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LA DOTTRINA DI CARLO MARX INTERPRETATA DA VLADIMIR LENIN

CARLO MARX VISTO DA LENIN
 

I DESTINI STORICI DELLA DOTTRINA DI KARL MARX - Vladimir Lenin (1913) Il punto essenziale della dottrina di Karl Marx è l'interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista. Ha il corso degli avvenimenti nel mondo intero confermato questa dottrina, dopo che essa venne enunciata da Marx? Marx la formulò per la prima volta nel 1844. Il Manifesto comunista di Marx ed Engels, pubblicato nel 1848, ne dà già un'esposizione completa e sistematica, rimasta, fino ad oggi, la migliore. Da allora, la storia universale si divide manifestamente in tre periodi principali: dalla rivoluzione del 1848 alla Comune di Parigi (1871); dalla Comune di Parigi alla rivoluzione russa (1905); dalla rivoluzione russa ai nostri giorni. Diamo uno sguardo ai destini della dottrina di Marx in ciascuno di questi tre periodi. I All'inizio del primo periodo, la dottrina di Marx non predomina affatto. Essa non rappresenta che una delle frazioni o correnti straordinariamente numerose del socialismo. Predominano invece quelle forme di socialismo che, in sostanza, sono apparentate al nostro populismo: incomprensione della base materialistica del movimento storico, incapacità di discernere la funzione e l'importanza di ciascuna delle classi della società capitalistica, dissimulazione della natura borghese delle riforme democratiche con frasi pseudosocialiste sul "popolo", la "giustizia", il "diritto", ecc. La rivoluzione del 1848 assesta un colpo mortale a tutte queste forme rumorose, variopinte, chiassose del socialismo premarxista. In tutti i paesi, la rivoluzione ci mostra le diverse classi della società all'opera. Il massacro degli operai parigini consumato dalla borghesia repubblicana, nelle giornate del giugno 1848, attesta in modo definitivo la natura socialista del solo proletariato. La borghesia liberale teme l'indipendenza di questa stessa classe cento volte più di qualsiasi reazione. I contadini si accontentano dell'abolizione delle vestigia feudali e si schierano a fianco dell'ordine, di rado esitando tra la democrazia operaia e il liberalismo borghese. Tutte le dottrine che parlano di un socialismo non classista, di una politica non classista, dimostrano di essere frottole vane. La Comune di Parigi (1871) porta a compimento questo sviluppo delle trasformazioni borghesi; la repubblica, cioè la forma di organizzazione statale nella quale i rapporti di classe si manifestano nel modo meno velato, deve il suo consolidamento soltanto all'eroismo del proletariato. In tutti gli altri paesi di Europa, uno sviluppo più confuso e meno completo conduce alla stessa società borghese. Alla fine del primo periodo (1848-1871), periodo di burrasche e di rivoluzioni, il socialismo premarxista muore. Nascono i partiti proletari indipendenti: la I Internazionale (1864-1872) e la socialdemocrazia tedesca. II Il secondo periodo (1872-1904) si distingue dal primo per il suo carattere "pacifico", per l'assenza di rivoluzioni. L'occidente ha terminato le rivoluzioni borghesi. L'oriente non è ancora maturo per esse. L'occidente entra nella fase della preparazione "pacifica" dell'epoca delle trasformazioni future. Dappertutto si formano dei partiti socialisti, proletari per la loro base, che imparano a servirsi del parlamentarismo borghese, a creare la loro stampa quotidiana, le loro istituzioni di educazione, i loro sindacati, le loro cooperative. La dottrina di Marx riporta una completa vittoria e si diffonde in estensione. Lentamente, ma inflessibilmente, continua il processo di selezione e di raggruppamento delle forze del proletariato, di preparazione alle battaglie future. La dialettica della storia è tale, che la vittoria del marxismo teorico costringe i suoi nemici a travestirsi da marxisti. Il liberalismo interiormente putrefatto, tenta di rivivere nella veste dell'opportunismo socialista. Esso interpreta il periodo della preparazione delle forze per le grandi battaglie come una rinuncia a queste battaglie. Esso intende il miglioramento delle condizioni della lotta degli schiavi contro la schiavitù del salario nel senso di una vendita per qualche quattrino, da parte degli schiavi, dei loro diritti alla libertà. Esso predica vilmente la "pace sociale" (ossia la pace con lo schiavismo), la rinuncia alla lotta di classe, e così via. L'opportunismo trova moltissimi fautori tra i vari deputati socialisti al parlamento, i vari funzionari del movimento operaio e gli intellettuali "simpatizzanti". III Gli opportunisti non erano ancora riusciti a glorificare la "pace sociale" e l'assenza di necessità di burrasche nella "democrazia" che una nuova fonte delle più grandi tempeste mondiali si apriva in Asia. La rivoluzione russa era seguita dalle rivoluzioni turca, persiana e cinese. Oggi noi attraversiamo precisamente l'epoca di queste tempeste e della loro "ripercussione" in Europa. Qualunque sia la sorte della grande repubblica cinese, contro la quale oggi aguzzano i denti le diverse iene "civili", nessuna forza al mondo riuscirà a ristabilire il vecchio servaggio in Asia, né spazzerà dalla faccia della terra il democratismo eroico delle masse popolari dei paesi asiatici e semiasiatici. Taluni, che non tenevano nel dovuto conto le condizioni di preparazione e di sviluppo della lotta delle masse, sono caduti nella disperazione e nell'anarchismo, vedendo lungamente differita la lotta decisiva contro il capitalismo in Europa. Noi vediamo oggi come questa disperazione anarchica sia miope e pusillanime. Non disperazione, ma coraggio bisogna attingere dal fatto che 800 milioni di asiatici sono trascinati nella lotta per gli stessi ideali europei. Le rivoluzioni dell'Asia ci hanno mostrato la stessa mancanza di carattere e la stessa viltà del liberalismo, la stessa straordinaria importanza dell'indipendenza delle masse democratiche, la stessa demarcazione netta tra il proletariato e qualsiasi borghesia. Dopo l'esperienza dell'Europa e dell'Asia, chi parla di una politica non classista e di un socialismo non classista merita semplicemente di essere esposto in una gabbia insieme a un canguro australiano. Dopo l'Asia si è messa in movimento l'Europa, ma non alla maniera asiatica. Il periodo "pacifico" del 1872-1904 appartiene a un passato scomparso per sempre. Il carovita e il giogo dei trust provocano un inasprimento inaudito della lotta economica, che scuote financo gli operai inglesi, i più corrotti dal liberalismo. Una crisi politica matura sotto i nostri occhi nella stessa Germania, nella "cittadella" della borghesia e dei grandi proprietari fondiari. Gli armamenti folli e la politica dell'imperialismo dànno all'Europa moderna una "pace sociale" che assomiglia piuttosto a un barile di dinamite. E la decomposizione di tutti i partiti borghesi e la maturazione del proletariato proseguono intanto ininterrottamente. Ciascuno dei tre grandi periodi della storia universale posteriori all'apparizione del marxismo ha portato al marxismo nuove conferme e nuovi trionfi. Ma il prossimo periodo storico apporterà al marxismo, dottrina del proletariato, un trionfo ancora più grande. TESI DI APRILE: Scritto il 4 e 5 (17 e 18) aprile 1917 Pubblicato il 7 (20) aprile 1917 nella Pravda n° 26 Questo articolo, pubblicato il 7 aprile 1917 sulla Pravda, contiene le celebri Tesi di aprile di Lenin, che evidentemente furono redatte da lui durante il viaggio alla vigilia del suo rientro a Pietrogrado. Lenin presentò le tesi il 4 (17) aprile in due riunioni: in un'assemblea di bolscevichi e in un'assemblea comune di bolscevichi e menscevichi delegati alla Conferenza dei Soviet dei deputati operai e soldati di tutta la Russia al Palazzo di Tauride. Trascritto per Internet da Dario Romeo, Novembre 1999 Giunto a Pietrogrado nella notte del 3 aprile, naturalmente solo a mio nome e con le riserve dovute alla mia insufficiente preparazione, potevo presentare alla riunione del 4 aprile un rapporto sui compiti del proletariato rivoluzionario. Il solo mezzo che avevo per agevolare il mio lavoro - e quello degli oppositori in buona fede - era quello di preparare delle tesi scritte. Ne ho dato lettura e ne ho trasmesso il testo al compagno Tsereteli. Le ho lette molto lentamente due volte: prima alla riunione dei bolscevichi e poi a quella dei bolscevichi e dei menscevichi. Pubblico ora queste mie tesi personali, corredate soltanto con brevissime note esplicative, che ho esplicato assai più minuziosamente nel mio rapporto. TESI 1. Nel nostro atteggiamento verso la guerra, che, da parte della Russia, anche sotto il nuovo governo di Lvov e soci, rimane incontestabilmente una guerra imperialistica di brigantaggio, in forza del carattere capitalistico di questo governo, non è ammissibile la benché minima concessione al "difensismo rivoluzionario". Il proletariato cosciente può dare il suo consenso ad una guerra rivoluzionaria che giustifichi realmente il difensismo rivoluzionario solo alle seguenti condizioni: a) passaggio del potere al proletariato e agli strati più poveri dei contadini che si schierano dalla sua parte; b) rinuncia effettiva, e non verbale, a qualsiasi annessione; c) rottura completa ed effettiva con tutti gli interessi del capitale. Data l'innegabile buona fede di larghi strati dei rappresentanti delle masse favorevoli al difensismo rivoluzionario, che accettano la guerra come una necessità e non per spirito di conquista, e poiché essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna spiegar loro con particolare cura, ostinazione e pazienza, l'errore in cui cadono, svelando il capitale insolubile fra il capitale e la guerra imperialistica, dimostrando che è impossibile metter fine alla guerra con una pace veramente democratica, e non imposta con la forza, senza abbattere il capitale. Organizzare la propaganda più ampia di questa posizione nell'esercito combattente. Fraternizzare. 2. L'originalità dell'attuale momento in Russia consiste nel passaggio dalla prima fase della rivoluzione, che ha dato il potere alla borghesia a causa dell'insufficiente grado di coscienza e di organizzazione del proletariato, alla sua seconda fase, che deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini. Questo passaggio è caratterizzato, anzitutto, dal massimo di possibilità legali (fra tutti i paesi belligeranti la Russia è oggi il paese più libero del mondo), inoltre, dall'assenza di violenza contro le masse, e infine, dall'inconsapevole fiducia delle masse nel governo dei capitalisti, che sono i peggiori nemici della pace, e del socialismo. Questa situazione originale ci impone di saperci adattare alle condizioni particolari del lavoro di partito tra le grandi masse proletarie, che si sono appena ridestate alla vita politica. 3. Non appoggiare in alcun modo il Governo provvisorio, dimostrare la completa falsità di tutte le sue promesse, soprattutto di quelle concernenti la rinuncia alle annessioni. Smascherare questo governo, invece di "rivendicare" - ciò che è inammissibile e semina illusioni - che esso, governo di capitalisti, cessi di essere imperialistico. 4. Riconoscere che il nostro partito è in minoranza, e costituisce per ora un'esigua minoranza, nella maggior parte dei Soviet dei deputati operai, di fronte al blocco di tutti gli elementi opportunistici piccolo-borghesi, che sono soggetti all'influenza della borghesia e che estendono quest'influenza al proletariato: dai socialisti-popolari e dai socialisti-rivoluzionari fino al Comitato di organizzazione (Ckheidze, Tsereteli, ecc.), a Steklov, ecc. ecc. Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono l'unica forma possibile di governo rivoluzionario e che, pertanto, fino a che questo governo sarà sottomesso all'influenza della borghesia, il nostro compito potrà consistere soltanto nello spiegare alle masse in modo paziente, sistematico, perseverante, conforme ai loro bisogni pratici, agli errori della loro tattica. Fino a che saremo in minoranza, svolgeremo un'opera di critica e di spiegazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai Soviet dei deputati operai, perché le masse possano liberarsi dei loro errori sulla base dell'esperienza. 5. Niente repubblica parlamentare - ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai sarebbe un passo indietro - ma Repubblica dei Soviet di deputati degli operai, dei salariati agricoli e dei contadini in tutto il paese, dal basso in alto. Sopprimere la polizia, l'esercito [*1] e il corpo dei funzionari. Lo stipendio dei funzionari - tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento - non deve superare il salario medio di un buon operaio. 6. Nel programma agrario spostare il centro di gravità sui Soviet dei deputati dei salariati agricoli. Confiscare tutte le grandi proprietà fondiarie. Nazionalizzare tutte le terre del paese e metterle a disposizione di Soviet locali di deputati dei salariati agricoli e dei contadini. Costituire i Soviet dei deputati dei contadini poveri. Fare di ogni grande tenuta (da 100 a 300 desiatine circa, secondo le condizioni locali, ecc. e su decisione degli organismi locali) un'azienda modello coltivata per conto della comunità e sottoposto al controllo dei Soviet dei deputati dei salariati agricoli. 7. Fusione immediata di tutte le banche del paese in un'unica banca nazionale, posta sotto il controllo dei Soviet dei deputati operai. 8. Il nostro compito immediato non è l'"instaurazione" del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet dei deputati operai. 9. Compiti del partito: convocare immediatamente il congresso del partito; modificare il programma del partito, principalmente: sull'imperialismo e sulla guerra imperialistica; sull'atteggiamento verso lo Stato e sulla nostra rivendicazione dello "Stato-Comune" [*2] emendare il programma minimo, ormai invecchiato; cambiare il nome del partito [*3]. 10. Rinnovare l'Internazionale. Prendere l'iniziativa della creazione di un'Internazionale rivoluzionaria contro i socialsciovinisti e contro il "centro" [*4]. Affinché il lettore capisca per quale motivo ho dovuto sottolineare come una rara eccezione il "caso" degli oppositori in buona fede, io invito a confrontare con queste tesi la seguente obiezione del signor Goldenberg: Lenin "ha issato la bandiera della guerra civile in seno alla socialdemcrazia rivoluzionaria" (citato nel n°5 dell'Edinstvo [1] del signor Plekhanov). Non è una perla? Scrivo, leggo, ribadisco: "Data l'innegabile buona fede di larghi strati dei rappresentanti delle masse favorevoli al difensismo rivoluzionario... e poiché essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna spiegar loro con particolare cura, ostinazione e pazienza, l'errore in cui cadono..." Ma i signori della borghesia, che si dicono socialdemocratici e non sono né i larghi strati né i rappresentanti delle masse difensiste, riferiscono imperturbabili le mie opinioni in questa forma: "Ha issato (!) la bandiera (!) della guerra civile" (di cui non ho fatto parola nelle tesi o nel rapporto) "in seno (!!) alla socialdemocrazia rivoluzionaria...". Che cos'è questa roba? Che differenza c'è tra questo e l'istigazione dei pogrom, tra questo e la Russkaia Volia? Scrivo, leggo, ribadisco: "i Soviet dei deputati operai sono l'unica forma possibile di governo rivoluzionario e che, pertanto, fino a che questo governo sarà sottomesso all'influenza della borghesia, il nostro compito potrà consistere soltanto nello spiegare alle masse in modo paziente, sistematico, perseverante, conforme ai loro bisogni pratici, agli errori della loro tattica". Ma gli oppositori di un certo tipo presentano le mie opinioni come un appello alla "guerra civile in seno alla socialdemocrazia rivoluzionaria"!! Ho attaccato il Governo provvisorio perché non ha fissato un termine, né vicino né lontano, per la convocazione dell'Assemblea costituente, cavandosela con vuote promesse. Ho dimostrato che, senza i Soviet dei deputati degli operai e dei soldati, la convocazione dell'Assemblea costituente non è garantita e il suo complesso è impossibile. E si pretende che io sia contrario alla più sollecita convocazione dell'Assemblea costituente!! Direi che queste affermazioni sono "deliranti", se decenni di lotta politica non mi avessero insegnato a considerare la buona fede degli oppositori come una rara eccezione. Il signor Plekhanov ha scritto nel suo giornale che il mio discorso è "delirante". Benissimo, signor Plekhanov! Ma guardate quanto siete malaccorto, maldestro e poco perspicace nella vostra polemica. Se per due ore ho detto cose deliranti, come mai centinaia di ascoltatori hanno tollerato il mio "delirio"? E poi perché il vostro giornale consacra un'intera colonna a questo delirio? Tutto questo zoppica, zoppica molto. Certo, è molto più facile gridare, ingiurare, strepitare che tentar di esporre, chiarire, ricordare in che modo abbiano ragionato Marx ed Engels, nel 1871, nel 1872 e nel 1875, sull'esperienza della Comune di Parigi [2] e sui caratteri dello Stato di cui il proletariato ha bisogno. L'ex marxista signor Plekhanov, probabilmente, non vuole ricordarsi del marxismo. Ho citato le parole di Rosa Luxemburg, che il 4 agosto 1914 definì la socialdemocrazia tedesca un "fetido cadavere". I signori Plekhanov, Goldenberg e soci "si sono risentiti"... per conto di chi? Per conto degli sciovinisti tedeschi, che sono stati chiamati sciovinisti! Eccoli in un bell'imbroglio, poveri socialsciovinisti russi, socialisti a parole e sciovinisti nei fatti! Note *1. Cioè sostituire l'esercito permanente con l'armamento generale del popolo. *2. Cioè di uno Stato di cui la Comune di Parigi ha fornito il primo modello. *3. Invece di "socialdemocrazia", i cui capi ufficiali ("difensisti" e "kautskiani" tentennanti), hanno tradito il socialismo in tutto il mondo, passando alla borghesia, dobbiamo chiamarci Partito comunista. *4. Si chiama "centro" nella socialdemocrazia internazionale la corrente che oscilla tra gli sciovinisti (= "difendisti") e gli internazionalisti: ne fanno parte Kautsky e soci in Germania, Longuet e soci in Francia, Ckheidze e soci in Russia, Turati e soci in Italia, MacDonald e soci in Inghilterra, ecc. 1. Edinstvo (L'Unità), giornale, organo dei difensisti, gruppo di estrema destra dei menscevichi con a capo G. Plekhanov, si pubblicò a Pietrogrado dal maggio 1914 al gennaio 1918. Invitando ad appoggiare il Governo provvisorio e pronunciandosi a favore della coalizione con la borghesia, il giornale lottava contro i bolscevichi, ricorrendo non di rado ai metodi della stampa gialla. 2. Si Veda K. Marx e F. Engels, Manifesto del partito comunista. Prefazione all'edizione tedesca (1872); K. Marx, La guerra civile in Francia. Indirizzo del Congresso generale dell'associazione Internazionale degli operai e Critica del programma di Gotha; la lettera di F. Engels a A. Bebel del 18-28 marzo 1875; le lettere di K. Marx a L. Kugelmann del 12 e del 17 aprile 1871. Tre fonti e tre parti integranti del marxismo Vladimir Lenin (1913) In tutto il mondo civile la dottrina di Marx si attira la più grande ostilità e l'odio più intenso di tutta la scienza borghese (sia ufficiale che liberale), che vede nel marxismo una specie di "setta perniciosa". E non ci si può aspettare un atteggiamento diverso, poiché una scienza sociale "imparziale" non può esistere in una società fondata sulla lotta di classe. In un modo o nell'altro, tutta la scienza ufficiale e liberale difende la schiavitù del salariato, mentre il marxismo ha dichiarato una guerra implacabile a questa schiavitù. Pretendere una scienza imparziale nella società della schiavitù del salariato è una stolta ingenuità, quale sarebbe pretendere l'imparzialità da parte degli industriali nel considerare se occorre aumentare il salario degli operai diminuendo il profitto del capitale. Ma ciò non basta. La storia della filosofia e la storia della scienza sociale dimostrano con tutta chiarezza che nel marxismo non v'è nulla che rassomigli al "settarismo" inteso come una specie di dottrina chiusa e irrigidita, sorta fuori dalla strada maestra dello sviluppo della civiltà mondiale. Al contrario, tutta la genialità di Marx sta proprio in ciò, che egli ha risolto dei problemi già posti dal pensiero d'avanguardia dell'umanità. La sua dottrina è sorta come continuazione diretta e immediata della dottrina dei più grandi rappresentanti della filosofia, dell'economia politica e del socialismo. La dottrina di Marx è onnipotente perché è giusta. Essa è completa e armonica, e dà agli uomini una concezione integrale del mondo, che non può conciliarsi con nessuna superstizione, con nessuna reazione, con nessuna difesa dell'oppressione borghese. Il marxismo è il successore legittimo di tutto ciò che l'umanità ha creato di meglio durante il secolo XIX: la filosofia tedesca, l'economia politica inglese e il socialismo francese. Ci fermeremo brevemente su queste tre fonti del marxismo, che sono nello stesso tempo le sue tre parti integranti. I La filosofia del marxismo è il materialismo. Nel corso di tutta la storia moderna d'Europa e soprattutto alla fine del secolo XVIII in Francia, dove si combatteva una lotta decisiva contro le vestigia medioevali d'ogni sorta, contro il feudalesimo nelle istituzioni e nelle idee, il materialismo ha dimostrato di essere l'unica filosofia coerente, conforme a tutti gli insegnamenti delle scienze naturali, ostile ai pregiudizi, alla bigotteria, ecc. I nemici della democrazia perciò hanno cercato con tutte le forze di "confutare" il materialismo, di screditarlo, di calunniarlo; essi hanno difeso diverse forme dell'idealismo filosofico, che si riduce sempre, in un modo o nell'altro, alla difesa o al sostegno della religione. Marx ed Engels difesero nel modo più risoluto il materialismo filosofico, e spiegarono ripetutamente l'errore profondo di tutte le tendenze che si allontanano da questa base. Le loro idee sono esposte nel modo più chiaro e circostanziato nelle opere di Engels: Ludovico Feuerbach e Antidühring, che - al pari del Manifesto del partito comunista - sono libri indispensabili a ogni operaio cosciente. Marx non si fermò al materialismo del secolo XVIII, ma spinse avanti la filosofia. Egli la arricchì delle conquiste della filosofia classica tedesca, soprattutto del sistema di Hegel che, a sua volta, aveva condotto Feuerbach al materialismo. La principale di queste conquiste è la dialettica, cioè la dottrina dello sviluppo nella sua espressione più completa, più profonda e meno unilaterale, la dottrina della relatività delle conoscenze umane, riflesso della materia in perpetuo sviluppo. Le scoperte più recenti delle scienze naturali - il radio, gli elettroni, la trasformazione degli elementi - hanno splendidamente confermato il materialismo dialettico di Marx, a dispetto delle dottrine dei filosofi borghesi e dei loro "nuovi" ritorni al vecchio e putrido idealismo. Approfondendo e sviluppando il materialismo filosofico, Marx lo spinse fino alle ultime conseguenze e lo estese dalla conoscenza della natura alla conoscenza della società umana. Il materialismo storico di Marx fu una delle più grandi conquiste del pensiero scientifico. Al caos e all'arbitrio che regnavano fino allora nelle concezioni della storia e della politica, venne sostituita una teoria scientifica integrale e armonica, la quale mostra come da una forma di vita sociale, in seguito all'accrescimento delle forze produttive, si sviluppi un'altra forma più elevata, come, per esempio, dal feudalesimo nasca il capitalismo. Allo stesso modo che la conoscenza dell'uomo riflette la natura, che esiste indipendentemente da lui, cioè la materia in sviluppo, così la conoscenza sociale dell'uomo (ossia le diverse concezioni e le dottrine filosofiche, ecc.) riflette il regime economico della società. Le istituzioni politiche sono una sovrastruttura che si erige sulla base economica. Noi vediamo, per esempio, come le diverse forme politiche degli Stati europei contemporanei servono a rafforzare il dominio della borghesia sul proletariato. La filosofia di Marx è il materialismo filosofico integrale, il quale ha dato all'umanità, e particolarmente alla classe operaia, un potente strumento di conoscenza. II Resosi conto che il regime economico costituisce la base sulla quale si erige la sovrastruttura politica, Marx rivolse la sua attenzione soprattutto allo studio di questo regime economico. L'opera principale di Marx - Il capitale - è consacrata allo studio del regime economico della società moderna, cioè capitalistica. L'economia politica classica anteriore a Marx nacque in Inghilterra, il paese capitalista più progredito. Adam Smith e David Ricardo, studiando il regime economico, gettarono le basi della teoria secondo cui il valore deriva dal lavoro. Marx continuò la loro opera, dette una rigorosa base scientifica a questa teoria e la sviluppò in modo coerente. Egli dimostrò che il valore di ogni merce è determinato dalla quantità di lavoro socialmente necessario, ovvero dal tempo di lavoro socialmente necessario alla sua produzione. Là dove gli economisti borghesi vedevano dei rapporti tra oggetti (scambio di una merce con un'altra), Marx scoprì dei rapporti tra uomini. Lo scambio delle merci esprime il legame tra singoli produttori per il tramite del mercato. Il denaro indica che questo legame diventa sempre più stretto, fino ad unire in un tutto indissolubile la vita economica dei produttori isolati. Il capitale indica lo sviluppo ulteriore di questo legame: la forza-lavoro dell'uomo diventa una merce. L'operaio salariato vende la sua forza-lavoro al proprietario della terra, delle fabbriche, degli strumenti di produzione. L'operaio impiega una parte della giornata di lavoro a coprire le spese del mantenimento suo e della sua famiglia (il salario), e l'altra parte a lavorare gratuitamente, creando per il capitalista il plusvalore, fonte del profitto, fonte della ricchezza della classe dei capitalisti. La dottrina del plusvalore è la pietra angolare della teoria economica di Marx. Il capitale, creato dal lavoro dell'operaio, opprime l'operaio, rovinando i piccoli proprietari e creando un esercito di disoccupati. Nell'industria, la vittoria della grande produzione è evidente a prima vista; ma anche nell'agricoltura osserviamo lo stesso fenomeno: la superiorità della grande azienda agricola capitalistica aumenta, l'impiego delle macchine si estende, l'azienda contadina cade sotto le grinfie del capitale finanziario, decade e va in rovina sotto il peso della sua tecnica arretrata. Nell'agricoltura le forme della decadenza del piccolo produttore sono differenti, ma la decadenza è un fatto indiscutibile. Il capitale, prendendo il sopravvento sulla piccola produzione, porta a un aumento della produttività del lavoro e crea una situazione di monopolio per le associazioni dei più grandi capitalisti. La produzione stessa diventa sempre più sociale: centinaia di migliaia e milioni di operai sono legati a un organismo economico sottoposto a un piano regolare, ma un pugno di capitalisti si appropria il prodotto del lavoro comune. Crescono l'anarchia della produzione, le crisi, la corsa sfrenata alla conquista dei mercati, l'incertezza dell'esistenza per la massa della popolazione. Accrescendo la dipendenza degli operai di fronte al capitale, il regime capitalistico crea la grande forza del lavoro riunito. Marx seguì l'evoluzione del capitalismo dai primi rudimenti dell'economia mercantile, dal semplice baratto fino alle sue forme superiori, fino alla grande produzione. E l'esperienza di tutti i paesi capitalistici, tanto vecchi che nuovi, dimostra con evidenza a un numero di operai di anno in anno sempre più grande la giustezza di questa dottrina di Marx. Il capitalismo ha vinto in tutto il mondo, ma questa vittoria non è che il preludio della vittoria del lavoro sul capitale. III Quando il regime feudale fu abbattuto e la "libera" società capitalistica venne alla luce, si vide subito che questa libertà significava un nuovo sistema di oppressione e di sfruttamento dei lavoratori. Diverse dottrine socialiste incominciarono ben presto a sorgere, come riflesso di questa oppressione e protesta contro di essa. Ma il socialismo primitivo era un socialismo utopistico. Esso criticava la società capitalistica, la condannava, la malediceva; sognava di distruggerla e fantasticava di un regime migliore; cercava di persuadere i ricchi dell'immoralità dello sfruttamento. Ma il socialismo utopistico non poteva indicare una effettiva via di uscita. Non sapeva né spiegare l'essenza della schiavitù del salariato sotto il capitalismo, né scoprire le leggi del suo sviluppo, né trovare la forza sociale capace di divenire la creatrice di una nuova società. Intanto le rivoluzioni tempestose che, in tutta l'Europa e principalmente in Francia, accompagnarono la caduta del feudalesimo e del servaggio, dimostravano in modo sempre più evidente che la base e la forza motrice di ogni sviluppo era la lotta di classe. Nessuna vittoria della libertà politica sulla classe dei signori feudali fu ottenuta senza incontrare una resistenza disperata. Nessun paese capitalistico si organizzò su una base più o meno libera, più o meno democratica, senza una lotta a morte tra le diverse classi della società capitalistica. La genialità di Marx consiste nel fatto che da ciò egli seppe, per primo, trarre ed applicare coerentemente la conclusione che la storia universale insegna. Questa conclusione è la dottrina della lotta di classe. Fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere, sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di queste o quelle classi, essi in politica saranno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni. I fautori delle riforme e dei miglioramenti saranno sempre ingannati dai difensori del passato, fino a quando non avranno compreso che ogni vecchia istituzione, per barbara e corrotta che essa sembri, si regge sulle forze di queste o quelle classi dominanti. E per spezzare la resistenza di queste classi vi è un solo mezzo: trovare nella stessa società che ci circonda, educare e organizzare per la lotta forze che possono - e che per la loro situazione sociale debbano - spazzar via il vecchio ordine e crearne uno nuovo. Soltanto il materialismo filosofico di Marx ha indicato al proletariato la via di uscita dalla schiavitù spirituale nella quale hanno vegetato fino ad oggi tutte le classi oppresse. Soltanto la teoria economica di Marx ha chiarito la situazione reale del proletariato nel regime capitalistico. In tutto il mondo, dall'America al Giappone, dalla Svezia all'Africa del sud, si moltiplicano le organizzazioni indipendenti del proletariato. Conducendo la propria lotta di classe, il proletariato si istruisce e si educa, si libera dai pregiudizi della società borghese, acquista una coesione sempre maggiore, impara a misurare i suoi successi, a temprare le sue forze, e si sviluppa in modo irresistibile. Progetto di risoluzione sul momento attuale e sui compiti del Partito Vladimir Lenin (1908-1909) La situazione politica attuale è caratterizzata dai seguenti tratti: a) Il vecchio assolutismo feudale si sviluppa trasformandosi in monarchia borghese che maschera l'assolutismo con forme pseudocostituzionali. Il colpo di stato del 3 giugno e l'istituzione della III Duma sono un'aperta conferma e un aperto riconoscimento dell'alleanza dello zarismo con i latifondisti cento-neri e con gli alti strati della borghesia commerciale-industriale. Prendendo per necessità di cose la via dello sviluppo capitalistico della Russia e sforzandosi di proseguire proprio per la via che conserverebbe ai latifondisti feudali il potere ed i redditi, l'assolutismo si destreggia fra questa classe ed i rappresentanti del capitale. I piccoli disaccordi fra l'una e gli altri servono d'appoggio all'assolutismo il quale, insieme con queste classi, muove un'accanita lotta controrivoluzionaria al proletariato socialdemocratico ed ai contadini democratici che nella recente lotta di massa hanno dimostrato la loro forza. b) Non diverso è il carattere borghese-bonapartista che distingue la politica agraria dello zarismo contemporaneo. Esso ha perduto ogni fede nell'ingenua devozione delle masse contadine alla monarchia. Esso cerca l'alleanza con i contadini ricchi, abbandonando la campagna al loro saccheggio. L'assolutismo compie sforzi sovrumani per distruggere al più presto ogni possesso in comune delle terre, per consolidare esclusivamente la proprietà fondiaria privata. Tale politica inasprisce cento volte di più tutte le contraddizioni del capitalismo nella campagna e accelera la divisione delle campagne in un'infima minoranza di reazionari e in una massa proletaria e semiproletaria rivoluzionaria. c) La borghesia liberale, capeggiata dal partito dei cadetti, ha preso la via della controrivoluzione fin dai primi grandi movimenti rivoluzionari delle masse e continua a battere questa via, avvicinandosi ancor più agli ottobristi [1], e con la sua agitazione zarista-nazionalista - che esprime lo sviluppo della propria coscienza di classe - rende, di fatto, un servizio all'assolutismo ed ai latifondisti feudali. d) Le masse contadine, malgrado tutte le persecuzioni contro gli elementi democratici delle campagne, continuano - come attesta anche la loro rappresentanza iugulata e mutilata alla III Duma - ad essere, malgrado tutte le loro esitazioni, per la rivoluzione agrario-democratica la quale, distruggendo completamente il possesso fondiario latifondista, assicurerebbe lo sviluppo più rapido, ampio e libero delle forze produttive della Russia capitalista. La legge del 22 (9) novembre non fa che affrettare la divisione delle masse contadine in forze implacabilmente nemiche e politicamente coscienti. e) Sul proletariato è caduta e cade la maggior parte dei colpi dell'assolutismo e, ad un tempo, del capitale che si unifica ed avanza rapidamente. Ciononostante, il proletariato conserva, in confronto con le altre classi, la massima unità e la massima fedeltà al suo partito di classe, con il quale la rivoluzione l'ha saldato. Il proletariato continua la lotta per i suoi interessi di classe ed approfondisce la sua coscienza socialista di classe, rimanendo la sola classe capace di dirigere coerentemente la nuova lotta rivoluzionaria. f) È insomma incontestabile che i compiti obiettivi della rivoluzione democratica borghese in Russia restano insoluti. La crisi economica, la disoccupazione e la fame persistenti dimostrano che la nuova politica dell'assolutismo non può assicurare le condizioni dello sviluppo capitalistico della Russia. Questa politica conduce inevitabilmente all'approfondimento del conflitto esistente tra le masse democratiche e le classi dirigenti, all'aumento del malcontento in nuovi strati della popolazione, all'acutizzazione ed all'approfondimento della lotta politica delle diverse classi. In questa situazione politica ed economica matura inevitabilmente una nuova crisi rivoluzionaria. g) Il generale inasprimento della situazione sul mercato mondiale - che si spiega soprattutto con gli spostamenti dovuti alla crisi che si è manifestata nel 1908 in forma di depressione della situazione industriale nell'Europa occidentale e con i movimenti rivoluzionari in Oriente che rappresentano la creazione di stati capitalistici nazionali - rafforza la concorrenza, conduce a più numerosi attriti internazionali, aggravando così le contraddizioni di classe tra la borghesia ed il proletariato e rendendo sempre più rivoluzionaria la situazione generale mondiale. In conseguenza di un siffatto stato di cose, la conferenza panrussa del P.O.S.D.R. ritiene che, nel momento presente, i compiti principali del partito siano i seguenti: 1) Chiarire alle grandi masse popolari il significato e la portata della nuova politica dell'assolutismo e della funzione del proletariato socialista il quale, conducendo una politica classista indipendente, deve dirigere le masse democratiche dei contadini nella politica contemporanea e nella prossima lotta rivoluzionaria. 2) Studiare sotto tutti gli aspetti e popolarizzare largamente l'esperienza della lotta di massa del 1905-1907 che ha dato insegnamenti impareggiabili sulla tattica rivoluzionaria socialdemocratica. 3) Rafforzare il P.O.S.D.R., quale esso si è formato nel periodo rivoluzionario; conservarne le tradizioni di lotta implacabile così contro l'assolutismo e contro le classi reazionarie, come contro il liberalismo borghese; lottare contro l'abbandono del marxismo rivoluzionario, contro la mutilazione delle parole d'ordine del P.O.S.D.R. e contro i tentativi di sopprimere le organizzazioni illegali, tentativi che si producono fra certi elementi del partito caduti in preda alla disgregazione. Oltre a ciò, è necessario tener presente che solo aiutando il processo che si delinea già chiaramente, del passaggio delle funzioni di partito nelle mani degli stessi socialdemocratici, solo creando e rafforzando le organizzazioni illegali del partito si può mettere il partito sulla giusta via del suo sviluppo. 4) Aiutare in tutti i modi la lotta economica della classe operaia, in accordo con le risoluzioni dei congressi di Londra e di Stoccarda [2]. 5) Servirsi della Duma e della sua tribuna per la propaganda e per l'agitazione rivoluzionaria socialdemocratica. 6) All'ordine del giorno, si pone innanzi tutto un lungo lavoro di educazione, di organizzazione e di raggruppamento delle masse coscienti del proletariato. In seguito, subordinatamente a questo compito, è necessario estendere il lavoro, e specialmente il lavoro di propaganda e di agitazione a mezzo della stampa, fra i contadini e nell'esercito, e rivolgere inoltre la massima attenzione all'educazione socialista degli elementi proletari e semiproletari esistenti fra i contadini e nell'esercito. Note 1. Membri dell'"Unione del 17 ottobre", costituita nel 1905 in seguito al manifesto imperiale, che, appunto in quella data, annunciava la convocazione della Duma. "L'unione", che sosteneva la monarchia costituzionale, rappresentava gli interessi del grande capitalismo industriale ed agrario. 2. I congressi dell'Internazionale che ebbero luogo rispettivamente nel 1890 e nel 1907. Discorso sull'educazione al primo congresso di tutta la Russia Lenin (1918) Il Congresso fu tenuto a Mosca nell'edificio del Corso Superiore Femminile dal 26 agosto al 4 settembre 1918. I settecento e rotti delegati rappresentavano dipartimenti dell'educazione, insegnanti ed educatori. Lenin fu eletto presidente onorario e venne invitato a partecipare. Egli parlò al Congresso il 28 di agosto. Il Congresso discusse i Regolamenti sulla Singola Scuola Operaia della R.S.F.S.R., che vennero in seguito approvati dal Comitato Esecutivo Centrale di tutta la Russia e pubblicati sull'Izvestia il 16 di ottobre. Tali regolamenti giocarono un ruolo assai importante nella costruzione del sistema educativo sovietico. In connessione con l'attentato alla vita di Lenin, eseguito dalla terrorista socialrivoluzionaria Fanny Kaplan il 30 agosto, il Congresso si riunì in una sessione plenaria d'emergenza il giorno successivo e adottò una risoluzione per inviare un messaggio di simpatia a Lenin e alla Krupskaya ed esprimendo ferma convinzione nel trionfo della causa rivoluzionaria. Pubblicato per la prima volta (sotto forma di breve resoconto) nella Vercherniye Izvestia Moskovskovo Soveta No. 35 del 29 agosto 1918. Pubblicato integralmente per la prima volta nel 1919 nel libro Verbali del Primo Congresso di tutta la Russia sull'Educazione. Trascritto e tradotto, dalla versione in inglese presente sul MIA, da Dario Romeo Settembre 2000 (Tutti si alzano in piedi non appena il compagno Lenin appare nell'aula. Seguono tempestosi e prolungati applausi). Compagni, stiamo passando attraverso uno dei momenti più critici, importanti ed interessanti di tutta la storia - un momento nel quale la rivoluzione socialista mondiale si sta compiendo. Sta divenendo ora apparente persino a coloro che si tenevano lontani dalle teorie e previsioni socialiste che questa guerra non terminerà così come è cominciata, cioè con una pace tra i governi imperialisti condotta nella via usuale. La rivoluzione russa ha mostrato che la guerra sta inevitabilmente guidando verso la disintegrazione dell'intera società capitalista in generale, che si sta convertendo in guerra del popolo lavoratore contro gli sfruttatori. In ciò risiede l'importanza della rivoluzione russa. Gli operai di tutto il mondo sentono che la causa della rivoluzione russa è la loro stessa causa, non importa quanto grandi siano gli ostacoli che dovremo affrontare nel nostro cammino, non importa quante decine di milioni in denaro vengono spesi in tutti i paesi per disseminare menzogne e calunnie a proposito della rivoluzione russa. Parallelamente alla guerra tra i due gruppi imperialisti, un'altra guerra sta cominciando in ogni luogo, la guerra che la classe lavoratrice, ispirata dall'esempio della rivoluzione russa, sta dichiarando contro la propria borghesia. Tutti i segni mostrano che Austria e Italia sono sull'orlo della rivoluzione. Il vecchio ordine in questi paesi si sta disintegrando rapidamente. Nei paesi più forti e stabili, come Germania, Inghilterra e Francia, si sta verificando lo stesso processo, per quanto in una forma in qualche modo differente e meno evidente. Il collasso del sistema capitalista e della guerra capitalista è inevitabile. Gli imperialisti tedeschi non sono stati in grado di soffocare la rivoluzione socialista. Il prezzo che la Germania ha dovuto pagare per aver schiacciato la rivoluzione nella Lettonia Rossa, Finlandia ed Ucraina è stato la demoralizzazione del proprio esercito. La sconfitta della Germania sul fronte occidentale è largamente dovuta al fatto che il suo vecchio esercito non esiste più. Ciò di cui i diplomatici tedeschi scherzavano - la "russificazione" dei soldati tedeschi - ora risulta non essere affatto uno scherzo, ma l'amara realtà. Lo spirito di protesta si sta alzando, il "tradimento" sta divenendo comune nell'esercito tedesco. D'altra parte, Inghilterra e Francia stanno compiendo un ultimo sforzo per salvare la propria situazione. Essi si stanno scagliando contro la Repubblica Russa sforzando il capitalismo sino al suo punto di rottura. Persino i giornali borghesi devono ammettere che un chiaro cambio di spirito è apparso tra la classe operaia: in Francia l'idea della "difesa nazionale" sta crollando; in Inghilterra la classe operaia sta denunciando la "pace sociale". Ciò vuol dire che gli imperialisti inglesi e francesi si sono giocati la loro ultima carta - e noi possiamo affermare con la massima fiducia che tale carta è perdente (applausi tempestosi). Non importa quanto sonoramente certi gruppi urlano che i bolscevichi sono sostenuti da una minoranza, essi devono ammettere di non riuscire a trovare forze all'interno della Russia per battere i bolscevichi, e son costretti a far ricorso all'intervento straniero. La classe operaia di Francia ed Inghilterra è così costretta a prender parte ad una sfacciata guerra di conquista, il cui intento è quello di abbattere la rivoluzione russa. Ciò vuol dire che l'imperialismo inglese e francese, e conseguentemente quello mondiale, è al suo ultimo spasmo (applausi tempestosi). Noi abbiamo superato tutte le difficoltà, sebbene sia stato duro reinstaurare la legge marziale in un paese nel quale il popolo stesso aveva soppresso la guerra e mandato in frantumi il vecchio esercito, e sebbene sia stato duro formare un esercito nel bel mezzo di un'acuta guerra civile. L'esercito è stato formato, e la vittoria sui cechi, sulle guardie bianche, sui proprietari terrieri, sui capitalisti e sui kulak è assicurato (applausi tempestosi). Gli operai realizzano che essi stanno lottando per la propria causa e non negli interessi di una manciata di capitalisti. Gli operai ed i contadini russi hanno per la prima volta ottenuto la possibilità di guidare da se stessi le fabbriche e di disporre della terra, e quest'esperienza era destinata ad avere i suoi effetti. Il nostro esercito è stato formato da gente scelta, da contadini ed operai con coscienza di classe. Ognuno di essi va al fronte conscio di combattere per il destino della rivoluzione mondiale tanto quanto per la rivoluzione russa, poiché noi possiamo star certi che la rivoluzione russa è solo un esempio, solo il primo passo nella serie di rivoluzioni nelle quali la guerra è destinata a terminare. L'educazione è una delle componenti della battaglia che stiamo ora intraprendendo. Noi possiamo contrastare l'ipocrisia e le menzogne con la completa ed onesta verità. La guerra ha mostrato abbastanza chiaramente cosa la "volontà della maggioranza" realmente significa, una frase usata come copertura dalla borghesia. La credenza che la democrazia borghese serva gli interessi della maggioranza è stata ora completamente discreditata. La nostra Costituzione, i nostri Soviet, che son qualcosa di nuovo per l'Europa, ma coi quali noi siamo già familiarizzati dall'esperienza della rivoluzione del 1905, serve come splendido materiale di propaganda e di agitazione che mette completamente in mostra la natura ipocrita e menzognera della democrazia borghese. Noi abbiamo apertamente il dominio del popolo lavoratore e sfruttato - e lì risiede la fonte della nostra forza ed invincibilità. Lo stesso vale per l'educazione: più acculturato è lo stato borghese, più sottilmente esso mente quando dichiara che la scuola sta al di sopra della politica e serve la società nel suo intero. Di fatto le scuole erano trasformate in nient'altro che in strumenti del dominio di classe della borghesia. Esse erano completamente imbevute dello spirito borghese di casta. Il loro scopo era quello di fornire ai capitalisti, obbedienti lacchè ed abili lavoratori. La guerra ha mostrato che le meraviglie della tecnologia moderna sono state usate come mezzo per sterminare milioni di operai e per creare favolosi profitti per i capitalisti che con la guerra stanno facendo fortune. La guerra è stata erosa dal suo interno, perché noi abbiamo esposto le loro menzogne opponendo loro la verità. Noi diciamo che il nostro lavoro all'interno dell'educazione è parte della battaglia per rovesciare la borghesia. Noi dichiariamo pubblicamente che il divorzio dell'educazione dalla vita e dalla politica è menzogna ed ipocrisia. Quale è stato il significato del sabotaggio di cui si sono serviti i meglio educati rappresentanti della veccia cultura borghese? Questo sabotaggio ha mostrato meglio di ogni agitatore, meglio di tutti i nostri discorsi, meglio di migliaia di pamphlet, che queste persone considerano l'istruzione come un loro monopolio e che l'hanno trasformata in uno strumento del loro dominio sui cosiddetti uomini comuni. Essi hanno usato la loro istruzione per frustrare il lavoro della costruzione socialista, e vengono fuori apertamente contro il popolo lavoratore. La lotta rivoluzionaria è stata la scuola degli operai e dei contadini russi. Essi hanno visto che solo il nostro sistema assicura il loro genuino dominio, essi hanno potuto convincersi che lo stato sta facendo di tutto per assistere gli operai ed i contadini poveri nell'abbattimento completo della resistenza dei kulak, dei proprietari terrieri e dei capitalisti. I lavoratori hanno sete di conoscenza perché hanno bisogno di essa per vincere. Nove operai su dieci hanno compreso che la conoscenza è un'arma nella loro lotta per l'emancipazione, che i loro fallimenti sono dovuti a mancanza di educazione, e che ora tocca loro dare realmente a tutti accesso all'educazione. La nostra causa è assicurata perché il popolo stesso ha cominciato a costruire una nuova, socialista Russia. Essi stanno imparando dalla propria esperienza, dai loro fallimenti ed errori, e vedono come l'educazione sia indispensabile per la vittoriosa conclusione della loro battaglia. Malgrado l'apparente collasso di numerose istituzioni e l'esultanza degli intellettuali che effettuano sabotaggi, noi troviamo che l'esperienza in battaglia ha insegnato al popolo come prendere il destino nelle proprie mani. Tutti coloro che realmente simpatizzano con il popolo e tutti i migliori insegnanti verranno in nostro aiuto, e questa è una sicura garanzia che la causa socialista trionferà (ovazione). Il socialismo e la guerra Vladimir Lenin (1915) L'opuscolo Il socialismo e la guerra fu scritto nel luglio-agosto 1915 e pubblicato in tedesco nel settembre dello stesso anno a cura del Sozial-Demokrat, e distribuito, ai delegati della Conferenza di Zimmerwald. Fu pubblicato in francese e per la prima volta in lingua russa, con il sottotitolo Posizione del POSDR sulla guerra, nel 1916. In appendice, sono stati inclusi: il manifesto La guerra e la socialdemocrazia russa, scritto da Lenin l'11 ottobre (28 settembre) 1914, approvato dal Comitato centrale del POSDR, e pubblicato nel Sozial-Demokrat n. 33, nel novembre (18 ottobre) dello stesso anno. lo scritto La conferenza delle sezioni all'estero del POSDR, pubblicato nel Sozial-Demokrat, n. 40, 29 (16) marzo 1915 contiene le risoluzioni presentate da Lenin alla conferenza delle sezioni all'estero del POSDR tenuta a Berna dal 27 febbraio al 4 marzo 1915 e approvate dalla conferenza stessa. Marxismo e revisionismo Vladimir Lenin (1908) Scritto nell'aprile del 1908 e pubblicato nella raccolta Karl Marx (1818 - 1883), Pietroburgo, 1908: Un noto adagio dice che se gli assiomi della geometria urtassero gli interessi degli uomini, si sarebbe probabilmente cercato di confutarli. Quelle dottrine delle scienze storiche e naturali che colpiscono i vecchi pregiudizi della teologia hanno provocato e provocano tuttora una delle lotte più accanite. Nulla di strano quindi che la dottrina di Marx, la quale serve in modo diretto a educare e organizzare la classe d'avanguardia della società moderna, indica i compiti di questa classe e dimostra che, grazie allo sviluppo economico, la sostituzione dell'attuale ordinamento sociale con un ordine nuovo è cosa ineluttabile nulla di strano che questa dottrina abbia dovuto farsi strada lottando ad ogni passo. Non parliamo della scienza e della filosofia borghesi, insegnate ufficialmente da professori ufficiali allo scopo di istupidire la giovane generazione delle classi possidenti e di "aizzarla" contro i nemici interni ed esterni. Questa scienza non vuol nemmeno sentir parlare del marxismo, dichiarandolo confutato e distrutto; e i giovani scienziati che fanno carriera confutando il socialismo, e le vecchie cariatidi che fanno la guardia a tutti i possibili e immaginabili comandamenti di "sistemi" vetusti, tutti con lo stesso zelo attaccano Marx. I progressi del marxismo, la diffusione e l'affermarsi delle sue idee in seno alla classe operaia, accrescono inevitabilmente la frequenza e la violenza di questi attacchi borghesi contro il marxismo. Questo però, dopo ogni "colpo di grazia" infertogli dalla scienza ufficiale, diventa più forte, più temprato, più vitale di prima. Ma anche fra le dottrine che hanno un legame con la lotta della classe operaia e sono diffuse particolarmente fra il proletariato, il marxismo è ben lungi dall'aver rafforzato di colpo le sue posizioni. Nei primi cinquanta anni della sua esistenza (a partire dal decennio 1840-1850) il marxismo combattè contro le teorie che gli erano radicalmente ostili. Nella prima metà del decennio 1840-1850 Marx ed Engels aggiustarono i conti con i giovani hegeliani radicali che in filosofia erano idealisti. Verso la fine di questo decennio la lotta si porta nel campo delle dottrine economiche, contro il proudhonismo. Negli anni 1850-1860 questa lotta viene coronata dalla critica dei partiti e delle dottrine che si erano manifestate durante il tempestoso 1848. Dal 1860 al 1870 la lotta passa dal campo della teoria generale a un campo più direttamente vicino al movimento operaio: cacciata del bakunismo dall'Internazionale. All'inizio del decennio 1870-1880 in Germania si fa avanti per un breve periodo di tempo il proudhoniano Mülberger; [1] alla fine di questo decennio, il positivista Dühring. Ma l'influenza esercitata sul proletariato tanto dall'uno che dall'altro è già insignificante. Il marxismo ha già trionfato in modo indiscusso di tutte le altre ideologie del movimento operaio. Nell'ultimo decennio del secolo scorso questa vittoria era, nel complesso, un fatto compiuto. Persino nei paesi latini, dove le tradizioni del proudhonismo persistettero più a lungo, i partiti operai di fatto fondavano i loro programmi e la loro tattica su una base marxista. L'organizzazione internazionale del movimento operaio, ripresa sotto forma di congressi internazionali periodici, subito e quasi senza lotta si mise in tutte le questioni essenziali sul terreno del marxismo. Ma quando il marxismo ebbe soppiantato tutte le dottrine ad esso avverse e dotate di una qualche consistenza, le tendenze che trovavano un'espressione in queste dottrine si dettero a cercare altre vie. Le forme e i pretesti della lotta mutarono, ma la lotta continuò. E il secondo cinquantennio di esistenza del marxismo si iniziò (dal 1890) con la lotta di una corrente ostile al marxismo in seno al marxismo stesso. L'ex marxista ortodosso Bernstein ha dato il nome a questa corrente, poichè ha fatto maggior rumore e formulato nel modo più completo le correzioni da apportare a Marx, la revisione del marxismo, il revisionismo. Persino in Russia, dove naturalmente il socialismo non marxista si è mantenuto più a lungo - data l'arretratezza economica del paese e la predominanza nella popolazione dei contadini soffocati dalle vestigia del servaggio - persino in Russia, esso si trasforma sotto i nostri occhi in revisionismo. Tanto nella questione agraria (programma di municipalizzazione di tutte le terre) che nelle questioni generali di programma e di tattica, i nostri socialpopulisti sostituiscono sempre più con "correzioni" a Marx i resti morenti, in decomposizione, del loro vecchio sistema, a modo suo coerente e fondamentalmente ostile al marxismo. Il socialismo premarxista è battuto. Esso continua la lotta non più sul suo proprio terreno, ma sul terreno generale del marxismo, come revisionismo. Vediamo dunque qual è il contenuto ideologico del revisionismo. Nel campo della filosofia il revisionismo si è messo a rimorchio della "scienza" borghese professorale. I professori "ritornano a Kant", e il revisionismo si trascina dietro i neokantiani. I professori ripetono le banalità pretesche, mille volte rimasticate, contro il materialismo filosofico, e i revisionisti, sorridendo con condiscendenza, borbottano (parola per parola secondo l'ultimo Handbuch) [2] che il materialismo è stato da un pezzo "confutato". I professori considerano Hegel come un "cane morto" [3] e predicando essi stessi l'idealismo, ma un idealismo mille volte più meschino e banale di quello hegeliano, alzano con sprezzo le spalle a proposito della dialettica, e i revisionisti si cacciano dietro a loro nel pantano dell'avvilimento filosofico della scienza, sostituendo alla dialettica "sottile" (e rivoluzionaria) la "semplice" (e pacifica) "evoluzione". I professori si guadagnano i loro stipendi adattando i loro sistemi idealistici e "critici" alla "filosofia" medioevale dominante (cioè alla teologia), e i revisionisti si schierano al loro fianco, cercando di fare della religione un "affare privato", non rispetto allo Stato moderno, ma rispetto al partito della classe d'avanguardia. E' inutile parlare del vero significato di classe di tali "correzioni" a Marx: la cosa è evidente di per sé. Notiamo soltanto che l'unico marxista che, nella socialdemocrazia internazionale, abbia criticato le incredibili banalità spacciate dai revisionisti, mantenendosi sulle posizioni del materialismo dialettico conseguente, è stato Plekhanov. Ciò è tanto più necessario sottolineare energicamente oggi, quando si fanno dei tentativi profondamente errati di far passare il ciarpame filosofico reazionario per critica dell'opportunismo tattico di Plekhanov. [*] Passando all'economia politica si deve notare innanzi tutto che in questo campo le "correzioni" dei revisionisti sono state molto più varie e circostanziate: si è cercato di agire sul pubblico coi "nuovi dati dello sviluppo economico". Si è preteso che la concentrazione della produzione e l'eliminazione della piccola produzione da parte della grande non si verificano affatto nell'agricoltura, e che nel commercio e nell'industria si verificano con estrema lentezza. Si è preteso che le crisi si farebbero oggi più rare, meno acute e che probabilmente i cartelli e i trust offriranno al capitale la possibilità di eliminarle del tutto. Si è preteso che la "teoria del crollo" verso il quale marcia il capitalismo sarebbe una teoria inconsistente, poichè le contraddizioni di classe tenderebbero ad attutirsi, ad attenuarsi. Si è preteso infine che non sarebbe male correggere la teoria del valore di Marx secondo gli insegnamenti di Böhm-Bawerk. La lotta contro i revisionisti a proposito di questi problemi ha dato al pensiero teorico del socialismo internazionale un impulso tanto fecondo quanto la polemica di Engels con Dühring venti anni prima. Gli argomenti dei revisionisti sono stati esaminati, fatti e cifre alla mano. E' stato dimostrato che i revisionisti idealizzano sistematicamente la piccola produzione moderna. Il fatto della superiorità tecnica e commerciale della grande produzione sulla piccola, non soltanto nell'industria, ma anche nell'agricoltura, è dimostrato da dati inconfutabili. Ma nell'agricoltura la produzione commerciale è molto più debolmente sviluppata; e i moderni economisti e studiosi di statistica non sanno, d'abitudine, mettere in rilievo quei rami speciali (talvolta persino quelle operazioni) dell'agricoltura che attestano che l'agricoltura viene attratta sempre più nell'orbita degli scambi economici mondiali. La piccola produzione si mantiene sulle rovine dell'economia naturale, grazie a un peggioramento sempre più accentuato dell'alimentazione, alla carestia cronica, al prolungamento della giornata di lavoro, al peggioramento della qualità del bestiame e delle cure che gli si danno, in una parola, grazie agli stessi mezzi coi quali la produzione artigiana ha resistito alla manifattura capitalistica. Ogni passo in avanti della scienza e della tecnica scalza inevitabilmente, inesorabilmente le basi della piccola produzione nella società capitalistica; e il compito dell'economia socialista è di analizzare questo processo in tutte le sue forme, spesso complesse e ingarbugliate, di dimostrare al piccolo produttore che gli è impossibile resistere in regime capitalista, che la situazione dell'economia contadina in regime capitalista non ha vie di uscita, che il contadino deve far proprio necessariamente il modo di vedere del proletariato. Dal punto di vista scientifico in questa questione i revisionisti peccavano per la loro superficiale generalizzazione di fatti presi isolatamente, staccandoli dall'assieme del regime capitalista; dal punto di vista politico peccavano perchè inevitabilmente, lo volessero o no, chiamavano il contadino o lo spingevano a far proprie le opinioni del proprietario (cioè della borghesia), invece di spingerlo a far proprie le opinioni del proletariato rivoluzionario. Per quel che concerne la teoria delle crisi e la teoria del crollo, per i revisionisti le cose sono andate ancor peggio. Soltanto per un brevissimo periodo di tempo e solo persone di vista ben corta potevano pensare a rimaneggiare i princípi della dottrina di Marx sotto l'influenza di alcuni anni di slancio e di prosperità industriale. La realtà ha dimostrato ben presto ai revisionisti che le crisi non avevano fatto il loro tempo: alla prosperità ha tenuto dietro la crisi. Sono cambiate le forme, l'ordine, la fisionomia delle singole crisi, ma le crisi continuano a essere parte integrante del regime capitalista. I cartelli e i trust mentre hanno concentrato la produzione ne hanno aggravato nello stesso tempo, agli occhi di tutti, l'anarchia, hanno aumentato l'incertezza del domani per il proletariato e l'oppressione del capitale, inasprendo così in modo inaudito le contraddizioni di classe. Che il capitalismo vada verso il crollo - tanto nel senso delle singole crisi economiche e politiche, quanto della catastrofe completa di tutto il regime capitalista - lo hanno dimostrato in modo particolarmente evidente e in proporzioni particolarmente vaste i giganteschi trust contemporanei. La recente crisi finanziaria in America, la estensione terribile della disoccupazione in Europa, senza parlare poi della crisi industriale imminente, annunciata da sintomi numerosi - tutto questo ha fatto sí che le recenti "teorie" dei revisionisti sono state dimenticate da tutti e, a quanto pare, da molti revisionisti stessi. Occorre soltanto non dimenticare gli insegnamenti che la classe operaia ha ricevuto da questa instabilità da intellettuali. Riguardo alla teoria del valore è sufficiente dire che, all'infuori delle allusioni e dei conati molto confusi alla Böhm-Bawerk i revisionisti non hanno dato qui assolutamente nulla e perciò non hanno lasciato traccia alcuna nello sviluppo del pensiero scientifico. Nel campo della politica il revisionismo ha tentato di rivedere di fatto il principio fondamentale del marxismo, e cioè la dottrina della lotta di classe. La libertà politica, la democrazia, il suffragio universale distruggono le basi della lotta di classe - ci si è detto - e smentiscono il vecchio principio del Manifesto comunista: gli operai non hanno patria. In regime democratico poichè è la "volontà" della maggioranza che regna, non sarebbe più possibile vedere nello Stato un organo di dominio di classe ne sottrarsi ad alleanze con la borghesia progressiva socialriformatrice contro i reazionari. E' fuori discussione che queste obiezioni dei revisionisti formavano un sistema abbastanza armonico, il sistema delle concezioni liberali borghesi da tempo conosciute. I liberali hanno sempre affermato che il parlamentarismo borghese distrugge le classi e la divisione in classi, dal momento che il diritto di voto, il diritto di partecipare agli affari dello Stato appartengono a tutti i cittadini senza distinzione. Tutta la storia dell'Europa nella seconda metà del secolo XIX, tutta la storia della rivoluzione russa all'inizio del secolo XX dimostrano all'evidenza quanto sono assurde queste concezioni. Con la libertà del capitalismo "democratico" la differenziazione economica non si attenua, ma si accentua e si aggrava. Il parlamentarismo non elimina, ma mette a nudo l'essenza delle repubbliche borghesi più democratiche come organi di oppressione di classe. Aiutando a illuminare e a organizzare masse popolari infinitamente più grandi di quelle che partecipavano prima attivamente agli avvenimenti politici, il parlamentarismo non prepara in questo modo l'eliminazione delle crisi e delle rivoluzioni politiche, ma il massimo di acutezza della guerra civile durante queste rivoluzioni. Gli avvenimenti di Parigi nella primavera del 1871 e quelli della Russia nell'inverno del 1905 hanno dimostrato chiaro come la luce del sole che è inevitabile si giunga a una tale acutezza. La borghesia francese per soffocare il movimento proletario non esitò un istante a mettersi d'accordo col nemico nazionale e coll'esercito straniero, che aveva saccheggiato la patria. Chi non comprende l'inevitabile dialettica interna del parlamentarismo e della democrazia borghese, che porta a risolvere i conflitti ricorrendo a forme sempre più aspre di violenza di massa, non saprà mai condurre nemmeno sul terreno del parlamentarismo una propaganda e un'agitazione che siano conformi ai princípi e preparino veramente le masse operaie a partecipare vittoriosamente a questi "conflitti". L'esperienza delle alleanze, degli accordi e dei blocchi col liberalismo socialriformista in occidente e col riformismo liberale (cadetti) nella rivoluzione russa ha dimostrano in modo convincente che questi accordi non fanno che annebbiare la coscienza delle masse, non accentuano ma attenuano l'importanza effettiva della loro lotta, legando i combattenti agli elementi più inetti alla lotta, più instabili e inclini al tradimento. Il millerandismo francese, che è l'esperienza più notevole di applicazione della tattica politica revisionista su grande scala, su una scala veramente nazionale, ha dato del revisionismo un giudizio pratico che il proletariato di tutto il mondo non dimenticherà mai. Il complemento naturale delle tendenze economiche e politiche del revisionismo è stato il suo atteggiamento verso l'obiettivo finale del movimento socialista. "Il fine non è nulla, il movimento è tutto", queste parole alate di Bernstein esprimono meglio di lunghe dissertazioni l'essenza del revisionismo. Determinare la propria condotta caso per caso: adattarsi agli avvenimenti del giorno, alle svolte provocate da piccoli fatti politici; dimenticare gli interessi vitali del proletariato e i tratti fondamentali di tutto il regime capitalista, di tutta l'evoluzione del capitalismo; sacrificare questi interessi vitali a un vantaggio reale o supposto del momento, tale è la politica revisionista. Dall'essenza stessa di questa politica risulta chiaramente che essa può assumere forme infinitamente varie e che ogni problema più o meno "nuovo", ogni svolta più o meno inattesa e imprevista - anche se mutano il corso essenziale degli avvenimenti in una misura infima per un brevissimo periodo di tempo - devono portare inevitabilmente all'una o all'altra varietà di revisionismo. Ciò che rende inevitabile il revisionismo sono le sue radici di classe nella società moderna. Il revisionismo è fenomeno internazionale. Per ogni socialista più o meno accorto e pensante non può esistere il minimo dubbio che i rapporti fra gli ortodossi e i seguaci di Bernstein in Germania, fra i seguaci di Guesde e di Jaurès (ora, in particolar modo, i seguaci di Brousse) in Francia, fra la Federazione socialdemocratica e il Partito operaio indipendente in Inghilterra, fra de Brouckère e Vandervelde nel Belgio, fra integralisti e riformisti in Italia, fra bolscevichi e menscevichi in Russia, sono, dappertutto, nella loro essenza, omogenei, malgrado l'enorme differenza delle condizioni nazionali e della situazione storica di questi paesi nel momento presente. La "differenziazione" in seno al socialismo internazionale contemporaneo si produce di fatto già ora secondo una linea unica nei diversi paesi del mondo, attestando con ciò l'immenso progresso compiuto in confronto a 30-40 anni fa, quando nei differenti paesi lottavano fra di loro in seno al socialismo internazionale unico tendenze eterogenee. E quel "revisionismo di sinistra" che è apparso ora nei paesi latini sotto forma di "sindacalismo rivoluzionario" si adatta esso pure al marxismo "correggendolo". Labriola in Italia, Lagardelle in Francia fanno appello ad ogni passo a un Marx ben compreso contro un Marx mal compreso. Non possiamo qui soffermarci ad analizzare il contenuto ideologico di questo revisionismo, che è ancora ben lontano dall'essersi così sviluppato come il revisionismo opportunista, non è diventato internazionale e non ha sostenuto praticamente nessuna battaglia importante col partito socialista in nessun paese. Ci limiteremo perciò al "revisionismo di destra" che abbiamo descritto più sopra. Che cosa rende inevitabile il revisionismo nella società capitalista? Perchè il revisionismo è più profondo delle particolarità nazionali e dei gradi di sviluppo del capitalismo? Perchè in ogni paese capitalista esistono sempre, accanto al proletariato, larghi strati di piccola borghesia, di piccoli proprietari. Il capitalismo è nato e nasce continuamente dalla piccola produzione. Nuovi numerosi "strati medi" vengono inevitabilmente creati dal capitalismo (appendici della fabbrica, lavoro a domicilio, piccoli laboratori che sorgono in tutto il paese per sovvenire alla necessità della grande industria, come quella delle biciclette e dell'automobile, per esempio). Questi nuovi piccoli produttori sono essi pure in modo inevitabile respinti nuovamente nelle file del proletariato. E' del tutto naturale quindi che le concezioni piccolo-borghesi penetrino nuovamente nelle file dei grandi partiti operai. E' del tutto naturale che debba essere così e sarà così sempre, sino allo sviluppo della rivoluzione proletaria, perchè sarebbe un grave errore pensare che per compiere questa rivoluzione sia necessaria la proletarizzazione "completa" della maggioranza della popolazione. Ciò che noi sperimentiamo ora spesso soltanto nel campo ideologico: le discussioni contro le correzioni teoriche di Marx; ciò che ora non si manifesta nella pratica che a proposito di certi problemi particolari del movimento operaio: le divergenze tattiche coi revisionisti e le scissioni che si producono su questo terreno tutto ciò la classe operaia dovrà inevitabilmente subirlo ancora in proporzioni incomparabilmente più grandi quando la rivoluzione proletaria avrà acutizzato tutti i problemi controversi, avrà concentrato tutte le divergenze sui punti che hanno l'importanza più diretta per determinare la condotta delle masse e ci avrà imposto, nel fuoco del combattimento, di discernere i nemici dagli amici e di respingere i cattivi alleati per infliggere al nemico colpi decisivi. La lotta ideologica del marxismo rivoluzionario contro il revisionismo alla fine del secolo XIX non è che il preludio delle grandi battaglie rivoluzionarie del proletariato, che avanza verso la completa vittoria della sua causa, nonostante tutti i tentennamenti e le debolezze degli elementi piccolo-borghesi. Note 1. August Mülberger (1847-1907), medico e pubblicista tedesco, nel 1872 scrisse per il Volksstaat (il giornale socialdemocratico diretto da W. Liebknecht) una serie di articoli sul problema delle abitazioni. Vedi su di lui F. Engels, La questione delle abitazioni, Roma, Edizioni Rinascita, 1950. Per Eugen Dühring: F. Engels. Antidühring, cit. 2. Manuale scolastico. 3. Lenin riecheggia qui il Poscritto alla seconda edizione del libro I del Capitale, dove Marx, in polemica con i "molesti, presuntuosi e mediocri epigoni" che trattavano Hegel come un "cane morto", dichiara di essersi "professato apertamente scolaro di quel grande pensatore". *. Si vedano i Saggi di filosofia marxista di Bogdanov, Bazarov ed altri. Non qui il luogo di analizzare questo libro, e debbo limitarmi per ora a dichiarare che in un futuro prossimo dimostrerò in una serie di articoli o in un opuscolo speciale che tutto ciò che è detto nel testo sui revisionisti neokantiani è valevole, di fatto, anche per questi "nuovi" revisionisti neohumiani e neoberkeleyani. [4] 4. Poco tempo dopo (1909) Lenin pubblicò il suo libro Materialismo ed empiriocriticismo (Opere, cit., vol. XIV), nel quale critica Bogdanov e gli altri revisionisti insieme ai loro maestri Avenarius e Mach.

 
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