I DESTINI STORICI DELLA DOTTRINA DI KARL MARX - Vladimir Lenin (1913)
Il punto essenziale della dottrina di Karl Marx è l'interpretazione della
funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società
socialista. Ha il corso degli avvenimenti nel mondo intero confermato questa
dottrina, dopo che essa venne enunciata da Marx?
Marx la formulò per la prima volta nel 1844. Il Manifesto comunista di Marx
ed Engels, pubblicato nel 1848, ne dà già un'esposizione completa e
sistematica, rimasta, fino ad oggi, la migliore. Da allora, la storia
universale si divide manifestamente in tre periodi principali:
dalla rivoluzione del 1848 alla Comune di Parigi (1871);
dalla Comune di Parigi alla rivoluzione russa (1905);
dalla rivoluzione russa ai nostri giorni.
Diamo uno sguardo ai destini della dottrina di Marx in ciascuno di questi
tre periodi.
I
All'inizio del primo periodo, la dottrina di Marx non predomina affatto.
Essa non rappresenta che una delle frazioni o correnti straordinariamente
numerose del socialismo. Predominano invece quelle forme di socialismo che,
in sostanza, sono apparentate al nostro populismo: incomprensione della base
materialistica del movimento storico, incapacità di discernere la funzione e
l'importanza di ciascuna delle classi della società capitalistica,
dissimulazione della natura borghese delle riforme democratiche con frasi
pseudosocialiste sul "popolo", la "giustizia", il "diritto", ecc.
La rivoluzione del 1848 assesta un colpo mortale a tutte queste forme
rumorose, variopinte, chiassose del socialismo premarxista. In tutti i
paesi, la rivoluzione ci mostra le diverse classi della società all'opera.
Il massacro degli operai parigini consumato dalla borghesia repubblicana,
nelle giornate del giugno 1848, attesta in modo definitivo la natura
socialista del solo proletariato. La borghesia liberale teme l'indipendenza
di questa stessa classe cento volte più di qualsiasi reazione. I contadini
si accontentano dell'abolizione delle vestigia feudali e si schierano a
fianco dell'ordine, di rado esitando tra la democrazia operaia e il
liberalismo borghese. Tutte le dottrine che parlano di un socialismo non
classista, di una politica non classista, dimostrano di essere frottole
vane.
La Comune di Parigi (1871) porta a compimento questo sviluppo delle
trasformazioni borghesi; la repubblica, cioè la forma di organizzazione
statale nella quale i rapporti di classe si manifestano nel modo meno
velato, deve il suo consolidamento soltanto all'eroismo del proletariato.
In tutti gli altri paesi di Europa, uno sviluppo più confuso e meno completo
conduce alla stessa società borghese. Alla fine del primo periodo
(1848-1871), periodo di burrasche e di rivoluzioni, il socialismo
premarxista muore. Nascono i partiti proletari indipendenti: la I
Internazionale (1864-1872) e la socialdemocrazia tedesca.
II
Il secondo periodo (1872-1904) si distingue dal primo per il suo carattere
"pacifico", per l'assenza di rivoluzioni. L'occidente ha terminato le
rivoluzioni borghesi. L'oriente non è ancora maturo per esse.
L'occidente entra nella fase della preparazione "pacifica" dell'epoca delle
trasformazioni future. Dappertutto si formano dei partiti socialisti,
proletari per la loro base, che imparano a servirsi del parlamentarismo
borghese, a creare la loro stampa quotidiana, le loro istituzioni di
educazione, i loro sindacati, le loro cooperative. La dottrina di Marx
riporta una completa vittoria e si diffonde in estensione. Lentamente, ma
inflessibilmente, continua il processo di selezione e di raggruppamento
delle forze del proletariato, di preparazione alle battaglie future.
La dialettica della storia è tale, che la vittoria del marxismo teorico
costringe i suoi nemici a travestirsi da marxisti. Il liberalismo
interiormente putrefatto, tenta di rivivere nella veste dell'opportunismo
socialista. Esso interpreta il periodo della preparazione delle forze per le
grandi battaglie come una rinuncia a queste battaglie. Esso intende il
miglioramento delle condizioni della lotta degli schiavi contro la schiavitù
del salario nel senso di una vendita per qualche quattrino, da parte degli
schiavi, dei loro diritti alla libertà. Esso predica vilmente la "pace
sociale" (ossia la pace con lo schiavismo), la rinuncia alla lotta di
classe, e così via. L'opportunismo trova moltissimi fautori tra i vari
deputati socialisti al parlamento, i vari funzionari del movimento operaio e
gli intellettuali "simpatizzanti".
III
Gli opportunisti non erano ancora riusciti a glorificare la "pace sociale" e
l'assenza di necessità di burrasche nella "democrazia" che una nuova fonte
delle più grandi tempeste mondiali si apriva in Asia. La rivoluzione russa
era seguita dalle rivoluzioni turca, persiana e cinese. Oggi noi
attraversiamo precisamente l'epoca di queste tempeste e della loro
"ripercussione" in Europa. Qualunque sia la sorte della grande repubblica
cinese, contro la quale oggi aguzzano i denti le diverse iene "civili",
nessuna forza al mondo riuscirà a ristabilire il vecchio servaggio in Asia,
né spazzerà dalla faccia della terra il democratismo eroico delle masse
popolari dei paesi asiatici e semiasiatici.
Taluni, che non tenevano nel dovuto conto le condizioni di preparazione e di
sviluppo della lotta delle masse, sono caduti nella disperazione e
nell'anarchismo, vedendo lungamente differita la lotta decisiva contro il
capitalismo in Europa. Noi vediamo oggi come questa disperazione anarchica
sia miope e pusillanime.
Non disperazione, ma coraggio bisogna attingere dal fatto che 800 milioni di
asiatici sono trascinati nella lotta per gli stessi ideali europei.
Le rivoluzioni dell'Asia ci hanno mostrato la stessa mancanza di carattere e
la stessa viltà del liberalismo, la stessa straordinaria importanza
dell'indipendenza delle masse democratiche, la stessa demarcazione netta tra
il proletariato e qualsiasi borghesia. Dopo l'esperienza dell'Europa e
dell'Asia, chi parla di una politica non classista e di un socialismo non
classista merita semplicemente di essere esposto in una gabbia insieme a un
canguro australiano.
Dopo l'Asia si è messa in movimento l'Europa, ma non alla maniera asiatica.
Il periodo "pacifico" del 1872-1904 appartiene a un passato scomparso per
sempre. Il carovita e il giogo dei trust provocano un inasprimento inaudito
della lotta economica, che scuote financo gli operai inglesi, i più corrotti
dal liberalismo. Una crisi politica matura sotto i nostri occhi nella stessa
Germania, nella "cittadella" della borghesia e dei grandi proprietari
fondiari. Gli armamenti folli e la politica dell'imperialismo dànno
all'Europa moderna una "pace sociale" che assomiglia piuttosto a un barile
di dinamite. E la decomposizione di tutti i partiti borghesi e la
maturazione del proletariato proseguono intanto ininterrottamente.
Ciascuno dei tre grandi periodi della storia universale posteriori
all'apparizione del marxismo ha portato al marxismo nuove conferme e nuovi
trionfi. Ma il prossimo periodo storico apporterà al marxismo, dottrina del
proletariato, un trionfo ancora più grande.
TESI DI APRILE:
Scritto il 4 e 5 (17 e 18) aprile 1917
Pubblicato il 7 (20) aprile 1917 nella Pravda n° 26
Questo articolo, pubblicato il 7 aprile 1917 sulla Pravda, contiene le
celebri Tesi di aprile di Lenin, che evidentemente furono redatte da lui
durante il viaggio alla vigilia del suo rientro a Pietrogrado.
Lenin presentò le tesi il 4 (17) aprile in due riunioni: in un'assemblea di
bolscevichi e in un'assemblea comune di bolscevichi e menscevichi delegati
alla Conferenza dei Soviet dei deputati operai e soldati di tutta la Russia
al Palazzo di Tauride.
Trascritto per Internet da Dario Romeo, Novembre 1999
Giunto a Pietrogrado nella notte del 3 aprile, naturalmente solo a mio nome
e con le riserve dovute alla mia insufficiente preparazione, potevo
presentare alla riunione del 4 aprile un rapporto sui compiti del
proletariato rivoluzionario.
Il solo mezzo che avevo per agevolare il mio lavoro - e quello degli
oppositori in buona fede - era quello di preparare delle tesi scritte. Ne ho
dato lettura e ne ho trasmesso il testo al compagno Tsereteli. Le ho lette
molto lentamente due volte: prima alla riunione dei bolscevichi e poi a
quella dei bolscevichi e dei menscevichi.
Pubblico ora queste mie tesi personali, corredate soltanto con brevissime
note esplicative, che ho esplicato assai più minuziosamente nel mio
rapporto.
TESI
1. Nel nostro atteggiamento verso la guerra, che, da parte della Russia,
anche sotto il nuovo governo di Lvov e soci, rimane incontestabilmente una
guerra imperialistica di brigantaggio, in forza del carattere capitalistico
di questo governo, non è ammissibile la benché minima concessione al
"difensismo rivoluzionario".
Il proletariato cosciente può dare il suo consenso ad una guerra
rivoluzionaria che giustifichi realmente il difensismo rivoluzionario solo
alle seguenti condizioni: a) passaggio del potere al proletariato e agli
strati più poveri dei contadini che si schierano dalla sua parte; b)
rinuncia effettiva, e non verbale, a qualsiasi annessione; c) rottura
completa ed effettiva con tutti gli interessi del capitale.
Data l'innegabile buona fede di larghi strati dei rappresentanti delle masse
favorevoli al difensismo rivoluzionario, che accettano la guerra come una
necessità e non per spirito di conquista, e poiché essi sono ingannati dalla
borghesia, bisogna spiegar loro con particolare cura, ostinazione e
pazienza, l'errore in cui cadono, svelando il capitale insolubile fra il
capitale e la guerra imperialistica, dimostrando che è impossibile metter
fine alla guerra con una pace veramente democratica, e non imposta con la
forza, senza abbattere il capitale.
Organizzare la propaganda più ampia di questa posizione nell'esercito
combattente.
Fraternizzare.
2. L'originalità dell'attuale momento in Russia consiste nel passaggio dalla
prima fase della rivoluzione, che ha dato il potere alla borghesia a causa
dell'insufficiente grado di coscienza e di organizzazione del proletariato,
alla sua seconda fase, che deve dare il potere al proletariato e agli strati
poveri dei contadini.
Questo passaggio è caratterizzato, anzitutto, dal massimo di possibilità
legali (fra tutti i paesi belligeranti la Russia è oggi il paese più libero
del mondo), inoltre, dall'assenza di violenza contro le masse, e infine,
dall'inconsapevole fiducia delle masse nel governo dei capitalisti, che sono
i peggiori nemici della pace, e del socialismo.
Questa situazione originale ci impone di saperci adattare alle condizioni
particolari del lavoro di partito tra le grandi masse proletarie, che si
sono appena ridestate alla vita politica.
3. Non appoggiare in alcun modo il Governo provvisorio, dimostrare la
completa falsità di tutte le sue promesse, soprattutto di quelle concernenti
la rinuncia alle annessioni. Smascherare questo governo, invece di
"rivendicare" - ciò che è inammissibile e semina illusioni - che esso,
governo di capitalisti, cessi di essere imperialistico.
4. Riconoscere che il nostro partito è in minoranza, e costituisce per ora
un'esigua minoranza, nella maggior parte dei Soviet dei deputati operai, di
fronte al blocco di tutti gli elementi opportunistici piccolo-borghesi, che
sono soggetti all'influenza della borghesia e che estendono quest'influenza
al proletariato: dai socialisti-popolari e dai socialisti-rivoluzionari fino
al Comitato di organizzazione (Ckheidze, Tsereteli, ecc.), a Steklov, ecc.
ecc.
Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono l'unica forma
possibile di governo rivoluzionario e che, pertanto, fino a che questo
governo sarà sottomesso all'influenza della borghesia, il nostro compito
potrà consistere soltanto nello spiegare alle masse in modo paziente,
sistematico, perseverante, conforme ai loro bisogni pratici, agli errori
della loro tattica.
Fino a che saremo in minoranza, svolgeremo un'opera di critica e di
spiegazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del
passaggio di tutto il potere statale ai Soviet dei deputati operai, perché
le masse possano liberarsi dei loro errori sulla base dell'esperienza.
5. Niente repubblica parlamentare - ritornare ad essa dopo i Soviet dei
deputati operai sarebbe un passo indietro - ma Repubblica dei Soviet di
deputati degli operai, dei salariati agricoli e dei contadini in tutto il
paese, dal basso in alto.
Sopprimere la polizia, l'esercito [*1] e il corpo dei funzionari.
Lo stipendio dei funzionari - tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi
momento - non deve superare il salario medio di un buon operaio.
6. Nel programma agrario spostare il centro di gravità sui Soviet dei
deputati dei salariati agricoli.
Confiscare tutte le grandi proprietà fondiarie.
Nazionalizzare tutte le terre del paese e metterle a disposizione di Soviet
locali di deputati dei salariati agricoli e dei contadini. Costituire i
Soviet dei deputati dei contadini poveri. Fare di ogni grande tenuta (da 100
a 300 desiatine circa, secondo le condizioni locali, ecc. e su decisione
degli organismi locali) un'azienda modello coltivata per conto della
comunità e sottoposto al controllo dei Soviet dei deputati dei salariati
agricoli.
7. Fusione immediata di tutte le banche del paese in un'unica banca
nazionale, posta sotto il controllo dei Soviet dei deputati operai.
8. Il nostro compito immediato non è l'"instaurazione" del socialismo, ma,
per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della
ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet dei deputati operai.
9. Compiti del partito:
convocare immediatamente il congresso del partito;
modificare il programma del partito, principalmente:
sull'imperialismo e sulla guerra imperialistica;
sull'atteggiamento verso lo Stato e sulla nostra rivendicazione dello
"Stato-Comune" [*2]
emendare il programma minimo, ormai invecchiato;
cambiare il nome del partito [*3].
10. Rinnovare l'Internazionale.
Prendere l'iniziativa della creazione di un'Internazionale rivoluzionaria
contro i socialsciovinisti e contro il "centro" [*4].
Affinché il lettore capisca per quale motivo ho dovuto sottolineare come una
rara eccezione il "caso" degli oppositori in buona fede, io invito a
confrontare con queste tesi la seguente obiezione del signor Goldenberg:
Lenin "ha issato la bandiera della guerra civile in seno alla
socialdemcrazia rivoluzionaria" (citato nel n°5 dell'Edinstvo [1] del signor
Plekhanov).
Non è una perla?
Scrivo, leggo, ribadisco: "Data l'innegabile buona fede di larghi strati dei
rappresentanti delle masse favorevoli al difensismo rivoluzionario... e
poiché essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna spiegar loro con
particolare cura, ostinazione e pazienza, l'errore in cui cadono..."
Ma i signori della borghesia, che si dicono socialdemocratici e non sono né
i larghi strati né i rappresentanti delle masse difensiste, riferiscono
imperturbabili le mie opinioni in questa forma: "Ha issato (!) la bandiera
(!) della guerra civile" (di cui non ho fatto parola nelle tesi o nel
rapporto) "in seno (!!) alla socialdemocrazia rivoluzionaria...".
Che cos'è questa roba? Che differenza c'è tra questo e l'istigazione dei
pogrom, tra questo e la Russkaia Volia?
Scrivo, leggo, ribadisco: "i Soviet dei deputati operai sono l'unica forma
possibile di governo rivoluzionario e che, pertanto, fino a che questo
governo sarà sottomesso all'influenza della borghesia, il nostro compito
potrà consistere soltanto nello spiegare alle masse in modo paziente,
sistematico, perseverante, conforme ai loro bisogni pratici, agli errori
della loro tattica".
Ma gli oppositori di un certo tipo presentano le mie opinioni come un
appello alla "guerra civile in seno alla socialdemocrazia rivoluzionaria"!!
Ho attaccato il Governo provvisorio perché non ha fissato un termine, né
vicino né lontano, per la convocazione dell'Assemblea costituente,
cavandosela con vuote promesse. Ho dimostrato che, senza i Soviet dei
deputati degli operai e dei soldati, la convocazione dell'Assemblea
costituente non è garantita e il suo complesso è impossibile.
E si pretende che io sia contrario alla più sollecita convocazione
dell'Assemblea costituente!!
Direi che queste affermazioni sono "deliranti", se decenni di lotta politica
non mi avessero insegnato a considerare la buona fede degli oppositori come
una rara eccezione.
Il signor Plekhanov ha scritto nel suo giornale che il mio discorso è
"delirante". Benissimo, signor Plekhanov! Ma guardate quanto siete
malaccorto, maldestro e poco perspicace nella vostra polemica. Se per due
ore ho detto cose deliranti, come mai centinaia di ascoltatori hanno
tollerato il mio "delirio"? E poi perché il vostro giornale consacra
un'intera colonna a questo delirio? Tutto questo zoppica, zoppica molto.
Certo, è molto più facile gridare, ingiurare, strepitare che tentar di
esporre, chiarire, ricordare in che modo abbiano ragionato Marx ed Engels,
nel 1871, nel 1872 e nel 1875, sull'esperienza della Comune di Parigi [2] e
sui caratteri dello Stato di cui il proletariato ha bisogno.
L'ex marxista signor Plekhanov, probabilmente, non vuole ricordarsi del
marxismo.
Ho citato le parole di Rosa Luxemburg, che il 4 agosto 1914 definì la
socialdemocrazia tedesca un "fetido cadavere". I signori Plekhanov,
Goldenberg e soci "si sono risentiti"... per conto di chi? Per conto degli
sciovinisti tedeschi, che sono stati chiamati sciovinisti!
Eccoli in un bell'imbroglio, poveri socialsciovinisti russi, socialisti a
parole e sciovinisti nei fatti!
Note
*1. Cioè sostituire l'esercito permanente con l'armamento generale del
popolo.
*2. Cioè di uno Stato di cui la Comune di Parigi ha fornito il primo
modello.
*3. Invece di "socialdemocrazia", i cui capi ufficiali ("difensisti" e
"kautskiani" tentennanti), hanno tradito il socialismo in tutto il mondo,
passando alla borghesia, dobbiamo chiamarci Partito comunista.
*4. Si chiama "centro" nella socialdemocrazia internazionale la corrente che
oscilla tra gli sciovinisti (= "difendisti") e gli internazionalisti: ne
fanno parte Kautsky e soci in Germania, Longuet e soci in Francia, Ckheidze
e soci in Russia, Turati e soci in Italia, MacDonald e soci in Inghilterra,
ecc.
1. Edinstvo (L'Unità), giornale, organo dei difensisti, gruppo di estrema
destra dei menscevichi con a capo G. Plekhanov, si pubblicò a Pietrogrado
dal maggio 1914 al gennaio 1918.
Invitando ad appoggiare il Governo provvisorio e pronunciandosi a favore
della coalizione con la borghesia, il giornale lottava contro i bolscevichi,
ricorrendo non di rado ai metodi della stampa gialla.
2. Si Veda K. Marx e F. Engels, Manifesto del partito comunista. Prefazione
all'edizione tedesca (1872); K. Marx, La guerra civile in Francia. Indirizzo
del Congresso generale dell'associazione Internazionale degli operai e
Critica del programma di Gotha; la lettera di F. Engels a A. Bebel del 18-28
marzo 1875; le lettere di K. Marx a L. Kugelmann del 12 e del 17 aprile
1871.
Tre fonti e tre parti integranti del marxismo
Vladimir Lenin (1913)
In tutto il mondo civile la dottrina di Marx si attira la più grande
ostilità e l'odio più intenso di tutta la scienza borghese (sia ufficiale
che liberale), che vede nel marxismo una specie di "setta perniciosa". E non
ci si può aspettare un atteggiamento diverso, poiché una scienza sociale
"imparziale" non può esistere in una società fondata sulla lotta di classe.
In un modo o nell'altro, tutta la scienza ufficiale e liberale difende la
schiavitù del salariato, mentre il marxismo ha dichiarato una guerra
implacabile a questa schiavitù. Pretendere una scienza imparziale nella
società della schiavitù del salariato è una stolta ingenuità, quale sarebbe
pretendere l'imparzialità da parte degli industriali nel considerare se
occorre aumentare il salario degli operai diminuendo il profitto del
capitale.
Ma ciò non basta. La storia della filosofia e la storia della scienza
sociale dimostrano con tutta chiarezza che nel marxismo non v'è nulla che
rassomigli al "settarismo" inteso come una specie di dottrina chiusa e
irrigidita, sorta fuori dalla strada maestra dello sviluppo della civiltà
mondiale. Al contrario, tutta la genialità di Marx sta proprio in ciò, che
egli ha risolto dei problemi già posti dal pensiero d'avanguardia
dell'umanità. La sua dottrina è sorta come continuazione diretta e immediata
della dottrina dei più grandi rappresentanti della filosofia, dell'economia
politica e del socialismo.
La dottrina di Marx è onnipotente perché è giusta. Essa è completa e
armonica, e dà agli uomini una concezione integrale del mondo, che non può
conciliarsi con nessuna superstizione, con nessuna reazione, con nessuna
difesa dell'oppressione borghese. Il marxismo è il successore legittimo di
tutto ciò che l'umanità ha creato di meglio durante il secolo XIX: la
filosofia tedesca, l'economia politica inglese e il socialismo francese.
Ci fermeremo brevemente su queste tre fonti del marxismo, che sono nello
stesso tempo le sue tre parti integranti.
I
La filosofia del marxismo è il materialismo. Nel corso di tutta la storia
moderna d'Europa e soprattutto alla fine del secolo XVIII in Francia, dove
si combatteva una lotta decisiva contro le vestigia medioevali d'ogni sorta,
contro il feudalesimo nelle istituzioni e nelle idee, il materialismo ha
dimostrato di essere l'unica filosofia coerente, conforme a tutti gli
insegnamenti delle scienze naturali, ostile ai pregiudizi, alla bigotteria,
ecc. I nemici della democrazia perciò hanno cercato con tutte le forze di
"confutare" il materialismo, di screditarlo, di calunniarlo; essi hanno
difeso diverse forme dell'idealismo filosofico, che si riduce sempre, in un
modo o nell'altro, alla difesa o al sostegno della religione.
Marx ed Engels difesero nel modo più risoluto il materialismo filosofico, e
spiegarono ripetutamente l'errore profondo di tutte le tendenze che si
allontanano da questa base. Le loro idee sono esposte nel modo più chiaro e
circostanziato nelle opere di Engels: Ludovico Feuerbach e Antidühring,
che - al pari del Manifesto del partito comunista - sono libri
indispensabili a ogni operaio cosciente.
Marx non si fermò al materialismo del secolo XVIII, ma spinse avanti la
filosofia. Egli la arricchì delle conquiste della filosofia classica
tedesca, soprattutto del sistema di Hegel che, a sua volta, aveva condotto
Feuerbach al materialismo. La principale di queste conquiste è la
dialettica, cioè la dottrina dello sviluppo nella sua espressione più
completa, più profonda e meno unilaterale, la dottrina della relatività
delle conoscenze umane, riflesso della materia in perpetuo sviluppo. Le
scoperte più recenti delle scienze naturali - il radio, gli elettroni, la
trasformazione degli elementi - hanno splendidamente confermato il
materialismo dialettico di Marx, a dispetto delle dottrine dei filosofi
borghesi e dei loro "nuovi" ritorni al vecchio e putrido idealismo.
Approfondendo e sviluppando il materialismo filosofico, Marx lo spinse fino
alle ultime conseguenze e lo estese dalla conoscenza della natura alla
conoscenza della società umana. Il materialismo storico di Marx fu una delle
più grandi conquiste del pensiero scientifico. Al caos e all'arbitrio che
regnavano fino allora nelle concezioni della storia e della politica, venne
sostituita una teoria scientifica integrale e armonica, la quale mostra come
da una forma di vita sociale, in seguito all'accrescimento delle forze
produttive, si sviluppi un'altra forma più elevata, come, per esempio, dal
feudalesimo nasca il capitalismo.
Allo stesso modo che la conoscenza dell'uomo riflette la natura, che esiste
indipendentemente da lui, cioè la materia in sviluppo, così la conoscenza
sociale dell'uomo (ossia le diverse concezioni e le dottrine filosofiche,
ecc.) riflette il regime economico della società. Le istituzioni politiche
sono una sovrastruttura che si erige sulla base economica. Noi vediamo, per
esempio, come le diverse forme politiche degli Stati europei contemporanei
servono a rafforzare il dominio della borghesia sul proletariato.
La filosofia di Marx è il materialismo filosofico integrale, il quale ha
dato all'umanità, e particolarmente alla classe operaia, un potente
strumento di conoscenza.
II
Resosi conto che il regime economico costituisce la base sulla quale si
erige la sovrastruttura politica, Marx rivolse la sua attenzione soprattutto
allo studio di questo regime economico. L'opera principale di Marx - Il
capitale - è consacrata allo studio del regime economico della società
moderna, cioè capitalistica.
L'economia politica classica anteriore a Marx nacque in Inghilterra, il
paese capitalista più progredito. Adam Smith e David Ricardo, studiando il
regime economico, gettarono le basi della teoria secondo cui il valore
deriva dal lavoro. Marx continuò la loro opera, dette una rigorosa base
scientifica a questa teoria e la sviluppò in modo coerente. Egli dimostrò
che il valore di ogni merce è determinato dalla quantità di lavoro
socialmente necessario, ovvero dal tempo di lavoro socialmente necessario
alla sua produzione.
Là dove gli economisti borghesi vedevano dei rapporti tra oggetti (scambio
di una merce con un'altra), Marx scoprì dei rapporti tra uomini. Lo scambio
delle merci esprime il legame tra singoli produttori per il tramite del
mercato. Il denaro indica che questo legame diventa sempre più stretto, fino
ad unire in un tutto indissolubile la vita economica dei produttori isolati.
Il capitale indica lo sviluppo ulteriore di questo legame: la forza-lavoro
dell'uomo diventa una merce.
L'operaio salariato vende la sua forza-lavoro al proprietario della terra,
delle fabbriche, degli strumenti di produzione. L'operaio impiega una parte
della giornata di lavoro a coprire le spese del mantenimento suo e della sua
famiglia (il salario), e l'altra parte a lavorare gratuitamente, creando per
il capitalista il plusvalore, fonte del profitto, fonte della ricchezza
della classe dei capitalisti.
La dottrina del plusvalore è la pietra angolare della teoria economica di
Marx.
Il capitale, creato dal lavoro dell'operaio, opprime l'operaio, rovinando i
piccoli proprietari e creando un esercito di disoccupati. Nell'industria, la
vittoria della grande produzione è evidente a prima vista; ma anche
nell'agricoltura osserviamo lo stesso fenomeno: la superiorità della grande
azienda agricola capitalistica aumenta, l'impiego delle macchine si estende,
l'azienda contadina cade sotto le grinfie del capitale finanziario, decade e
va in rovina sotto il peso della sua tecnica arretrata. Nell'agricoltura le
forme della decadenza del piccolo produttore sono differenti, ma la
decadenza è un fatto indiscutibile.
Il capitale, prendendo il sopravvento sulla piccola produzione, porta a un
aumento della produttività del lavoro e crea una situazione di monopolio per
le associazioni dei più grandi capitalisti. La produzione stessa diventa
sempre più sociale: centinaia di migliaia e milioni di operai sono legati a
un organismo economico sottoposto a un piano regolare, ma un pugno di
capitalisti si appropria il prodotto del lavoro comune. Crescono l'anarchia
della produzione, le crisi, la corsa sfrenata alla conquista dei mercati,
l'incertezza dell'esistenza per la massa della popolazione.
Accrescendo la dipendenza degli operai di fronte al capitale, il regime
capitalistico crea la grande forza del lavoro riunito.
Marx seguì l'evoluzione del capitalismo dai primi rudimenti dell'economia
mercantile, dal semplice baratto fino alle sue forme superiori, fino alla
grande produzione.
E l'esperienza di tutti i paesi capitalistici, tanto vecchi che nuovi,
dimostra con evidenza a un numero di operai di anno in anno sempre più
grande la giustezza di questa dottrina di Marx.
Il capitalismo ha vinto in tutto il mondo, ma questa vittoria non è che il
preludio della vittoria del lavoro sul capitale.
III
Quando il regime feudale fu abbattuto e la "libera" società capitalistica
venne alla luce, si vide subito che questa libertà significava un nuovo
sistema di oppressione e di sfruttamento dei lavoratori. Diverse dottrine
socialiste incominciarono ben presto a sorgere, come riflesso di questa
oppressione e protesta contro di essa. Ma il socialismo primitivo era un
socialismo utopistico. Esso criticava la società capitalistica, la
condannava, la malediceva; sognava di distruggerla e fantasticava di un
regime migliore; cercava di persuadere i ricchi dell'immoralità dello
sfruttamento. Ma il socialismo utopistico non poteva indicare una effettiva
via di uscita. Non sapeva né spiegare l'essenza della schiavitù del
salariato sotto il capitalismo, né scoprire le leggi del suo sviluppo, né
trovare la forza sociale capace di divenire la creatrice di una nuova
società.
Intanto le rivoluzioni tempestose che, in tutta l'Europa e principalmente in
Francia, accompagnarono la caduta del feudalesimo e del servaggio,
dimostravano in modo sempre più evidente che la base e la forza motrice di
ogni sviluppo era la lotta di classe.
Nessuna vittoria della libertà politica sulla classe dei signori feudali fu
ottenuta senza incontrare una resistenza disperata. Nessun paese
capitalistico si organizzò su una base più o meno libera, più o meno
democratica, senza una lotta a morte tra le diverse classi della società
capitalistica.
La genialità di Marx consiste nel fatto che da ciò egli seppe, per primo,
trarre ed applicare coerentemente la conclusione che la storia universale
insegna. Questa conclusione è la dottrina della lotta di classe.
Fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere, sotto qualunque
frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli
interessi di queste o quelle classi, essi in politica saranno sempre, come
sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni. I
fautori delle riforme e dei miglioramenti saranno sempre ingannati dai
difensori del passato, fino a quando non avranno compreso che ogni vecchia
istituzione, per barbara e corrotta che essa sembri, si regge sulle forze di
queste o quelle classi dominanti. E per spezzare la resistenza di queste
classi vi è un solo mezzo: trovare nella stessa società che ci circonda,
educare e organizzare per la lotta forze che possono - e che per la loro
situazione sociale debbano - spazzar via il vecchio ordine e crearne uno
nuovo.
Soltanto il materialismo filosofico di Marx ha indicato al proletariato la
via di uscita dalla schiavitù spirituale nella quale hanno vegetato fino ad
oggi tutte le classi oppresse. Soltanto la teoria economica di Marx ha
chiarito la situazione reale del proletariato nel regime capitalistico.
In tutto il mondo, dall'America al Giappone, dalla Svezia all'Africa del
sud, si moltiplicano le organizzazioni indipendenti del proletariato.
Conducendo la propria lotta di classe, il proletariato si istruisce e si
educa, si libera dai pregiudizi della società borghese, acquista una
coesione sempre maggiore, impara a misurare i suoi successi, a temprare le
sue forze, e si sviluppa in modo irresistibile.
Progetto di risoluzione sul momento attuale
e sui compiti del Partito
Vladimir Lenin (1908-1909)
La situazione politica attuale è caratterizzata dai seguenti tratti:
a) Il vecchio assolutismo feudale si sviluppa trasformandosi in monarchia
borghese che maschera l'assolutismo con forme pseudocostituzionali. Il colpo
di stato del 3 giugno e l'istituzione della III Duma sono un'aperta conferma
e un aperto riconoscimento dell'alleanza dello zarismo con i latifondisti
cento-neri e con gli alti strati della borghesia commerciale-industriale.
Prendendo per necessità di cose la via dello sviluppo capitalistico della
Russia e sforzandosi di proseguire proprio per la via che conserverebbe ai
latifondisti feudali il potere ed i redditi, l'assolutismo si destreggia fra
questa classe ed i rappresentanti del capitale. I piccoli disaccordi fra
l'una e gli altri servono d'appoggio all'assolutismo il quale, insieme con
queste classi, muove un'accanita lotta controrivoluzionaria al proletariato
socialdemocratico ed ai contadini democratici che nella recente lotta di
massa hanno dimostrato la loro forza.
b) Non diverso è il carattere borghese-bonapartista che distingue la
politica agraria dello zarismo contemporaneo.
Esso ha perduto ogni fede nell'ingenua devozione delle masse contadine alla
monarchia. Esso cerca l'alleanza con i contadini ricchi, abbandonando la
campagna al loro saccheggio. L'assolutismo compie sforzi sovrumani per
distruggere al più presto ogni possesso in comune delle terre, per
consolidare esclusivamente la proprietà fondiaria privata. Tale politica
inasprisce cento volte di più tutte le contraddizioni del capitalismo nella
campagna e accelera la divisione delle campagne in un'infima minoranza di
reazionari e in una massa proletaria e semiproletaria rivoluzionaria.
c) La borghesia liberale, capeggiata dal partito dei cadetti, ha preso la
via della controrivoluzione fin dai primi grandi movimenti rivoluzionari
delle masse e continua a battere questa via, avvicinandosi ancor più agli
ottobristi [1], e con la sua agitazione zarista-nazionalista - che esprime
lo sviluppo della propria coscienza di classe - rende, di fatto, un servizio
all'assolutismo ed ai latifondisti feudali.
d) Le masse contadine, malgrado tutte le persecuzioni contro gli elementi
democratici delle campagne, continuano - come attesta anche la loro
rappresentanza iugulata e mutilata alla III Duma - ad essere, malgrado tutte
le loro esitazioni, per la rivoluzione agrario-democratica la quale,
distruggendo completamente il possesso fondiario latifondista, assicurerebbe
lo sviluppo più rapido, ampio e libero delle forze produttive della Russia
capitalista. La legge del 22 (9) novembre non fa che affrettare la divisione
delle masse contadine in forze implacabilmente nemiche e politicamente
coscienti.
e) Sul proletariato è caduta e cade la maggior parte dei colpi
dell'assolutismo e, ad un tempo, del capitale che si unifica ed avanza
rapidamente. Ciononostante, il proletariato conserva, in confronto con le
altre classi, la massima unità e la massima fedeltà al suo partito di
classe, con il quale la rivoluzione l'ha saldato. Il proletariato continua
la lotta per i suoi interessi di classe ed approfondisce la sua coscienza
socialista di classe, rimanendo la sola classe capace di dirigere
coerentemente la nuova lotta rivoluzionaria.
f) È insomma incontestabile che i compiti obiettivi della rivoluzione
democratica borghese in Russia restano insoluti. La crisi economica, la
disoccupazione e la fame persistenti dimostrano che la nuova politica
dell'assolutismo non può assicurare le condizioni dello sviluppo
capitalistico della Russia. Questa politica conduce inevitabilmente
all'approfondimento del conflitto esistente tra le masse democratiche e le
classi dirigenti, all'aumento del malcontento in nuovi strati della
popolazione, all'acutizzazione ed all'approfondimento della lotta politica
delle diverse classi. In questa situazione politica ed economica matura
inevitabilmente una nuova crisi rivoluzionaria.
g) Il generale inasprimento della situazione sul mercato mondiale - che si
spiega soprattutto con gli spostamenti dovuti alla crisi che si è
manifestata nel 1908 in forma di depressione della situazione industriale
nell'Europa occidentale e con i movimenti rivoluzionari in Oriente che
rappresentano la creazione di stati capitalistici nazionali - rafforza la
concorrenza, conduce a più numerosi attriti internazionali, aggravando così
le contraddizioni di classe tra la borghesia ed il proletariato e rendendo
sempre più rivoluzionaria la situazione generale mondiale.
In conseguenza di un siffatto stato di cose, la conferenza panrussa del
P.O.S.D.R. ritiene che, nel momento presente, i compiti principali del
partito siano i seguenti:
1) Chiarire alle grandi masse popolari il significato e la portata della
nuova politica dell'assolutismo e della funzione del proletariato socialista
il quale, conducendo una politica classista indipendente, deve dirigere le
masse democratiche dei contadini nella politica contemporanea e nella
prossima lotta rivoluzionaria.
2) Studiare sotto tutti gli aspetti e popolarizzare largamente l'esperienza
della lotta di massa del 1905-1907 che ha dato insegnamenti impareggiabili
sulla tattica rivoluzionaria socialdemocratica.
3) Rafforzare il P.O.S.D.R., quale esso si è formato nel periodo
rivoluzionario; conservarne le tradizioni di lotta implacabile così contro
l'assolutismo e contro le classi reazionarie, come contro il liberalismo
borghese; lottare contro l'abbandono del marxismo rivoluzionario, contro la
mutilazione delle parole d'ordine del P.O.S.D.R. e contro i tentativi di
sopprimere le organizzazioni illegali, tentativi che si producono fra certi
elementi del partito caduti in preda alla disgregazione.
Oltre a ciò, è necessario tener presente che solo aiutando il processo che
si delinea già chiaramente, del passaggio delle funzioni di partito nelle
mani degli stessi socialdemocratici, solo creando e rafforzando le
organizzazioni illegali del partito si può mettere il partito sulla giusta
via del suo sviluppo.
4) Aiutare in tutti i modi la lotta economica della classe operaia, in
accordo con le risoluzioni dei congressi di Londra e di Stoccarda [2].
5) Servirsi della Duma e della sua tribuna per la propaganda e per
l'agitazione rivoluzionaria socialdemocratica.
6) All'ordine del giorno, si pone innanzi tutto un lungo lavoro di
educazione, di organizzazione e di raggruppamento delle masse coscienti del
proletariato. In seguito, subordinatamente a questo compito, è necessario
estendere il lavoro, e specialmente il lavoro di propaganda e di agitazione
a mezzo della stampa, fra i contadini e nell'esercito, e rivolgere inoltre
la massima attenzione all'educazione socialista degli elementi proletari e
semiproletari esistenti fra i contadini e nell'esercito.
Note
1. Membri dell'"Unione del 17 ottobre", costituita nel 1905 in seguito al
manifesto imperiale, che, appunto in quella data, annunciava la convocazione
della Duma. "L'unione", che sosteneva la monarchia costituzionale,
rappresentava gli interessi del grande capitalismo industriale ed agrario.
2. I congressi dell'Internazionale che ebbero luogo rispettivamente nel 1890
e nel 1907.
Discorso sull'educazione al primo congresso di tutta la Russia
Lenin (1918)
Il Congresso fu tenuto a Mosca nell'edificio del Corso Superiore Femminile
dal 26 agosto al 4 settembre 1918. I settecento e rotti delegati
rappresentavano dipartimenti dell'educazione, insegnanti ed educatori. Lenin
fu eletto presidente onorario e venne invitato a partecipare. Egli parlò al
Congresso il 28 di agosto. Il Congresso discusse i Regolamenti sulla Singola
Scuola Operaia della R.S.F.S.R., che vennero in seguito approvati dal
Comitato Esecutivo Centrale di tutta la Russia e pubblicati sull'Izvestia il
16 di ottobre. Tali regolamenti giocarono un ruolo assai importante nella
costruzione del sistema educativo sovietico.
In connessione con l'attentato alla vita di Lenin, eseguito dalla terrorista
socialrivoluzionaria Fanny Kaplan il 30 agosto, il Congresso si riunì in una
sessione plenaria d'emergenza il giorno successivo e adottò una risoluzione
per inviare un messaggio di simpatia a Lenin e alla Krupskaya ed esprimendo
ferma convinzione nel trionfo della causa rivoluzionaria.
Pubblicato per la prima volta (sotto forma di breve resoconto) nella
Vercherniye Izvestia Moskovskovo Soveta No. 35 del 29 agosto 1918.
Pubblicato integralmente per la prima volta nel 1919 nel libro Verbali del
Primo Congresso di tutta la Russia sull'Educazione.
Trascritto e tradotto, dalla versione in inglese presente sul MIA, da Dario
Romeo Settembre 2000
(Tutti si alzano in piedi non appena il compagno Lenin appare nell'aula.
Seguono tempestosi e prolungati applausi).
Compagni, stiamo passando attraverso uno dei momenti più critici, importanti
ed interessanti di tutta la storia - un momento nel quale la rivoluzione
socialista mondiale si sta compiendo. Sta divenendo ora apparente persino a
coloro che si tenevano lontani dalle teorie e previsioni socialiste che
questa guerra non terminerà così come è cominciata, cioè con una pace tra i
governi imperialisti condotta nella via usuale. La rivoluzione russa ha
mostrato che la guerra sta inevitabilmente guidando verso la disintegrazione
dell'intera società capitalista in generale, che si sta convertendo in
guerra del popolo lavoratore contro gli sfruttatori. In ciò risiede
l'importanza della rivoluzione russa.
Gli operai di tutto il mondo sentono che la causa della rivoluzione russa è
la loro stessa causa, non importa quanto grandi siano gli ostacoli che
dovremo affrontare nel nostro cammino, non importa quante decine di milioni
in denaro vengono spesi in tutti i paesi per disseminare menzogne e calunnie
a proposito della rivoluzione russa. Parallelamente alla guerra tra i due
gruppi imperialisti, un'altra guerra sta cominciando in ogni luogo, la
guerra che la classe lavoratrice, ispirata dall'esempio della rivoluzione
russa, sta dichiarando contro la propria borghesia. Tutti i segni mostrano
che Austria e Italia sono sull'orlo della rivoluzione. Il vecchio ordine in
questi paesi si sta disintegrando rapidamente. Nei paesi più forti e
stabili, come Germania, Inghilterra e Francia, si sta verificando lo stesso
processo, per quanto in una forma in qualche modo differente e meno
evidente. Il collasso del sistema capitalista e della guerra capitalista è
inevitabile.
Gli imperialisti tedeschi non sono stati in grado di soffocare la
rivoluzione socialista. Il prezzo che la Germania ha dovuto pagare per aver
schiacciato la rivoluzione nella Lettonia Rossa, Finlandia ed Ucraina è
stato la demoralizzazione del proprio esercito. La sconfitta della Germania
sul fronte occidentale è largamente dovuta al fatto che il suo vecchio
esercito non esiste più. Ciò di cui i diplomatici tedeschi scherzavano - la
"russificazione" dei soldati tedeschi - ora risulta non essere affatto uno
scherzo, ma l'amara realtà. Lo spirito di protesta si sta alzando, il
"tradimento" sta divenendo comune nell'esercito tedesco.
D'altra parte, Inghilterra e Francia stanno compiendo un ultimo sforzo per
salvare la propria situazione. Essi si stanno scagliando contro la
Repubblica Russa sforzando il capitalismo sino al suo punto di rottura.
Persino i giornali borghesi devono ammettere che un chiaro cambio di spirito
è apparso tra la classe operaia: in Francia l'idea della "difesa nazionale"
sta crollando; in Inghilterra la classe operaia sta denunciando la "pace
sociale". Ciò vuol dire che gli imperialisti inglesi e francesi si sono
giocati la loro ultima carta - e noi possiamo affermare con la massima
fiducia che tale carta è perdente (applausi tempestosi). Non importa quanto
sonoramente certi gruppi urlano che i bolscevichi sono sostenuti da una
minoranza, essi devono ammettere di non riuscire a trovare forze all'interno
della Russia per battere i bolscevichi, e son costretti a far ricorso
all'intervento straniero. La classe operaia di Francia ed Inghilterra è così
costretta a prender parte ad una sfacciata guerra di conquista, il cui
intento è quello di abbattere la rivoluzione russa. Ciò vuol dire che
l'imperialismo inglese e francese, e conseguentemente quello mondiale, è al
suo ultimo spasmo (applausi tempestosi).
Noi abbiamo superato tutte le difficoltà, sebbene sia stato duro
reinstaurare la legge marziale in un paese nel quale il popolo stesso aveva
soppresso la guerra e mandato in frantumi il vecchio esercito, e sebbene sia
stato duro formare un esercito nel bel mezzo di un'acuta guerra civile.
L'esercito è stato formato, e la vittoria sui cechi, sulle guardie bianche,
sui proprietari terrieri, sui capitalisti e sui kulak è assicurato (applausi
tempestosi). Gli operai realizzano che essi stanno lottando per la propria
causa e non negli interessi di una manciata di capitalisti. Gli operai ed i
contadini russi hanno per la prima volta ottenuto la possibilità di guidare
da se stessi le fabbriche e di disporre della terra, e quest'esperienza era
destinata ad avere i suoi effetti. Il nostro esercito è stato formato da
gente scelta, da contadini ed operai con coscienza di classe. Ognuno di essi
va al fronte conscio di combattere per il destino della rivoluzione mondiale
tanto quanto per la rivoluzione russa, poiché noi possiamo star certi che la
rivoluzione russa è solo un esempio, solo il primo passo nella serie di
rivoluzioni nelle quali la guerra è destinata a terminare.
L'educazione è una delle componenti della battaglia che stiamo ora
intraprendendo. Noi possiamo contrastare l'ipocrisia e le menzogne con la
completa ed onesta verità. La guerra ha mostrato abbastanza chiaramente cosa
la "volontà della maggioranza" realmente significa, una frase usata come
copertura dalla borghesia. La credenza che la democrazia borghese serva gli
interessi della maggioranza è stata ora completamente discreditata. La
nostra Costituzione, i nostri Soviet, che son qualcosa di nuovo per
l'Europa, ma coi quali noi siamo già familiarizzati dall'esperienza della
rivoluzione del 1905, serve come splendido materiale di propaganda e di
agitazione che mette completamente in mostra la natura ipocrita e menzognera
della democrazia borghese. Noi abbiamo apertamente il dominio del popolo
lavoratore e sfruttato - e lì risiede la fonte della nostra forza ed
invincibilità.
Lo stesso vale per l'educazione: più acculturato è lo stato borghese, più
sottilmente esso mente quando dichiara che la scuola sta al di sopra della
politica e serve la società nel suo intero.
Di fatto le scuole erano trasformate in nient'altro che in strumenti del
dominio di classe della borghesia. Esse erano completamente imbevute dello
spirito borghese di casta. Il loro scopo era quello di fornire ai
capitalisti, obbedienti lacchè ed abili lavoratori. La guerra ha mostrato
che le meraviglie della tecnologia moderna sono state usate come mezzo per
sterminare milioni di operai e per creare favolosi profitti per i
capitalisti che con la guerra stanno facendo fortune. La guerra è stata
erosa dal suo interno, perché noi abbiamo esposto le loro menzogne opponendo
loro la verità. Noi diciamo che il nostro lavoro all'interno dell'educazione
è parte della battaglia per rovesciare la borghesia. Noi dichiariamo
pubblicamente che il divorzio dell'educazione dalla vita e dalla politica è
menzogna ed ipocrisia. Quale è stato il significato del sabotaggio di cui si
sono serviti i meglio educati rappresentanti della veccia cultura borghese?
Questo sabotaggio ha mostrato meglio di ogni agitatore, meglio di tutti i
nostri discorsi, meglio di migliaia di pamphlet, che queste persone
considerano l'istruzione come un loro monopolio e che l'hanno trasformata in
uno strumento del loro dominio sui cosiddetti uomini comuni. Essi hanno
usato la loro istruzione per frustrare il lavoro della costruzione
socialista, e vengono fuori apertamente contro il popolo lavoratore.
La lotta rivoluzionaria è stata la scuola degli operai e dei contadini
russi. Essi hanno visto che solo il nostro sistema assicura il loro genuino
dominio, essi hanno potuto convincersi che lo stato sta facendo di tutto per
assistere gli operai ed i contadini poveri nell'abbattimento completo della
resistenza dei kulak, dei proprietari terrieri e dei capitalisti.
I lavoratori hanno sete di conoscenza perché hanno bisogno di essa per
vincere. Nove operai su dieci hanno compreso che la conoscenza è un'arma
nella loro lotta per l'emancipazione, che i loro fallimenti sono dovuti a
mancanza di educazione, e che ora tocca loro dare realmente a tutti accesso
all'educazione. La nostra causa è assicurata perché il popolo stesso ha
cominciato a costruire una nuova, socialista Russia. Essi stanno imparando
dalla propria esperienza, dai loro fallimenti ed errori, e vedono come
l'educazione sia indispensabile per la vittoriosa conclusione della loro
battaglia. Malgrado l'apparente collasso di numerose istituzioni e
l'esultanza degli intellettuali che effettuano sabotaggi, noi troviamo che
l'esperienza in battaglia ha insegnato al popolo come prendere il destino
nelle proprie mani. Tutti coloro che realmente simpatizzano con il popolo e
tutti i migliori insegnanti verranno in nostro aiuto, e questa è una sicura
garanzia che la causa socialista trionferà (ovazione).
Il socialismo e la guerra
Vladimir Lenin (1915)
L'opuscolo Il socialismo e la guerra fu scritto nel luglio-agosto 1915 e
pubblicato in tedesco nel settembre dello stesso anno a cura del
Sozial-Demokrat, e distribuito, ai delegati della Conferenza di Zimmerwald.
Fu pubblicato in francese e per la prima volta in lingua russa, con il
sottotitolo Posizione del POSDR sulla guerra, nel 1916.
In appendice, sono stati inclusi:
il manifesto La guerra e la socialdemocrazia russa, scritto da Lenin l'11
ottobre (28 settembre) 1914, approvato dal Comitato centrale del POSDR, e
pubblicato nel Sozial-Demokrat n. 33, nel novembre (18 ottobre) dello stesso
anno.
lo scritto La conferenza delle sezioni all'estero del POSDR, pubblicato nel
Sozial-Demokrat, n. 40, 29 (16) marzo 1915 contiene le risoluzioni
presentate da Lenin alla conferenza delle sezioni all'estero del POSDR
tenuta a Berna dal 27 febbraio al 4 marzo 1915 e approvate dalla conferenza
stessa.
Marxismo e revisionismo
Vladimir Lenin (1908)
Scritto nell'aprile del 1908 e pubblicato nella raccolta Karl Marx (1818 -
1883), Pietroburgo, 1908:
Un noto adagio dice che se gli assiomi della geometria urtassero gli
interessi degli uomini, si sarebbe probabilmente cercato di confutarli.
Quelle dottrine delle scienze storiche e naturali che colpiscono i vecchi
pregiudizi della teologia hanno provocato e provocano tuttora una delle
lotte più accanite. Nulla di strano quindi che la dottrina di Marx, la quale
serve in modo diretto a educare e organizzare la classe d'avanguardia della
società moderna, indica i compiti di questa classe e dimostra che, grazie
allo sviluppo economico, la sostituzione dell'attuale ordinamento sociale
con un ordine nuovo è cosa ineluttabile nulla di strano che questa dottrina
abbia dovuto farsi strada lottando ad ogni passo.
Non parliamo della scienza e della filosofia borghesi, insegnate
ufficialmente da professori ufficiali allo scopo di istupidire la giovane
generazione delle classi possidenti e di "aizzarla" contro i nemici interni
ed esterni. Questa scienza non vuol nemmeno sentir parlare del marxismo,
dichiarandolo confutato e distrutto; e i giovani scienziati che fanno
carriera confutando il socialismo, e le vecchie cariatidi che fanno la
guardia a tutti i possibili e immaginabili comandamenti di "sistemi"
vetusti, tutti con lo stesso zelo attaccano Marx. I progressi del marxismo,
la diffusione e l'affermarsi delle sue idee in seno alla classe operaia,
accrescono inevitabilmente la frequenza e la violenza di questi attacchi
borghesi contro il marxismo. Questo però, dopo ogni "colpo di grazia"
infertogli dalla scienza ufficiale, diventa più forte, più temprato, più
vitale di prima.
Ma anche fra le dottrine che hanno un legame con la lotta della classe
operaia e sono diffuse particolarmente fra il proletariato, il marxismo è
ben lungi dall'aver rafforzato di colpo le sue posizioni. Nei primi
cinquanta anni della sua esistenza (a partire dal decennio 1840-1850) il
marxismo combattè contro le teorie che gli erano radicalmente ostili. Nella
prima metà del decennio 1840-1850 Marx ed Engels aggiustarono i conti con i
giovani hegeliani radicali che in filosofia erano idealisti. Verso la fine
di questo decennio la lotta si porta nel campo delle dottrine economiche,
contro il proudhonismo. Negli anni 1850-1860 questa lotta viene coronata
dalla critica dei partiti e delle dottrine che si erano manifestate durante
il tempestoso 1848. Dal 1860 al 1870 la lotta passa dal campo della teoria
generale a un campo più direttamente vicino al movimento operaio: cacciata
del bakunismo dall'Internazionale. All'inizio del decennio 1870-1880 in
Germania si fa avanti per un breve periodo di tempo il proudhoniano
Mülberger; [1] alla fine di questo decennio, il positivista Dühring. Ma
l'influenza esercitata sul proletariato tanto dall'uno che dall'altro è già
insignificante. Il marxismo ha già trionfato in modo indiscusso di tutte le
altre ideologie del movimento operaio.
Nell'ultimo decennio del secolo scorso questa vittoria era, nel complesso,
un fatto compiuto. Persino nei paesi latini, dove le tradizioni del
proudhonismo persistettero più a lungo, i partiti operai di fatto fondavano
i loro programmi e la loro tattica su una base marxista. L'organizzazione
internazionale del movimento operaio, ripresa sotto forma di congressi
internazionali periodici, subito e quasi senza lotta si mise in tutte le
questioni essenziali sul terreno del marxismo. Ma quando il marxismo ebbe
soppiantato tutte le dottrine ad esso avverse e dotate di una qualche
consistenza, le tendenze che trovavano un'espressione in queste dottrine si
dettero a cercare altre vie. Le forme e i pretesti della lotta mutarono, ma
la lotta continuò. E il secondo cinquantennio di esistenza del marxismo si
iniziò (dal 1890) con la lotta di una corrente ostile al marxismo in seno al
marxismo stesso.
L'ex marxista ortodosso Bernstein ha dato il nome a questa corrente, poichè
ha fatto maggior rumore e formulato nel modo più completo le correzioni da
apportare a Marx, la revisione del marxismo, il revisionismo. Persino in
Russia, dove naturalmente il socialismo non marxista si è mantenuto più a
lungo - data l'arretratezza economica del paese e la predominanza nella
popolazione dei contadini soffocati dalle vestigia del servaggio - persino
in Russia, esso si trasforma sotto i nostri occhi in revisionismo. Tanto
nella questione agraria (programma di municipalizzazione di tutte le terre)
che nelle questioni generali di programma e di tattica, i nostri
socialpopulisti sostituiscono sempre più con "correzioni" a Marx i resti
morenti, in decomposizione, del loro vecchio sistema, a modo suo coerente e
fondamentalmente ostile al marxismo.
Il socialismo premarxista è battuto. Esso continua la lotta non più sul suo
proprio terreno, ma sul terreno generale del marxismo, come revisionismo.
Vediamo dunque qual è il contenuto ideologico del revisionismo.
Nel campo della filosofia il revisionismo si è messo a rimorchio della
"scienza" borghese professorale. I professori "ritornano a Kant", e il
revisionismo si trascina dietro i neokantiani. I professori ripetono le
banalità pretesche, mille volte rimasticate, contro il materialismo
filosofico, e i revisionisti, sorridendo con condiscendenza, borbottano
(parola per parola secondo l'ultimo Handbuch) [2] che il materialismo è
stato da un pezzo "confutato". I professori considerano Hegel come un "cane
morto" [3] e predicando essi stessi l'idealismo, ma un idealismo mille volte
più meschino e banale di quello hegeliano, alzano con sprezzo le spalle a
proposito della dialettica, e i revisionisti si cacciano dietro a loro nel
pantano dell'avvilimento filosofico della scienza, sostituendo alla
dialettica "sottile" (e rivoluzionaria) la "semplice" (e pacifica)
"evoluzione". I professori si guadagnano i loro stipendi adattando i loro
sistemi idealistici e "critici" alla "filosofia" medioevale dominante (cioè
alla teologia), e i revisionisti si schierano al loro fianco, cercando di
fare della religione un "affare privato", non rispetto allo Stato moderno,
ma rispetto al partito della classe d'avanguardia.
E' inutile parlare del vero significato di classe di tali "correzioni" a
Marx: la cosa è evidente di per sé. Notiamo soltanto che l'unico marxista
che, nella socialdemocrazia internazionale, abbia criticato le incredibili
banalità spacciate dai revisionisti, mantenendosi sulle posizioni del
materialismo dialettico conseguente, è stato Plekhanov. Ciò è tanto più
necessario sottolineare energicamente oggi, quando si fanno dei tentativi
profondamente errati di far passare il ciarpame filosofico reazionario per
critica dell'opportunismo tattico di Plekhanov. [*]
Passando all'economia politica si deve notare innanzi tutto che in questo
campo le "correzioni" dei revisionisti sono state molto più varie e
circostanziate: si è cercato di agire sul pubblico coi "nuovi dati dello
sviluppo economico". Si è preteso che la concentrazione della produzione e
l'eliminazione della piccola produzione da parte della grande non si
verificano affatto nell'agricoltura, e che nel commercio e nell'industria si
verificano con estrema lentezza. Si è preteso che le crisi si farebbero oggi
più rare, meno acute e che probabilmente i cartelli e i trust offriranno al
capitale la possibilità di eliminarle del tutto. Si è preteso che la "teoria
del crollo" verso il quale marcia il capitalismo sarebbe una teoria
inconsistente, poichè le contraddizioni di classe tenderebbero ad attutirsi,
ad attenuarsi. Si è preteso infine che non sarebbe male correggere la teoria
del valore di Marx secondo gli insegnamenti di Böhm-Bawerk.
La lotta contro i revisionisti a proposito di questi problemi ha dato al
pensiero teorico del socialismo internazionale un impulso tanto fecondo
quanto la polemica di Engels con Dühring venti anni prima. Gli argomenti dei
revisionisti sono stati esaminati, fatti e cifre alla mano. E' stato
dimostrato che i revisionisti idealizzano sistematicamente la piccola
produzione moderna. Il fatto della superiorità tecnica e commerciale della
grande produzione sulla piccola, non soltanto nell'industria, ma anche
nell'agricoltura, è dimostrato da dati inconfutabili. Ma nell'agricoltura la
produzione commerciale è molto più debolmente sviluppata; e i moderni
economisti e studiosi di statistica non sanno, d'abitudine, mettere in
rilievo quei rami speciali (talvolta persino quelle operazioni)
dell'agricoltura che attestano che l'agricoltura viene attratta sempre più
nell'orbita degli scambi economici mondiali. La piccola produzione si
mantiene sulle rovine dell'economia naturale, grazie a un peggioramento
sempre più accentuato dell'alimentazione, alla carestia cronica, al
prolungamento della giornata di lavoro, al peggioramento della qualità del
bestiame e delle cure che gli si danno, in una parola, grazie agli stessi
mezzi coi quali la produzione artigiana ha resistito alla manifattura
capitalistica. Ogni passo in avanti della scienza e della tecnica scalza
inevitabilmente, inesorabilmente le basi della piccola produzione nella
società capitalistica; e il compito dell'economia socialista è di analizzare
questo processo in tutte le sue forme, spesso complesse e ingarbugliate, di
dimostrare al piccolo produttore che gli è impossibile resistere in regime
capitalista, che la situazione dell'economia contadina in regime capitalista
non ha vie di uscita, che il contadino deve far proprio necessariamente il
modo di vedere del proletariato. Dal punto di vista scientifico in questa
questione i revisionisti peccavano per la loro superficiale generalizzazione
di fatti presi isolatamente, staccandoli dall'assieme del regime
capitalista; dal punto di vista politico peccavano perchè inevitabilmente,
lo volessero o no, chiamavano il contadino o lo spingevano a far proprie le
opinioni del proprietario (cioè della borghesia), invece di spingerlo a far
proprie le opinioni del proletariato rivoluzionario.
Per quel che concerne la teoria delle crisi e la teoria del crollo, per i
revisionisti le cose sono andate ancor peggio. Soltanto per un brevissimo
periodo di tempo e solo persone di vista ben corta potevano pensare a
rimaneggiare i princípi della dottrina di Marx sotto l'influenza di alcuni
anni di slancio e di prosperità industriale. La realtà ha dimostrato ben
presto ai revisionisti che le crisi non avevano fatto il loro tempo: alla
prosperità ha tenuto dietro la crisi. Sono cambiate le forme, l'ordine, la
fisionomia delle singole crisi, ma le crisi continuano a essere parte
integrante del regime capitalista. I cartelli e i trust mentre hanno
concentrato la produzione ne hanno aggravato nello stesso tempo, agli occhi
di tutti, l'anarchia, hanno aumentato l'incertezza del domani per il
proletariato e l'oppressione del capitale, inasprendo così in modo inaudito
le contraddizioni di classe. Che il capitalismo vada verso il crollo - tanto
nel senso delle singole crisi economiche e politiche, quanto della
catastrofe completa di tutto il regime capitalista - lo hanno dimostrato in
modo particolarmente evidente e in proporzioni particolarmente vaste i
giganteschi trust contemporanei. La recente crisi finanziaria in America, la
estensione terribile della disoccupazione in Europa, senza parlare poi della
crisi industriale imminente, annunciata da sintomi numerosi - tutto questo
ha fatto sí che le recenti "teorie" dei revisionisti sono state dimenticate
da tutti e, a quanto pare, da molti revisionisti stessi. Occorre soltanto
non dimenticare gli insegnamenti che la classe operaia ha ricevuto da questa
instabilità da intellettuali.
Riguardo alla teoria del valore è sufficiente dire che, all'infuori delle
allusioni e dei conati molto confusi alla Böhm-Bawerk i revisionisti non
hanno dato qui assolutamente nulla e perciò non hanno lasciato traccia
alcuna nello sviluppo del pensiero scientifico.
Nel campo della politica il revisionismo ha tentato di rivedere di fatto il
principio fondamentale del marxismo, e cioè la dottrina della lotta di
classe. La libertà politica, la democrazia, il suffragio universale
distruggono le basi della lotta di classe - ci si è detto - e smentiscono il
vecchio principio del Manifesto comunista: gli operai non hanno patria. In
regime democratico poichè è la "volontà" della maggioranza che regna, non
sarebbe più possibile vedere nello Stato un organo di dominio di classe ne
sottrarsi ad alleanze con la borghesia progressiva socialriformatrice contro
i reazionari.
E' fuori discussione che queste obiezioni dei revisionisti formavano un
sistema abbastanza armonico, il sistema delle concezioni liberali borghesi
da tempo conosciute. I liberali hanno sempre affermato che il
parlamentarismo borghese distrugge le classi e la divisione in classi, dal
momento che il diritto di voto, il diritto di partecipare agli affari dello
Stato appartengono a tutti i cittadini senza distinzione. Tutta la storia
dell'Europa nella seconda metà del secolo XIX, tutta la storia della
rivoluzione russa all'inizio del secolo XX dimostrano all'evidenza quanto
sono assurde queste concezioni. Con la libertà del capitalismo "democratico"
la differenziazione economica non si attenua, ma si accentua e si aggrava.
Il parlamentarismo non elimina, ma mette a nudo l'essenza delle repubbliche
borghesi più democratiche come organi di oppressione di classe. Aiutando a
illuminare e a organizzare masse popolari infinitamente più grandi di quelle
che partecipavano prima attivamente agli avvenimenti politici, il
parlamentarismo non prepara in questo modo l'eliminazione delle crisi e
delle rivoluzioni politiche, ma il massimo di acutezza della guerra civile
durante queste rivoluzioni. Gli avvenimenti di Parigi nella primavera del
1871 e quelli della Russia nell'inverno del 1905 hanno dimostrato chiaro
come la luce del sole che è inevitabile si giunga a una tale acutezza. La
borghesia francese per soffocare il movimento proletario non esitò un
istante a mettersi d'accordo col nemico nazionale e coll'esercito straniero,
che aveva saccheggiato la patria. Chi non comprende l'inevitabile dialettica
interna del parlamentarismo e della democrazia borghese, che porta a
risolvere i conflitti ricorrendo a forme sempre più aspre di violenza di
massa, non saprà mai condurre nemmeno sul terreno del parlamentarismo una
propaganda e un'agitazione che siano conformi ai princípi e preparino
veramente le masse operaie a partecipare vittoriosamente a questi
"conflitti". L'esperienza delle alleanze, degli accordi e dei blocchi col
liberalismo socialriformista in occidente e col riformismo liberale
(cadetti) nella rivoluzione russa ha dimostrano in modo convincente che
questi accordi non fanno che annebbiare la coscienza delle masse, non
accentuano ma attenuano l'importanza effettiva della loro lotta, legando i
combattenti agli elementi più inetti alla lotta, più instabili e inclini al
tradimento. Il millerandismo francese, che è l'esperienza più notevole di
applicazione della tattica politica revisionista su grande scala, su una
scala veramente nazionale, ha dato del revisionismo un giudizio pratico che
il proletariato di tutto il mondo non dimenticherà mai.
Il complemento naturale delle tendenze economiche e politiche del
revisionismo è stato il suo atteggiamento verso l'obiettivo finale del
movimento socialista. "Il fine non è nulla, il movimento è tutto", queste
parole alate di Bernstein esprimono meglio di lunghe dissertazioni l'essenza
del revisionismo. Determinare la propria condotta caso per caso: adattarsi
agli avvenimenti del giorno, alle svolte provocate da piccoli fatti
politici; dimenticare gli interessi vitali del proletariato e i tratti
fondamentali di tutto il regime capitalista, di tutta l'evoluzione del
capitalismo; sacrificare questi interessi vitali a un vantaggio reale o
supposto del momento, tale è la politica revisionista. Dall'essenza stessa
di questa politica risulta chiaramente che essa può assumere forme
infinitamente varie e che ogni problema più o meno "nuovo", ogni svolta più
o meno inattesa e imprevista - anche se mutano il corso essenziale degli
avvenimenti in una misura infima per un brevissimo periodo di tempo - devono
portare inevitabilmente all'una o all'altra varietà di revisionismo.
Ciò che rende inevitabile il revisionismo sono le sue radici di classe nella
società moderna. Il revisionismo è fenomeno internazionale. Per ogni
socialista più o meno accorto e pensante non può esistere il minimo dubbio
che i rapporti fra gli ortodossi e i seguaci di Bernstein in Germania, fra i
seguaci di Guesde e di Jaurès (ora, in particolar modo, i seguaci di
Brousse) in Francia, fra la Federazione socialdemocratica e il Partito
operaio indipendente in Inghilterra, fra de Brouckère e Vandervelde nel
Belgio, fra integralisti e riformisti in Italia, fra bolscevichi e
menscevichi in Russia, sono, dappertutto, nella loro essenza, omogenei,
malgrado l'enorme differenza delle condizioni nazionali e della situazione
storica di questi paesi nel momento presente. La "differenziazione" in seno
al socialismo internazionale contemporaneo si produce di fatto già ora
secondo una linea unica nei diversi paesi del mondo, attestando con ciò
l'immenso progresso compiuto in confronto a 30-40 anni fa, quando nei
differenti paesi lottavano fra di loro in seno al socialismo internazionale
unico tendenze eterogenee. E quel "revisionismo di sinistra" che è apparso
ora nei paesi latini sotto forma di "sindacalismo rivoluzionario" si adatta
esso pure al marxismo "correggendolo". Labriola in Italia, Lagardelle in
Francia fanno appello ad ogni passo a un Marx ben compreso contro un Marx
mal compreso.
Non possiamo qui soffermarci ad analizzare il contenuto ideologico di questo
revisionismo, che è ancora ben lontano dall'essersi così sviluppato come il
revisionismo opportunista, non è diventato internazionale e non ha sostenuto
praticamente nessuna battaglia importante col partito socialista in nessun
paese. Ci limiteremo perciò al "revisionismo di destra" che abbiamo
descritto più sopra.
Che cosa rende inevitabile il revisionismo nella società capitalista? Perchè
il revisionismo è più profondo delle particolarità nazionali e dei gradi di
sviluppo del capitalismo? Perchè in ogni paese capitalista esistono sempre,
accanto al proletariato, larghi strati di piccola borghesia, di piccoli
proprietari. Il capitalismo è nato e nasce continuamente dalla piccola
produzione. Nuovi numerosi "strati medi" vengono inevitabilmente creati dal
capitalismo (appendici della fabbrica, lavoro a domicilio, piccoli
laboratori che sorgono in tutto il paese per sovvenire alla necessità della
grande industria, come quella delle biciclette e dell'automobile, per
esempio). Questi nuovi piccoli produttori sono essi pure in modo inevitabile
respinti nuovamente nelle file del proletariato. E' del tutto naturale
quindi che le concezioni piccolo-borghesi penetrino nuovamente nelle file
dei grandi partiti operai. E' del tutto naturale che debba essere così e
sarà così sempre, sino allo sviluppo della rivoluzione proletaria, perchè
sarebbe un grave errore pensare che per compiere questa rivoluzione sia
necessaria la proletarizzazione "completa" della maggioranza della
popolazione. Ciò che noi sperimentiamo ora spesso soltanto nel campo
ideologico: le discussioni contro le correzioni teoriche di Marx; ciò che
ora non si manifesta nella pratica che a proposito di certi problemi
particolari del movimento operaio: le divergenze tattiche coi revisionisti e
le scissioni che si producono su questo terreno tutto ciò la classe operaia
dovrà inevitabilmente subirlo ancora in proporzioni incomparabilmente più
grandi quando la rivoluzione proletaria avrà acutizzato tutti i problemi
controversi, avrà concentrato tutte le divergenze sui punti che hanno
l'importanza più diretta per determinare la condotta delle masse e ci avrà
imposto, nel fuoco del combattimento, di discernere i nemici dagli amici e
di respingere i cattivi alleati per infliggere al nemico colpi decisivi.
La lotta ideologica del marxismo rivoluzionario contro il revisionismo alla
fine del secolo XIX non è che il preludio delle grandi battaglie
rivoluzionarie del proletariato, che avanza verso la completa vittoria della
sua causa, nonostante tutti i tentennamenti e le debolezze degli elementi
piccolo-borghesi.
Note
1. August Mülberger (1847-1907), medico e pubblicista tedesco, nel 1872
scrisse per il Volksstaat (il giornale socialdemocratico diretto da W.
Liebknecht) una serie di articoli sul problema delle abitazioni. Vedi su di
lui F. Engels, La questione delle abitazioni, Roma, Edizioni Rinascita,
1950. Per Eugen Dühring: F. Engels. Antidühring, cit.
2. Manuale scolastico.
3. Lenin riecheggia qui il Poscritto alla seconda edizione del libro I del
Capitale, dove Marx, in polemica con i "molesti, presuntuosi e mediocri
epigoni" che trattavano Hegel come un "cane morto", dichiara di essersi
"professato apertamente scolaro di quel grande pensatore".
*. Si vedano i Saggi di filosofia marxista di Bogdanov, Bazarov ed altri.
Non qui il luogo di analizzare questo libro, e debbo limitarmi per ora a
dichiarare che in un futuro prossimo dimostrerò in una serie di articoli o
in un opuscolo speciale che tutto ciò che è detto nel testo sui revisionisti
neokantiani è valevole, di fatto, anche per questi "nuovi" revisionisti
neohumiani e neoberkeleyani. [4]
4. Poco tempo dopo (1909) Lenin pubblicò il suo libro Materialismo ed
empiriocriticismo (Opere, cit., vol. XIV), nel quale critica Bogdanov e gli
altri revisionisti insieme ai loro maestri Avenarius e Mach.
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