ARTE E ARCHITETTURA DELL'ANTICA ROMA
Il cittadino romano è anzitutto un militare e un politico: ogni attività
viene finalizzata alle esigenze di dominio, sia privato che statale. Di
conseguenza ciò che prevale nelle testimonianze artistiche sono gli aspetti
tecnici e pratici, oppure celebrativi.
Il fine estetico, la ricerca del bello, non ha per i romani quell'importanza
che ha per i greci e non è mai disgiunto da un fine pratico: di qui
l'indiscussa superiorità, nell'espressione artistica dei romani, delle
scienze architettoniche e urbanistiche, che offrono grande utilità pratica
nell'organizzazione razionale degli enormi territori conquistati.
Strade (guarda la rete viaria imperiale e nazionale), ponti, teatri (guarda
quello di Marcello) e anfiteatri (guarda quello del Colosseo), templi
(guarda quello della Fortuna e del Pantheon), circhi (guarda il circo
Massimo), colonne e archi commemorativi di vittorie militari, unitamente ai
tracciati schematici delle nuove città, rappresentano il meglio della
produzione artistica e architettonica romana.
Le opere architettoniche ed urbanistiche, realizzate tra il I sec. a.C. e il
IV sec. d.C., non rispondevano solo a esigenze politiche e militari (dare il
senso di appartenenza all'impero), ma venivano anche incontro ai bisogni
della popolazione, per cui dovevano rispondere a criteri di funzionalità e
praticità e furono così ben edificate da essere utilizzate anche nei secoli
successivi alla caduta dell'impero, fino ai nostri giorni.
Una volta compiuta la conquista militare, i romani badavano soprattutto a
tracciare e a pavimentare strade, a costruire ponti, a rifornire le città di
abbondante acqua attraverso imponenti acquedotti, a costruire servizi
igienici pubblici come terme, bagni e fognature. D'altra parte l'attenzione
alle strutture di servizio era già divenuta una necessità inderogabile nella
stessa città imperiale di Roma, che superava il milione di abitanti.
Tecnicamente gli architetti romani si servivano di due tipologie
costruttive: la muratura e l'arco.
La muratura, cioè l'utilizzo di materiali come il mattone cotto nelle
fornaci, non conosciuto dai greci, che veniva abbinato al cemento,
consentiva la costruzione di alte masse murarie in grado di sopportare
enormi pesi.
L'arco invece permetteva di coprire ampi spazi vuoti. Proprio l'arco a tutto
sesto, che già gli etruschi usavano, è il principale segno caratteristico
dell'architettura romana. E' formato da una struttura curvilinea, a
semicerchio, che trasmette i pesi e le spinte ai pilastri sui quali
s'appoggia. Molti archi successivi dello stesso raggio formano la volta che,
avendo la forma di un mezzo cilindro, prende il nome di volta a botte. La
volta a crociera, che si svilupperà soprattutto nelle chiese medievali, è
data dall'incrocio di due volte a botte della stessa ampiezza. Arco e volta
erano già stati adottati dagli etruschi.
Archi (guarda quello di Costantino) e colonne vengono usati dai romani anche
come monumenti, per ornamento della città, con un certo valore simbolico:
l'arco è simbolo di trionfo del condottiero e la colonna è un monumento
commemorativo di grandi imprese imperiali.
La città romana rispecchia nella pianta il tracciato dell'accampamento
militare: una scacchiera di strade che si intersecano perpendicolarmente,
impostate sulla croce di due vie principali, chiamate cardo e decumano.
Il centro della città è costituito da una piazza (foro di Augusto, foro
romano), sulla quale si affacciano i principali edifici pubblici, sedi di
attività politiche, amministrative, commerciali e religiose.
Lo spazio interno è sempre enorme, monumentale, come se volesse esprimere la
stabilità dello Stato ed affermarne la potenza e l'immutabilità, in netto
contrasto con la sobria misura degli architetti ed artisti greci. Solo il
tempio romano ha caratteristiche riprese dai templi greci (corinzi) o
etruschi, ma con una fondamentale differenza: la tradizione greca modella
plasticamente gli edifici, creando soprattutto degli "esterni", ed ha un
carattere rettilineo (elementi verticali delle colonne, elementi orizzontali
delle trabeazioni); la tradizione romana invece definisce soprattutto degli
"interni", modellandone lo spazio con gli andamenti curveggianti degli archi
e delle volte (qui gli elementi greci - colonna e trabeazione - da elementi
strutturali diventano mere decorazioni). Il tempio più importante è il
Pantheon.
La basilica, di pianta rettangolare circondata da fila di colonne, è la sede
dell'amministrazione giudiziaria romana (il tribunale), ma anche un luogo
d'incontro per fare affari, una sorta di mercato coperto.
Il foro di Augusto, foro romano doveva rappresentare per l'osservatore le
qualità principali dell'arte romana: dominio dello spazio, solida
compostezza, potenza scenografica. Tuttavia i resti monumentali a nostra
disposizione sono scarsissimi, a motivo del fatto che la stessa ricchezza di
marmi e metalli preziosi con cui il foro di Augusto, foro romano veniva
costruito lo rendevano oggetto di continui saccheggi.
A Roma il problema più difficile che gli urbanisti dovevano affrontare era
quello abitativo, poiché migliaia di persone vi giungevano continuamente con
la speranza di trovare nuove occupazioni o di sfuggire alla miseria, essendo
totalmente rovinate dallo sviluppo impetuoso dei grandi latifondi, lavorati
da schiavi, dai debiti, dall'usura che distruggeva soprattutto i piccoli e
medi proprietari terrieri.
Per le classi meno abbienti, la plebe, furono erette le insulae, edifici a
più piani con una pianta di circa 300 mq e uno sviluppo verticale di circa
18-20 metri, il che rendeva l'edificio piuttosto instabile e soggetto
facilmente a crolli. Crasso si arricchì anche in virtù di questi crolli,
poiché accorreva immediatamente sul luogo offrendo al proprietario dello
stabile di ricomprarlo a un prezzo stracciato, poi con una squadra di
muratori specializzati ricostruiva velocemente l'insula riaffittandola a
prezzi maggiorati.
Vi ci vivevano, in piccoli locali, molte persone ammassate. Si accedeva ai
piani superiori (i cenacula), attraverso strette e ripide scale comuni, per
consumare un pasto e dormire. Le stanze prendevano luce da un cortile
interno e dalle finestre aperte sulle vie. Al piano terra in genere erano
collocati i negozi e i laboratori artigianali.
I ceti sociali più ricchi vivevano invece nella domus, un'ampia casa
riservata a una sola famiglia, con più stanze destinate a diverse funzioni;
in genere occupava l'intero pianterreno di un'insula. Se la domus era in
campagna veniva chiamata villa, che veniva costruita in zone dalla ampia
visibilità ed era dotata di ogni comodità: piscine, terme, bagni caldi e
freddi, giardini, biblioteche ecc. La villa era circondata da ampi porticati
ed era per antonomasia il luogo dedicato all'ozio, allo svago o al lavoro
intellettuale, mentre per i lavori agricoli e artigianali provvedevano i
fattori e gli schiavi.
Come noto, il vero luogo di divertimento per i romani restava l'anfiteatro,
dove si svolgevano i giochi, le gare atletiche, le sfide a morte tra i
gladiatori, la lotta tra schiavi e bestie feroci, le esecuzioni dei
cristiani o di altri dissidenti.
L'anfiteatro aveva forma ellittica e si sviluppava in altezza, talvolta su
tre ordini. Poteva contenere migliaia di spettatori: l'anfiteatro Flavio,
conosciuto col nome di Colosseo, aveva una capacità di circa 50.000 persone.
Un altro luogo di divertimento per i romani era il circo: qui si svolgevano
le corse dei carri trainati dai cavalli - bighe o quadrighe - o addirittura
venivano inscenate battaglie terrestri o navali, dove naturalmente i
vincitori erano sempre i romani. Anche questa forma era ellittica ma molto
più allungata rispetto a quella dell'anfiteatro.
Anche molti teatri vennero costruiti, ma in genere la rappresentazione
teatrale aveva per i romani una mera funzione ludica, ben lontana da quella
sacra e rituale che aveva avuto in Grecia. Gli attori erano spesso degli
schiavi o dei liberti.
Quanto alla scultura, anche qui, come nella architettura, abbondano le opere
di carattere celebrativo, in onore di un personaggio famoso, come p.es. un
imperatore, un uomo politico, un grande oratore. Spesso la scultura racconta
le vittoriose imprese militari dell'imperatore (come p.es. la Colonna
Traiana), oppure celebra momenti della vita della famiglia imperiale (vedi
l'Ara Pacis). L'arte quindi è uno strumento del potere per il potere.
L'imperatore Augusto fu il primo tra i governanti di Roma a intravedere
nella cultura e nell'arte una forma di propaganda celebrativa del primato
politico-militare dell'impero: in suo onore furono eretti nelle province ben
17 archi di trionfo (da notare che spesso questi archi erano decorati da
bassorilievi che narravano episodi della vita di un imperatore o di un eroe
romano, ovviamente in forma enfatizzata).
I romani usavano l'immagine come una sorta di pubblicità, ben sapendo che è
un mezzo di comunicazione più semplice e immediato della parola. La usavano
col gusto della cronaca (e della curiosità) di chi vuole vedere tutto come
se fosse presente all'avvenimento. Ecco perché mettevano di seguito i
momenti successivi di un'azione come le sequenze di un film: in uno stesso
paesaggio, o ambiente, la figura principale (di solito l'imperatore) viene
ripetuta col procedere dell'azione. Un esempio di questa maniera, detta
della rappresentazione continua, è appunto quella o della già citata Colonna
Traiana: in una fascia che si snoda a spirale (per più di 200 m.) sulla
superficie della colonna vengono narrate le vicende della guerra vittoriosa
sui Daci.
Dopo la conquista dell'Italia meridionale (Magna Grecia) e soprattutto della
Grecia, i romani restarono abbagliati sia dalle opere architettoniche che da
quelle scultoree dell'Ellade, al punto che non solo fecero riprodurre
numerose statue greche per arredare le loro lussuose abitazioni, ma si
servirono dei modelli greci anche per realizzare la statuaria dedicata agli
imperatori, cercando di dimostrare, in questo, d'essere i legittimi eredi
della civiltà ellenica. Da notare che la riproduzione delle statue greche
classiche per noi è molto importante, essendo andati perduti quasi tutti gli
originali.
Qualunque imperatore, se voleva colpire l'immaginazione delle masse, doveva
essere presentato di proporzioni gigantesche, con un corpo atletico, in
atteggiamenti retorici e accattivanti.
Nella scultura romana vi sono però anche delle correnti che si oppongono
alla tendenza celebrativa e retorica. Lo si vede dai ritratti realistici,
spesso di destinazione funeraria e di scuola ellenistica, e da opere che
risentono di influenze orientali, come, di nuovo, la famosa Colonna Traiana,
i rilievi della quale, anche se raffigurano la guerra contro i Daci, ci
mostrano un imperatore molto umano nel prendere decisioni anche sofferte, e
indugiano lungamente sugli stessi sconfitti, che restano sì "barbari" per i
romani, ma capaci di eroismo nel difendere la loro libertà.
Discorso a parte va fatto per la pittura. Anzitutto bisogna dire che i
dipinti che oggi possiamo ammirare sono sostanzialmente quelli delle pareti
delle case domestiche, in particolare di Ercolano, Stabia e soprattutto di
Pompei, in quanto le testimonianze a nostra disposizione sono piuttosto
scarse. Nulla è rimasto della pittura su tavola.
Questi affreschi venivano dipinti a encausto, ossia a caldo e non a fresco,
come invece si farà dal Medioevo in poi, e si rifacevano spesso alla
mitologia greca, inserendo i personaggi in contesti naturali e paesaggistici
molto ampi ed ariosi.
Anche la ritrattistica, influenzata dagli etruschi, è presente, soprattutto
in occasione di rituali funerari in uso presso il patriziato, in cui si
portava in processione una maschera di cera che raffigurava con notevole
fedeltà la fisionomia e il colorito del defunto, Queste immagini di cera
vennero ben presto sostituite da busti in scultura, adottati, già in età
augustea, da liberti e piccoli commercianti.
Ma l'aspetto più significativo è che la pittura romana è dominata dagli
effetti prospettici, cioè non è una pittura piatta e bidimensionale, ma
tridimensionale, arricchita dall'illusione della profondità spaziale (che
non è quella della continuità del tempo, come nella Colonna Traiana): nelle
pareti delle stanze questo effetto viene ottenuto dipingendo i personaggi
non frontalmente ma di scorcio, e badando a rispettare le proporzioni, le
diverse dimensioni degli oggetti riprodotti.
In sostanza nella pittura romana si possono distinguere tre stili: quello
dell'illusionismo architettonico (basato sulla presenza di elementi che
definiscono lo spazio), quello delle figure plastiche e geometrizzate (dove
prevale la figura umana) e quello compendiario (una rappresentazione
schematica della realtà, con sommarie macchie di colore, a forti colpi di
pennello).
Molto diffusa nel mondo romano agiato era l'arte musiva, di derivazione
ellenistica, come la pittura sul vasellame. La consuetudine di pavimentare
le stanze con mosaici si sviluppò in tutto l'impero. Spesso i mosaici
colpiscono per la loro ricchezza di toni e di tinte, per la precisione del
disegno e per lo spiccato naturalismo.
Da notare che noi spesso non conosciamo per nome gli artisti romani.
A. Bujoni, I romani urbanisti e architetti, ed. Loescher, Torino 1963
R. Bianchi Bandinelli, L'arte romana al centro del potere, ed. Rizzoli,
Milano 1976
Id, La fine dell'arte antica, ed. Rizzoli, Milano 1976
L. Storoni Mazzolani, L'idea della città nel mondo romano, 1967
GLOSSARIO:
- A -
abside
Costruzione cava, fornita di volta, a pianta semicircolare, poligonale o
varia, che sostituisce una parete piana o ne interrompe la continuità. E'
posta soprattutto nelle basiliche cristiane, al termine della navata
centrale e talvolta in quelle laterali, e generalmente contiene il coro,
mentre nelle basiliche romane conteneva i sedili dei magistrati.
affresco
Tecnica di pittura murale. Sul muro veniva steso un intonaco grossolano e su
questo uno più sottile, su cui veniva disegnata una traccia dell'opera con
un solo colore. Su questa, a sua volta, veniva posto uno strato leggero,
costituito di sabbia molto fine e calce. Su questo intonaco bagnato il
pittore dipingeva con colori mescolati ad acqua. Per la necessità di
dipingere su intonaco fresco, la porzione di muro da affrescare veniva
preparata giorno per giorno. Questa tecnica richiedeva una pittura rapida e
senza errori. I ritocchi venivano eseguiti a secco, usando colori a tempera.
Ovviamente questa pittura a fresco diventava molto resistente.
altare
La sua collocazione spesso dipendeva dal santo al quale era dedicata la
cattedrale: veniva infatti allineato al punto in cui sorge il sole il giorno
in cui viene festeggiato il santo del luogo.
altorilievo
Scultura ricavata da un piano di fondo da cui emerge per più della metà del
suo spessore. Il contrario è bassorilievo.
ambone
Podio chiuso su tre lati da un parapetto, cui si accede attraverso una scala
dal quarto lato. Nelle chiese paleocristiane e romaniche c'erano due amboni
ai lati dell'altare: uno a destra per la lettura dell'Epistola, uno a
sinistra per la lettura del Vangelo.
anfiteatro
Teatro fatto ad ellissi e privo di scena. Qui, in epoca romana, avvenivano i
combattimenti tra gladiatori, le gare sportive e le battaglie navali.
arcata
Struttura a forma di arco poggiante in genere su pilastri, di diametro
piuttosto ampio. Oppure serie di archi in successione.
archi rampanti
Per sostenere il tetto delle Cattedrali si usavano contrafforti, grandi
colonne esterne, che scaricavano il peso a terra. Non a caso le Cattedrali
sono ritenute un'opera di grande ingegneria dell'equilibrio e della
distribuzione dei pesi.
architrave
Elemento architettonico orizzontale poggiante su colonne o pilastri.
Costituisce la parte inferiore della trabeazione negli ordini classici.
archivolto
E' la faccia ornamentale dell'arco.
arco
Struttura architettonica curvilinea che poggia su due punti (pilastri,
colonne ecc.). Può essere di varie forme:
a tutto sesto (o a pieno sesto, o a tutto centro), semicircolare, il più
comune;
a sesto acuto (o a doppio centro, od ogivale), costituito da due curve che,
intersecandosi, formano una cuspide o un angolo acuto al vertice. Conosciuto
già nell'antichità, fu molto usato nell'architettura araba e gotica;
rampante, con piani di imposta a livelli diversi: bilancia le spinte
orizzontali di altri archi svolgendo azione di controspinta;
altri ancora (cieco, lobato, ribassato, trionfale, a ferro di cavallo).
- B -
basamento
Parte inferiore di un edificio, di una colonna, di un pilastro, avente
funzione di sostegno.
basilica
Edificio romano a pianta rettangolare, con lo spazio suddiviso da file di
colonne: aveva funzione di tribunale e centro commerciale. La chiesa riprese
questo motivo per i primi edifici di culto che ebbero pianta rettangolare
divisa in lunghezza da colonne o pilastri in tre o cinque navate, conclusa
in un vano semicircolare detto abside, talvolta tagliata trasversalmente da
un transetto.
bassorilievo
Scultura eseguita su una superficie piatta, in cui le figure emergono dal
fondo con contorni a rilievo sottile. Il contrario è altorilievo.
battistero
Edificio a pianta centrale, con copertura a cupola, contenente il fonte
battesimale, in genere accanto alla chiesa.
bifora
Finestra divisa verticalmente in due luci da un pilastrino o da una
colonnina, su cui posano le imposte del doppio arco.
botte, volta a
Copertura curva di un ambiente o di una campata costituita di una struttura
semicilindrica che scarica su due muri di imposta paralleli i carichi cui è
sottoposta.
- C -
calcestruzzo
Impasto di pietrisco e materiale fluido e colloso, utilizzato per la
costruzione edile.
campata
Spazio posto tra quattro pilastri che sorreggono una volta a crociera, o tra
due elementi di sostegno (colonne, pilastri, muri). E' una parte della
navata della chiesa.
cappella
Piccolo ambiente destinato al culto, isolato o facente parte di un complesso
architettonico. S'intende anche un altare nella chiesa o un oratorio. I
fedeli con maggiori possibilità economiche spesso offrivano denaro per far
costruire una cappella votiva in loro memoria.
capriata
Struttura architettonica lignea a forma di triangolo isoscele
(incastellatura) posta a sostenere le falde del tetto a doppio spiovente.
Rimane a vista.
cassettoni
Motivi decorativi a forma quadrata, rettangolare o poligonale, che formano
gli elementi di cupole, soffitti, ecc.
cattedra
Seggio in legno, marmo, avorio, generalmente decorato con intarsi o
bassorilievi, posto dietro l'altare, in fondo all'abside, destinato al
vescovo nelle funzioni religiose.
cattedrale
Da cattedra, seggio vescovile, è la chiesa dove officia il vescovo. Può
avere pianta basilicale, a croce latina o greca. In genere è la chiesa più
grande ed è sempre la più importante in una diocesi.
chiave di volta
Pietra collocata al centro della volta a crociera, nel punto d'incrocio dei
costoloni.
circo
In epoca romana indicava lo stadio dove si tenevano le gare di corsa coi
cavalli. La sua forma era in genere ovale e molto allungata e prevedeva una
pista per i cavalli e una tribuna per gli spettatori. Equivale al nostro
stadio per le gare di atletica.
colonna
Elemento architettonico portante formato generalmente da base, fusto e
capitello. A circa un terzo dalla base presenta un rigonfiamento, e si
restringe lievemente verso l'alto (è rastremata).
contrafforte
Elemento costruttivo a pianta generalmente quadrangolare e a forma di
sperone o arco rampante che dall'esterno dell'edificio ha il compito di
contrastare le spinte delle volte e degli archi.
coro
Parte della chiesa riservata ai cantori, posto dietro l'altare, nell'abside;
generalmente è costituito di stalli lignei spesso intagliati o intarsiati e
aveva al centro un leggìo per i corali. Nelle cattedrali dei Paesi
protestanti verrà sostituito dall'organo.
costolone
Elemento architettonico in uso nell'architettura romanica e gotica, che
suddividendo la superficie di una volta a crociera o di una cupola ne
scarica il peso sui capitelli dei pilastri sottostanti. L'insieme dei
costoloni o nervature è detto costolatura.
cripta
Ambiente posto sotto al presbiterio della chiesa, ove sono i resti del santo
martire cui la chiesa è dedicata. Potevano esservi sepolti anche alti
prelati o altri personaggi di rilievo religioso o politico. A volte si
estende fino a diventare una vera e propria chiesa sotterranea.
croce, pianta a
La pianta a croce di un edificio di culto si definisce:
a croce greca, quando l'edificio ha quattro bracci delle stesse dimensioni;
a croce latina, quando in un edificio una, tre, o cinque navate
longitudinali vengono tagliate da una o più navate trasversali (transetto);
a croce immissa, quando l'edificio assume forma di T poiché il transetto si
trova all'estremità della navata longitudinale.
crociera, volta a
Volta costituita dalla intersezione ad angolo retto di due volte a botte.
cupola
Struttura architettonica di copertura, di forma emisferica o ogivale o
troncoconica, spesso impostata su una base anulare in muratura (tamburo),
che la raccorda all'edificio sottostante. Alla sommità può trovarsi una
piccola edicola, detta lanterna.
cuspide
Elemento architettonico triangolare, generalmente posto a coronamento di una
facciata, di un portale, di una tavola dipinta, impiegato anche in
tabernacoli e cibori. Tipico elemento ornamentale gotico.
- D -
deambulatorio
In generale: porticato o corridoio coperto di forma circolare o
semicircolare o con sviluppo longitudinale. Nelle chiese romaniche e gotiche
è il prolungamento delle navate laterali oltre il transetto, che isola
l'altare e il coro e dà eventualmente accesso alle cappelle radiali.
duomo
Da Domus Dei (Casa di Dio) o Domus Ecclesiae. E' la chiesa principale di una
città. Non è cattedrale se non è sede vescovile.
- E -
edicola
Struttura architettonica di piccole dimensioni a forma di tabernacolo,
nicchia o tempietto, che generalmente accoglie una statua o un dipinto.
encausto
Tecnica pittorica molto diffusa in Grecia e a Roma in età classica. Non si
conosce l'esatto procedimento, ma probabilmente i colori, sciolti con cera
ed olio, venivano applicati a caldo sulle pareti.
entasis
In italiano "entasi". Rigonfiamento del fusto della colonna a circa un terzo
dell'altezza, usato per eliminare l'illusione ottica che a distanza fa
apparire la parte centrale della colonna più stretta di quelle terminali.
esedra
Generalmente nicchia o abside di grandi dimensioni all'aperto.
- F -
facciata
La parte frontale più importante di un edificio in cui si apre l'ingresso
principale. Per le chiese si definisce "a capanna" la facciata costituita di
due spioventi che segue la forma della navata maggiore; "a salienti" quella
che segue le differenti altezze delle navate. La facciata assume un
significato simbolico, quale parte più rappresentativa e immediatamente
visibile.
fibula
Spilla utilizzata nell'antichità come ornamento o come fermaglio per gli
abiti.
fittile
Di terracotta.
fondo oro
Fondo costituito di foglia d'oro che veniva fatta aderire al gesso, che
copriva la tavola lignea per mezzo di una sostanza rossastra: il bolo.
Serviva per dare un particolare splendore alle tavole dipinte.
formella
Elemento decorativo di dimensioni ridotte, di varia forma e vario materiale,
con figurazioni dipinte, scolpite o incise, che orna portali, pareti,
soffitti, architravi e altro.
fornice
Spazio aperto di un arco.
foro
Antica piazza romana intorno a cui si trovavano i principali edifici
politici e civili: la basilica, il tempio, il mercato. (pianta del foro
augusteo e romano)
fregio
Parte intermedia tra architrave e cornice nella trabeazione classica. In
generale indica l'elemento ornamentale posto a decorare cornici e superfici
lineari.
frontone
Struttura architettonica triangolare a coronamento del tempio classico posta
tra la trabeazione e gli spioventi del tetto (racchiude al centro il
timpano). Spesso decorato da statue e rilievi. In generale però si indica la
sommità di una facciata coperta da tetto a doppio spiovente e il coronamento
di porte, finestre, nicchie, edicole.
- G -
galleria
Nelle basiliche paleocristiane indica lo spazio sulle navate minori, che si
affaccia sulla nave maggiore mediante arcate (dicesi matroneo). A partire
dal romanico divengono frequenti anche sulla facciata e sui muri esterni
della chiesa, con funzione decorativa.
guglia
Elemento architettonico decorativo di forma piramidale o conica, posto a
coronamento di strutture verticali come campanili, torri, contrafforti.
Molto usata nell'architettura gotica.
- I -
icona
Immagine sacra dipinta generalmente su tavola di legno, spesso con fondo
dorato, tipica dell'arte bizantina. Dal 730 all'843 la distruzione di queste
immagini fu chiamata iconoclastia. Iconografo è il pittore; iconografia la
scienza che studia questo tipo di arte, i cui significati vogliono essere
simbolico-religiosi.
iconostasi
Struttura architettonica divisoria che nelle chiese cristiane orientali
separa come una parete il presbiterio dalle navate. Normalmente vi sono
delle colonne che sorreggono un architrave. Vi vengono esposte immagini
sacre (icone).
- L -
labirinto
Sul pavimento di molte cattedrali medievali si trova disegnato un labirinto
il cui percorso era un simbolo del pellegrinaggio in Terra Santa.
lesena
Semipilastro o semicolonna addossata a una statua, provvista di base e
capitello, a volte liscia e a volta ornata, con funzione decorativa. (Vedi
parasta)
loggia
Struttura architettonica aperta in arcate poggiante su colonne o pilastri, a
se stante o facente parte di un edificio.
lunetta
Porzione di parete costituita dall'intersezione di una volta col piano della
parete stessa, spesso decorata con pitture, mosaici e rilievi. Tuttavia, è
anche lo spazio tra l'architrave di una porta e l'arco sovrastante, nonché
la tavola semicircolare posta a coronamento di una pala d'altare.
- M -
matroneo
Luogo riservato alle donne. Nelle chiese paleocristiane e romaniche a pianta
basilicale è posto sulle navate laterali e si affaccia su quella centrale.
Negli edifici a pianta centrale si affaccia sul vano della cupola.
medaglione
Motivo decorativo scolpito o dipinto, con figurazioni o meno.
mensola
Elemento architettonico pensile, di forme varie, sporgente dalla parete, con
funzione di sostegno di trave o cornice, di archetti, di tetto ecc.
miniatura
Arte di origine orientale con cui si decorano e illustrano soprattutto i
manoscritti. Indica anche un dipinto di piccole dimensioni, generalmente ad
acquerello, su avorio, pergamena, carta, rame o altro.
mosaico
Tecnica figurativa che consiste nel fissare piccole tessere o frammenti di
pietra, marmo o pasta vitra su una superficie (stucco), in modo da ottenere,
seguendo un disegno, varie decorazioni policrome.
- N -
nartece
Atrio porticato antistante l'ingresso della chiesa, ove, nell'antica
liturgia cristiana, stavano i catecumeni e i penitenti.
navata
Nelle basiliche è lo spazio centrale, longitudinale, compreso tra due file
di colonne o pilastri, oppure tra una fila di colonne o pilastri e un muro
perimetrale. La navata centrale, in genere di maggiori dimensioni, è detta
anche "nave"; le laterali "navatelle". Oggi vi si trovano panche per
sedersi, ma in origine era una zona libera ove si stava in piedi.
nicchia
Cavità più o meno profonda aperta nel vivo di un muro che contiene il più
delle volte una statua: può avere pianta semicircolare, rettangolare o
poligonale, generalmente con terminazione a catino. In origine erano dipinte
con colori vivaci.
- O -
ogiva
Arco a sesto acuto, caratteristico dell'architettura gotica. In origine il
termine indicava i costoloni della volta gotica.
- P -
pala
Tavola dipinta o scolpita, in legno, marmo, terracotta, posta sull'altare e
spesso inserita in una cornice architettonica. Talvolta è costituita di più
pannelli. Può essere anche un bassorilievo in marmo o legno. E' sinonimo di
"ancona".
parasta
Elemento verticale di sostegno, per lo più sotto forma di pilastro, con
base, fusto e capitello, in parte sporgente, in parte incassato in un muro:
può servire di rinforzo a una parete o come elemento di appoggio per un
arco, una colonna, una trave o una finestra.
pilastro
Elemento architettonico a sezione circolare, quadrangolare, poligonale,
cruciforme, a fascio, con funzione di sostegno ad archi, volte, architravi.
pinnacolo
Elemento architettonico a forma di piccola torre con cuspide (guglia
piramidale o conica), posto al vertice di un edificio, di un contrafforte.
pluteo
Balaustra di forma parallelepipeda in legno, metallo, pietra o marmo, a
rilievo, intarsio o mosaico, con motivi simbolici, che separa il presbiterio
nelle chiese paleocristiane e medievali.
polittico
Dipinto o rilievo formato di tre o più pannelli incernierati tra loro.
portale
Porta monumentale d'ingresso a un edificio civile o religioso di rilevante
valore architettonico. In genere è posto sul lato ovest, onde permettere al
fedele di entrare rivolto verso est (di qui il carattere "orientato" delle
chiese romaniche).
portico
Parte di un edificio, generalmente sul piano del suolo, con un lato aperto
ad arcate o ad architrave, poggiante su colonne o pilastri, con funzione
decorativa o di riparo.
presbiterio
Spazio intorno all'altare, riservato al clero per le funzioni religiose: in
genere è separato da transenne o balaustre dal resto della chiesa.
protiro
Costruzione sulla facciata di una chiesa che ne orna, copre e sottolinea il
portale. Poggia per un lato sulla facciata ed è sorretto dall'altro lato da
colonne o pilastri, spesso poggianti su leoni stilofori. Tipico
dell'architettura romanica.
pulpito
Struttura in legno, marmo o pietra, a pianta in genere poligonale,
destinato, nelle chiese, al predicatore. Può essere autonomo o addossato a
una colonna, fuori del presbiterio.
- R -
rosone
Ampia finestra circolare somigliante a un fiore, caratterizzata da motivi
ornamentali (archetti, colonnine) disposti a raggiera, aperta al centro
della facciata della chiesa romanica e gotica.
- S -
sacrestia
Luogo annesso alla chiesa, situato per lo più a fianco dell'altare maggiore,
in cui si preparano le funzioni e si conservano gli arredi sacri.
sarcofago
Urna sepolcrale in legno, terracotta, materiale calcareo, pietra o metallo
variamente lavorato, in cui erano poste le spoglie del defunto. E' ornata da
basso o altorilievi.
sbalzo
Tecnica con cui si lavora il metallo in lamine. Con martello e scalpellini
si batte la parte posteriore della lamina fino ad ottenere una decorazione
sbalzata nella parte anteriore.
scalinate
Sono l'unica via di accesso al tetto, spesso con centinaia di gradini. Molte
cattedrali sono andate distrutte dagli incendi proprio perché era
impossibile portare acqua in alto rapidamente.
- T -
tabernacolo
Struttura a forma di tempietto posta sull'altare in cui si conservano le
sacre Specie, oppure nicchia o edicola contenente un'immagine sacra lungo la
strada.
tamburo
Organismo a forma cilindrica o poligonale che raccorda gli appoggi
dell'edificio sottostante con la cupola.
teca
Custodia in cui generalmente sono contenute le reliquie, in marmo, avorio,
vetro o altro materiale.
timpano
Superficie triangolare racchiusa nella cornice del frontone e che sovrasta
la trabeazione. E' spesso ornato con affreschi o sculture in altorilievo.
Indica anche la cornice superiore di portali e finestre.
trabeazione
Struttura orizzontale del tempio, costituita di architrave, fregio e
cornice. In generale è l'insieme degli elementi orizzontali sostenuti da
colonne, pilastri e piedritti.
transetto
Navata trasversale che interseca il corpo longitudinale della chiesa, di cui
ha la stessa altezza, dando all'edificio forma a croce. Il transetto può
essere a più navate.
trifora
Finestra divisa verticalmente in tre luci da colonnine o pilastrini su cui
posano i piccoli archi. A volte è incorniciata da un arco ulteriore.
triforio
Spesso a mezza altezza, sulle pareti, c'è il triforio, un corridodio arcato.
trittico
Polittico pittorico o scultoreo costituito di tre pannelli uniti fra loro.
- U -
urna
vaso contenente le ceneri del defunto. Di varie forme, con coperchio.
- V -
vela
Uno dei quattro spicchi a superficie sferica della volta a crociera.
vetrata
Insieme di tasselli di vetro colorato, uniti da una legatura di piombo in
modo da formare un disegno prestabilito. La vetrata è fissata alla
intelaiatura in ferro di finestre e rosoni.
volta
Copertura a superficie ricurva di un ambiente o di una campata. Secondo la
forma, la volta si suddivide in:
volte semplici:
a bacino, costituita da una cupola molto ribassata poggiante su pennacchi;
a botte, costituita da una struttura semicilindrica poggiante su due muri
paralleli;
a catino, cioè a forma di quarto di sfera;
a cupola, definita dalla rotazione di una curva intorno a un asse verticale;
a vela, cioè a calotta emisferica, impostata su un vano poligonale.
volte composte (derivanti dall'intersezione di volte semplici):
a crociera, derivante da intersezione di due volte a botte;
a padiglione o a spicchi, impostata su un ambiente poligonale;
altre ancora.
- Z -
zoccolo
Basamento di un edificio, di un pilastro, di una statua (si chiama plinto
quando sorregge la colonna).
LA COLONNA TRAIANA
L'imperatore Traiano fu l'ultimo grande conquistatore: combatté contro le
popolazioni germaniche, sconfisse i parti, distrusse i daci, invase
l'Armenia, la Siria e la Mesopotamia. Con lui l'impero raggiunse la massima
estensione.
La conquista della Dacia fu la sua operazione militare meglio riuscita
(101-106 d.C.). I daci erano una popolazione che occupava le terre a nord
del Danubio, dove ora c'è la Romania.
Erano tribù nomadi, diventate sedendarie col tempo. Nel I sec. a.C. si erano
fuse in un unico grande popolo, per fronteggiare l'avanzata romana.
Traiano fu costretto a organizzare una spedizione particolarmente
agguerrita, che nell'arco di cinque anni ebbe la meglio sui suoi nemici.
Dopo la vittoria le legioni romane restarono in Dacia e la colonizzarono
interamente, costituendo una regione latinizzata, tanto che ancora oggi si
parla una lingua romanza, il rumeno, derivata dal latino, benché la Romania
sia circondata da paesi la cui lingua è di origine slava.
A ricordo di questa guerra fu scolpita a Roma il più grande capolavoro
dell'arte romana: la cosiddetta "Colonna Traiana", posta nel Foro Traiano,
all'interno del Foro Romano.
Scopo di quest'opera non era solo funerario e celebrativo, ma anche
didascalico, in quanto come un lungo papiro il monumento si srotola a
spirale, dal basso verso l'alto, senza interruzioni, raccontando tutte le
imprese dell'imperatore.
La lunghezza di questo enorme papiro di sculture (che fa venire in mente
anche la pellicola di un film) è di ben 200 metri e i giri che compie
intorno alla colonna sono 23. Le figure sono migliaia: solo Traiano è
rappresentato 58 volte. Le sculture hanno uno spessore che varia dai due ai
tre centimetri.
Conclusa nel 113 d.C. da uno scultore a noi ignoto, ma si pensa che il
progettista sia stato il grande architetto Apollodoro di Damasco, già
progettista del Foro Traiano, la colonna, che è un bellissimo esempio di
fusione tra architettura e scultura, è alta 30 metri, anzi 39,83, se
calcoliamo anche la base, che ha un diametro di sei metri: è come un palazzo
di nove piani.
Nel monumentale piedestallo non sono presenti solo le ceneri di Traiano ma
anche l'inizio di una scala a chiocciola scavata nel marmo e illuminata da
molte feritoie.
La scala permette di arrivare in cima al monumento. Qui in origine c'era una
statua in bronzo di Traiano, che scomparve nel Medioevo e che fu sostituita
nel 1587 con una statua di s. Pietro dal papa Sisto V.
Architettonicamente la colonna è simile a quella di Marco Aurelio, ma con
importanti differenze. Anzitutto tra le imprese di guerra e le azioni di
pace dei soldati romani, prevalgono quest'ultime, mentre in quella di Marco
Aurelio risalta l'azione violenta e dura dei vincitori sui vinti: armi,
scudi, lance, elmetti e corazze si ripetono con ritmi incalzanti.
I bassorilievi della colonna Traiana hanno un carattere pittorico più che
plastico, poiché il modellato e le figure hanno poco volume e anche perché
le superfici dei piani sono trattate in modo morbido e sfumato: non ci sono
rilievi fortemente marcati, come appunto in quella di Marco Aurelio, dove i
profili dei personaggi sono più nitidi, le figure sono schierate, allineate
e rinserrate su diversi piani e dove persino i particolari naturalistici e
paesaggistici vengono considerati del tutto insignificanti.
La narrazione della colonna Traiana è attenta e scrupolosa e corrisponde ai
fatti storici, almeno così come noi li conosciamo. Si possono vedere i
soldati romani passare il Danubio su un ponte di barche e costruire
fortificazioni, Traiano celebrare i sacrifici rituali, parlare alle truppe.
Vediamo le battaglie, l'opera di soccorso ai feriti, la conquista dei
villaggi nemici, la resa degli avversari.
Traiano appare sempre deciso, ricco di personale carisma, un "comandante"
cui l'esercito è fedele, ma anche il capo dei daci, Decebalo, è visto come
un grande ed eroico guerriero, cui va tributato l'onore delle armi: i romani
vincono su un grande avversario.
IL PANTHEON
Pantheon significa "tempio di tutti gli dei": è l'unico monumento in stile
classico rimasto integro a Roma. E' l'espressione più alta e matura
dell'architettura romana.
E' dedicato alle divinità, poiché la sua cupola vuola rappresentare la volta
celeste, ma la religiosità che esprime è tutta entro una concezione
naturalistica dell'esistenza, in quanto l'occhio centrale, unica sorgente di
luce, corrisponde al sole, che illumina tutto l'edificio.
Questa luce conferisce un intenso effetto di chiaroscuro all'interno perché
essa varia a seconda del tempo sereno o nuvoloso e a seconda
dell'inclinazione dei raggi solari durante il giorno.
Il tempio ha un'imponente iscrizione nella cornice del portico: "M. Agrippa
L. F. Cos. Tertium Fecit", che si riferisce a un tempio edificato dal
console Agrippa, nel 27 a.C., e da lui dedicato alle divinità tutelari della
famiglia Giulia.
Questo significa non solo che la religiosità ch'esso rappresenta è meramente
naturalistica, ma anche che, per suo mezzo, si voleva glorificare una stirpe
ben precisa, la Giulia, da equipararsi qui alle stesse divinità del cielo.
Ecco qui magnificamente sintetizzata la concezione della religione che
avevano i romani: un culto primordiale alla potenza della natura subordinato
al culto della personalità guerriera. Il Pantheon vuole essere l'espressione
del dominio dell'imperatore, cioè di un uomo superiore alla natura in quanto
dio.
Il tempio originario non sappiamo esattamente com'era, poiché quello che
oggi vediamo risale all'epoca dell'imperatore Adriano (117-125). Oggi
custodisce le tombe di italiani illustri e dei re d'Italia.
L'edificio è preceduto da un monumentale pronao composto da otto colonne
corinzie, sormontate da un timpano di sapore classico, a sua volta collegato
attraverso un parallelepipedo alla maestosa cupola emisferica, la più ampia
che mai sia stata voltata prima dell'introduzione del cemento armato.
L'impianto architettonico generale è di grande interesse, in quanto,
nonostante le sue notevoli dimensioni (la misura del diametro della base -
43,20 m. - corrisponde all'altezza della cupola), non si ha affatto
un'impressione di pesantezza o di staticità.
Anzi, la soluzione dei cinque ordini di cassettoni (riquadri scavati nella
cupola il cui occhio misura 9 m. di diametro) digradanti a spicchi verso
l'alto, conferisce leggerezza non solo alla struttura, ma a tutto
l'ambiente.
Nella parte inferiore lo spazio interno sembra dilatarsi perché animato da
nicchioni rettangolari e semicircolari, nonché da finte finestre. Per
diminuirne il peso, la calotta è stata costruita in calcestruzzo legato con
pietra pomice.
Insomma si ha nella stesso tempo un forte senso di monumentalità e di grande
equilibrio.
Il Pantheon fu costruito in mattoni e rivestito con marmo bianco. Ogni
cassettone della volta fu decorato con stelle di bronzo, ora scomparse,
dovendo simboleggiare la volta celeste. I muri vennero foderati di laterizio
e riempiti con gettate di calcestruzzo.
Un tempo la cupola era rivestita esternamente di tegole dorate, perché il
tempio dall'alto dei colli circostanti doveva apparire splendente come il
sole.
ANFITEATRO FLAVIO, DETTO COLOSSEO
Anfiteatro Flavio, detto "Colosseo", Roma I sec. d.C.
Ricostruzione
L'anfiteatro è un edificio di forma ellittica o circolare (una specie di
"doppio teatro", più o meno della forma di un attuale stadio sportivo),
adibito a giochi vari, come lotte di gladiatori, corse di cavalli o cani,
battaglie navali.
A differenza del teatro, i sedili sono disposti intorno all'area intera di
spettacolo.
La parte esterna presenta una ininterrotta serie ritmica di arcate
sovrapposte, che poggiano su robusti pilastri.
Il Colosseo poteva contenere oltre 50.000 spettatori ed essere coperto da un
ampio tendaggio o velario, issato su grossi pali ancorati alla parte esterna
del muro. Ci vollero dieci anni per costruirlo.
IL CIRCO MASSIMO
Il circo, che serviva per le corse dei carri, aveva una pianta ovale molto
allungata: un'estremità si chiudeva a semicerchio, mentre l'altra era
leggermente ricurva.
Nella prima si apriva la porta triumphalis, quella principale; nella seconda
si trovavano le stalle dei cavalli.
L'arena era divisa in due parti da un muro (spina) abbellito da statue,
colonne e fontane.
Il muro terminava con due colonnine circolari o piramidali (mete) che
indicavano il punto di arrivo o di partenza.
ARCO DI COSTANTINO
Arco di Costantino, Roma, 315 d.C.
Alto circa 25 m. l'arco di Costantino è uno dei monumenti più completi di
Roma, sicuramente il più grandioso dei tre archi superstiti, è un sorta di
museo di scultura romana, essendo composto di elementi che provengono da
monumenti diversi, appartenenti a epoche distanti tra loro, da Domiziano ad
Adriano, fino appunto a Costantino.
Le sue fondamenta risalgono all'età dell'imperatore Adriano (117-138), anzi
l'intera struttura architettonica inferiore è opera di maestranze dell'età
di Adriano. Questa parte era stata edificata con grande raffinatezza e
perizia tecnica, in opera quadrata, con grandi blocchi di marmo di prima
scelta.
Costantino intervenne successivamente, e precisamente nel decimo
anniversario del suo governo (315), quando il Senato decise di commemorare
la sua vittoria su Massenzio nel 312.
Egli avrebbe fatto ristrutturare frettolosamente un monumento già esistente,
aggiungendo la parte superiore dell'arco, coi quattro pannelli, i cui
rilievi raccontano episodi delle guerre contro i Quadi e i Marcomanni
(pannelli che forse risalgono all'epoca di Commodo, che li fece scolpire in
onore del padre Marco Aurelio).
Ai lati si possono vedere le quattro statue che rappresentano dei
prigionieri daci e che sembrano provenire dal Foro di Traiano.
Sulle facciate inferiori, sotto i tondi adrianei, vennero inseriti i
bassorilievi che narrano la campagna contro Massenzio, mentre alla base e
sui piedistalli delle colonne scorrono altri rilievi e decorazioni, figure
allegoriche, vittorie alate e divinità fluviali.
TEATRO DI MARCELLO
Teatro di Marcello, Roma
I sec. a.C. - I sec. d.C. (iniziato da Cesare e concluso da Augusto)
I teatri romani, diversamente da quelli greci edificati lungo pendii
collinari, sorgevano sul piano ed erano costruiti in muratura a semicerchio,
quindi necessitavano di robuste strutture per sostenere la gradinate
interne.
Esteriormente presentavano piani sovrapposti di archi, che distribuiscono il
peso su possenti pilastri quadrati.
Il teatro era costituito da tre parti essenziali: la cavea (le gradinate
degli stadi moderni), l'orchestra e la scena.
Il popolo occupava la parte alta dei gradoni della cavea, i patrizi avevano
riservata la parte bassa.
L'imperatore disponeva di una tribuna speciale e al suo fianco era collocata
la tribuna delle Vestali.
La cavea era costruita a gradoni sostenuti da volte, intercalati da passaggi
e gallerie aventi funzione d'ingresso e uscita.
Al di là dell'orchestra, riservata al coro e alle danze, s'innalzava la
scena, costruita in pietra e decorata da statue, nicchie e colonne.
La scena fissa in muratura impediva la dispersione della voce degli attori.
LA BASILICA DI POMPEI
A Pompei, la Basilica, cioè il Palazzo di Giustizia, era una grande corte
divisa da due filari di altissime colonne in un'area centrale, sulla quale
si affacciavano due gallerie perimetrali l'una all'altra sovrapposta,
affinché molto pubblico potesse da quei piani assistere ai giudizi in
giornate d'udienza.
La Basilica era il più importante edificio pubblico di Pompei, sede non solo
del tribunale ma anche centro della vita economica cittadina.
TEMPIO DELLA FORTUNA
Tempio della Fortuna Virile, I sec. a.C. Roma
La religione non ebbe un ruolo centrale nella civiltà romana.
Se si esclude il Pantheon, i templi romani erano di dimensioni ridotte
rispetto a quelli di altre civiltà antiche.
Anche sotto il profilo architettonico il tempio romano non aveva una sua
autonomia formale: infatti dal tempio etrusco riprese la struttura del
basamento e l'accesso attraverso la scalinata e il pronao (portico a
colonne).
Dopo la conquista della Grecia l'attenzione per il tempio crebbe. Si ebbe
anche un arricchimento decorativo, dato dall'uso delle colonne che correvano
attorno alla cella, appoggiate al muro.
Nell'architettura romana le colonne del tempio avevano un carattere
semplicemente decorativo, mentre in quella greca avevano il compito di
definire uno spazio aperto e percorribile.
ACQUEDOTTI
Acquedotto di Pont du Gard, Nimes, I sec. d. C., Francia
Realizzato con fondi statali messi a disposizione dai censori, il primo
acquedotto di Roma è del 313 a.C. L'idea era di derivazione etrusca.
Dopo di allora a Roma furono costruiti 12 acquedotti che portarono in città
acqua corrente ad usum populi, in una quantità calcolata intorno a un
miliardo e mezzo di litri giornalieri.
Se ne scoprì la necessità al vedere l'aumento vertiginoso delle popolazioni
di molte città dell'impero, che rese insufficiente il rifornimento d'acqua
delle sorgenti locali.
Il sistema degli archi, peculiarità romana, accorciò le distanze,
consentendo un'adduzione quasi rettilinea dall'alto in basso.
Tutti gli accorgimenti tecnici per le pendenze, la velocità e l'impeto delle
acque, il rapporto di distanza e la luce degli archi anche in tre ordini, i
materiali da costruzione, l'estetica furono studiati con grande intelligenza
e precisione.
Furono edificati acquedotti così solidamente che ancora oggi in diversi
paesi europei se ne possono ammirare i resti monumentali (p.es, quello di
Segovia o di Tarragona in Spagna).
Tecnicamente ogni acquedotto era dotato di bacini di decantazione, aperture
per l'aerazione, la manutenzione, la pulizia e la riparazione dei condotti.
Incanalate alle sorgenti, dopo aver attraversato valli e montagne col
sistema dei "sifoni rovesci" (tubi attraverso i quali, sopra le arcate, le
acque discendevano in fondo alla valle per risalire in virtù della propria
pressione), le acque arrivavano sino agli alti serbatoi presso le mura delle
città. Da qui partivano tubi di varie misure (fistole), destinati a portare
acqua ai singoli utenti, previa domanda di concessione.
La costruzione di queste opere colossali era affidata ad appaltatori.
L'acqua perveniva all'enorme rete delle 14 regioni augustee attraverso tubi
di piombo, in quanto le condutture di legno, pietra, terracotta, bronzo
erano ritenute inadatte.
Il piombo, conosciuto a Roma sin dalle origini, veniva soprattutto dalla
Britannia. La sua lavorazione era, come noto, pericolosa per la salute
(saturnismo).
Durante la sua censura Catone il Vecchio fece tagliare i tubi dei ricchi
privati che sottraevano acqua pubblica per deviarla alle proprie ville.
Allo scopo di sopprimere privilegi e abusi, Augusto avocò a sé
l'amministrazione delle acque e le richieste dei privati dovevano essere
indirizzate al principe e non più all'azienda degli acquedotti.
L'eccedenza dell'acqua andava alle "fulloniche" (tintorie, lavanderie) che,
coi bagni pubblici e le grandi ville, pagavano una tassa. Le cloache erano
lavate in permanenza.
Gli schiavi pubblici (dello Stato) addetti agli acquedotti di Romsa si
aggiravano sulle 300-400 unità.
Caduto l'impero gli acquedotti andarono in disuso non tanto per l'arrivo dei
cosiddetti "barbari", quanto perché, in assenza di controlli statali, i ceti
più agiati si appropriarono di queste immense ricchezze, abbandonando le
popolazioni soggette al loro destino. La gestione divenne sempre più
privatistica finché scomparve del tutto.
LA DOMUS ROMANA
La domus romana era costruita con mattoni o calcestruzzo (impasto di sabbia,
ghiaia, acqua e cemento) e si componeva di due parti.
La parte anteriore aveva al suo centro un grande vano (atrio) con un'ampia
apertura sul soffitto, spiovente verso l'interno (compluvio): di qui
scendeva l'acqua piovana, che veniva raccolta in una vasca rettangolare
(impluvio) sistemata nello spazio sottostante.
Nella domus si entrava attraverso la porta affacciata sulla strada (ostium),
che immetteva in un corridoio (vestibolo) che portava fino al cortile dotato
di lucernario (atrium), ma in epoca imperiale si edificherà anche un
ingresso secondario detto portico, posto nella parete più ampia delle
camere.
Sul fondo dell'atrio, proprio di fronte all'entrata, si trovava una grande
sala di soggiorno (tablinum), separata dall'atrio soltanto da tendaggi. In
questa parte della casa erano esposte le immagini degli antenati, le opere
d'arte, gli oggetti di lusso e altri segni di nobiltà o di ricchezza; qui il
padrone di casa riceveva visitatori e clienti, soci e alleati politici.
La vita privata della famiglia si svolgeva di solito nella parte posteriore
della casa, raccolta intorno ad un giardino ben curato, che poteva anche
essere circondato da un portico a colonne (peristilio) e ornato da statue,
marmi e fontane. Le camere da letto si chiamavano cubicoli.
La sala da pranzo veniva chiamata triclinio perché conteneva tre letti a tre
posti, su cui i romani si sdraiavano durante i banchetti. Si trovava
nell'una o nell'altra parte della casa, spesso in entrambe. I triclini erano
lussuosi, con affreschi alle pareti e mosaici ai pavimenti. In epoca
imperiale furono soggetti a trasformazioni in esedra, sala per feste e
ricevimenti.
INSULAE
Plastico di un caseggiato romano di Ostia
Ragioni economiche connesse all'intensa urbanizzazione che si verificò dopo
il crollo della piccola proprietà terriera, assorbita dal latifondo,
determinarono il diffondersi sempre più frequente di edifici di abitazione
per più famiglie, composti di appartamenti in affitto, disposti su più
piani: le cosiddette "insulae", cioè "isole", donde il termine di "isolato".
Gli appartamenti erano costituiti da una serie indistinta di ambienti tutti
uguali, che potevano raggiungere anche i sette-otto piani. Nella Roma
imperiale ve n'erano almeno 44.000.
Rudimentali servizi igienici di uso collettivo erano raggruppati nel vano
delle scale e nel cortile. C'era una sola fontana.
L'aerazione avveniva attraverso le ampie aperture rettangolari che erano
disposte simmetricamente sulla facciata.
A causa della precarietà dei materiali impiegati e per la sommaria tecnica
di costruzione, non erano infrequenti crolli e incendi.
CLOACA MASSIMA
Cloaca massima, IV sec. a.C., Roma
Questa infrastruttura è la più grande fogna antica conosciuta. Attraversava
il Foro di Nerva, il Foro Romano e il Velabro per giungere fino al Tevere.
Fu costruita così solidamente e con tale lungimiranza che venne utilizzata
dai romani per oltre 2500 anni. La cloaca è larga e alta 3 metri; scorre a
circa dodici metri sotto il livello attuale; una parte della cloaca
(all'altezza della Torre dei Conti) è a tutt'oggi ancora funzionante.
La tradizione vuole che siano stati i re etruschi Tarquinio Prisco e
Tarquinio il Superbo (VI secolo a.C.) ad avviare la costruzione del tratto
iniziale della cloaca, con l'obiettivo di bonificare la valle del Foro
Romano fino al Tevere.
Infatti le fognature e le condutture d'acqua non furono invenzioni dei
romani; già erano presenti in altre civiltà orientali, ma furono i romani a
trasformarle in grandi strutture al servizio di tutti i cittadi
LA MUSICA DELL'ANTICA ROMA
La musica presso gli antichi romani si sviluppò grazie agli influssi della
musica etrusca e greca.
L'influenza greca divenne preponderante quando i romani conquistarono la
Grecia e la Macedonia (II sec. a.C.) e ne adottarono gli elementi più
caratteristici del sistema musicale.
Tuttavia, contrariamente a quanto affermavano i greci, i romani non
ritenevano la musica culturalmente formativa, anche se le riconoscevano
virtù terapiche, una sorta di medicina per curarsi da certe malattie.
In quanto popolo di condottieri e di dominatori, i romani preferivano
utilizzare la musica soprattutto per incitare i soldati nelle battaglie, per
solennizzare cerimonie ufficiali, di guerra o di pace, in occasione di
parate militari, feste civili, ma anche nei riti propiziatori a sfondo
religioso.
Solo col tempo la musica cominciò ad essere adottata anche nei banchetti,
nei matrimoni, nei funerali...
Nel I sec. a.C. la musica e anche il coro cominciarono ad apparire in nuovi
tipi di spettacolo, come ad es. la pantomima, che rappresentava scene di
vita quotidiana o scene storiche e mitologiche.
Il primo teatro stabile a Roma fu fatto erigere da Pompeo nel 55 a.C.
Nel 17 a.C. il Carme Secolare di Orazio viene eseguito con canti e strumenti
musicali.
Nella società romana la musica perse quell'aspetto di religiosità che aveva
presso molti popoli più antichi e si limitò a scandire le varie fasi della
vita umana. Fu del tutto trascurata la musica melodiosa e patetica, intima e
personale.
Nel tardo impero si diffuse a Roma la moda dei concerti strumentali e
vocali: i virtuosi erano ricercati e ben pagati e occupavano un posto di
prestigio presso le corti degli imperatori.
I romani utilizzavano principalmente strumenti a fiato come la tibia,
strumento ad ancia doppia simile all'aulos greco, la tuba, tromba di diversa
lunghezza, il cornu o buccina, strumento di metallo ricurvo terminante con
un padiglione (simile ad un corno da caccia), che venivano usati anche per
dare segnali militari. In particolare la tuba e la buccina ritmavano la vita
dell'accampamento e davano il segnale della battaglia.
E' lo storico Flavio Vegezio che descrive l'uso militare di questi strumenti
musicali: "Ogni legione possiede suonatori di tromba, di corno e di buccina.
La tromba chiama i soldati all'assalto e alla ritirata. Quando suonano i
corni, a tale segnale rispondono non i soldati ma i vessilliferi. Ancora le
trombe suonano per invitare i soldati a uscire per qualche missione.
Durante la battaglia suonano insieme trombe e corni.
La buccina chiama all'assemblea. E' anche un segno di comando: suona infatti
davanti al generale, e quando si conduce a morte un soldato, per
sottolineare che tale esecuzione si fa per disposizione dell'autorità.
Ancora al suono della buccina si monta o si smonta sia la guardia ordinaria
sia quella fuori campo, o quando si va in missione, o quando si passa in
rassegna l'esercito. A questo segnale infine s'interrompono i lavori.
I corni suonano quando occorre far marciare o arrestare i vessilliferi.
Tutti questi segnali si provano durante le esercitazioni e per tutto il
servizio militare"(Le Istituzioni militari, IV sec. d.C.).
Fra gli strumenti a corda ricordiamo la cetra, la lira; a percussione,
timpani, tamburi e cimbali, il sistro, i crotali (specie di nacchere).
Sul potere della musica abbiamo scritti di Cicerone. In età imperiale
sappiamo ch'era studiata a corte (lo stesso Nerone cantava accompagnandosi
con la cetra).
Purtroppo non ci è giunta nessuna composizione su testo latino della musica
romana antica, se si esclude un frammento con notazione greca di una
commedia di Terenzio, l'Epitaffio di Silicio e un Inno Delfico ad Apollo, di
provenienza greca, del 128 a.C., in cui un certo Limenio canta la grandezza
di Roma che aveva appena occupato la Grecia.
Roma comunque, diventando a fine secolo uno dei centri di irradiazione del
cristianesimo, favorì la diffusione della musica dei primi cristiani, la cui
più importante espressione di tutto l'Alto Medioevo fu il canto corale o
gregoriano.
Il primo documento di canto cristiano giunto a noi è il Papiro di Ossirinco,
del I-II sec. d.C.: uno xilofono punteggia una preghiera dedicata alla
Trinità.
Nel IV sec. d.C. si diffonde in occidente l'uso orientale delle campane.
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