IL NUOVO ASSETTO EUROPEO DOPO LA PACE DI AQUISGRANA (1748)
FUNZIONE DELL'ENCICLOPEDIA E PRINCIPI FONDAMENTALI DELL'ILLUMINISMO
La Pace di Aquisgrana del 18.10.1748 pose fine alla Guerra di Successione
Austriaca: essa era scoppiata poiché l'Imperatore d'Austria Carlo VI aveva
assicurato la successione al trono alla figlia Maria Teresa, ma, alla sua
morte, nel 1740, Carlo Alberto di Baviera aveva avanzato la sua richiesta di
successione, andando anche contro l'Ungheria, che aveva accettato la donna
come legittima sovrana.
La precaria situazione era precipitata dopo l'invasione della Slesia,
territorio asburgico, da parte di Federico Il di Prussia. Nella guerra erano
entrate successivamente anche Francia e Spagna, al fianco di Carlo Alberto,
e Inghilterra e Olanda, alleate con Maria Teresa. La guerra durò otto anni;
alla sua conclusione i trattati di pace stabilirono i rispettivi territori
di ciascuna parte in causa.
La Slesia fu assegnata alla Prussia; i ducati di Parma, Piacenza e Guastalla
andarono in mano a Filippo di Borbone, fratello del Re di Napoli; i
distretti di Vigevano e Voghera e dell' alto novarese furono dati a Carlo
Emanuele III di Savoia. La Spagna si impegnò a rinnovare all'Inghilterra il
diritto di monopolio della tratta dei neri da trasportare in America (detto
Asiento). La Francia uscì dalla guerra senza aver ottenuto alcun vantaggio
territoriale, ma la sua conquista fu di aver ridotto il potere asburgico in
Europa.
Nella Pace di Aquisgrana fu anche riconosciuta la successione alla dignità
imperiale sia a Maria Teresa sia al marito Francesco di Lorena. L'assetto
dell'Europa, a causa dei nuovi assegnamenti territoriali, era cambiato:, in
particolare stava emergendo la Prussia, piccolo staterello, che però stava
assumendo un ruolo importante nella politica europea. I suoi confini erano
incerti, ma la sua potenza politica enorme: infatti grazie al sovrano
Federico II la Prussia ebbe un esercito forte e preparato, ottimo strumento
nelle mani di un condottiero ardimentoso.
Federico Il fu spesso accusato di spregiudicatezza, poiché invece di
preoccuparsi del benessere del suo popolo, egli preferì dedicarsi alla
guerra di conquista: passò in spedizioni militari più di 30 dei suoi 46 anni
di governo. Il re di Prussia però non si comportava diversamente degli altri
sovrani settecenteschi: tutti i reggenti di quell'epoca furono detti
"sovrani illuminati" perché seguivano l'ideologia dell'Illuminismo, un cui
rappresentante, Voltaire, sosteneva che bisognava fare "tutto per il popolo,
nulla per mezzo del popolo".
I sovrani illuminati dunque agivano in modo assolutistico, decidendo da sé
ciò che era bene per i loro sudditi e agendo di conseguenza. I sovrani
illuminati (termine usato per la prima volta da Grimin nella Corrispondenza
letteraria) promossero un sistema di modernizzazione dello Stato e dei suoi
apparati in base ai dettami illuministici. Il principio basilare
dell'Illuminismo era la centralità della Ragione umana: i pensatori del 700
sostenevano che, prima di loro, nessuno aveva usato la Ragione in modo
proprio.
Immanuel Kant, alla fine del 700, disse che l'Illuminismo fu "l'uscita
dell'uomo da uno stato di minorità, il quale è da imputare a se stesso.
Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di
un altro". Kant con questa affermazione sintetizzò il carattere basilare
dell'Illuminismo, che sosteneva di utilizzare per la prima volta nella
storia dell'uomo la Ragione in quanto tale: il termine "illuminato" deriva
proprio dal francese "illuminer", indicando che ogni attività e ogni
dinamica umana doveva essere illuminata dalla luce della Ragione. Oltre
all'assoluta fede nella razionalità, gli Illuministi avevano anche una
grande fede nella Natura: i Fisiocratici credevano che la natura
spontaneamente offrisse una quantità di cibo superiore ai bisogni dell'uomo.
Lo stato di natura in particolare veniva inteso come età felice, nella quale
l'uomo era innocente e libero. Nacque così il mito del "buon selvaggio": i
missionari parlavano così spesso di esempi di bontà nei selvaggi, che gli
occidentali si convinsero che per essere felici e buoni non era necessario
essere civilizzati, ma bastava vivere secondo Natura. Secondo questo stesso
ragionamento, neanche la religione era necessaria, perché persino popoli non
cristiani avevano un ordine politico (per esempio i Cinesi, spesso citati
come esempio di civiltà tollerante) e una serenità invidiabili.
La religione diveniva così un'attività umana al pari di tutte le altre.
Voltaire, filosofo illuminista, sosteneva che la religione cristiana
cattolica serviva solo per tenere calmo il popolo; agli intellettuali egli
offriva il Deismo, che ammetteva l'esistenza di Dio, ma rifiutava la
necessità della rivelazione, dei dogmi e del culto. Il Deismo si batteva per
la nascita di una religione naturale comune a tutti gli uomini, sostenendo
ideali di tolleranza universale. Dato che la religione non era più la
necessità prima degli uomini, le regole del comportamento umano non potevano
più venire dalla Legge di Dio, ma dalla Natura: dai ragionamenti in campo
etico-morale nel 1789 nacque la prima Dichiarazione dei diritti dell'uomo,
grazie all'Assemblea nazionale costituente francese (già nel 1776 con la
Dichiarazione d'Indipendenza americana erano stati fissati alcuni diritti
umani come il diritto alla libertà e alla ricerca della felicità).
I princìpi dell'Illuminismo si diffusero, come mai era accaduto prima per
altri movimenti culturali, anche molto oltre la cerchia degli intellettuali;
la larga diffusione avvenne grazie all'Encyclopédie. Suo titolo completo era
"Encyc1opédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des
métiers". ossia "Enciclopedia, o Dizionario ragionato delle scienze, delle
arti e dei mestieri", e fu pubblicata fra il 1751 e il 1772; era composta di
17 volumi di testo e 11 volumi di tavole e divenne il più efficace strumento
di propaganda delle idee illuministiche. Già il titolo indica che a tutte le
possibili attività umane era stata applicata la Ragione, come voleva la
regola basilare dell'Illuminismo; nell'Enciclopedia tutti i saperi erano
messi sullo stesso piano e vi si potevano trovare affiancate nozioni di
Storia, Grammatica, Architettura, Geografia, Letteratura, Scienza, senza che
nessuna prevalesse sulle altre.
All'Enciclopedia collaborarono diversi intellettuali, fra cui Diderot e
d'Alembert (che ne furono i promotori), Montesquieu, Voltaire, Rousseau,
d'Holbach, Buffon, Quesnay, Turgot, de Jancourt. Tutti costoro scrissero,
sulle pagine dell'Enciclopedia, oltre alle loro conoscenze specifiche, anche
le loro idee, rendendole così note al pubblico. I valori che passavano nelle
parole dell'Enciclopedia spaziavano dalla religione alla tolleranza,
all'economia, alla politica.
L'Illuminismo fornì gli strumenti filosofici e scientifici a molti dei
regnanti europei decisi a rinnovare i loro Stati, limitando i privilegi
della nobiltà e della Chiesa; i philosophes si misero al servizio dei
monarchi, consigliandoli e sollecitandoli a liberare le industrie, i
commerci, le proprietà dai vincoli feudali e dalla rigidità medievale, in
modo tale da essere più vicini ai bisogni del popolo. I philosophes infatti,
sostenendo di essere i primi a usare realmente la Ragione, vedevano il
passato come un'epoca oscura, e soprattutto il Medioevo come un'età buia, di
passaggio dallo splendore della Classicità alla luce dell'Illuminismo. Con
il Settecento la storia dell'Uomo arriva nel pieno della Modernità, intesa
come opposizione al passato e voglia di novità, di "modernizzazione".
DALLA RIVOLUZIONE FRANCESE ALLA COMUNE DI PARIGI (1789-1871)
Lo sviluppo capitalistico del primo periodo manifatturiero (XVI-XVII sec.)
procedeva lentamente. Solo alla fine del XVIII sec. ci fu una vera e propria
rivoluzione industriale e solo in Inghilterra. A partire da questa
rivoluzione i progressi furono sconvolgenti. Se all'inizio il lavoro manuale
fu eliminato solo nel ramo industriale della filatura del cotone, in seguito
il processo di sostituzione interessò tutti i rami. Verso il 1870 la grande
industria meccanica instaurò il suo dominio nei paesi più avanzati d'Europa
e negli USA.
Il capitalismo contribuì allo sviluppo delle forze produttive anche
nell'agricoltura e nel campo dei trasporti grazie all'impiego delle nuove
macchine a vapore. Verso il 1830 la costruzione delle ferrovie uscì dalla
fase sperimentale. Lo sviluppo del commercio mondiale, l'espansione del
capitalismo, la febbre dell'oro (California e Australia), la trasformazione
dell'Oceano Pacifico in una delle vie commerciali più importanti del mondo,
resero necessaria una navigazione più veloce e sicura: la ruota venne
sostituita dall'elica, la vela dal vapore. Il perfezionamento dei trasporti,
a sua volta, accelerò gli scambi, la produzione e la divisione del lavoro.
Cresce la domanda dei metalli (specie l'acciaio, che era preferito al ferro
e alla ghisa). Cresce l'industria pesante.
Nei paesi capitalistici avanzati avviene il distacco definitivo della città
dalla campagna. Il mestiere come fatto individuale si sfalda. Le grosse
imprese capitalistiche soppiantano il piccolo artigiano, le corporazione, le
botteghe dei mastri. Sorgono le grandi città industriali. Si accentra il
capitale. Si afferma la borghesia industriale e compare il proletariato
industriale.
Il crollo del feudalesimo e l'avvento della borghesia
Alla fine del XVIII sec. permaneva quasi ovunque la dipendenza feudale dei
contadini (specie nell'Europa orientale). Oltre a questo ciò che ostacolava
lo sviluppo del capitalismo era l'accentramento del potere statale nelle
mani della nobiltà e il frazionamento politico (specie nell'Europa
centrale). Le rivoluzioni borghesi furono inevitabili.
Esse avvennero, generalmente, con la partecipazione delle grandi masse
popolari: contadini, bassa plebe, operai, piccola-borghesia. La Rivoluzione
francese dell'89 fu quella più risoluta ed energica, a motivo del fatto che
avanzò rivendicazioni politiche ed economiche di fondo. I suoi risultati non
poterono essere annullati dal fugace trionfo della reazione
aristocratico-feudale-monarchica che seguì al crollo dell'impero
napoleonico. Le idee e i principi della Rivoluzione francese influenzarono
tutte le rivoluzioni borghesi d'Europa e d'America.
Nei paesi capitalisti più avanzati si formano anche movimenti
proletari-operai (ad es. negli anni 1830-40 il cartismo in Inghilterra,
l'insurrezione di Lione in Francia e quella dei tessitori di Slesia in
Prussia). Con il marxismo si ha il passaggio del socialismo dall'utopia alla
scienza. Nelle rivoluzioni del '48-'49 il proletariato si presenta in forma
autonoma (specie in Francia). La borghesia europea, impaurita dall'imponenza
dei movimenti proletari, non volle condurre con coerenza la sua battaglia
antifeudale, per questo tradì le sue stesse rivoluzioni scendendo a patti
con la nobiltà, il clero, la monarchia. In questo senso si parla di
fallimento dei moti democratico-borghesi del '48-'49.
In Germania gli junkers conservarono tutte le funzioni dirigenziali dello
stato. In Russia lo zarismo dominerà incontrastato sino all'inizio del XX
sec., per quanto la sconfitta della Russia nella Guerra di Crimea e il
timore di una rivoluzione contadina abbia portato negli anni '70
all'abolizione della servitù della gleba. In Francia la rivoluzione del
1870, distruggendo l'impero di Napoleone III, fu l'ultimo anello della
catena delle rivoluzioni borghesi in questo paese. L'occupazione di Roma da
parte degli italiani nel 1870 e la proclamazione a Versailles nel 1871 del
re di Prussia imperatore di Germania conclusero il processo di unificazione
dei due paesi.
Se verso il 1871 l'occidente aveva finito le rivoluzioni
democratico-borghesi, i paesi eurorientali si trovavano ancora alle soglie
di queste stesse rivoluzioni. Qui infatti anche le più modeste riforme erano
fallite (Turchia, Persia, Corea). Solo in Giappone la borghesia avanzava con
relativa facilità.
Colonialismo e imperialismo
Fra il 1850 e il 1870 il processo di formazione di un mercato mondiale
capitalista era compiuto nelle sue linee generali. L'isolamento e la
chiusura dei diversi paesi e popoli erano stati superati. Tuttavia la
barbarie congenita alla civiltà borghese si manifestò con tutta la sua forza
e determinatezza proprio nelle colonie da essa conquistate.
Nel secolo precedente i colonialisti avevano cercato di creare punti
d'appoggio lungo i litorali, esercitando la tratta dei negri, rubando o
pagando a prezzi irrisori metalli preziosi, spezie e prodotti
dell'artigianato locale. Alla fine del '700 i colonialisti pensano di
sfruttare sistematicamente questi paesi sia come fonte di materie prime che
come mercati di sbocco dei loro prodotti industriali. Così nelle agricolture
delle colonie vennero introdotte le monocolture, molti settori
dell'industria locale vennero distrutti o rovinati dalla concorrenza, i
prezzi continuarono ad essere imposti, la cultura locale tradizionale si
cercò di sostituirla con quella europea. Le colonie erano diventate
soprattutto appendici agrarie delle metropoli capitalistiche. In una
situazione semicoloniale vivevano anche quei paesi formalmente indipendenti,
ma deboli militarmente ed economicamente. Movimenti anticoloniali si
formarono presto in Cina, India, Persia, Algeria, ecc.
Il nuovo assetto dell'Europa
Nel 1815 il Congresso di Vienna cercò di annullare tutti i cambiamenti
provocati dalle guerre rivoluzionarie borghesi e napoleoniche. Tuttavia: dal
regno di Olanda, creato dallo stesso Congresso, si staccò nel 1830 il
Belgio, che divenne uno Stato indipendente; nonostante che il Congresso
volesse un'Italia divisa, essa raggiunse nel 1870 la propria unità; si
unificò anche la Germania; nella penisola balcanica la lotta antiturca portò
all'indipendenza della Grecia e della Serbia; nel 1859 nasce la Romania; la
Norvegia era passata sotto la Svezia; la stessa Russia zarista si era
notevolmente allargata...
In Sudamerica, approfittando dell'indebolimento delle metropoli durante le
guerre napoleoniche, le colonie spagnole e portoghesi divennero
indipendenti. Gli USA acquistano da Napoleone la Lousiana, dalla Spagna la
Florida, con la guerra tolgono al Messico il Texas e la California. Gli
indiani vengono sterminati.
Nel 1830 la Francia conquista l'Algeria, nel 1850 il Senegal. L'Inghilterra
occupa il Sudafrica, poi l'India. Negli anni '40 viene occupata la Cina da
diverse nazioni europee in seguito alla guerra dell'oppio. Gli inglesi poi
conquistano la Birmania, i francesi il Vietnam. In Oceania l'Inghilterra
occupa la Nuova Zelanda, Tahiti e altre isole. Nel Mediterraneo occupa
Malta, in Asia occupa Singapore, Hong Kong, Aden. La Gran Bretagna aveva
l'assoluto predominio sui mari.
L'AFFARE DREYFUS (1894-1906)
La drammatica vicenda del capitano d'artiglieria dell'esercito francese,
Alfred Dreyfus, ebbe inizio nel 1894, con la scoperta di un biglietto
anonimo e non datato (bordereau) in cui un ufficiale di stato maggiore
francese comunicava a M. von Schwartzkoppen, addetto militare
dell'ambasciata tedesca di Parigi, un elenco di documenti da inviare,
relativi all'organizzazione militare francese. L'elenco era stato trovato,
in mille pezzi, dentro il cestino della carta straccia da Marie Bastian, una
donna delle pulizie in servizio presso l'ambasciata tedesca (in realtà
agente del controspionaggio francese). La donna fece pervenire il biglietto
al maggiore H.J. Henry. Il 13 ottobre 1894 fu arrestato il trentacinquenne
Dreyfus. Sembrava una comune vicenda di spionaggio. In realtà la vicenda
sarebbe durata ben 12 anni.
La scoperta non giunse inaspettata: nei ranghi dell'esercito francese
echeggiava con insistenza, fin dal 1870, la parola "tradimento", con cui si
cercava di spiegare la sconfitta subìta a Sédan nella guerra contro la
Prussia e la crisi boulangista degli anni 1886-89. La Francia era in pessimi
rapporti non solo con la Germania e tutto l'impero austro-ungarico, ma, a
causa delle contrapposte politiche coloniali afroasiatiche, anche con
l'Italia e con l'Inghilterra. Nel 1882 era fallito l'Istituto di credito
cattolico Union Générale e dieci anni dopo i piccoli risparmiatori erano
stati inoltre rovinati dal fallimento della Compagni che doveva gestire il
Canale di Panama. Nel 1886 era apparso il libro antisemita di E. Drumon, La
France juive, che con la sua equazione "ebreo=traditore per definizione",
ebbe un gran successo. Nei primi anni '90 si era radicalizzato il
nazionalismo in chiave aggressiva, nei confronti dei lavoratori stranieri
immigrati (in particolar modo gli italiani, presenti in gran numero nella
Francia meridionale: sanguinosi episodi vi furono nel 1893 ad Aigues-Mortes
e a Lione nel '94).
Ovviamente non si poteva pensare di trovare un "traditore" tra gli ufficiali
dello stato maggiore, ch'era una casta rigidamente selezionata (di origine
prevalentemente nobiliare). Si pensò quindi che il "colpevole" potesse
annidarsi fra i giovani ufficiali che svolgevano il loro tirocinio presso lo
stato maggiore e fra questi spiccò subito un nome che nobile non era, ma
suonava piuttosto come ebreo e come tedesco: Alfred Dreyfus (egli infatti
era di origine alsaziana).
Dei cinque esperti calligrafi chiamati a consulto dallo stesso ministro
della guerra, Mercier, che aveva affidato le indagini al maggiore
d'Omerscheville, solo tre si dichiararono favorevoli a riconoscere in
Dreyfus l'autore dell'elenco. Ciononostante, a conclusione dell'inchiesta si
ritenne che le prove fossero sufficienti per portare Dreyfus davanti alla
Corte marziale con l'accusa di alto tradimento. Le alte gerarchie, il
presidente della Repubblica, Casimir Périer (succeduto a Sadi Carnot,
assassinato da un anarchico il 24 giugno precedente) e un'opinione pubblica
infettata da idee xenofobe e acceso nazionalismo, spingevano a fare di
Dreyfus il colpevole.
Il 31 ottobre la notizia dell'arresto venne diffusa dai giornali francesi.
Il processo militare si svolge a porte chiuse fra il 19 e il 22 dicembre: il
governo si giustifica dicendo che non vuol far conoscere i documenti venduti
né le nazioni acquirenti. La stampa è tutta favorevole a una condanna
esemplare: in molti giornali sono apparse notizie secondo cui Dreyfus era
sommerso da debiti di gioco, che fu incitato al tradimento dalla sua amante
(Dreyfus era sposato e padre di due figli), che la situazione dei Dreyfus
avrebbe dovuto essere molto critica dopo il rifiuto da parte della compagnia
di assicurazione di coprire le spese del danno causato dall'incendio della
loro fabbrica di Mulhouse, ma che in realtà essi si erano ripresi grazie al
governatore di Strasburgo. Fu inoltre trovato nella Senna il cadavere di un
impiegato di uno stabilimento militare che aveva nelle tasche l'indirizzo di
Dreyfus, per cui si supponeva fosse suo complice. La stampa di destra
inoltre sosteneva che non si sarebbe potuto assolvere Dreyfus senza
sconfessare il ministro della guerra e lo Stato maggiore in un momento in
cui la Francia era minacciata dalla Triplice Alleanza e dalla rivalità
coloniale con l'Inghilterra.
Il Consiglio di guerra, presieduto dal colonnello Maurel e composto da sette
giudici emette all'unanimità un verdetto di colpevolezza e condanna
l'ufficiale alla degradazione e alla deportazione perpetua in una fortezza
della Nuova Caledonia (Guyana). La stampa pensò che non fu comminata la pena
di morte sia perché essa era stata abolita per i delitti politici nel 1848,
sia perché il tradimento non era stato commesso in tempo di guerra. Le
uniche due prove esibite furono il suddetto biglietto e un dossier segreto,
di cui non era a conoscenza né Dreyfus né la sua difesa; dell'esistenza di
questo dossier si verrà a conoscenza solo al momento dello scoppio
dell'affaire vero e proprio e sarà uno degli elementi fondamentali sui quali
si baserà la difesa di Dreyfus per richiedere la revisione del processo.
D'altra parte interrogatori e perquisizioni non avevano portato ad alcun
risultato; per di più mancava un valido movente: figlio di un industriale
alsaziano che aveva optato per la nazionalità francese nel 1871, Dreyfus era
ricco (apparteneva alla borghesia ebraica di recente crescita sociale),
patriota (aveva scelto la carriera militare proprio per riscattare l'Alsazia
allora occupata dai tedeschi) e benpensante (credeva nei valori della
giovane repubblica, tra cui quello del laicismo. Si era laureato al
Politecnico).
La cerimonia di degradazione ha luogo il 5 gennaio 1895, all'interno del
cortile della Scuola Militare: a Dreyfus vengono strappati i gradi e
spezzata la spada di ordinanza. Egli si proclama innocente e patriota. La
folla che assisteva fuori del cortile e che ha sempre gridato: "Morte al
traditore", appena egli uscì sotto scorta lo prese a bastonate, pugni e
calci e solo con grande fatica la scorta riuscì a evitargli il linciaggio e
a farlo partire per l'isola del Diavolo, al largo della costa della Caienna
. Dreyfus dichiarò al direttore delle carceri dell'isola che se entro tre
anni non si fosse riconosciuta la sua innocenza avrebbe preferito
suicidarsi. Nell'isola fu proibito l'accesso a chiunque e Dreyfus veniva
sorvegliato giorno e notte: non gli venne imposto alcun lavoro ma gli fu
negata la possibilità di scrivere qualunque cosa.
Il 18 gennaio si dimette improvvisamente il presidente della Repubblica,
Périer, con la motivazione che non riesce più a sopportare la campagna di
diffamazione e ingiurie contro l'esercito, la magistratura, il Parlamento e
lui stesso. Lo sostituisce Felix Faure (repubblicano moderato), eletto coi
voti della destra.
Subito dopo la deportazione, la moglie e il fratello di Dreyfus, con l'aiuto
dello scrittore ebreo Bernard Lazare, si mobilitano per cercare di riaprire
il processo. Tuttavia, nazionalisti e socialisti erano concordi nel ritenere
che Dreyfus avrebbe meritato la pena di morte e gli stessi ambienti
israeliti non gradivano la riapertura di un caso che gettava ombra sulla
loro onorabilità. Grande incertezza regna nelle file del partito operaio. La
linea di tendenza dominante è quella di considerare il caso come un
conflitto interno alla borghesia. Anche personalità socialiste indipendenti,
come p.es. J. Jaurès, denunciano in Parlamento l'eccessiva indulgenza del
tribunale militare che avrebbe dovuto comminare la pena di morte.
Intanto nel luglio 1895 il tenente colonnello Georges Picquart subentra al
colonnello Sandherr a capo dei Servizio Informazioni dello Stato maggiore e
scopre nel marzo del '96 che l'ambasciata tedesca era da tempo in contatto
col maggiore M.Ch. Walsin-Esterhazy, un nobile di origine ungherese,
giocatore pieno e debiti e spesso invischiato in affari loschi. Il rapporto
di una agente francese a Berlino asseriva che i servizi segreti tedeschi non
sapevano nulla circa il capitano Dreyfus e che il loro informatore era un
maggiore dell'esercito, nobile e decorato. Il servizio intercetta frammenti
di un telegramma che, ricostruito, diventa una comunicazione riservata
dell'addetto militare tedesco Schwartzkoppen al maggiore Esterhazy. Picquart
riesce anche ad avere la certezza che la calligrafia del bordereau è la
stessa di Esterhazy. Decide dunque, nonostante le resistenze dei vertici
militari (soprattutto del colonnello Henry, che produsse anche dei documenti
falsi) e del ministro della guerra Billot, di riaprire il dossier Dreyfus.
Il 3 settembre 1896 Mathieu Dreyfus diffonde, attraverso un quotidiano
londinese, la falsa notizia della fuga del fratello, per suscitare
nuovamente l'attenzione della stampa sul caso. Il 14 infatti "L'Eclair"
afferma che Dreyfus sarebbe stato condannato sulla base di documenti
segreti. Scendono nuovamente in campo i nazionalisti (Drumont, Rochefort.)
per denunciare le trame del cd. "sindacato ebraico". Il Parlamento, con soli
cinque voti contrari, respinge la domanda di revisione del processo avanzata
dalla moglie Lucie e dal fratello di Dreyfus. Il ministro della Giustizia
dispone che di notte il prigioniero sia legato a un letto di contenzione.
L'unico a non arrendersi è l'anziano vicepresidente del Senato A.
Scheurer-Kestner, che conosceva le scoperte di Picquart. Dal canto suo
Esterhazy chiede di essere giudicato da un tribunale militare per fugare
ogni sospetto su di lui. Il 6 novembre 1896 Lazare pubblica a Bruxelles, poi
a Parigi, un pamphlet in cui ricostruisce l'incredibile vicenda giudiziaria.
Il 10 novembre due giornali conservatori, "Le Matin" e "L'éclair" pubblicano
un facsimile del bordereau, nonché alcuni documenti del dossier segreto,
pensando di chiudere definitivamente il caso; in realtà ottengono l'effetto
contrario, poiché risulta evidente la differenza della calligrafia con
quella di Dreyfus. Infatti alcuni intellettuali cominciano a prendere le sue
difese: il filosofo Lucien Herr, gli storici Albert Mathiez, Paul Mantoux e
Leon Blum, i sociologi Lévy-Bruhl e Durkheim, il politologo Sorel,
l'economista Simiand, letterati quali Charles Peguy, Marcel Proust, Anatole
France, Sarah Bernhardt, A. Gide, pittori come Monet, Pissarro,
Toulouse-Lautrec, Signac. Violenta diventa la campagna di stampa
antidreyfusarda: quotidiani come "L'Intransigeant" e la "Libre Parole" per
almeno tre anni attaccheranno duramente gli ebrei, i democratici, i
socialisti. L'ostile campagna lanciata contro gli ufficiali ebrei provocherà
anche molti duelli tra i militari.
Il 16 il generale Boisdeffre allontana Picquart da Parigi col pretesto d'una
missione in Algeria e in Tunisia, in territori infestati da tribù ribelli.
Ma nel giugno del '97 in congedo a Parigi, Picquart rivela all'amico e
avvocato L. Leblois i suoi sospetti su Esterhazy; Leblois a sua volta
informa della cosa il vicepresidente del Senato, Scheurer-Kestner, che
ottiene il 29 ottobre d'essere ricevuto dal presidente della Repubblica
Faure. Il 15 novembre il fratello di Dreyfus invia una lettera al ministro
della guerra accusando esplicitamente Esterhazy d'essere l'autore del
bordereau. Il 4 dicembre di fronte alle Camere riunite il primo ministro
Méline dichiara che "non esiste alcun affaire Dreyfus". Infatti il 10-11
gennaio 1898 Esterhazy viene assolto con formula piena e diventa l'eroe del
momento.
LA SVOLTA
Una svolta improvvisa, assolutamente inaspettata, per la destra, al corso
degli avvenimenti, fu causata dal pamphlet J'accuse di Emile Zola. In realtà
sin dal 16 maggio 1896 Zola aveva cominciato a pubblicare su "Le Figaro"
degli articoli in difesa della questione ebraica. P.es. in quello intitolato
Per gli ebrei, pur senza citare Dreyfus, egli si era energicamente opposto
alle tesi antisemite di E. Dumont che costantemente venivano pubblicate sul
giornale "La Libre Parole". Verso la fine del '96 Zola si era incontrato con
Lazare, che aveva appena pubblicato il suo pamphlet, e nel '97 aveva
incontrato gli avvocati di Dreyfus e di Picquart, nonché il vicepresidente
del Senato Scheurer-Kestner. Il 25 novembre 1897 aveva preso le difese di
quest'ultimo con un articolo su "Le Figaro". Zola in realtà aveva scritto
molti articoli prima di quello famoso che determinò la svolta. Gli ultimi
erano stati due opuscoli, Lettera alla gioventù e Lettera alla Francia, con
cui esortava i giovani francesi a battersi per la verità e la giustizia.
Tuttavia con nessuno di essi era riuscito a smuovere veramente le acque. Fu
allora che capì d'aver sbagliato strategia e che doveva decidersi per un
attacco diretto contro la gerarchia militare e politica, citando nomi e
cognomi.
Fu la sfrontatezza del processo Esterhazy a spingerlo nella decisione
d'inviare il 13 gennaio 1898 a "L'Aurore" (il giornale di Clemenceau) una
lettera aperta al presidente della Repubblica, al fine di dimostrare
l'innocenza di Dreyfus. Il celebre J'accuse rimase un pamphlet unico in
tutta la letteratura polemica del XIX secolo: non si era mai visto un
coraggio del genere. L'affaire Dreyfus nasceva praticamente con
quell'articolo. Nello stesso giorno Jaurès, convintosi dell'innocenza di
Dreyfus, aveva pronunciato in Parlamento un atto di accusa contro il
governo.
Viceversa il partito operaio guidato da Jules Guesde resta ancora neutrale e
non sa cogliere le contraddizioni interne alla borghesia, né l'importanza di
sfruttare tali contraddizioni per conquistarsi il consenso delle masse.
Anche la neutralità della Confederazione generale del lavoro contribuisce ad
allontanare ampi settori della classe operaia dalla battaglia innocentista.
Della forte stampa repubblicana solo alcuni quotidiani, come "La Lanterne",
"Pétite République", "Le Siècle", "Le Figaro", "Le Rappel" e altri minori
appoggiano la causa dreyfusarda. Molti dirigenti repubblicani temono che
eventuali rivelazioni relative alla manipolazione delle prove contro Dreyfus
possano travolgere il governo repubblicano e riportare al potere la destra
monarchica e orleanista. Non sono inoltre esclusi i pregiudizi antisemiti. E
comunque il 15 gennaio viene reso pubblico il primo appello di intellettuali
e uomini di cultura che chiedono la revisione del processo.
Il 17-18 gennaio si scatenano manifestazioni antisemite (con tanto di
saccheggi) nelle province francesi e in Algeria (pogrom). Il giorno dopo il
quotidiano "Le Siècle" inizia la pubblicazione delle Lettere di un innocente
di Dreyfus. Il potere politico-militare non vuole dare la sensazione di
debolezza evitando di perseguire Zola, però teme di offrire una tribuna ai
dreyfusardi. Dal 7 al 23 febbraio si svolge il processo a carico di Zola,
che viene condannato (insieme al direttore dell'"Aurore") per vilipendio
delle forze armate al massimo della pena: un anno di carcere e a una multa
di 3.000 franchi. La sentenza fece scalpore all'estero ma venne applaudita
dai parigini e dal Parlamento.
La nazione tende ormai a spaccarsi in due schieramenti contrapposti: gli
ambienti anticlericali, i liberi pensatori, la borghesia radicale appoggia
la causa di Dreyfus (i socialisti restano neutrali), poi vi è un piccolo
gruppo raccolto nel "Comitato cattolico per la difesa del diritto",
capeggiato da Ch. Peguy e Paul Viollet. La "Lega dei patrioti" e la "Lega
per la difesa dei diritti dell'uomo" esercitano una certa influenza sui
professori e sugli studenti dell'Istituto Pasteur, del Collegio di Francia e
della Scuola di alti studi.
In campo opposto erano allineati ambienti militaristi e nazionalisti,
legittimisti (monarchici), alti gradi della magistratura e congregazioni
cattoliche. Le due leghe più importanti sono quella della "Patria francese"
(con oltre 100.000 aderenti) e quella "antisemitica" di Henri Drumont.
Professori e studenti universitari della Sorbona (salvo la facoltà di
lettere e alcune facoltà scientifiche) sono schierati a maggioranza contro
la revisione del processo. Tra i cattolici, importanti scrittori come
Alphonse Daudet, Maurice Barrès, Charles Maurras, Paul Valery sono
antidreyfusardi. Vi si trovano anche i nomi di Jules Verne e F. Mistral, di
Renoir, Cèzanne e Degas. Così pure quotidiani di larga tiratura come "La
Croix" (dei padri agostiniani) e "Le Pélerin". Il più significativo prodotto
dell'affaire, in campo cattolico-conservatore, fu l'Action française, il
movimento sorto nel 1899 intorno all'omonima rivista di Charles Maurras, la
cui adesione alle idee di Nietzsche sfociava in una concezione del
cattolicesimo come prodotto della civiltà occidentale, depurato dagli
elementi originali del giudaismo-cristiano.
Il 2 aprile 1898 viene annullato, per vizi procedurali, il verdetto del
processo a carico di Zola, il quale ritorna in tribunale il 18 luglio, e,
dopo aver annunciato la propria contumacia, abbandona l'udienza. Gli viene
inflitta la stessa pena e Zola esilia a Londra. Dieci giorni prima il
ministro della Guerra, Cavaignac, aveva ribadito alle Camere la colpevolezza
di Dreyfus, confermando la presenza di un dossier segreto. In risposta a
un'interpellanza parlamentare, è costretto a dare lettura integrale dei
documenti del dossier. L'evidenza del falso fabbricato dal colonnello Henry
non tarda a rivelarsi. Il 12 luglio era già stato arrestato Esterhazy per
truffa e radiato dall'esercito. Anche Picquart viene arrestato per aver
divulgato dei documenti riservati e per aver fabbricato documenti per
accusare Esterhazy. Scheurer-Kestner invece viene privato della sua carica
parlamentare. Alla fine dell'agosto Cavaignac è costretto ad arrestare il
colonnello Henry, successore di Picquart nei Servizi d'Informazione: egli
confessa le sue responsabilità e il giorno dopo si uccide in carcere.
Esterhazy fugge in Inghilterra. Viene arrestato Du Paty de Clam che aveva
collaborato con Henry a produrre il falso dossier e a incriminare Dreyfus.
Cavaignac decide di dimettersi. Alla fine dell'ottobre la Corte di
cassazione accoglie la richiesta di revisione del processo a carico di
Dreyfus. Nell'agosto Jaurès pubblica sulla "Petite république" una serie di
articoli intitolati La prova dell'innocenza di Dreyfus.
La destra di spaventa. Maurras afferma che per la Francia minacciata da
nemici interni ed esterni, l'esercito era l'estrema garanzia di
sopravvivenza. Quindi i dreyfusardi diventavano pericolosi proprio se
Dreyfus era innocente, perché rischiavano di demolire il prestigio delle
forze armate. I nazionalisti Déroulède e Guérin approfittano dell'improvvisa
morte del presidente della Repubblica, Faure (16 febbraio 1899), sostituito
il 18 da Loubet, per tentare un colpo di stato, incitando le truppe del
generale Roget a marciare sull'Eliseo, ma il generale rifiuta. Il 3 giugno
in un'intervista a "Le Matin" Esterhazy confessa di essere l'autore del
bordereau, aggiungendo però che si trattava di un'esca predisposta dai
servizi segreti francesi per scoprire la centrale dello spionaggio tedesco.
(Nel 1930 la pubblicazione postuma delle memorie di Schwartzkoppen
confermerà che i documenti militari segreti gli erano stati consegnati a più
riprese da Esterhazy, il quale, a causa di rovesci finanziari, aveva
impellente necessità di denaro. Tuttavia l'addetto militare tedesco affermò
di non aver mai ricevuto il bordereau. È dunque probabile che la vera spia
fosse proprio il colonnello Henry, che, non potendo occultare il bordereau,
intercettato da qualche suo agente, affermò di averlo rinvenuto nel famoso
cestino dell'ambasciata tedesca. Esterhazy dunque non era che un uomo di
paglia dello stesso Henry, e non è escluso che questi coprisse un alto
generale francese. Ciò comunque significa che l'affare Dreyfus non sarebbe
mai stato, neppure alle origini, un errore giudiziario, ma una macchinazione
ordita per trovare un capro espiatorio).
Nel luglio del '99 Dreyfus viene rimpatriato, ma la situazione è ancora
critica. Il presidente Loubet ha subìto il 4 giugno un attentato monarchico
(fu colpito da un bastone); il fronte antidreyfusardo ha intenzione di
linciare lo stesso Dreyfus, che per questa ragione viene nuovamente
rinchiuso in carcere. Ora finalmente gli operai scendono in piazza e il
Parlamento si sposta progressivamente a sinistra. Zola intanto è tornato in
Francia. Nasce assai presto il governo di "difesa repubblicana" guidato da
Waldeck-Rousseau: è la prima volta che si forma un governo di sinistra
(gambettiani, moderati radicali e socialisti). Questo governo sottrae allo
stato maggiore la nomina dei generali.
Il 7 agosto 1899 inizia il secondo processo a Dreyfus. Rennes, la cittadina
bretone, fu invasa dai giornalisti di tutto il mondo: all'estero l'innocenza
dell'imputato era un fatto scontato. La scelta di essere nuovamente
giudicato dalla giustizia militare viene sostenuta dalla stessa famiglia
Dreyfus, che vuole la piena riabilitazione nell'esercito. Tuttavia i
generali sostennero che c'erano prove così segrete che non si potevano
esibire, poiché contenevano un'annotazione dell'imperatore Guglielmo II.
Ora, accusare il Kaiser di aver personalmente commissionato azioni di
spionaggio, equivaleva a una dichiarazione di guerra. Ecco perché il
tribunale di guerra (5 giudici contro 2) dichiarò nuovamente colpevole
Dreyfus di tradimento, anche se gli riconobbe le circostanze attenuanti e lo
condannò a 10 anni di lavori forzati. L'indignazione scoppiò in tutto il
mondo con manifestazioni davanti alle ambasciate francesi. Il 19 settembre
il presidente Loubet concede la grazia a Dreyfus, che però gli è concessa
solo per gli anni che gli restano da scontare dopo la doppia condanna e che
è vincolata alla rinuncia, da parte sua, a fare ricorso contro la seconda
sentenza.
Nel dicembre del 1900 viene approvata una legge di amnistia per tutti i
reati commessi in relazione all'Affaire. Zola e Picquart sono dunque
amnistiati, ma anche tutti i militari coinvolti.
Nel 1902 il voto della provincia francese determina la vittoria del blocco
delle sinistre alle elezioni legislative. A Waldeck-Rousseau succede il
governo Combes che sottopone le congregazioni religiose al controllo dello
Stato e in molti casi ne impone la soppressione. Nel 1905 ci sarà la legge
di separazione tra Stato e chiesa. Bernard Lazare dirà che il governo faceva
pagare alla chiesa cattolica i conti della destra nazionalista. Il 5 ottobre
muore Zola per un'asfissia provocata dalla volontaria manomissione del
camino da parte di un fumista.
Il 6 aprile 1903 Jaurès chiede in Parlamento la revisione della sentenza di
Rennes, l'abolizione del Servizio di Informazioni dell'esercito e l'avvio di
una inchiesta sull'operato dei servizi. Ma negli archivi si troveranno solo
grossolane contraffazioni, niente di veramente compromettente.
Il 12 luglio 1906 la Corte di Cassazione annulla la sentenza di Rennes e
Dreyfus viene reintegrato nell'esercito col grado di maggiore, ricevendo
anche la croce di cavaliere della Legione d'onore. Anche Picquart viene
reintegrato e promosso generale di brigata e nominato ministro della Guerra
dal nuovo governo Clemenceau.
Il 4 giugno 1908 le ceneri di Zola vengono traslate al Pantheon. Dreyfus,
che assiste alla cerimonia, viene ferito in un attentato. Il tribunale della
Senna pronuncia un verdetto di assoluzione nei confronti dell'attentatore.
Dreyfus muore nel 1935. Nel 1940 un nuovo Statuto per gli ebrei li escluderà
da qualsiasi impiego pubblico e da numerose professioni (preavviso delle
successive deportazioni verso i lager). Una nipote di Dreyfus, Madeleine,
appartenente alla resistenza francese, verrà deportata e uccisa ad
Auschwitz.
Nel 1985 il ministro socialista della cultura, Jack Lang, volle piazzare un
monumento a Dreyfus nel cortile della Scuola Militare di Parigi, ma i
militari posero il veto: la statua è ora visibile alle Tuileries. Nel
settembre 1995 l'esercito francese, a nome dello storico ufficiale
dell'esercito, Jean-Louis Mourrut, ammette definitivamente l'innocenza di
Dreyfus, dopo aver sostenuto fino ad oggi che "nessuno è in grado di dire se
Dreyfus fosse una vittima cosciente o incosciente". Tuttavia, il ministro
della difesa, F. Léotard, è stato costretto a licenziare in tronco il
capitano Paul Gauyac, responsabile del servizio storico dell'esercito
francese, perché aveva fatto pubblicare nel settimanale dell'esercito Sirpa
Actualités, un testo antidreyfusardo.
CONSIDERAZIONI FINALI
Conseguenze dell'affare Dreyfus:
l'affare Dreyfus può essere visto come la lotta della giovane repubblica,
succeduta all'impero, per affermare la propria legittimità e sconfiggere le
ultime fortezze dell'Ancien Régime;
separazione fra Stato e chiesa;
sottomissione dei militari al potere civile;
nascita di un movimento operaio che va al di là delle mere rivendicazioni
salariali e delle critiche astratte al sistema, ma che s'interessa di tutte
le libertà civili calpestate; l'affaire permetterà al blocco delle sinistre
di detenere il potere politico per 20 anni;
nascita di un movimento di intellettuali impegnati politicamente;
nascita del concetto di democrazia come affermazione di un "quarto potere":
la stampa, che crea l'opinione pubblica; l'affare Dreyfus è stata la prima
grande battaglia politica condotta attraverso i mass-media;
nascita del moderno concetto di "diritti umani": una persona non può mai
essere sacrificata alla ragion di stato, né a dei barbari pregiudizi:
l'affare Dreyfus è stata la prima lotta collettiva contro l'antisemitismo in
Francia; nasce la prima Lega dei diritti dell'uomo;
nascita della corrente di pensiero del relativismo storico, contraria al
rozzo nazionalismo;
la destra sconfitta assumerà posizioni sempre più aggressive, al punto che
l'Action française fornirà un modello politico-culturale al fascismo
italiano. (Antisemitismo di Vichy e opposizione all'indipendenza algerina).
La Francia è la culla culturale dell'antisemitismo e del fascismo.
In Italia solo la stampa cattolica sosteneva la colpevolezza di Dreyfus, con
accenti, più o meno marcati di antisemitismo. Primeggiava per la durezza dei
toni la rivista gesuita "La civiltà cattolica", che poneva come rimedio al
potere ebraico una legge che li considerasse alla stregua di "stranieri
ospiti non cittadini".
Bibliografia
Mathieu Dreyfus, Dreyfus mio fratello, Editori Riuniti, Roma 1980
Bruno Revel, L'affare Dreyfus, Mondadori, Milano 1967
N. L. Kleeblat, L'Affaire Dreyfus: la storia, l'opinione, l'immagine,
Bollati-Boringhieri, Torino 1990
F. Coen, Dreyfus, Mondadori, Milano 1994
"Storia e Dossier" n. 82/1994
Mario Locatelli, Dreyfus, Mondadori, Milano 1930
dedicato alle tecniche impiegate per smascherare testi falsificati,
contraffatti o scritti sotto costrizione. Il sito, illustra alcuni "casi
celebri" quali, ad esempio il "caso Drefyus".
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