L'ILLUMINISMO LOMBARDO
In Lombardia l.impero asburgico aveva messo in discussione gli antichi
assetti stabiliti, fondati sull.identificazione di molte libertà ai gruppi
locali,
alla Chiesa, alla nobiltà. Si evidenziava una volere di cambiamento
che superasse gli organismi e i gruppi locali, stimati di ostacolo ad una
politica di crescita. Un segnale chiaro era stato il fatto del catasto, che
aveva rappresentato anche concettualmente un.esperienza tanto rilevante.
L.Asburgo nel momento in cui combatteva gli stabili assetti collettivi,
operava pure da pungolo della rigenerazione intellettuale.
Gli interpreti principali di queste esigenze di cambiamento e di
rinnovamento sociale, che allora investivano la società lombarda furono
principalmente certune figure di intellettuali impegnati e alcuni movimenti
culturali: Pietro Verri, Cesare Beccarla, le esperienze collettive
raccolte intorno all.Accademia dei Pugni e del Caffè.
I processi di razionalizzazione politico-economico. sociale avviati
dall.Asburgo, costituiscono il punto di partenza della riflessione
intellettuale Verriana. Il suo programma di riforma si estende a 360
gradi ad ogni singolo settore della vita associata. Il fine principale della
sua opera è quello di formare una classe dirigente nuova e dotata di
una propria cultura, di una visione del mondo specifica.
Si formulava in un.ottica diversa la relazione tra politica e cultura.
L.intellettuale si proponeva di avvalersi dei procedimenti di funzionamento
dell.autorità per rendere possibile i cambiamenti economici, istituzionali,
culturali e morali.
Nella propria opera Meditazioni sulla felicità (1763), Verri disegnava
una morale secolare e priva di pregiudizi da consigliare all.intero
movimento
illuministico lombardo.
Le basi principali del proprio programma scientifico e politico
sono rappresentate da: a) il riconoscimento delle proprie prerogative e
privilegi di casta, ma parallelamente si afferma la decisione di utilizzarli
per la collettività; b) la dottrina de .il calcolo dei piaceri e dei dolori.
e
Parte quarta . Le origini delle scienze sociali in Italia nell.età
dell.Illuminismo
168
una visione laica della vita; c) l.analisi dell.ambizione, considerata fra
le
passioni la più pericolosa e allo stesso tempo la più meritoria.; d) la
aspirazione
alla affermazione, stimata nella propria crescita transitoria,
che sorge dalla riuscita culturale. Secondo Verri «il compito
dell.intellettuale
è di assicurare la pubblica felicità, ma non è facile orientarsi fra
i diversi tipi di comandamenti, quelli della religione, quelli dell.onore e
delle leggi civili. È possibile che ci sia un contrasto fra questi tre
impulsi.
In tal caso l.unica guida è il calcolo dell.utilità e dell.interesse
generale.
Verri propone, come base dell.azione politica, un.etica della responsabilit
à che nasce da una filosofia utilitaristica» [Ivi, p. 325].
Egli teorizza una morale laica, nella quale l.interesse individuale e
quello generale coincidono perfettamente.
Questa visione razional-utilitaristica trova il suo perfetto equilibrio
nella presenza contemporanea di due sentimenti connaturati alla natura
umana: la compassione e l.amicizia.
Elabora anche una teoria del progresso, visto essenzialmente come
una serie di tappe successive verso l.incivilimento della società umana,
accompagnato però nello stesso tempo, da una serie d.interruzioni
e fasi di decadimento. Queste esperienze dolorose contribuiscono nonostante
tutto ad arricchire il genere umano. I bisogni costituiscono
una potente forza che spinge sulla strada dello sviluppo. Allo stesso
tempo si propongono nuovi modelli culturali. «Se prima la repubblica
letteraria comprendeva solo eruditi e .curiosi., i nuovi intellettuali di
oggi sono scienziati, tecnici, agrimensori, economisti. .L.agricoltura, le
finanze,
il commercio, l.arte di governare i popoli, questi sono gli oggetti che
occupano i popoli di studio. La stampa e le poste, comunicando dall
.una all.altra estremità dell.Europa le scoperte, danno una vera esistenza
a questo corpo di pensatori diversi.» [Ivi, p. 326].
Il movimento delle idee, nell.analisi verriana appare la reale forza
del moto che dilaga nell.Europa illuminista. La propria affermazione
corre parallelamente con quella delle libertà civili in tutti i paesi
europei.
La propria visione del processo d.incivilimento è nettamente ottimistica,
ed è fondata, su uno stretto rapporto di collaborazione tra ceto
intellettuale e classe politica riformatrice. La sua concezione era
perfettamente
in linea con il clima intellettuale, che allora si respirava in
Europa. Lo spirito del tempo condizionava in maniera corretta o negativa,
le idee sulla natura umana, che allora circolavano in Europa.
La rivoluzione francese
La Francia alla vigilia della rivoluzione (1774-1788)
Amministrazione. Sussistono ancora gli intendenti e i poteri locali ,
continui scontri tra la corona e il Parlamento di Parigi che pretende il
controllo sulle leggi regali. La venalità della burocrazia e i privilegi
ecclesiastici e nobiliari mostrano come il regime feudale sia ancora
attuale.
Società. L'ordinamento di tipo feudale crea malcontento e tensioni in tutti
gli ordini sociali: in realtà siamo di fronte ad uno scontro tra due mondi e
due sistemi differenti e incompatibili, il sistema feudale difeso
dall'aristocrazia e dal clero contro quello mercantilistico innovativo
difeso dalla borghesia che comincia a diventare cosciente dei propri mezzi.
Anche il ceto contadino, al suo interno, comincia a presentare notevoli
differenziazioni sociali e politiche: mentre i proprietari liberi, benché si
trovino costretti a far fronte agli abusi feudali, vivono con decoro, i
braccianti nullatenenti sono i più colpiti dalla crisi. Politica
finanziaria. Il sistema fiscale inefficiente e irrazionale, l'instabilità
nell'amministrazione della finanza pubblica, le imposte affidate ad
appaltatori senza scrupoli e le esenzioni del clero e della nobiltà dalle
imposte a danno degli strati più poveri che vedono svanire in tasse circa il
70% del loro reddito, queste sono le cause del grave deficit finanziario che
accompagna la Francia pochi anni prima della rivoluzione.
Opposizione. L'opposizione al vecchio regime viene condotta:
Dal ceto superiore privilegiato, che si tiene fermo da una parte ai diritti
feudali, ma dall'altra, sotto l'influsso del pensiero illuminista, esige la
limitazione della monarchia assoluta.
Dalla borghesia, che si considera Terzo Stato ed esige l'abolizione dei
diritti feudali e la partecipazione alla vita politica.
Dai circoli illuministici che favoriscono la rivoluzione tramite la
divulgazione del loro pensiero riguardo la libertà e l'uguaglianza.
Cronologia 1774-1788
1774 Il re Luigi XVI capisce la necessità di operare alcune riforme e nomina
Turgot Controllore Generale delle Finanze. Gli operai di Parigi insorgono
per l'aumento del costo del pane e il programma di riforme viene fatto
fallire da alcuni rappresentanti dell'aristocrazia tra cui la stessa regina
Maria Antonietta.
1778 La Francia si allea con gli Stati Uniti ed entra in guerra contro
l'Inghilterra. Intanto il banchiere Necker viene nominato nuovo Controllore
Generale delle Finanze. Egli istituisce un'assemblea con il compito di
ripartire le imposte anche tra i ceti più abbienti con lo scopo di porre
fine al periodo di crisi economica. Metà dei membri di tale assemblea
dovrebbero essere stati rappresentanti del Terzo Stato. Il Parlamento di
Parigi si oppone all'iniziativa di Necker che viene licenziato.
1783 Il ministro delle Finanze Calonne propone l'istituzione di un'imposta
unica sulla terra senza esenzioni e l'abolizione della gabella sul sale, ma
un'assemblea di notabili composta per la maggior parte da rappresentanti
dell'aristocrazia non è disposta a votare tali proposte per risanare il
deficit dello stato.
1787 Il successore di Calonne, Lomenie, non può far altro che proporre ai
notabili gli stessi progetti dei suoi predecessori. Anch'egli fallisce per
l'opposizione del Parlamento e della nobiltà che chiedono ed ottengono per
l'approvazione di una riforma fiscale la convocazione degli Stati Generali.
1788 Bancarotta dello Stato e richiamo di Necker, che ottiene il raddoppio
dei rappresentanti del terzi Stato. Finalmente vengono convocati gli Stati
Generali che si pronunciano per una monarchia limitata.
Primo Periodo (1789-1792)
5 Maggio 1789. Seduta di apertura degli Stati Generali a Versailles. Il
Terzo Stato chiede la votazione per testa anziché per ordine e la verifica
comune dei poteri.
17 Giugno 1789. Primo atto rivoluzionario: il Terzo Stato si proclama
Assemblea nazionale e con il giuramento di continuare a lottare finché non
si sia raggiunta la Costituzione inizia la prima fase della rivoluzione.
Prima fase: La Costituente (1789-1791)
Il re sembra accettare la nuova situazione ma il licenziamento di Necker e
le truppe di soldati attorno alla città portano alla sollevazione del popolo
di Parigi.
14 Luglio 1789. Assalto alla Bastiglia (prigione politica e simbolo del
dispotismo): il popolo vince l'assolutismo e l'esercito del re si sbanda. Il
rivoluzionario La Fayette crea una milizia cittadina detta Guardia
Nazionale. La presa della Bastiglia e il suo significato provocano
sollevazioni di contadini in tutta la Francia, si ha la prima ondata di
nobili emigranti in zone più sicure.
4-5 Agosto 1789. Sotto la pressione popolare l'assemblea Nazionale delibera
l'abolizione del regime feudale e la liberazione dei contadini.
26 Agosto 1789. Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo: libertà, parità di
diritti e fraternità diventano le parole chiave della rivoluzione. Intanto
anche la stampa illuminista si muove a favore della Rivoluzione e spinge il
popolo a continuare la battaglia.
5 Ottobre 1789. Marcia su Versailles, il re è costretto a stabilirsi a
Parigi assieme all'Assemblea Nazionale. I popolani si fanno ora chiamare
sanculotti (ossia senza i calzoni corti dei nobili).
1790. La rivoluzione sembra aver trovato un suo equilibrio. Tra le forze
presenti nell'Assemblea Costituente i reazionari sedevano sulla destra
mentre i rivoluzionari sedevano sulla sinistra, tra questi cominciano a
nascere i primi club politici: i foglianti moderati, i cordiglieri radicali
e i giacobini che si considerano come una lega santa contro i nemici della
libertà.
Luglio 1790. Costituzione civile del clero, statalizzazione della Chiesa,
soppressione dei conventi e di Ordini religiosi. La maggioranza degli
ecclesiastici rifiuta il giuramento e sorge un conflitto tra stato e chiesa.
Giugno 1791. Tentativo di fuga di Luigi XVI: il re, riconosciuto a Varennes,
è riportato a Parigi e privato di tutti i suoi poteri politici.
3 Settembre 1791. Proclamazione della nuova Costituzione, giurata dal re il
14 Settembre. La Monarchia parlamentare presenta un debole esecutivo e la
rappresentanza legislativa è unicamerale, ottenuta con elezione censitaria
(il voto spetta tuttavia solo al cittadino proprietario di patrimonio
proprio). Le cariche amministrative sono elettive e lo stato viene diviso in
83 dipartimenti con amministrazione autonoma. Sono garantiti i diritti
dell'uomo, la parità di diritti e la proprietà privata.
Seconda fase: L'Assemblea Legislativa (1791-1792)
Oltre ai club politici già considerati ne nascono ora di nuovi, è quindi
necessario fare un piccolo schema riguardo le forze rivoluzionarie che
animano la Francia di questo periodo.
Nome del club politicoCaratteristicheMaggiori esponenti
CordiglieriE' il gruppo politico più radicale.Danton, Marat
FogliantiSono a favore di un'evoluzione democratica della Rivoluzione.
Fedeli al re.La Fayett
GirondiniNe fanno parte la borghesia abbiente e i repubblicani favorevoli al
decentramento.Brissot
SanculottiCostituiti da masse popolare senza idee chiare in testa.
10 Ottobre 1791. Prima Riunione dei 745 deputati dell'Assemblea Legislativa.
Un terzo di essi entrò a far parte del club moderato dei foglianti, un
quinto aderì ai giacobini, ma la grande maggioranza rimase neutrale rispetto
alle fazioni politiche che si erano formate nei mesi precedenti. Tra i nuovi
dirigenti politici un ruolo importante spetta a Brissot, attorno al quale si
formò un piccolo raggruppamento di deputati, eletti del dipartimento della
Gironda.
Gli aristocratici emigrati all'estero scatenano all'interno dell'Assemblea
il timore di una loro coalizione con le forze austriaco - prussiane.
Aprile 1792. I girondini sollecitano la dichiarazione di guerra ad Austria e
Prussia: inizio delle guerre di coalizione contro la Francia rivoluzionaria.
I maggiori esponenti della sinistra rivoluzionaria, Robespierre e Danton,
indicano la possibilità di un'invasione della Francia da parte delle truppe
austriache e prussiane e del tradimento del re che avrebbe potuto sfruttare
a suo favore un'eventuale sconfitta delle truppe rivoluzionarie.
Il re viene arrestato.
I rivoluzionari più moderati, i foglianti, vengono fatti uscire dalla scena
politica e la loro Guardia Nazionale viene sciolta. La Fayette è costretto
ad emigrare in zone meno pericolose per lui.
Gli ordini religiosi vengono sciolti.
Agosto 1972. La famiglia reale, accusata di tradimento, viene internata
nella prigione del Tempio. Sotto la pressione del popolo l'Assemblea vota la
sospensione del re e la convocazione di una Convenzione, eletta a suffragio
universale. Comincia un periodo di grande tensione e sospetto, una seconda
ondata di nobili abbandona il paese.
Secondo Periodo (1792-1799)
Terza fase: La Convenzione (1792-1793)
Settembre 1792. Viene proclamata la Repubblica. Il fronte dell'esercito
francese vede aumentare notevolmente i suoi effettivi e la propaganda fa
aumentare il grado di politicizzazione dei soldati. Nella Convenzione si
formano nuovi gruppi.
A destra la Gironda (Brissot), partito della legalità, rappresentante la
borghesia possidente, difensore della proprietà privata e della libertà
economica, e favorevole al decentramento amministrativo. Sostengono la
necessità di reprimere con la forza le rivolte dei sanculotti.
A sinistra la Montagna (Robespierre, Marat), rappresentate della media e
piccola borghesia e delle classi popolari, fautrice dell'accentramento e
disposta a misure eccezionali per mantenere l'appoggio del popolo alla
rivoluzione. Da qui nasce il contrasto con la Gironda.
Al centro la Pianura, ondeggiante tra posizioni più o meno rivoluzionarie.
Gennaio 1793. Su proposta di Robespierre e della Montagna, ma con la Gironda
contraria, viene votata la condanna a morte di Luigi XVI.
I francesi cominciano ad ottenere le prime vittorie in campo militare sul
Reno, intanto il generale Dumoriez procede all'invasione del Belgio.
Quarta fase: Il Terrore (1793-1794)
Febbraio 1793. Entrata in guerra contro la Francia dell'Inghilterra e di
altre potenze europee. La crisi interna della rivoluzione si riflette anche
sulla condotta della guerra. La coalizione antifrancese ha, per il momento,
la meglio.
La crisi interna - carestie, inflazione, rivolte di cittadini, clima di
sospetto, arresti di massa e lotta contro il clero - ed esterna - insuccessi
militari - dello Stato viene superata con l'entusiasmo rivoluzionario e con
il ricorso al Terrore.
Giugno 1793. Proclamazione di una seconda Costituzione, la democrazia
assoluta prevede plebisciti per ogni legge e abolisce la separazione dei
poteri. I girondini, screditati dagli insuccessi militari dell'anno
precedente, vengono rovesciati dai giacobini di Robespierre. Egli ritiene
che l'unica via per uscire dalla crisi sia la proclamazione di una dittatura
e Danton propone di insediare come governo provvisorio a pieni poteri il
Comitato di salute pubblica. Tramite quest'ultimo si presero le seguenti
misure:
Massimo vigore nell'impedire un innalzamento dei prezzi.
Abolizione delle ultime tracce di diritti signorili.
Leva militare di massa, creazione di un esercito democratico al cui interno
esista la possibilità di far carriera.
In ognuno dei dipartimenti francesi i Commissari del Comitati di Salute
Pubblica soffocano le rivolte con esecuzioni di massa.
Vengono chiusi tutti gli edifici conosciuti come chiese.
Vengono giustiziati tutti i sospetti, sia estremisti come coloro che si
facevano chiamare arrabbiati, sia moderati come i foglianti (lo stesso
Danton viene fatto ghigliottinare).
La giustizia sommaria della dittatura sembra prevaricare i diritti
dell'uomo, per la difesa dei quali la rivoluzione stessa era iniziata. Le
continue requisizioni ai danni dei contadini rendono più difficili gli
approvvigionamenti per le città e portano all'alleanza di tutti i gruppi
ostili a Robespierre nella Convenzione e nel Comitato di Salute Pubblica.
9 Termidoro (28 Luglio) 1794. Dalla Convenzione e dal Comitato parte un
colpo di stato ai danni della dittatura e di Robespierre. Quest'ultimo viene
ghigliottinato e, con la sua fine, si conclude la fase giacobina della
rivoluzione.
Settembre 1794. Soppressione del Tribunale rivoluzionario istituito durante
la dittatura e chiusura dei club politici.
Quinta fase: Il Direttorio (1795-1799)
Come reazione al terrore e alla dittatura popolare era necessario:
Smantellare il Terrore.
Liberare i prigionieri politici.
Restituire libertà di culto alla Chiesa Cattolica.
Abolire il controllo sui prezzi e riportare il mercato alla normalità.
Fronteggiare il ritorno delle forze controrivoluzionarie francesi ed
europee.
Settembre 1795. La terza Costituzione, meno democratica di quella del 1791,
prevede un debole Esecutivo composto da 5 Direttori, Si attua un sistema
bicamerale e i deputati delle due camere legislative vengono scelti con
un'elezione censitaria indiretta.
Ottobre 1795. Insurrezione monarchica delle sezioni parigine. Il leader dei
termidoriani, Barras, con l'aiuto del generale Napoleone Bonaparte,
sconfigge i monarchici per incarico del Direttorio.
Primavera 1796. Il Direttorio capisce che la crisi economica si può
risolvere solo tramite delle annessioni territoriali. Carnot viene nominato
lo stratega ella campagna militare che doveva portare all'annessione della
Masa e del Reno. Tuttavia l'unico successo si ebbe con la piccola amata
affidata a Napoleone, che dimostrò di possedere qualità militari non
inferiori alla sua ambizione politica.
Settembre 1797. Colpo di stato militare effettuato dal generale Hoche e da
Napoleone per arginare l'ondata monarchica. Carnot e gli altri sospetti di
posizioni controrivoluzionari vengono arrestati. Il potere torna nelle mani
dei termidoriani di Barras, ma l'influenza dell'esercito nelle questioni
politiche è sempre più evidente.
1798-99. La crisi economica francese non accenna a migliorare, il Direttorio
accetta il consiglio di Talleyrand: la conquista dell'Egitto. Lo scopo era
quello di assicurarsi il controllo navale sul Mediterraneo. Il comando della
spedizione è affidato a Napoleone: occupata malta, sbarca ad Alessandria e
conquista il Cairo. L'Inghilterra si oppone al progetto della Francia e
ottiene una vittoria navale presso Abukir. Si alleano ad essa anche Russia e
Impero Ottomano, l'esercito francese è tagliato fuori dalla Francia e non
può far altro che soccombere di fronte alla forza della coalizione.
Sesta fase: Il consolato (1799-1804)
1799. Napoleone lascia il suo esercito in Egitto e, sbarcato in Francia,
effettua il colpo di stato del 18 Brumaio: aiutato dai militari elimina il
Direttorio e crea un governo provvisorio con Fouché e Talleyrand. Sieyès
redige la nuova Costituzione, di cui ora vediamo le principali
caratteristiche.
Carattere generale. Assistito da due consoli e dal Consiglio di Stato, il
primo console nomina tutti gli ufficiali, i funzionari e gli 80 membri del
Senato. I senatori scelgono i membri del Tribunato (sola discussione delle
leggi) e del Corpo Legislativo (sola approvazione delle leggi). La sostanza
del nuovo assetto è la legittimazione della dittatura militare mascherata da
apparenze democratiche. Napoleone viene eletto primo console per 10 anni.
Egli riuscirà a fondere l'eredità dell'assolutismo con quella
rivoluzionaria.
Amministrazione. Formazione e specializzazione di un forte apparato
burocratico, riorganizzazione della giustizia.
Educazione. L'istruzione viene articolata in scuole inferiori, medie e
superiori, controllate dallo stato. Più che alle scuole popolari, lo Stato
napoleonico si interessa ai licei e alle università, proponendo un sistema
educativo centralizzato e uniforme. L'accento è posto sulle scienze naturali
applicate e sulle materie logico formali.
Chiesa. Si riaprono i rapporti tra Chiesa e Stato grazie a un Concordato,
stipulato nel 1801, che pone fine allo scisma religioso e alla persecuzione
del clero che si era opposto alla rivoluzione. Tutti i vescovi sono
dichiarati deposti e devono essere r nuovamente consacrati dal Papa. La
costituzione civile del clero viene abolita.
Economia. Si cerca di attenuare l'inflazione con l'istituzione della Banca
di Francia. Si ha una lenta ripresa del commercio grazie a dazi
protezionistici e costruzione di nuove strade.
Ordinamento sociale. La grande borghesia è la classe dirigente, la nobiltà
emigrata viene invitata a tornare purché essa sia pronta a giurare fedeltà
al nuovo regime. La carriera statale è aperta a tutti i cittadini. Il regime
poggia sulla censura della stampa e su un apparato poliziesco molto
efficiente.
1802. Istituzione dell'ordine cavalleresco della legione d'Onore al fine di
stimolare l'ambizione dei francesi e proclamazione di Napoleone a console a
vita. Il primo problema di Napoleone fu, tuttavia, quello di porre fine in
modo pacifico alla guerra contro la coalizione antifrancese. Il trattato di
Amiens firmato nel corrente anno pone fine alla coalizione europea.
1804. L'emanazione del Codice Civile realizza l'obiettivo della completa
unificazione giuridica della Francia, garantendo la libertà personale, la
proprietà privata, la parità di diritti, il matrimonio civile e il divorzio.
Terzo Periodo (1799-1814)
Settima fase: L'Impero di Napoleone (1804-1814)
Dicembre 1804. Il Papa in persona viene a Parigi e incorona Napoleone come
Imperatore. Si apre così la strada ai membri della sua famiglia che
ottengono titoli principeschi, mentre i suoi ministri e generali vengono
nominati grandi dignitari e marescialli. Al momento dell'incoronazione la
pace con l'Inghilterra, firmata nel 1802, era già stata rotta da un anno.
Napoleone era pronto, ora, per riprendere a combattere e spingere le sue
armate al di fuori dei confini francesi. Vediamo ora in che modo Napoleone
intendeva riorganizzare la sua sfera d'egemonia in Europa.
1a Tendenza. Procedere a nuove annessioni dirette. Liguria, Toscana, Stato
della Chiesa, Lazio, Umbria, Marche divengono dipartimenti francesi.
2a Tendenza. Sostituzione delle repubbliche satelliti con delle monarchie,
creazione di dinastie ereditarie a favore dei propri fratelli.
3a Tendenza. Intervento sempre più massiccio all'interno della Germania e
dei paesi baltici.
1805-06 (terza coalizione). Il rifiuto da parte dell'Inghilterra di
restituire Malta all'ordine dei cavalieri di San Giovanni scatena una nuova
serie di conflitti tra la Francia e una terza coalizione antifrancese, dopo
quelle del 1793-97 e 1799-1802. Accerchiamento e capitolazione dell'esercito
austriaco, che si vede costretto a firmare la pace di Presburgo: l'Austria
perde Venezia e la Dalmazia che passano al regno d'Italia.
1806-07 (quarta coalizione). Si forma una nuova coalizione comprendente
Russia Prussia, Inghilterra e Svezia. Napoleone sconfigge l'esercito
prussiano ed entra a Berlino. Qui Napoleone fa la sua dichiarazione del
Blocco Continentale: poiché aveva capito che non era possibile sconfiggere
militarmente l'Inghilterra, intendeva piegarla economicamente interrompendo
le sue relazioni commerciali con la parte dell'Europa già caduta sotto il
dominio imperiale. In seguito a un colloquio con lo zar di Russia Alessandro
I, vengono gettate le basi per la pace di Tilsit tra Russia e Francia.
L'Inghilterra si dimostra tuttavia un forte avversario e, in seguito al
decreto di Milano sull'inasprimento del Blocco Continentale, vengono
occupati: Portogallo, Olanda e Germania settentrionale.
Conseguenze dell'espansione francese in Europa:
Diffusione delle idee liberali e superamento del feudalesimo.
Formazioni di stati con burocrazia centrale di scuole controllate dallo
Stato.
Espansione dell'economia francese e incremento dell'industria tessile in
Svizzera. Scarseggiano sul mercato i generi coloniali e il contrabbando si
fa sempre più imponente.
La Russia, fiancheggiando Napoleone, ottiene importanza e si annette
numerosi territori.
1808. Napoleone decide l'annessione della Spagna, con lo scopo di rendere
più forte la chiusura del continente alle merci inglesi. Appoggiato
dall'Inghilterra, il popolo spagnolo oppose resistenza all'Imperatore.
1809 (quinta coalizione). L'Austria tenta di ribellarsi al potere
dell'Imperatore aderendo ad una nuova coalizione con l'Inghilterra. La
guerra si dimostra più dura del previsto, ma Napoleone ne esce ancora
vincitore. L'Austria deve cedere alcuni territori alla Baviera e al Regno
d'Italia.
1810. Napoleone sposa la principessa asburgica Maria Luisa, figlia del re
d'Austria Ungheria Francesco I.
1812. Crisi economiche costringono lo zar Alessandro I a mettersi in
contrasto col sistema del Blocco Continentale: dazi preferenziali
favoriscono il commercio inglese, che fornisce prodotti commerciali di prima
necessità. Napoleone intende allora ridare valore al trattato di Tilsit con
un'azione militare diretta. All'inizio del 1812 l'egemonia napoleonica
sull'Europa pareva aver raggiunto il suo culmine: alleanze con la Prussia e
con l'Austria rendono sicuro lo spiegamento della Grande Armata. Solo il
generale Bernadotte, divenuto re di Svezia, con un imprevisto cambiamento di
fronte passò dalla parte dello zar. Alla vigilia della campagna russa la
Francia era riuscita ad introdurre in buona parte dell'Europa quelle riforme
economiche ed istituzionali che avevano fatto di essa un paese molto
potente, tuttavia aveva anche suscitato quelle forze nazionali antifrancesi
che da sempre avevano considerato intollerabile il dominio Francese su tutta
l'Europa.
1813. La campagna di Russia si rivelò presto un fallimento: Il generale
russo Kutuzov punta sulla vastità del paese e decide una difesa elastica,
evitando battaglie decisive e portando i francesi sempre più all'interno. La
sua tecnica della terra bruciata non permette ai francesi di trovare viveri
e rifornimenti. Napoleone riesce a conquistare Mosca, ma quando egli arriva
la capitale è ormai rasa al suolo. Inizia per l'esercito francese una
disastrosa ritirata, molti soldati si consegnano ai russi, mentre il gelo e
le guerriglie di Kutuzov decimano il resto dei militari francesi. Anche gli
spagnoli riescono a concludere a concludere vittoriosamente la loro guerra
contro l'esercito francese fortemente ridotto dall'entrata a far parte della
Grande Armate da parte di molti soldati. Si forma una nuova coalizione
antifrancese composta da Inghilterra, Prussia, Russia, Svezia e Austria.
Nell'ottobre del 1813 l'esercito francese risultò definitivamente sconfitto
e Napoleone non poté far altro che lasciare aperta la Francia all'invasione
di russi, prussiani e asiatici.
Marzo 1814. Le truppe della coalizione entrano a Parigi, Napoleone è
costretto a firmare la sua totale rinuncia al trono di Francia in cambio
della sovranità sull'Isola d'Elba. Il senato di Napoleone, rappresentato
dall'alta borghesia francese, era già preparato alla fine dell'Impero e
proclamò il conte di Provenza, il maggiore dei fratelli di Luigi XVI, re di
Francia con il nome di Luigi XVIII. A Talleyrand fu dato il compito di
negoziare una pace onorevole con la coalizione.
Al fine di ridare un assetto all'Europa dopo gli sconvolgimenti dell'epoca
imperiale, i ministri di tutti i paesi che avevano preso parte alla guerra
si riunirono a Vienna nel Settembre del 1814.
1815. Le trattative all'interno del congresso di Vienna sono molto lente e
tutto viene rimesso in questione quando si viene a sapere che Napoleone ha
lasciato l'Isola d'Elba per ritornare a Parigi e imporre la propria
restaurazione. Subito si riforma la coalizione del 1813 e nella campagna del
Giugno 1815 Napoleone fu sconfitto definitivamente A Waterloo. Napoleone,
che si è messo sotto la protezione dell'Inghilterra, viene deportato
nell'isoletta di Sant'Elena, dove muore nel 1821.
Rivoluzione nell'organizzazione militare e nella strategia durante la
Rivoluzione Francese
Il sentimento nazionale e il patriottismo trasformano l'ordinamento delle
forze armate e la condotta della guerra:
La guerra popolare sostituisce le guerre dei sovrani, combattute
prevalentemente da truppe mercenarie.
L'impiego di grandi masse di soldati permette battaglie offensive capaci di
decidere le sorti della guerra in poco tempo.
Le operazioni di difesa su una linea più elastica sono più efficaci dei
massicci attacchi frontali.
L'approvvigionamento sul posto delle truppe sostituisce il vettovagliamento
mediante magazzini.
Le nomine e le promozioni degli ufficiali sono fatte in base al merito e non
più in base all'estrazione sociale.
Sono queste le caratteristiche che resero il nuovo esercito francese
imbattibile nelle mani di Napoleone.
LE MASSE POPOLARI NELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
La storiografia borghese ostile alla rivoluzione ha sempre dipinto le masse
che vi presero parte con le tinte più fosche e cupe. Burke, Taine, Madelin,
Gaxotte non hanno avuto scrupoli nell'identificarle con le peggiori bande di
assassini, di vagabondi, di ricercati e depravati.
Viceversa, per Michelet, Louis Blanc, Aulard e i sostenitori della
tradizione repubblicana, le masse erano la suprema incarnazione del bene,
l'ideale della giustizia personificato. Sia l'una che l'altra corrente, come
si può notare, non riuscirono ad osservare il fenomeno del movimento
rivoluzionario dal basso.
Probabilmente, il primo storico francese a indirizzarsi verso questa più
concreta e realistica prospettiva è stato Jaurès, con la sua Histoire
socialiste de la Révolution française (1901-03). Per la prima volta la
rivoluzione francese - ha detto Soboul - veniva raccontata dal punto di
vista delle masse popolari, ponendo alla base degli studi i fattori sociali
ed economici.
La scelta non fu casuale. A determinarla fu lo sviluppo impetuoso del
movimento operaio e della lotta di classe alla fine del XIX secolo, che
costrinse gli studiosi a esaminare più da vicino le condizioni sociali delle
masse e le motivazioni del loro agire. Si pensi alle opere di A Mathiez e di
G. Lefebvre.
Due piste di ricerca sin da allora s'imposero:
la composizione sociale delle masse che fecero la rivoluzione,
le motivazioni sociopolitiche per le quali esse si erano mobilitate.
Non poche furono le difficoltà dell'indagine: sia perché i popolani
raramente scrivono, sia perché moltissimi documenti che avrebbero potuto
offrire informazioni obiettive (come gli archivi municipali e di quartiere,
i registri dei verbali delle sedute delle assemblee generali, ecc.) sono
andati distrutti nella settimana di sangue del 1871, in cui cadde la Comune
di Parigi. Restavano comunque i dossier della polizia e dei tribunali negli
archivi nazionali e in quelli della prefettura: un materiale assai cospicuo,
utile sotto molti aspetti, ma da maneggiare con precauzione perché spesso
tendenzioso o alquanto lacunoso.
Con l'espressione "masse rivoluzionarie", che fu anche il titolo di un
saggio divenuto poi un classico, G. Lefebvre intese distinguere chiaramente
l'aggregato spontaneo dall'assembramento cosciente. Il primo è rappresentato
da gruppi d'individui privi di vera organizzazione, che protestano in modo
istintivo e spesso repentinamente. Le rivolte agrarie, soprattutto agli
inizi della rivoluzione, erano di questo tipo, ma anche le code delle
casalinghe davanti ai forni, che assai facilmente si trasformavano in gruppi
sovversivi, i raduni in piazza o al mercato o all'uscita della messa
domenicale. La colonna del 5 ottobre 1789, capeggiata dall'usciere Mailard e
composta prevalentemente di donne che vollero marciare su Versailles per
rivendicare la concessione del pane, fu in sostanza una protesta di tipo
economico, non politico.
Del pari, i combattenti dell'89 non presentavano ancora motivazioni di
carattere rivoluzionario. Male, comunque, faceva Arthur Young a deridere,
nel 1788, i contadini che andavano a vendere al mercato per pochi soldi i
loro legumi o le loro galline: questi aggregati semi-volontari risultarono
in fin dei conti di notevole importanza per la formazione della mentalità
collettiva e nella preparazione del movimento rivoluzionario.
Certo è che l'assembramento presuppone l'esistenza di una mentalità comune,
sufficientemente organizzata e consolidata. Senza questo presupposto sarebbe
stato impossibile indurre l'insieme del Terzo stato ad agire contro i
privilegiati e i rappresentanti della monarchia. La manifestazione del 20
giugno 1792, con la quale il popolo occupa l'Assemblea e le Tuileries,
l'insurrezione del 10 agosto dello stesso anno, che determina la caduta
della monarchia, le feste della Indivisibilità della Repubblica del 10
agosto 1793 e dell'Ente supremo dell'8 giugno 1794: queste furono tutte
iniziative consapevoli, in vista di un'azione più o meno concertata, ove i
sentimenti e le motivazioni erano comuni. Solo quando gli uomini si
convincono che il sistema in sé è irriformabile, che cioè non è più
sufficiente strappare una concessione per garantirsi un futuro di benessere,
solo allora il movimento si trasforma da spontaneo a cosciente, da istintivo
a organizzato.
Naturalmente i livelli di coscienza collettiva erano diversi. Pretendere
misure repressive a carico d'un commerciante speculatore è una cosa, esigere
prezzi fissi per tutti, requisizioni e una riorganizzazione generale
dell'economia nazionale, è un'altra. Sarebbe stato praticamente impossibile
passare dalle rivolte per il grano del 1789 ai movimenti insurrezionali del
'92 e '93, senza che le folle avessero acquisito una grande maturità
político-organizzativa.
Di notevole interesse è l'esame della composizione sociale di queste folle
rivoluzionarie. Stando agli elenchi approvati dall'Assemblea costituente nel
1790, quasi 2/3 dei rivoltosi del 14 luglio appartenevano a una trentina di
professioni (falegnami, ebanisti, fabbri, calzolai, bottegai, vinai, osti,
ecc.).
Vi furono quindi prevalentemente persone di mestiere, artigiani, compagnons,
piccolo-borghesi: scarsi invece i salariati (anche se qui è bene tener conto
che il vocabolario del tempo si riferiva di più alla qualifica professionale
che non al livello sociale o al rango nella produzione).
Del tutto assenti i rentiers e i capitalisti. La maggioranza dei vincitori
della Bastiglia abitava il sobborgo popolare di S. Antoine e si recò armata
sul luogo della battaglia, essendo non "plebaglia coinvolta in mestieri
infami" - come vuole il Taine - ma membri regolarmente iscritti alla milizia
cittadina della borghesia. Furono appunto i borghesi "non possidenti" a
guidare, insieme al popolo lavoratore, la rivoluzione.
L'insurrezione nazionale del 10 agosto 1792 vide ancora prevalere il settore
artigianale e commerciale, mentre recuperavano terreno le fasce salariate.
Il giornalista della corona, Peltier, qualificò questi valorosi combattenti
come "un branco di sbandati, di barboni, di maltesi, di italiani, di
genovesi e piemontesi".
E' difficile precisare il numero esatto di questi o quei gruppi sociali
coinvolti nelle sommosse e nei tumulti popolari, perché nelle indicazioni
delle professioni riportate negli elenchi della polizia o dei tribunali,
spesso non si fa alcuna differenza fra il maestro artigiano e il compagnon
salariato. Anche per questa ragione è impossibile sostenere che fra i gruppi
abituali delle insurrezioni parigine mancavano gli operai. Sarebbe più
esatto parlare di assenza di proletari privi di formazione tecnica o di
assenza di emarginati in rotta con i legami sociali.
Fra i 662 vincitori della Bastiglia la stragrande maggioranza possedeva un
domicilio fisso e un regolare lavoro. E fra gli arrestati della primavera
1795 i documenti non segnalano né mendicanti né vagabondi.
Fu invece tra i sanculotti, il cosiddetto "Quarto stato", quello che diede
alla rivoluzione il carattere più radicale, che si trovarono i senza tetto e
i disoccupati. Quando i montagnardi trionfarono sui girondini, tutti i
militanti repubblicani volevano essere chiamati sanculotti. Con questo
termine infatti s'intendevano coloro che non solo nell'abbigliamento, ma
anche in ogni aspetto della loro vita sociale si distinguevano nettamente
dagli aristocratici.
Meno marcata invece era la loro differenza dalla piccola e media borghesia.
E' difficile, in questo senso, definire la sans-culotterie come una classe
sociale. Un borghese patriota volentieri veniva qualificato come un
sanculotto. E ogni sanculotto aveva sicuramente partecipato alle battaglie
più importanti della rivoluzione. Furono proprio questi strati sociali più
popolari che scatenarono la violenza rivoluzionaria dopo il complotto
aristocratico col quale si cercò dì ripristinare il vecchio regime
assolutistico: la violenza popolare aveva un contenuto di classe e uno scopo
politico, non era un fenomeno gratuito. Proprio sotto il Terrore si poté
garantire al popolo il pane quotidiano.
Filosofi progressisti come Rousseau e Voltaire avevano previsto con un certo
anticipo che il XVIII secolo sarebbe stato caratterizzato da tensioni
rivoluzionarie. Ma quando il momento venne ci si illuse che tutto sarebbe
stato facile, che il nemico si sarebbe ritirato spontaneamente. Solo i
rivoluzionari francesi più lungimiranti si accorsero che la rivoluzione non
coincideva unicamente con la conquista del potere, ma anche e soprattutto
con la sua difesa e con la profonda trasformazione delle strutture sociali.
In particolare, Robespierre sin dal luglio 1789 denunciò il complotto
aristocratico e i tentativi controrivoluzionari per farla fallire. Egli
aveva compreso che il successo della rivoluzione esigeva la distruzione del
vecchio regime, anche con la violenza, se questo fosse stato necessario.
Nella sua risposta agli attacchi del girondino Louvet, il 5 novembre 1792,
egli affermò ch'era impossibile volere "una rivoluzione senza rivoluzione",
era cioè assurdo meravigliarsi di fronte agli arresti dei cittadini
sospettati di minare l'ordine pubblico.
Senza nascondersi il pericolo che comportava la sospensione delle garanzie
giuridiche che, in tempi normali, tutelavano i diritti dell'uomo e del
cittadino (p.es. la libertà di stampa, che avrebbe dovuto essere concessa
anche alle opposizioni), Robespierre sosteneva con franchezza la necessità
della violenza rivoluzionaria: "La forza viene usata per evitare il
crimine", diceva.
Come noto, tuttavia, la rivoluzione francese non arrivò mai a capire che non
ci si può servire della minaccia di una controrivoluzione come di un
pretesto per imporre un regime di terrore. Le minacce non possono mai
autorizzare provvedimenti del genere, semplicemente perché i mezzi usati
finirebbero col contraddire i fini per cui si usano, e anche perché se una
rivoluzione gode dell'appoggio popolare, saprà essa stessa, con la forza
della persuasione, del libero confronto, superare le contraddizioni del
passato, cristallizzatesi come abitudini di vita sociale, senza paura
d'essere rovesciata. Ma questo è un altro discorso.
Indubbiamente le rivoluzioni (non i colpi di stato) obbediscono a cause
sociali e razionali molto concrete. Esse non sono mai l'effetto di un
capriccio; non succede mai che per una causa frivola il popolo si rivolti.
La violenza rivoluzionaria è un male, ma un male necessario, in quanto lo
scontro delle classi è inevitabile. "Se le rivoluzioni sono necessarie
nell'economia dell'universo, le disgrazie ch'esse provocano non sono un
argomento a loro sfavore. Bisogna accusare non chi si fa strumento
consapevole di questa necessità, ma chi vi si oppone. Sangue e lacrime vanno
gettate su chi combatte non per la giustizia ma per l'oppressione" (sul
Courrier français dell'8-12-1822).
Barnave, Mignet, Guizot, Thierry furono degli storici che riuscirono a
comprendere una grande verità: e cioè che il motore della storia è la lotta
di classe. Marx scrisse a Weydemeyer il 5 marzo 1852 che non aveva alcuna
intenzione di rivendicare il merito d'aver scoperto l'esistenza delle classi
e la lotta di classe, in quanto già da tempo gli storici borghesi l'avevano
capito. In una lettera a Engels del 25 luglio 1854, egli considerò Thierry
come "il padre della lotta di classe nella storiografia francese".
Marx andò più avanti. Proprio lo studio della rivoluzione francese lo portò
a chiedersi in che modo una "classe particolare" può rivendicare una
supremazia generale. La risposta a questa domanda la si può leggere nel
Contributo alla critica della Filosofia del diritto di Hegel (1844): "Solo
in nome dei diritti generali della società una classe particolare può
rivendicare il dominio generale. Ma perché la rivoluzione di un popolo e
l'emancipazione di una classe particolare della società civile coincidano,
occorre che tutti i difetti della società si concentrino in un'altra classe,
bisogna che un gruppo determinato sia oggetto di scandalo universale,
l'incarnazione della barbarie universale (...) Il carattere negativo
generale della nobiltà e del clero francesi è stato la condizione del
carattere positivo generale della classe che era a loro più vicina e che a
loro si opponeva: la borghesia".
Senza questo concentrato di contraddizioni fra due classi antagonistiche
fondamentali, la semplice volontà rivoluzionaria non è sufficiente per
cambiare le cose. Ciò non vuol dire che l'elemento soggettivo non sia di
primaria importanza.
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