9]Giunto
all'ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente,
ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a
vita nuova ed eterna». [10]Dopo costui fu torturato il terzo, che alla
loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le
mani [11]e disse dignitosamente: «Da Dio ho queste membra e, per le sue
leggi, le disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo»; [12]così lo
stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza del giovinetto,
che non teneva in nessun conto le torture. [13]Fatto morire anche costui, si
misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. [14]Ridotto in fin di
vita, egli diceva: «E' bello morire a causa degli uomini, per attendere da
Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati; ma
per te la risurrezione non sarà per la vita». [15]Subito dopo, fu
condotto avanti il quinto e fu torturato. [16]Ma egli, guardando il re,
diceva: «Tu hai potere sugli uomini, e sebbene mortale, fai quanto ti piace;
ma non credere che il nostro popolo sia stato abbandonato da Dio. [17]Quanto
a te, aspetta e vedrai la grandezza della sua forza, come strazierà te e la
tua discendenza». [18]Dopo di lui presero il sesto; mentre stava per
morire, egli disse: «Non illuderti stoltamente; noi soffriamo queste cose per
causa nostra, perché abbiamo peccato contro il nostro Dio; perciò ci
succedono cose che muovono a meraviglia. [19]Ma tu non credere di andare
impunito dopo aver osato di combattere contro Dio». [20]La madre era
soprattutto ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché vedendo morire
sette figli in un sol giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze
poste nel Signore. [21]Esortava ciascuno di essi nella lingua paterna, piena
di nobili sentimenti e, sostenendo la tenerezza femminile con un coraggio
virile, diceva loro: [22]«Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi
ho dato lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di
voi. [23]Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato alla origine
l'uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi
restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non
vi curate di voi stessi». [24]Antioco, credendosi disprezzato e sospettando
che quella voce fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo
e non solo a parole, ma con giuramenti prometteva che l'avrebbe fatto ricco e
molto felice se avesse abbandonato gli usi paterni, e che l'avrebbe fatto suo
amico e gli avrebbe affidato cariche. [25]Ma poiché il giovinetto non badava
affatto a queste parole il re, chiamata la madre, la esortava a farsi
consigliera di salvezza per il ragazzo. [26]Dopo che il re la ebbe esortata a
lungo, essa accettò di persuadere il figlio; [27]chinatasi verso di lui,
beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua paterna: «Figlio, abbi
pietà di me che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre
anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento.
[28]Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è
in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche
l'origine del genere umano. [29]Non temere questo carnefice ma, mostrandoti
degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme
con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia». [30]Mentre essa finiva di
parlare, il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re,
ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo
di Mosè. [31]Ma tu, che ti fai autore di tutte le sventure degli Ebrei,
non sfuggirai alle mani di Dio. [32]Per i nostri peccati noi soffriamo.
[33]Se per nostro castigo e correzione il Signore vivente si adira per breve
tempo con noi, presto si volgerà di nuovo verso i suoi servi. [34]Ma tu,
o sacrilego e di tutti gli uomini il più empio, non esaltarti invano,
agitando segrete speranze, mentre alzi la mano contro i figli del Cielo;
[35]perché non sei ancora al sicuro dal giudizio dell'onnipotente Dio che
tutto vede. [36]Gia ora i nostri fratelli, che hanno sopportato breve
tormento, hanno conseguito da Dio l'eredità della vita eterna. Tu invece
subirai per giudizio di Dio il giusto castigo della tua superbia. [37]Anche
io, come gia i miei fratelli, sacrifico il corpo e la vita per le patrie
leggi, supplicando Dio che presto si mostri placato al suo popolo e che tu
fra dure prove e flagelli debba confessare che egli solo è Dio; [38]con me
invece e con i miei fratelli possa arrestarsi l'ira dell'Onnipotente,
giustamente attirata su tutta la nostra stirpe». [39]Il re, divenuto
furibondo, si sfogò su costui più cudelmente che sugli altri, sentendosi
invelenito dallo scherno. [40]Così anche costui passò all'altra vita puro,
confidando pienamente nel Signore. [41]Ultima dopo i figli, anche la madre
incontrò la morte. [42]Ma ora basti quanto s'è esposto circa i pasti
sacrificali e le incredibili crudeltà. Maccabei 2 - Capitolo 8 V.
VITTORIA DEL GIUDAISMO. MORTE DEL PERSECUTORE E PURIFICAZIONE DEL
TEMPIO Giuda Maccabeo alla macchia [1]Intanto Giuda Maccabeo e i suoi
compagni, passando di nascosto nei villaggi, invitavano i parenti,
raccogliendo in più coloro che erano rimasti fedeli al giudaismo; così misero
insieme circa seimila uomini. [2]Alzarono allora suppliche al Signore, perché
riguardasse il popolo da tutti calpestato, avesse pietà del tempio profanato
da uomini empi, [3]usasse misericordia alla città devastata e prossima ad
essere rasa al suolo, porgesse orecchio al sangue che gridava al suo
cospetto, [4]non dimenticasse l'iniquo sterminio di fanciulli innocenti e le
bestemmie pronunciate contro il suo nome e mostrasse sdegno contro la
malvagità. [5]Il Maccabeo, postosi a capo del gruppo, divenne ormai
invincibile ai pagani, mentre l'ira del Signore si volgeva in misericordia.
[6]Piombando inaspettatamente su città e villaggi, li incendiava e,
impadronendosi delle posizioni più opportune, metteva in fuga non pochi dei
nemici, [7]scegliendo di preferenza la notte come tempo favorevole a queste
incursioni. La fama del suo valore risuonava dovunque. Campagna di
Nicanore e di Gorgia [8]Filippo, osservando che quest'uomo a poco a poco
otteneva vantaggio e progrediva continuamente nei successi, scrisse a
Tolomeo, stratega della Celesiria e della Fenicia, perché intervenisse a
favore degli interessi del re. [9]Quegli incaricò Nicànore, figlio di
Pàtroclo, uno dei primi amici del re, e lo inviò, mettendo ai suoi ordini
gente d'ogni nazione in numero non inferiore a ventimila, per sterminare
totalmente la stirpe dei Giudei. Gli associò anche Gorgia, un generale di
professione ed esperto nelle azioni belliche. [10]Nicànore stabilì di pagare
il tributo che il re doveva ai Romani, che era di duemila talenti, con la
vendita degli schiavi giudei. [11]Anzi spedì senz'altro un avviso alle città
della costa, invitandole all'acquisto di schiavi giudei e promettendo di
barattare novanta prigionieri per un talento; non immaginava che la vendetta
dell'Onnipotente stava per piombare su di lui. [12]Giuda fu informato
della spedizione di Nicànore e annunciò ai suoi uomini la presenza
dell'esercito. [13]Allora i paurosi e i diffidenti della giustizia di Dio
fuggirono, portandosi lontano dalla zona. [14]Altri vendevano tutte le cose
che erano loro rimaste e insieme pregavano il Signore di salvare coloro che
l'empio Nicànore aveva venduti prima ancora dello scontro; [15]questo, se non
per loro merito, almeno per l'alleanza con i loro padri e per riguardo al suo
glorioso nome invocato sopra di loro. [16]Il Maccabeo poi, radunando i suoi
uomini in numero di seimila, li esortava a non scoraggiarsi davanti ai
nemici, né a lasciarsi prendere da timore di fronte alla moltitudine dei
pagani venuti ingiustamente contro di loro, ma a combattere da forti,
[17]tenendo davanti agli occhi le violenze da essi empiamente perpetrate
contro il luogo santo e lo strazio della città messa a ludibrio e ancora la
soppressione dell'ordinamento politico degli antenati. [18]«Costoro - disse -
confidano nelle armi e insieme nel loro ardire; noi confidiamo nel Dio
onnipotente, capace di abbattere quanti vengono contro di lui e il mondo
intero con un sol cenno». [19]Ricordò loro distintamente gli interventi
divini al tempo degli antenati, quello avvenuto contro Sennàcherib, quando
morirono centottantacinquemila uomini, [20]e quello successo in Babilonia
nella battaglia contro i Gàlati, quando vennero nella necessità di battersi,
essendo in tutto ottomila insieme con quattromila Macedoni, e mentre i
Macedoni soccombevano, gli ottomila sterminarono centoventimila uomini con
l'aiuto venuto loro dal Cielo e trassero un grande vantaggio. [21]Con
queste parole li rese coraggiosi e pronti a morire per le leggi e per la
patria; poi divise in qualche modo l'esercito in quattro parti; [22]mise al
comando di ogni schieramento i suoi fratelli Simone, Giuseppe e Giònata,
affidando a ciascuno millecinquecento uomini; [23]fece inoltre leggere da
Eleàzaro il libro sacro e, data la parola d'ordine «Aiuto di Dio», postosi a
capo del primo reparto, attaccò Nicànore. [24]L'Onnipotente si fece in realtà
loro alleato ed essi uccisero più di novemila nemici, ferirono e mutilarono
nelle membra la maggior parte dell'esercito di Nicànore e costrinsero tutti a
fuggire. [25]S'impadronirono anche del denaro dei mercanti convenuti per
acquistarli; inseguirono poi i nemici per un pezzo, ma tornarono indietro
impediti dall'ora tarda. [26]Era la vigilia del sabato e per questa ragione
non protrassero l'inseguimento. [27]Raccolte le armi dei nemici e tolte loro
le spoglie, passarono il sabato benedicendo incessantemente e ringraziando il
Signore che li aveva fatti giungere salvi fino a quel giorno, fissandolo per
loro come inizio della sua misericordia. [28]Dopo il sabato distribuirono
parte delle spoglie ai sinistrati, alle vedove, agli orfani; il resto se lo
divisero loro e i loro figli. [29]Compiute queste cose, alzarono insieme
preghiere al Signore misericordioso, scongiurandolo di riconciliarsi
pienamente con i suoi servi. Sconfitta di Timoteo e
Bacchide [30]Combatterono anche con gli uomini di Timòteo e di Bàcchide,
uccidendone più di ventimila, e divennero padroni di alte fortezze e
distribuirono le molte spoglie, facendo parti uguali per sé, per i
sinistrati, per gli orfani, per le vedove e anche per i vecchi. [31]Raccolte
le armi dei nemici, con molta cura riposero il tutto in luoghi opportuni; il
resto del bottino lo portarono a Gerusalemme. [32]Uccisero anche l'ufficiale
preposto alle guardie di Timòteo, uomo scelleratissimo, che aveva fatto
soffrire molto i Giudei. [33]Mentre si celebrava la vittoria in patria,
bruciarono coloro che avevano incendiato le sacre porte, compreso Callìstene,
che si era rifugiato in una casupola; ricevette così una degna mercede della
sua empietà. Fuga e confessione di Nicanore [34]Il tristissimo Nicànore,
colui che aveva convocato mille mercanti per la vendita dei Giudei,
[35]umiliato, con l'aiuto di Dio, da coloro che erano da lui ritenuti
insignificanti, deposta la splendida veste, fuggiasco come uno schiavo
attraverso la campagna e ormai privo di tutto, arrivò ad Antiochia, gia
troppo fortunato di essere sopravvissuto alla rovina dell'esercito. [36]Così
chi si riprometteva di assicurare il tributo per i Romani con la vendita dei
prigionieri in Gerusalemme, confessava ora che i Giudei avevano un difensore,
che i Giudei erano per questa ragione invincibili, perché obbedivano alle
leggi stabilite da lui. Maccabei 2 - Capitolo 9 Fine di Antioco
Epifane [1]Avvenne in quel periodo il ritorno ignominioso di Antioco dalle
regioni della Persia. [2]Infatti egli era giunto nella città chiamata
Persepoli e si era accinto a depredare il tempio e ad impadronirsi della
piazza, ma i cittadini ricorsero in massa alle armi e lo ricacciarono; perciò
Antioco, messo in fuga dagli abitanti, dovette ritirarsi vergognosamente.
[3]Mentre si trovava presso Ecbàtana, gli giunsero le notizie su ciò che era
accaduto a Nicànore e agli uomini di Timòteo. [4]Montato in gran furore,
pensava di sfogarsi sui Giudei anche per lo smacco inflittogli da coloro che
lo avevano messo in fuga. Perciò diede ordine al cocchiere di compiere il
viaggio spingendo i cavalli senza sosta; ma incombeva ormai su di lui il
giudizio del Cielo. Così diceva nella sua superbia: «Farò di Gerusalemme un
cimitero di Giudei, appena vi sarò giunto». [5]Ma il Signore che tutto vede,
il Dio d'Israele, lo colpì con piaga insanabile e invisibile. Aveva
appena terminato quella frase, quando lo colpì un insopportabile dolore
alle viscere e terribili spasimi intestinali, [6]ben meritati da colui che
aveva straziato le viscere altrui con molti e strani generi di tormenti.
[7]Ma egli non desisteva affatto dalla sua alterigia, anzi pieno ancora
di superbia spirava il fuoco della sua collera contro i Giudei e comandava
di accelerare la corsa. Ma gli accadde di cadere dal carro in corsa
tumultuosa e per la grave caduta di riportare contusioni in tutte le membra
del corpo. [8]Colui che poco prima pensava di comandare ai flutti del mare,
arrogandosi di essere un superuomo e di pesare sulla bilancia le cime dei
monti, ora gettato a terra doveva farsi portare in lettiga, rendendo a tutti
manifesta la potenza di Dio, [9]a tal punto che nel corpo di quell'empio si
formavano i vermi e, mentre era ancora vivo, le sue carni fra spasimi e
dolori cadevano a brandelli e l'esercito era tutto nauseato dal fetore e
dal marciume di lui. [10]Colui che poco prima credeva di toccare gli astri
del cielo, ora nessuno poteva sopportarlo per l'intollerabile intensità
del fetore. [11]Allora finalmente, malconcio a quel modo, incominciò
ad abbassare il colmo della sua superbia e ad avviarsi al ravvedimento
per effetto del divino flagello, mentre ad ogni istante era lacerato dai
dolori. [12]Non potendo più sopportare il suo proprio fetore, disse: «E'
giusto sottomettersi a Dio e non pensare di essere uguale a Dio quando si
è mortali!». [13]Quell'empio si mise a pregare quel Signore che ormai
non avrebbe più avuto misericordia di lui, e diceva [14]che avrebbe
dichiarato libera la città santa, che prima si affrettava a raggiungere per
raderla al suolo e farne un cimitero; [15]che avrebbe reso pari agli Ateniesi
tutti i Giudei che prima aveva stabilito di non degnare neppure della
sepoltura, ma di gettare in pasto alle fiere insieme con i loro bambini;
[16]che avrebbe adornato con magnifici doni votivi il sacro tempio, che prima
aveva saccheggiato, e avrebbe restituito in maggior numero tutti gli arredi
sacri e avrebbe provveduto con le proprie entrate ai contributi fissati per
i sacrifici; [17]inoltre che si sarebbe fatto Giudeo e si sarebbe recato
in ogni luogo abitato per annunciare la potenza di Dio. Lettera di Antioco
ai Giudei [18]Ma poiché i dolori non diminuivano per nulla - era arrivato
infatti su di lui il giusto giudizio di Dio - e disperando ormai di sé,
scrisse ai Giudei la lettera che riportiamo qui sotto, nello stile di una
supplica, così concepita: [19]«Ai Giudei, ottimi cittadini, il re e
condottiero Antioco augura magnifica salute, benessere e prosperità. [20]Se
voi state bene e i figli e le vostre cose procedono secondo il vostro
pensiero, io, riponendo le mie speranze nel Cielo, [21]mi ricordo con
tenerezza del vostro onore e della vostra benevolenza. Ritornando dalle
province della Persia e trovandomi colpito da una malattia insopportabile, ho
creduto necessario pensare alla comune sicurezza di tutti. [22]Pur non
disperando del mio stato, ma avendo molta fiducia di poter scampare dalla
malattia, [23]considerando d'altra parte che anche mio padre, quando aveva
intrapreso spedizioni nelle province settentrionali, aveva indicato il
successore, [24]perché se accadesse qualche cosa di inaspettato o si
diffondesse la notizia di qualche grave incidente, gli abitanti del paese,
sapendo in mano a chi era stato lasciato il governo, non si agitassero; [25]e
oltre a questo constatando che i sovrani vicini e confinanti con il nostro
regno spiano il momento opportuno e attendono gli eventi, ho designato come
re mio figlio Antioco, che gia più volte, quando intraprendevo i viaggi nei
distretti settentrionali, ho raccomandato e affidato a moltissimi di voi. A
lui indirizzo la lettera qui unita. [26]Vi prego dunque e vi scongiuro di
ricordarvi dei benefici ricevuti pubblicamente o privatamente e prego
ciascuno di conservare la vostra benevolenza verso di me e mio figlio. [27]Ho
fiducia che egli si comporterà con voi con moderazione e umanità, secondo le
mie direttive». [28]Quest'omicida e bestemmiatore dunque, soffrendo crudeli
tormenti, come li aveva fatti subire agli altri, finì così la sua vita in
terra straniera, in una zona montuosa, con una sorte misera. [29]Curò il
trasporto della salma Filippo, cresciuto insieme a lui, il quale poi,
diffidando del figlio di Antioco, si recò in Egitto presso Tolomeo
Filomètore. Maccabei 2 - Capitolo 10 Purificazione del tempio [1]Il
Maccabeo intanto e i suoi uomini, guidati dal Signore, rioccuparono il tempio
e la città, [2]distrussero le are innalzate dagli stranieri sulle piazze e i
recinti sacri. [3]Purificarono il tempio e vi costruirono un altro altare;
poi facendo scintille con le pietre, ne trassero il fuoco e offrirono
sacrifici, dopo un'interruzione di due anni; prepararono l'altare degli
incensi, le lampade e l'offerta dei pani. [4]Fatto questo, prostrati a terra,
supplicarono il Signore, che non li facesse più incorrere in quei mali ma, se
mai peccassero ancora, venissero da lui corretti con clemenza, ma non
abbandonati in mano a un popolo di barbari e bestemmiatori.
[5]La purificazione del tempio avvenne nello stesso giorno in cui gli
stranieri l'avevano profanato, il venticinque dello stesso mese, cioè di
Casleu. [6]Con gioia passarono otto giorni come nella festa delle
Capanne, ricordando come poco tempo prima avevano passato la feste delle
Capanne dispersi sui monti e nelle caverne come animali selvatici.
[7]Perciò, tenendo in mano bastoni ornati, rami verdi e palme, innalzavano
inni a colui che aveva fatto ben riuscire la purificazione del suo proprio
tempio. [8]Stabilirono quindi con pubblico decreto e deliberazione per tutto
il popolo dei Giudei, che ogni anno si celebrassero questi giorni. VI.
LOTTA DI GIUDA CONTRO I POPOLI VICINI E CONTRO LISIA, MINISTRO
DI EUPATORE Inizio del regno di Antioco Eupatore [9]Tali furono le
vicende riguardanti la morte di Antioco chiamato Epìfane. [10]Ora invece
esporremo le cose accadute sotto Antioco Eupàtore, figlio di quell'empio,
sunteggiando le principali sventure connesse alle guerre. [11]Costui, dunque,
succeduto nel regno, nominò capo degli affari politici un certo Lisia, primo
stratega della Celesiria e della Fenicia. [12]Tolomeo, chiamato Macrone,
preferendo osservare la giustizia nei riguardi dei Giudei, a causa dei torti
che erano stati fatti loro, cercava di svolgere i rapporti con loro
pacificamente. [13]Per questo motivo fu accusato dagli amici
presso l'Eupàtore ed egli, sentendosi spesso chiamare traditore per
aver abbandonato Cipro a lui affidata dal Filomètore ed essere passato
dalla parte di Antioco Epìfane, né potendo esercitare con onore la carica,
preso il veleno, pose fine alla propria vita. Gorgia e le fortezze
idumee [14]Gorgia, divenuto stratega della regione, assoldava stranieri e
teneva viva la guerra contro i Giudei. [15]Insieme con lui anche gli Idumei,
che occupavano fortezze strategiche, lottavano contro i Giudei e, dando asilo
a tutti i fuorusciti da Gerusalemme, cominciarono a fomentare la
guerra. [16]Pertanto gli uomini del Maccabeo, dopo aver innalzato preghiere
e supplicato Dio che si facesse loro alleato, mossero contro le fortezze
degli Idumei [17]e, attaccandole con energia, si impadronirono delle
posizioni, respinsero quelli che combattevano sulle mura e uccisero quanti
erano venuti a tiro; ne uccisero così non meno di ventimila. [18]Non meno di
novemila tuttavia fuggirono in due torri fortificate a regola d'arte e
fornite di tutto l'occorrente per sostenere l'assedio. [19]Allora il
Maccabeo, lasciando Simone e Giuseppe e inoltre Zaccheo e i suoi uomini,
sufficienti per quell'assedio, si recò in zone più critiche. [20]Ma gli
uomini di Simone, vinti dalla prospettiva del guadagno, si lasciarono
persuadere per denaro da alcuni che erano nelle torri e, ricevute
settantamila dramme, ne lasciarono fuggire alcuni. [21]Quando fu riferito al
Maccabeo l'accaduto, radunati i capi del popolo, li accusò di aver venduto
per denaro i loro fratelli, dando libertà ai loro nemici. [22]Fece
giustiziare coloro che si erano resi colpevoli di tradimento e senza indugio
espugnò le due torri. [23]Essendo ben riuscito in tutto con le armi in mano,
mise a morte nelle due fortezze più di ventimila uomini. Giuda batte
Timoteo e prende Ghezer [24]Timòteo, che prima aveva perduto di fronte ai
Giudei, assoldando ora forze straniere in gran numero e radunando la
cavalleria dell'Asia, che non era meno numerosa, avanzò con l'intenzione di
soggiogare la Giudea con le armi. [25]Gli uomini del Maccabeo al suo
avvicinarsi, si cosparsero il capo di polvere per la preghiera a Dio e,
cintisi i fianchi di sacco, [26]si prostrarono sul rialzo davanti all'altare
e lo supplicarono che si mostrasse loro propizio e fosse nemico dei loro
nemici e avversario dei loro avversari, secondo l'espressione della legge.
[27]Terminata la preghiera, presero le armi e uscirono dalla città per un bel
tratto. Quando furono vicini ai nemici, si fermarono. [28]Appena spuntata la
luce del mattino, iniziò l'attacco dalle due parti, gli uni avendo a garanzia
del successo e della vittoria gloriosa la fiducia nel Signore, gli altri
ponendo come guida nel conflitto il loro ardire. [29]Accesasi una lotta
durissima, apparvero dal cielo ai nemici cinque uomini splendidi su cavalli
dalle briglie d'oro, che guidavano i Giudei. [30]Essi presero in mezzo il
Maccabeo e, riparandolo con le loro armature, lo rendevano invulnerabile;
contro gli avversari invece scagliavano dardi e folgori ed essi, confusi e
accecati, si dispersero in preda al disordine. [31]Ne furono uccisi
ventimilacinquecento e seicento cavalieri. [32]Lo stesso Timòteo dovette
rifugiarsi nella fortezza chiamata Ghezer, ben munita, dove era comandante
Chèrea. [33]Ma i soldati del Maccabeo assediarono con entusiasmo la fortezza
per quattro giorni. [34]Gli assediati, fidando delle fortificazioni del
luogo, bestemmiavano in modo orribile e lanciavano empie frasi. [35]Alle
prime luci del quinto giorno, venti giovani del Maccabeo, accesi di sdegno
per le bestemmie, prese d'assalto le mura coraggiosamente e con selvaggio
furore, travolsero chiunque trovarono. [36]Anche altri, attaccando con una
manovra di aggiramento, incendiarono le torri e, accesi dei fuochi,
bruciarono vivi i bestemmiatori; altri ancora sfondarono le porte e fatto
entrare il resto dell'esercito affrettarono la presa della città.
[37]Uccisero Timòteo che si era nascosto in una buca e il fratello di lui
Chèrea e Apollòfane. [38]Terminata l'impresa, con canti e inni di
riconoscenza benedicevano il Signore che aveva magnificamente favorito
Israele e concesso loro la vittoria. Maccabei 2 - Capitolo 11 Prima
campagna di Lisia [1]Dopo brevissimo tempo Lisia, tutore e parente del re e
incaricato degli affari di stato, mal sopportando l'accaduto, [2]raccolti
circa ottantamila uomini e tutta la cavalleria, mosse contro i Giudei,
calcolando di ridurre la città a dimora dei Greci, [3]di imporre tasse al
tempio come agli altri edifici di culto dei pagani e di mettere in vendita
ogni anno il sommo sacerdozio. [4]Egli non considerava per niente la potenza
di Dio, ma si appoggiava sulla potenza di migliaia di fanti, sulle migliaia
di cavalli e sugli ottanta elefanti. [5]Entrato nella Giudea e avvicinatosi a
Bet-Zur, che era una posizione fortificata distante da Gerusalemme circa
venti miglia, la cinse d'assedio. [6]Quando gli uomini del Maccabeo vennero
a sapere che quegli assediava le fortezze, tra gemiti e lacrime
supplicarono con tutto il popolo il Signore che inviasse il suo angelo buono
a salvare Israele. [7]Lo stesso Maccabeo, cingendo per primo le armi, esortò
gli altri ad esporsi con lui al pericolo per andare in aiuto dei loro
fratelli: tutti insieme partirono con coraggio. [8]Mentre si trovavano ancora
vicino a Gerusalemme, apparve come condottiero davanti a loro un cavaliere in
sella, vestito di bianco, in atto di agitare un'armatura d'oro. [9]Tutti
insieme benedissero Dio misericordioso e si sentirono così rafforzati in
cuore, che erano pronti ad assalire non solo gli uomini ma anche le bestie
più feroci e mura di ferro. [10]Procedevano in ordine, con un alleato venuto
dal cielo, per la misericordia che il Signore aveva avuto di loro.
[11]Gettatisi come leoni sui nemici, ne stesero al suolo undicimila e
milleseicento cavalieri, tutti gli altri li costrinsero a fuggire.
[12]Costoro in gran parte riuscirono a salvarsi feriti e spogliati. Anche
Lisia per salvarsi fu costretto a fuggire vergognosamente. Pace con gli
Ebrei. Quattro lettere riguardanti il trattato. [13]Ma, non privo di
intelligenza, pensando alla sconfitta subìta e constatando che gli Ebrei
erano invincibili, perché l'onnipotente Dio combatteva al loro fianco,
[14]mandò a proporre un accordo su tutto ciò che fosse giusto, assicurando
che a questo scopo avrebbe persuaso il re, facendo pressione su di lui perché
diventasse loro amico. [15]Il Maccabeo, badando a ciò che più conveniva,
acconsentì a tutto quanto Lisia chiedeva. Quanto infatti il Maccabeo aveva
presentato a Lisia per iscritto a riguardo dei Giudei, fu accordato dal re.
[16]Il contenuto della lettera scritta da Lisia ai Giudei era del seguente
tenore: [17]«Lisia al popolo dei Giudei salute. Giovanni e Assalonne, inviati
da voi, ci hanno consegnato la decisione qui sotto riportata e hanno chiesto
la ratifica dei punti in essa dichiarati. [18]Quanto era necessario riferire
al re, l'ho riferito ed egli ha accordato quanto era accettabile. [19]Se
dunque conserverete il vostro buon impegno per gli interessi del regno,
procurerò anche in avvenire di esservi causa di favori. [20]Su questi punti e
sui particolari ho dato ordine a questi due e ai miei incaricati di trattare
con voi. [21]State bene. L'anno centoquarantotto, il ventiquattro del mese
di Dioscorinzio». [22]La lettera del re si esprimeva così: «Il re
Antioco al fratello Lisia salute. [23]Dopo che nostro padre è passato tra gli
dei, volendo noi che i cittadini del regno possano tranquillamente attendere
ai loro interessi particolari [24]e, avendo sentito che i Giudei, non
favorevoli al disegno di ellenizzazione di nostro padre, attaccati invece al
loro sistema di vita, chiedono di potersi attenere alle proprie leggi,
[25]desiderosi a nostra volta che anche questo popolo sia libero
da turbamenti, decretiamo che il tempio sia loro restituito e si
governino secondo le tradizioni dei loro antenati. [26]Farai quindi cosa
opportuna a inviare loro messaggeri e ad offrire loro la destra perché,
conosciuta la nostra decisione, si sentano contenti e riprendano a loro agio
la cura delle proprie cose». [27]La lettera del re indirizzata al popolo
era così concepita: «Il re Antioco al consiglio degli anziani dei Giudei e
agli altri Giudei salute. [28]Se state bene, è appunto come noi vogliamo:
anche noi godiamo ottima salute. [29]Menelao ci ha rivelato che voi volete
tornare a vivere nelle vostre sedi. [30]A quelli che si metteranno in viaggio
entro i trenta giorni del mese di Xàntico, sarà garantita sicurezza e facoltà
[31]di usare, come Giudei, delle loro regole alimentari e delle loro leggi
come prima e nessuno di loro potrà essere molestato da alcuno per le mancanze
commesse per ignoranza. [32]Ho anche mandato Menelao per rassicurarvi.
[33]State bene. L'anno centoquarantotto, il venticinque del mese di
Xàntico». [34]Anche i Romani inviarono loro questa lettera: «Quinto Memmio
e Tito Manio, legati dei Romani, al popolo dei Giudei salute. [35]Riguardo a
ciò che Lisia, parente del re, vi ha accordato, anche noi siamo d'accordo.
[36]Riguardo invece a quei punti che egli ha giudicato dover riferire al re,
mandate subito uno, dopo aver deliberato tra di voi, perché possiamo esporre
le cose in modo conveniente per voi. Noi siamo in viaggio per Antiochia.
[37]Mandate dunque in fretta alcuni per farci conoscere di quale parere
siete. [38]State bene. L'anno centoquarantotto, il venticinque del mese di
Xàntico». Maccabei 2 - Capitolo 12 I fatti di Giaffa e di
Iamnia [1]Conclusi questi accordi, Lisia ritornò presso il re; i Giudei
invece si diedero a coltivare la terra. [2]Ma alcuni dei comandanti dei
distretti e precisamente Timòteo e Apollonio, figlio di Gennèo, Ierònimo e
Demofonte e, oltre questi, Nicànore, il comandante dei mercenari di Cipro,
non li lasciavano vivere tranquilli né procedere in pace. [3]Gli abitanti di
Giaffa perpetrarono un'empietà di questo genere: invitarono i Giudei che
abitavano con loro a salire con le mogli e con i figli su barche allestite da
loro, come se non ci fosse alcuna cattiva intenzione a loro riguardo, [4]ma
fosse un'iniziativa di tutta la cittadinanza. Essi accettarono, desiderosi
di rinsaldare la pace, e lontani da ogni sospetto. Ma quando furono al
largo, li fecero affondare in numero non inferiore a duecento. [5]Quando
Giuda fu informato di questa crudeltà compiuta contro i suoi connazionali,
diede ordine ai suoi uomini [6]e, invocando Dio, giusto giudice, mosse contro
gli assassini dei suoi fratelli e nella notte incendiò il porto, bruciò le
navi e uccise di spada quanti vi si erano rifugiati. [7]Poi, dato che il
luogo era sbarrato, abbandonò l'impresa con l'idea di tornare un'altra volta
e sradicare tutta la cittadinanza di Giaffa. [8]Avendo poi appreso che anche
i cittadini di Iamnia volevano usare lo stesso sistema con i Giudei
che abitavano con loro, [9]piombando di notte sui cittadini di Iamnia,
incendiò il porto con la flotta, così che si vedeva il bagliore delle fiamme
fino a Gerusalemme, che è distante duecentoquaranta stadi. Spedizione in
Galaad [10]Quando si furono allontanati di là per nove stadi, dirigendosi
contro Timòteo, non meno di cinquemila Arabi con cinquecento cavalieri
irruppero contro Giuda. [11]Ne nacque una zuffa furiosa, ma gli uomini di
Giuda con l'aiuto di Dio ebbero la meglio. I nomadi invece, sopraffatti,
supplicarono Giuda che stendesse loro la destra promettendo di cedergli
bestiame e di aiutarlo in tutto il resto. [12]Giuda, prevedendo che realmente
gli sarebbero stati utili in molte cose, acconsentì a far la pace con loro
ed essi, strette le destre, tornarono alle loro tende. [13]Attaccò anche
una città difesa da contrafforti, circondata da mura e abitata da gente
d'ogni stirpe, chiamata Casfin. [14]Quelli di dentro, sicuri della solidità
delle mura e delle riserve di viveri, si mostravano insolenti con gli uomini
di Giuda, insultandoli, aggiungendo bestemmie e pronunciando frasi che non
è lecito riferire. [15]Ma gli uomini di Giuda, dopo aver invocato il
grande Signore del mondo, il quale senza arieti e senza macchine ingegnose
aveva fatto cadere Gerico al tempo di Giosuè, assalirono furiosamente le
mura. [16]Presa la città per volere di Dio, fecero innumerevoli stragi,
cosicché il lago adiacente, largo due stadi, sembrava pieno del sangue che vi
colava dentro. La battaglia di Carnion [17]Allontanatisi di là
settecentocinquanta stadi giunsero a Caraca, presso i Giudei chiamati
Tubiani; [18]ma da quelle parti non trovarono Timòteo, il quale era gia
partito dalla zona, senza aver intrapreso alcuna azione, ma lasciando in un
certo luogo un presidio molto forte. [19]Dosìteo e Sosìpatro, due capitani
del Maccabeo, in una sortita sterminarono gli uomini di Timòteo lasciati
nella fortezza, che erano più di diecimila. [20]Intanto il Maccabeo ordinò il
suo esercito dividendolo in reparti, nominò questi al comando dei reparti e
mosse contro Timòteo, il quale aveva con sé centoventimila fanti e
duemilacinquecento cavalieri. [21]Quando Timòteo seppe dell'arrivo di Giuda,
mandò avanti le donne, i fanciulli e tutto il bagaglio nel luogo chiamato
Carnion: era questa una posizione inespugnabile e inaccessibile per la
strettezza di tutti i passaggi. [22]All'apparire del primo reparto di Giuda,
si diffuse tra i nemici il panico e il terrore perché si verificò contro di
loro l'apparizione di colui che dall'alto tutto vede, e perciò cominciarono a
fuggire precipitandosi chi da una parte chi dall'altra, cosicché spesso erano
colpiti dai propri compagni e trafitti dalle punte delle loro spade.
[23]Giuda dirigeva l'inseguimento con ogni energia, trafiggendo quegli empi:
ne sterminò circa trentamila. [24]Lo stesso Timòteo, caduto in mano agli
uomini di Dosìteo e Sosìpatro, supplicava con molta astuzia di essere
lasciato sano e salvo, perché tratteneva come ostaggi i genitori di molti di
loro e di alcuni i fratelli ai quali sarebbe capitato di essere trattati
senza riguardo. [25]Avendo egli con molti discorsi prestato solenne promessa
di restituire incolumi gli ostaggi, lo lasciarono libero per la salvezza dei
propri fratelli. [26]Giuda mosse poi contro Carnion e l'Atergatèo e uccise
venticinquemila uomini. Ritorno per Efron e Beisan [27]Dopo la
sconfitta e lo sterminio di questi, marciò contro la fortezza di Efron, nella
quale era stanziato Lisia con una moltitudine di gente di ogni razza; davanti
alle mura erano schierati i giovani più forti e combattevano vigorosamente,
mentre nella città stavano pronte molte riserve di macchine e di proiettili.
[28]Avendo invocato il Signore che distrugge con la sua potenza le forze dei
nemici, i Giudei fecero cadere la città nelle proprie mani e uccisero
venticinquemila di coloro che vi stavano dentro. [29]Ritornati di là, mossero
verso Beisan, che dista seicento stadi da Gerusalemme. [30]Ma i Giudei che vi
abitavano testimoniarono che i cittadini di Beisan avevano dimostrato loro
benevolenza e buona comprensione nel tempo della sventura [31]e questi li
ringraziarono e li esortarono ad essere ben disposti anche in seguito verso
il loro popolo. Poi si recarono a Gerusalemme nell'imminenza della festa
delle settimane. Campagna contro Gorgia [32]Dopo questa festa, chiamata
Pentecoste, mossero contro Gorgia, stratega dell'Idumea. [33]Questi avanzò
con tremila fanti e quattrocento cavalieri. [34]Schieratisi in combattimento,
caddero un piccolo numero di Giudei. [35]Un certo Dosìteo, degli uomini di
Bacènore, abile nel cavalcare e valoroso, si attaccò a Gorgia e, afferratolo
per la clamide, lo trascinava a gran forza volendo prendere vivo quello
scellerato; ma uno dei cavalieri traci si gettò su di lui tagliandogli la
spalla e Gorgia potè fuggire a Maresa. [36]Poiché gli uomini di Esdrin
combattevano da lungo tempo ed erano stanchi, Giuda supplicò il Signore che
si mostrasse loro alleato e guida nella battaglia. [37]Poi, intonato nella
lingua paterna il grido di guerra che si accompagnava agli inni, diede un
assalto improvviso alle truppe di Gorgia e le mise in fuga. Il sacrificio
per i morti [38]Giuda poi radunò l'esercito e venne alla città di Odollam;
poiché si compiva la settimana, si purificarono secondo l'uso e vi passarono
il sabato. [39]Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata
necessaria, gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri per deporli
con i loro parenti nei sepolcri di famiglia. [40]Ma trovarono sotto la tunica
di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iamnia, che la legge proibisce
ai Giudei; fu perciò a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano
caduti. [41]Perciò tutti, benedicendo l'operato di Dio, giusto giudice che
rende palesi le cose occulte, [42]ricorsero alla preghiera, supplicando che
il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò
tutti quelli del popolo a conservarsi senza peccati, avendo visto con i
propri occhi quanto era avvenuto per il peccato dei caduti. [43]Poi fatta
una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d'argento, le inviò
a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così
in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della
risurrezione. [44]Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti
sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti.
[45]Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che
si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione
era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per
i morti, perché fossero assolti dal peccato. Maccabei 2 - Capitolo
13 Campagna di Antioco V e di Lisia. Supplizio di Menelao [1]Nell'anno
centoquarantanove giunse notizia agli uomini di Giuda che Antioco Eupàtore
muoveva contro la Giudea con numerose truppe; [2]era con lui Lisia, suo
tutore e preposto agli affari dello stato, che aveva con sé un esercito greco
di centodiecimila fanti, cinquemilatrecento cavalli, ventidue elefanti e
trecento carri falcati. [3]A costoro si unì anche Menelao, il quale
incoraggiava con molta astuzia Antioco, non per la salvezza della patria, ma
per la speranza di essere rimesso al suo posto di comando. [4]Ma il Re dei re
eccitò l'ira di Antioco contro quello scellerato e, quando Lisia ebbe
additato costui come causa di tutti i mali, diede ordine che fosse condotto a
Berèa e messo a morte secondo l'usanza del luogo. [5]Vi è là una torre di
cinquanta cubiti piena di cenere. Essa ha un ordigno girevole che da ogni
lato fa cadere a precipizio sulla cenere. [6]Di lassù chi è reo di sacrilegio
o chi ha raggiunto gli estremi in certi altri delitti, tutti lo spingono alla
morte. [7]In tal modo l'empio Menelao incontrò la morte e non trovò terra per
la sepoltura; [8]giusto castigo poiché, dopo aver commesso molti delitti
attorno all'altare dov'erano il fuoco sacro e la cenere, nella cenere trovò
la sua morte. Preghiere e successi dei Giudei presso Modin [9]Il re
avanzava con barbari sentimenti e con l'intenzione di far provare ai Giudei
trattamenti peggiori di quelli che avevano subiti sotto suo padre. [10]Quando
Giuda seppe queste cose, ordinò al popolo di pregare il Signore giorno e
notte, perché, come altre volte, così anche ora aiutasse coloro che erano in
pericolo di essere privati della legge, della patria e del tempio santo [11]e
non permettesse che il popolo, che aveva appena goduto di un breve respiro,
cadesse in mano a quegli infami pagani. [12]Quando ebbero fatto ciò tutti
insieme ed ebbero supplicato il Signore misericordioso con gemiti e digiuni e
prostrazioni per tre giorni continui, Giuda li esortò e comandò loro di
tenersi preparati. [13]Tenuto poi un convegno a parte con gli anziani, decise
che si dovesse, con l'aiuto di Dio, risolvere le cose uscendo a battaglia
prima che l'esercito entrasse nella Giudea e si impadronisse della città.
[14]Affidando poi ogni cura al creatore del mondo, esortò i suoi a combattere
da prodi fino alla morte per le leggi, per il tempio, per la città, per la
patria, per le loro istituzioni, e pose il campo vicino a Modin. [15]Data ai
suoi uomini la parola d'ordine «Vittoria di Dio», con giovani valorosi ben
scelti, piombò di notte sulla tenda del re nell'accampamento, uccise circa
tremila uomini e trafisse il più grosso degli elefanti insieme con l'uomo che
era nella torretta [16]e alla fine riempirono tutto il campo di terrore e
confusione; poi se ne tornarono ad impresa ben riuscita. [17]Quando gia
spuntava il giorno, la cosa era compiuta, per la protezione del Signore che
aveva assistito Giuda. Antioco V tratta con i Giudei [18]Il re, avuto
questo saggio dell'audacia dei Giudei, tentava con l'astuzia la conquista
delle posizioni. [19]Così si spingeva contro Bet-Zur, una ben munita fortezza
dei Giudei, ma veniva respinto, aveva sfortuna e falliva; [20]mentre Giuda
faceva giungere il necessario agli assediati. [21]Intanto Rodoco,
appartenente alle file dei Giudei, aveva rivelato i segreti ai nemici: fu
ricercato, preso e tolto di mezzo. [22]Il re tornò a trattare con quelli che
erano in Bet-Zur, diede e ricevette la destra di pace e se ne andò. Assalì
gli uomini di Giuda ma ebbe la peggio. [23]Ricevette poi notizia che Filippo,
lasciato in Antiochia a dirigere gli affari, agiva da dissennato e ne rimase
sconcertato; invitò i Giudei a trattare, si sottomise, si obbligò con
giuramento a rispettare tutte le giuste condizioni, ristabilì l'accordo e
offrì un sacrificio, onorò il tempio e beneficò il luogo. [24]Fece
accoglienze al Maccabeo e lasciò Egemònide come stratega da Tolemàide fino al
paese dei Gerreni. [25]Venne a Tolemàide, ma i cittadini di Tolemàide si
mostrarono malcontenti per quegli accordi; erano irritati contro coloro che
avevano voluto abolire i loro privilegi. [26]Salì allora sulla tribuna Lisia,
fece la sua difesa meglio che potè, li persuase, li calmò, li rese
ragionevoli; poi tornò ad Antiochia. Così si svolse la spedizione del re e il
suo ritorno. Maccabei 2 - Capitolo 14 VII. LOTTA CONTRO NICANORE, GENERALE
DI DEMETRIO I - IL GIORNO DI NICANORE Intervento del sommo sacerdote
Alcimo [1]Dopo un periodo di tre anni, venne all'orecchio degli uomini di
Giuda che Demetrio, figlio di Selèuco, era sbarcato nel porto di Tripoli con
un grande esercito e la flotta [2]e si era impadronito del paese, eliminando
Antioco e il suo tutore Lisia. [3]Un certo Alcimo, che era stato prima
sommo sacerdote, ma che si era volontariamente contaminato nei giorni
della secessione, accorgendosi che per nessun verso si apriva a lui una via
di salvezza né ulteriore accesso al sacro altare, [4]andò dal re Demetrio
verso l'anno centocinquantuno offrendogli una corona d'oro e una palma oltre
ai tradizionali ramoscelli di ulivo del tempio e per quel giorno stette
quieto. [5]Ma colse l'occasione favorevole alla sua follia, quando fu
chiamato da Demetrio al consiglio e fu interrogato in quale disposizione e
mentalità si tenessero i Giudei. A questa richiesta rispose: [6]«I Giudei che
si dicono Asidèi, a capo dei quali sta Giuda il Maccabeo, alimentano guerre
e ribellioni e non lasciano che il regno trovi la tranquillità. [7]Per
questo anch'io, privato della dignità ereditaria, intendo dire del
sommo sacerdozio, sono venuto qui, [8]spinto anzitutto da schietta premura
per gli interessi del re e dalla preoccupazione della sconsideratezza delle
suddette persone, in secondo luogo mirando ai miei concittadini, perché, a
causa del disordine della situazione descritta, tutto il nostro popolo viene
non poco impoverito. [9]Ora che sai queste cose in particolare, tu, re,
provvedi al paese e alla nostra stirpe che va decadendo, con quella cortese
benevolenza che hai con tutti. [10]Fin quando Giuda è là, la situazione non
può mettersi tranquilla». [11]Dopo queste sue parole, gli altri amici,
irritati per i successi di Giuda, si affrettarono a infiammare Demetrio.
[12]Questi, designato subito Nicànore, gia a capo degli elefanti, e
nominatolo stratega della Giudea, lo inviò [13]con l'ordine di eliminare
prima Giuda, di disperdere i suoi uomini e di costituire Alcimo sommo
sacerdote del tempio massimo. [14]Allora i pagani della Giudea, che erano
fuggiti davanti a Giuda, si univano in massa a Nicànore sapendo che le
sfortune e le calamità dei Giudei sarebbero state apportatrici di fortuna per
loro. Nicanore fa amicizia con Giuda [15]Quando seppero della venuta di
Nicànore e dell'aggressione dei pagani, i Giudei cosparsi di polvere,
elevarono suppliche a colui che ha stabilito il suo popolo per i secoli e che
con segni palesi sempre protegge la sua porzione. [16]Poi il comandante, dati
gli ordini, mosse rapidamente di là e si scontrò con loro presso il villaggio
di Dessau. [17]Simone, fratello di Giuda, aveva gia attaccato Nicànore, ma
era rimasto battuto per l'improvvisa comparsa dei nemici. [18]Tuttavia
Nicànore, sentendo parlare del valore che avevano gli uomini di Giuda e del
loro entusiasmo nelle lotte per la patira, non si arrischiava a decidere la
sorte con spargimento di sangue. [19]Per questo mandò Posidonio e Teòdoto e
Mattatia a dare e ricevere la destra per la pace. [20]Fu fatto un lungo esame
intorno a queste cose e, quando il comandante ne diede comunicazione alle
truppe, il parere risultò concorde e accettarono gli accordi. [21]Fissarono
il giorno nel quale sarebbero venuti a un incontro privato. Dall'una e
dall'altra parte avanzò una lettiga e collocarono dei seggi. [22]Giuda
tuttavia dispose degli uomini armati nei luoghi opportuni per paura che si
verificasse d'improvviso qualche tradimento da parte dei nemici: così in buon
accordo tennero il convegno. [23]Nicànore si trattenne in Gerusalemme e non
fece alcun gesto fuori luogo; anzi licenziò le turbe raccogliticce che gli si
erano unite. [24]Voleva Giuda sempre alla sua presenza, sentiva un'intima
inclinazione per quel prode. [25]L'esortò a sposarsi e ad avere figli; e
quegli si sposò, potè mettersi a posto e godere giorni sereni. Alcimo
riaccende le ostilità e Nicanore minaccia il tempio [26]Ma Alcimo, vedendo la
loro reciproca simpatia e procuratosi copia degli accordi intercorsi, andò da
Demetrio e gli disse che Nicànore seguiva una linea contraria agli interessi
dello stato: aveva infatti nominato suo successore Giuda, il sobillatore del
regno. [27]Il re, acceso di sdegno e irritato per le calunnie di quel genio
malefico, scrisse a Nicànore, dichiarandogli di essere scontento delle
alleanze concluse e ordinandogli che gli mandasse subito ad Antiochia il
Maccabeo in catene. [28]Nicànore, sopreso da questi ordini, rimase
sconcertato e aveva ripugnanza a rompere le alleanze senza che l'uomo avesse
commesso alcuna colpa. [29]Ma, poiché non gli era possibile agire contro la
volontà del re, cercava l'occasione per effettuare la cosa con qualche
stratagemma. [30]Il Maccabeo, notando che Nicànore era più freddo nei
rapporti con lui e che nei consueti incontri si comportava con durezza,
arguendo che questa freddezza non presagiva niente di buono, raccolti non
pochi dei suoi non si fece più vedere da Nicànore. [31]Quest'altro, accortosi
di essere stato giocato abilmente da quell'uomo, salito al massimo e santo
tempio, mentre i sacerdoti stavano compiendo i sacrifici prescritti, ordinò
che gli fosse consegnato l'uomo. [32]I sacerdoti dichiararono con giuramento
che non sapevano dove mai fosse il ricercato [33]ma egli, stendendo la destra
contro il tempio, giurò: «Se non mi consegnerete Giuda in catene, farò di
questa dimora di Dio una piazza pulita, abbatterò dalle fondamenta l'altare e
innalzerò qui uno splendido tempio a Dioniso». [34]Dette queste grosse
parole, se ne andò. I sacerdoti alzando le mani al cielo, invocarono il
protettore sempre vigile del nostro popolo: [35]«Tu, Signore, che di nulla
hai bisogno, ti sei compiaciuto di porre il tempio della tua abitazione in
mezzo a noi. [36]E ora tu, Santo e Signore di ogni santità, custodisci questa
tua casa, appena purificata, per sempre libera da contaminazioni». Morte
di Razis [37]Fu denunziato a Nicànore un certo Razis degli anziani di
Gerusalemme, uomo pieno di amore per la città, che godeva grandissima fama e
chiamato per la sua benevolenza padre dei Giudei. [38]Egli infatti nei giorni
precedenti la rivolta si era attirata l'accusa di giudaismo e realmente per
il giudaismo aveva impegnato corpo e anima con piena generosità.
[39]Volendo Nicànore far nota a tutti l'ostilità che aveva verso i Giudei,
mandò più di cinquecento soldati per arrestarlo; [40]pensava infatti che,
prendendo costui, avrebbe arrecato loro un grave colpo. [41]Ma, quando quella
truppa stava per occupare la torre e tentava di forzare la porta del cortile
e ordinavano di portare il fuoco e di appiccarlo alle porte, egli,
accerchiato da ogni lato, si piantò la spada in corpo, [42]preferendo morire
nobilmente piuttosto che divenire schiavo degli empi e subire insulti indegni
della sua nobiltà. [43]Non avendo però portato a segno il colpo per la fretta
della lotta, mentre la folla premeva fuori delle porte, salì coraggiosamente
sulle mura e si lasciò cadere a precipizio sulla folla con gesto da
prode. [44]Essi lo scansarono immediatamente lasciando uno spazio libero ed
egli cadde in mezzo allo spazio vuoto. [45]Poiché respirava ancora, con
l'animo infiammato, si alzò, mentre il sangue gli usciva a fiotti e le ferite
lo straziavano e, attraversata di corsa la folla, salì su di un tratto
di roccia, [46]ormai completamente esague; si trappò gli intestini
e prendendoli con le mani li gettò contro la folla; morì in tal modo
invocando il Signore della vita e dello spirito perché di nuovo glieli
restituisse. Maccabei 2 - Capitolo 15 Bestemmie di
Nicanore [1]Nicànore, avendo saputo che gli uomini di Giuda si trovavano
nella regione della Samaria, decise di assalirli a colpo sicuro nel giorno
del riposo. [2]Poiché i Giudei che l'avevano seguito forzatamente gli
dicevano: «Assolutamente non devi ucciderli in modo così crudele e barbaro;
rendi onore al giorno che è stato gia onorato rivestendolo di santità da
colui che tutto vede», [3]quell'uomo tre volte scellerato chiese se c'era in
cielo un Signore che aveva comandato di celebrare il giorno del sabato.
[4]Essi risposero: «Vi è il Signore vivente; egli è il sovrano del cielo, che
ha comandato di celebrare il settimo giorno». [5]L'altro ribattè: «E io
sono sovrano sulla terra, che comando di prendere le armi e portare a termine
le disposizioni del re». Tuttavia non riuscì a mandare ad effetto il
suo crudele intento. Esortazione e sogno di Giuda [6]Nicànore, dunque,
alzata la testa con tutta la superbia, aveva decretato di erigere un pubblico
trofeo per la vittoria sugli uomini di Giuda. [7]Il Maccabeo invece era
costantemente convinto e pienamente fiducioso di trovare protezione da parte
del Signore. [8]Esortava i suoi uomini a non temere l'attacco dei pagani, ma
a tener fissi in mente gli aiuti che in passato erano venuti loro dal Cielo e
ad aspettare ora la vittoria che sarebbe stata loro concessa
dall'Onnipotente. [9]Confortandoli così con le parole della legge e dei
profeti e ricordando loro le lotte che avevano gia condotte a termine, li
rese più coraggiosi. [10]Avendo così stimolato i loro sentimenti, espose e
denunziò la malafede dei pagani e la violazione dei giuramenti. [11]Dopo aver
armato ciascuno di loro non tanto con la sicurezza degli scudi e delle lance
quanto con il conforto delle egrege parole, li riempì di gioia, narrando loro
un sogno degno di fede, anzi una vera visione. [12]La sua visione era questa:
Onia, che era stato sommo sacerdote, uomo eccellente, modesto nel portamento,
mite nel contegno, dignitoso nel proferir parole, occupato dalla fanciullezza
in quanto riguardava la virtù, con le mani protese pregava per tutta la
nazione giudaica. [13]Gli era anche apparso un personaggio che si distingueva
per la canizie e la dignità ed era rivestito di una maestà meravigliosa e
piena di magnificenza. [14]Onia disse: «Questi è l'amico dei suoi fratelli,
colui che innalza molte preghiere per il popolo e per la città santa, Geremia
il profeta di Dio». [15]E Geremia stendendo la destra consegnò a Giuda una
spada d'oro, pronunciando queste parole nel porgerla: [16]«Prendi la spada
sacra come dono da parte di Dio; con questa abbatterai i nemici». L'animo
dei combattenti [17]Esortati dalle bellissime parole di Giuda, capaci di
spingere all'eroismo e di rendere virile anche l'animo dei giovani, decisero
di non restare in campo, ma di intervenire coraggiosamente e decidere la
sorte attaccando battaglia con tutto il coraggio, perché la città e le cose
sante e il tempio erano in pericolo. [18]Minore era il loro timore per le
donne e i figli come pure per i fratelli e i parenti, poiché la prima e
principale preoccupazione era per il tempio consacrato. [19]Anche per quelli
rimasti in città non era piccola l'angoscia, essendo tutti turbati per
l'ansia del combattimento in campo aperto. [20]Mentre tutti erano in attesa
della prova imminente e i nemici gia avevano cominciato ad attaccare e
l'esercito era in ordine di battaglia e gli elefanti erano piazzati in
posizione opportuna e la cavalleria schierata ai lati, [21]il Maccabeo dopo
aver osservato le moltitudini presenti e la svariata attrezzatura delle armi
e la ferocia delle bestie, alzò le mani al cielo e invocò il Signore che
compie prodigi, convinto che non è possibile vincere con le armi, ma che egli
concede la vittoria a coloro che ne sono degni, secondo il suo giudizio.
[22]Invocando il Signore, si esprimeva in questo modo: «Tu, Signore, inviasti
il tuo angelo al tempo di Ezechia re della Giudea ed egli fece perire nel
campo di Sennàcherib centottantacinquemila uomini. [23]Anche ora, sovrano del
cielo, manda un angelo buono davanti a noi per incutere paura e tremore.
[24]Siano atterriti dalla potenza del tuo braccio coloro che bestemmiando
sono venuti qui contro il tuo santo tempio». Con queste parole egli
terminò. Disfatta e morte di Nicanore [25]Gli uomini di Nicànore
avanzavano al suono delle trombe e degli inni di guerra. [26]Invece gli
uomini di Giuda con invocazioni e preghiere si gettarono nella mischia contro
i nemici. [27]In tal modo combattendo con le mani e pregando Dio con il
cuore, travolsero non meno di tretacinquemila uomini, rallegrandosi
grandemente per la manifesta presenza di Dio. [28]Terminata la battaglia,
mentre facevano ritorno pieni di gioia, riconobbero Nicànore caduto con tutte
le sue armi. [29]Levarono alte grida dandosi all'entusiasmo, mentre
benedicevano l'Onnipotente nella lingua paterna. [30]Quindi colui che era
stato sempre il primo a combattere per i suoi concittadini con anima e corpo,
colui che aveva conservato l'affetto della prima età verso i suoi
connazionali, comandò che tagliassero la testa di Nicànore e la sua mano con
il braccio e li portassero a Gerusalemme. [31]Quando vi giunse, chiamò a
raccolta tutti i connazionali e i sacerdoti davanti all'altare: sostando in
mezzo a loro mandò a chiamare quelli dell'Acra [32]e mostrò loro la testa
dell'empio Nicànore e la mano che quel bestemmiatore aveva steso contro la
sacra dimora dell'Onnipotente pronunciando parole orgogliose. [33]Tagliata
poi la lingua del sacrilego Nicànore, la fece gettare a pezzi agli uccelli e
ordinò di appendere davanti al tempio la mercede della sua
follia. [34]Tutti allora, rivolti verso il cielo, benedissero il Signore
glorioso dicendo: «Benedetto colui che ha conservato la sua dimora
inviolata». [35]Fece poi appendere la testa di Nicànore all'Acra alla vista
di tutti, perché fosse segno manifesto dell'aiuto di Dio. [36]Quindi
decretarono unanimemente con voto pubblico di non lasciar passare inosservato
quel giorno, ma di commemorarlo il tredici del decimosecondo mese - che in
lingua siriaca si chiama Adar - il giorno precedente la festa di
Mardocheo. Epilogo del redattore [37]Così andarono le cose riguardo a
Nicànore e, poiché da quel tempo la città è rimasta in mano agli Ebrei,
anch'io chiudo qui la mia narrazione. [38]Se la disposizione dei fatti è
riuscita scritta bene e ben composta, era quello che volevo; se invece è
riuscita di poco valore e mediocre, questo solo ho potuto fare. [39]Come il
bere solo vino e anche il bere solo acqua è dannoso e viceversa come il vino
mescolato con acqua è amabile e procura un delizioso piacere, così l'arte di
ben disporre l'argomento delizia gli orecchi di coloro a cui capita di
leggere la composizione. E qui sia la fine. Giobbe - Capitolo 1 I.
PROLOGO Satana mette Giobbe alla prova [1]C'era nella terra di Uz un uomo
chiamato Giobbe: uomo integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male.
[2]Gli erano nati sette figli e tre figlie; [3]possedeva settemila pecore e
tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e molto
numerosa era la sua servitù. Quest'uomo era il più grande fra tutti i figli
d'oriente. [4]Ora i suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di
uno di loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare anche le loro
tre sorelle per mangiare e bere insieme. [5]Quando avevano compiuto il turno
dei giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si
alzava di buon mattino e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro.
Giobbe infatti pensava: «Forse i miei figli hanno peccato e hanno offeso Dio
nel loro cuore». Così faceva Giobbe ogni volta. [6]Un giorno, i figli di
Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche satana andò in mezzo a
loro. [7]Il Signore chiese a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al
Signore: «Da un giro sulla terra, che ho percorsa». [8]Il Signore disse a
satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla
terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». [9]Satana
rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? [10]Non hai
forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo?
Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra.
[11]Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in
faccia!». [12]Il Signore disse a satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo
potere, ma non stender la mano su di lui». Satana si allontanò dal
Signore. [13]Ora accadde che un giorno, mentre i suoi figli e le sue figlie
stavano mangiando e bevendo in casa del fratello maggiore, [14]un messaggero
venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le asine pascolando
vicino ad essi, [15]quando i Sabei sono piombati su di essi e li hanno
predati e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che
ti racconto questo». [16]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e
disse: «Un fuoco divino è caduto dal cielo: si è attaccato alle pecore e ai
guardiani e li ha divorati. Sono scampato io solo che ti racconto
questo». [17]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I Caldei
hanno formato tre bande: si sono gettati sopra i cammelli e li hanno presi e
hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti
racconto questo». [18]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse:
«I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del loro
fratello maggiore, [19]quand'ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre
il deserto: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui
giovani e sono morti. Sono scampato io solo che ti racconto
questo». [20]Allora Giobbe si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo,
cadde a terra, si prostrò [21]e disse: «Nudo uscii dal seno di mia
madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha
tolto, sia benedetto il nome del Signore!». [22]In tutto questo Giobbe non
peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto. Giobbe - Capitolo
2 [1]Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore,
anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. [2]Il Signore
disse a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro
sulla terra che ho percorsa». [3]Il Signore disse a satana: «Hai posto
attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro
e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua
integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo».
[4]Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è
pronto a darlo per la sua vita. [5]Ma stendi un poco la mano e toccalo
nell'osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». [6]Il Signore
disse a satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua
vita». [7]Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga
maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. [8]Giobbe prese un coccio
per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. [9]Allora sua moglie
disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!».
[10]Ma egli le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio
accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?». In tutto
questo Giobbe non peccò con le sue labbra. [11]Nel frattempo tre amici di
Giobbe erano venuti a sapere di tutte le disgrazie che si erano abbattute su
di lui. Partirono, ciascuno dalla sua contrada, Elifaz il Temanita, Bildad il
Suchita e Zofar il Naamatita, e si accordarono per andare a condolersi con
lui e a consolarlo. [12]Alzarono gli occhi da lontano ma non lo riconobbero
e, dando in grida, si misero a piangere. Ognuno si stracciò le vesti e si
cosparse il capo di polvere. [13]Poi sedettero accanto a lui in terra, per
sette giorni e sette notti, e nessuno gli rivolse una parola, perché vedevano
che molto grande era il suo dolore. Giobbe - Capitolo 3 II.
DIALOGO 1. PRIMO CICLO DI DISCORSI Giobbe maledice il giorno della sua
nascita [1]Dopo, Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno; [2]prese a
dire: [3]Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: «E'
stato concepito un uomo!». [4]Quel giorno sia tenebra, non lo ricerchi
Dio dall'alto, né brilli mai su di esso la luce. [5]Lo rivendichi tenebra
e morte, gli si stenda sopra una nube e lo facciano spaventoso gli uragani
del giorno! [6]Quel giorno lo possieda il buio non si aggiunga ai giorni
dell'anno, non entri nel conto dei mesi. [7]Ecco, quella notte sia
lugubre e non entri giubilo in essa. [8]La maledicano quelli che imprecano
al giorno, che sono pronti a evocare Leviatan. [9]Si oscurino le stelle
del suo crepuscolo, speri la luce e non venga; non veda schiudersi le
palpebre dell'aurora, [10]poiché non mi ha chiuso il varco del
grembo materno, e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei! [11]E
perché non sono morto fin dal seno di mia madre e non spirai appena uscito
dal grembo? [12]Perché due ginocchia mi hanno accolto, e perché due
mammelle, per allattarmi? [13]Sì, ora giacerei tranquillo, dormirei e
avrei pace [14]con i re e i governanti della terra, che si sono costruiti
mausolei, [15]o con i principi, che hanno oro e riempiono le case
d'argento. [16]Oppure, come aborto nascosto, più non sarei, o come i bimbi
che non hanno visto la luce. [17]Laggiù i malvagi cessano
d'agitarsi, laggiù riposano gli sfiniti di forze. [18]I prigionieri hanno
pace insieme, non sentono più la voce dell'aguzzino. [19]Laggiù è il
piccolo e il grande, e lo schiavo è libero dal suo padrone. [20]Perché
dare la luce a un infelice e la vita a chi ha l'amarezza nel cuore, [21]a
quelli che aspettano la morte e non viene, che la cercano più di un
tesoro, [22]che godono alla vista di un tumulo, gioiscono se possono
trovare una tomba... [23]a un uomo, la cui via è nascosta e che Dio da
ogni parte ha sbarrato? [24]Così, al posto del cibo entra il mio gemito, e
i miei ruggiti sgorgano come acqua, [25]perché ciò che temo mi accade e
quel che mi spaventa mi raggiunge. [26]Non ho tranquillità, non ho
requie, non ho riposo e viene il tormento! Giobbe - Capitolo 4 Fiducia
in Dio [1]Elifaz il Temanita prese la parola e disse: [2]Se si tenta di
parlarti, ti sarà forse gravoso? Ma chi può trattenere il
discorso? [3]Ecco, tu hai istruito molti e a mani fiacche hai ridato
vigore; [4]le tue parole hanno sorretto chi vacillava e le ginocchia che
si piegavano hai rafforzato. [5]Ma ora questo accade a te e ti
abbatti; capita a te e ne sei sconvolto. [6]La tua pietà non era forse la
tua fiducia e la tua condotta integra, la tua speranza? [7]Ricordalo:
quale innocente è mai perito e quando mai furon distrutti gli uomini
retti? [8]Per quanto io ho visto, chi coltiva iniquità, chi semina
affanni, li raccoglie. [9]A un soffio di Dio periscono e dallo sfogo della
sua ira sono annientati. [10]Il ruggito del leone e l'urlo del leopardo e
i denti dei leoncelli sono frantumati. [11]Il leone è perito per mancanza di
preda e i figli della leonessa sono stati dispersi. [12]A me fu recata,
furtiva, una parola e il mio orecchio ne percepì il lieve
sussurro. [13]Nei fantasmi, tra visioni notturne, quando grava sugli
uomini il sonno, [14]terrore mi prese e spavento e tutte le ossa mi fece
tremare; [15]un vento mi passò sulla faccia, e il pelo si drizzò sulla mia
carne... [16]Stava là ritto uno, di cui non riconobbi l'aspetto, un
fantasma stava davanti ai miei occhi... Un sussurro..., e una voce mi si fece
sentire: [17]«Può il mortale essere giusto davanti a Dio o innocente
l'uomo davanti al suo creatore? [18]Ecco, dei suoi servi egli non si
fida e ai suoi angeli imputa difetti; [19]quanto più a chi abita case di
fango, che nella polvere hanno il loro fondamento! Come tarlo sono
schiacciati, [20]annientati fra il mattino e la sera: senza che nessuno ci
badi, periscono per sempre. [21]La funicella della loro tenda non viene
forse strappata? Muoiono senza saggezza!». Giobbe - Capitolo
5 [1]Chiama, dunque! Ti risponderà forse qualcuno? E a chi fra i santi ti
rivolgerai? [2]Poiché allo stolto dà morte lo sdegno e la collera fa
morire lo sciocco. [3]Io ho visto lo stolto metter radici, ma imputridire
la sua dimora all'istante. [4]I suoi figli sono lungi dal prosperare, sono
oppressi alla porta, senza difensore; [5]l'affamato ne divora la messe e
gente assetata ne succhia gli averi. [6]Non esce certo dalla polvere la
sventura né germoglia dalla terra il dolore, [7]ma è l'uomo che genera
pene, come le scintille volano in alto. [8]Io, invece, mi rivolgerei a
Dio e a Dio esporrei la mia causa: [9]a lui, che fa cose grandi e
incomprensibili, meraviglie senza numero, [10]che dà la pioggia alla
terra e manda le acque sulle campagne. [11]Colloca gli umili in alto e
gli afflitti solleva a prosperità; [12]rende vani i pensieri degli
scaltri e le loro mani non ne compiono i disegni; [13]coglie di sorpresa i
saggi nella loro astuzia e manda in rovina il consiglio degli
scaltri. [14]Di giorno incappano nel buio e brancolano in pieno sole come
di notte, [15]mentre egli salva dalla loro spada l'oppresso, e il meschino
dalla mano del prepotente. [16]C'è speranza per il misero e l'ingiustizia
chiude la bocca. [17]Felice l'uomo, che è corretto da Dio: perciò tu non
sdegnare la correzione dell'Onnipotente, [18]perché egli fa la piaga e la
fascia, ferisce e la sua mano risana. [19]Da sei tribolazioni ti
libererà e alla settima non ti toccherà il male; [20]nella carestia ti
scamperà dalla morte e in guerra dal colpo della spada; [21]sarai al
riparo dal flagello della lingua, né temerai quando giunge la
rovina. [22]Della rovina e della fame ti riderai né temerai le bestie
selvatiche; [23]con le pietre del campo avrai un patto e le bestie
selvatiche saranno in pace con te. [24]Conoscerai la prosperità della tua
tenda, visiterai la tua proprietà e non sarai deluso. [25]Vedrai,
numerosa, la prole, i tuoi rampolli come l'erba dei prati. [26]Te ne
andrai alla tomba in piena maturità, come si ammucchia il grano a suo
tempo. [27]Ecco, questo abbiamo osservato: è così. Ascoltalo e sappilo per
tuo bene. Giobbe - Capitolo 6 L'uomo oppresso conosce solo la sua
miseria [1]Allora Giobbe rispose: [2]Se ben si pesasse il mio cruccio e
sulla stessa bilancia si ponesse la mia sventura... [3]certo sarebbe più
pesante della sabbia del mare! Per questo temerarie sono state le mie
parole, [4]perché le saette dell'Onnipotente mi stanno infitte, sì che il
mio spirito ne beve il veleno e terrori immani mi si schierano
contro! [5]Raglia forse il somaro con l'erba davanti o muggisce il bue
sopra il suo foraggio? [6]Si mangia forse un cibo insipido, senza sale? O
che gusto c'è nell'acqua di malva? [7]Ciò che io ricusavo di
toccare questo è il ributtante mio cibo! [8]Oh, mi accadesse quello che
invoco, e Dio mi concedesse quello che spero! [9]Volesse Dio
schiacciarmi, stendere la mano e sopprimermi! [10]Ciò sarebbe per me un
qualche conforto e gioirei, pur nell'angoscia senza pietà, per non aver
rinnegato i decreti del Santo. [11]Qual la mia forza, perché io possa
durare, o qual la mia fine, perché prolunghi la vita? [12]La mia forza è
forza di macigni? La mia carne è forse di bronzo? [13]Non v'è proprio
aiuto per me? Ogni soccorso mi è precluso? [14]A chi è sfinito è dovuta
pietà dagli amici, anche se ha abbandonato il timore di Dio. [15]I miei
fratelli mi hanno deluso come un torrente, sono dileguati come i torrenti
delle valli, [16]i quali sono torbidi per lo sgelo, si gonfiano allo
sciogliersi della neve, [17]ma al tempo della siccità svaniscono e
all'arsura scompaiono dai loro letti. [18]Deviano dalle loro piste le
carovane, avanzano nel deserto e vi si perdono; [19]le carovane di Tema
guardano là, i viandanti di Saba sperano in essi: [20]ma rimangono delusi
d'avere sperato, giunti fin là, ne restano confusi. [21]Così ora voi siete
per me: vedete che faccio orrore e vi prende paura. [22]Vi ho detto forse:
«Datemi qualcosa» o «dei vostri beni fatemi un regalo» [23]o «liberatemi
dalle mani di un nemico» o «dalle mani dei violenti
riscattatemi»? [24]Istruitemi e allora io tacerò, fatemi conoscere in che
cosa ho sbagliato. [25]Che hanno di offensivo le giuste parole? Ma che
cosa dimostra la prova che viene da voi? [26]Forse voi pensate a confutare
parole, e come sparsi al vento stimate i detti di un disperato! [27]Anche
sull'orfano gettereste la sorte e a un vostro amico scavereste la
fossa. [28]Ma ora degnatevi di volgervi verso di me: davanti a voi non
mentirò. [29]Su, ricredetevi: non siate ingiusti! Ricredetevi; la mia
giustizia è ancora qui! [30]C'è forse iniquità sulla mia lingua o il mio
palato non distingue più le sventure? Giobbe - Capitolo 7 [1]Non ha forse
un duro lavoro l'uomo sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un
mercenario? [2]Come lo schiavo sospira l'ombra e come il mercenario
aspetta il suo salario, [3]così a me son toccati mesi d'illusione e notti
di dolore mi sono state assegnate. [4]Se mi corico dico: «Quando mi
alzerò?». Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi
fino all'alba. [5]Ricoperta di vermi e croste è la mia
carne, raggrinzita è la mia pelle e si disfà. [6]I miei giorni sono stati
più veloci d'una spola, sono finiti senza speranza. [7]Ricordati che un
soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene. [8]Non mi
scorgerà più l'occhio di chi mi vede: i tuoi occhi saranno su di me e io più
non sarò. [9]Una nube svanisce e se ne va, così chi scende agl'inferi più
non risale; [10]non tornerà più nella sua casa, mai più lo rivedrà la sua
dimora. [11]Ma io non terrò chiusa la mia bocca, parlerò nell'angoscia del
mio spirito, mi lamenterò nell'amarezza del mio cuore! [12]Son io forse il
mare oppure un mostro marino, perché tu mi metta accanto una
guardia? [13]Quando io dico: «Il mio giaciglio mi darà sollievo, il mio
letto allevierà la mia sofferenza», [14]tu allora mi spaventi con sogni e
con fantasmi tu mi atterrisci. [15]Preferirei essere soffocato, la morte
piuttosto che questi miei dolori! [16]Io mi disfaccio, non vivrò più a
lungo. Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni. [17]Che è quest'uomo
che tu nei fai tanto conto e a lui rivolgi la tua attenzione [18]e lo
scruti ogni mattina e ad ogni istante lo metti alla prova? [19]Fino a
quando da me non toglierai lo sguardo e non mi lascerai inghiottire la
saliva? [20]Se ho peccato, che cosa ti ho fatto, o custode
dell'uomo? Perché m'hai preso a bersaglio e ti son diventato di
peso? [21]Perché non cancelli il mio peccato e non dimentichi la mia
iniquità? Ben presto giacerò nella polvere, mi cercherai, ma più non
sarò! Giobbe - Capitolo 8 Il corso inarrestabile della giustizia
divina [1]Allora prese a dire Bildad il Suchita: [2]Fino a quando dirai
queste cose e vento impetuoso saranno le parole della tua bocca? [3]Può
forse Dio deviare il diritto o l'Onnipotente sovvertire la
giustizia? [4]Se i tuoi figli hanno peccato contro di lui, li ha messi in
balìa della loro iniquità. [5]Se tu cercherai Dio e implorerai
l'Onnipotente, [6]se puro e integro tu sei, fin d'ora veglierà su di
te e ristabilirà la dimora della tua giustizia; [7]piccola cosa sarà la
tua condizione di prima, di fronte alla grandezza che avrà la
futura. [8]Chiedilo infatti alle generazioni passate, poni mente
all'esperienza dei loro padri, [9]perché noi siamo di ieri e nulla
sappiamo, come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra. [10]Essi forse
non ti istruiranno e ti parleranno traendo le parole dal cuore? [11]Cresce
forse il papiro fuori della palude e si sviluppa forse il giunco
senz'acqua? [12]E' ancora verde, non buono per tagliarlo, e inaridisce
prima d'ogn'altra erba. [13]Tale il destino di chi dimentica Dio, così
svanisce la speranza dell'empio; [14]la sua fiducia è come un filo e una
tela di ragno è la sua sicurezza: [15]si appoggi alla sua casa, essa non
resiste, vi si aggrappi, ma essa non regge. [16]Rigoglioso sia pure in
faccia al sole e sopra il giardino si spandano i suoi rami, [17]sul
terreno sassoso s'intreccino le sue radici, tra le pietre attinga la
vita. [18]Se lo si toglie dal suo luogo, questo lo rinnega: «Non t'ho mai
visto!». [19]Ecco la gioia del suo destino e dalla terra altri
rispuntano. [20]Dunque, Dio non rigetta l'uomo integro, e non sostiene la
mano dei malfattori. [21]Colmerà di nuovo la tua bocca di sorriso e le tue
labbra di gioia. [22]I tuoi nemici saran coperti di vergogna e la tenda
degli empi più non sarà. Giobbe - Capitolo 9 La giustizia divina è al di
sopra del diritto [1]Giobbe rispose dicendo: [2]In verità io so che è
così: e come può un uomo aver ragione innanzi a Dio? [3]Se uno volesse
disputare con lui, non gli risponderebbe una volta su mille. [4]Saggio di
mente, potente per la forza, chi s'è opposto a lui ed è rimasto
salvo? [5]Sposta le montagne e non lo sanno, egli nella sua ira le
sconvolge. [6]Scuote la terra dal suo posto e le sue colonne
tremano. [7]Comanda al sole ed esso non sorge e alle stelle pone il suo
sigillo. [8]Egli da solo stende i cieli e cammina sulle onde del
mare. [9]Crea l'Orsa e l'Orione, le Pleiadi e i penetrali del cielo
australe. [10]Fa cose tanto grandi da non potersi indagare, meraviglie da
non potersi contare. [11]Ecco, mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e
di lui non m'accorgo. [12]Se rapisce qualcosa, chi lo può impedire? Chi
gli può dire: «Che fai?». [13]Dio non ritira la sua collera: sotto di lui
sono fiaccati i sostenitori di Raab. [14]Tanto meno io potrei
rispondergli, trovare parole da dirgli! [15]Se avessi anche ragione, non
risponderei, al mio giudice dovrei domandare pietà. [16]Se io lo invocassi
e mi rispondesse, non crederei che voglia ascoltare la mia voce. [17]Egli
con una tempesta mi schiaccia, moltiplica le mie piaghe senza
ragione, [18]non mi lascia riprendere il fiato, anzi mi sazia di
amarezze. [19]Se si tratta di forza, è lui che dà il vigore; se di
giustizia, chi potrà citarlo? [20]Se avessi ragione, il mio parlare
mi condannerebbe; se fossi innocente, egli proverebbe che io sono
reo. [21]Sono innocente? Non lo so neppure io, detesto la mia
vita! [22]Per questo io dico: «E' la stessa cosa»: egli fa perire
l'innocente e il reo! [23]Se un flagello uccide all'improvviso, della
sciagura degli innocenti egli ride. [24]La terra è lasciata in balìa del
malfattore: egli vela il volto dei suoi giudici; se non lui, chi dunque
sarà? [25]I miei giorni passano più veloci d'un corriere, fuggono senza
godere alcun bene, [26]volano come barche di giunchi, come aquila che
piomba sulla preda. [27]Se dico: «Voglio dimenticare il mio
gemito, cambiare il mio volto ed essere lieto», [28]mi spavento per tutti
i miei dolori; so bene che non mi dichiarerai innocente. [29]Se sono
colpevole, perché affaticarmi invano? [30]Anche se mi lavassi con la
neve e pulissi con la soda le mie mani, [31]allora tu mi tufferesti in un
pantano e in orrore mi avrebbero le mie vesti. [32]Poiché non è uomo come
me, che io possa rispondergli: «Presentiamoci alla pari in
giudizio». [33]Non c'è fra noi due un arbitro che ponga la mano su noi
due. [34]Allontani da me la sua verga sì che non mi spaventi il suo
terrore: [35]allora io potrò parlare senza temerlo, perché così non sono
in me stesso. Giobbe - Capitolo 10 [1]Stanco io sono della mia
vita! Darò libero sfogo al mio lamento, parlerò nell'amarezza del mio
cuore. [2]Dirò a Dio: Non condannarmi! Fammi sapere perché mi sei
avversario. [3]E' forse bene per te opprimermi, disprezzare l'opera delle
tue mani e favorire i progetti dei malvagi? [4]Hai tu forse occhi di
carne o anche tu vedi come l'uomo? [5]Sono forse i tuoi giorni come i
giorni di un uomo, i tuoi anni come i giorni di un mortale, [6]perché tu
debba scrutare la mia colpa e frugare il mio peccato, [7]pur sapendo ch'io
non sono colpevole e che nessuno mi può liberare dalla tua mano? [8]Le tue
mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte; vorresti ora
distruggermi? [9]Ricordati che come argilla mi hai plasmato e in polvere
mi farai tornare. [10]Non m'hai colato forse come latte e fatto accagliare
come cacio? [11]Di pelle e di carne mi hai rivestito, d'ossa e di nervi mi
hai intessuto. [12]Vita e benevolenza tu mi hai concesso e la tua premura
ha custodito il mio spirito. [13]Eppure, questo nascondevi nel cuore, so
che questo avevi nel pensiero! [14]Tu mi sorvegli, se pecco, e non mi
lasci impunito per la mia colpa. [15]Se sono colpevole, guai a me! Se
giusto, non oso sollevare la testa, sazio d'ignominia, come sono, ed ebbro di
miseria. [16]Se la sollevo, tu come un leopardo mi dai la caccia e
torni a compiere prodigi contro di me, [17]su di me rinnovi i tuoi
attacchi, contro di me aumenti la tua ira e truppe sempre fresche mi
assalgono. [18]Perché tu mi hai tratto dal seno materno? Fossi morto e
nessun occhio m'avesse mai visto! [19]Sarei come se non fossi mai
esistito; dal ventre sarei stato portato alla tomba! [20]E non son poca
cosa i giorni della mia vita? Lasciami, sì ch'io possa respirare un
poco [21]prima che me ne vada, senza ritornare, verso la terra delle
tenebre e dell'ombra di morte, [22]terra di caligine e di disordine, dove
la luce è come le tenebre. Giobbe - Capitolo 11 La sapienza di Dio provoca
il riconoscimento di Giobbe [1]Allora Zofar il Naamatita prese la parola e
disse: [2]A tante parole non si darà risposta? O il loquace dovrà aver
ragione? [3]I tuoi sproloqui faranno tacere la gente? Ti farai beffe,
senza che alcuno ti svergogni? [4]Tu dici: «Pura è la mia condotta, io
sono irreprensibile agli occhi di lui». [5]Tuttavia, volesse Dio parlare e
aprire le labbra contro di te, [6]per manifestarti i segreti della
sapienza, che sono così difficili all'intelletto, allora sapresti che Dio
ti condona parte della tua colpa. [7]Credi tu di scrutare l'intimo di
Dio o di penetrare la perfezione dell'Onnipotente? [8]E' più alta del
cielo: che cosa puoi fare? E' più profonda degli inferi: che ne
sai? [9]Più lunga della terra ne è la dimensione, più vasta del
mare. [10]Se egli assale e imprigiona e chiama in giudizio, chi glielo può
impedire? [11]Egli conosce gli uomini fallaci, vede l'iniquità e
l'osserva: [12]l'uomo stolto mette giudizio e da ònagro indomito diventa
docile. [13]Ora, se tu a Dio dirigerai il cuore e tenderai a lui le tue
palme, [14]se allontanerai l'iniquità che è nella tua mano e non farai
abitare l'ingiustizia nelle tue tende, [15]allora potrai alzare la faccia
senza macchia e sarai saldo e non avrai timori, [16]perché dimenticherai
l'affanno e te ne ricorderai come di acqua passata; [17]più del sole
meridiano splenderà la tua vita, l'oscurità sarà per te come
l'aurora. [18]Ti terrai sicuro per ciò che ti attende e, guardandoti
attorno, riposerai tranquillo. [19]Ti coricherai e nessuno ti
disturberà, molti anzi cercheranno i tuoi favori. [20]Ma gli occhi dei
malvagi languiranno, ogni scampo è per essi perduto, unica loro speranza è
l'ultimo respiro! Giobbe - Capitolo 12 La sapienza di Dio si manifesta
anche con le devastazioni provocate dalla sua potenza [1]Giobbe allora
rispose: [2]E' vero, sì, che voi siete la voce del popolo e la sapienza
morirà con voi! [3]Anch'io però ho senno come voi, e non sono da meno di
voi; chi non sa cose simili? [4]Ludibrio del suo amico è diventato chi
grida a Dio perché gli risponda; ludibrio il giusto, l'integro! [5]«Per la
sventura, disprezzo», pensa la gente prosperosa, «spinte, a colui che ha
il piede tremante». [6]Le tende dei ladri sono tranquille, c'è sicurezza
per chi provoca Dio, per chi vuol ridurre Dio in suo potere. [7]Ma
interroga pure le bestie, perché ti ammaestrino, gli uccelli del cielo,
perché ti informino, [8]o i rettili della terra, perché ti istruiscano o i
pesci del mare perché te lo faccian sapere. [9]Chi non sa, fra tutti questi
esseri, che la mano del Signore ha fatto questo? [10]Egli ha in mano
l'anima di ogni vivente e il soffio d'ogni carne umana. [11]L'orecchio non
distingue forse le parole e il palato non assapora i cibi? [12]Nei canuti
sta la saggezza e nella vita lunga la prudenza. [13]In lui risiede la
sapienza e la forza, a lui appartiene il consiglio e la
prudenza! [14]Ecco, se egli demolisce, non si può ricostruire, se
imprigiona uno, non si può liberare. [15]Se trattiene le acque, tutto si
secca, se le lascia andare, devastano la terra. [16]Da lui viene potenza e
sagacia, a lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore. [17]Rende stolti i
consiglieri della terra, priva i giudici di senno; [18]scioglie la cintura
dei re e cinge i loro fianchi d'una corda. [19]Fa andare scalzi i
sacerdoti e rovescia i potenti. [20]Toglie la favella ai più veraci e
priva del senno i vegliardi. [21]Sui nobili spande il disprezzo e allenta
la cintura ai forti. [22]Strappa dalle tenebre i segreti e porta alla luce
le cose oscure. [23]Fa grandi i popoli e li lascia perire, estende le
nazioni e le abbandona. [24]Toglie il senno ai capi del paese e li fa
vagare per solitudini senza strade, [25]vanno a tastoni per le tenebre, senza
luce, e barcollano come ubriachi. Giobbe - Capitolo 13 [1]Ecco, tutto
questo ha visto il mio occhio, l'ha udito il mio orecchio e l'ha
compreso. [2]Quel che sapete voi, lo so anch'io; non sono da meno di
voi. [3]Ma io all'Onnipotente vorrei parlare, a Dio vorrei fare
rimostranze. [4]Voi siete raffazzonatori di menzogne, siete tutti medici
da nulla. [5]Magari taceste del tutto! sarebbe per voi un atto di
sapienza! [6]Ascoltate dunque la mia riprensione e alla difesa delle mie
labbra fate attenzione. [7]Volete forse in difesa di Dio dire il falso e
in suo favore parlare con inganno? [8]Vorreste trattarlo con parzialità e
farvi difensori di Dio? [9]Sarebbe bene per voi se egli vi scrutasse? Come
s'inganna un uomo, credete di ingannarlo? [10]Severamente vi
redarguirà, se in segreto gli siete parziali. [11]Forse la sua maestà non
vi incute spavento e il terrore di lui non vi assale? [12]Sentenze di
cenere sono i vostri moniti, difese di argilla le vostre
difese. [13]Tacete, state lontani da me: parlerò io, mi capiti quel che
capiti. [14]Voglio afferrare la mia carne con i denti e mettere sulle mie
mani la mia vita. [15]Mi uccida pure, non me ne dolgo; voglio solo
difendere davanti a lui la mia condotta! [16]Questo mi sarà pegno di
vittoria, perché un empio non si presenterebbe davanti a
lui. [17]Ascoltate bene le mie parole e il mio esposto sia nei vostri
orecchi. [18]Ecco, tutto ho preparato per il giudizio, son convinto che
sarò dichiarato innocente. [19]Chi vuol muover causa contro di me? Perché
allora tacerò, pronto a morire. [20]Solo, assicurami due cose e allora non
mi sottrarrò alla tua presenza; [21]allontana da me la tua mano e il tuo
terrore più non mi spaventi; [22]poi interrogami pure e io
risponderò oppure parlerò io e tu mi risponderai. [23]Quante sono le mie
colpe e i miei peccati? Fammi conoscere il mio misfatto e il mio
peccato. [24]Perché mi nascondi la tua faccia e mi consideri come un
nemico? [25]Vuoi spaventare una foglia dispersa dal vento e dar la caccia
a una paglia secca? [26]Poiché scrivi contro di me sentenze amare e mi
rinfacci i miei errori giovanili; [27]tu metti i miei piedi in ceppi, spii
tutti i miei passi e ti segni le orme dei miei piedi. [28]Intanto io mi
disfò come legno tarlato o come un vestito corroso da tignola. Giobbe -
Capitolo 14 [1]L'uomo, nato di donna, breve di giorni e sazio di
inquietudine, [2]come un fiore spunta e avvizzisce, fugge come l'ombra e
mai si ferma. [3]Tu, sopra un tal essere tieni aperti i tuoi occhi e lo
chiami a giudizio presso di te? [4]Chi può trarre il puro dall'immondo?
Nessuno. [5]Se i suoi giorni sono contati, se il numero dei suoi mesi
dipende da te, se hai fissato un termine che non può
oltrepassare, [6]distogli lo sguardo da lui e lascialo stare finché abbia
compiuto, come un salariato, la sua giornata! [7]Poiché anche per l'albero
c'è speranza: se viene tagliato, ancora ributta e i suoi germogli non
cessano di crescere; [8]se sotto terra invecchia la sua radice e al suolo
muore il suo tronco, [9]al sentore dell'acqua rigermoglia e mette rami
come nuova pianta. [10]L'uomo invece, se muore, giace inerte, quando il
mortale spira, dov'è? [11]Potranno sparire le acque del mare e i fiumi
prosciugarsi e disseccarsi, [12]ma l'uomo che giace più non
s'alzerà, finché durano i cieli non si sveglierà, né più si desterà dal
suo sonno. [13]Oh, se tu volessi nascondermi nella tomba, occultarmi,
finché sarà passata la tua ira, fissarmi un termine e poi ricordarti di
me! [14]Se l'uomo che muore potesse rivivere, aspetterei tutti i giorni
della mia milizia finché arrivi per me l'ora del cambio! [15]Mi
chiameresti e io risponderei, l'opera delle tue mani tu
brameresti. [16]Mentre ora tu conti i miei passi non spieresti più il mio
peccato: [17]in un sacchetto, chiuso, sarebbe il mio misfatto e tu
cancelleresti la mia colpa. [18]Ohimè! come un monte finisce in una
frana e come una rupe si stacca dal suo posto, [19]e le acque consumano le
pietre, le alluvioni portano via il terreno: così tu annienti la speranza
dell'uomo. [20]Tu lo abbatti per sempre ed egli se ne va, tu sfiguri il
suo volto e lo scacci. [21]Siano pure onorati i suoi figli, non lo
sa; siano disprezzati, lo ignora! [22]Soltanto i suoi dolori egli
sente e piange sopra di sé. Giobbe - Capitolo 15 2. SECONDO CICLO DI
DISCORSI Giobbe si condanna con le sue stesse parole [1]Elifaz il Temanita
prese a dire: [2]Potrebbe il saggio rispondere con ragioni campate in
aria e riempirsi il ventre di vento d'oriente? [3]Si difende egli con
parole senza costrutto e con discorsi inutili? [4]Tu anzi distruggi la
religione e abolisci la preghiera innanzi a Dio. [5]Sì, la tua malizia
suggerisce alla tua bocca e scegli il linguaggio degli astuti. [6]Non io,
ma la tua bocca ti condanna e le tue labbra attestano contro di te. [7]Sei
forse tu il primo uomo che è nato, o, prima dei monti, sei venuto al
mondo? [8]Hai avuto accesso ai segreti consigli di Dio e ti sei
appropriata tu solo la sapienza? [9]Che cosa sai tu che noi non
sappiamo? Che cosa capisci che da noi non si comprenda? [10]Anche fra di
noi c'è il vecchio e c'è il canuto più di tuo padre, carico
d'anni. [11]Poca cosa sono per te le consolazioni di Dio e una parola
moderata a te rivolta? [12]Perché il tuo cuore ti trasporta e perché fanno
cenni i tuoi occhi, [13]quando volgi contro Dio il tuo animo e fai uscire
tali parole dalla tua bocca? [14]Che cos'è l'uomo perché si ritenga
puro, perché si dica giusto un nato di donna? [15]Ecco, neppure dei suoi
santi egli ha fiducia e i cieli non sono puri ai suoi occhi; [16]quanto
meno un essere abominevole e corrotto, l'uomo, che beve l'iniquità come
acqua. [17]Voglio spiegartelo, ascoltami, ti racconterò quel che ho
visto, [18]quello che i saggi riferiscono, non celato ad essi dai loro
padri; [19]a essi soli fu concessa questa terra, né straniero alcuno era
passato in mezzo a loro. [20]Per tutti i giorni della vita il malvagio
si tormenta; sono contati gli anni riservati al violento. [21]Voci di
spavento gli risuonano agli orecchi e in piena pace si vede assalito dal
predone. [22]Non crede di potersi sottrarre alle tenebre, egli si sente
destinato alla spada. [23]Destinato in pasto agli avvoltoi, sa che gli è
preparata la rovina. [24]Un giorno tenebroso lo spaventa, la miseria e
l'angoscia l'assalgono come un re pronto all'attacco, [25]perché ha steso
contro Dio la sua mano, ha osato farsi forte contro
l'Onnipotente; [26]correva contro di lui a testa alta, al riparo del curvo
spessore del suo scudo; [27]poiché aveva la faccia coperta di grasso e
pinguedine intorno ai suoi fianchi. [28]Avrà dimora in città diroccate, in
case dove non si abita più, destinate a diventare macerie. [29]Non
arricchirà, non durerà la sua fortuna, non metterà radici sulla
terra. [30]Alle tenebre non sfuggirà, la vampa seccherà i suoi
germogli e dal vento sarà involato il suo frutto. [31]Non confidi in una
vanità fallace, perché sarà una rovina. [32]La sua fronda sarà tagliata
prima del tempo e i suoi rami non rinverdiranno più. [33]Sarà spogliato
come vigna della sua uva ancor acerba e getterà via come ulivo i suoi
fiori, [34]poiché la stirpe dell'empio è sterile e il fuoco divora le
tende dell'uomo venale. [35]Concepisce malizia e genera sventura e nel suo
seno alleva delusione. Giobbe - Capitolo 16 Dall'ingiustizia degli uomini
alla giustizia di Dio [1]Allora rispose: [2]Ne ho udite gia molte di
simili cose! Siete tutti consolatori molesti. [3]Non avran termine le
parole campate in aria? O che cosa ti spinge a rispondere così? [4]Anch'io
sarei capace di parlare come voi, se voi foste al mio posto: vi affogherei
con parole e scuoterei il mio capo su di voi. [5]Vi conforterei con la
bocca e il tremito delle mie labbra cesserebbe. [6]Ma se parlo, non viene
impedito il mio dolore; se taccio, che cosa lo allontana da me? [7]Ora
però egli m'ha spossato, fiaccato, tutto il mio vicinato mi è
addosso; [8]si è costituito testimone ed è insorto contro di me: il mio
calunniatore mi accusa in faccia. [9]La sua collera mi dilania e mi
perseguita; digrigna i denti contro di me, il mio nemico su di me aguzza
gli occhi. [10]Spalancano la bocca contro di me, mi schiaffeggiano con
insulti, insieme si alleano contro di me. [11]Dio mi consegna come preda
all'empio, e mi getta nelle mani dei malvagi. [12]Me ne stavo tranquillo
ed egli mi ha rovinato, mi ha afferrato per il collo e mi ha
stritolato; ha fatto di me il suo bersaglio. [13]I suoi arcieri mi
circondano; mi trafigge i fianchi senza pietà, versa a terra il mio
fiele, [14]mi apre ferita su ferita, mi si avventa contro come un
guerriero. [15]Ho cucito un sacco sulla mia pelle e ho prostrato la fronte
nella polvere. [16]La mia faccia è rossa per il pianto e sulle mie
palpebre v'è una fitta oscurità. [17]Non c'è violenza nelle mie mani e
pura è stata la mia preghiera. [18]O terra, non coprire il mio sangue e
non abbia sosta il mio grido! [19]Ma ecco, fin d'ora il mio testimone è nei
cieli, il mio mallevadore è lassù; [20]miei avvocati presso Dio sono i
miei lamenti, mentre davanti a lui sparge lacrime il mio
occhio, [21]perché difenda l'uomo davanti a Dio, come un mortale fa con un
suo amico; [22]poiché passano i miei anni contati e io me ne vado per una
via senza ritorno. Giobbe - Capitolo 17 [1]Il mio spirito vien meno, i
miei giorni si spengono; non c'è per me che la tomba! [2]Non sono io in
balìa di beffardi? Fra i loro insulti veglia il mio occhio. [3]Sii tu la
mia garanzia presso di te! Qual altro vorrebbe stringermi la
destra? [4]Poiché hai privato di senno la loro mente, per questo non li
lascerai trionfare. [5]Come chi invita gli amici a parte del suo
pranzo, mentre gli occhi dei suoi figli languiscono; [6]così son diventato
ludibrio dei popoli sono oggetto di scherno davanti a loro. [7]Si offusca
per il dolore il mio occhio e le mie membra non sono che ombra. [8]Gli
onesti ne rimangono stupiti e l'innocente s'indigna contro l'empio. [9]Ma
il giusto si conferma nella sua condotta e chi ha le mani pure raddoppia il
coraggio. [10]Su, venite di nuovo tutti: io non troverò un saggio fra di
voi. [11]I miei giorni sono passati, svaniti i miei progetti, i voti
del mio cuore. [12]Cambiano la notte in giorno, la luce - dicono - è più
vicina delle tenebre. [13]Se posso sperare qualche cosa, la tomba è la
mia casa, nelle tenebre distendo il mio giaciglio. [14]Al sepolcro io
grido: «Padre mio sei tu!» e ai vermi: «Madre mia, sorelle mie voi
siete!». [15]E la mia speranza dov'è? Il mio benessere chi lo
vedrà? [16]Scenderanno forse con me nella tomba o caleremo insieme nella
polvere! Giobbe - Capitolo 18 La collera non può nulla contro la
giustizia [1]Bildad il Suchita prese a dire: [2]Quando porrai fine alle
tue chiacchiere? Rifletti bene e poi parleremo. [3]Perché considerarci
come bestie, ci fai passare per bruti ai tuoi occhi? [4]Tu che ti rodi
l'anima nel tuo furore, forse per causa tua sarà abbandonata la terra e le
rupi si staccheranno dal loro posto? [5]Certamente la luce del malvagio si
spegnerà e più non brillerà la fiamma del suo focolare. [6]La luce si
offuscherà nella sua tenda e la lucerna si estinguerà sopra di lui. [7]Il
suo energico passo s'accorcerà e i suoi progetti lo faran
precipitare, [8]poiché incapperà in una rete con i suoi piedi e sopra un
tranello camminerà. [9]Un laccio l'afferrerà per il calcagno, un nodo
scorsoio lo stringerà. [10]Gli è nascosta per terra una fune e gli è tesa
una trappola sul sentiero. [11]Lo spaventano da tutte le parti terrori e
lo inseguono alle calcagna. [12]Diventerà carestia la sua opulenza e la
rovina è lì in piedi al suo fianco. [13]Un malanno divorerà la sua
pelle, roderà le sue membra il primogenito della morte. [14]Sarà tolto
dalla tenda in cui fidava, per essere trascinato al re dei
terrori! [15]Potresti abitare nella tenda che non è più sua; sulla sua
dimora si spargerà zolfo. [16]Al di sotto, le sue radici si
seccheranno, sopra, saranno tagliati i suoi rami. [17]Il suo ricordo
sparirà dalla terra e il suo nome più non si udrà per la contrada. [18]Lo
getteranno dalla luce nel buio e dal mondo lo stermineranno. [19]Non
famiglia, non discendenza avrà nel suo popolo, non superstiti nei luoghi
della sua dimora. [20]Della sua fine stupirà l'occidente e l'oriente ne
prenderà orrore. [21]Ecco qual è la sorte dell'iniquo: questa è la dimora
di chi misconosce Dio. Giobbe - Capitolo 19 Il trionfo della fede
nell'abbandono di Dio e degli uomini [1]Giobbe allora rispose: [2]Fino a
quando mi tormenterete e mi opprimerete con le vostre parole? [3]Son dieci
volte che mi insultate e mi maltrattate senza pudore. [4]E' poi vero che
io abbia mancato e che persista nel mio errore? [5]Non è forse vero che
credete di vincere contro di me, rinfacciandomi la mia
abiezione? [6]Sappiate dunque che Dio mi ha piegato e mi ha avviluppato
nella sua rete. [7]Ecco, grido contro la violenza, ma non ho
risposta, chiedo aiuto, ma non c'è giustizia! [8]Mi ha sbarrato la strada
perché non passi e sul mio sentiero ha disteso le tenebre. [9]Mi ha
spogliato della mia gloria e mi ha tolto dal capo la corona. [10]Mi ha
disfatto da ogni parte e io sparisco, mi ha strappato, come un albero, la
speranza. [11]Ha acceso contro di me la sua ira e mi considera come suo
nemico. [12]Insieme sono accorse le sue schiere e si sono spianata la
strada contro di me; hanno posto l'assedio intorno alla mia tenda. [13]I
miei fratelli si sono allontanati da me, persino gli amici mi si sono fatti
stranieri. [14]Scomparsi sono vicini e conoscenti, mi hanno dimenticato
gli ospiti di casa; [15]da estraneo mi trattano le mie ancelle, un
forestiero sono ai loro occhi. [16]Chiamo il mio servo ed egli non
risponde, devo supplicarlo con la mia bocca. [17]Il mio fiato è ripugnante
per mia moglie e faccio schifo ai figli di mia madre. [18]Anche i monelli
hanno ribrezzo di me: se tento d'alzarmi, mi danno la baia. [19]Mi hanno
in orrore tutti i miei confidenti: quelli che amavo si rivoltano contro di
me. [20]Alla pelle si attaccano le mie ossa e non è salva che la pelle dei
miei denti. [21]Pietà, pietà di me, almeno voi miei amici, perché la mano
di Dio mi ha percosso! [22]Perché vi accanite contro di me, come Dio, e
non siete mai sazi della mia carne? [23]Oh, se le mie parole si
scrivessero, se si fissassero in un libro, [24]fossero impresse con stilo
di ferro sul piombo, per sempre s'incidessero sulla roccia! [25]Io lo so
che il mio Vendicatore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla
polvere! [26]Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne,
vedrò Dio. [27]Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno
non da straniero. Le mie viscere si consumano dentro di me. [28]Poiché
dite: «Come lo perseguitiamo noi, se la radice del suo danno è in
lui?», [29]temete per voi la spada, poiché punitrice d'iniquità è la
spada, affinchè sappiate che c'è un giudice. Giobbe - Capitolo
20 L'ordine della giustizia non ammette eccezioni [1]Zofar il Naamatita
prese a dire: [2]Per questo i miei pensieri mi spingono a rispondere e
perciò v'è questa fretta dentro di me. [3]Ho ascoltato un rimprovero per me
offensivo, ma uno spirito, dal mio interno, mi spinge
a replicare. [4]Non sai tu che da sempre, da quando l'uomo fu posto
sulla terra, [5]il trionfo degli empi è breve e la gioia del perverso è
d'un istante? [6]Anche se innalzasse fino al cielo la sua statura e il suo
capo toccasse le nubi, [7]come lo sterco sarebbe spazzato per sempre e chi
lo aveva visto direbbe: «Dov'è?». [8]Svanirà come un sogno, e non si troverà
più, si dileguerà come visione notturna. [9]L'occhio avvezzo a vederlo più
non lo vedrà, né più lo scorgerà la sua dimora. [10]I suoi figli dovranno
risarcire i poveri, le loro mani restituiranno le sue ricchezze. [11]Le
sue ossa erano ancora piene di giovinezza, ma con lui giacciono nella
polvere. [12]Se alla sua bocca fu dolce il male, se lo teneva nascosto
sotto la sua lingua, [13]assaporandolo senza inghiottirlo, se lo
tratteneva in mezzo al suo palato: [14]il suo cibo gli si guasterà nelle
viscere, veleno d'aspidi gli sarà nell'intestino. [15]I beni divorati ora
rivomita, Dio glieli caccia fuori dal ventre. [16]Veleno d'aspide ha
succhiato, una lingua di vipera lo uccide. [17]Non vedrà più ruscelli
d'olio, fiumi di miele e fior di latte; [18]renderà i sudati acquisti
senza assaggiarli, come non godrà del frutto del suo commercio, [19]perché
ha oppresso e abbandonato i miseri, ha rubato case invece di
costruirle; [20]perché non ha saputo essere pago dei suoi beni, con i suoi
tesori non si salverà. [21]Nulla è sfuggito alla sua voracità, per questo
non durerà il suo benessere. [22]Nel colmo della sua abbondanza si troverà
in miseria; ogni sorta di sciagura piomberà su di lui. [23]Quando starà
per riempire il suo ventre, Dio scaglierà su di lui la fiamma del suo
sdegno, e gli farà piovere addosso brace. [24]Se sfuggirà l'arma di
ferro, lo trafiggerà l'arco di bronzo: [25]gli uscirà il dardo dalla
schiena, una spada lucente dal fegato. Lo assaliranno i
terrori; [26]tutte le tenebre gli sono riservate. Lo divorerà un fuoco non
acceso da un uomo, esso consumerà quanto è rimasto nella sua
tenda. [27]Riveleranno i cieli la sua iniquità e la terra si alzerà contro
di lui. [28]Un'alluvione travolgerà la sua casa, scorrerà nel giorno
dell'ira. [29]Questa è la sorte che Dio riserva all'uomo perverso, la
parte a lui decretata da Dio. Giobbe - Capitolo 21 La smentita dei
fatti [1]Giobbe rispose: [2]Ascoltate bene la mia parola e sia questo
almeno il conforto che mi date. [3]Tollerate che io parli e, dopo il mio
parlare, deridetemi pure. [4]Forse io mi lamento di un uomo? E perché non
dovrei perder la pazienza? [5]Statemi attenti e resterete
stupiti, mettetevi la mano sulla bocca. [6]Se io ci penso, ne sono
turbato e la mia carne è presa da un brivido. [7]Perché vivono i
malvagi, invecchiano, anzi sono potenti e gagliardi? [8]La loro prole
prospera insieme con essi, i loro rampolli crescono sotto i loro
occhi. [9]Le loro case sono tranquille e senza timori; il bastone di Dio
non pesa su di loro. [10]Il loro toro feconda e non falla, la vacca
partorisce e non abortisce. [11]Mandano fuori, come un gregge, i loro
ragazzi e i loro figli saltano in festa. [12]Cantano al suono di timpani e
di cetre, si divertono al suono delle zampogne. [13]Finiscono nel
benessere i loro giorni e scendono tranquilli negli inferi. [14]Eppure
dicevano a Dio: «Allontanati da noi, non vogliamo conoscer le tue
vie. [15]Chi è l'Onnipotente, perché dobbiamo servirlo? E che ci giova
pregarlo?». [16]Non hanno forse in mano il loro benessere? Il consiglio
degli empi non è lungi da lui? [17]Quante volte si spegne la lucerna degli
empi, o la sventura piomba su di loro, e infliggerà loro castighi con
ira? [18]Diventano essi come paglia di fronte al vento o come pula in
preda all'uragano? [19]«Dio serba per i loro figli il suo castigo...». Ma
lo faccia pagare piuttosto a lui stesso e lo senta! [20]Veda con i suoi occhi
la sua rovina e beva dell'ira dell'Onnipotente! [21]Che cosa gli importa
infatti della sua casa dopo di sé, quando il numero dei suoi mesi è
finito? [22]S'insegna forse la scienza a Dio, a lui che giudica gli esseri
di lassù? [23]Uno muore in piena salute, tutto tranquillo e
prospero; [24]i suoi fianchi sono coperti di grasso e il midollo delle sue
ossa è ben nutrito. [25]Un altro muore con l'amarezza in cuore senza aver
mai gustato il bene. [26]Nella polvere giacciono insieme e i vermi li
ricoprono. [27]Ecco, io conosco i vostri pensieri e gli iniqui giudizi che
fate contro di me! [28]Infatti, voi dite: «Dov'è la casa
del prepotente, dove sono le tende degli empi?». [29]Non avete
interrogato quelli che viaggiano? Non potete negare le loro prove, [30]che
nel giorno della sciagura è risparmiato il malvagio e nel giorno dell'ira
egli la scampa. [31]Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta e di quel
che ha fatto chi lo ripaga? [32]Egli sarà portato al sepolcro, sul suo
tumulo si veglia [33]e gli sono lievi le zolle della tomba. Trae dietro di
sé tutti gli uomini e innanzi a sé una folla senza numero. [34]Perché
dunque mi consolate invano, mentre delle vostre risposte non resta che
inganno? Giobbe - Capitolo 22 3. TERZO CICLO DI DISCORSI Dio castiga
solo in nome della giustizia [1]Elifaz il Temanita prese a dire: [2]Può
forse l'uomo giovare a Dio, se il saggio giova solo a se stesso? [3]Quale
interesse ne viene all'Onnipotente che tu sia giusto o che vantaggio ha,
se tieni una condotta integra? [4]Forse per la tua pietà ti punisce e ti
convoca in giudizio? [5]O non piuttosto per la tua grande malvagità e per
le tue iniquità senza limite? [6]Senza motivo infatti hai angariato i tuoi
fratelli e delle vesti hai spogliato gli ignudi. [7]Non hai dato da bere
all'assetato e all'affamato hai rifiutato il pane, [8]la terra l'ha il
prepotente e vi abita il tuo favorito. [9]Le vedove hai rimandato a mani
vuote e le braccia degli orfani hai rotto. [10]Ecco perché d'intorno a te
ci sono lacci e un improvviso spavento ti sorprende. [11]Tenebra è la tua
luce e più non vedi e la piena delle acque ti sommerge. [12]Ma Dio non è
nell'alto dei cieli? Guarda il vertice delle stelle: quanto sono
alte! [13]E tu dici: «Che cosa sa Dio? Può giudicare attraverso la
caligine? [14]Le nubi gli fanno velo e non vede e sulla volta dei cieli
passeggia». [15]Vuoi tu seguire il sentiero d'un tempo, gia battuto da
uomini empi, [16]che prima del tempo furono portati via, quando un fiume
si era riversato sulle loro fondamenta? [17]Dicevano a Dio: «Allontànati
da noi! Che cosa ci può fare l'Onnipotente?». [18]Eppure egli aveva
riempito le loro case di beni, anche se i propositi degli empi erano lontani
da lui. [19]I giusti ora vedono e ne godono e l'innocente si beffa di
loro: [20]«Sì, certo è stata annientata la loro fortuna e il fuoco ne ha
divorati gli avanzi!». [21]Su, riconcìliati con lui e tornerai felice, ne
riceverai un gran vantaggio. [22]Accogli la legge dalla sua bocca e poni
le sue parole nel tuo cuore. [23]Se ti rivolgerai all'Onnipotente con
umiltà, se allontanerai l'iniquità dalla tua tenda, [24]se stimerai come
polvere l'oro e come ciottoli dei fiumi l'oro di Ofir, [25]allora sarà
l'Onnipotente il tuo oro e sarà per te argento a mucchi. [26]Allora sì,
nell'Onnipotente ti delizierai e alzerai a Dio la tua faccia. [27]Lo
supplicherai ed egli t'esaudirà e tu scioglierai i tuoi
voti. [28]Deciderai una cosa e ti riuscirà e sul tuo cammino splenderà la
luce. [29]Egli umilia l'alterigia del superbo, ma soccorre chi ha gli
occhi bassi. [30]Egli libera l'innocente; tu sarai liberato per la purezza
delle tue mani. Giobbe - Capitolo 23 Dio è lontano e il male
trionfa [1]Giobbe allora rispose: [2]Ancor oggi il mio lamento è
amaro e la sua mano grava sopra i miei gemiti. [3]Oh, potessi sapere dove
trovarlo, potessi arrivare fino al suo trono! [4]Esporrei davanti a lui la
mia causa e avrei piene le labbra di ragioni. [5]Verrei a sapere le parole
che mi risponde e capirei che cosa mi deve dire. [6]Con sfoggio di potenza
discuterebbe con me? Se almeno mi ascoltasse! [7]Allora un giusto
discuterebbe con lui e io per sempre sarei assolto dal mio giudice. [8]Ma
se vado in avanti, egli non c'è, se vado indietro, non lo sento. [9]A
sinistra lo cerco e non lo scorgo, mi volgo a destra e non lo
vedo. [10]Poiché egli conosce la mia condotta, se mi prova al crogiuolo,
come oro puro io ne esco. [11]Alle sue orme si è attaccato il mio
piede, al suo cammino mi sono attenuto e non ho deviato; [12]dai comandi
delle sue labbra non mi sono allontanato, nel cuore ho riposto i detti
della sua bocca. [13]Se egli sceglie, chi lo farà cambiare? Ciò che egli
vuole, lo fa. [14]Compie, certo, il mio destino e di simili piani ne ha
molti. [15]Per questo davanti a lui sono atterrito, ci penso e ho paura di
lui. [16]Dio ha fiaccato il mio cuore, l'Onnipotente mi ha
atterrito; [17]non sono infatti perduto a causa della tenebra, né a causa
dell'oscurità che ricopre il mio volto. Giobbe - Capitolo 24 [1]Perché
l'Onnipotente non si riserva i suoi tempi e i suoi fedeli non vedono i suoi
giorni? [2]I malvagi spostano i confini, rubano le greggi e le menano al
pascolo; [3]portano via l'asino degli orfani, prendono in pegno il bue
della vedova. [4]Spingono i poveri fuori strada, tutti i miseri del paese
vanno a nascondersi. [5]Eccoli, come ònagri nel deserto escono per il
lavoro; di buon mattino vanno in cerca di vitto; la steppa offre loro cibo
per i figli. [6]Mietono nel campo non loro; racimolano la vigna del
malvagio. [7]Nudi passan la notte, senza panni, non hanno da coprirsi
contro il freddo. [8]Dagli scrosci dei monti sono bagnati, per mancanza di
rifugi si aggrappano alle rocce. [9]Rapiscono con violenza l'orfano e
prendono in pegno ciò che copre il povero. [10]Ignudi se ne vanno, senza
vesti e affamati portano i covoni. [11]Tra i filari frangono le
olive, pigiano l'uva e soffrono la sete. [12]Dalla città si alza il gemito
dei moribondi e l'anima dei feriti grida aiuto: Dio non presta attenzione
alle loro preghiere. [13]Altri odiano la luce, non ne vogliono riconoscere
le vie né vogliono batterne i sentieri. [14]Quando non c'è luce, si alza
l'omicida per uccidere il misero e il povero; nella notte si aggira il
ladro e si mette un velo sul volto. [15]L'occhio dell'adultero spia il
buio e pensa: «Nessun occhio mi osserva!». [16]Nelle tenebre forzano le
case, di giorno se ne stanno nascosti: non vogliono saperne della
luce; [17]l'alba è per tutti loro come spettro di morte; quando
schiarisce, provano i terrori del buio fondo. [18]Fuggono veloci di fronte al
giorno; maledetta è la loro porzione di campo sulla terra, non si volgono
più per la strada delle vigne. [19]Come siccità e calore assorbono le acque
nevose, così la morte rapisce il peccatore. [20]Il seno che l'ha portato
lo dimentica, i vermi ne fanno la loro delizia, non se ne conserva la
memoria ed è troncata come un albero l'iniquità. [21]Egli maltratta la
sterile che non genera e non fa del bene alla vedova. [22]Ma egli con la
sua forza trascina i potenti, sorge quando più non può contare sulla
vita. [23]Anche Dio gli concede sicurezza ed egli sta saldo, ma i suoi
occhi sono sopra la sua condotta. [24]Salgono in alto per un poco, poi non
sono più, sono buttati giù come tutti i mortali, falciati come la testa di
una spiga. [25]Non è forse così? Chi può smentirmi e ridurre a nulla le
mie parole? Giobbe - Capitolo 25 Inno all'onnipotenza di Dio [1]Bildad
il Suchita prese a dire: [2]V'è forse dominio e paura presso Colui Che
mantiene la pace nell'alto dei cieli? [3]Si possono forse contare le sue
schiere? E sopra chi non sorge la sua luce? [4]Come può giustificarsi un
uomo davanti a Dio e apparire puro un nato di donna? [5]Ecco, la luna
stessa manca di chiarore e le stelle non sono pure ai suoi
occhi: [6]quanto meno l'uomo, questo verme, l'essere umano, questo
bruco! Giobbe - Capitolo 26 Bildad parla all'aria [1]Giobbe
rispose: [2]Quanto aiuto hai dato al debole e come hai soccorso il braccio
senza forza! [3]Quanti buoni consigli hai dato all'ignorante e con quanta
abbondanza hai manifestato la saggezza! [4]A chi hai tu rivolto la
parola e qual è lo spirito che da te è uscito? [5]I morti tremano sotto
terra, come pure le acque e i loro abitanti. [6]Nuda è la tomba davanti a
lui e senza velo è l'abisso. [7]Egli stende il settentrione sopra il
vuoto, tiene sospesa la terra sopra il nulla. [8]Rinchiude le acque dentro
le nubi, e le nubi non si squarciano sotto il loro peso. [9]Copre la vista
del suo trono stendendovi sopra la sua nube. [10]Ha tracciato un cerchio
sulle acque, sino al confine tra la luce e le tenebre. [11]Le colonne del
cielo si scuotono, sono prese da stupore alla sua minaccia. [12]Con forza
agita il mare e con intelligenza doma Raab. [13]Al suo soffio si
rasserenano i cieli, la sua mano trafigge il serpente tortuoso. [14]Ecco,
questi non sono che i margini delle sue opere; quanto lieve è il sussurro che
noi ne percepiamo! Ma il tuono della sua potenza chi può
comprenderlo? Giobbe - Capitolo 27 Giobbe, innocente, conosce la potenza
di Dio [1]Giobbe continuò a dire: [2]Per la vita di Dio, che mi ha privato
del mio diritto, per l'Onnipotente che mi ha amareggiato
l'animo, [3]finché ci sarà in me un soffio di vita, e l'alito di Dio nelle
mie narici, [4]mai le mie labbra diranno falsità e la mia lingua mai
pronunzierà menzogna! [5]Lungi da me che io mai vi dia ragione; fino alla
morte non rinunzierò alla mia integrità. [6]Mi terrò saldo nella mia
giustizia senza cedere, la mia coscienza non mi rimprovera nessuno dei
miei giorni. [7]Sia trattato come reo il mio nemico e il mio avversario
come un ingiusto. [8]Che cosa infatti può sperare l'empio,
quando finirà, quando Dio gli toglierà la vita? [9]Ascolterà forse Dio
il suo grido, quando la sventura piomberà su di lui? [10]Porrà forse la
sua compiacenza nell'Onnipotente? Potrà forse invocare Dio in ogni
momento? [11]Io vi mostrerò la mano di Dio, non vi celerò i pensieri
dell'Onnipotente. [12]Ecco, voi tutti lo vedete; perché dunque vi perdete
in cose vane? Discorso di Zofar: Il maledetto [13]Questa è la sorte che
Dio riserva al malvagio e la porzione che i violenti
ricevono dall'Onnipotente. [14]Se ha molti figli, saranno per la
spada e i suoi discendenti non avranno pane da sfamarsi; [15]i superstiti
li seppellirà la peste e le loro vedove non faranno lamento. [16]Se
ammassa argento come la polvere e come fango si prepara vesti: [17]egli le
prepara, ma il giusto le indosserà e l'argento lo spartirà
l'innocente. [18]Ha costruito la casa come fragile nido e come una capanna
fatta da un guardiano. [19]Si corica ricco, ma per l'ultima volta, quando
apre gli occhi, non avrà più nulla. [20]Di giorno il terrore lo assale, di
notte se lo rapisce il turbine; [21]il vento d'oriente lo solleva e se ne
va, lo strappa lontano dal suo posto. [22]Dio lo bersaglia senza
pietà; tenta di sfuggire alla sua mano. [23]Si battono le mani contro di
lui e si fischia su di lui dal luogo dove abita. Giobbe - Capitolo
28 4. ELOGIO DELLA SAPIENZA La sapienza inaccessibile
all'uomo [1]Certo, per l'argento vi sono miniere e per l'oro luoghi dove
esso si raffina. [2]Il ferro si cava dal suolo e la pietra fusa libera il
rame. [3]L'uomo pone un termine alle tenebre e fruga fino all'estremo
limite le rocce nel buio più fondo. [4]Forano pozzi lungi
dall'abitato coloro che perdono l'uso dei piedi: pendono sospesi lontano
dalla gente e vacillano. [5]Una terra, da cui si trae pane, di sotto è
sconvolta come dal fuoco. [6]Le sue pietre contengono zaffiri e oro la sua
polvere. [7]L'uccello rapace ne ignora il sentiero, non lo scorge neppure
l'occhio dell'aquila, [8]non battuto da bestie feroci, né mai attraversato
dal leopardo. [9]Contro la selce l'uomo porta la mano, sconvolge le
montagne: [10]nelle rocce scava gallerie e su quanto è prezioso posa
l'occhio: [11]scandaglia il fondo dei fiumi e quel che vi è nascosto porta
alla luce. [12]Ma la sapienza da dove si trae? E il luogo
dell'intelligenza dov'è? [13]L'uomo non ne conosce la via, essa non si
trova sulla terra dei viventi. [14]L'abisso dice: «Non è in me!» e il mare
dice: «Neppure presso di me!». [15]Non si scambia con l'oro più scelto, né
per comprarla si pesa l'argento. [16]Non si acquista con l'oro di
Ofir, con il prezioso berillo o con lo zaffiro. [17]Non la pareggia l'oro
e il cristallo, né si permuta con vasi di oro puro. [18]Coralli e perle
non meritano menzione, vale più scoprire la sapienza che le gemme. [19]Non
la eguaglia il topazio d'Etiopia; con l'oro puro non si può scambiare a
peso. [20]Ma da dove viene la sapienza? E il luogo dell'intelligenza
dov'è? [21]E' nascosta agli occhi di ogni vivente ed è ignota agli uccelli
del cielo. [22]L'abisso e la morte dicono: «Con gli orecchi ne udimmo la
fama». [23]Dio solo ne conosce la via, lui solo sa dove si
trovi, [24]perché volge lo sguardo fino alle estremità della
terra, vede quanto è sotto la volta del cielo. [25]Quando diede al vento
un peso e ordinò alle acque entro una misura, [26]quando impose una legge
alla pioggia e una via al lampo dei tuoni; [27]allora la vide e la
misurò, la comprese e la scrutò appieno [28]e disse all'uomo: «Ecco,
temere Dio, questo è sapienza e schivare il male, questo è
intelligenza». Giobbe - Capitolo 29 5. CONCLUSIONE DEL DIALOGO Lamenti
e apologia di Giobbe: A. I giorni passati [1]Giobbe continuò a pronunziare
le sue sentenze e disse: [2]Oh, potessi tornare com'ero ai mesi di un
tempo, ai giorni in cui Dio mi proteggeva, [3]quando brillava la sua
lucerna sopra il mio capo e alla sua luce camminavo in mezzo alle
tenebre; [4]com'ero ai giorni del mio autunno, quando Dio proteggeva la
mia tenda, [5]quando l'Onnipotente era ancora con me e i giovani mi
stavano attorno; [6]quando mi lavavo in piedi nel latte e la roccia mi
versava ruscelli d'olio! [7]Quando uscivo verso la porta della città e
sulla piazza ponevo il mio seggio: [8]vedendomi, i giovani si ritiravano e
i vecchi si alzavano in piedi; [9]i notabili sospendevano i discorsi e si
mettevan la mano sulla bocca; [10]la voce dei capi si smorzava e la loro
lingua restava fissa al palato; [11]con gli orecchi ascoltavano e mi dicevano
felice, con gli occhi vedevano e mi rendevano testimonianza, [12]perché
soccorrevo il povero che chiedeva aiuto, l'orfano che ne era privo. [13]La
benedizione del morente scendeva su di me e al cuore della vedova infondevo
la gioia. [14]Mi ero rivestito di giustizia come di un vestimento; come
mantello e turbante era la mia equità. [15]Io ero gli occhi per il
cieco, ero i piedi per lo zoppo. [16]Padre io ero per i poveri ed
esaminavo la causa dello sconosciuto; [17]rompevo la mascella al
perverso e dai suoi denti strappavo la preda. [18]Pensavo: «Spirerò nel
mio nido e moltiplicherò come sabbia i miei giorni». [19]La mia radice
avrà adito alle acque e la rugiada cadrà di notte sul mio ramo. [20]La mia
gloria sarà sempre nuova e il mio arco si rinforzerà nella mia
mano. [21]Mi ascoltavano in attesa fiduciosa e tacevano per udire il mio
consiglio. [22]Dopo le mie parole non replicavano e su di loro scendevano
goccia a goccia i miei detti. [23]Mi attendevano come si attende la
pioggia e aprivano la bocca come ad acqua primaverile. [24]Se a loro
sorridevo, non osavano crederlo, né turbavano la serenità del mio
volto. [25]Indicavo loro la via da seguire e sedevo come capo, e vi
rimanevo come un re fra i soldati o come un consolatore d'afflitti. Giobbe
- Capitolo 30 B. Angoscia presente [1]Ora invece si ridono di me i più
giovani di me in età, i cui padri non avrei degnato di mettere tra i cani
del mio gregge. [2]Anche la forza delle loro mani a che mi giova? Hanno
perduto ogni vigore; [3]disfatti dalla indigenza e dalla fame, brucano per
l'arido deserto, [4]da lungo tempo regione desolata, raccogliendo l'erba
salsa accanto ai cespugli e radici di ginestra per loro cibo. [5]Cacciati
via dal consorzio umano, a loro si grida dietro come al ladro; [6]sì che
dimorano in valli orrende, nelle caverne della terra e nelle rupi. [7]In
mezzo alle macchie urlano e sotto i roveti si adunano; [8]razza ignobile,
anzi razza senza nome, sono calpestati più della terra. [9]Ora io sono la
loro canzone, sono diventato la loro favola! [10]Hanno orrore di me e mi
schivano e non si astengono dallo sputarmi in faccia! [11]Poiché egli ha
allentato il mio arco e mi ha abbattuto, essi han rigettato davanti a me
ogni freno. [12]A destra insorge la ragazzaglia; smuovono i miei
passi e appianano la strada contro di me per perdermi. [13]Hanno demolito
il mio sentiero, cospirando per la mia disfatta e nessuno si oppone a
loro. [14]Avanzano come attraverso una larga breccia, sbucano in mezzo
alle macerie. [15]I terrori si sono volti contro di me; si è dileguata,
come vento, la mia grandezza e come nube è passata la mia
felicità. [16]Ora mi consumo e mi colgono giorni d'afflizione. [17]Di
notte mi sento trafiggere le ossa e i dolori che mi rodono non mi danno
riposo. [18]A gran forza egli mi afferra per la veste, mi stringe per
l'accollatura della mia tunica. [19]Mi ha gettato nel fango: son diventato
polvere e cenere. [20]Io grido a te, ma tu non mi rispondi, insisto, ma tu
non mi dai retta. [21]Tu sei un duro avversario verso di me e con la forza
delle tue mani mi perseguiti; [22]mi sollevi e mi poni a cavallo del
vento e mi fai sballottare dalla bufera. [23]So bene che mi conduci alla
morte, alla casa dove si riunisce ogni vivente. [24]Ma qui nessuno tende
la mano alla preghiera, né per la sua sventura invoca aiuto. [25]Non ho
pianto io forse con chi aveva i giorni duri e non mi sono afflitto per
l'indigente? [26]Eppure aspettavo il bene ed è venuto il male, aspettavo
la luce ed è venuto il buio. [27]Le mie viscere ribollono senza posa e
giorni d'affanno mi assalgono. [28]Avanzo con il volto scuro, senza
conforto, nell'assemblea mi alzo per invocare aiuto. [29]Sono divenuto
fratello degli sciacalli e compagno degli struzzi. [30]La mia pelle si è
annerita, mi si stacca e le mie ossa bruciano dall'arsura. [31]La mia
cetra serve per lamenti e il mio flauto per la voce di chi piange. Giobbe
- Capitolo 31 Apologia di Giobbe [1]Avevo stretto con gli occhi un
patto di non fissare neppure una vergine. [2]Che parte mi assegna Dio di
lassù e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto? [3]Non è forse la
rovina riservata all'iniquo e la sventura per chi compie il male? [4]Non
vede egli la mia condotta e non conta tutti i miei passi? [5]Se ho agito
con falsità e il mio piede si è affrettato verso la frode, [6]mi pesi pure
sulla bilancia della giustizia e Dio riconoscerà la mia integrità. [7]Se
il mio passo è andato fuori strada e il mio cuore ha seguito i miei
occhi, se alla mia mano si è attaccata sozzura, [8]io semini e un altro ne
mangi il frutto e siano sradicati i miei germogli. [9]Se il mio cuore fu
sedotto da una donna e ho spiato alla porta del mio prossimo, [10]mia
moglie macini per un altro e altri ne abusino; [11]difatti quello è uno
scandalo, un delitto da deferire ai giudici, [12]quello è un fuoco che
divora fino alla distruzione e avrebbe consumato tutto il mio
raccolto. [13]Se ho negato i diritti del mio schiavo e della schiava in
lite con me, [14]che farei, quando Dio si alzerà, e, quando farà
l'inchiesta, che risponderei? [15]Chi ha fatto me nel seno materno, non ha
fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel seno? [16]Mai ho
rifiutato quanto brama il povero, né ho lasciato languire gli occhi della
vedova; [17]mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane, senza che ne
mangiasse l'orfano, [18]poiché Dio, come un padre, mi ha allevato
fin dall'infanzia e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato. [19]Se
mai ho visto un misero privo di vesti o un povero che non aveva di che
coprirsi, [20]se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi, o con la lana
dei miei agnelli non si è riscaldato; [21]se contro un innocente ho alzato la
mano, perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava, [22]mi si stacchi la
spalla dalla nuca e si rompa al gomito il mio braccio, [23]perché mi
incute timore la mano di Dio e davanti alla sua maestà non posso
resistere. [24]Se ho riposto la mia speranza nell'oro e all'oro fino ho
detto: «Tu sei la mia fiducia»; [25]se godevo perché grandi erano i miei
beni e guadagnava molto la mia mano; [26]se vedendo il sole
risplendere e la luna chiara avanzare, [27]si è lasciato sedurre in
segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un
bacio, [28]anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale, perché
avrei rinnegato Dio che sta in alto. [29]Ho gioito forse della disgrazia del
mio nemico e ho esultato perché lo colpiva la sventura, [30]io che non ho
permesso alla mia lingua di peccare, augurando la sua morte con
imprecazioni? [31]Non diceva forse la gente della mia tenda: «A chi non ha
dato delle sue carni per saziarsi?». [32]All'aperto non passava la notte lo
straniero e al viandante aprivo le mie porte. [33]Non ho nascosto, alla
maniera degli uomini, la mia colpa, tenendo celato il mio delitto in
petto, [34]come se temessi molto la folla, e il disprezzo delle tribù mi
spaventasse, sì da starmene zitto senza uscire di casa. [38]Se contro di
me grida la mia terra e i suoi solchi piangono con essa; [39]se ho
mangiato il suo frutto senza pagare e ho fatto sospirare dalla fame i suoi
coltivatori, [40]in luogo di frumento, getti spine, ed erbaccia al posto
dell'orzo. [35]Oh, avessi uno che mi ascoltasse! Ecco qui la mia firma!
L'Onnipotente mi risponda! Il documento scritto dal mio
avversario [36]vorrei certo portarlo sulle mie spalle e cingerlo come mio
diadema! [37]Il numero dei miei passi gli manifesterei e mi presenterei a
lui come sovrano. Giobbe - Capitolo 32 III. I DISCORSI DI
ELIU Intervento di Eliu (31,40b) Quando Giobbe ebbe finito di parlare,
[1]quei tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perchè egli si riteneva
giusto. [2]Allora si accese lo sdegno di Eliu, figlio di Barachele il Buzita,
della tribù di Ram. Si accese di sdegno contro Giobbe, perché pretendeva
d'aver ragione di fronte a Dio; [3]si accese di sdegno anche contro i suoi
tre amici, perché non avevano trovato di che rispondere, sebbene avessero
dichiarato Giobbe colpevole. [4]Però Eliu aveva aspettato, mentre essi
parlavano con Giobbe, perché erano più vecchi di lui in età. [5]Quando dunque
vide che sulla bocca di questi tre uomini non vi era più alcuna risposta,
Eliu si accese di sdegno. [6]Presa dunque la parola, Eliu, figlio di
Barachele il Buzita, disse: Esordio Giovane io sono di anni e voi siete
gia canuti; per questo ho esitato per rispetto a manifestare a voi il mio
sapere. [7]Pensavo: Parlerà l'età e i canuti insegneranno la
sapienza. [8]Ma certo essa è un soffio nell'uomo; l'ispirazione
dell'Onnipotente lo fa intelligente. [9]Non sono i molti anni a dar la
sapienza, né sempre i vecchi distinguono ciò che è giusto. [10]Per questo
io oso dire: Ascoltatemi; anch'io esporrò il mio sapere. [11]Ecco, ho
atteso le vostre parole, ho teso l'orecchio ai vostri argomenti. Finché
andavate in cerca di argomenti [12]su di voi fissai l'attenzione. Ma ecco,
nessuno ha potuto convincere Giobbe, nessuno tra di voi risponde ai suoi
detti. [13]Non dite: Noi abbiamo trovato la sapienza, ma lo confuti Dio,
non l'uomo! [14]Egli non mi ha rivolto parole, e io non gli risponderò con
le vostre parole. [15]Sono vinti, non rispondono più, mancano loro le
parole. [16]Ho atteso, ma poiché non parlano più, poiché stanno lì senza
risposta, [17]voglio anch'io dire la mia parte, anch'io esporrò il mio
parere; [18]mi sento infatti pieno di parole, mi preme lo spirito che è
dentro di me. [19]Ecco, dentro di me c'è come vino senza sfogo, come vino
che squarcia gli otri nuovi. [20]Parlerò e mi sfogherò, aprirò le labbra e
risponderò. [21]Non guarderò in faccia ad alcuno, non adulerò
nessuno, [22]perché io non so adulare: altrimenti il mio creatore in breve
mi eliminerebbe. Giobbe - Capitolo 33 La presunzione di
Giobbe [1]Ascolta dunque, Giobbe, i miei discorsi, ad ogni mia parola
porgi l'orecchio. [2]Ecco, io apro la bocca, parla la mia lingua entro il
mio palato. [3]Il mio cuore dirà sagge parole e le mie labbra parleranno
chiaramente. [4]Lo spirito di Dio mi ha creato e il soffio
dell'Onnipotente mi dà vita. [5]Se puoi, rispondimi, prepàrati davanti a
me, stà pronto. [6]Ecco, io sono come te di fronte a Dio e anch'io sono
stato tratto dal fango: [7]ecco, nulla hai da temere da me, né graverò su
di te la mano. [8]Non hai fatto che dire ai miei orecchi e ho ben udito il
suono dei tuoi detti: [9]«Puro son io, senza peccato, io sono mondo, non
ho colpa; [10]ma egli contro di me trova pretesti e mi stima suo
nemico; [11]pone in ceppi i miei piedi e spia tutti i miei
passi!». [12]Ecco, in questo ti rispondo: non hai ragione. Dio è infatti
più grande dell'uomo. [13]Perché ti lamenti di lui, se non risponde ad
ogni tua parola? [14]Dio parla in un modo o in un altro, ma non si fa
attenzione. [15]Parla nel sogno, visione notturna, quando cade il sopore
sugli uomini e si addormentano sul loro giaciglio; [16]apre allora
l'orecchio degli uomini e con apparizioni li spaventa, [17]per distogliere
l'uomo dal male e tenerlo lontano dall'orgoglio, [18]per preservarne
l'anima dalla fossa e la sua vita dalla morte violenta. [19]Lo corregge
con il dolore nel suo letto e con la tortura continua delle
ossa; [20]quando il suo senso ha nausea del pane, il suo appetito del cibo
squisito; [21]quando la sua carne si consuma a vista d'occhio e le ossa,
che non si vedevano prima, spuntano fuori, [22]quando egli si avvicina alla
fossa e la sua vita alla dimora dei morti. [23]Ma se vi è un angelo presso
di lui, un protettore solo fra mille, per mostrare all'uomo il suo
dovere, [24]abbia pietà di lui e dica: «Scampalo dallo scender nella
fossa, ho trovato il riscatto», [25]allora la sua carne sarà più fresca
che in gioventù, tornerà ai giorni della sua adolescenza: [26]supplicherà
Dio e questi gli userà benevolenza, gli mostrerà il suo volto in
giubilo, e renderà all'uomo la sua giustizia. [27]Egli si rivolgerà agli
uomini e dirà: «Avevo peccato e violato la giustizia, ma egli non mi ha
punito per quel che meritavo; [28]mi ha scampato dalla fossa e la mia vita
rivede la luce». [29]Ecco, tutto questo fa Dio, due volte, tre volte con
l'uomo, [30]per sottrarre l'anima sua dalla fossa e illuminarla con la
luce dei viventi. [31]Attendi, Giobbe, ascoltami, taci e io
parlerò: [32]ma se hai qualcosa da dire, rispondimi, parla, perché vorrei
darti ragione; [33]se no, tu ascoltami e io ti insegnerò la
sapienza. Giobbe - Capitolo 34 Scacco dei tre saggi nel discolpare
Dio [1]Eliu continuò a dire: [2]Ascoltate, saggi, le mie parole e voi,
sapienti, porgetemi l'orecchio, [3]Perché l'orecchio distingue le
parole, come il palato assapora i cibi. [4]Esploriamo noi ciò che è
giusto, indaghiamo fra di noi quale sia il bene: [5]poiché Giobbe ha
detto: «Io son giusto, ma Dio mi ha tolto il mio diritto; [6]contro il mio
diritto passo per menzognero, inguaribile è la mia piaga benché senza
colpa». [7]Chi è come Giobbe che beve, come l'acqua, l'insulto, [8]che
fa la strada in compagnia dei malfattori, andando con uomini
iniqui? [9]Poiché egli ha detto: «Non giova all'uomo essere in buona
grazia con Dio». [10]Perciò ascoltatemi, uomini di senno: lungi da Dio
l'iniquità e dall'Onnipotente l'ingiustizia! [11]Poiché egli ripaga l'uomo
secondo il suo operato e fa trovare ad ognuno secondo la sua
condotta. [12]In verità, Dio non agisce da ingiusto e l'Onnipotente non
sovverte il diritto! [13]Chi mai gli ha affidato la terra e chi ha
disposto il mondo intero? [14]Se egli richiamasse il suo spirito a sè e a
sé ritraesse il suo soffio, [15]ogni carne morirebbe all'istante e l'uomo
ritornerebbe in polvere. [16]Se hai intelletto, ascolta bene questo, porgi
l'orecchio al suono delle mie parole. [17]Può mai governare chi odia il
diritto? E tu osi condannare il Gran Giusto? [18]lui che dice ad un re:
«Iniquo!» e ai principi: «Malvagi!», [19]lui che non usa parzialità con i
potenti e non preferisce al povero il ricco, perché tutti costoro sono
opera delle sue mani? [20]In un istante muoiono e nel cuore della
notte sono colpiti i potenti e periscono; e senza sforzo rimuove i
tiranni, [21]poiché egli tiene gli occhi sulla condotta dell'uomo e
vede tutti i suoi passi. [22]Non vi è tenebra, non densa oscurità, dove
possano nascondersi i malfattori. [23]Poiché non si pone all'uomo un
termine per comparire davanti a Dio in giudizio: [24]egli fiacca i
potenti, senza fare inchieste, e colloca altri al loro posto. [25]Poiché
conosce le loro opere, li travolge nella notte e sono
schiacciati; [26]come malvagi li percuote, li colpisce alla vista di
tutti; [27]perché si sono allontanati da lui e di tutte le sue vie non si
sono curati, [28]sì da far giungere fino a lui il grido dell'oppresso e
fargli udire il lamento dei poveri. [29]Se egli tace, chi lo può
condannare? Se vela la faccia, chi lo può vedere? Ma sulle nazioni e sugli
individui egli veglia, [30]perché non regni un uomo perverso, perché il
popolo non abbia inciampi. [31]Si può dunque dire a Dio: «Porto la pena,
senza aver fatto il male; [32]se ho peccato, mostramelo; se ho commesso
l'iniquità, non lo farò più»? [33]Forse, secondo le tue idee dovrebbe
ricompensare, perché tu rifiuti il suo giudizio? Poiché tu devi scegliere,
non io, dì, dunque, quello che sai. [34]Gli uomini di senno mi
diranno con l'uomo saggio che mi ascolta: [35]«Giobbe non parla con
sapienza e le sue parole sono prive di senno». [36]Bene, Giobbe sia
esaminato fino in fondo, per le sue risposte da uomo empio, [37]perché
aggiunge al suo peccato la rivolta, in mezzo a noi batte le mani e
moltiplica le parole contro Dio. Giobbe - Capitolo 35 Dio non è
indifferente ai casi umani [1]Eliu riprese a dire: [2]Ti pare di aver
pensato cosa giusta, quando dicesti: «Ho ragione davanti a Dio»? [3]O
quando hai detto: «Che te ne importa? Che utilità ne ho dal mio
peccato»? [4]Risponderò a te con discorsi e ai tuoi amici insieme con
te. [5]Contempla il cielo e osserva, considera le nubi: sono più alte di
te. [6]Se pecchi, che gli fai? Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno
gli arrechi? [7]Se tu sei giusto, che cosa gli dai o che cosa riceve dalla
tua mano? [8]Su un uomo come te ricade la tua malizia, su un figlio d'uomo
la tua giustizia! [9]Si grida per la gravità dell'oppressione, si invoca
aiuto sotto il braccio dei potenti, [10]ma non si dice: «Dov'è quel Dio che
mi ha creato, che concede nella notte canti di gioia; [11]che ci rende
più istruiti delle bestie selvatiche, che ci fa più saggi degli uccelli
del cielo?». [12]Si grida, allora, ma egli non risponde di fronte alla
superbia dei malvagi. [13]Certo è falso dire: «Dio non ascolta e
l'Onnipotente non presta attenzione»; [14]più ancora quando tu dici che non
lo vedi, che la tua causa sta innanzi a lui e tu in lui speri; [15]così
pure quando dici che la sua ira non punisce né si cura molto
dell'iniquità. [16]Giobbe dunque apre invano la sua bocca e senza
cognizione moltiplica le chiacchiere. Giobbe - Capitolo 36 Il vero senso
delle sofferenze di Giobbe [1]Eliu continuò a dire: [2]Abbi un pò di
pazienza e io te lo dimostrerò, perché in difesa di Dio c'è altro da
dire. [3]Prenderò da lontano il mio sapere e renderò giustizia al mio
creatore, [4]poiché non è certo menzogna il mio parlare: un uomo di
perfetta scienza è qui con te. [5]Ecco, Dio è grande e non si
ritratta, egli è grande per fermezza di cuore. [6]Non lascia vivere
l'iniquo e rende giustizia ai miseri. [7]Non toglie gli occhi dai
giusti, li fa sedere sul trono con i re e li esalta per sempre. [8]Se
talvolta essi sono avvinti in catene, se sono stretti dai lacci
dell'afflizione, [9]fa loro conoscere le opere loro e i loro falli, perché
superbi; [10]apre loro gli orecchi per la correzione e ordina che si
allontanino dalla iniquità. [11]Se ascoltano e si
sottomettono, chiuderanno i loro giorni nel benessere e i loro anni nelle
delizie. [12]Ma se non vorranno ascoltare, di morte violenta
periranno, spireranno senza neppure saperlo. [13]I perversi di cuore
accumulano l'ira; non invocano aiuto, quando Dio li avvince in
catene: [14]si spegne in gioventù la loro anima, e la loro vita all'età
dei dissoluti. [15]Ma egli libera il povero con l'afflizione, gli apre
l'udito con la sventura. [16]Anche te intende sottrarre dal
morso dell'angustia: avrai in cambio un luogo ampio, non ristretto e la
tua tavola sarà colma di vivande grasse. [17]Ma se colmi la misura con
giudizi da empio, giudizio e condanna ti seguiranno. [18]La collera non ti
trasporti alla bestemmia, l'abbondanza dell'espiazione non ti faccia
fuorviare. [19]Può forse farti uscire dall'angustia il tuo grido, con
tutti i tentativi di forza? [20]Non sospirare quella notte, in cui i
popoli vanno al loro luogo. [21]Bada di non volgerti all'iniquità, poiché
per questo sei stato provato dalla miseria. Inno alla sapienza
onnipotente [22]Ecco, Dio è sublime nella sua potenza; chi come lui è
temibile? [23]Chi mai gli ha imposto il suo modo d'agire o chi mai ha
potuto dirgli: «Hai agito male?». [24]Ricordati che devi esaltare la sua
opera, che altri uomini hanno cantato. [25]Ogni uomo la contempla, il
mortale la mira da lontano. [26]Ecco, Dio è così grande, che non
lo comprendiamo: il numero dei suoi anni è incalcolabile. [27]Egli
attrae in alto le gocce dell'acqua e scioglie in pioggia i suoi
vapori, [28]che le nubi riversano e grondano sull'uomo in grande
quantità. [31]In tal modo sostenta i popoli e offre alimento in
abbondanza. [29]Chi inoltre può comprendere la distesa delle nubi, i
fragori della sua dimora? [30]Ecco, espande sopra di esso il suo vapore e
copre le profondità del mare. [32]Arma le mani di folgori e le scaglia
contro il bersaglio. [33]Lo annunzia il suo fragore, riserva d'ira contro
l'iniquità. Giobbe - Capitolo 37 [1]Per questo mi batte forte il
cuore e mi balza fuori dal petto. [2]Udite, udite, il rumore della sua
voce, il fragore che esce dalla sua bocca. [3]Il lampo si diffonde sotto
tutto il cielo e il suo bagliore giunge ai lembi della terra; [4]dietro di
esso brontola il tuono, mugghia con il suo fragore maestoso e nulla
arresta i fulmini, da quando si è udita la sua voce; [5]mirabilmente tuona
Dio con la sua voce opera meraviglie che non comprendiamo! [6]Egli infatti
dice alla neve: «Cadi sulla terra» e alle piogge dirotte: «Siate
violente». [7]Rinchiude ogni uomo in casa sotto sigillo, perché tutti
riconoscano la sua opera. [8]Le fiere si ritirano nei loro ripari e nelle
loro tane si accovacciano. [9]Dal mezzogiorno avanza l'uragano e il freddo
dal settentrione. [10]Al soffio di Dio si forma il ghiaccio e la distesa
dell'acqua si congela. [11]Carica di umidità le nuvole e le nubi ne
diffondono le folgori. [12]Egli le fa vagare dappertutto secondo i suoi
ordini, perché eseguiscano quanto comanda loro sul mondo intero. [13]Le
manda o per castigo della terra o in segno di bontà. [14]Porgi l'orecchio
a questo, Giobbe, soffèrmati e considera le meraviglie di Dio. [15]Sai tu
come Dio le diriga e come la sua nube produca il lampo? [16]Conosci tu
come la nube si libri in aria, i prodigi di colui che tutto sa? [17]Come
le tue vesti siano calde quando non soffia l'austro e la terra
riposa? [18]Hai tu forse disteso con lui il firmamento, solido come
specchio di metallo fuso? [19]Insegnaci che cosa dobbiamo dirgli. Noi non
parleremo per l'oscurità. [20]Gli si può forse ordinare: «Parlerò io?». O
un uomo può dire che è sopraffatto? [21]Ora diventa invisibile la
luce, oscurata in mezzo alle nubi: ma tira il vento e le spazza
via. [22]Dal nord giunge un aureo chiarore, intorno a Dio è tremenda
maestà. [23]L}Onnipotente noi non lo possiamo raggiungere, sublime in
potenza e rettitudine e grande per giustizia: egli non ha da
rispondere. [24]Perciò gli uomini lo temono: a lui la venerazione di tutti
i saggi di mente. Giobbe - Capitolo 38 IV. I DISCORSI DI IAHVE PRIMO
DISCORSO La sapienza creatrice confonde Giobbe [1]Il Signore rispose a
Giobbe di mezzo al turbine: [2]Chi è costui che oscura il consiglio con
parole insipienti? [3]Cingiti i fianchi come un prode, io t'interrogherò e
tu mi istruirai. [4]Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della
terra? Dillo, se hai tanta intelligenza! [5]Chi ha fissato le sue
dimensioni, se lo sai, o chi ha teso su di essa la misura? [6]Dove sono
fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare, [7]mentre
gioivano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di
Dio? [8]Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando erompeva uscendo dal
seno materno, [9]quando lo circondavo di nubi per veste e per fasce di
caligine folta? [10]Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo
chiavistello e porte [11]e ho detto: «Fin qui giungerai e non oltre e qui
s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde». [12]Da quando vivi, hai mai
comandato al mattino e assegnato il posto all'aurora, [13]perché essa
afferri i lembi della terra e ne scuota i malvagi? [14]Si trasforma come
creta da sigillo e si colora come un vestito. [15]E' sottratta ai malvagi
la loro luce ed è spezzato il braccio che si alza a colpire. [16]Sei mai
giunto alle sorgenti del mare e nel fondo dell'abisso hai tu
passeggiato? [17]Ti sono state indicate le porte della morte e hai visto
le porte dell'ombra funerea? [18]Hai tu considerato le distese della
terra? Dillo, se sai tutto questo! [19]Per quale via si va dove abita la
luce e dove hanno dimora le tenebre [20]perché tu le conduca al loro
dominio o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa? [21]Certo, tu lo
sai, perché allora eri nato e il numero dei tuoi giorni è assai
grande! [22]Sei mai giunto ai serbatoi della neve, hai mai visto i
serbatoi della grandine, [23]che io riserbo per il tempo della
sciagura, per il giorno della guerra e della battaglia? [24]Per quali vie
si espande la luce, si diffonde il vento d'oriente sulla terra? [25]Chi ha
scavato canali agli acquazzoni e una strada alla nube tonante, [26]per far
piovere sopra una terra senza uomini, su un deserto dove non c'è
nessuno, [27]per dissetare regioni desolate e squallide e far germogliare
erbe nella steppa? [28]Ha forse un padre la pioggia? O chi mette al mondo
le gocce della rugiada? [29]Dal seno di chi è uscito il ghiaccio e la
brina del cielo chi l'ha generata? [30]Come pietra le acque induriscono e
la faccia dell'abisso si raggela. [31]Puoi tu annodare i legami delle
Plèiadi o sciogliere i vincoli di Orione? [32]Fai tu spuntare a suo tempo
la stella del mattino o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi
figli? [33]Conosci tu le leggi del cielo o ne applichi le norme sulla
terra? [34]Puoi tu alzare la voce fino alle nubi e farti coprire da un
rovescio di acqua? [35]Scagli tu i fulmini e partono dicendoti:
«Eccoci!»? [36]Chi ha elargito all'ibis la sapienza o chi ha dato al gallo
intelligenza? [37]Chi può con sapienza calcolare le nubi e chi riversa gli
otri del cielo, [38]quando si fonde la polvere in una massa e le zolle si
attaccano insieme? [39]Vai tu a caccia di preda per la leonessa e sazi la
fame dei leoncini, [40]quando sono accovacciati nelle tane o stanno in
agguato fra le macchie? [41]Chi prepara al corvo il suo pasto, quando i
suoi nati gridano verso Dio e vagano qua e là per mancanza di cibo? Giobbe
- Capitolo 39 [1]Sai tu quando figliano le camozze e assisti al parto
delle cerve? [2]Conti tu i mesi della loro gravidanza e sai tu quando
devono figliare? [3]Si curvano e depongono i figli, metton fine alle loro
doglie. [4]Robusti sono i loro figli, crescono in campagna, partono e non
tornano più da esse. [5]Chi lascia libero l'asino selvatico e chi scioglie
i legami dell'ònagro, [6]al quale ho dato la steppa per casa e per dimora
la terra salmastra? [7]Del fracasso della città se ne ride e gli urli dei
guardiani non ode. [8]Gira per le montagne, sua pastura, e va in cerca di
quanto è verde. [9]Il bufalo si lascerà piegare a servirti o a passar la
notte presso la tua greppia? [10]Potrai legarlo con la corda per fare il
solco o fargli erpicare le valli dietro a te? [11]Ti fiderai di lui,
perché la sua forza è grande e a lui affiderai le tue
fatiche? [12]Conterai su di lui, che torni e raduni la tua messe sulla tua
aia? [13]L'ala dello struzzo batte festante, ma è forse penna e piuma di
cicogna? [14]Abbandona infatti alla terra le uova e sulla polvere le
lascia riscaldare. [15]Dimentica che un piede può schiacciarle, una bestia
selvatica calpestarle. [16]Tratta duramente i figli, come se non
fossero suoi, della sua inutile fatica non si affanna, [17]perché Dio
gli ha negato la saggezza e non gli ha dato in sorte discernimento. [18]Ma
quando giunge il saettatore, fugge agitando le ali: si beffa del cavallo e
del suo cavaliere. [19]Puoi tu dare la forza al cavallo e vestire di
fremiti il suo collo? [20]Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo? Il suo alto
nitrito incute spavento. [21]Scalpita nella valle giulivo e con impeto va
incontro alle armi. [22]Sprezza la paura, non teme, né retrocede davanti
alla spada. [23]Su di lui risuona la faretra, il luccicar della lancia e
del dardo. [24]Strepitando, fremendo, divora lo spazio e al suono della
tromba più non si tiene. [25]Al primo squillo grida: «Aah!...» e da
lontano fiuta la battaglia, gli urli dei capi, il fragor della
mischia. [26]Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero e spiega
le ali verso il sud? [27]O al tuo comando l'aquila s'innalza e pone il suo
nido sulle alture? [28]Abita le rocce e passa la notte sui denti di rupe o
sui picchi. [29]Di lassù spia la preda, lontano scrutano i suoi
occhi. [30]I suoi aquilotti succhiano il sangue e dove sono cadaveri, là
essa si trova. Giobbe - Capitolo 40 [1]Il Signore riprese e disse a
Giobbe: [2]Il censore vorrà ancora contendere con
l'Onnipotente? L'accusatore di Dio risponda! [3]Giobbe rivolto al Signore
disse: [4]Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere? Mi metto la
mano sulla bocca. [5]Ho parlato una volta, ma non replicherò. ho parlato
due volte, ma non continuerò. SECONDO DISCORSO Dio controlla le forze del
male [6]Allora il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine e
disse: [7]Cingiti i fianchi come un prode: io t'interrogherò e tu mi
istruirai. [8]Oseresti proprio cancellare il mio guidizio e farmi torto
per avere tu ragione? [9]Hai tu un braccio come quello di Dio e puoi
tuonare con voce pari alla sua? [10]Ornati pure di maestà e di
sublimità, rivestiti di splendore e di gloria; [11]diffondi i furori della
tua collera, mira ogni superbo e abbattilo, [12]mira ogni superbo e
umilialo, schiaccia i malvagi ovunque si trovino; [13]nascondili nella
polvere tutti insieme, rinchiudili nella polvere tutti
insieme, [14]anch'io ti loderò, perché hai trionfato con la destra. Le
bestie [15]Ecco, l'ippopotamo, che io ho creato al pari di te, mangia
l'erba come il bue. [16]Guarda, la sua forza è nei fianchi e il suo vigore
nel ventre. [17]Rizza la coda come un cedro, i nervi delle sue cosce
s'intrecciano saldi, [18]le sue vertebre, tubi di bronzo, le sue ossa come
spranghe di ferro. [19]Esso è la prima delle opere di Dio; il suo creatore
lo ha fornito di difesa. [20]I monti gli offrono i loro prodotti e là
tutte le bestie della campagna si trastullano. [21]Sotto le piante di loto si
sdraia, nel folto del canneto della palude. [22]Lo ricoprono d'ombra i
loti selvatici, lo circondano i salici del torrente. [23]Ecco, si gonfi
pure il fiume: egli non trema, è calmo, anche se il Giordano gli salisse fino
alla bocca. [24]Chi potrà afferarlo per gli occhi, prenderlo con lacci e
forargli le narici? Leviatan [25]Puoi tu pescare il Leviatan con
l'amo e tener ferma la sua lingua con una corda, [26]ficcargli un giunco
nelle narici e forargli la mascella con un uncino? [27]Ti farà forse molte
suppliche e ti rivolgerà dolci parole? [28]Stipulerà forse con te
un'alleanza, perché tu lo prenda come servo per sempre? [29]Scherzerai con
lui come un passero, legandolo per le tue fanciulle? [30]Lo metteranno in
vendita le compagnie di pesca, se lo divideranno i
commercianti? [31]Crivellerai di dardi la sua pelle e con la fiocina la
sua testa? [32]Metti su di lui la mano: al ricordo della lotta, non
rimproverai! Giobbe - Capitolo 41 [1]Ecco, la tua speranza è
fallita, al solo vederlo uno stramazza. [2]Nessuno è tanto audace da osare
eccitarlo e chi mai potrà star saldo di fronte a lui? [3]Chi mai lo ha
assalito e si è salvato? Nessuno sotto tutto il cielo. [4]Non tacerò la
forza delle sue membra: in fatto di forza non ha pari. [5]Chi gli ha mai
aperto sul davanti il manto di pelle e nella sua doppia corazza chi può
penetrare? [6]Le porte della sua bocca chi mai ha aperto? Intorno ai suoi
denti è il terrore! [7]Il suo dorso è a lamine di scudi, saldate con
stretto suggello; [8]l'una con l'altra si toccano, sì che aria fra di esse
non passa: [9]ognuna aderisce alla vicina, sono compatte e non possono
separarsi. [10]Il suo starnuto irradia luce e i suoi occhi sono come le
palpebre dell'aurora. [11]Dalla sua bocca partono vampate, sprizzano
scintille di fuoco. [12]Dalle sue narici esce fumo come da caldaia, che
bolle sul fuoco. [13]Il suo fiato incendia carboni e dalla bocca gli
escono fiamme. [14]Nel suo collo risiede la forza e innanzi a lui corre la
paura. [15]Le giogaie della sua carne son ben compatte, sono ben salde su
di lui, non si muovono. [16]Il suo cuore è duro come pietra, duro come la
pietra inferiore della macina. [17]Quando si alza, si spaventano i forti e
per il terrore restano smarriti. [18]La spada che lo raggiunge non vi si
infigge, né lancia, né freccia né giavellotto; [19]stima il ferro come
paglia, il bronzo come legno tarlato. [20]Non lo mette in fuga la
freccia, in pula si cambian per lui le pietre della fionda. [21]Come
stoppia stima una mazza e si fa beffe del vibrare dell'asta. [22]Al
disotto ha cocci acuti e striscia come erpice sul molle terreno. [23]Fa
ribollire come pentola il gorgo, fa del mare come un vaso da
unguenti. [24]Dietro a sé produce una bianca scia e l'abisso appare
canuto. [25]Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver
paura. [26]Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le fiere
più superbe. Giobbe - Capitolo 42 Ultima risposta di Giobbe [1]Allora
Giobbe rispose al Signore e disse: [2]Comprendo che puoi tutto e che
nessuna cosa è impossibile per te. [3]Chi è colui che, senza aver
scienza, può oscurare il tuo consiglio? Ho esposto dunque senza
discernimento cose troppo superiori a me, che io non
comprendo. [4]«Ascoltami e io parlerò, io t'interrogherò e tu
istruiscimi». [5]Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti
vedono. [6]Perciò mi ricredo e ne provo pentimento sopra polvere e
cenere. V. EPILOGO Iahve biasima i tre saggi [7]Dopo che il Signore
aveva rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz il Temanita: «La mia ira
si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di
me cose rette come il mio servo Giobbe. [8]Prendete dunque sette vitelli e
sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi;
il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinchè io, per riguardo a lui, non
punisca la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il
mio servo Giobbe». [9]Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il
Naamatita andarono e fecero come loro aveva detto il Signore e il Signore
ebbe riguardo di Giobbe. Dio reintegra la fortuna di Giobbe [10]Dio
ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli pregato per i suoi amici;
accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva posseduto. [11]Tutti i suoi
fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e
mangiarono pane in casa sua e lo commiserarono e lo consolarono di tutto il
male che il Signore aveva mandato su di lui e gli regalarono ognuno una
piastra e un anello d'oro. [12]Il Signore benedisse la nuova condizione di
Giobbe più della prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila
cammelli, mille paia di buoi e mille asine. [13]Ebbe anche sette figli e tre
figlie. [14]A una mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala
di stibio. [15]In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le
figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell'eredità insieme con i
loro fratelli. [16]Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e
vide figli e nipoti di quattro generazioni. [17]Poi Giobbe morì, vecchio e
sazio di giorni.
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