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STORIA ANTICA
GRECIA
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STORIA
DELL'ANTICA GRECIA |
Da qualunque visuale si esamini il bacino del Mediterraneo, esso appare
come il ricettacolo naturale di una civiltà che gli è debitrice dei
suoi caratteri; da qualunque visuale si esamini il bacino dell’Egeo,
ci accorgiamo che esso accentua con singolare vigoria ciascuna
delle caratteristiche che distinguono il Mediterraneo nel suo
complesso: caratteristiche le quali fanno dell’Egeo la culla della civiltà.
Quel che stupisce altrove, nei grandi paesi dell’Oriente, è l’enorme
nell’uniforme: nella produzione, nella potenza, nella bellezza stessa, in
tutto impera la quantità. Nell’Egeide, il continuo variare della natura
non lascia possibilità in nessun luogo a grandi agglomeramenti né di piante,
né di animali, né di uomini. In ogni campo, nella politica come nell’arte, è
impossibile aggiungere indefinitamente il medesimo al medesimo. Qui trionfano
l’ autonomia e l’individualismo, e i doni naturali si sviluppano
liberamente, senza altro ostacolo che la necessità di un’organizzazione
armoniosa. Tuttavia, nella cerchia ristretta di una città o di un’isola, una
simile civiltà corre il rischio d’esaurire ben presto la sua linfa e di
morire anzi tempo. Ma c’è il mare, il grande benefattore. Attraverso di esso,
gli Egei vanno a cercare la ricchezza e a prender conoscenza dei costumi
d’altri popoli. Grazie al mare, possono stabilirsi in terre lontane,
ingrandendo il loro paese con innumerevoli colonie e, dando alla propria
civiltà una sempre nuova giovinezza, portarla sino ai confini del mondo
conosciuto. In complesso, il "miracolo greco", anzi il miracolo egeo, è
l’effetto di un singolare concorso di condizioni naturali su uomini capaci di
trarne partito. Gustave Glotz, La civiltà egea
La storia dei popoli
mediterranei, divisi tra regioni e culture orientali o medio-asiatiche, e
regioni e culture occidentali, conosce un'evoluzione lunga ed incerta: se da
una parte e per molto tempo le due 'metà' del bacino mediterraneo si sono
mantenute infatti in comunicazione costante, dall'altra e per lunghi periodi
della loro storia hanno intrattenuto rapporti conflittuali o di latente
estraneità. La Grecia d'altra parte si trova, come regione occidentale, in
una condizione tutta particolare: quella cioè di essere sia, per così
dire, l'"avamposto" (tanto cronologicamente, quanto geograficamente) della
cultura occidentale, sia un centro di mediazione e contaminazione tra queste
due distinte aree politico-culturali. Punto di irradiamento della cultura
europea - i cui caratteri, assieme a quelli della cultura asiatica, verranno
sommariamente analizzati nel prossimo paragrafo - in direzione delle regioni
orientali (si pensi ad esempio al grande 'esperimento' dei regni
ellenistici…), ma anche centro di assorbimento e di assimilazione di
suggestioni e di temi politici e culturali tipicamente asiatici, la cultura e
la storia greche trovano in una tale ambiguità di fondo uno dei (molteplici)
motivi del proprio fascino e della propria modernità.
Ma un tale
soggetto - ovvero le molteplici e variegate relazioni che hanno legato tra
loro nei secoli passati Europa e Medio oriente - può costituire uno spunto di
riflessione su problemi che, soprattutto in questi anni, segnati a quanto
pare da un risorgente 'scontro di civiltà' tra Europa e Asia, ci riguardano
più che mai da vicino. Introduzione alla storia propriamente greca ed
ellenica: i due opposti modelli di sviluppo, quello schiavile e quello
asiatico La dicotomia tra mondo occidentale e mondo orientale non è certo
una 'scoperta' moderna, e nemmeno un'invenzione marxista. La
tradizione storiografica occidentale infatti, è da sempre incline a opporre
questi due tipi di tradizioni: quelle (da essa ritenute chiaramente migliori
e più evolute) tipiche della cultura europea occidentale, e quelle
asiatiche. Gli illuministi ad esempio, così come - dopo di loro - il grande
Hegel, erano soliti contrapporre mondo asiatico e mondo occidentale,
vedendoli come due archetipi politico-culturali dominanti e opposti tra
loro. D'altra parte, la scuola di pensiero marxista ha spesso ignorato o
comunque non ha sottolineato a sufficienza la differenza che intercorre tra
il feudalesimo occidentale (un tipo di società cioè fondamentalmente 'chiusa'
e immobile, pur collocata in un contesto occidentale) e le strutture sociali
e politiche asiatiche (le quali effettivamente hanno dei punti di contatto
e di affinità con il feudalesimo, ma anche delle profonde divergenze, come
si vedrà meglio più avanti).
Gli stessi Marx e Engels, all'inizio
della loro elaborazione delle categorie storiografiche del materialismo
dialettico, si erano soffermati esclusivamente sulla linea evolutiva
tipicamente occidentale (sfociante come noto, nel corso dei secoli, nel
sistema capitalista), ignorando così l'esistenza di quella seconda tipologia
evolutiva (in realtà, oltretutto, quantitativamente di gran lunga prevalente)
che è appunto quella asiatica basata sulle caste. Solo in un secondo
momento essi si soffermarono su questa differente tipologia di
organizzazione, cogliendone le caratteristiche peculiari e l'autonoma dignità
storica e epistemologica. Si può quindi dire che, tutto sommato,
l'organizzazione delle strutture sociali, all'uscita dalle fasi più
'primitive' o tribali, si divida tra due opposte strade: a) quella asiatica
basata sulle caste e b) quella europea basata invece sulle classi. Bisogna
anche sottolineare - come uno studio storico più specifico e meno astratto,
dimostra largamente - come queste due soluzioni, e soprattutto quella
asiatica, raramente si trovino ad essere realizzate integralmente nelle
formazioni sociali reali. Queste ultime difatti, per quanto 'orientali' nella
scelta delle proprie strutture di fondo, di solito concedono sempre qualcosa
anche alla proprietà privata e al commercio - ovvero ad attività
privatistiche e non collettivistiche, pressoché inevitabili con l'insorgere
di una maggiore complessità dell'organizzazione del lavoro. Il che non
esclude però che possano esistere e che siano esistite società integralmente
orientali o 'di casta', così come vi sono molteplici esempi di società
'miste' - seppure con una prevalenza al proprio interno o delle componenti
asiatiche o di quelle occidentali. Nel corso della sua lunga evoluzione,
la società umana ha conosciuto differenti stadi di organizzazione, di
complessità (almeno tendenzialmente) sempre crescente. Le prime fasi di una
tale storia, nelle quali l'uomo poco si distingue dagli altri animali, sono
caratterizzate dalla caccia dalla pesca e dalla raccolta di frutti come mezzi
di sostentamento della comunità, d'ambito fondamentalmente ancora
familiare. In essa vige ancora una effettiva uguaglianza tra gli individui,
dovuta a una pressoché totale assenza di divisione sociale del lavoro: ogni
membro della comunità infatti deve provvedere al pari degli altri
all'espletamento delle mansioni alla base del mantenimento comune. Un
avanzamento essenziale delle forze produttive - nonché, di conseguenza, una
svolta epocale nell'organizzazione sociale, che alle prime è
sempre strettamente connessa - fu determinata dalla scoperta
dell'agricoltura, della pastorizia e dall'allevamento, in sostituzione agli
antichi metodi della caccia e della raccolta dei frutti offerti
spontaneamente dalla terra. All'affermazione - tra certe popolazioni, anche
se non in tutte - di questi nuovi metodi produttivi, fece da complemento
l'affermazione di rapporti sociali e di produzione più complessi di quelli
precedenti, ed anche meno paritari. La fase selvaggia dell'umanità ebbe fine
difatti con queste nuove invenzioni, fenomenali mezzi di avanzamento del
genere umano, ovvero di crescita della sua popolazione. A tali scoperte
tuttavia, fecero seguito necessariamente anche degli enormi cambiamenti nello
stile di vita, legati appunto ad esigenze strutturalmente connesse alle nuove
tecniche produttive. Essenzialmente da nomade l'uomo divenne stanziale,
mentre le popolazioni rimaste 'attaccate' ai vecchi stili di esistenza e di
produzione (inizialmente certo non una minoranza!) vennero gradualmente
espropriate e allontanate dai territori più fertili e più ambiti dalle nuove
popolazioni, di gran lunga più numerose, che si nutrivano di cereali per
mezzo dell'agricoltura. Anche questa seconda fase - che complessivamente
chiamiamo 'barbarica', o pre-civile - conobbe diverse fasi: quella della
gens, quella delle fratrie e infine quella propriamente tribale. In essa
si ebbe un avanzamento tanto nelle strutture produttive,
quanto nell'organizzazione sociale, quanto infine nell'estensione
e nell'articolazione della comunità. Si può dire che, complessivamente, il
dato fondamentale di un tale progresso consista nella nascita di una
gerarchia sociale, per la quale vi è distinzione tra coloro che sono preposti
a lavori più 'umili' (come ad esempio quello di curare le greggi o
sovrintendere alla coltivazione) e coloro che sono invece preposti ad
attività di tipo dirigistico. Il primo effetto della complessità del lavoro,
cioè la necessità di frazionare quest'ultimo in diverse mansioni - riflesse
poi in diversi ruoli e in diverse 'categorie sociali' - ha inizio in questa
fase. Appare qui in grande evidenza la correlazione esistente tra le forze
produttive (ovvero le risorse, sia tecniche che umane, alla base della
produzione sociale) e i rapporti sociali di produzione (le relazioni che
esistono fra i distinti gruppi sociali componenti la comunità, intesa come
organizzazione finalizzata alla produzione). Col tempo, la crescita
numerica dei componenti della gens (ovvero la prima forma della fase qui
analizzata) impone a quest'ultima l'esigenza di frazionarsi in differenti
sottogruppi, legati tra loro da rapporti di parentela, detti fratrie o
gentes. Queste ultime poi, estendendosi ulteriormente, finiscono per unirsi
in gruppi più ampi (gruppi al cui capo si pone solitamente una gens
particolare) aventi il vantaggio della collaborazione reciproca, definiti
tribù. Sarà appunto il modo differente di relazionarsi tra loro delle tribù
a determinare i due diversi sviluppi successivi: quello asiatico e
quello occidentale. In entrambi i casi sorgerà lo Stato, ovvero una forma
di organizzazione superiore a quella gentilizia, in quanto connessa alle
trasformazioni avvenute in seno a quest'ultima, trasformazioni legate: o a
nuove e superiori esigenze comunitarie (fondamentalmente - specialmente in
Oriente - quella di migliorare la produttività agricola e il rendimento delle
terre, e di organizzare la difesa dai nemici esterni…) o, altre volte,
risultato delle lotte instauratesi tra differenti tribù (e ciò soprattutto
in Occidente). Un'ultima osservazione sulle società gentilizie: mentre gli
Stati futuri saranno caratterizzati da una fondamentale (e spesso col tempo
sempre più marcata) disparità sociale, le tribù gentilizie (nelle quali pure
già iniziano a formarsi le prime distinzioni di carattere sociale: venendo
ad esempio le donne solitamente preposte ai mestieri più umili, la
categoria dei servi a quelli più pesanti, quella dei capi alle attività
decisionali, ecc.) sono ancora fondamentalmente "democratiche", nel senso che
vige in esse - soprattutto rispetto alle successive formazioni sociali -
una sostanziale parità tra i soggetti che compongono la comunità.
Una eguaglianza che, con l'evoluzione del lavoro e con la sua frammentazione
in mansioni sempre più specialistiche, finirà per essere
fortemente ridimensionata. Lo Stato asiatico e quello occidentale: due
strade opposte e complementariAl termine della fase gentilizia, si sviluppa
una nuova forma di organizzazione sociale, detta Stato. Caratteristica di
quest'ultimo è il fatto di essere una struttura politica e organizzativa che
è base di comunità decisamente più ampie e più complesse di quelle tribali
(nascendo infatti dall'unione e/o dallo scontro tra diversi clan o tribù), e
di collocarsi come tale a uno stadio più avanzato dello sviluppo sociale
dell'umanità. Come si è già accennato però, non bisogna credere che un tale
tipo di struttura sorga ovunque in modi e tempi fondamentalmente affini.
Al contrario, vi sono un'infinità di diversi modi di concepire e organizzare
lo Stato. Di questi - in modo schematico, ma utile - vogliamo ricordare
prima di tutto quello basato sulle caste e quello basato sulle classi, in
ragione della loro opposizione e della loro complementarietà: tali modalità
infatti, tendono a riflettersi l'una nell'altra come in uno specchio che
rovesci un'immagine nel suo esatto contrario! Non è necessario inoltre,
ricordare una volta di più come i due "modi" qui analizzati siano in gran
parte delle astrazioni, delle idee-guida, estremamente utili al fine di
orientarsi nella complessità reale delle forme storiche degli Stati, antichi
e moderni, anche se non sempre vere in senso 'letterale'.
- Lo Stato
asiatico o delle caste Giunte a un certo grado di sviluppo, le tribù si
trovano (molto probabilmente principalmente a causa dell'aumento della
popolazione, quindi delle maggiori esigenze alimentari) nella condizione di
dover organizzare in modo più efficiente la propria produzione, e assieme a
essa la propria capacità difensiva nei confronti di popolazioni esterne - i
popoli nomadi - da parte delle quali sono spesso oggetto di incursioni e
razzie. Un chiaro esempio di questo tipo di situazione ce lo fornisce
l'Egitto antico il quale - come la Francia medievale per la transizione,
comune a molti popoli europei, dal feudalesimo alla monarchia nazionale - è
un ottimo modello di Stato asiatico. Le differenti tribù, organizzate attorno
a centri urbani (o pre-urbani) e situate sulle sponde del Nilo, si riuniscono
prima in due Stati indipendenti (quello a sud e quello a nord) e
successivamente in un unico regno, dominato da un Sovrano assoluto, detto
Faraone. Una tale opera di unificazione è il prodotto della volontà e del
bisogno - da parte delle diverse comunità locali - di cooperare in funzione
di obiettivi comuni, il cui conseguimento è potentemente
facilitato dall'instaurazione di un'organizzazione gerarchica piramidale,
detta Stato. E' in un contesto di questo tipo appunto, che si sviluppano i
grandi Stati asiatici, il cui fondamento è l'attiva collaborazione tra
differenti località, fortemente indipendenti tra loro (perché disperse di
solito in zone estremamente ampie e a scarsa densità demografica). Tale
collaborazione è impostata su un tipo di divisione del lavoro di carattere
funzionale : ogni categoria sociale - detta casta - è infatti caratterizzata
da una propria mansione o attività sociale. Così, se da una parte vi è la
gran massa dei lavoratori agricoli, cioè la classe produttrice, dall'altra vi
è quella dei funzionari (che sono ovviamente di diversi tipi: alcuni più
legati alle realtà locali, altri a quelle centrali) i quali sovrintendono
all'organizzazione dei lavori di pubblica utilità (public works) sia a
livello locale che globale. Al culmine di tutto poi, si trova il Faraone con
la sua corte, che incarna - in senso sia pratico che simbolico - il vertice
stesso dello Stato. Si parla di caste, e non di classi, perché un tale tipo
di società è divisa tra diverse 'funzioni' produttive (ognuna incarnata da
una diversa figura sociale: il Faraone, lo scriba, il contadino…), le quali
rimangono fondamentalmente invariate col passare del tempo, mantenendo così
invariata la stessa struttura della società. Non è un caso, infatti, che le
società asiatiche abbiano conosciuto un'evoluzione interna quantitativamente
molto inferiore a quelle occidentali - ad esse, come vedremo, per molti
versi strutturalmente antitetiche - di tipo classista. Nella concezione di
fondo dello Stato asiatico prevale quindi il concetto della cooperazione,
cioè di un'organizzazione sociale (statica) finalizzata al mantenimento - per
un tempo virtualmente indefinito - di una determinata forma di organizzazione
produttiva, basata su una divisione del lavoro che si esprime nelle caste :
differenti categorie di lavoratori (funzionari statali, contadini, guerrieri,
sacerdoti…), preposte ciascuna ad assolvere una propria mansione all'interno
della più ampia catena del processo produttivo della società. - Lo Stato
occidentale Mentre in Oriente lo Stato sorge nel segno dell'armonia e
della collaborazione (pur con tutti i limiti che ciò implica), in Occidente
esso nasce invece nel segno della lotta e dell'antagonismo. Se in Oriente
difatti, prevalgono geograficamente i larghi spazi, che rendono più
improbabile lo scontro fisico tra diversi clan, accentuando al tempo stesso
tra essi la consapevolezza della necessità di un aiuto reciproco (il che
appunto è alla base stessa della loro scelta di 'federarsi'), in Occidente
prevale invece l'aspetto di rivalità e di competizione tra differenti tribù
al fine di conquistarsi il predominio su una determinata area geofisica,
oggetto (spesso a causa proprio della mancanza degli spazi vitali) di
contesa. Alla collaborazione si sostituisce qui la guerra come cardine o
perno alla base della costruzione dello Stato: un dato che lascerà
un'impronta profondissima nei suoi futuri sviluppi, e ciò peraltro fino ai
nostri giorni! L'evento tipico alla base della formazione delle società
occidentali - lo si vedrà bene nella storia dell'Ellade - consiste
nell'invasione da parte di alcuni popoli, di solito popolazioni nomadi, di
determinati territori con la conseguente sottomissione delle popolazioni
indigene. Solitamente quindi è il fenomeno dell'espropriazione la base dello
Stato occidentale, e con esso - sua diretta conseguenza - la spartizione
delle terre conquistate tra i popoli invasori, attraverso l'idea della
proprietà privata. Un'idea quest'ultima che non a caso è pressoché
inesistente all'interno delle società asiatiche - quantomeno nei primi
periodi -, nelle quali tutte le terre sono giuridicamente proprietà del
Sovrano, e tutti i cittadini di conseguenza sudditi privi (o quasi) di
diritti individuali: servitori di quel Signore-Dio che si pone al vertice
della piramide sociale. Così se nelle società e negli Stati di carattere
orientale (strutturati su una base gerarchica di tipo piramidale) prevale
totalmente o quasi la dimensione collettiva, diversamente quelli occidentali
sono caratterizzati dalla contrapposizione tra due fasce sociali, di cui una
si spartisce - in una condizione di sostanziale parità sociale, almeno
inizialmente - le terre sottratte alle popolazioni indigene, prima sottomesse
e successivamente schiavizzate. Volendo possiamo dire che, mentre le
società orientali sono "assolutistiche", fondate cioè su un'autorità assoluta
(come ad esempio, in Egitto, quella del Faraone), quelle occidentali sono
invece "oligarchiche", in quanto basate su una minoranza (che può tuttavia
essere anche maggioranza, da un punto di vista quantitativo) i cui beni e
privilegi si fondano sull'espropriazione ai danni delle popolazioni
precedentemente insediate sui propri territori, uscite sconfitte nella dura
lotta per la conquista degli spazi vitali. Il surplus produttivo
Un
altro dato fondamentale delle società umane fin dai tempi più remoti,
è quello dell'accumulo di un surplus produttivo, ovvero di un'eccedenza
di beni rispetto alle immediate esigenze di consumo di colui o di coloro che
li hanno prodotti. E' appunto un tale surplus a permettere non solo
la sopravvivenza e la crescita della popolazione, ma anche la
concreta possibilità di edificare i 'simboli' stessi del potere dello Stato,
come ad esempio le grandi opere pubbliche tipiche degli Stati asiatici (ancor
prima che di quelli occidentali antichi) o le manifestazioni di sfarzo
di personaggi particolarmente potenti e di spicco (soprattutto negli
Stati occidentali). La differenza tra questi due tipi di società e tra le
concezioni ad essi sottese, emerge molto chiaramente anche esaminando il
diverso rapporto che esse intrattengono con un tale surplus. Nelle società
asiatiche infatti quest'ultimo non diviene proprietà dell'individuo o degli
individui che lo hanno generato, ma resta al contrario un 'bene comune' di
cui tutti i cittadini (almeno formalmente) hanno diritto di usufruire;
viceversa in quelle occidentali - "privatistiche" - un tale surplus diviene
proprietà, come del resto i beni effettivamente consumati, di colui che lo ha
prodotto. Anche dall'analisi di questi aspetti dunque, emerge chiaramente il
carattere individualistico delle società occidentali, in contrapposizione a
quello collettivistico e comunitario di quelle orientali. Non è un caso,
che queste ultime siano fondamentalmente un prolungamento delle più arcaiche
strutture tribali (nelle quali, come si è visto, vige fondamentalmente una
condizione di parità tra gli individui del clan), come dimostra il fatto che
il potere statale centrale si innesta su poteri locali di carattere ancora
essenzialmente gentilizio, incarnati da quelle comunità locali che
dall'intervento del potere centrale traggono cospicui vantaggi di carattere
produttivo (quali la costruzione di opere pubbliche come dighe, canali, ecc.)
- oltre ovviamente ad obblighi di carattere fiscale e morale. Mentre dunque
negli stati asiatici il lavoro è 'immediatamente sociale', poiché i prodotti
di esso vengono spartiti - pur con palesi ineguaglianze - tra i componenti
delle diverse caste, in quelli occidentali tali prodotti divengono, o meglio
sono fin dall'inizio, proprietà di qualcuno (ovvero del proprietario delle
terre, degli schiavi, ecc. alla base della produzione) che, in quanto tale,
può disporne a proprio piacimento. Ed è proprio da tale libertà che ha
origine - nelle società occidentali - la pratica del commercio. Il
commercio in Occidente e in Oriente Il fenomeno degli scambi non è
propriamente occidentale, e nemmeno propriamente asiatico. In qualsiasi
contesto è naturale tra diversi individui 'scambiare' ciò che si ha in
eccedenza con ciò di cui si ha bisogno, in base al principio della reciproca
convenienza. Ma non basta questo a costituire un commercio né tantomeno un
mercato. Per arrivare a questo è necessario che gli scambi siano
'irregimentati', che escano cioè dalla fase puramente istintiva e irriflessa
nella quale il passaggio della merce è un fatto che riguarda semplicemente i
suoi attori, senza essere per nulla legato a una volontà di accumulazione
sistematica dei prodotti da parte di qualcuno (ai danni, magari, di
qualcunaltro). In questa prima fase 'ingenua', lo scambio è ancora
essenzialmente mero baratto.
Questo tipo di transazioni rimarranno (e
rimangono ancora oggi, forse) un dato di fondo consistente anche nelle
società occidentali, nelle quali tuttavia un ruolo primario ha oramai assunto
il mercato. Nelle società asiatiche poi, pur sviluppandosi col tempo una
forma di commercio con l'esterno, soprattutto in relazione a popoli marginali
e semi-nomadi (come ad esempio i celeberrimi Fenici, o i Berberi)
specializzati nel favorire transazioni commerciali tra regioni tra loro anche
estremamente distanti, il baratto rimarrà a livello locale la regola e non
certo l'eccezione. Negli stati classisti, viceversa, la possibilità dei
singoli produttori di disporre liberamente dei prodotti delle proprie terre
darà impulso molto presto al commercio, inteso come pratica di scambio
sistematica (da un certo momento sostenuta anche dall'invenzione della moneta
[1] ) finalizzata all'accumulo di ricchezze private. Una tale pratica
inoltre - nonché in generale la tendenza di alcuni soggetti all'accumulazione
privata, ai danni chiaramente degli equilibri interni della comunità -,
laddove si svilupperà (esistono difatti anche esempi di civiltà occidentali
che tendono a rifiutare questi fenomeni, una per tutte la società spartana),
porterà come diretta conseguenza alla nascita di disparità sociali
all'interno anche della stessa 'classe dominante', quella cioè dei
conquistatori e dei 'liberi'. E' in questo secondo tipo di contesto che
diviene possibile la nascita delle classi : gruppi sociali - tra loro
differenti sia per quantità di ricchezze possedute che per interessi, valori…
- che tendono a rapportarsi tra loro in modo conflittuale (nonostante la
possibilità di trovare delle convergenze su problemi e su scelte concrete),
dando vita così a quel meccanismo - detto appunto "lotta di classe" - che è
il motore stesso del dinamismo delle società di tipo occidentale, in
contrasto con l'immobilismo del mondo asiatico! Anche da questo punto
d'osservazione si può arguire quale profonda differenza sussista tra le
società asiatiche, fondate su un sistema sociale fondamentalmente chiuso e
immobile (le caste), e quelle occidentali, fondate al contrario sulla lotta
tra interessi e punti di vista differenti (incarnati da quelle realtà
economico-politiche, in continua evoluzione, che sono appunto le classi), e
le implicazioni che tali differenze non possono non avere sul piano dello
svolgimento storico delle due differenti forme di Stato! [1] Ma il fatto
che siano le società occidentali a sviluppare maggiormente il commercio,
anche attraverso l'uso della moneta, non deve indurre a credere che
quest'ultima sia una loro invenzione: al contrario, pare che essa sia nata in
Lidia, per iniziativa quindi di 'popoli mercantili' specializzati - come si è
già detto - nel favorire le transazioni commerciali tra i più vasti Stati del
Vicino Oriente (come ad esempio l'Egitto o la Mesopotamia). Alcuni esempi
di Stati antichi Dopo aver affrontato il discorso sullo Stato in un'ottica
per così dire teorica e astratta, vogliamo ora provare a fornire alcuni
esempi di Stati antichi, per mostrare come le astratte categorie sopra
descritte possano trovare una concreta applicazione nell'analisi di casi
storici specifici. Si vedrà così ad un tempo sia il carattere molto spesso
riduttivo di tali categorie, sia i vantaggi che esse possono fornire per
comprendere lo svolgimento storico non solo del mondo antico, ma anche di
quello moderno. A) Esempi di Stati asiatici Egitto e
Mesopotamia L'Egitto è l'esempio più classico di Stato asiatico basato sulle
caste: ne ha difatti tutti i connotati. A partire da una stabilità interna
quasi immobilistica (le sue tradizioni, infatti, non muteranno che di poco
col passare dei secoli; e così la sua peculiare struttura sociopolitica,
basata su un rigido controllo da parte degli organi centrali dello stato su
tutte le regioni e su tutti gli aspetti della vita del Regno: compresi,
e soprattutto, quelli economici e produttivi!), per giungere
all'estrema chiusura nei confronti di contaminazioni e influssi culturali
esterni (sentiti ovviamente come potenziali sovvertitori di tradizioni
millenarie) fino all'estremo conservatorismo che caratterizza le sue
strutture istituzionali (le caste dominanti difatti, saranno sempre quella
dei guerrieri e quella dei sacerdoti - questi ultimi coadiuvati dagli scribi
o funzionari statali - : cioè il braccio armato da una parte e la
classe portatrice del sapere, di quel know how che sta alla base di ogni
civiltà, dall'altra).
La Mesopotamia si trova, dal punto di vista
geofisico, in una condizione molto diversa rispetto all'Egitto, un fattore
che inevitabilmente la porterà a sviluppare delle strutture politiche e
sociali da esso per molti aspetti differenti. La decantata stabilità interna
dello Stato nilotico infatti, la cui politica separatistica nei confronti
delle regioni circostanti è resa possibile anche e soprattutto da condizioni
geografiche molto favorevoli, non è neanche immaginabile in una regione come
quella mesopotamica, situata in una zona affacciantesi su vaste regioni
montane non del tutto sterili, e oggetto quindi non solo di continue
incursioni da parte di popoli nomadi e di continui 'rimpasti' sul piano delle
dinastie regnanti, ma anche di una rivalità costante tra le proprie
città-Stato per conquistare una posizione di predominio interno (lo Stato - o
meglio gli Stati mesopotamici - saranno infatti sempre delle federazioni di
città-Stato politicamente, almeno tendenzialmente, autonome). Il carattere
asiatico di tali formazioni politiche si manifesterà tuttavia nella perenne
tendenza alla formazione di Imperi unici, sempre soggetti però a rapidi
declini, dovuti a frequenti rivolte da parte delle città sottomesse: Imperi
insomma, affetti da un cronico problema di instabilità politica! Anche gli
Stati mesopotamici inoltre, saranno soggetti al dominio di caste di
sacerdoti, guerrieri e funzionari statali, emanazione dei
poteri centrali. B) Esempi di Stati misti Oriente: stati
mercantili; Occidente: stati oligarchici-conservatori (Sparta) e stati di
tradizioni miste (Etruria) Esamineremo ora alcune situazioni 'in
controtendenza' rispetto alle tradizioni dominanti sia in occidente che in
oriente. Da una parte infatti, per vari ordini di motivi, troviamo in
Occidente stati dalla cui storia e dalle cui scelte è sorto un assetto solo
in parte classista (ancora legati quindi, in buona misura, a una concezione
di tipo "funzionale" dei ceti sociali, non basati cioè sulla proprietà
privata); mentre dall'altra troviamo, nelle regioni asiatiche, popoli - cui
peraltro viene attribuita l'invenzione della moderna moneta - la cui attività
principale non è la produzione di una ricchezza volta al consumo interno
(come accade invece nei paesi propriamente asiatici o di casta), bensì la
redistribuzione su scala internazionale di beni prodotti dai più vasti Stati
circostanti : in altri termini il commercio. Per cominciare dal Vicino
Oriente, parliamo dei Fenici, cioè dell'esempio più tradizionale di Stato
mercantile asiatico, versato fin dalle proprie origini nel commercio
marittimo e le cui rotte si spingono a occidente fin sulle coste dell'Africa
e a oriente su quelle della Grecia - passando ovviamente per l'isola di Creta
(come vedremo meglio più avanti).
Dei Fenici ci parla abbondantemente già
Omero, soprattutto nell'Odissea, descrivendoli come un popolo di commercianti
e di pirati (il commercio e l'attività meramente predatoria infatti, si
confondono ancora fortemente tra loro, dato il bassissimo sviluppo di
regolamentazione degli scambi!). Può apparire paradossale il fatto che
proprio in Oriente, laddove cioè il commercio dovrebbe essere attività
pressoché inesistente, venga a crearsi il fenomeno dei popoli-mercanti. Un
tale fatto tuttavia è il prodotto proprio della diffusa impreparazione dei
popoli di quell'area nell'affrontare e nel portare avanti questo tipo di
attività, neglette eppur necessarie! Anche in Occidente troviamo svariati
esempi di "Stati misti": uno, molto celebre, è costituito da Sparta, l'altro
invece dalla civiltà etrusca. Nel primo caso, un tale tipo di conformazione
mista è innanzitutto il risultato di un'esigenza pratica: quella di una
ristretta minoranza della popolazione di conservare il dominio politico e
militare su una fetta molto più vasta, da essa mantenuta in una condizione
servile o comunque fortemente minoritaria; nell'altro caso, invece, essa è il
prodotto oltre che di fattori abbastanza simili a quelli precedenti, anche -
quasi certamente - di un retaggio culturale di stampo asiatico (legato alle
origini di tale popolo). In entrambi gli Stati, troviamo una minoranza
(classe/casta) proprietaria delle terre (discendente di antenati che hanno
sottomesso gli originari abitanti delle regioni su cui essi ora risiedono… i
quali, nel caso degli Etruschi, si trovavano molto probabilmente a un livello
di sviluppo decisamente inferiore rispetto agli invasori) la quale ha
costituito uno Stato di tipo militare. Nel caso di Sparta, la popolazione
dominatrice - al fine di salvaguardare l'unità politica e militare interna -
ha scelto la via della condivisione dei beni, bandendo cioè la proprietà
privata e, con essa, gli squilibri e le disparità sociali a essa legate (le
quali porterebbero all'insorgenza di una lacerante lotta di classe tra la
stessa popolazione dominante). Si ha così una netta contrapposizione tra le
popolazioni esproprianti (proprietarie - seppure collettivamente - delle
terre), e quelle espropriate e asservite, o comunque residenti in zone
periferiche e prive di diritti politici. Il caso etrusco è in parte
differente. Meno accentuati sono infatti in esso gli aspetti militaristici
della dominazione, anche a causa del minore squilibrio numerico esistente tra
invasori e invasi, e meno rigide le norme vigenti all'interno della comunità
dominante (ovvero l'aristocrazia etrusca): più elastica quindi la stessa
proibizione della proprietà privata. I nobili si spartiscono così le terre,
avendo ognuno un proprio appezzamento su cui risiedere e in cui sviluppare
una vasta rete clientelare privata. In ogni caso, anche nell'Etruria è forte
l'esigenza di compattezza da parte di una fascia ristretta della popolazione,
al fine di fronteggiare eventuali ribellioni delle popolazioni asservite,
tenute a bada anche attraverso lo strumento della sudditanza psicologica
(oltre che con le armi). Come si accennava, non va poi dimenticata come causa
di un tale sviluppo non pienamente occidentale, pure in regioni nelle quali
la conformazione fisica del territorio lo favorisce, l'origine probabilmente
asiatica degli etruschi. Si suppone infatti una loro provenienza dalle
regioni anatoliche. Se ciò fosse vero, i loro antenati sarebbero appartenuti
ad etnie sfuggite alle devastazioni del XII secolo a. C. (i segni delle quali
sono presenti un po’ su tutta l'area mediterranea orientale) ed approdate
successivamente, al termine di peregrinazioni via mare, sopra le coste
tirreniche dell'Italia centrale. C) Esempi di Stati classisti
occidentali Città-stato greche e italiche; l'evoluzione del mercato nel
mondo occidentale moderno. Oltre agli Stati 'misti', si sviluppano nelle
regioni europee e occidentali anche degli Stati di carattere integralmente
classista. Le città-stato greche, una su tutte Atene, ne sono un chiaro
esempio. Anche in Italia, sotto l'influenza greca e cartaginese, ma anche per
motivi autonomi, si crea una cultura molto favorevole agli scambi e ai
commerci, all'appropriazione privata delle terre e all'accumulazione dei
beni. Di un tale sviluppo sarà massima espressione la civiltà romano-latina,
che porterà tali caratteri al loro apogeo. Esamineremo meglio più avanti
queste strutture, soprattutto in relazione al mondo greco. Sottolineiamo qui
però come i dati fondanti di tali società siano appunto: a) il libero
sviluppo della proprietà privata (che qui può infatti svilupparsi senza - o
quasi - limiti di carattere giuridico e politico) e, assieme ad essa, la
nascita delle prime diseguaglianze sociali (inizialmente, soprattutto quella
tra piccoli e grandi possidenti terrieri); e b) , come conseguenza di tali
squilibri, le prime manifestazioni della lotta di classe, cioè dello scontro
politico tra diverse fasce sociali caratterizzate in gran parte dal
differente livello di reddito (lotta della quale la democrazia ateniese, e
gli stessi stati oligarchici temperati, sono una testimonianza molto
eloquente).
Il modello propriamente 'moderno' di società, del quale
noi occidentali siamo tuttora gli eredi principali (nonché gli esportatori a
livello mondiale o globale), affonda le sue radici proprio in un tale
contesto culturale e politico. E' da quelle particolari concezioni infatti,
che sorge l'odierna "società del mercato", come risultato di uno sviluppo e
di una diffusione amplissima del commercio, ovvero della mercificazione
dei prodotti: un fatto la cui origine risiede appunto nella possibilità
- propria delle formazioni politiche di tipo occidentale e classista -
di un'accumulazione pressoché illimitata di beni da parte di singoli
soggetti privati. [2] [2] Riepilogando: la proprietà privata rende
possibile l'appropriazione e l'accumulazione dei beni da parte dei singoli
individui. Anche se ciò non implica logicamente che si sviluppi il commercio,
quest'ultimo diviene la naturale conseguenza dell'accumulo di un'eccedenza
non direttamente consumabile da parte del produttore, il quale perciò scambia
(rivende) tali prodotti e ne accumula così degli altri. La crescita delle
attività commerciali (che col tempo divengono sempre più ampie e articolate)
porterà queste ultime a rivestire un ruolo sempre più centrale all'interno
delle società classiste, fino allo sviluppo dell'odierna società
capitalistica (nella quale l'accumulazione e il reinvestimento della
ricchezza monetaria, sono in pratica l'unica forma possibile di
ricchezza). Un confronto tra feudalesimo e strutture statali
asiatiche Differenze e somiglianze tra i due sistemi Per concludere questa
breve ma significativa carrellata sui vari tipi di Stato e d'organizzazione
delle attività produttive, vogliamo soffermarci qui avanti sinteticamente su
due tipologie di società per alcuni versi molto simili, seppure per altri
estremamente differenti: quella feudale occidentale da una parte, e quella
più propriamente asiatica (già descritta sopra) dall'altra. Prova
indiscutibile della loro somiglianza è il fatto che esse siano state spesso
confuse tra loro (magari volontariamente) anche da insigni storici e filosofi
della storia… insomma dagli stessi esperti del settore! Le affinità e le
profonde diversità tra di esse saranno dunque l'oggetto dei
prossimi paragrafi. Come si è detto, nelle società asiatiche la divisione
del lavoro tra differenti categorie sociali (contadini, funzionari statali,
scribi, ecc.) è la base della società stessa. Mantenendosi inalterata la
struttura del lavoro all'interno della società (espressa dalle caste), si
mantiene inalterata anche la società. Il carattere 'immobilistico' è infatti
uno dei dati distintivi essenziali dell'oriente rispetto
all'occidente. Altro dato fondamentale, è il fatto che - geograficamente - le
società orientali (dei grandi spazi) siano un insieme di comunità locali
(ancora di natura gentilizia) che cooperano attraverso un potere centrale
molto rigido, quasi trascendente (ad esempio, il Faraone).
Anche
l'assenza di appropriazione privata dei prodotti e quindi del commercio
privato, determina una struttura molto dissimile da quella tipicamente
occidentale. Il lavoro - come già si diceva - è in esse immediatamente
sociale, e la produzione è finalizzata al consumo e non allo scambio (essa
cioè non si traduce da 'valore d'uso' in 'valore di scambio'). Nelle società
feudali (tipica è quella sorta in Europa al termine delle invasioni
barbariche e con lo smembramento territoriale e politico-istituzionale
dell'Impero romano) troviamo elementi molto simili alla prima, collocati
comunque in un contesto di fondo - quello classista - ad essa
antitetico. Elementi accomunanti tra le due sono: la presenza di forti
autorità e di forti poteri locali, dovuta allo strapotere dei feudatari
(non controbilanciato però, a differenza che nelle società asiatiche,
da un'autorità centrale); un basso grado di sviluppo delle forze
produttive (cioè delle tecniche che sono alla base della produzione sociale);
l'assenza o quasi di commerci (ovvero un arretramento, almeno in occidente, a
forme di scambio basate sul baratto). Oltre a tali macroscopiche affinità,
vi sono però anche delle differenze altrettanto macroscopiche - anche se
forse meno evidenti a un'analisi affrettata. Essenzialmente, esse ruotano
attorno al concetto di proprietà privata, un concetto virtualmente assente
all'interno del mondo asiatico! Dal momento infatti che, nel sistema feudale,
i poteri locali non sono 'asserviti' al potere centrale del sovrano, ma
godono al contrario di una grande autonomia (in quanto i feudatari sono
proprietari delle terre su cui risiedono), lo 'Stato feudale' si riduce
praticamente a nulla (può apparire infatti una contraddizione anche solo
accostare questi due termini). L'assenza di un potere centrale comporta poi
degli svantaggi palesi: cioè una scarsa coesione interna tra i poteri locali,
un perenne stato di guerra (almeno latente), e inoltre l'assenza dei public
works (di quelle opere pubbliche volte cioè ad ottimizzare la produttività
interna)! Complessivamente, quindi, possiamo dire che lo stato feudale sia,
in linea di massima, una forma di arretramento dello Stato classista nelle
sue forme più floride (commerciali), una sua involuzione e un momento di
passaggio verso nuove forme produttive (come accade al termine del
feudalesimo, con la rinascita dei centri urbani). D'altra parte, bisogna
notare come gli Stati asiatici tendano spesso a feudalizzarsi, nella misura
in cui i poteri locali ambiscono a tradire l'autorità centrale dello Stato e
a divenire poteri autonomi (cioè padroni di se stessi) - un fatto
esemplificato dalla storia dell'Egitto, segnata dalla lotta tra il faraone e
le caste più alte, quella dei sacerdoti e di altri poteri di carattere
terriero. Le civiltà dei Palazzi: Minoici e Micenei
La popolazione
della Grecia classica e preclassica fu il prodotto di vari e successivi
rimescolamenti etnici: non ebbe quindi - come, più o meno, tutto ciò che
riguarda la storia di tale regione - un carattere stabile e
univoco. Sommariamente possiamo dire che la composizione etnica del periodo
ormai maturo della Grecia fu il risultato della fusione tra i più antichi
abitanti delle zone elleniche (i Pelasgi) e le diverse popolazioni di stirpe
nordica (indoeuropea) che, ad ondate successive, invasero tali territori
fondendosi poi con le stirpi originarie. Sono due, secondo la storiografia
moderna, gli episodi chiave delle grandi invasioni da nord: a) il primo è
situato all'inizio del II millennio a.C. , b) l'altro invece sul finire di
esso. Dalla prima invasione sorsero i "Regni Achei" o micenei (soggetto dei
due grandi poemi omerici, oltre che di gran parte della mitologia greca),
così definiti dal nome degli Achei, ovvero dei primi popoli invasori,
mentre dalla seconda scaturì la civiltà del cosiddetto "Medioevo Ellenico",
di quel periodo buio cioè al termine del quale avrà inizio la civiltà
propriamente greca.
1- La civiltà minoica Prima di
descrivere la società e le vicende storiche del continente greco nel periodo
miceneo, è opportuno dare uno sguardo d'insieme agli eventi che precedettero
tali vicende: sia a quelle della Grecia pre-micenea, che a quelle della
civiltà minoica (la quale anticipò e sotto molti aspetti influenzò, seppure
piuttosto superficialmente, la successiva civiltà continentale micenea). -
La Grecia continentale pre-micenea e la prima grande migrazione (XIX
sec.) Brevemente, per quanto riguarda la Grecia prima della grande invasione
dei popoli indoeuropei (avvenuta, come si è detto, verso il 1900 a.C.), si
può dire che essa fu caratterizzata da civiltà di tipo agricolo e rurale,
ancora allo stadio neolitico (quello cioè della produzione ceramica),
definite rispettivamente di Sesklo e di Dimini. E' da notare inoltre il
fatto che, al termine della prima invasione dei popoli indoeuropei, non si
verificò (come avvenne invece al termine della seconda invasione, nel XIII
sec.) un radicale cambiamento nell'organizzazione sociale di tali aree. Ciò
avvenne molto probabilmente a causa del minore avanzamento tecnologico dei
popoli invasori. In altri termini, nei secoli successivi alla prima grande
migrazione vi fu quasi certamente un periodo di assimilazione culturale al
termine del quale le popolazioni achee - fatta propria in qualche modo la
civiltà delle popolazioni indigene - riuscirono a emergere e imporsi su di
esse, divenendo così la casta dominante di una nuova società, detta appunto
micenea. Bisogna notare inoltre come queste prime invasioni indoeuropee (come
del resto quelle successive) non riguardarono solo e unicamente i
popoli ellenici, bensì piuttosto un po' tutto il bacino dell'Egeo, quindi
gli stessi popoli del Vicino Oriente ! E' un fatto inoltre che tali invasioni
- a differenza di quelle del XIII sec. - non ebbero un
carattere fondamentalmente distruttivo, essendo al contrario caratterizzate
dalla fusione tra i popoli invasori e quelli indigeni, e che inoltre
diedero spesso origine a nuove e fiorenti civiltà, quali ad esempio quella
micenea in Grecia, o quella dell'Impero Ittita nelle regioni
orientali dell'Anatolia. Questa prima migrazione - che possiamo
considerare relativamente 'non-traumatica' - ebbe quindi delle implicazioni
positive sulla futura storia del mondo egeo. Essa diede vita difatti a delle
formazioni statali che, anziché basarsi sull'espropriazione dei popoli vinti
da parte dei conquistatori, e su strutture privatistiche fortemente
decentrate rispetto al potere del sovrano, furono caratterizzate da un tipo
di organizzazione politica di carattere comunitario o 'di casta' (cfr primo
paragrafo). La civiltà cretese (XXI sec. - 1400)
Ma la primissima
storia greca non fu soltanto storia del continente. Essa difatti iniziò anche
da quella grande isola - divenuta molto presto un ponte tra il Vicino oriente
e l'Occidente Egeo - che fu Creta. Se i caratteri della civiltà che si
sviluppò su quest'isola furono in gran parte antitetici - soprattutto da un
punto di vista culturale - rispetto a quelli della società micenea o Achea,
ciò si spiega facilmente sulla base della due differenti situazioni
geografiche e del differente ceppo etnico dei minoici rispetto ai popoli che
abitavano la Grecia continentale. Alle rudi popolazioni contadine del
continente, si contrapposero infatti - più o meno nello stesso periodo - le
popolazioni raffinate ed "edoniste" dell'isola di Creta, prodotto tanto della
ricchezza dei traffici con l'Oriente quanto della mitezza del clima cretese,
non avido certo né dei frutti della terra né di quelli del mare! Né dobbiamo
del resto dimenticare l'origine nordica e guerriera delle popolazioni achee
(mescolatesi, come si è detto, a partire dal diciannovesimo secolo a quelle
originarie pelasgiche), i cui caratteri si rifletteranno molto bene nella
cultura guerriera del periodo miceneo. Anche a Creta - come avverrà poi in
Grecia, sotto la dominazione micenea - le formazioni politiche furono
caratterizzate da: a) una struttura sociale fortemente gerarchizzata (che
verteva attorno alla figura del sovrano e alla sua corte) , e b) un notevole
frazionamento territoriale (secondo una dimensione che anticipa quella delle
future città-stato greche) che contrappone tali realtà a quelle,
territorialmente molto più vaste, del Vicino oriente! Per quanto riguarda
la struttura sociale di tale civiltà, essa era divisa tra caste differenti:
in alto si trovavano appunto i nobili e ricchi (i quali hanno lasciato
ovviamente i più cospicui segni del proprio passaggio); socialmente intermedi
erano poi coloro le cui attività (artigianali e 'commerciali') ruotavano
essenzialmente attorno alla corte e alle sue esigenze, essendo dipendenti
quindi dalla vita interna al Palazzo; in ultimo infine si trovavano coloro
che svolgevano attività di 'bassa manovalanza', quelle preposte cioè alla
mera sussistenza e alla produzione dei beni di consumo più elementari (ovvero
quelli alimentari): contadini, pescatori… Come nelle civiltà tipicamente
asiatiche, anche a Creta le eccedenze alimentari e produttive erano raccolte
in depositi di carattere pubblico (situati all'interno del Palazzo reale),
divenendo così una proprietà di tipo collettivo anziché dei privati
cittadini. Una peculiarità della civiltà minoica, che la rende peraltro ai
nostri occhi quasi irreale (un po’ come la mitica civiltà dei Feaci
descritta nell'Odissea), è il fatto che essa - se si escludono i periodi
finali, segnati dall'invadenza militare degli Achei - non abbia lasciato
alcun segno della presenza di attività belliche al proprio interno, anche
solo a scopo di difesa. I ritrovamenti fatti nelle città, per esempio, non
lasciano trapelare traccia alcuna di mura difensive. Già difesa naturalmente
dal mare, e dalla scarso sviluppo tecnologico delle vicine
popolazioni continentali, essa non avvertiva il bisogno di fortificarsi
contro eventuali invasioni dall'esterno. Al proprio interno inoltre, essa non
conosceva probabilmente attriti tanto forti da suscitare vere e proprie
necessità militari. Anche la civiltà minoica - come tutte le civiltà della
storia umana - conobbe differenti fasi, oltre che periodici declini (legati
forse a disastri naturali, o all'invasione di popoli esterni…) dai quali
seppe però risollevarsi velocemente e - almeno nel caso della misteriosa
distruzione del secolo XVIII - più sana e vitale di prima. Un ultimo cenno
va fatto poi al ruolo di intermediatrice che essa svolse, assieme alla
successiva civiltà micenea, tra le regioni del mondo orientale e quelle del
mondo occidentale. Nei traffici infatti (chiamiamo così quelle forme di
scambio, non ancora basate sulla moneta o su misure standardizzate, anche se
estendentesi già ben oltre le realtà meramente locali) essa trovò un fattore
essenziale di splendore e di ricchezza interna, oltre che di irraggiamento
della propria cultura a livello - per così dire - internazionale. La
presenza di queste attività di scambio, portate avanti non solo ovviamente
dai Minoici, ma anche dai Fenici e in generale dai popoli orientali,
testimonia inoltre la forte unità sia commerciale che culturale raggiunta dal
mondo mediterraneo già nel secondo millennio prima di Cristo: un'unità che,
come si vedrà, verrà in poco tempo spazzata via dalla seconda grande
migrazione di popoli indoeuropei, quella cioè avvenuta nel tredicesimo secolo
(e i cui segni si possono vedere più o meno in tutte le regioni in questione:
dalla Grecia fino all'Egitto). 2- La civiltà micenea - Introduzione:
struttura monarchica e centralistica delle società micenee, zone di
diffusione e centri principali Come si è già accennato, la società micenea si
distingue profondamente da quella minoica per ciò che concerne gli aspetti
culturali e di sentire, meno tuttavia riguardo a quelli organizzativi e
istituzionali. Mentre difatti il mondo minoico pare esser caratterizzato da
un generale benessere e da uno spirito gaudente e raffinato, estraneo quindi
ai valori tipicamente guerrieri e in generale ad idealità basate su qualità
'virili' (come attesta anche il ruolo primario che in essa detiene la donna,
al centro non solo della società ma anche della religione: si pensi
allaPotnia, la Grande madre, che costituiva il fulcro dell'antica religiosità
minoica, e più in generale di quella egea!), il mondo miceneo ci appare al
contrario contraddistinto da valori e idealità guerresche peculiarmente
maschili.
A cosa sia dovuta una tale differenza non è facile a dirsi,
quantomeno in modo certo. E' probabile però che fattori quali il clima e la
conformazione geografica del territorio continentale (più aspro e ostile alla
presenza umana) abbiano contribuito a foggiare l'animo dell'uomo greco in
modo molto differente da quello cretese. A ciò si aggiunga inoltre il senso
di insicurezza dovuto alla costante possibilità di invasioni da nord
(quale appunto quella Achea), e si capirà - anche se in via del tutto
ipotetica - il perché di tali profonde diversità. Resta il fatto però, che
la civiltà achea farà proprie molte componenti della civiltà minoica : dalla
scrittura alla navigazione, alla pratica del commercio su basi marittime
(ovvero sulle lunghe distanze). Un altro elemento che accomunerà queste due
civiltà, infine, sarà la struttura stessa della società, essenzialmente
palaziale e 'asiatica' (seppure, come si vedrà, con delle componenti che la
avvicinano già alle future formazioni occidentali e greche). Ma quali zone
della Grecia continentale furono maggiormente interessate dal fenomeno
miceneo? Come avverrà per i successivi sviluppi del mondo greco, anche in
questo periodo le zone di maggiore sviluppo saranno quelle situate nella
parte sud-orientale di esso: in quell'area cioè che partendo dall'Etolia
(nella parte centro occidentale) giunge fino alla Laconia (in quella
sud orientale). Il tutto, in questi anni, con particolare riferimento alla
zona dell'Argolide. In essa difatti si trovarono i maggiori centri della
civiltà micenea : da Micene (da cui essa prende il nome), a Argo e a Tirinto.
Altri importanti centri micenei furono poi Atene nell'Attica, Orcomeno e
Tebe nella zona beotica, Pilo in quella peloponnesiaca più meridionale. E'
evidente inoltre che, dato il superiore livello di sviluppo dell'area
in questione rispetto alle zone circostanti, essa abbia esercitato una
forte influenza ed egemonia su di esse … oltre che - quantomeno a partire dal
XV sec. circa - sull'isola di Creta. - Rapporti tra Cretesi e
Micenei Intendiamo, qui avanti, analizzare la relazione esistente tra queste
due civiltà sia da un punto di vista astratto (cercando cioè di individuare
tra esse i fattori di fondo di somiglianza e di dissomiglianza), sia dal
punto di vista delle loro concrete relazioni storiche, anche - per
quanto possibile - su un piano evenemenziale. Una somiglianza sostanziale
tra queste due civiltà la possiamo scorgere nel tipo di organizzazione
politica che le caratterizza, di struttura essenzialmente piramidale, tutta
convergente cioè nella figura del sovrano; e oltre a ciò, nella loro
frammentazione in piccoli stati (i quali, come già si è detto a proposito di
Creta, preludono alle future città-stato d'epoca classica). L'unità tra i
diversi centri locali si limitò, forse, alla formazione di leghe a scopo
militare, che si scioglievano di solito al termine della guerra per cui erano
sorte (un fatto chiaramente testimoniato dall'Iliade di Omero). Tali centri
infatti tendevano in tempo di pace, per ragioni di ordine geografico, a
condurre un'esistenza tra loro fondamentalmente autonoma e
indipendente. In questa sostanziale assenza di unità, e quindi nello
spirito individualista e 'anarchico' tanto della civiltà minoica che di
quella micenea, ci è dato di scorgere anticipatamente i caratteri morali e
politici che contraddistingueranno le future organizzazioni statali, il cui
stile si può dire già pienamente occidentale, della Grecia! Elementi
invece di stridente diversità tra esse sono senza dubbio quelli legati al
carattere guerriero degli Achei, in contrasto con quello pacifico e gioioso
dei popoli Cretesi del periodo minoico. Non bisogna considerare difatti solo
tale diversità spirituale, ma anche le conseguenze a essa connesse: cioè la
pratica costante o frequente della guerra, le forti aspirazioni
imperialistiche ed espansive (basate spesso su azioni di carattere militare)
nonché in generale il carattere predatorio della società micenea, tutti
aspetti discendenti appunto dalle sue inclinazioni guerriere. Non
infrequenti dovettero essere infatti le azioni belliche ai danni di altre
popolazioni, e a volte forse anche tra stati consanguinei, con la conseguenza
che presto si sviluppò - attraverso la pratica della riduzione in schiavitù
dei vinti - una prima forma di produzione servile o schiavile. Tutti elementi
quasi certamente estranei alla società minoica (oltre che a quelle del Vicino
oriente asiatico, nelle quali la schiavitù rivestì sempre un carattere
marginale), e che inoltre preannunciarono molti dei caratteri dell'economia
delle società occidentali future. Vi sono poi dei punti di somiglianza
dinamici, in quanto sorti dall'influenza esercitata dai Minoici sulle
popolazioni del continente, in particolare su quelle achee. Tra essi
troviamo prima di tutto la pratica del commercio e quella della navigazione,
attività estranee (soprattutto la seconda) alle popolazioni indoeuropee
provenienti dalle zone interne dell'Europa, e comunque poco sviluppate nel
mondo pre-miceneo (anche dato il basso livello di produttività, e la scarsa
presenza di eccedenze da impegnare nei traffici). E' da notare inoltre che i
Micenei, appresa in un certo qual senso fin troppo bene la lezione dei
Minoici, arrivarono a soppiantare l'egemonia di questi ultimi sul mare Egeo
(definita "talassocrazia"), ereditandone così la missione di civiltà guida
dei popoli marittimi circostanti, ed estendendo al tempo stesso il raggio di
tale azione anche attraverso la fondazione di colonie, sia in Asia minore che
in Italia. La fine della civiltà minoica si fa risalire comunemente
all'invasione da parte degli Achei avvenuta nel XV secolo (1475?), con la
conseguente distruzione dei Palazzi sedi del potere precedente - in
particolare quello di Cnosso. Fu questo molto probabilmente l'evento
principale nel quale le due civiltà si incontrarono e si scontrarono, e
comunque è l'unico di cui ci sia giunta notizia. Esso - se avvenne - segnò
in un certo senso il passaggio di consegne da una civiltà all'altra;
altrimenti si deve dedurre che il declino autonomo di Creta abbia favorito o
comunque accelerato l'affermazione della civiltà micenea a livello egeo. -
La struttura interna della società micenea La società micenea era impostata
(come, del resto, tutte le società sorte dal superamento delle fasi
associative di carattere gentilizio) su rapporti gerarchici estremamente
rigidi, fondati su di una piramide di poteri statica, alle cui estremità si
trovavano da una parte delle realtà di tipo locale (damoi), eredità appunto
della precedente fase tribale, e dall'altra il sovrano (wanax) che deteneva
ruoli amministrativi e militari. Punto controverso è il ruolo detenuto dalla
classe intermedia tra il popolo e la corte, ovvero l'aristocrazia (divisa tra
il lawaghetas, il nobile principale, e i lawoi, la nobiltà territoriale), e
soprattutto il tipo di rapporto che essa intratteneva con i territori
(temenoi) su cui era insediata. In altri termini, è in questione l'esistenza
o meno di una prima forma di proprietà privata - la quale, seppure esisteva,
era comunque certamente in stretta connessione con il potere del sovrano, dal
quale derivava. Secondo alcuni storici non si può infatti parlare, per le
società micenee, di una esclusiva proprietà della terra da parte del sovrano
(come invece accadeva nella maggior parte degli stati orientali: per esempio
l'Egitto). Ciò poiché l'invasione dei territori, innestatasi sul precedente
possesso territoriale delle popolazioni pelasgiche, avrebbe reso meno
definitivo il diritto di proprietà dei conquistatori. Di conseguenza, secondo
questa teoria, gli Achei si sarebbero limitati a pretendere dalle
popolazioni asservite il pagamento di tributi e il rispetto di vincoli di
fedeltà, senza tuttavia espropriarle totalmente dei loro beni: in altri
termini, alla "proprietà orientale" del re si sarebbe qui sostituito un
concetto per così dire attenuato: quello di "sovranità", i cui futuri
sviluppi sarebbero germogliati proprio in occidente. Se una tale teoria è
vera, allora è molto probabile che negli stati micenei si sia sviluppata una
prima forma di proprietà indipendente dal potere del Principe, sia per ciò
che riguarda la nobiltà, sia per ciò che riguarda coloro che - peraltro
proprio principalmente sotto l'impulso e per soddisfare le commissioni dei
componenti della corte - praticavano attività di scambio con altre regioni.
Anche le popolazioni originarie, inoltre, avrebbero goduto di una relativa
autonomia rispetto ai poteri del wanax e della sua corte. A prescindere da
una tale questione comunque, è indiscutibile che la società achea fosse
basata su un potere centrale estremamente forte, dalle cui decisioni
dipendevano (forse in modo totale, forse no) i diversi poteri locali. Un
altro aspetto caratteristico della civiltà micenea è la pratica frequente di
incursioni ai danni delle popolazioni circostanti, specialmente di
quelle delle vicine regioni anatoliche. Da tali guerre di conquista
derivavano ai nobili e ai sovrani non solo ricchi bottini (come ampiamente
attestato dalle loro sepolture), ma anche un notevole apporto di manodopera
schiavile - un apporto che col tempo si fece sempre più indispensabile,
divenendo così nelle società classiche una delle basi pricipali (se non la
principale) della produzione. Un altro fenomeno connesso alla pratica delle
attività belliche fu la fondazione di molteplici colonie, avamposti non
soltanto militari ma anche commerciali, diffuse sia sulle coste dell'Asia
minore che su quelle dell'Italia meridionale! Tali insediamenti
costituiranno inoltre la base dei futuri flussi migratori sia ellenici sia
dorici (XII sec.), oltre che di quelli della "Seconda grande colonizzazione",
avvenuta tra IX e VIII secolo. L'Iliade e l'Odissea, preziose fonti sul mondo
miceneo Punto d'avvio della tradizione letteraria classica, l'Iliade e
l'Odissea non sono per noi moderni solo delle grandissime opere d'arte, ma
anche preziosissime fonti di conoscenza del mondo Miceneo. Non che tali
poemi siano stati composti in questo periodo (le ragioni della loro
composizione verranno analizzate nel prossimo paragrafo), essendone al
contrario una rivisitazione in chiave poetica fatta da uno o più autori d'età
arcaica (cioè tra il IX e l'VIII sec.) Essi comunque, per quanto certamente
poco attendibili sotto molti aspetti, rimangono la principale sorgente
di informazioni non archeologiche sull'età micenea. Mentre l'Iliade narra
di una spedizione di guerra fatta congiuntamente da diversi stati micenei ai
danni della città di Ilio, dandoci in questo modo un esempio (più o meno
affidabile) di come tali imprese dovessero svolgersi, l'Odissea al contrario
ci può fornire (attraverso la descrizione del regno di Ulisse, dei rapporti
sociali e politici in esso vigenti, della distribuzione delle attività…)
preziose informazioni su come fosse organizzata una tipica società di Palazzo
micenea. Ci limiteremo qui avanti a delle brevi osservazioni su ciò che si
può evincere da tali opere, cominciando dalla più antica, l'Iliade, e
passando poi a quella più moderna, l'Odissea.
Quel che appare in
grande evidenza dall'Iliade della società micenea è il carattere guerriero e
i valori eroici (pur forse in gran parte prodotto di un'idealizzazione
successiva, quella del poeta e della civiltà di cui era espressione, cfr
prossimo paragrafo) che la caratterizzavano. Si possono poi fare inoltre
svariate osservazioni, a cominciare dalla fondamentale anarchia vigente tra i
diversi stati, pure riuniti sotto il potere di un sovrano considerato (in
gran parte solo formalmente) il più potente e il primo su tutti gli altri. Se
ne evince allora che: a) l'unica unità possibile tra gli stati micenei si
riduceva alla composizione di leghe militari in tempo di guerra, e che b) la
loro coesione reale doveva essere nei fatti molto debole, se non
inesistente. Non è dato inoltre di scorgere una forte presenza di tipo
sacerdotale, nel mondo descritto dai poemi omerici. La sola presenza che
richiami questo tipo di mansioni è quella dell'indovino Calcante. La quasi
totale assenza di questo tipo di figure potrebbe essere dovuta al soggetto
stesso dell'opera, ma è comunque molto probabile che ciò sia dovuto invece a
un dato strutturale del mondo miceneo (e che si ritroverà poi nel mondo
classico). Per quanto riguarda l'Odissea invece, ciò che essa ci dice del
mondo miceneo è di portata decisamente più ampia. La seconda parte infatti,
quella che narra la vicenda del ritorno in patria dell'eroe, è l'occasione
per descrivere un mondo oramai perduto anche per l'autore. Vi si
intravedono così i rapporti sociali sussistenti nel mondo miceneo, non solo
da un punto di vista della gerarchia dei poteri ma anche da quello umano e
affettivo. Essa ci lascia immaginare così un mondo in cui i sovrani vivono
fianco a fianco con i loro servi e schiavi, in un rapporto che è sì
affettuoso e confidenziale ma anche profondamente gerarchizzato!
Caratteristica di Odisseo infatti, è il non disdegnare i lavori umili (come
la costruzione della zattera che lo porterà sull'isola dei Feaci), ma anche
l'essere oggetto di venerazione da parte del porcaro Eumeo e il poter
rivendicare, come sovrano, una fedeltà pressoché assoluta da parte dei
componenti della comunità di Itaca. Si può scorgere inoltre, nelle pieghe
delle vicende narrate, la struttura fisica della società di Palazzo, con la
reggia di Ulisse che è il centro e il punto di convergenza di svariate
attività: la pastorizia, l'allevamento del bestiame, la pratica delle
attività di tipo artigianale (connesse soprattutto alla lavorazione dei
metalli), e le attività tipicamente femminili (si pensi alla tela di
Penelope…) Anche se non si può parlare di una descrizione completa del mondo
miceneo, sono in ogni caso presenti in tale opera svariati indizi che ci
aiutano a farcene un'immagine. Non si deve dimenticare inoltre che anche
l'Iliade abbonda, nelle sue molte digressioni sulla vita dei personaggi, di
descrizioni riguardanti la loro esistenza quotidiana, e indirettamente anche
di quella dei loro sudditi. Un ultimo cenno va fatto infine alle tavolette in
lineare A e B (le prime rimaste ancora indecifrate), ritrovate sia a Micene
che a Pilo e a Cnosso. Si tratta di una sorta di contabilità interna dei
palazzi di tali città, importanti sia per conoscere le attività che si
volgevano al loro interno, sia come testimonianza dell'esistenza di una
scrittura (per la verità ancora molto lontana da quella alfabetica, più
veloce e facile da utilizzare… insomma, più popolare) la cui invenzione è
forse dovuta a influenze orientali e in particolare egizie. La pratica
della scrittura quindi, sarebbe giunta a Creta dal Vicino Oriente, e da lì
sarebbe stata trasmessa ai Micenei. Essa scomparirà con la fine delle civiltà
'palazziali', riapparendo - anche se stavolta in forma alfabetica - nel
periodo greco arcaico, cfr prossimi due paragrafi) di nuovo per l'influenza
dei popoli orientali. Il "Medioevo ellenico" o la fine dei Palazzi Dopo la
fase micenea o dei Palazzi, iniziò per la storia greca un'epoca oscura e
colma di inquietudine, il cosiddetto Medioevo ellenico, ovvero quell'epoca
buia che fece seguito alla relativa ricchezza e prosperità della civiltà
precedente. Una delle peculiarità di questo periodo è di avere lasciato ben
poche tracce del proprio passaggio, e di essere stato perciò molto spesso
assimilato e confuso con il periodo precedente e con quello arcaico
successivo. In realtà però anche questa seconda fase ebbe delle peculiarità
proprie, per le quali si pose all'origine dei successivi sviluppi della
società ellenica, sviluppi di carattere tipicamente occidentale. Per tale
ragione - e nonostante le inevitabili difficoltà che per noi la sua
conoscenza comporta - un tale periodo di transizione va studiato attentamente
e inteso nei suoi specifici tratti di fondo.
Detto questo, bisogna
ricordare anche come gli sconvolgimenti che a partire dal XIII secolo
devastarono il mondo miceneo e in generale la fiorente civiltà egea, non
furono per nulla un fatto isolato. Negli stessi secoli difatti, anche le zone
dell'entroterra asiatico (dall'Anatolia, sede degli Ittiti, alla Mesopotamia,
comprese le zone a nord di essa, fino all'Egitto) risentirono di
sconvolgimenti interni spesso non meno distruttivi di quelli della Grecia, e
sempre causati da movimenti migratori di carattere violento. E' chiaro poi
che, data la diversità del contesto di partenza, tali eventi diedero luogo in
quelle regioni a formazioni statali estremamente differenti da quelle
sviluppatesi nello stesso periodo in Grecia e in occidente.
1-
Un quadro generale della grande migrazione del tredicesimo secolo Fu il ferro
il grande protagonista di questi anni ! Molto probabilmente esso fornì
difatti alle popolazioni del nord - la seconda ondata di genti 'indoeuropee'
- il dirompente strumento che sbaragliò le difese di una civiltà, quella
mediterranea, decisamente più progredita in quanto maturata nei secoli, e nei
millenni, precedenti (civiltà che tuttavia già da alcuni decenni
attraversava, in zone come la Grecia, un autonomo declino). Così, se l'epoca
precedente, coincidente temporalmente con la civiltà micenea e con quella
ittita, viene definita dagli storici "Età del Bronzo", il successivo periodo
viene denominato invece "Età del Ferro", e fatto iniziare più o meno
concordemente con le invasioni e le devastazioni indoeuropee del XIII secolo,
ovvero con il generale declino di quella che era stata la precedente
civiltà. - Prospetto generale delle trasformazioni del mondo asiatico e
mediterraneo Alla base di tutto vi fu forse il movimento degli Illiri,
popolazioni situate a nord della Grecia le quali, partendo dalle loro sedi
originarie e mettendo in moto altre popolazioni, determinarono una sorta di
'effetto domino'. Gli effetti di tali spostamenti si avvertirono così un po’
in tutta l'area egea e in quella vicino orientale, dalla Grecia all'Anatolia
alla Mesopotamia. In Grecia, per esempio, tali popoli coinvolsero nella
propria discesa anche le popolazioni doriche e quelle nord occidentali. Il
tutto poi con pesantissime ripercussioni sugli equilibri delle zone più
interne e storicamente più 'interessanti', quella cioè che partendo
dall'Etolia giungono fino al Peloponneso. Quanto all'Anatolia invece, si
pensa che furono soprattutto i Traci, spinti in avanti dall'invasione
illirica, a invaderla. In Oriente invece furono gli Assiri (un'etnia
estremamente aggressiva situata nelle regioni a nord della Mesopotamia, e le
cui innovative tecniche belliche colsero di sorpresa i popoli asiatici) ad
approfittare della situazione di destabilizzazione politica dovuta alle
invasioni per sottomettere le zone circostanti: dalla Babilonia, nel X
secolo, fino all'Egitto nel VII. Ma furono soprattutto i cosiddetti "Popoli
del Mare" (molto probabilmente un miscuglio di differenti popolazioni alla
ricerca di terre su cui insediarsi, e la cui corsa fu infine fermata
dall'esercito egiziano) a guidare le scorribande migratorie nell'area
asiatica. Queste poi le conseguenze principali che tali eventi ebbero sulla
precedente compagine degli stati: 1) la scomparsa - o quantomeno una
profonda trasformazione - dei regni Micenei, assieme a quella (pressoché
totale) dell'Impero ittita; 2) l'instaurarsi di un dominio assiro sulla più
antica civiltà babilonese, nonché successivamente sulle zone limitrofe e su
quelle a sud; 3) ed infine la chiusura politica dell'Egitto (un paese da
sempre caratterizzato da marcate tendenze isolazionistiche, dalle quali però
nei secoli precedenti, costretto anche dalla generale apertura tra gli
stati asiatici, si era fortemente emancipato). Collocandoci poi su un
piano complessivo, possiamo parlare di una brusca interruzione - o comunque
di un ridimensionamento - delle comunicazioni e dei traffici, quindi anche
delle contaminazioni culturali, tra le regioni che avevano composto la
precedente unità mediterranea (nazioni i cui interessi ed approvvigionamenti
dipendevano appunto da tale unità). Un'interruzione che, non soltanto in
Grecia ma in tutto il mondo mediterraneo, durerà per alcuni secoli. E'
estremamente probabile infine - come attestato anche da una lunga tradizione
storiografica, risalente ancora agli storici antichi - che gli Etruschi
fossero in origine delle popolazioni anatoliche che, in fuga dalle proprie
sedi verso le regioni occidentali, raggiunsero le regioni italiche. -
Situazione del Mediterraneo orientale e del Vicino Oriente al termine delle
invasioni indoeuropee Come facilmente intuibile, le conseguenze di tali
invasioni - oltretutto estremamente violente - su società ancora 'primitive',
le cui basi non erano certamente solide, poiché fondate su tecniche
produttive e su strutture politiche ancora estremamente fragili, furono
sconvolgenti! Da una parte vi furono le molteplici e inevitabili devastazioni
legate alle guerre, dall'altra vi fu la sostituzione delle vecchie 'classi
dirigenti' (cresciute nei secoli precedenti ed espressione del clima che in
essi si era andato formando) con le nuove, decisamente più "barbare" e più
primitive. A ciò si aggiunga poi: un forte arretramento nelle tecniche
produttive [1], il collasso dello stato e della quantità dei traffici (un
fatto dovuto sia a un'ormai minore produzione dei beni d'uso, sia - e
soprattutto - alla scomparsa di molti popoli precedentemente dediti ad
attività mercantili, sia infine alla generale insicurezza delle vie di
transito), ed infine, molto probabilmente, anche la diminuzione della
popolazione. (Fattori simili peraltro a quelli che, mutatis mutandis,
caratterizzeranno anche l'inizio del Medioevo cristiano.) Si interruppe
insomma quel clima di serena comunione tra popoli legati - più o meno
direttamente - al Mediterraneo orientale, che aveva caratterizzato l'epoca
precedente, sia nell'area egea che in quella medio orientale. E un tale
cambiamento di rotta determinò (essendone al tempo stesso anche
una manifestazione) un impoverimento generalizzato, tanto materiale
che culturale, delle zone in questione. Soltanto i Fenici costituirono
un'eccezione a questo clima di chiusura. Essi infatti continuarono a portare
avanti gli scambi commerciali: un'attività nella quale ora (e per un lungo
periodo) detennero un primato pressoché assoluto. Non fu un caso poi se
essi tesero a sviluppare i loro traffici prevalentemente verso l'occidente,
cioè verso l'Africa e la Spagna, in quanto zone ricche di metalli e non
toccate da tali eventi traumatici. [1] Perché un simile arretramento delle
forze (ovvero delle tecniche) produttive? Semplicemente per la precarietà -
vista la fondamentale assenza di scrittura e di strumenti che potessero
tramandare la sapienza antica - di quel 'know how' che a esse era sotteso.
Inevitabilmente infatti i barbari spazzarono via, assieme a molti elementi
materiali (quali monumenti, strade, ecc.) della civiltà precedente, anche un
gran numero di conoscenze di carattere tecnico. E si faticò poi molto,
attraverso un processo che richiese certamente parecchio tempo, a
riscoprirle. 2- La trasformazione della Grecia e delle vicine coste egee tra
XII e IX secolo: nascita di nuovi regni e prima colonizzazione
greca Dopo avere delineato la situazione complessiva che fece seguito alle
grandi migrazioni del XIII/XII secolo, affronteremo qui di seguito un tale
evento in relazione alla Grecia continentale e insulare e alle regioni
costiere dell'Asia anteriore (oggetto, a loro volta, di invasione e di
colonizzazione da parte dei Greci). Come già abbiamo fatto per il mondo
mediterraneo, ci soffermeremo prima sui fatti, cioè sia sulle migrazioni
indoeuropee che su quelle a esse connesse (in quanto determinate dalle prime,
e con le quali inoltre spesso si fusero), e successivamente ci occuperemo
delle trasformazioni di ordine sociale e politico cui tali sconvolgimenti
diedero luogo, non solo sul continente europeo.
- Movimenti di popoli
in Grecia e dalla Grecia Gli eventi che sconvolsero la Grecia nel XIII secolo
(e al termine dei quali sorsero delle nuove società) passarono alla storia
come "invasioni doriche", dal nome di alcuni popoli situati a nord della
Grecia (nella regione del Pindo) che, a quanto pare, detennero in essi un
ruolo primario. Ma, come già si è detto, tale flusso migratorio non fu prima
di tutto dorico, bensì indoeuropeo e illirico. Questi popoli infatti, nella
loro discesa verso le regioni meridionali, dotati tra l'altro di micidiali
armi in ferro (ancora totalmente sconosciute ai popoli egei), finirono
per smuovere dalle loro sedi alcune popolazioni della Grecia settentrionale
(i Dori e i Tessali) rafforzando così l'effetto delle proprie
incursioni. Come gli Illiri avevano scacciato molti Tessali dalla Tessaglia e
molti Dori dal loro territorio originario, il Pindo, così le popolazioni
miste che invasero le regioni della Grecia centro-meridionale indussero
molto probabilmente gran parte dei loro abitanti a fuggire, con le
seguenti conseguenze: a) le etnie Eoliche (situate nella zona a Nord)
fondarono sulle coste anatoliche settentrionali (antistanti alle loro regioni
originarie) delle proprie colonie; b) le etnie Ioniche (per la verità le meno
toccate dalle invasioni doriche) fondarono invece le colonie ioniche; c) le
etnie Achee, situate nelle regioni più a sud, cioè in Argolide e nel
Peloponneso, dopo essere rifluite a nord (Ionia, Etolia, Beozia, ecc.),
presero probabilmente parte alle precedenti migrazioni. Anche i Dori non
si fermarono, dopo l'acquisizione delle regioni meridionali della Grecia,
cioè l'Argolide e il Peloponneso, e passarono a conquistare sia le isole
meridionali (compresa Creta, che divenne una delle sedi della civiltà dorica
nel mar Egeo) sia le coste meridionali dell'Anatolia occidentale. Al
termine di questo flusso migratorio troviamo dunque la
Grecia centro-meridionale divisa in tre distinte zone: a) quella eolica (la
più a nord), b) quella ionica (nella parte centrale: Eubea, Attica, Cicladi),
c) quella dorica (all'estremo sud). A esse corrisposero a grandi linee poi
tre zone coloniali sulle coste asiatiche, poste loro immediatamente di
fronte: a) le colonie eoliche (nord), b) quelle ioniche (centro), c) quelle
doriche (sud). Era così oramai delineata quella che sarebbe stata la
conformazione etnica e politica del mondo ellenico, fino peraltro al periodo
classico! - Trasformazioni sociali e istituzionali nel mondo ellenico Come
si è detto, le incursioni del XIII secolo ebbero pesanti conseguenze non solo
sulla distribuzione delle diverse etnie sul suolo ellenico, ma anche sul loro
stile di governo. Queste nuove forme di dominio poi, emerse tutte - più o
meno direttamente - da tali eventi, portarono con sé dei fenomeni nuovi,
quali ad esempio la proprietà privata, i primi governi su base aristocratica
o oligarchica, i fondamenti delle future poleis d'età classica… oltre a tutta
una serie di trasformazioni che anticiperanno molti aspetti dei regimi
politici dei prossimi secoli. Analizzeremo qui avanti i seguenti punti: a) il
passaggio dalle società monarchiche (di Palazzo) a quelle aristocratiche, b)
il ruolo delle colonie negli sviluppi della civiltà greca, c) le
sopravvivenze della civiltà achea e micenea nelle regioni egee, d) il
discorso sullo sviluppo della proprietà privata nelle sue due opposte forme:
quella più propriamente personale e quella invece collettiva o 'di
casta'. a) le società oligarchiche Abbiamo visto come le società di
Palazzo fossero il risultato di invasioni prevalentemente non violente: non a
caso esse riflettevano, nelle proprie strutture, le condizioni pacifiche e il
graduale processo storico dal quale erano sorte. Erano difatti
fondamentalmente società piramidali, in cui le decisioni più importanti
dipendevano dall'autorità del sovrano (wanax), vertice di un'organizzazione
sociale fondata su una cooperazione incessante tra le diverse classi (o
meglio caste) che la componevano. Le società sorte dall'invasione dorica (e
in generale dal processo di riassestamento delle popolazioni greche)
riflettevano invece ben altra condizione di partenza: quella
dell'espropriazione violenta delle terre da parte di una popolazione
conquistatrice, ai danni dei suoi precedenti abitatori. A partire da questa
considerazione, si può capire quale profonda diversità sussistesse tra la
civiltà Micenea e quella "feudale" successiva. Da una parte, mentre nel mondo
miceneo la proprietà era interamente del sovrano, ovvero vigeva
(implicitamente) una forma di proprietà collettiva, in quelle post-micenee la
proprietà divenne una prerogativa esclusiva di una parte minoritaria della
popolazione, ovvero i conquistatori, cui si contrapponeva la 'plebe'
asservita ed espropriata. Da una struttura piramidale si passò così ad
un'altra di tipo orizzontale, o comunque fondata su due condizioni sociali
parallele: quella dei vinti e quella dei vincitori. Dall'altra - fatto non
meno importante - mentre nel mondo miceneo era fondamentale la figura del
sovrano, che costituiva il vertice stesso della piramide sociale, in quelle
'doriche' era il gruppo dominante ad assolvere un simile ruolo egemone. Non
più quindi un singolo individuo e una singola autorità, bensì piuttosto un
gruppo di individui posti su un piano di fondamentale parità (dovuto
all'appartenenza a una medesima etnia e, spesso, a una stessa famiglia o
stirpe, il ghenos). Quella dell'età buia insomma, fu una società di tipo
oligarchico, basata sul "governo dei pochi", anziché, come quella precedente,
una società monarchica di matrice assolutistica. Ma l'esistenza effettiva del
sovrano e del Palazzo divenne impossibile - a ben osservare la situazione -
anche per un'altra ragione: il ruolo del Palazzo era stato in passato quello
di servire da collettore delle eccedenze alimentari (come in tutte le società
di tipo asiatico, del resto), o come punto di irraggiamento dei commerci
(alimentati dalle commissioni della corte, o pianificati da questa in vista
di esigenze di carattere collettivo), o si era comunque basato su aspetti
della vita sociale allora molto vivi, ma oramai virtualmente inesistenti.
Appare insomma chiaro che, in un contesto fortemente impoverito come quello
che fece seguito alle invasioni doriche, le esigenze connesse alla funzione
regale diminuissero drasticamente, e con esse quindi il ruolo dell'autorità
del wanax e quella del Palazzo. Non si vuole dire con questo che, da un
momento all'altro, l'istituzione monarchica scomparve, ma piuttosto che essa
- pur sopravvivendo per un certo periodo, come vestigio del tempo passato, o
come espressione di una gerarchia interna ai popoli invasori vigente ancora
ai tempi delle guerre di conquista - tese gradualmente ad atrofizzarsi, per
la perdita di un ruolo e di un significato reale. Già prima del X secolo,
difatti, non vi fu più traccia - o quasi - dell'istituto monarchico nel mondo
greco (se si eccettuano alcuni sporadici esempi interni e altri nelle
regioni periferiche, come la Macedonia e l'Epiro). Differenze essenziali
tra il mondo miceneo e il mondo 'dorico' (quello sorto cioè dagli
stravolgimenti causati dalle incursioni violente dei popoli dorici) furono
quindi: a) la mancanza nel secondo di un centro di potere forte, dal quale
dipendessero le realtà locali; e b) la conquista del potere politico da parte
di una classe aristocratica (di stampo militare) che si contrappose alla
massa della popolazione originaria, da essa espropriata dei propri diritti e
delle proprie terre. Altre implicazioni di questo discorso verranno
analizzate più avanti. Occupiamoci ora del ruolo delle colonie asiatiche
nell'economia degli stati greci. b) Il ruolo svolto dalle colonie nella
storia greca arcaica Nelle trasformazioni del mondo ellenico dopo il XII
secolo, un ruolo molto particolare ebbero le colonie asiatiche, e ciò
peraltro fino al periodo successivo, quello arcaico. Esse infatti svolsero
due funzioni essenziali per la civiltà greca: a) svilupparono una prima
coscienza 'nazionale', un primo senso di patria e di appartenenza culturale
(che contagiò poi anche i Greci europei); b) assolsero ad una preziosa
funzione di assimilazione di motivi e influssi provenienti dalle civiltà
asiatiche (anatoliche, fenicie, mesopotamiche ed egizie), all'avanguardia
come sempre da un punto di vista tecnico-scientifico e ricche di suggestioni
culturali. Per tali ragioni, furono proprio le colonie asiatiche a porre
molte delle basi della futura cultura greca. Non a caso difatti, alcuni dei
più grandi esponenti di essa - uno tra tutti, Omero - provennero proprio da
esse. Un aspetto che da subito iniziò a emergere nelle zone greco-asiatiche -
e soprattutto in quelle ioniche - fu la 'nostalgia' per la madrepatria, per
i costumi e per la lingua originari, non solo a causa della distanza da
essa, ma anche a partire da un contesto - quello dei popoli asserviti
- decisamente differente e estremamente ostile. Le colonie difatti,
si mantennero sempre molto legate (almeno idealmente) alle proprie
terre d'origine: un fattore alimentato dall'ostilità delle etnie da
esse sottomesse, con le quali molto probabilmente non fu possibile istituire
un dialogo. Fu insomma a partire dalla distanza dai propri usi e costumi
di provenienza, che i coloni svilupparono la consapevolezza di essere greci,
trasmettendola successivamente alle regioni di provenienza. L'altro
aspetto non fu forse così immediato. Inizialmente difatti anche l'Oriente
(pur così antico e così ricco di suggestioni) non ebbe molto da offrire alla
cultura greca. La recente migrazione aveva difatti fortemente destabilizzato
anche tali aree e provocato una loro temporanea regressione. Solo nei secoli
successivi, con lo svilupparsi di un nuovo assetto politico stabile, esso
poté costituire di nuovo una fucina di idee e di stimoli
per l'occidente. In Anatolia, per esempio, si affermarono prima il regno
dei Frigi (nella zona orientale) e poi quello dei Lidi (in quella più
occidentale); nell'entroterra asiatico invece l'Impero assiro la fece da
padrone un po’ ovunque (compreso l'Egitto, anche se per un periodo breve) dal
IX fino all'VIII/VII secolo. Fu soprattutto dai Lidi però che le colonie
greche, nel periodo finale del cosiddetto 'Medioevo ellenico', ricevettero i
maggiori stimoli. Da tali popoli infatti esse raccolsero due invenzioni
fenomenali, che posero le basi dei futuri sviluppi non solo della Grecia, ma
dell'intera umanità: a) la moneta (intesa in senso moderno), e b) la
scrittura alfabetica (più veloce e comoda di quella geroglifica, più facile
quindi da utilizzare). Ma anche in campo letterario le colonie diedero un
apporto fondamentale, con la stesura tra il X e il IX secolo dei due celebri
poemi omerici (ad opera di una figura "semi-storica", il poeta Omero), nei
quali veniva rievocata l'antica civiltà micenea, oramai appartenente ad un
passato mitizzato, che assumeva quindi un forte valore simbolico. Tali opere
difatti assommavano in se stesse sia gli ideali eroici dell'aristocrazia
greca conquistatrice, sia il rimpianto di essa per la propria patria e per le
proprie gloriose origini. Va però ricordato di nuovo, che gli apporti più
rilevanti provenienti sia dalle colonie orientali che dalle vicine civiltà
asiatiche, si collocarono quasi tutti sul finire dell'epoca buia, quando cioè
la situazione cominciava a stabilizzarsi, permettendo così alle energie
intellettuali e creative fino ad allora rimaste compresse e inutilizzate di
potersi nuovamente esprimere. c) Sopravvivenze delle civiltà micenee La
scomparsa, in seguito alle incursioni indoeuropee del XIII secolo,
delle civiltà di Palazzo micenee, non significò però quella della cultura
achea. Le popolazioni achee, infatti, continuarono a esistere e - sebbene con
forti limitazioni - a portare avanti le proprie antiche tradizioni
(artistiche, religiose, ecc.) Nel complesso tuttavia, all'epoca delle
società piramidali e 'cooperative' fece seguito quella delle nuove società,
fondate sull'espropriazione (un discorso che non vale solo per i Dori, ma
anche per quei popoli greci che - cacciati dai primi dalle proprie sedi
originarie - molto spesso si trovarono costretti a porre in atto un analogo
meccanismo di espropriazione, ai danni ovviamente di altre
popolazioni.) La pratica della violenza ai fini del dominio su territori
contesi tra diverse etnie divenne insomma un fatto molto comune, e si ruppe
così l'unità linguistico-culturale (anche se non politica) sorta nel corso
dei secoli precedenti tra le diverse zone dell'Ellade. Ma in che modo e in
che misura gli Achei, o meglio le popolazioni eoliche e quelle ioniche,
espressione di oramai antiche civiltà, poterono perpetuare le proprie
tradizioni e la propria identità culturale, in un mondo tanto fortemente
trasformato? Sul territorio greco il clima politico era profondamente mutato,
e ciò anche in quelle zone (come l'Attica e l'Eubea) nelle quali le
incursioni doriche non erano giunte direttamente. Ma nelle isolette minori
dell'Egeo, poste al di fuori del grande flusso storico, essi poterono
conservare ancora a lungo sia la propria cultura che le precedenti strutture
sociali (ne fanno fede ad esempio, le tombe a tumulo che sono state ritrovate
in alcune di esse). Un discorso abbastanza simile vale poi per le colonie
ioniche e eoliche, laddove però i Greci dovettero combattere e difendersi
dall'ostilità degli indigeni (con conseguenze ad esempio sul tipo di governo,
che fu, come era del resto in Grecia, di tipo aristocratico e
militare). Un discorso a sé merita infine l'isola di Cipro, e non solo in
relazione ai greci. In essa difatti, i popoli del Mare non arrivarono, ragion
per cui Cipro si conservò intatta dalle trasformazioni che tali incursioni
portarono laddove giunsero. In tale isola si sviluppò una sorta di civiltà
mista, acheo-fenicia (essa difatti è posta immediatamente davanti alla
Siria), nella quale molto probabilmente un gran numero di caratteri delle
civiltà precedenti poterono conservarsi con singolare vigoria. In ogni
caso, complessivamente, il mondo egeo subì - sia sul piano culturale, che su
quello politico - una profonda trasformazione, che annullò molte delle
precedenti scoperte (anche tecniche, come ad esempio la scrittura lineare
d'origine cretese) del periodo precedente. Il mondo greco passò quindi
attraverso le forche caudine di una sorta di Medioevo, per risvegliarsi però
al suo termine - come del resto accade di solito per tutti i 'Medioevi' - più
maturo e più ricco di prima ! d) I due sviluppi della proprietà
aristocratica Come si è detto, la base storica dei nuovi stati fu l'atto
stesso con cui gli invasori espropriarono delle loro terre le popolazioni
indigene (o che comunque in essi risiedevano da più lungo tempo). Per tale
ragione, la società si divise tra una casta dominante e una subordinata
(composta in prevalenza dagli antichi residenti). A partire da un tale
atto di espropriazione, si comprende in che modo insorgesse l'uso della
proprietà privata (nel senso escludente ed 'esclusivo' del termine) delle
terre ad opera di una fascia della popolazione, più o meno ristretta, e ai
danni di un'altra. Si formò difatti una classe/casta dominante - dove il
termine classe sta a indicare un gruppo di individui proprietari,
inizialmente solo a titolo collettivo, delle terre su cui risiedevano (senza,
quindi, alcuna funzione delegata rispetto a un'autorità superiore: quella del
re), mentre il termine casta indica un gruppo (chiuso) di individui
proprietari per famiglia e per nascita, e non per meriti o per fortuna, di
certi privilegi sociali (primo dei quali, ovvia mente, quello di essere
proprietaria delle terre) - contrapposta a un'altra che si trovava in una
condizione minoritaria. E' chiaro poi come, mancando un'autorità di
riferimento - o essendo quest'ultima comunque estremamente debole - gli
esponenti della classe nobiliare fossero indotti a fare anche un ultimo
passo: quello cioè di appropriarsi a titolo personale dei territori sui quali
già risiedevano, seppure in qualità di gestori per conto della loro stessa
comunità clanica (ghenos). Da una proprietà di carattere collettivo,
dunque, essa diveniva lentamente una proprietà integralmente privata! O, se
si preferisce, da una forma di proprietà di carattere comunitario e
collegiale (di casta), si passava a un'altra completamente privata, in quanto
prettamente personale e individuale. Tuttavia, è da notare come
quest'ultima trasformazione, sebbene costituisse la norma, non fu in ogni
caso del tutto priva di eccezioni. L'esempio più eclatante è quello
costituito da Sparta, una polis di carattere spiccatamente militare nella
quale, tra gli individui componenti la casta dei dominatori, non esisteva
alcuna dimensione privata, nemmeno - come noto - quella familiare. In tale
città la dimensione di casta fu conservata con un rigore che spesso suscitò
tra i contemporanei una profonda ammirazione e che oggi, a un osservatore
moderno, provoca invece di solito una sorta di raccapriccio. Ma Sparta è
esemplare ai nostri occhi anche per un'altra ragione, per comprendere cioè le
motivazioni alla base di una tale organizzazione politica. Posta difatti a
capo di un vero e proprio impero territoriale - il quale col tempo finì per
estendersi anche alle zone circostanti: cioè la Laconia e la Messenia - essa
avvertì più profondamente di altre aree il bisogno di mantenere una forte
compattezza e coesione tra i propri cittadini (gli Spartiati) contro le
popolazioni sottomesse (Iloti e Perieci). Dalla sua vicenda dunque, si rende
chiaro come mai furono soprattutto le stirpi doriche a propendere per una
tale soluzione, aristocratica e militare, anziché per una di tipo
(maggiormente) democratico Infiltratesi infatti sui propri territori come
dominatrici, attraverso una rivoluzione violenta, esse da subito non
riuscirono ad amalgamarsi alle precedenti popolazioni (da esse asservite).
Tale fattore poi diede vita col tempo ad un meccanismo di tipo difensivo che
finì per autoalimentarsi, creando così una spirale di odio e di violenza che
- anziché attenuarla - rafforzò sempre di più tale ostilità. Questo
certamente indusse i popoli egemoni a rimanere tali, anziché - come invece
accadde nella maggior parte delle altre regioni - a mitigare la distanza che
li separava dai vinti. Se è dunque vero che la Grecia ci offre un vasto
ventaglio di esempi (anche se certo non gli unici) di stati di tipo
occidentale o privatistico, è vero anche che un tale discorso vi si sviluppò
secondo modalità o 'gradi' estremamente differenti : Atene, la città-stato
democratica per eccellenza (sorta però, si badi bene, ben oltre il periodo
qui descritto!) fu difatti molto differente rispetto a quella aristocratica e
militare per antonomasia, cioè Sparta. Preciseremo meglio più avanti il
modo e i percorsi attraverso cui tali destini si separarono. Dark Ages:
una breve premessa Il presente testo ci appare interessante per due motivi:
da una parte esso ribadisce alcuni concetti già espressi nel nostro breve
scritto, a volte aggiungendovi utili elementi di riflessione; dall'altra
invece prospetta delle questioni (come la possibilità di un autonomo processo
di decadenza dei regni micenei) nemmeno considerate dalla nostra modesta
trattazione. Inoltre, la chiarezza dell'esposizione ne fa un ottimo strumento
di ripasso dei punti salienti del discorso. Si è scelto di conservare il
testo originale, al fine di permettere al lettore di confrontarlo con la
nostra traduzione - forse non sempre esente da errori e
parzialità.
Dark Ages / L'età oscura The Immediate Post Sub-mycenaean
Period Il periodo immediatamente seguente a quello sub-miceneo At about
1050 virtually all signs of habitation in mainland Greece disappear. There
are virtually no sites where there is continuous occupation from Mycenaean
times into the later period (even then it's no more than a few potsherds).
Only Crete shows continuous habitation. All the major Mycenaean sites are
abandoned, and knowledge of the Linear B writing system is
lost. All'incirca dal 1050 in poi, praticamente tutti i segni
d'insediamenti stabili nella Grecia vera e propria scompaiono. Non si trovano
più virtualmente luoghi in cui sia presente un'occupazione permanente, che
parta dal tempo dei Micenei e arrivi fino a quello successivo (così come,
del pari, non ci rimangono che pochi cocci). Solo Creta mostra ancora
la presenza di abitazioni stabili. Tutti i maggiori centri micenei
vengono abbandonati, e si perde la conoscenza del sistema di scrittura in
lineare B. Dorians I Dori Between the Mycenaean period and the
historical period there is an important difference in the distribution of
dialects of the Greek language. The language of the Linear B tablets most
closely resembles the later Aeolic and Arcadian dialects. In the historical
period, only the interior mountains of the Peloponnesus are inhabited by
speakers of the Arcadian dialect, and a very similar dialect is spoken on the
island of Cyprus, while the less similar Aeolic dialect is spoken along the
Aegean coast of mainland Greece and some islands to the east. At this time,
almost all of the Peloponnesus is inhabited by speakers of the Doric
dialects, which extend to the NW north of the Isthmus. How to explain the
appearance of Doric in areas where in the Bronze the language of the Linear B
tablets remebled Arcadian? Tra il periodo miceneo e quello propriamente
storico [quello cioè concomitante alla rinascita della scrittura in forma
alfabetica nel IX secolo, n.d.r.] sussiste, tra i dialetti della lingua
greca, una importante differenza. La lingua delle tavolette in lineare B
ricorda difatti molto da vicino quella tardo-eolica e quella dei dialetti
arcadici. Nel periodo storico invece, solo le zone interne e montagnose del
Peloponneso sono abitate da popoli che parlano in dialetto arcadico, mentre
un dialetto molto somigliante viene parlato poi nell'isola di Cipro. Il
dialetto eolico meno similare viene invece utilizzato lungo le coste egee
della terraferma greca e su alcune isole a est. In questo periodo, la maggior
parte della regione del Peloponneso è abitata da popoli che parlano dialetti
dorici, e che si spingono fin nella parte nord-ovest dell'Istmo. Ma come
spiegare l'apparire della lingua dorica in aree in cui durante l'età del
Bronzo il linguaggio delle tavolette in lineare B ricordava tanto
l'arcadico? Greek myth indicates that in the generation after the Trojan war,
the ancestors of the Dorians invaded the Peloponnesus and destroyed the
kingdoms described in the Iliad. Could this be a distant remembrance of a
take-over of the Peloponnesus at the time of the destruction of
Mycenaean civilization? Did the Dorians themselves cause this destruction or
did they come south to occupy territory that became thinly populated in
the sub-Mycenaean period as a result of whatever brought an end to the
Mycenaean palaces around 1190? Certainly, the presence of speakers of the
dialect descended from that of the Mycenaeans in the interior of the
Peloponnesus and in Cyprus suggests that they were pushed aside by the
Dorians and retained possession only of the less desirable mountainous
interiour, but this does not indicate when this happened. Archaeology does
not provide an answer to this question, but the linguistic evidence does
indicate that after the fall of Mycenaean civilization the Dorians took over
most of the Peloponnesus. Probably the Dorians did not cause the collapse of
the Mycenaean civilization, and came in after the destruction of
Mycenaean centers, occupying the now sparcely inhabited regions. If they had
entered in such large numbers to destroy the palaces, one might expect
evidence of continuous occupation, and certainly the decadent physical
remains of the Sub-Myrcenaean period suggests a continuation of previous
culture at a reduced level rather than its replacement through take over by
outsiders. La mitologia greca indica che, nel corso della generazione
seguente alla guerra contro Troia, gli antenati dei popoli dorici invasero il
Peloponneso e distrussero i regni descritti dall'Iliade. Può tutto ciò essere
il lontano ricordo di un avvicendamento all'interno del Peloponneso, ai tempi
della distruzione della civiltà micenea? Furono i Dori stessi la causa di
tale distruzione, o essi piuttosto sopravvennero, durante il periodo
sub-miceneo, a occupare dei territori oramai scarsamente popolati, risultato
di una qualche distruzione apportata ai palazzi micenei attorno al
1190? Di certo, la presenza di popoli che parlavano un dialetto che
discendeva da quello miceneo nei territori dell'interno del Peloponneso e in
Cipro, suggerisce che questi ultimi fossero stati sospinti lontano dai
Dori mantenendo così solo il possesso delle zone meno appetibili, quelle
cioè interne e montagnose, anche se questo non indica quando ciò
avvenisse. L'archeologia non ci fornisce una risposta a quest'ultima domanda,
ma l'evidenza linguistica indica che - al termine della decadenza micenea -
i Dori presero possesso della maggior parte del
Peloponneso. Probabilmente, essi non causarono il collasso della precedente
civiltà, sopravvenendo solo al termine della distruzione dei centri micenei,
e occupando così delle regioni abitate oramai in modo discontinuo. Nel
caso infatti essi fossero giunti in numero tale da riuscire a distruggere
i palazzi, dovremmo aspettarci i segni di un'occupazione continua e
organica, mentre i resti oramai decaduti del periodo sub-miceneo
suggeriscono piuttosto un prolungamento, seppure a un livello inferiore,
della cultura precedente, anziché un rimpiazzo di essa dovuto alla presenza
degli invasori. Dark Ages L'età oscura We now enter a period known
as the Dark Ages. For 150 years (1050-900) it seems that there was an
extremely low population, and then a gradual increase. Writing is developed
around 800, but we have reliable written histories only from the fifth
century on. This means we have reasonably good written information back to
about 500. There is information for the period before 500, but it gets
increasingly unreliable as one goes back in time. Back to around 700 we have
fragments of poetical texts and inscriptions, which give us some contemporary
information. But much of the literary tradition about the earlier period is
suspect. For the period before about 700 we have to rely mainly on
archaeological evidence. In the broader sense, the whole period 1050-750 can,
in light of the paucity of reliable information, be classified as the Dark
Age. Si entra così in un'epoca conosciuta come l'Età oscura. Per 150
anni (1050-900) sembra che la popolazione sia stata estremamente
ridotta, dopodiché pare vi sia stato un incremento graduale. La scrittura si
sviluppa attorno all'800, ma iniziamo a possedere documenti degni di fiducia
solo dal quinto secolo in avanti. Il che significa che abbiamo
informazioni ragionevolmente attendibili sul passato solo all'incirca a
partire dal 500. E le informazioni che abbiamo per i periodi precedenti
divengono sempre meno affidabili mano a mano che ci si allontana da una tale
data. Per ciò che concerne gli anni attorno al 700, possediamo frammenti di
testi poetici e di iscrizioni, che ci forniscono delle informazioni su di
essi. Ma la maggior parte della tradizione scritta sui periodi più antichi è
molto sospetta. Per gli anni che precedono il 700 dobbiamo così basarci molto
su evidenze di tipo archeologico. In termini generali quindi, l'intero
periodo 1050-750 può essere definito, alla luce della penuria di
notizie attendibili, come l'Età oscura. Differences between Mycenaean and
Later Greece Le differenze tra la civiltà micenea e la Grecia
posteriore The world which comes into view in the historical period is
completely different from the Mycenaean world. In Mycenaean times, there was
cultural unity (physical remains in all sites are similar), and all signs
indicate that everyone spoke a single dialect related to the later
Arcado-Cyprian dialect. Now there are major intrusions of Dorians into the NW
and Peloponnesus. Il mondo che viene alla luce con l'inizio del periodo
storico è completamente diverso da quello miceneo. Ai tempi di quest'ultimo
infatti, vi era un'unità culturale di fondo (i resti archeologici infatti
sono simili in tutte le zone), e tutti gli indizi ci portano a credere che
ogni regione parlasse un dialetto specifico, affine peraltro a quello
arcadico e cipriota più tardo [gli Achei cacciati dalle loro sedi dalle
popolazioni entranti, si trasferirono infatti - come ha già detto sopra - in
parte nell'entroterra peloponesiaco, in parte invece sull'isola di Cipro,
n.d.r.] Ora invece, troviamo nelle regioni di nord ovest e nel Peloponneso le
maggiori intrusioni doriche. Furthermore, Classical Greece is extremely
parochial, being divided into many small regions that fiercely defended their
independence. We'll talk about the characteristic of these settlements in a
minute. First, what was the government of these early areas like? Inoltre,
la Grecia classica è estremamente frazionata, divisa cioè in molte piccole
unità regionali che difendono con fierezza la propria autonomia. Parleremo
ora molto brevemente delle caratteristiche di questi insediamenti. Prima di
tutto, a cosa somigliò il governo di queste antiche regioni? We know that in
the earliest part of the post-Mycenaean resettlement the Greek communities
were ruled by kings (basileus; note the difference from the term wanax
attested for the king in the Linear B tablets). In a few areas kings survived
into the historical period (e.g, Sparta, Athens). Furthermore there is the
disputed evidence from Homer. Sappiamo che nelle zone meno arcaiche del
ripopolamento post-miceneo, le comunità greche furono governate dal sovrano
(il "basileus" - si noti inoltre la differenza con il termine "wanax", con
cui questi viene designato nelle tavolette in lineare B). Solo in poche aree
i Re sopravvissero anche nel periodo storico (ad esempio Sparta e
Atene). Oltre a ciò, dobbiamo poi vagliare anche le evidenze che ci fornisce
Omero. Homer Omero In order to assess the information given to us by
Homer, it is necessary to know something about how his work was composed.
Antiquity thought that Homer was the name of the author of the Iliad and
Odyssey (the former about the siege of Troy, the latter about Odysseus's
attempt to return home following that war) but knew nothing for certain about
him. Milman Parry demonstrated in 1928 that the poems preserved under Homer's
name were composed in an oral tradition. This refers to poetical practices in
non-literate societies whereby a poet extemporaneously recites a known story
before an audience using a stock of previously learned formulas that he
manipulates to create the poetry as he goes along. This means that the Iliad
and Odyssey were not the spontaneous creations of a single man who used
writing as his method of composition. Instead, whatever the reality of the
person called Homer, the poems stood at the end of a long tradition of oral
composition (there is much dispute about how these originally oral poems came
to be preserved in the written form in which we have them).The poems we have
are generally thought to have reached their present form in about 750 --
reasoning not very convincing, basically that's the date after which scenes
from them appear on works of art. So, what society is portrayed in them? Is
it modelled on the Dark Age period that immediately precedes the one in
which Homer lived, or does it preserve memories of the Mycenaean world? It
seems that the poems have a mixture of both. Per accedere alla
informazioni che Omero ci fornisce, dobbiamo prima conoscere qualcosa sul
modo in cui il suo lavoro fu composto. Gli antichi pensavano che Omero fosse
il nome dell'autore sia dell'Iliade che dell'Odissea (il primo un testo che
trattava la vicenda di Troia; l'altro le imprese di Odisseo per tornare a
casa al termine della guerra), senza sapere però nulla di certo su di lui.
Milman Parry dimostrò nel 1928 che i poemi conservatici sotto il nome di
Omero furono frutto di una tradizione compositiva orale. Ciò rimanda alle
attività poetiche proprie delle società non letterarie, nelle quali il poeta
ri-compone in modo estemporaneo delle storie già note all'uditorio, usando
una serie di formule pregresse manipolando le quali riesce a creare via via
il suo stesso testo. Il che significa che Iliade e Odissea non furono le
creazioni autonome di un singolo personaggio che utilizzò la scrittura come
mezzo di composizione. Al contrario, nonostante l'effettiva esistenza di
colui che viene chiamato Omero, tali poemi sorsero al termine di una lunga
tradizione orale (e si discute molto su come queste opere originariamente
orali accedettero, al fine di venir preservati, alla forma scritta nella
quale oggi li possediamo). Si crede generalmente che essi ottennero la
forma attuale attorno al 750 - ma tale convinzione si fonda su indizi non
molto convincenti, essenzialmente cioè sul fatto che le scene, riprese da
esse, raffigurate nelle opere d'arte datino più o meno a quel periodo.
Dunque, che tipo di società viene rappresentata in tali opere? Una società
modellata sul periodo oscuro che precede immediatamente l'età [arcaica] in
cui visse Omero, o piuttosto il ricordo del più antico periodo miceneo?
Sembra che esse riportino a qualcosa di intermedio tra i due. Ostensibly
the Iliad deals with the sack of Troy. The Greek tradition dated this to ca.
1184, and in fact Troy seems to have been sacked shortly before 1200. The
poems do preserve Mycenaean features. For example, it describes a kind of
helmet made of boar's tusks which is known archaeologically only from the
Mycenaean period and was apparently unknown in Homer's time; also the poem
mentions only weapons made of bronze, something true of Mycenaean period, but
in the later period much use was made of iron. Concretamente, l'Iliade tratta
del sacco della città di Troia. La tradizione greca data al 1180 circa questo
evento, e difatti Ilio sembra essere stata saccheggiata poco prima del 1200.
Il poema preserva alcune caratteristiche micenee. Ad esempio, descrive un
genere di elmo fatto di zanne di cinghiale conosciuto archeologicamente solo
nel periodo miceneo, e che pare fosse sconosciuto al tempo di Omero. Inoltre
esso parla solo di armi in bronzo, cosa vera per il periodo miceneo, dal
momento che nel periodo successivo si usarono prevalentemente quelle in
ferro. Yet the poems clearly aren't an accurate description of Mycenaean
period. They show no knowledge of the palaces and their complicated
bureaucracy and economic system. Chariots are mentioned, but the poet no
longer knows how they are used in battle (they serve as a sort of taxi
service to get the heroes to the front line where they jump off to fight).
There is also no knowledge in the poems of writing. Furthermore, the society
portrayed seems to bear little resemblance to what one would expect of
Mycenaean times. There is no powerful king, only weak leaders who are
challenged by the warriors supposedly under their command (the main plot of
the Iliad concerns Agamemnon's inability to control Achilles). The kings
summon assemblies and listen to the advice given to them by the leading
warriors. This seems to be a reflection of what the kings in the early Dark
Ages were like: much weakened compared to their followers. Interestingly, the
old title for "king" (wanax) used in the Linear B tablets is preserved only
as a title of the god Apollo and has been replaced by the later word
basileus. Dunque, i due poemi non sono certamente delle descrizioni accurate
del mondo miceneo. Essi dimostrano di non conoscere i palazzi, la loro
complicata burocrazia interna e il loro sistema economico. I carri vengono
menzionati, ma il poeta non sa come essi venissero usati in battaglia
(servono infatti per una sorta di servizio-taxi, per portare cioè gli eroi
sul luogo della battaglia, dopodichè essi ne scendono). Né appare in essi
alcun ricordo della presenza della scrittura. Di più, la società descritta
sembra avere scarse relazioni con quella che ci aspetteremmo dai tempi di
Micene. Non esiste un potere monarchico forte, ma solo deboli leader sfidati
dagli stessi guerrieri che dovrebbero essere al loro servizio (filo
conduttore dell'Iliade è l'incapacità di Agamennone a tenere a freno
Achille). I sovrani convocano le assemblee e ascoltano i pareri dati loro dai
principali uomini d'armi. Il che sembra appunto un riflesso di ciò che furono
i re nell'età oscura, ovvero molto più deboli rispetto ai loro predecessori.
Ed è interessante notare che il termine antico "wanax", usato dalle tavolette
in lineare B, rimanga come titolo solo per il dio Apollo e sia rimpiazzato
per il resto dal termine "basileus". Aristocratic rule Il dominio
dell'aristocrazia It seems that by around 800 most kings had generally been
ousted in favor of rule by aristocracy. This means wealthy landowners. In
antiquity land was the only form of investment, generally passed on to sons.
Hence a hereditary aristocracy naturally arose, and over time, as a natural
result of mortality and the dying out of various families, the land came to
be concentrated in the possession of a limited number of families, who formed
an aristocracy. The landowners provided the military force, and eventually
threw out the kings. They then monopolized political power. This period sees
an increase in wealth and trade and at the same time the growth of the
characteristic form of Greek community, the polis. Pare che attorno
all'800 la maggior parte delle monarchie fosse stata sostituita da un nuovo
tipo di dominio, quello cioè dell'aristocrazia. Il che significa, dalla
grande proprietà terriera! In antico, la terra era l'unica forma di
investimento economico, di solito tramandata ai figli. Per tale ragione,
sorse col tempo un'aristocrazia ereditaria della terra, prodotto immediato
della mortalità e della scomparsa di varie famiglie, col risultato che la
terra rimase concentrata nelle mani di poche casate, le quali formarono
appunto la nobiltà. I proprietari terrieri fornivano la forza militare, e
alle volte eleggevano anche i sovrani. Essi finirono insomma per avere il
monopolio della vita politica. Questo periodo vide inoltre un notevolissimo
incremento della ricchezza e del commercio, nonché al tempo stesso la
formazione di quella che sarebbe stata la forma tradizionale delle comunità
greche: la polis. Polis La città-stato (= poliϚ) For the Classical
period, Greek communities can be divided into two categories. One kind is
called an ethnos and the other a polis. An ethnos is a settled community
which is descended (theoretically) from a common ancestry is subject to no
other and has no single urban center. Nel periodo classico, le comunità
greche possono essere divise tra due categorie. Una è chiamata ethnos,
l'altra polis. La prima è una comunità stanziale la quale discende
(teoricamente) da una stirpe comune non è soggetta che a se stessa non
possiede un centro urbano stabile. The ethnos was considered by the later
Greeks to be a primitive form of political organization, but is presumably
what Greece was originally like once the migrations following the collapse of
Mycenaean society settled down. There was a tendency in the historical period
for the ethne (pl. of ethnos) to turn themselves into poleis (plural of
polis). It is not known exactly when the transition to urban organization
began, but certainly by the eighth century it was well established, and all
the colonies sent out in that century adopted the form of the
polis. L'ethnos fu considerato dai Greci dei periodi successivi come una
forma alquanto primitiva di organizzazione politica, ma esso fu
presumibilmente la forma politica assunta dalla Grecia in seguito al collasso
dei regni micenei e all'insediamento dei popoli migranti. Nel periodo
storico vi fu la tendenza delle ethne (= plurale di ethnos) a trasformarsi in
poleis (= plurale di polis). Non si sa quando esattamente una tale
trasformazione verso le organizzazioni urbane prese avvio, ma è certo che
verso l'ottavo secolo queste fossero giunte già ad uno stadio di sviluppo
avanzato; d'altra parte, le colonie formatesi in quel secolo, adottarono
tutte la forma politica della polis. The polis then is the characteristic
form of Greek community in the historical period. Polis originally means
"citadel", and so it would seem that in some of the early ethne a permanent
central urban area grew up around an easily defended raised area. Greece came
to be covered with hundreds of poleis. Most were small, some large. Plato
said 5000 was the perfect population (large enough to be viable yet still
small enough that the adult males could pretty much know each other). To this
central polis all the surrounding countryside was subordinated, all political
activity taking place in the polis itself. Hence, the polis can in some ways
be considered a city state. Some had surrounding villages, but these had
no political significance. Generally, people lived in the polis and went
out during the day to work the land. La polis dunque è la forma
caratteristica della comunità greca nel periodo storico. Il termine in origne
significava "ciittadella", e sembrerebbe quindi che nelle più giovani ethne
vi fosse un centro stabile cresciuto attorno a un territorio soprelevato
debolmente difeso. La Grecia si coprì di centinaia di poleis. La maggior
parte molto piccole, alcune invece più ampie. Platone disse che 5000 era
il numero perfetto dei suoi cittadini (larga abbastanza quindi perché fosse
percorribile, e abbastanza piccola da permettere a tutti i cittadibni maschi
di conoscersi). A tale centro rimanevano subordinate le campagne circostanti,
dal momento che tutte le attività politiche avevano luogo in esso. Quindi, la
polis poteva a volte essere considerata come una città-stato. Alcune poleis
poi avevano anche dei villaggi periferici, i quali tuttavia non detenevano
alcun potere politico. In generale, la gente viveva nella polis, uscendone di
giorno per lavorare le terre. There was no form of political organization
common to all poleis. Around 800 BC aristocracies (arrangements restricting
political control to the landowners) prevailed, but even they had no
uniformity in constitution. Greek history is characterized till the time of
Philip of Macedon by the experimentation in the government of the poleis and
by their interactions. Non vi fu mai una forma di organizzazione politica che
accomunasse tra loro le diverse poleis. Attorno all'800 a.C. le classi
aristocratiche (attraverso disposizioni che restringevano il potere politico
ai proprietari terrieri) finirono per prevalere, ma esse non ebbero mai una
qualche uniformità a livello costituzionale. La storia greca fu
caratterizzata fino al tempo di Filippo il Macedone, dalla sperimentazione di
una forma di organizzazione politica fondata sulle poleis e sulla loro
interazione. Writing La scrittura It would appear that sometime not
very long before 750 the Greeks developed the alphabet (this being a system
in which each symbol represents a single sound). Greek mythological tradition
ascribes this development to a borrowing from the Phoenicians (Canaanites)
and this seems to be basically true. Sembrerebbe che non molto prima del
750, i Greci sviluppassero a volte un loro alfabeto (un sistema nel quale
ogni simbolo rappresentava uno specifico suono). La tradizione mitologica
ellenica attribuisce questa invenzione a influenze fenicie (Canaaniti), il
che pare essere fondamentalmente vero. Ca. 1700 Semites in Egypt developed an
"acrophonic" alphabet based on hieroglypic signs: each sound was represented
by the picture of an object beginning with that sound ("apple is for A, ball
is for B, cow is for C..."). By 1200 it had become a linear script (no longer
pictorial). The new alphabet only had 27 (later 22) characters -- huge
improvement over the clumsy hieroglyphic and cuneiform systems of writing.
This system spread to the eastern coast of the Mediterranean. But like
hieroglyphics the system represented only consonants (perfectly reasonable
practice for Semitic languages). The Greeks took this system, and represented
vowels with some of the signs for Semitic consonants not appearing in the
Greek language. (Semitic languages have many more fricative sounds than does
Greek). The Romans got their alphabet from a variant Greek alphabet, and we
use the Roman alphabet. Circa nel 1700 i Semiti, in Egitto, svilupparono
un alfabeto acrofonico basato su segni geroglifici: ogni suono difatti era
rappresentato con il disegno di qualcosa che iniziasse con quello stesso
suono! ("Apple" stava per A, "Ball" per B, e così via). Dal 1200 esso divenne
una scrittura di tipo lineare (e non più pittografica). Il nuovo alfabeto
possedeva 27 (poi 22) caratteri - era già un enorme ridimensionamento
rispetto ai farraginosi sistemi di scrittura geroglifico e cuneiforme. Esso
attecchì nelle zone costiere asiatiche del Mediterraneo. Come quello
geroglifico, però, esso rappresentava soltanto le consonanti (cosa
perfettamente praticabile per i linguaggi semitici). I Greci ripresero questo
sistema e vi rappresentarono le vocali con alcuni dei segni destinati alle
consonanti nelle lingue semitiche, quelle che non comparivano nella loro
lingua. (Le lingue semitiche possiedono maggiori suoni fricativi rispetto a
quella greca). I Romani presero il loro alfabeto da una delle varianti di
quello greco, e noi usiamo appunto l'alfabeto romano. The earliest
inscriptions are poems inscribed on pottery (examples from around 750 are
preserved on an island of the west coast of Italy called Pithecusae and at
Athens). Semitic scholars claim that the Semitic forms most similar to those
borrowed by the Greeks date to about 1200-1050. This is very unlikely. Why
would it have been borrowed in such an impoverished period? Why no record of
it for hundreds of years? Furthermore, while most of the Greek forms do
resemble the earlier Semitic forms, the distinctive sign for K shows that the
script that gave rise to the Greek script was one used in Phoenicia in the
800s BC. The well formed shapes of the earliest Greek letters suggests that
the system had been used for a certain while before. Hence, an adaptation
around 800 or a little earlier is plausible. La iscrizioni più antiche sono
dei poemi scritti su vasellame (alcuni esempi, a partire dal 750 circa, sono
conservati su un isola della parte occidentale della costa italiana e ad
Atene). Gli studiosi della lingua semitica sostengono che le forme semitiche
più simili a quelle prese a prestito dai Greci datino a circa il 1200-1050
a.C. Ma ciò è altamente improbabile. Perché infatti gli Elleni avrebbero
dovuto imitare queste ultime proprio in un periodo di forte impoverimento
fonetico? [Come è scritto anche nel nostro testo infatti, il periodo tra XIII
e XII secolo segnò un forte arretramento un po' in tutto il bacino
mediterraneo orientale; n.d.r.] E perché poi non sarebbe rimasta per alcuni
secoli alcuna traccia della sua presenza? […si ricordi che tra 1200 e 800
scompare qualsiasi traccia di scrittura greca; n.d.r.] Inoltre, mentre la
maggior parte dei caratteri greci ricorda quelli semitici più antichi,
il caratteristico segno usato per la K dimostra che la scrittura che
diede inizio a quella greca fu una di quelle usate in Fenicia nell'800 a.C.
circa. La forma armoniosa dei caratteri greci più antichi ci induce, d'altra
parte, a pensare che tale sistema grafico fosse stato usato già per un certo
lasso di tempo. Dunque, è plausibile che esso fosse stato adattato già
attorno all'800, o anche qualche tempo prima. Apart from the utilitarian
advantages of the new script (comparatively easy, hence much greater spread
of literacy, no need for professional scribes) it allowed for much easier
composition and dissemination of literary works. The sense of a common
culture was a major element of Greek identity and writing played a major role
in this. Writing also allowed for the drawing up of fixed law codes. A
parte i vantaggi legati all'utilizzo di questo nuovo tipo di scrittura (più
semplice, che quindi diede adito a un'esplosione letteraria, e che
non richiedeva l'uso di scribi professionisti), essa rese più facile
la composizione e la diffusione di opere letterarie. Il senso di
un'unità culturale comune fu poi un elemento fondante dell'identità greca, e
la scrittura giocò un ruolo fondamentale in ciò. Essa inoltre rese possibile
il fissare le leggi attraverso dei codici scritti. Summary Of Major
Points Punti essenziali No continuity of occupation in mainland Greece
after sub-Mycenaean period Dorians occupy most of the Peloponneus in the
historical period, entered sometime soon after fall of Mycenaean
civilization Homeric poems written in oral tradition, preserve imperfect
memory of Mycenaean period Period 1050-750 poorly known, called Dark
Ages Kings ruled non-urban Greek communities during Dark Ages At end of
the period aristocracy began to throw o-ut kings, take over management of the
community Around 800 the Greeks develop the alphabet on the basis of
Phonoecian script In the late Dark Ages the Greeks began to form urban
centers around a citadel. These centers are called poleis (singular polis).
They were well established by the eighth century The polis (city state) is
the characteristic Greek political institution of the Classical period No
single form of government for the polis
Assenza di continuità
nell'occupazione della madrepatria greca, dopo il periodo sub-miceneo I
Dori occupano nel periodo storico la maggior parte del Peloponneso, essendovi
giunti a volte subito dopo la caduta dei regni micenei I poemi omerici,
frutto della tradizione orale, preservano in modo imperfetto la memoria del
periodo miceneo Periodo tra 1050-750 poco conosciuto, è chiamato 'Età
oscura' Durante l'epoca oscura, i re governavano delle comunità prive di un
centro urbano Alla fine di tale periodo, l'aristocrazia iniziò a
sostituire i sovrani, e assunse il governo della comunità Attorno all'800,
i Greci sviluppano un loro alfabeto sulla base della scrittura
fenicia Alla fine dell'età oscura, i Greci comunciarono a sviluppare dei
centri urbani organizzati attorno a una 'cittadella'. Tali centri furono
chiamati poleis (= plur. di polis), e si assestarono a partire dall'ottavo
secolo La polis (città-stato) è l'istituzione politica caratteristica del
periodo greco classico Assenza di un'unica forma di governo per la
polis LA POLIS GRECA La Grecia micenea o achea dei secoli XVI-XII a.C.
viene comunemente equiparata alle formazioni statali dispotiche d'Oriente, ad
essa coeve (Assiria, Babilonia, Egitto, il regno Hittita). Molti tratti, in
effetti, sono comuni: un forte potere monarchico, grande proprietario
terriere, supportato dall'esercito e da funzionari statali; vasti territori
soggetti a sfruttamento, sotto il controllo universale di una contabilità
burocratica, ecc. Tuttavia, nella società greca più antica vi erano anche
delle caratteristiche non riscontrabili in alcuna società orientale. Si
pensi, ad es., al rapporto tra Micene (principale capitale del mondo acheo) e
le altre città minori, ovvero il suo re (simile all'Agamennone dell'Iliade) e
i principi di rango inferiore (come i vari Menelao, Ulisse,
Achille...). In Oriente esisteva una grande differenza fra i monarchi veri e
propri, che si consideravano alla stregua di "fratelli", e gli altri
potentati, giudicati dei vassalli o "figli" del re. Quest'ultimi dovevano al
loro "padre" la subordinazione politica, il tributo economico, l'aiuto
militare e la collaborazione diplomatica.
Certo, anche i re
micenei avevano una grande autorità. Basti pensare che Micene e Tirinto
(altra residenza reale) erano le due uniche città fortificate da cinte
imponenti, mentre le altre città ne erano quasi prive, a testimonianza della
loro inferiorità. Inoltre lo stile miceneo dominava le arti e i mestieri di
tutta la Grecia. Nondimeno l'autorità sovrana dei micenei era fondata più
sulla leadership morale che non sul dominio economico o sulla forza militare.
Nessun tributo venne mai pagato a Micene da altre città. Tra i documenti
ritrovati a Pylos, vi è una lettera del XIII sec. a.C. che il re hittita
aveva scritto, con tutta la deferenza possibile, al re della Grecia achea,
per chiedergli l'estradizione di un vassallo ribelle. Ebbene, il re acheo
-come si evince dal documento- mostrava di non avere il potere di obbligare i
propri sudditi, presso i quali il fuggiasco s'era rifugiato, a estradarlo.
Egli al massimo poteva raccomandarli di consegnarlo, ma non forzarli, come
invece si aspettava il re hittita. Questo rispetto della dignità
dell'individuo, del suo libero arbitrio, benché riguardi ancora una ristretta
cerchia di aristocratici, costituirà più tardi una caratteristica
fondamentale della struttura politico-sociale della polis. In fondo
l'universo dell'Iliade, che rispecchiava la tradizione micenea, era dominato
da una sorta di "cultura cavalleresca", del tutto estranea al centralismo
assolutistico. La polis era un tipo di organizzazione socio-politica
formatasi nella Grecia e nella Roma antiche. Essa si fondava sulla sovranità
economica e politica della comunità dei proprietari e dei liberi produttori,
cittadini appunto della polis, e la sua organizzazione si estendeva
all'intero territorio. Tale sovranità implicava, per ogni cittadino, la
possibilità (e spesso anche l'obbligo) di partecipare, con l'uso del voto
nelle assemblee popolari, alle delibere riguardanti le questioni politiche
vitali della città. La polis costituiva l'unità organica della struttura
politica e della società civile. Essa contribuiva allo sviluppo del
patriottismo, del sentimento di uguaglianza fra tutti i cittadini e al
rispetto consapevole delle leggi fissate, normalmente, da una Costituzione
scritta. La monarchia micenea avrebbe anche potuto trasformarsi in un
dispotismo assoluto. Ciò non avvenne anche per una ragione molto concreta:
una potente ondata migratoria dal nord s'abbatté sulla Grecia achea nei
secoli XIII-XI a.C. I possedimenti reali furono suddivisi tra gli immigrati,
ovvero tra le comunità d'invasori e, all'interno di queste, tra i membri la
cui proprietà privata della terra stava per diventare la base del nuovo
sviluppo economico della Grecia. Col passare del tempo, nella misura in
cui cresceva il progresso economico e la stabilità politica, le comunità
rurali si allearono, dando vita a delle formazioni che prefiguravano la polis
("protopolis") e che si ponevano come garanti della proprietà dei loro
membri. La comunità dei proprietari liberi costituiva una sorta di embrione
della futura società civile. L'ideologia dei liberi proprietari, abitanti
della "protopolis", trovò la sua migliore espressione nel poema di Esiodo, Le
opere e i giorni (sec. VIII-VII a.C.). Già da tempo gli studiosi hanno
rilevato lo spirito "borghese" della morale di Esiodo, la cui "protopolis"
rappresenta una società debolmente stratificata, ove si distingue un ceto
elevato che vanta sì origini aristocratiche, ma che, nel contempo, resta
aperto a ogni proprietario agiato. La principale massima morale è "Lavora
e avrai successo". Nella "protopolis" il lavoro è non solo una via verso il
benessere e la reputazione sociale, ma anche una sorta di dovere religioso,
una forma di espiazione dell'antico peccato di Prometeo, imposta dagli dèi,
che amano i lavoratori e odiano i fannulloni. Il lavoro apprezzato dagli dèi
è una convinzione che prefigura, se vogliamo, quella "etica protestante" il
cui ruolo nella formazione del capitalismo è stato ben sottolineato da Max
Weber. La "protopolis" si trasformò in polis classica nei secolo VII-VI
a.C., quando in Grecia le varie comunità dei liberi proprietari
stabilirono formalmente, attraverso delle Costituzioni scritte, la sovranità
sui loro rispettivi territori e introdussero l'uguaglianza dei cittadini
davanti alla legge. Fu così che, per la prima volta, la società civile
apparve sulla scena storica, in una forma praticamente identica alla
struttura politica. Nella stragrande maggioranza delle società antiche il
potere militare e amministrativo dominava la proprietà, cioè la controllava e
la distribuiva. Nella polis invece il potere veniva esercitato dalla comunità
dei proprietari cittadini ed essa era chiamata ad esprimere direttamente la
loro volontà. La seconda componente aristocratica della polis, correlata
alla morale di Esiodo, era l'atmosfera di competizione che vi regnava, cioè
l'aspirazione dell'individuo, socialmente incoraggiato, alla gloria, alla
notorietà, guadagnata anche in campi estranei alla politica e alla produzione
materiale (come le gare atletiche, l'arte, la scienza). Lo stile di vita
era agonistico e l'individuo cercava di affermarsi in una competizione
tra uguali. All'epoca della "protopolis" questo stile di vita si traduceva
nel desiderio di distinguersi nella guerra, nella caccia, nei festini, nella
produzione di oggetti di lusso, nel mecenatismo, nell'organizzazione delle
competizioni poetiche, nel finanziare regolarmente i giochi olimpici, che
erano assai costosi. Gli aristocratici, praticamente, emulavano lo stile di
vita miceneo, così vivacemente descritto da Omero. Nella misura in cui la
democratizzazione si estese a tutti gli aspetti della vita cittadina,
l'ideale aristocratico di autoaffermazione nella competizione guadagnò strati
sociali più vasti di cittadini liberi. Tutte le capacità: fisiche,
intellettuali, artistiche, che potevano rendere celebri, venivano
sviluppate. Così, mentre la "borghesia" della polis seppe creare l'unità
della società politica e civile, l'aristocrazia invece seppe aggiungere a
questa sintesi l'ideale dell'individuo libero, che non pensa solo a
"lavorare" ma anche a "competere per diventare famoso". La sovranità
economica della polis era sempre considerata come una garanzia della
proprietà privata dei suoi cittadini, anzitutto della loro
proprietà fondiaria, benché in numerose polis si siano sviluppate
efficacemente anche l'artigianato e il commercio. Se la proprietà
fondiaria e la cittadinanza procedevano parallelamente, l'artigianato e il
commercio erano spesso praticati, nella polis, da lavoratori non-cittadini,
come ad es. i coloni di altre polis e, più tardi, i liberti. Come nel caso
della plebe romana, esisteva uno strato sociale assai vasto di persone che,
pur non fruendo dei diritti civili, giocava un ruolo considerevole nella vita
economica della città, lottando, spesso con successo, per
l'uguaglianza. Per l'uomo dell'antichità classica gli schiavi, così come i
meteci (persone prive di cittadinanza), erano visti come "strumenti" o
"circostanze" che servivano al benessere della polis. L'impiego degli
stranieri schiavizzati divenne un fenomeno di massa in seguito alla vasta
applicazione dell'iniziativa libera nella produzione mercantile.
Nell'antichità gli schiavi avevano la stessa funzione della macchina
nell'epoca industriale. Non per questo dobbiamo considerare gli antichi greci
e romani come anzitutto degli "schiavisti". L'abitante della polis era prima
di tutto un libero proprietario in emulazione coi suoi pari, che
partecipava direttamente alla realizzazione della volontà politica del suo
Stato. Il fenomeno dello schiavismo è parte integrante d'un fenomeno più
generale: l'autarchia, il separatismo civile della polis, che nega ai
non-cittadini ogni diritto sul proprio territorio e che impone dei limiti
alla crescita della stessa polis. Da un lato, quindi, s'impongono rigidi e
assurdi controlli sul numero effettivo della popolazione; dall'altro
sorgono interminabili e spesso disastrosi conflitti egemonici tra le
polis. La cosiddetta "democrazia dei piccoli spazi", se assolutizzata,
restringe le possibilità evolutive del sistema, trasformando i rapporti tra
le polis in una guerra interminabile di tutti contro tutti. La Roma antica
cercò di superare questa contraddizione, sostituendo progressivamente alla
polis greca la costruzione dell'impero, che, dapprima in forme repubblicane,
si pose come obiettivo quello di creare una "cosmopolis universale". Il
cosmopolitismo, come teoria filosofica, era nato nella Grecia antica, ma solo
nell'impero romano trovò la sua adeguata espressione politica. Una gigantesca
potenza polietnica appariva come un'unica città. Con l'editto di Caracalla
(212 d.C.) tutti gli abitanti dell'Impero acquisivano lo status legale di
cittadini liberi. Nel contempo l'Impero cercava di trasformare gli schiavi in
coloni locatari, interessandoli ai risultati del loro lavoro. Purtroppo,
riducendo la polis a livello di "municipi", e subordinandole alle strutture
burocratiche indipendenti dalla volontà dei cittadini, l'Impero aveva creato,
col tempo, una frattura tra il sistema politica e la società civile.
L'importanza politica di un cittadino era stata ridotta al minimo: il potere
centrale poteva facilmente disporre di lui e della sua proprietà. L'Impero,
divenuto dispotico, si avvicinava così ai modelli delle
monarchie orientali.
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