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MILITARISMO
DELL'ANTICA ROMA - ALIMENTAZIONE, CIBI E RICETTE
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STRUTTURA MILITARE -
L'ALIMENTAZIONE DELL'ANTICA ROMA |
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MILITARISMO
IL TEMPO DELLA FALANGE
Quando la rottura (che nel caso della leggenda di Romolo fu tragica) trovò
il suo compimento, prese l'avvio la progressiva trasformazione del contadino
romano in soldato. Tale trasformazione sarà accompagnata, come in parallelo,
da quella del possidente agrario in comandante militare e quindi in uomo
politico e amministratore di città.
Il primitivo esercito romano era formato da gruppi di combattenti che
appartenevano alle grandi famiglie aristocratiche (gentes), in grado di
pagarsi carri, cavalli, armi di ferro, nonché di disporre di un certo
seguito di clienti, bisognosi di protezione ma anche capaci di seguire
quelle famiglie nel corso delle guerre per conquistare terre e città.
I combattimenti non si svolgevano a cavallo ma a piedi: i cavalli servivano
per spostarsi velocemente sul luogo dello scontro. Questo ovviamente non
vuol dire che non esistesse nel primitivo esercito la cavalleria, ma
semplicemente che lo scontro decisivo avveniva tra fanti, che
rappresentavano il cosiddetto "esercito degli opliti schierati a falange"
(1). L'uso intelligente della cavalleria avverrà solo nel corso delle guerre
puniche.
Il comandante dell'esercito era il re, coadiuvato da un generale (magister
populi), il quale nominava un proprio sottoposto: il magister equitum.
Intorno al VI sec. a.C., sotto il regno di Servio Tullio, l'esercito di Roma
e di altre città sotto la sua influenza si organizza in modo rigoroso: tutti
gli uomini (quindi non solo gli aristocratici di nascita) in grado di
pagarsi un armamento completo di metallo (scudo, corazza, schinieri, elmo,
lancia e spada) e disposti a combattere insieme con disciplina, potevano
aspirare non solo a una spartizione del bottino ma anche a un controllo
politico della città. Era nato l'esercito su base censitaria e nel contempo
una strategia di tipo politico-militare.
Quelli che erano inferiori a un certo censo (i cosiddetti proletarii, perché
censiti solo per la prole) potevano combattere solo con armi rudimentali,
fuori dallo schieramento della falange e dalla possibilità di ottenere ruoli
politici di rilievo.
L'ordinamento politico-istituzionale fu una conseguenza di quello militare.
Infatti dall'esercito riunito per combattere si sviluppò il comizio
centuriato, un'assemblea cittadina fondata sulle centurie, l'unità base
della legione. Composta inizialmente di 3.000 e poi di 6.000 uomini, la
legione non era più comandata dal re, dopo il crollo della monarchia, ma da
due consoli. La cavalleria che l'affiancava aveva 300 unità per legione.
Una centuria era generalmente composta di 100 uomini, agli ordini di un
ufficiale: il centurione. Forse quando le legioni divennero due, ogni
centuria comprendeva solo 50 uomini.
Nei comizi centuriati i ceti benestanti disponevano sempre di più voti, coi
quali potevano eleggere i magistrati, i comandanti militari e dichiarare la
guerra o la pace. Si votava infatti per centurie, non individualmente, e i
più ricchi erano distribuiti in un maggior numero di centurie.
Queste assemblee si tenevano fuori dalla linea sacra della città, il
pomerio, al cui interno non si potevano portare armi. Le proposte venivano
presentate dai magistrati e i cittadini si limitavano a votarle, senza
neppure discuterle.
Ecco il diagramma in cui si rappresenta il tipo e il numero di centurie che
ciascuna classe di cittadini doveva fornire in caso di guerra:
I censimenti venivano fatti ogni cinque anni. I cittadini venivano divisi in
cinque classi, di cui le prime quattro includevano quelli con patrimoni
compresi tra i 100.000 e gli 11.000 assi. Nell'ultima era i proletarii. A
parte venivano censiti i fabri, cioè i tecnici necessari, e i trombettieri.
Ecco una tabella relativa ai cittadini romani censiti come abili alle armi:
Anni393-392340-339329294-293288-287280-279276-275
Censiti152.573165.000150.000262.321272.000287.222271.224
Durante la guerra decennale contro Veio, conclusasi nel 396 a.C., fu
introdotto il soldo, un contributo dei cittadini alle spese di vestiario e
di armamento dei soldati.
Ogni romano diventava abile alle armi praticamente a 17 anni, quando
indossava la toga virile ed entrava a far parte degli iuniores, dove vi
restava fino a 46 anni, dopodiché apparteneva ai seniores, cioè alla
riserva, richiamabile per una guerra in casi di particolare pericolo. Ma
esisteva anche una chiamata di emergenza detta tumultus che avveniva a
prescindere totalmente dal censo.
I plebei spesso rifiutavano le continue chiamate alle armi, poiché dalle
conquiste realizzate ricevevano solo le briciole e le famiglie rimaste in
patria facilmente cadevano vittime dei debiti, senza considerare che, una
volta entrato nell'esercito, il plebleo perdeva automaticamente tutti i
diritti faticosamente acquisiti con le lotte di classe: poteva p.es. essere
messo a morte per indisciplina, senza alcun processo.
La disciplina era un aspetto fondamentale dell'organizzazione militare. Ogni
soldato prestava un solenne giuramento al suo comandante: la parola
sacramentum, con cui si designava questo atto di totale fiducia e
sottomissione, implicava l'idea della punizione severa per chi trasgrediva
le regole. Manlio Torquato nel 340 a.C. mise a morte il figlio solo perché
aveva ingaggiato un duello individuale (vincendolo) senza la sua
autorizzazione. Esempi come questo se ne possono fare tanti e non a caso già
a partire dal II sec. a.C. i giovani romani cominciavano a manifestare una
certa insofferenza per la leva militare.
[1] In battaglia ogni legione si schierava su tre linee: hastati, che
avevano il compito di scagliare la lancia per scompigliare le file nemiche;
principes, i soldati migliori che intervenivano subito dopo per lo scontro
decisivo; triarii, che costituivano il rinforzo in caso di necessità.
LA STRUTTURA TATTICA
Nel corso della guerra contro i sanniti, intorno al 340 a.C., i romani
sostituirono la rigida falange oplitica, di derivazione macedone, capace
solo d'una grande forza d'urto ma tatticamente poco manovrabile, con
l'ordinamento per manipoli, che resterà la struttura fondante dell'esercito
romano per alcuni secoli, fino all'adozione delle coorti.
L'equipaggiamento del soldato ora consisteva in una spada da punta e da
taglio, una corazza, l'elmo e gli schinieri, una lancia da getto (pilum),
mentre quella da urto (hasta) viene lasciata solo alla terza fila dello
schieramento (i triarii) e, particolare importante, si sostituisce lo scudo
rotondo di bronzo con uno rettangolare in legno.
Anche l'ordine delle schiere fu modificato: praticamente i manipoli delle
prime due linee (principes e hastati) si schierarono su un fronte di 12
uomini per una profondità di 10, quindi un totale di 120 uomini.
In combattimento le centurie di ogni legione si disponevano in numero di 20
per linea, cioè in 10 manipoli di 120 uomini ciascuno. La legione era
composta in genere di circa 4.000 uomini, ma poteva arrivare anche a 6.000.
Il manipolo aveva il vantaggio di poter combattere da solo, a condizione che
vi fosse grande coesione e prontezza. L'armamento era uguali per tutti.
L'esercito romano era molto forte non solo a motivo della capacità di
risolvere prontamente i limiti tattici e strategici, ma anche perché era un
esercito di cittadini, non di mercenari, ed era anche un esercito di alleati
(latini e italici, almeno sino al II sec. a.C., poi chiunque poté diventare
alleato). Agli alleati spesso venivano assegnati compiti specifici sulla
base delle loro abilità o specialità tradizionali: p.es. i cretesi venivano
impiegati come arcieri, gli spagnoli come frombolieri ecc.
Gli alleati conservavano un'autonomia formale nella politica interna, ma
dovevano rinunciare a una politica estera indipendente, anche perché tutto
il loro potenziale bellico (auxilia) doveva essere messo a disposizione di
Roma. Il che non sempre veniva accettato tranquillamente, come p.es.
testimonia la rivolta di gran parte degli alleati nel 90 a.C. Non a caso i
romani si guardavano bene dal creare reparti militari etnicamente omogenei.
Le truppe ausiliarie raddoppiavano gli effettivi di una legione, al punto
che tra romani e alleati il potenziale umano mobilitabile era di circa
800-900.000 soldati (circa il 6-7% degli arruolabili era annualmente sotto
le armi).
Di regola le legioni, almeno fino al II sec. a.C., non superavano mai le
quattro unità (due per console), ma in alcuni momenti delle guerre puniche
arrivarono oltre 20 (con la promessa della libertà si arruolarono persino
gli schiavi).
I consoli comandarono sulle legioni solo fino al I sec. a.C., dopodiché
vennero sostituiti dai tribuni, per soddisfare meglio le esigenze di
eserciti divenuti molto più grandi; a loro volta i tribuni sceglievano i
centurioni, responsabili della disciplina, dell'addestramento e del comando
di ogni centuria. Il centurione veniva scelto sulla base dell'esperienza e
della capacità di comando. La sua origine sociale in genere era modesta.
La lunga permanenza dei militari all'estero ebbe due effetti inevitabili:
l'aumento dell'importanza dei contingenti alleati;
la nascita delle prime colonie di veterani, che contribuì alla
romanizzazione delle province.
Durante la fase espansionistica il soldato prendeva un denario al giorno e
partecipava, in misura crescente del suo grado, alla spartizione del
bottino. Un centurione poteva arrivare a più di 100 denari al mese; un
tribuno a più di 200.
Quanto più militava nell'esercito, tanto più la terra lavorata in Italia
veniva abbandonata e tra i lavoratori agricoli aumentava la
proletarizzazione dei ceti più deboli.
LE TRUPPE AUSILIARIE
Le truppe ausiliarie dell'esercito romano erano costituite da contingenti
non in possesso della cittadinanza romana, almeno nella fase repubblicana.
Nel 90-88 a.C., dopo la rivolta di gran parte degli alleati (guerra
sociale), la cittadinanza venne estesa a tutti gli italici, il che dava loro
diritto di prestare servizio nella legione.
Questi contingenti potevano essere costituiti da elementi mercenari oppure
di foederati, provenienti da quei popoli liberi che vi erano obbligati sulla
base di patti di mutua alleanza con Roma. Ma soprattutto erano genti
sconfitte militarmente (quindi in primis le popolazioni italiche),
costrette, a titolo di tributo, a offrire un certo numero di contingenti
armati.
Gli italici (in qualità di socii) avevano autonomia amministrativa e, sul
piano meramente locale, anche politica, ma la loro politica estera e
militare dipendeva strettamente da quella romana. Essi fornivano soprattutto
reparti di cavalleria: una specialità trascurata nell'ordinamento militare
di Roma. Ma fornivano anche reparti di fanteria leggera, in quanto quella
pesante era tipica della legione.
Gli auxilia svolgevano inoltre funzioni di supporto come ad es.
l'esplorazione, la ricerca, la presa di contatto con l'avversario, la
costruzione di fortilizi difensivi...
Quando l'impero romano raggiunse, verso la fine del periodo repubblicano, la
sua massima espansione, i contingenti alleati furono tratti prevalentemente
dalle popolazioni barbariche.
Dalla fine del I sec. d.C. gli auxilia saranno qualitativamente di poco
inferiori alle legioni. Il primo imperatore a offrire loro, ormai reclutati
in servizio permanente e non più solo in occasione di campagne militari, una
paga mensile e un equipaggiamento uniforme, fu Augusto, il quale stabilì
anche che rimanessero di stanza nella loro regione di reclutamento, ad
eccezione del comando delle singole unità, che veniva sempre affidato a
ufficiali superiori romani (tribuni), scelti inizialmente tra i giovani
figli dei senatori, nell'espletamento del primo degli incarichi militari
tipico della loro carriera politica, e successivamente, dopo le riforme di
Claudio, tra l'ordine equestre.
Ai tempi di Traiano gli auxilia erano divenuti così importanti che nella
guerra in Dacia furono proprio loro a sostenere i principali scontri col
nemico. Nella Colonna Traiana i legionari, essendo considerati delle truppe
specializzate, vengono ritratti non tanto nei combattimenti (a meno che il
loro intervento non fosse assolutamente necessario), quanto nelle mansioni
tecniche o logistiche.
La ferma di un ausiliario durava da 25 a 28 anni. Si prestava servizio in
unità di fanteria, la cui formazione prendeva il nome di coorte, con
effettivi che potevano andare da 500 uomini (le centurie di 82-83 fanti
ciascuna) a 1.000 (dieci centurie di 100 fanti). A dir il vero quando la
coorte fu inventata da Gaio Mario i manipoli erano soltanto tre, per un
totale di 300 uomini.
Le coorti di fanteria potevano essere integrate con elementi di cavalleria:
p.es. sei centurie da 65 fanti e quattro torme da 30 cavalieri, oppure 10
centurie da 76 fanti ciascuna e sei torme di 42 cavalieri ciascuna.
Invece le unità di cavalleria pura (le ali) erano composte, a seconda dei
casi, di 16 torme da 32 cavalieri o da 24 torme da 42 cavalieri.
Le coorti, a seconda della tipologia, erano comandate o da un prefetto o da
un tribuno. I ranghi dell'ufficialità inferiore erano costituiti da
centurioni e decurioni.
Un ausiliario, come paga, prendeva tre volte meno di un legionario, ma alla
fine della sua carriera gli veniva assicurata la cittadinanza romana, a lui
e alla sua discendenza legittima.
Verso gli ultimi del I sec. d.C. si crearono i "numeri", cioè quei reparti
militari la cui consistenza non superava le 500 unità. Questo permetteva di
arruolare facilmente gli elementi barbarici, che all'interno dell'esercito
romano conservavano la propria lingua, la propria uniforme, le proprie armi,
il proprio modo di combattere. Alla fine diventeranno loro i veri auxilia.
Adriano istituzionalizzò i "numeri" e il loro impiego crebbe tanto che alle
soglie dell'età diocleziana costituirono il fulcro di un esercito
completamente imbarbarito.
Non dimentichiamo inoltre che nel 212 d.C., con la Constitutio Antoniniana
dell'imperatore Caracalla, la cittadinanza romana venne estesa a tutti i
sudditi, rompendo così, definitivamente, quella differenza di rango tra
legioni e auxilia.
LA GERARCHIA DELL'ESERCITO ED I GENERALI
Al tempo dei primi grandi generali romani, come Mario, Silla, Pompeo e
Cesare, l'esercito continuava a essere riservato ai cittadini, ma, a partire
dalla seconda guerra punica, fu abbattuto in misura consistente il livello
minimo di censo necessario per essere arruolati nelle legioni: da 11.000 a
4.000 assi, praticamente potevano arruolarsi anche i cittadini quasi poveri.
A dir il vero già Gaio Mario, in occasione della guerra giugurtina (111-105
a.C.), aveva deciso di arruolare nella legione anche i volontari di
estrazione proletaria.
D'altra parte le continue guerre avevano prodotto una crescente
proletarizzazione dei ceti contadini tradizionali e una loro conseguente
urbanizzazione, senza considerare che i ceti più abbienti tendevano a
sottrarsi alla leva, in quanto le esigenze della politica estera prevedevano
sui campi di battaglia decine di migliaia di uomini per molti anni di
seguito.
Già ai tempi di Mario e Silla era apparso molto chiaro che eserciti di
grandi dimensioni avevano bisogno di comandanti sperimentati, mossi da
ambizioni non solo militari ma anche politiche. E questa esigenza
determinerà, con Cesare e soprattutto con Augusto, la nascita di istituzioni
politiche propriamente imperiali.
Lo stesso soldato, non potendo contare su fortune personali, tendeva
progressivamente a fare della guerra una professione e a considerare come
punto di riferimento il proprio generale e non più il governo cittadino,
ovviamente sempre nella speranza di poter un giorno tornare a vivere su un
pezzo di terra godendosi la meritata pensione.
Gli stessi generali favorirono così tanto i loro veterani da finire col
rompere i rapporti col senato. Cesare arrivò persino a insediarli
stabilmente nelle province e anche Ottaviano sfruttò nella stessa maniera le
terre conquistate in Egitto.
Fu soprattutto la concessione della cittadinanza agli italici dopo la guerra
sociale del 90-88 a.C. che permise di soddisfare tutte le maggiori esigenze
delle grandi compagne militari di Silla, Pompeo, Cesare, Antonio e
Ottaviano. Alla fine delle guerre civili le legioni erano diventate più di
50 e ognuna di esse disponeva di circa 6.000 uomini (praticamente il 10%
della popolazione italiana, al tempo di Augusto, era sotto le armi).
A partire da Augusto l'imperatore era diventato il capo supremo di tutti gli
eserciti e ben difficilmente un generale vittorioso avrebbe potuto aspirare
a un dominio anche politico.
Senonché proprio sotto Augusto si abbandonò la politica di conquista,
preferendo fare dell'impero un organismo chiuso da frontiere, diviso dal
mondo esterno.
Quanto, in questa decisione di Augusto, di limitarsi a consolidare le
conquiste già realizzate, contribuì la disfatta di alcune sue legioni nelle
campagne germaniche, è facile capirlo, e la storia politico-militare
dell'impero, d'altra parte, gli dette ragione, visto che il suo ordinamento
rimase in vigore sino al III secolo.
Egli, nello stesso tempo, ridusse le legioni a 28 (divenute poi 25 dopo la
disfatta di Teutoburgo), le stanziò stabilmente nelle province e istituì un
tesoro militare con cui pagare, in denaro o in terre, i premi di congedo.
L'area geografica di reclutamento delle legioni si era estesa alle stesse
province, tanto che alla fine del II sec. solo una minoranza di legionari
proveniva dall'Italia.
E il legionario, considerando la precarietà in cui vivevano tanti strati
sociali nell'Italia imperiale, non se la passava male: è vero che doveva
restare sotto le armi per un periodo molto lungo (anche fino a 28 anni), ma
è pur vero che percepiva una paga annuale di 200 denari, godeva di un
prestigio sociale indiscusso e di una sicurezza che andava ben oltre il
periodo di leva.
Di regola non poteva sposarsi, però poteva vivere con una o più donne
(almeno a partire da Settimio Severo), da cui poteva avere dei figli, benché
solo il legionario fruiva della cittadinanza romana. I figli di queste
unioni di fatto potevano essere legittimati secondo il "diritto delle
genti", per cui potevano anche ereditare, se pagavano una tassa del 5%
sull'eredità.
In ogni caso, una volta andato in congedo, al legionario veniva data facoltà
di legittimare una delle unioni contratte durante il servizio militare. In
tal caso i figli ricevevano la cittadinanza romana, ma solo se nati dopo il
riconoscimento. Gli stessi soldati, privi di tale cittadinanza,
l'acquistavano in automatico al momento del congedo.
Nei primi secoli dell'impero i legionari erano almeno 160.000, e altrettanti
gli ausiliari, su una popolazione di circa 50 milioni di abitanti.
Ogni soldato, a qualunque grado appartenesse, era libero di venerare i
propri dèi, specie a partire dal momento in cui il reclutamento avveniva su
base locale, per aree geografiche (da Adriano in poi), e il soldato poteva
vivere, di regola, là dove era stato arruolato.
Tuttavia, ogni soldato era tenuto a prestare un certo culto anche
all'imperatore, il che era un ostacolo insormontabile a quanti professavano
religioni ebraico-cristiane. Solo nel 314 il concilio di Arles tolse
ufficialmente ai cristiani il divieto di servizio nell'esercito pagano.
L'ESERCITO BARBARICO
L'esercito imperiale, tranne i rari casi di Traiano e Settimio Severo, non
condusse mai campagne di conquista, ma si limitò a svolgere compiti di
difesa, di romanizzazione e urbanizzazione delle aree provinciali, di
promozione dei ceti meno abbienti, in quanto diede ai soldati la possibilità
di una certa emancipazione sociale e ai generali la possibilità di diventare
imperatori.
Gli eserciti stanziati nelle province per lunghi anni si legarono molto
strettamente ai loro generali, tant'è che la presa del potere attraverso
l'esercito, dopo l'esempio di Settimio Severo, fu una prassi costante del
III secolo.
Quando le risorse economiche imperiali diminuivano, l'esercito cercava di
garantire per sé una parte cospicua: di qui i frequenti e abbondanti
donativi da parte degli imperatori, i saccheggi di ricche città (come p.es.
Aquileia nel 238) e le continue vessazioni ai danni delle campagne.
L'esercito era diventato una struttura privilegiata, costosa (lo stipendio
dei militari era di tutto rispetto), pur con una base demografica modesta
rispetto alle esigenze di sicurezza, tant'è che le invasioni di Quadi e
Marcomanni, sotto Marco Aurelio, mostrarono che lo sfondamento delle
frontiere non era cosa impossibile.
Come noto, ai tempi della fase repubblicana il politico era a un tempo
soldato e magistrato (e spesso anche sacerdote). Viceversa, con la nascita
dell'impero il principe si serviva dei senatori per governare le province
dove erano stanziate le legioni. Un senatore era il comandante di ogni
legione. I comandi militari servivano ai senatori per acquisire ancora più
potere, prestigio, ricchezze.
Col passare del tempo, soprattutto in virtù della professionalizzazione
della carriera militare, i comandi delle legioni venivano sempre più
affidati all'ordine equestre, e proprio da questo ordine, non più quindi dal
rango senatorio, finiva coll'emergere il nuovo imperatore.
Sul piano militare gli equites avevano più esperienza dei senatori e spesso
erano favorevoli a processi politici assolutistici, che permettessero di
aumentare il loro potere.
Viceversa, la classe senatoria non amava mettere in discussione i privilegi
acquisiti secoli prima. Difficilmente un senatore avrebbe accettato l'idea
che un governo imperiale potesse essere conquistato e mantenuto con il solo
aiuto dell'esercito.
Di fatto però la tendenza era proprio questa, al punto che divenne una
prassi consueta quella di arruolare, nelle file dell'esercito, gruppi di
barbari stanziati entro i confini in virtù di specifiche intese o
addirittura esterni all'impero.
Questo scollamento tra aspetti militari e politici fece sì che durante la
crisi del III secolo i grandi comandanti provinciali si trasformassero
facilmente in usurpatori.
Diocleziano (284-305), che ovviamente non poteva più mettere in discussione
né l'autonomia dell'apparato militare né il suo carattere
professionalizzante, escogitò l'idea di suddividere le province in piccole
unità amministrative, onde evitare la concentrazione del potere nelle mani
di un solo governatore.
Nello stesso tempo decise di affidare il potere civile delle province a
uomini di varia provenienza, ma sempre più funzionari imperiali che grandi
notabili: il che non faceva certo piacere alla vecchia aristocrazia
senatoria.
Questo in sostanza significava che all'esercito, i cui effettivi erano stati
raddoppiati, giungendo a mezzo milione (il 10% di tutta la popolazione
dell'impero), veniva sì riconosciuta ampia autonomia, ma a condizione che
non si mettesse in discussione quella politica e amministrativa dei
funzionari.
In un certo senso le legioni, nella loro organizzazione classica, furono
smantellate. I reparti, generalmente di mille uomini, chiamati limitanei (da
limes, confine), dovevano distinguersi sulla base dell'armamento e dei
compiti: p.es. i cavalieri mori, gli arcieri africani, i cavalieri
catafratti di derivazione partica... I limitanei potevano essere di
cavalleria o di fanteria, o reparti specializzati di estrazione provinciale
o barbarica (i cosiddetti numeri).
Esisteva anche un nucleo di soldati che formava l'esercito a disposizione
dell'imperatore, una sorta di protezione personale: i comitatenses,
anch'essi divisi per mille.
Moltissimi di questi soldati erano di origine barbara, anche perché la leva
era molto dura e spesso lontana dai centri urbani più significativi
dell'impero, per cui la renitenza tendeva ad aumentare, incoraggiata altresì
dai grandi proprietari terrieri, che avevano continuamente bisogno di
manodopera e che preferivano pagare un tributo monetario pur di tenersela.
Gli elementi barbarici dell'impero o comunque quelli meno romanizzati
divennero una parte così significativa dell'esercito che giunsero anche a
posizioni di comando, come p.es. Stilicone (1), un generale vandalo di
Teodosio.
Costantino fece crescere i comitatenses al punto che arrivarono ad essere
quasi la metà degli effettivi dell'intero esercito imperiale. I reparti non
solo erano specializzati ma venivano anche reclutati tra gli elementi
migliori sul piano fisico e sociale, erano inoltre pagati meglio dei
limitanei e avevano particolari privilegi (p.es. l'esenzione fiscale), senza
considerare che potevano alloggiare in prossimità dei centri urbani e
naturalmente potevano essere comandati da generali di origine barbara.
Le tribù barbare assunsero un'importanza così grande che dopo la battaglia
di Adrianopoli (378), in cui cadde lo stesso imperatore Valente, i Goti
vincitori ottennero di essere stanziati tutti all'interno dei confini
imperiali e qui iniziarono a romanizzarsi.
Ormai qualunque tendenza aristocratica di opporsi all'integrazione coi
barbari andava ritenuta del tutto antistorica, e infatti questa politica
senatoria subì uno smacco clamoroso proprio col sacco di Roma, compiuto dai
Visigoti di Alarico nel 410. L'occidente era destinato a veder nascere i
regni romano-barbarici.
Viceversa in oriente i bizantini riuscirono a tener lontane dai confini le
tribù barbariche o comunque a conviverci più o meno pacificamente per un
altro millennio, conservando le strutture romane, soggette agli influssi del
mondo ellenico e a quello culturale del cristianesimo. Costantino aveva
perfettamente capito che se si voleva continuare la civiltà greco-romana in
nome del cristianesimo bisognava anzitutto spostare la capitale a Bisanzio
(cosa che fece già nel 330), e la storia s'incaricò di dargli ragione.
[1] Stilicho Flavius (360-5 ca-408), vandalo di origine ma romano di
educazione, fu l'ultimo grande difensore dell'impero romano d'occidente
dalle grandi invasioni barbariche.
Grazie a una fortunata missione alla corte persiana, acquistò grande favore
presso l'imperatore Teodosio, raggiungendo una posizione preminente a corte,
tanto che Teodosio verso il 392 gli affidò il comando supremo delle armate
imperiali.
Quando Teodosio morì a Milano nel 395, Stilicone divenne tutore del figlio
di lui, Onorio, cui era stato affidato il governo della parte occidentale
dell'impero, mentre ad Arcadio quella orientale.
Stilicone si trovò costretto a fronteggiare varie tribù barbariche, tra cui
i visigoti che, scontenti della Tracia (loro assegnata da Teodosio dopo la
sconfitta di Adrianopoli), avevano preso a saccheggiare e occupare alcuni
territori della Grecia, dell'Epiro e persino del nord Italia.
Stilicone ebbe la meglio, costringendo i visigoti a ripiegare oltre le Alpi
e promettendo loro la conquista dell'Illiria, oggetto di disputa tra le due
parti dell'impero.
Quando nel 407 i visigoti tornarono a minacciare nuovamente l'Italia, in
quanto non avevano ottenuto l'Illiria, Stilicone indusse l'imperatore Onorio
ad accettare il tributo, ma così facendo si attirò l'odio dell'intera
amministrazione romana e soprattutto del senato di Roma, che lo accusò di
complicità col nemico.
Stilicone fu eliminato in una rivolta militare a Ravenna, dopo un processo
sommario, e i visigoti ne approfittarono immediatamente per scendere in
Italia e saccheggiare la stessa Roma nel 410. Col bottino trafugato
cercarono d'imbarcarsi per l'Africa, ma le loro navi furono travolte in una
tempesta nello stretto di Messina, e il loro capo, Alarico, morì presso
Cosenza. Gli ultimi visigoti finirono a cavallo dei Pirenei. La capitale
dell'impero d'occidente fu trasferita a Ravenna.
LA DISFATTA DI TEUTOBURGO
La disfatta di Teutoburgo fu una delle tre più clamorose sconfitte
dell'esercito romano, preceduta solo da quella di Canne, al tempo di
Annibale, e seguita solo da quella di Adrianopoli del 378.
Le legioni di Publio Quintilio Varo si trovavano, il 9 d.C., nel cosiddetto
Saltus Teutoburgensis, una foresta montuosa della Bassa Sassonia, oggi
chiamata "della Lippe". I principali nemici dei romani, i cherusci, che
alcuni anni prima avevano subìto gravi sconfitte da parte dell'imperatore
Tiberio, si erano stabiliti in quella zona, occupando entrambe le sponde del
fiume Weser.
Durante i mesi estivi era del tutto normale disporre lo spostamento di
truppe romane nel cuore della Germania, ma questa volta Varo aveva un'altra
ragione: le sue tre legioni (XVII, XVIII e XIX) dovevano anche dimostrare la
forza di Roma dinanzi a popolazioni non ancora del tutto sottomesse, come
appunto i cherusci.
Il suo predecessore, Saturnino, era stato più accorto, perché considerava
poco adatta una tattica del genere con popolazioni numericamente forti,
agguerrite e gelose della propria autonomia. Varo però preferiva sempre
agire con spietata durezza: già in Siria, quand'era stato governatore, aveva
fatto crocifiggere duemila ribelli.
Egli peraltro contava sull'appoggio dei nobili o di quelli che potevano
vantare stirpi gloriose, promettendo loro cariche di prestigio e ricchezze:
in particolare gli erano vicini Segeste e Arminio (quest'ultimo aveva già
comandato truppe ausiliarie dell'esercito romano).
Verso la metà di settembre le legioni si mossero verso la foresta. Arminio
garantiva per la sicurezza, ma Segeste cominciò a sospettarlo di tradimento.
Le spie romane mandate in perlustrazioni riferirono di aver avvistato
numerosi germani in zona, ma Varo continuò ad aver fiducia in Arminio.
Il 21 settembre iniziò lo scontro, che si protrasse per tre giorni
consecutivi. Varo comandava una forza di oltre 20.000 uomini, militari di
professione ben addestrati ed equipaggiati, decisamente superiori, sulla
carta, ai 15.000 cherusci, cui si aggiunsero alcune migliaia di marsi e
catti.
I germani avevano alcuni vantaggi di non poco conto: conoscevano
perfettamente la foresta, avevano lance e spade molto lunghe, disponevano di
alcune unità di cavalleria.
Il regista di questa imboscata fu lo stesso Arminio, che fece attaccare le
legioni da tutte le parti, anche in maniera disordinata, per poterle
completamente disorientare: i germani utilizzarono i nascondigli delle
pendici boscose, bloccarono i passaggi convogliando la battaglia verso le
paludi e le barriere montuose, sfruttarono a fondo la fitta vegetazione.
Non ci fu nulla da fare per i romani, non si salvò nessuno, neppure Varo. La
sconfitta fu talmente grande che Roma decise di abbandonare una parte della
Germania, utilizzando il Reno come confine naturale dell'impero.
Nel 14-16 Germanico volle vendicare gli sconfitti attaccando i cherusci sul
Weser, ma, nonostante i successi iniziali, fu richiamato in patria. Ormai
l'impero non aveva più le forze per organizzare grandi opere di conquista e
di espansione.
LA STRUTTURA DELL'ACCAMPAMENTO ROMANO MILITARE
L'accampamento militare (castrum) era di pianta rettangolare o quadrata con
lati lunghi circa 500 m., circondata da un fossato (fossa) profondo circa 2
m. e da un terrapieno sormontato da una palizzata (vallum), tagliati da due
strade perpendicolari, il decumanus (da est a ovest) e il cardo (da nord a
sud), al cui incrocio vi era il pretorium, la tenda del comando.
La via praetoria (dalla porta pretoria D sino alla porta decumana B) portava
al quartiere del comandante. Invece la via principalis (che andava dalla
porta A sino alla B) portava agli uffici del tribuno e del prefetto.
Il terreno veniva scelto possibilmente nei pressi di un fiume e si faceva in
modo che ogni campo disponesse di bagni, magazzini, stalle, spazi aperti per
parate e addestramenti; fuori del campo si potevano costruire anche
anfiteatri. Le tende erano in genere per otto militari; ovviamente per gli
ufficiali e i sottoufficiali erano previsti alloggi più ampi.
All'esterno i fossati erano difesi da pali acuminati conficcati verso l'alto
e inclinati in avanti. Alcune porte erano protette da torri di guardia.
Quando l'accampamento era fisso, le tende venivano sostituite da case in
muratura e il terrapieno da mura robuste (moenia).
Il soldato passava in questi accampamenti anche fino a 28 anni della propria
vita.
Poiché una legione contava circa seimila uomini, questi campi facilmente si
trasformavano in piccole città, attorno alle quali si creava una vita
collaterale, fatta di mercanti, artigiani, donne. Proprio da questi
insediamenti nacquero importanti città come p.es. Torino, Verona, ma anche
Chester, York in Inghilterra, ecc.
L'ALIMENTAZIONE DEGLI ANTICHI ROMANI
Fino a sera i Romani mangiavano solo poche cose, rapidamente.
La cena era il pasto più importante per loro. I ricchi, infatti,
cominciavano la cena alle tre del pomeriggio, andando avanti sino al calar
della notte. Ogni convitato stava steso sul letto da pranzo e prendeva le
pietanze con le mani. Durante i banchetti, gli invitati ricevevano offerte
di cibo da portare con sé a casa.
I poveri, dal momento che non avevano un posto nelle loro insulae dove
cucinare i loro alimenti, si nutrivano nelle taverne, dove i ricchi non
andavano mai.
La taverna era la sala da pranzo del povero, vi aleggiavano odori pesanti ed
era possibile ordinare un bicchiere di vino miscelato con acqua bollente,
salsicce all'aglio, piselli fritti o bolliti, pane plebeo. Bastavano due
assi per poter mangiare in ogni momento del giorno, oppure per portare a
casa dei piatti preparati. La plebe romana e gli schiavi trovavano qui il
loro unico pasto caldo della giornata.
I principali alimenti dei romani erano radici, cipolle, cavoli, lattuga,
porri tritati, fave, ceci, lupino, sesamo e cereali.
Con il frumento facevano semole e farina, spesso consumate sotto forma di
pappe.
Il pane non veniva impastato tutti i giorni e assomigliava a delle gallette.
Si mangiava spesso pesce di mare conservato sotto sale. La carne, rara, era
riservata ai ricchi e a quelli che potevano cacciare.
I Rromani non apprezzavano ciò che crocchiava sotto i denti.
Preferivano vivande bollite e morbide, budini, cibi tritati accompagnati da
molta salsa.
Andavano pazzi per le erbe aromatiche e per il pepe e le spezie.
Aggiungevano dappertutto del garum, un tipo di salsa a base di pesce
fermentato. Senza questo, del resto, le semplici focacce di cereali o di
lupino sarebbero state davvero insipide!
IL BANCHETTO
Banchetto quale imago mundi: a tutti gli effetti, i riti della tavola nel
mondo antico ci appaiono come rispecchiamento di una personale
rappresentazione del mondo. Anche il numero degli invitati è sottoposto ad
una intenzionale euritmia: non meno delle Grazie, non più delle Muse, vale a
dire da tre a nove.
Il gesto più ovvio della sussistenza discopre gradatamente pretestuose
complicanze e si rivela codice simbolico incentrato su prestabiliti ritmi,
cifre, superstizioni e soprattutto angosce.
Le abitudini conviviali dei romani fanno parte di quel quotidiano perduto
che effonde radici nel meraviglioso, perciò una ricostruzione dei riti
legati al cibo, oltre ad essere territorio della storia sociale, si
configura come contributo della storia della mentalità.
A tavola, ciascuno continua ad essere più che mai ciò che è: le
sollecitazioni aspre, piccanti, dolci o salate, offerte al palato, sembrano
confacenti agli umori del corpo, tanto da esaltarne i temperamenti.
Nessuna sospensione delle personali convinzioni filosofiche da parte di
certi commensali, pertanto, come attesta Gellio, l'aristotelico pervicace
non perderà nemmeno a tavola l'occasione di professare la propria dottrina,
comprovando, mediante le parole dell'autorevole maestro, il danno arrecato
al fisico dall'acqua gelata.
D'altra parte la mensa e l'assunzione del cibo sono ascrivibili alla sfera
del sacro; poiché ogni pasto è una cerimonia, nulla deve profanare o
interrompere il suo svolgersi.
Anche i discorsi negativi devono essere evitati o almeno prontamente
esorcizzati: "Incendia inter epulas nominata aquis sub mensam profusis
abominamur" (Plinio, Naturalis historiae libri, XXVIII, 26) Così l'aver
parlato di incendi, può essere scongiurato versando acqua sotto il tavolo.
Senza contare i pessimi auguri determinati dal fatto di spazzare il
pavimento, quando qualcuno si allontana dal banchetto, o di togliere il
portavivande, mentre un commensale sta bevendo: "Recedente aliquo ab epulis
simul verri solum aut bibente conviva mensam vel repositorium tolli
inauspicatissimum iudicatur". (Plinio, ibidem).
Nel contesto della mensa alcuni oggetti assumono valenze magiche, perciò,
prima di accostarsi alla tavola, vige l'usanza di togliersi anelli e
cinture, che simboleggiano i cerchi magici a delimitazione degli spazi
posseduti dalle presenze demoniache. Le lucerne non devono essere spente a
conclusione del pasto, per non disperdere la sacralità del fuoco. Scopae è
strumento bivalente: purifica, ma allo stesso tempo rischia di allontanare i
geni protettori della casa. Oltre tutto gli avanzi servono da nutrimento
alle anime dei morti e nei tempi più antichi i resti del cibo erano portati
in offerta sulle tombe. Nella dimensione simbolica del dono si spiega dunque
la rappresentazione musiva pavimentale di certe nature morte, che effigiano
proprio gli avanzi.
Molte delle credenze romane affondano le loro radici in paure talmente
profonde, ma inconsciamente condivisibili da parte dell'animo umano, da
essere tramandate anche a distanza di secoli. Ad esempio, l'avvertenza di
sminuzzare sempre i gusci delle uova, dopo averle consumate, ha un singolare
rispecchiamento in un timore superstizioso diffuso in alcuni paesi
dell'Italia:
agli inizi del XX sec., si attribuiva alle "streghe" il sinistro potere di
compiere malie proprio con i gusci delle uova.
Ogni gesto dell'uomo romano aspira a stabilire una perfetta armonia con le
forze del cosmo, pertanto le sale tricliniari devono essere ubicate in modo
da seguire un corretto orientamento rispetto al sole: esposte ad ovest
d'inverno,
per sfruttare la luce pomeridiana; rivolte ad est in primavera e autunno,
per catturare i raggi diretti del sole nascente e risultare perciò temperate
al momento del pranzo; posizionate a nord in estate, allo scopo di offrire
frescura e piacevolezza ai commensali. "Triclinia verna et autumnalia ad
orientem; tum enim praetenta luminibus adversus solis impetus progrediens ad
occidentem efficit ea temperata ad id tempus, quo opus solitum est uti.
Aestiva ad septentrionem, quod ea regio, non ut reliquae per solstitium
propter calorem efficiuntur aestuosae, ea quod est aversa a solis cursu,
semper refrigerata et salubritatem et voluptatem in usu praestat" (Vitruvio,
De architectura, VI, 4, 2).
LA TAVOLA
La mensa possiede altresì una valenza estetica: alcuni hanno l'abitudine di
allestire il triclinio in una galleria di quadri, altri in un deposito della
frutta: "quod spectaculum datur ab arte, cur non quod natura datum utantur
in venustate disposita pomorum" (Varrone, De re rustica, I, 59, 2). Nessuna
meraviglia se certi ospiti si servono di ciò che la natura offre in una
bella esposizione di frutta, anch'essa vera e propria opera d'arte, per
rallegrare gli animi dei convitati. A volte una pioggia di petali di fiori
cade dall'alto, mentre dal pavimento esala l'aroma dell'infuso di verbena.
L'attenzione nei confronti dei profumi e delle spezie odorose è oltretutto
da intendersi come codice comunicativo della familiarità oppure
dell'inimicizia.
Il sistema alimentare costituisce una pratica culturale, che sottolinea le
disparità su piccola o grande scala, e dunque svela le ineguaglianze sociali
oppure etniche. Ad esempio l'intolleranza dei Romani, nei confronti dei
barbari, si estrinseca persino nell'avversione verso il loro modo di
cucinare, per via dello sgradevole odore di burro rancido, largamente
impiegato dai Germani. La negazione del "diverso" appare marcata anche in
termini olfattivi perché, a seconda dei casi, il pranzo può rappresentare
l'espressione
oppure l'antitesi del proprio mondo.
La tavola è assimilata all'ara sacrificale e alla terra feconda, in quanto
offre i cibi e tale prerogativa la rende in grado di riunificare le forze
spirituali che rischiano di disperdersi o che si contrastano. Il 22 febbraio
si svolgono le Caristia, feste istituite per ristabilire la concordia
nell'ambito
dei nuclei familiari e proprio per questo riservate solo ai parenti più
stretti, durante le quali si celebra il banchetto sacro: "Convivium etiam
sollemne maiores instituerunt idque Caristia appellaverunt" (Valerio
Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri, II, 1, 8) .
Peraltro la tavola è posta al centro della sala, in quanto rispecchia la
credenza nella centralità della terra rispetto all'intero universo. Si
stabilisce in tal modo una fitta rete di parallelismi tra micro e macro
cosmo. L'esempio più eclatante è documentato dalla cena di Trimalcione, per
la quale il cuoco ha allestito una ricostruzione delle costellazioni
celesti, ponendo ogni cibo in analogia con le prerogative dei diversi segni
zodiacali: "Rotundum enim repositorium duodecim habebat signa in orbe
disposita, super quae proprium convenientemque materiae structor imposuerat
cibum" (Petronio, Satyricon, 35, 2).
Quadranti magici proteggono le mense più antiche e sulle focacce di farro,
adibite al medesimo uso dei piatti, si tracciano le linee corrispondenti
alle ripartizioni del cielo: simbolici cardo e decumano di un piccolo
possesso spaziale. Eppure, quando la fame urge e non c'è più nulla da
consumare anche le mense sono addentate, come racconta Virgilio, a proposito
dei Troiani appena sbarcati sulle coste laziali: Consumptis hic forte aliis,
ut vertere morsus / exiguam in Cererem penuria adegit edendi / et violare
manu malisque audacibus orbem / fatalis crusti patulis nec parcere quadris"
(Virgilio, Aeneis, VII, vv.112-115).
Col passare dei secoli, i rituali divergono rispetto alla sacralità delle
origini e il banchetto diviene occasione per trasformarsi in teatro della
crudeltà, come testimonia Elio Lampridio nella biografia di Antonino
Eliogabalo. L'imperatore fa sedere i commensali di bassa condizione su
cuscini pieni d'aria, che sono improvvisamente sgonfiati, in modo da
costringere l'ospite a mangiare sotto il tavolo, oppure ai suoi parassiti
imbandisce una cena con cibi fatti di cera, di legno, di avorio o di altri
materiali, riproducenti alla perfezione le vivande che egli stesso assapora
e, parossismo della beffa, obbliga i malcapitati a lavarsi le mani tra una
portata e l'altra: "Parasitis in secunda mensa saepe ceream cenam, saepe
ligneam, saepe eburneam, aliquando fictilem, nonnumquam vel marmoream vel
lapideam exhibuit, ita ut omnia illis exhiberentur videnda de diversa
materia, quae ipse cenabat, cum tantum biberent per singula fercula et
manus, quasi comedissent, lavarent" (Elio Lampridio, Antoninus Heliogabalus,
25, 9)
FONTI LATINE
La parca mensa del contadino (Virgilio, 1 Egloga vv. 80-82)
"...sunt nobis midia poma castaneae molles et pressi copia lacti".
La misura nel mangiare e nel bere (Celso)
"...cibus e salsamentis oleribus, similibusque rebus melius incipit, tum
caro assumendo est quae assa optima, aut elixa est. Condita omnia duabus de
causis inutilia sunt: quoniam et plus propter dulcedinem assumitur et tamen
aegrius conquitur; seconda mensa bono stomacho hihil nocet, in imbecillo
coacescit. Post multas potiones, quae aliquantum sitim excesserunt, nihil
edendum est. Ubi expletus esy aliquis facilius concoquit si quid assunsit,
potione aquae frigidae includit, tum panlisper invigilat, deunde bene
dormit. Si quis interdim se impluvit, post cibum neque frigori, neque
aestui, neque labori se debet committere".
Un detto proverbiale
(da una satira di Orazio)
"Ab ovo usque ad mala".
Doveri della contadina
(M. Porcio Catone, De agricoltura)
"Vilicae quae sunto officia, curato faciat. Ne nimium luxuriosa sit. Ad
cenam neque eat neve ambulatrix sit. Munda sit, focum purum circudersum
cotidie, priusquam cubitum eat, habeat. Kalendis, Idibus, Nonis, festus dies
cum erit, coronam in focum iudat, per eosdem dies Lari familiari procopia
supplicet. Cibum familiae curet uti coctum habeat, gallinas nmltas et ova
uti habeat. Píra arida, sorba, ficos, uvas passas, sorba in sopra et pira et
uva in doliis et mala strutea, uvas in venaciis et in urceis in terra
obrutas et nuces prenestinas recentes in urceo in terra obrutas habeat. Mala
Scantiana in doliis et alia quae condi solent et silvatica, haec omnia
quotannis diligenter uti condita habeat. Farinam bonam et far sustile sciat
facere ".
Le triglie costano care
(Giovenale, Satira XI)
"Etiam quum piscis emetur, tibi gobio tantum ne mullum, cum sit in loculis".
Il banchetto alla reggia di Didone (Virgilio, Eneide, dal libro 1°, versi
scelti)
"Dant manibus formuli, lymphas Cererenique canistris expediunt tonsisque
ferunt mantelia villis. Quìnquaginta intus famulae, quibus ordine longam
cura penum struere et flaminis adolere penatis; Centum aliae totidemque
pares aetate ministri, qui dapibus mensas onerent et pocula ponant...
Postquam prima quies opulis mensaeque remotae crateras magnos statunvit et
vina coronant. It strepitus tectis vocemque per ampli volutant atria,
dependent lychini laquearibas aureis incensi et noctem flammis funalia
cincunt. Hic regina...implevit mero pateram... tum facta silentia tectis...
Juppiter... lume laetum Tyriis diem...Troiaque profectis esse velis
nostrasque huius memínisse minores Adsit laetitiae Bacchus dator et bona
June; et vos coetum, Tyrii, celebrate faventes".
"...odio i lussi persiani..."
(Orazio, Ode I, n. 38)
"Persicos odi, puer, adparatus, displicent nexae philyra coronae... Simplici
myrto nihil adlabores sedulus curo, neque te ministrum dedect myrtus neque
me sub arta vite bibentem".
"Quando si ha fame si mangia anche il piatto"
(Virgilio, Eneide, libro VII)
"Aenas primique duces et pulcher Julus corpora sub ramis deponunt arboris
altae, institueruntque dapes ed adorea liba per herbam subiciunt epulis (sic
Juppiter ipse monebat) et Cereale solum pomis agrestibus augent. Consumptis
hic forte aliis, ut vertere morsus exiguam in Cererem penuria adegit edendi,
et violare manu malisque andacibus orbem fatalis crusti patulis nec parcere
quadiis:
- Heus, etiam mensas consumimus - inquit Julius, nec plura, adludens ".
( ) non leggere le parole tra parentesi, in quanto si riferiscono ad episodi
precedenti o posteriori al brano.
"...abbiamo mele mature, castagne dolci ed abbondanza di cacio".
"Il pranzo comincia meglio dalle salse, dai legumi e simili cibarie, poi si
deve mangiare la carne che è ottima arrostita o lessata. Tutti gli aromi
sono inutili per due ragioni: perché si mangia di più a causa della
saporosità e perché più a fatica si digerisce. La seconda portata per nulla
nuoce ad uno stomaco buono, produce acidità nel debole. Dopo molte bevande
che hanno alquanto tolto la sete non si deve mangiar nulla. Quando uno è
sazio più facilmente digerisce se ha preso qualche pozione, se chiude con
una bevanda di acqua fresca, allora per un po' sta sveglio, poi dorme bene.
Se uno durante il giorno si è abbuffato, dopo il cibo non devesi esporre né
al caldo né al freddo né alla fatica".
"Dall'uovo alle mele"(cioè da principio del pranzo alla frutta, ossia dal
principio alla fine).
"Fa in modo che la contadina adempia ai suoi doveri. Non sia troppo
spendacciona. Non vada a cena fuori, e non sia gironzolona. Sia pulita,
lasci ogni giorno il focolare pulito e accuratamente spazzato prima di
andare a letto. Alle calende, alle idi e alle none, quando sarà festa, metta
una corona sul focolare e in quei giorni sacrifichi al Lare familiare
secondo le possibilità. Si preoccupi di tener pronto il cibo per tutta la
famiglia. Abbia molte galline e molte uova. Tenga in serbo pere, sorbe,
fichi, uva passa, sorbe nel mosto cotto, pere e uva nei vasi, e mele
cotogne, uva in vinacce conservata in orci sotterrati e noci prenestine
dell'annata conservate in un orcio sotterrato. Quanto alle mele scanziane
(di una zona della Campania) alle selvatiche ed alle altre che si devono
conservare nei vasi, abbia cura ogni anno di metterle in conserva con
diligenza. E sappia fare la farina buona e il farro sottile".
"Anche quando compri il pesce non bramar la triglia se nel borsellino hai
soltanto un ghiozzo".
"I servi danno l'acqua alle mani, porgendo tovaglioli finissimi, e tolgono
dai cesti il pane. Nell'interno lavorano cinquanta ancelle, cui spetta
preparare con ordine la lunga serie dei cibi e onorare i Penati bruciando
primizie. Altre cento fanciulle e cento valletti di pari età assicurano il
servizio alle mense, portando i cibi in tavola, disponendo le coppe e
versando da bere.
Appena finito il banchetto, i valletti levarono i cibi dalle mense e vi
posero quindi vasi colmi di vino sino all'orlo. Il palazzo rimbomba di
gioioso strepito e i convitati fan risuonare le voci per le stanze spaziose;
lampade accese pendono dai soffitti dorati, le fiamme delle torce vincono la
notte. Allora la regina chiede di riempire di vino la coppa e si fa dovunque
silenzio: Giove (dice) consenti che questo giorno sia lieto per i Tiri e per
gli esuli troiani, che i nostri discendenti ne serbino memoria. Ci assistano
Bacco, creatore di gioia, e Giunone e voi cartaginesi con animo lieto
celebrate il convito!"
"Odio i lussi persiani, mi urtano le corone intessute con fili di tiglio.
Non m'importa che tu t'affatichi solerte ad aggiungere qualche cosa al
semplice mirto, né a te che mesci sconviene il mirto né a me che bevo sotto
un alto pergolato".
"Enea, i capi supremi e il bello Julo distendono i corpi sotto i rami di un
alto albero e preparano i cibi e mettono sull'erba focacce di grano come
fossero tavole (così Giove stesso consigliava) e i deschi fatti di cereali
colmano di frutta. Consumati qui (per caso) quei cibi, allorché la penuria
del mangiare li spinse a volgere i morsi sui sottili piatti disseccati,
fatti con acqua e farina e a spezzare con la mano (e con audaci malizie)
l'orlo del pane (fatale) e a non risparmiare i grossi pezzi:
-"Ahimè, noi mangiamo anche le mense - disse Julo, scherzando e poi tacque".
IL RITO DEL CUOCO
Il rito del pasto ha dunque una sua valenza spettacolare che Eliogabalo ha
enfatizzato all'eccesso, perché osservare chi mangia o chi è impedito a
farlo equivale ad assistere alla messa in scena di certe passioni, avidità,
bramosie, incontinenze e persino impudicizie. Ma per la verità nel pasto si
esalta anche un'altra valenza spettacolare che ha alle spalle un regista
chiamato cuoco, sopraffino prestigiatore di sostanze, forme, profumi e
colori.
Gli antichi romani non hanno un cuoco fisso alle loro dipendenze, ma lo
affittano in base alle esigenze. Le modalità di contrattazione, che si
svolgono al mercato, sono vivacemente descritte in una commedia di Plauto:
Pseudulus. Non manca, in questo caso, una parodia della sacralità, perché
Plauto sa ben smascherare, grazie alle parole del cuoco millantatore, la
paradossale ossessione di voler rispecchiare nei comportamenti degli dei
ogni passione umana.
CUOCO: Appena tutte le casseruole bollono, le scoperchio; e l'odore sale in
cielo con i piedi a bilanciere.
BALLIONE: L'odore con i piedi a bilanciere?
CUOCO: Che stupido! mi sono imbrogliato.
BALLIONE: E allora?
CUOCO: Con le braccia a bilanciere, volevo dire; con quell'odore Giove ci fa
banchetto ogni giorno.
BALLIONE: E se tu non cucini, come fa a mangiare Giove?
CUOCO: Va a letto senza cena.
(Plauto, Pseudulus, Atto III, scena 2^, vv.840-846, a cura di G. Augello,
UTET, Torino, 1968)
Virtuosi della cucina, i cuochi dell'età imperiale sanno manipolare così
bene le materie prime, da poterle servire in tavola sotto l'apparenza di
cibarie sempre diverse. L'ospite ignaro corre il rischio di mangiare zucca
per antipasto, per primo piatto, per secondo, terzo e dessert. Ricavate
dalla zucca sono infatti le lenticchie, i funghi, i pesci e persino la coda
di tonno: "Hinc exit varium coco minutal, / ut lentem positam fabamque
credas; / boletos imitatur et botellos, / et caudam cybii brevesque maenas"
(Marziale, Epigrammata, XI, 31, vv. 11-14).
Eppure, tra tanta passione per il cibo, non manca un invito al
vegetarianesimo d'ispirazione pitagorica, invito dettato soprattutto da una
forma di rispetto nei confronti degli altri esseri viventi, che meritano
d'essere
risparmiati, vista la profusione di messi e frutta a disposizione dell'uomo:
"Parcite, mortales, dapibus temerare nefandis / corpora! sunt fruges, sunt
deducentia ramos / pondere poma suo tumidaeque in vitibus uvae; / sunt
herbae dulces, sunt, quae mitescere flamma / mollirique queant, nec vobis
lacteus umor / eripitur nec mella thymi redolentia flore; / prodiga divitias
alimentaque mitia tellus / suggerit atque epulas sine caede et sanguine
praebet" (Ovidio, Metamorphoseon, XV, vv. 75-82).
Un invito tuttavia disatteso dai più, che invece fanno a gara per gustare le
prelibatezze offerte dagli animali esotici o pregiati: pavone di Samo,
francolino di Frigia, ostriche, murene, gru ed altri, copiosamente citati
nei testi di Orazio, Apuleio o Plinio.
Ma in epoca tardo-imperiale l' eccessiva frollatura della carne, il suo
consumo quotidiano e l'abuso d'aceto costituiscono una minaccia per una
dieta sana, così come la cottura dei cibi nelle pentole di piombo; molti
nostalgici del tempo antico notano infatti che le abitudini mangerecce si
sono progressivamente trasformate in analogia con altri pericolosi stravizi.
Se è vero che ogni testo si presta a molteplici livelli interpretativi e
fornisce indizi di vario grado, persino il De re coquinaria di Apicio non si
configura unicamente quale accattivante manuale di gastronomia, ma è
interpretabile anche come specchio della realtà sociale, che consente di
recepire, attraverso le sofisticate evoluzioni del gusto, la progressiva
implosione del sistema romano: nell'ossessione della tavola si consuma
l'esistenza
di chi vuole fagocitare la vita nello stesso momento in cui ingurgita cibo.
E veramente un'intera civiltà precipita nella voragine di quella grande
gola, "peragrantis gulae", che va per il mondo alla ricerca dei sapori e
disprezza ciò che è facilmente raggiungibile: "per luxum animi parata atque
facilia fastidientis per inprobam satietatis lasciviam"(Gellio, Noctes
Atticae, VI, 16, 6).
COME SI CUCINA IL CINGHIALE
M. Gavio Apicio, vissuto nel I secolo sotto Tiberio, consumò in gozzoviglie
la maggior parte del suo ricchissimo patrimonio e finì per uccidersi nel
timore di non poter più accontentare la sua gola come avrebbe desiderato.
Ci lasciò però un trattato, De re coquinaria giuntoci rimaneggiato), che ha
interessanti ricette.
1) Aper ita conditur: spongiatur, et sic aspergitur ei sal et cuminum
frictum, et sic manet. Alia die mittitur in furnum. Cum coctus fuerit,
perfunditur piper tritum, mel, liquamen et passum
2) Aliter in apro: aqua marina cum ramulis lauri aprum elixas quousque
madescat. Corium ei tolles. Cum sale, sinapi, aceto inferes.
3) Aliter in apro: teres piper, ligusticum, origanum, bacas myrtae
exenteratas, coriandrum, cepas; suffundes mel, vinum, liquamen, oleum
modice; calefacies, amulo obligas. Aprum in furno coctum perfundes. Hoc et
in omne genus carnis ferinae facies.
4) In aprum assum iura ferventia facies sic: piper, cuminum frictum, apii
semen, mentam, thymum, satureiam, cneci flos, nucleos tostos, vel amygdala
tosta, mel, vinum, liquamen, acetum et oleum modice.
5) Ius frigidum in aprum elixum: piper, ligusticum, cuminum, anethi semen et
thymum, origanum, silfi modicum, erucae semen plusculum, suffundes merum,
condimenta viridia modica, cepam, ponticas, vel amygdala fricta, dactylum,
mel, acetum, merum modícum, liquamen, oleum.
6) Aliter ius in apro: teres piper, ligusticum, origanum, apii semen,
laseris radícem, cuminum, feniculi semen, rutam, liquamen, vinum passum;
facíes ut ferveat; cum ferbuerit, amulo obligas; aprum intro foras tanges et
inferes.
Le carni costituivano il piatto forte della cucina dei ricchi romani. La
selvaggina poi era sempre una cosa ghiotta. La si cucinava spesso appena
cacciata, con salse e spezie piccanti. Ecco alcune delle ricette, che Apicio
ci tramanda, per gustare il cinghiale.
1) Il cinghiale si cucina così: si lava con una spugna, lo si cosparge di
sale e di cumino abbrustolito e così lo si lascia. Il giorno dopo si mette
in forno. Una volta cotto, lo si cosparge di miele, salsa (fatta di pesce) e
vin santo.
2) Altra ricetta: lessa il cinghiale in acqua marina con ramoscelli di
lauro, finché si imbeva tutto. Toglierai la cotenna e lo porrai in tavola
con senape, sale e aceto.
3) Altra ricetta per il cinghiale: triterai pepe, ligustro, origano, bacche
di mirto sgusciate, coriandolo, cipolle; versaci sopra miele, vino salsa (di
pesce), non necessariamente olio; scaldalo e legalo con amido. Versa il
tutto sul cinghiale cotto al forno. Farai questo per ogni genere di
selvaggina.
4) Per il cinghiale arrosto farai questa salsa bollente con pepe, cumino
arrosto, seme di sedano, menta, timo, santoreggia, fiore di cartamo, semi
tostati, mandorle tostate, miele, vino, salsa (di pesce) poco olio e aceto.
5) Salsa fredda per cinghiale bollito: pepe, ligustro, cumino, seme di
aneto, timo, origano, un po' di silfo (?), un po' di seme di ruga, verserai
dentro un po' di "odori", cipolla, nocciole o mandorle tostate, datteri,
miele, aceto, salsa (di pesce), olio.
6) Altra salsa per il cinghiale: triterai pepe, ligustro, origano, seme di
sedano, radice di laserpizio (?), cumino, seme di finocchio, ruta, salsa (di
pesce) vin santo; fai bollire il tutto. Quando sarà bollito legalo con
amido. Bagna il cinghiale di fuori e di dentro.
LA SALATURA
(Catone, De Agricultura, 162, 1-3)
Pernas sallire sic oportet in dolio aut in seria. Cum pernas emeris, ungulas
earum praecidito. In fundo dolii aut seriae sale sternito, deinde pernam
ponito et sale obruito totam. Deinde alteram insuper ponito, eodem modo
obruito. Caveto ne caro carnem tangat. Ita omnes obruito. Ubi iam omnes
composueris, sale insuper obrue, ne caro appareat; aequle facito. Ubi iam
dies quinque in sale fuerint, eximito omnes cum suo sale. Quae tum summae
fuerint, imas facito eodemque modo obruito et componito. Post dies omnino
duodecim pernas eximito et salem omnem detergeto et suspendito in vento
biduum. Die tertio extergeto spongea bene, perungito oleo et aceto commixto,
suspendito in carnario. Nec tinia nec vermes tangent.
I cosci devono così essere salati nella botte o nel vaso.
Prese le zampe taglia le unghie; (metti) mezzo moggio di sale romano
(salgemma) pestato in ciascun (coscio).
In fondo alla botte o al vaso spargi il sale, quindi posaci il coscio, la
pelle rivolta all'ingiù, lo coprirai tutto di sale. Quindi poserai sopra un
altro prosciutto, nello stesso modo lo coprirai, guarda che la carne non
tocchi la carne. Così li coprirai tutti. Quando già tutti li avrai riuniti,
metti sopra il sale, così che la carne ne sia coperta: pareggialo.
Quando saranno stati cinque giorni nel sale li toglierai tutti con il loro
sale, quelli che erano in alto li metterai in basso e allo stesso modo li
coprirai di sale e li metterai a strati. Dopo dodici giorni togli i cosci e
ripuliscili dal sale e per due giorni appendili all'aria. Il terzo giorno
pulisci bene con una spugna, ungi di olio ed appendili ad affumicare. Il
terzo giorno staccali, ungili bene di olio e aceto mescolati, e appendili
nella dispensa della carne: non li toccheranno più né la muffa, né i vermi.
ALCUNE RICETTE DELL'ANTICA CUCINA ROMANA
Cucina dè Roma
Ricette di casa nostra
per tutti i buongustai...
Abbiamo creato questo ricettario per far conoscere la tradizione
culinaria Romana e far apprezzare le ricette in esso contenute
cucinate da noi quotidianamente.
A presto e...Buon Appetito !!!!
A chi può far piacere inviare commenti, consigli, altre ricette romane e
per ulteriori spiegazioni mettiamo a disposizione una casella email
Bucatini alla Amatriciana
Ingredienti per 4 persone
bucatini gr.400
guanciale affumicato gr.100
pancetta tesa gr.40
6 pomodori ( maturi )
pecorino romano
sale, pepe
cipolla
olio d'oliva
vino
Vino consigliato: 40/45 minuti
Tempi di preparazione: rosatello Cerveteri
PREPARAZIONE: Tagliare a fettine fine mezza cipolla, tagliare a cubetti sia
il guanciale che la pancetta, lavare i pomodori e asciugarli, quindi
tagliarli a pezzi. COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura
della pasta. In un tegame mettere un po' d'olio di oliva e far scaldare
bene, aggiungere la cipolla e far imbiondire, quindi aggiungere il guanciale
e la pancetta, lasciare appena scottare versare 1/4 di bicchiere di vino
bianco e far evaporare. Regolare di sale e aggiungere un pizzico di pepe,
mescolare bene il tutto con un cucchiaio di legno che sarà lasciato dentro
la pentola durante tutta la cottura, coprire con il coperchio. N.B. Il sugo
deve cuocere a fuoco basso per circa 30 minuti. Scolare i bucatini e
aggiungerli al sugo insieme al pecorino romano. Servire nei piatti e ..
BUON APPETITO!!!
Spaghetti (o rigatoni) alla carbonara
Ingredienti per 4 persone
spaghetti o rigatoni gr.400
guanciale o pancetta di maiale gr.120
3 uova, sale, pepe
cipolla
pecorino romano gr. 100
Vino consigliato: 30 minuti
Tempi di preparazione: bianco di Frascati
PREPARAZIONE: Tagliare la pancetta a dadini, sbattere le uova e aggiungere
sale, pepe e un po' di pecorino grattugiato. Tagliare la cipolla a fettine
fine. COTTURA:Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta.
Pochi minuti prima di calare la pasta, in un tegame mettere l'olio di oliva
a scaldare aggiungere la cipolla e far imbiondire e poi anche la pancetta a
rosolare. Scolare la pasta, versarla nel tegame, aggiungere SUBITO le uova
sbattute e amalgamare velocemente il tutto.Servire nei piatti ben caldo e
aggiungere altro pecorino grattugiato a piacere . BUON APPETITO!!!
Spaghetti cacio e pepe
Ingredienti per 4 persone
spaghetti gr. 400
pecorino romano gr. 200
una noce di burro
sale, pepe
Vino consigliato: 40/45 minuti
Tempi di preparazione: bianco Marino
PREPARAZIONE E COTTURA: Cuocere gli spaghetti, scolarli non completamente
lasciandoli leggermente brodosi. Aggiungere la noce di burro abbondante
pecorino romano grattugiato e pepe. Amalgamare il tutto e...BUON APPETITO!!!
Spaghetti aglio, olio e peperoncino
Ingredienti per 4 persone
spaghetti gr. 400
aglio, olio, sale
peperoncino
prezzemolo fresco
Vino consigliato: bianco Frascati
Tempi di preparazione: 15/20 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura
della pasta. 6/7 minuti prima di scolare la pasta mettere in un tegame
l'olio, l'aglio e peperoncino ad imbiondire scolare gli spaghetti e versarli
nel condimento, girare bene e aggiungere il prezzemolo.
BUON APPETITO!!!!
Tagliatelle alla carrettiera
Ingredienti per 4 persone
tagliatelle gr. 400
funghi secchi gr. 40
olio d'oliva
aglio
ventresca di tonno gr. 100
peperoncino
pomodoro gr. 500
Vino consigliato: bianco Frascati
Tempi di preparazione: 30/35 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Mettere i funghi secchi a bagno in acqua tiepida per
farli rinvenire e poi scolarli con un passino. Portare ad ebollizione la
pentola per la cottura della pasta. In un tegame mettere l'olio a scaldare
aggiungere l'aglio tagliato a fette non troppo piccole e far imbiondire,
aggiungere i funghi poi il tonno, il peperoncino, il pomodoro e regolare di
sale. Lasciare restringere bene. Scolare la pasta e aggiungerla al
condimento.
Servire subito e... BUON APPETITO!!!
Fettuccine alla papalina
Ingredienti per 4 persone
fettuccine larghe gr. 400
prosciutto crudo gr. 100
burro gr. 100
panna gr. 50
cipolla
piselli 125 gr.
parmigiano gr. 100
2 uova
olio, sale, pepe
Vino consiglito: bianco Ariccia
Tempi di preparazione:
PREPARAZIONE: Tagliare a striscette il prosciutto, tagliare a fettine fine
la cipolla, sbattere le uova con un pizzico di sale. Grattugiare il
parmigiano.
COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. In un
tegame far sciogliere il burro, aggiungere la cipolla, il prosciutto a
striscette, i piselli e anche le uova sbattute, unire il parmigiano
grattugiato, regolare di sale e pepe fino a formare una salsa compatta.
Aggiungere la panna. Scolare la pasta e amalgamarla nel tegame con il
condimento.
BUON APPETITO!!!
Fettuccine alla Ciociara
Ingredienti per 4 persone
fettuccine gr. 400
sugo di carne in umido
prosciutto crudo gr. 100
funghi gr. 70
piselli 1 scatola
olio, aglio, sale, pepe
parmigiano
grattugiato q.b.
prezzemolo fresco
Vino consigliato: bianco di Colleferro
Tempi di preparazione: 40/45 minuti
PREPARAZIONE: Tagliare a striscioline il prosciutto crudo. In un pentolino
mettere l'olio e il prosciutto a far rosolare, aggiungere i piselli e far
cuocere per 15/20 minuti.
*In un altro tegame far rosolare 1 spicchio d'aglio con un po' d'olio
aggiungere i funghi e far cuocere per 15/20 minuti.
Salare a piacere e grattugiare il parmigiano.
COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. Una
volta cotti aggiungere i funghi ai piselli e del sugo in umido preparato
precedentemente. Scolare la pasta e aggiungerla al condimento e mantecare il
tutto. Aggiungere il parmigiano grattugiato e una spruzzata di prezzemolo
fresco.
BUON APPETITO!!!
*N.B. Lo spicchio d'aglio va tolto prima della fine della cottura dal
pentolino con i funghi.
Pasta e fagioli
Ingredienti per 4 persone
fagioli freschi gr. 400
pasta corta da minestrone gr. 200
cotiche di prosciutto gr. 100
(in alternativa pancetta o guanciale)
pomodori maturi gr. 250 (scolati)
sedano, cipolla
prosciutto crudo gr. 50
olio, sale, pepe
Vino consigliato: Colli A lbani
Tempi di Preparazione: circa 2 ore
PREPARAZIONE E COTTURA: Far lessare i fagioli in acqua e sale per circa 1
ora e mezza. Mezz'ora prima della fine della cottura aggiungere le cotiche
tagliate a pezzi. In un tegame mettere l'olio, cipolla tritata e aggiungere
il prosciutto, il sedano a pezzetti e i pomodori e far cuocere il tutto per
20 minuti a fuoco lento aggiungere sale e pepe q.b.; aggiungere il composto
1/4 d'ora prima della fine della cottura dei fagioli. Quindi aggiungere la
pasta, far addensare e terminare la cottura. Servire caldo e ... BUON
APPETITO!!!
N.B. A seconda dei gusti aggiungere parmigiano o pecorino grattugiati.
Pasta e ceci
Ingredienti per 4 persone
ceci secchi gr. 250
pasta corta da minestrone gr. 250
pomodoro gr. 100 (scolati)
olio, sale, pepe
rosmarino, aglio
PREPARAZIONE: Mettere a bagno i ceci una notte prima in abbondante acqua
leggermente salata.
COTTURA: Mettere in una pentola 1 litro, 1 litro e mezzo di acqua e quando
bolle aggiungere sale, rosmarino, il pomodoro e l'aglio tagliato a fettine
ed i ceci. Far cuocere il tutto per circa 1 ora, aggiungere quindi la pasta
e terminare la cottura.
BUON APPETITO!!!
N.B. a chi piace può fare un soffritto con della pancetta a dadini, un po'
di conserva di pomodoro e pepe e aggiungerlo prima di fine cottura ai ceci
insieme alla pasta.
Pasta alla checca
Ingredienti per 4 persone
farfalle gr. 400
mozzarella gr. 200
caciotta romana dolce gr. 100
4 pomodori maturi
basilico, olio d'oliva
sale, pepe
Vino consigliato: bianco frizzantino di Velletri
Tempi di preparazione: 15/20 minuti
PREPARAZIONE: Tagliare a dadini la mozzarella, la caciotta romana e i
pomodori.
COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. In un
piatto mettere la mozzarella e la caciotta romana, i pomodori, il basilico
fresco olio d'oliva, sale e pepe. Scolare la pasta e versarla nella terrina
con il condimento e mescolare bene.
BUON APPETITO!!!
N.B. Adagiare il piatto con il composto al posto del coperchio della pentola
della pasta per farlo riscaldare per tutta la durata della cottura della
pasta.
Penne alla arrabbiata
Ingredienti per 4 persone
penne gr. 400
pomodoro gr. 500
aglio, olio
prezzemolo fresco
peperoncino
Vino consigliato: rasatello di Cisterna
Tempi di preparazione: 40/45 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura
della pasta. In un tegame mettere l'olio e l'aglio, tagliato a fettine non
troppo fine ad imbiondire, aggiungere il peperoncino in abbondanza poi il
pomodoro e far cuocere per circa 30 minuti. Regolare di sale. Scolare la
pasta e versarla nel sugo ben caldo. Servire nei piatti cospargendo con
prezzemolo fresco.
BUON APPETITO!!!
Minestre con il battuto
Ingredienti per 4 persone
pancetta magra gr. 50
aglio, sedano
pomodoro gr. 100 (scolati)
prezzemolo
carota
pasta corta gr. 200
parmigiano grattugiato
Vino consigliato: bianco di Frascati
Tempi di preparazione: 30/40 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: In un tegame far colorire la pancetta a cubetti, a
fuoco basso, con uno spicchio di aglio, un cucchiaio di prezzemolo, 2 gambi
di sedano, i pomodori e 2 carote. Regolare di sale e far cuocere per 20
minuti solo alla fine aggiungere la minestra preparata in precedenza a
piacere vostro.
BUON APPETITO!!!
BREVE NOTA: il battuto e' un condimento antico che nella cucina romana
classica e' usato in quasi tutte le minestre e zuppe.
Quadrucci e piselli
Ingredienti per 4 persone
piselli gr. 300
quadrucci all'uovo gr. 300
guanciale o pancetta gr. 100
pomodoro gr. 200 (scolato)
olio, sale, pepe
Vino consigliato: bianco di Capena
Tempi di preparazione: 35/40 minuti
PREPARAZIONE:Tagliare la pancetta a dadini.
COTTURA: In un tegame mettere dell'olio a far colorire con la pancetta.
Aggiungere il pomodoro, acqua a sufficienza e far cuocere per 10 minuti.
Aggiungere i piselli scolati, sale e pepe q.b. e quando saranno cotti, dopo
circa 20 minuti, aggiungere i quadrucci all'uovo per terminare la cottura,
servire calda.
BUON APPETITO!!!
Stracciatella
Ingredienti per 4 persone
2 uova
4 cucchiai di parmigiano
1 litro di brodo
Vino consigliato: bianco di Marino
Tempi di preparazione: 30 minuti circa
PREPARAZIONE: Sbattere le uova con un pizzico di sale e aggiungere il
parmigiano grattugiato.
COTTURA: Preparare il brodo, aggiungere le uova sbattute e amalgamare molto
velocemente con un frustino. Se si preferisce, prima di aggiungere le uova,
mettere della pastina (circa gr. 200) tipo quadrucci all'uovo e soltanto
dopo aggiungere le uova.
BUON APPETITO!!!
Foto primi piatti
Foto secondi piatti
Foto contorni e dolci
Abbinamenti consigliati
Pollo con peperoni
Ingredienti per 4 persone
pollo a pezzi Kg 1
peperoni arrostiti gr. 500
salsa di pomodoro gr. 300
aglio, sale, pepe
olio d'oliva
1/2 bicchiere di vino bianco
Vino consigliato: bianco Frascati
Tempi di preparazione: 50 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: In un tegame insieme all'olio d'oliva mettere
l'aglio ad imbiondire, aggiungere i pezzi di pollo e farli rosolare.
Regolare di sale e pepe, aggiungere il mezzo bicchiere di vino bianco.
Quando sarà evaporato aggiungere la salsa di pomodoro e i peperoni già
arrostiti e tagliati a strisce.
Far insaporire per circa 15 minuti a fuoco vivace.
BUON APPETITO!!
Filetti di baccalà
Ingredienti per 4 persone
filetti di baccalà gr. 800
farina gr. 300
sale, olio d'oliva
Vino consigliato: bianco di Montecompatri
Tempi di preparazione: 30 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: In una ciotola preparare una pastella composta di
farina , acqua e sale. Mescolare con un cucchiaio di legno, deve risultare
omogenea e senza grumi. Lasciarla riposare per circa 10 minuti.
Mettere una padella con l'olio d'oliva sul fuoco a scaldare, quindi passare
i filetti di baccalà nella pastella e subito cuocerli nell'olio ben caldo.
BUON APPETITO!!!
Abbacchio o capretto arrosto
Ingredienti per 4 persone
carne di agnello o capretto Kg 1
olio d'oliva,
rosmarino, aglio
sale, pepe
patate gr.500
mezzo bicchiere di vino rosso
Vino consigliato: rosso Acilia
Tempi di preparazione: 2 ore circa
PREPARAZIONE E COTTURA: Sistemare il pezzo di carne in una teglia unta
d'olio e cosparsa sul fondo di sale, aggiungere il mezzo bicchiere di vino e
4 spicchi d'aglio ai lati della teglia, leggermente schiacciati con le mani
e con tutta la buccia. Tagliare le patate a spicchi grossi, lavarle e
asciugarle e sistemarle intorno alla carne.Condire con sale, pepe, olio,
qualche ciuffetto di rosmarino.Passare in forno a 200/220° per circa 2 ore,
finché la carne sia ben dorata (controllare di tanto in tanto la
cottura).Circa a metà cottura girare bene il tutto.
*** Anticamente si cospargeva la carne di strutto.
Abbacchio o capretto brodettato
Ingredienti per 4 persone
agnellino da latte Kg 1
prosciutto gr. 100
cipolla, sale, pepe
olio d'oliva, prezzemolo
farina, maggiorana
3 uova, vino bianco
succo di limone
Vino consigliato: Zagarolo
Tempi di preparazione: 1 ora e 30 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Far colorire a fuoco moderato la carne a pezzi in un
tegame con olio d'oliva prosciutto tagliato a dadini e mezza cipolla tritata
regolare di sale. Quando la carne sarà cotta, dopo circa 40 minuti, far
addensare unendo un cucchiaio di farina, mescolando e bagnando con mezzo
bicchiere di vino. Quando il vino sarà evaporato coprire con acqua calda,
aggiungendone ancora se si asciuga troppo, facendo cuocere a fuoco basso e
con il coperchio. Si dovrà ottenere, a cottura ultimata, una salsa densa.
Poco prima di portate in tavola versare sulla carne 2 o 3 rossi d'uovo
sbattuti e diluiti con succo di limone, prezzemolo e maggiorana tritati.
Mescolare e far addensare sempre a fuoco basso.
Servire questo piatto caldissimo.
BUON APPETITO!!!
Costolette "scottadito"
Ingredienti per 4 persone
Costolette di abbacchio
olio d'oliva
sale, pepe
un limone tagliato a spicchi
Vino consigliato: Monteporzio Catone
Tempi di preparazione: 10/15 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Allineare sulla gratella le costolette unte con un
po' d'olio e condire con sale e pepe. Farle cuocere da una parte e
dall'altra e servirle subito ancora caldissime.
N.B. Lo spicchio di limone va sistemato sul piatto.
BUON APPETITO!!!
*** Questo piatto, famoso nel Lazio, rivela più di ogni altro l'antica
origine e la semplicità della tradizione gastronomica di questa regione.
Fritto alla romana
Ingredienti per 4 persone
2 carciofi
cervella di abbacchio gr. 100
animelle d'abbacchio gr. 100
fegato di vitello gr. 100
mozzarella gr. 100
ortaggi di stagione gr. 100
olio d'oliva
farina gr. 300, sale
3 uova sbattute
Vino consigliato: Marino
Tempi di preparazione: 30/35 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Il tradizionale fritto misto alla romana è un piatto
gustoso, raffinato e variato a seconda degli ingredienti di stagione.
Gli ingredienti tagliati a pezzetti si passano prima nella farina e poi
nell'uovo sbattuto (ricordarsi di mettere il sale).
N.B. Le cervella e le animelle andranno prima pulita e bollite in acqua e
aceto.
La mozzarella può sostituire le cervella e le animelle.
I carciofi possono essere sostituiti da altri ortaggi: cavolfiori,
melanzane, filetti di zucchine, cardi, ovoli affettati.
BUON APPETITO!!!
Saltimbocca alla romana
Ingredienti per 4 persone
fettine di vitello sottili gr. 500
prosciutto crudo gr. 200
burro, salvia
sale, pepe
Vino consigliato: Cerveteri
Tempi di preparazione: 15/20 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Spianare le fettine e posare su ognuna una foglia di
salvia fresca e una fettina di prosciutto crudo che fermerete con uno
stecchino.Far colorire la carne in una padella con un pò di burro sciolto,
sale e pepe.Far cuocere a fuoco vivace per pochi minuti.
Appena la carne avrà preso colore rigirarla e disporla su un piatto.
Aggiungere al fondo di cottura un cucchiaio di acqua e una noce di burro.
Appena il burro sarà liquefatto versare la salsa sulla carne.
Servire i saltimbocca caldissimi.
BUON APPETITO!!!
Pajata in umido
Ingredienti per 4 persone
intestino di bue di vitello o agnello Kg 1
carote, sedano e cipolla
sale, vino bianco
salsa di pomodoro gr. 300
Vino consigliato: Frascati
Tempi di preparazione: 2 ore circa
PREPARAZIONE E COTTURA: La pajata è una parte dell'intestino di bue, del
vitello o dell'agnello. Tagliarla a pezzetti e legare le estremità con un
filo formando delle ciambelline. Far colorire la carne in un trito di
sedano, carote e cipolle tagliati finemente bagnarla con un bicchiere di
vino, quando il vino sarà evaporato aggiungere il pomodoro e regolare di
sale.
Far cuocere a fuoco basso per circa 2 ore aggiungendo acqua finché non si
formerà un sugo denso e saporito con il quale si potrà anche condire la
pasta.
Pasta consigliata: rigatoni.
BUON APPETITO!!!
Coda alla vaccinara
Ingredienti per 4 persone
coda di vaccina Kg 1
sedano, cipolla, carota, aglio
olio d'oliva, sale
pepe, prezzemolo
vino rosso mezzo bicchiere
salsa di pomodoro gr. 300
Vino consigliato: Velletri
Tempi di preparazione: 2 ore e 15 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Far colorire la carne in un tegame con: l'olio e un
trito di cipolla, sedano, carota, aglio e prezzemolo, tagliati finemente .
Regolare di sale e pepe. Quando la carne sarà colorita versare il 1/2
bicchiere di vino rosso e non appena sarà evaporato aggiungere la salsa di
pomodoro. Aggiungere sempre acqua e far cuocere a fuoco basso e con il
coperchio per circa 2 ore fino a che il sugo diventi denso.
BUON APPETITO!!!
Trippa
Ingredienti per 4 persone
trippa Kg. 1 (possibilmente già precotta)
cipolla, sedano, carota
mentuccia romana fresca
olio, sale, pepe
pecorino romano grattugiato
sugo d'umido gr. 300
Vino consigliato: Zagarolo
Tempi di preparazione: 40/45 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Tagliare a pezzetti la trippa già lessa, In un
tegame insieme all'olio d'oliva mettere carota, sedano e cipolla tagliate
grossolanamente e far rosolare per pochi minuti.
Quindi aggiungere il sugo in umido di carne di manzo (oppure preparato con
dei pezzi di prosciutto crudo) alla trippa, regolare di sale e pepe.
Far cuocere il tutto per circa 30 minuti a fuoco basso con il coperchio.
Servire calda con aggiunta di mentuccia romana fresca e pecorino
grattugiato.
BUON APPETITO!!!
Frittata con zucchine
Ingredienti per 4 persone
6 uova
2 zucchine
olio, sale
guanciale gr. 20
salsa di pomodoro 2 cucchiai
Vino consigliato: Colli Albani
Tempi di preparazione: 15/20 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Lavare le zucchine, asciugarle e tagliarle a fettine
sottili e farle rosolare in una padella con olio d'oliva e guanciale
tagliato a dadini. Aggiungere i 2 cucchiai di salsa di pomodoro e far
addensare.
Sbattere in una terrina le uova e condirle con sale e pepe.
Non appena la salsa sarà addensata aggiungere le uova sbattute e far cuocere
bene la frittata da entrambi i lati.
BUON APPETITO!!!
Seppie in umido
Ingredienti per 4 persone
seppie Kg. 1
salsa di pomodoro gr. 200
cipolla, aglio
prezzemolo
olio d'oliva, sale, pepe
1/2 bicchiere di vino bianco
2 alici sott'olio
Vino consigliato: Colonna
Tempi di preparazione: 45 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Sciacquare e pulire bene le seppie e tagliarle a
strisce grossolanamente. Far colorire uno spicchio di aglio in un tegame con
l'olio e mezza cipolla tritata e 2 alici fatte a pezzetti. Aggiungere mezzo
bicchiere di vino e quando sarà parzialmente evaporato, la salsa di pomodoro
e le seppie. Regolare di sale e pepe. Far cuocere a fuoco basso e con il
coperchio per 30 /35 minuti circa. A cottura ultimata il sugo dovrà
risultare denso,aggiungere il prezzemolo fresco.
BUON APPETITO!!!
Coratella con carciofi
Ingredienti per 4 persone
4 carciofi
coratella d'agnello gr. 500
olio d'oliva
sale, pepe, limone
Vino consigliato: Frascati
Tempi di preparazione: 40/45 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Tagliare a spicchi i carciofi e farli cuocere in
padella con un cucchiaio di olio d'oliva per circa 20/25 minuti. Se durante
la cottura dovessero colorirsi troppo bagnarli con un po' d'acqua. Regolare
di sale e pepe. Unire i carciofi alla coratella, che si sarà fatta cuocere a
parte con un po' olio per circa mezz'ora, ed aggiungere a fine cottura, il
sugo di mezzo limone. Far cuocere il tutto per altri 10 minuti.
Il composto dovrà risultare né troppo asciutto né troppo molle.
BUON APPETITO!!!
"Coppiette" al sugo
Ingredienti per 4 persone
polpa di manzo tritata gr. 300
aglio, prezzemolo
maggiorana, prosciutto
noce moscata, sale, pepe
grasso di prosciutto
olio d'oliva, pomodoro
uova, pan grattato
parmigiano grattugiato
Vino consigliato: Marino
Tempi di preparazione: 30/35 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Queste polpette si possono preparare con carne cruda
o con carne bollita. In entrambi i casi formare un composto di carne
tritata, grasso di prosciutto, aglio prezzemolo, maggiorana noce moscata,
mollica di pane bagnata d'acqua e poi strizzata, uova, parmigiano
grattugiato.
Formare con le mani bagnate le polpette, passarle nel pan grattato e
friggerle.
Allinearle in un tegame su uno strato di sugo d'umido i di sugo "finto",
preparato con pomodoro, cipolla, sedano, carota, brodo, sale e pepe, e far
sobbollire per qualche minuto.
BUON APPETITO!!!
Baccalà alla trasteverina
Ingredienti per 4 persone
baccalà già ammollato gr. 800
farina bianca gr.200
cipolle affettate gr. 400
1 spicchio di aglio leggermente schiacciato
1 acciuga dissalata e diliscata
1 cucchiaio di capperi sciacquati
1 cucchiaio di uvetta ammollata
1 cucchiaio di pinoli
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
olio d'oliva
1 spruzzata di succo di limone
sale, pepe
Vino consigliato: bianco dei Castelli Romani
Tempi di preparazione: 20/25 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Sciacquare il baccalà, asciugatelo e tagliatelo a
pezzi; infarinateli, scuotendo per togliere l'eccesso di farina e friggeteli
in qualche cucchiaio di olio. Quando saranno dorati e croccanti da ambo le
parti, scolateli e teneteli al caldo. Nello stesso condimento aggiungere
ancora un po' d'olio e fatevi imbiondire lo spicchio d'aglio; toglietelo,
poi appassitevi le cipolle con un pizzico di sale mettendo il coperchio.
Aggiungete quindi i capperi, l'uvetta ammollata in acqua tiepida e i pinoli;
fare sciogliere, fuori dal fuoco, l'acciuga. Ricoprire il fondo di una
teglia con questo composto e disponetevi sopra i pezzi di baccalà
irrorandoli con l'olio del sugo.
Infornare a 220° per qualche minuto, togliere la teglia dal forno,
distribuire il prezzemolo tritato, spruzzate con succo di limone e servire
subito.
BUON APPETITO!!!
*** E' una preparazione particolarmente gustosa anche senza uvetta e pinoli.
Lumache di San Giovanni
Ingredienti per 4 persone
48 lumache con il guscio
olio d'oliva
2 spicchi d'aglio
acciughe sott'olio
1 scatola di pomodori pelati da gr. 500
un pizzico di peperoncino rosso
mentuccia romana fresca
sale, pepe
Vino consigliato: Fiorano bianco
Tempi di preparazione: 5 ore
PREPARAZIONE E COTTURA: Se acquistate le lumache la preparazione è:
immergerle prima in abbondante acqua fredda, scolatele e rimettetele quindi
in un recipiente con sale grosso, aceto e un po' di farina; lasciatele
spurgare per circa 2 ore scuotendole di tanto in tanto.Lavatele ancora in
abbondante acqua ripetendo più volte il lavaggio. Scolatele, mettetele in
una casseruola, coprite con dell'acqua fredda e fate prendere l'ebollizione
a fuoco basso.
Appena le lumache usciranno dal guscio fatele cuocere per circa 8 minuti a
fuoco vivo. Scolatele e passatele sotto l'acqua fredda.
Rimettetele in una casseruola, ricopritele abbondantemente di acqua e vino
bianco in dosi uguali, aggiungetevi 8 gr. Di sale grosso per ogni litro di
liquido, delle carote tagliate grossolanamente, cipolla e degli spicchi
d'aglio e pepe in grani.Portate ad ebollizione a fuoco moderato e mantenete
la cottura per circa
2 ore / 2 ore e mezza a seconda della grandezza delle lumache.
Quando saranno cotte scolatele, togliete le lumache dal guscio, e eliminate
la parte nera che si trova all'estremità. Ponete in un tegame dell'olio e
fate soffriggere l'aglio, appena sarà dorato toglietelo, unite le acciughe e
schiacciatele con un cucchiaio di legno, aggiungere i pomodori spezzettati,
regolare di sale e pepe rigirare e far addensare leggermente la salsa, unite
la mentuccia e il peperoncino lasciate insaporire per 5 minuti, aggiungete
le lumache e lasciatele cuocere a fuoco moderato per circa 30 minuti.
Servite in tavola e ..BUON APPETITO!!!
*** Se le lumache vengono raccolte in giardino è necessario innanzitutto
spurgarle rinchiudendole per 2 / 3 giorni in un recipiente dove possa
entrare l'aria e mettendo loro a disposizione qualche foglia di insalata, un
po' di mollica di pane bagnata nell'acqua e poi strizzata.
Bruschetta alla romana
Ingredienti per 4 persone
4 fette di pane casereccio
(meglio se del giorno prima)
2 spicchi di aglio schiacciato
4 cucchiai di olio d'oliva
sale, pepe
Vino consigliato: Frascati
Tempi di preparazione: 5/10 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Fate abbrustolire da ambo le parti le fette di pane
casereccio su una graticola, poi strofinate accuratamente con gli spicchi di
aglio schiacciato, quindi adagiatele su un piatto, conditele con sale e
generoso pepe nero macinato al momento, irroratele con profumato olio
d'oliva e servitele ben calde.
BUON APPETITO!!!
Crostini filanti alle alici
Ingredienti per 4 persone
mozzarella gr. 320
burro gr. 160
alcune fette di pane casereccio
3 alici dissalate
mezzo bicchiere di latte
poco sale, pepe
Vino consigliato: Frascati
Tempi di preparazione: 30 minuti
PREPARARIONE E COTTURA: Ritagliate a fettine uniformi sia la mozzarella che
il pane, spolverizzate leggermente con una presa scarsa di sale (tenendo
conto delle acciughe salate) e di pepe macinato al momento, poi infilzatele,
alternandole su quattro spiedini di ferro badando che ciascuna fettina di
mozzarella risulti bene aderente al pezzetto di pane e terminando con
quest'ultimo ogni spiedino. Appoggiate le estremità degli spiedini sui bordi
di una teglia rotonda, in modo che rimangano sollevati dal fondo del
recipiente. Fateli cuocere poi in forno ben caldo per 20 minuti,
pennellandoli o irrorandoli con burro fuso. Quando i crostini incominceranno
ad essere dorati in modo uniforme, fate fondere dolcemente in un tegamino il
burro rimasto con tre filetti di acciuga dissalati e sminuzzati. Lasciate
sciogliere bene, a calore basso, rigirando con il cucchiaio di legno, poi
diluite il composto con mezzo bicchiere di latte caldo. Date un'ultima
mescolata alla saletta, quindi versatela sui crostini, che avrete già
disposto in un piatto di portata riscaldato.
BUON APPETITO!!!
Contorni
Piselli al guanciale
Ingredienti per 4 persone
piselli romaneschi freschi Kg. 1
guanciale gr. 200
cipolla, olio d'oliva
sale, pepe
brodo 1 bicchiere
Vino consigliato: Colli Albani
Tempi di preparazione: 25/30 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Versare i piselli sgranati in un tegame in cui sarà
stata fatta appassire nell'olio la cipolla, condire con sale e pepe e
qualche cucchiaio di brodo. Far cuocere per 15 minuti, aggiungere il
guanciale tagliato a dadini e lasciar cuocere ancora per altri 5 minuti con
il coperchio e il cucchiaio di legno infilato nel tegame.
BUON APPETITO!!!
*** I piselli romaneschi dolcissimi così preparati si servivano anticamente
con crostini di pane fritto.
Carciofi alla romana
Ingredienti per 4 persone
4 carciofi grandi
1 limone
prezzemolo
olio d'oliva
aglio, mentuccia romana
sale, pepe
Vino consigliato: Colli Albani
Tempi di preparazione: 1 ora e 15 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA:Pulire bene i carciofi togliendo la parte più dura e
tagliando il gambo a 4 cm dalla testa. Aprire i carciofi e togliere il fieno
al centro e farcirli con un trito di prezzemolo aglio, mentuccia fresca,
olio, sale e pepe. Sistemarli capovolti in una pirofila dai bordi alti in
modo che stiano bene attaccati, salarli, coprirli d'acqua e aggiungere
qualche cucchiaio di olio.
Cuocere in forno a 160° per circa 1 ora.Servirli anche freddi.
BUON APPETITO!!!
*** Alcune ricette indicano di aggiungere un pò di vino bianco secco verso
fine cottura. Possono essere cotti anche sul fornello e comunque saranno
pronti quando l'acqua si sarà completamente ritirata.
Misticanza
Ingredienti per 4 persone
vari tipi di insalate a scelta
olio d'oliva
sale, pepe
aceto o succo di limone
Tempi di preparazione: 5 minuti
PREPARAZIONE : La difficoltà sta nel fatto di procurarsi i vari tipi di
insalate: una mescolanza di lattughe cerfoglio, ruchetta, caccialepre,
valeriana, barba di frati, indivia, cicorie ecc..A queste insalate si
possono unire pezzettini di finocchio, di cipolla fresca, di ravanelli, di
cuori di carciofo. Si condisce il tutto con olio d'oliva sale e aceto o
succo di limone.
BUON APPETITO!!!
**** Anticamente questa misticanza la portavano a casa i frati passando a
chiedere l'obolo alle famiglie. Nel XIII secolo questo piatto era conosciuto
nel Lazio come insalata di mescolanza.
Pomodori di riso
Ingredienti per 4 persone
pomodori maturi tondi n. 8
riso 4 cucchiai
aglio, prezzemolo
basilico, origano
sale, pepe
olio d'oliva
qualche patata
Vino consigliato: Velletri
Tempi di preparazione: 1 ora
PREPARAZIONE E COTTURA: Lavare e tagliare i pomodori in senso orizzontale
lasciando la parte inferiore più grande in modo che la parte superiore
faccia da coperchio. Svuotarli e mettere la polpa tritata in una
insalatiera. Alla polpa unire aglio e erbe aromatiche tritate, sale, pepe,
olio d'oliva, frullare il tutto, e mescolarvi il riso precedentemente
lessato in acqua e sale.
Riempire con questo composto i pomodori che si saranno sistemati in una
teglia da forno unta d'olio. Coprire i pomodori con la loro stessa parte
superiore (la calotta) e mettere degli spicchi di patata cruda tra un
pomodoro e l'altro.
Aggiungere sopra dell'olio e infornare a forno caldo per 45 minuti a 170°.
Sono buoni sia caldi che freddi.
BUON APPETITO!!!
*** Nel Lazio è un tipico piatto estivo.
Zucchine ripiene
Ingredienti per 4 persone
zucchine 8
polpa di manzo gr. 200
2 uova
mollica di pane
salsa di pomodoro
olio d'oliva
noce moscata
sale, pepe
parmigiano grattugiato
Vino consigliato: rosso Montecompatri
Tempi di preparazione: 1 ora
PREPARAZIONE E COTTURA: Mescolare la carne con il parmigiano, le uova gli
aromi, la mollica di pane bagnata e strizzata, regolare di sale.
Farcire con il composto le zucchine svuotate e farle rosolare in un tegame
con olio d'oliva a fiamma bassa. Aggiungere qualche cucchiaio di salsa di
pomodoro diluita con un pò di acqua tiepida salare e cuocere a fiamma bassa
a tegame coperto. Servire le zucchine sia calde che fredde.
Se le zucchine sono grandi possono essere tagliate a pezzi prima di
svuotarle.
BUON APPETITO!!!
Peperoni ripieni
Ingredienti per 4 persone
8 peperoni polposi
3 panini raffermi
tonno sott'olio gr. 200
olive nere n. 16
sale, pepe
olio d'oliva
Vino consigliato: Olevano
Tempi di preparazione: 50 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Riempire i peperoni tagliati a metà con un preparato
formato di pane bagnato e strizzato tonno sbriciolato, olive snocciolate e
tritate, sale e pepe. Sistemare i peperoni in una teglia da forno unta
d'olio e cuocerli per 40 minuti a 170°. Si servono sia caldi che freddi.
BUON APPETITO!!!
Cicoria strascinata
Ingredienti per 4 persone
cicoria selvatica Kg 1
aglio, sale, pepe
olio d'oliva
Vino consigliato: Marino
Tempi di preparazione: 25 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Lavare bene la cicoria, lessarla e regolare di sale,
scolare e "ripassare" in padella la cicoria , con olio d'oliva e aglio.
Mescolare, aggiungere il pepe (o peperoncino) e far insaporire per 5 minuti
a fuoco vivo. Servire la cicoria calda.
BUON APPETITO!!!
Funghi arrosto
Ingredienti per 4 persone
4 cappelle grandi di porcini
aglio, prezzemolo
olio di oliva
sale , pepe
Vino consigliato: Frascati
Tempi di preparazione: 25 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Sistemare uno strato di funghi in una teglia da
forno, cospargere di sale, pepe e un trito di aglio e prezzemolo,aggiungere
un filo di olio. Mettere la teglia in forno caldo a 170° per circa 20
minuti. I funghi così preparati si possono cuocere anche alla griglia.
BUON APPETITO!!!
Fagioli con le cotiche
Ingredienti per 4 persone
fagioli (cannellini) gr. 300
pomodori pelati gr. 200
prosciutto crudo gr. 50
cotiche di prosciutto gr. 200
aglio, cipolla
olio d'oliva
prezzemolo
basilico
sale, pepe
Vino consigliato: Colonna
Tempi di preparazione: 25/30 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Far colorire in un tegame un trito di prosciutto ,
aglio, prezzemolo, basilico e cipolla. Unire i pomodori pelati
spezzettati, salare e insaporire con il pepe. Aggiungere i fagioli le
cotiche che precedentemente saranno state lessate per 15 minuti con un pò
della loro acqua. Incoperchiate e cuocere per circa 20 minuti
BUON APPETITO!!!
*** Se si usano fagioli secchi si devono lasciare a bagno 1 notte prima di
lessarli.
Fiori di zucca fritti
Ingredienti per 4 persone
fiori di zucca n. 8
mozzarella gr. 100
prosciutto gr. 50 o alici
1 uovo
farina, sale
olio d'oliva
farina gr.200
Vino consigliato: Zagarolo
Tempi di preparazione: 20/25 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA:Togliere ai fiori di zucca il pistillo, lavarli e
riempirli con un pezzetto di mozzarella e uno di prosciutto, o (alici)
immergerli in una ciotola larga in cui si sarà preparata una pastella
elastica (farina, acqua, sale e l'uovo sbattuto) con un cucchiaio sollevarli
delicatamente e friggerli in olio bollente, farli asciugare su carta
assorbente e portarli subito in tavola o tenerli in caldo nel forno.
BUON APPETITO!!!
Dolci
Bignè di San Giuseppe
Ingredienti:
farina gr. 250
zucchero semolato gr. 25
8 uova
burro gr. 150
olio d'oliva
Vino consigliato: moscato di Frascati
Tempi di preparazione: 1 ora e 30 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Far bollire in un tegame un quarto di litro d'acqua,
il burro, lo zucchero, un pizzico di sale. Togliere la pentola dal fuoco e
unirvi tutta in una volta la farina mescolando continuamente con un
cucchiaio di legno. Rimettere sul fuoco mescolando continuamente finché il
composto asciugato, si staccherà dalle pareti. Ritirare il tegame dal
fuoco, far intiepidire e unire una alla volta le uova. Far riposare
l'impasto che dovrà risultare morbido. Friggere i bignè versandoli a
cucchiaini in abbondante olio d'oliva e cuocendone pochi per volta. Farli
asciugare su carta assorbente. Sistemarli a piramide su un piatto e
spolverarli di zucchero a velo. Si servono anche ripieni di crema o di
ricotta lavorata con zucchero, crema di latte liquore, secondo la più antica
tradizione romana.
BUON APPETITO!!!
Maritozzi con la panna
Ingredienti
farina gr. 300
uva passa gr. 100
zucchero semolato gr. 50
pinoli gr. 50
cedro candito gr. 50
pasta da pane gr. 50
olio d'oliva
sale, 2 uova
Vino consigliato: Vinsanto
Tempi di preparazione: 1 ora
PREPARAZIONE E COTTURA: Lavorare la pasta da pane con 100 gr. di farina, un
pizzico di sale, un cucchiaio di olio e un uovo intero. Farne una palla
metterla in una ciotola e coprire con un tovagliolo. Far lievitare in luogo
tiepido per 4 ore. Rimettere quindi la pasta sulla spianatoia, unire la
rimanente farina gr. 40 d'olio, lo zucchero, il sale e l'altro uovo.
Impastare incorporandovi un pò di acqua calda (l'impasto dovrà risultare
morbido).Unire l'uvetta, fatta rinvenire in acqua tiepida e poi asciugata su
un canovaccio, i pinoli, il cedro tritato.
Lavorare a lungo la pasta, formare i panini, farli lievitare ancora per 6
ore poi cuocerli per 15 minuti nel forno caldo a 180°. Farcirli a piacere
con panna o ricotta "inzuccherata".
BUON APPETITO!!!
*** Erano i dolci tradizionali della Quaresima e venivano offerti con del
vino bianco.
Frittelle zuccherate
Ingredienti:
(per 30 frittelle)
pasta da pane gr. 100
farina gr. 150
acqua tiepida 1 bicchiere
sale, olio d'oliva
zucchero a velo gr. 50
qualche mela
Vino consigliato: moscato di Frascati
Tempi di preparazione: 30/35 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Lavorare la pasta di pane per 20 minuti con farina e
un pizzico di sale e acqua tiepida. Formare una pasta vellutata ed elastica
e farla riposare in luogo tiepido coprendo con un panno per circa 7 ore.
Quando sarà di nuova lievitata prenderne dei pezzi grandi come noci con le
dita bagnate, schiacciare dando forma di una ciambellina e far dorare in
olio caldo.
Asciugare su carte da pane e portare in tavola calde cosparse di zucchero.
In mancanza di pasta da pane formare in una insalatiera una pastella molto
stretta con le uova, latte, farina e una punta di lievito in polvere.
Immergere le fette di mele e far dorare in padella girando le frittelle per
farle dorare dalle due parti.
BUON APPETITO!!!
Gelato di ricotta
Ingredienti:
ricotta gr. 500
5 uova
zucchero semolato gr. 100
rum o cognac
Vino consigliato: Fontana Candida
Tempi di preparazione: 15/20 minuti
PREPARAZIONE: Mescolare in una terrina i tuorli e lo zucchero fino ad
ottenere un composto cremoso. Unirvi il liquore e la ricotta passata al
setaccio. Versare il composto in uno stampo foderato di carta oleata o da
frigorifero e lasciarlo in frigo per almeno 3 ore. Capovolgere lo stampo su
un piatto da portata. Il segreto di questo dolce è nella ricotta che deve
essere freschissima.
BUON APPETITO!!!
Zuppa dolce romanaIngredienti
(per 4 persone)
1 trancio di pan di Spagna di gr. 600
zucchero semolato gr. 200
zucchero a velo gr. 300
6 uova
farina gr. 100
latte 1 litro
2 bicchierini di Sambuca
12 ciliegine candite per decorare
Vino consigliato: moscato di Frascati
Tempi di preparazione: 45/50 minuti
PREPARAZIONE E COTTURA: Mettere mezzo bicchiere di latte a scaldare in una
casseruola; versare in un'altra casseruola i tuorli d'uovo (tenendo da parte
l'albume), lo zucchero semolato e la farina. Sbattete il composto con una
frusta aggiungendo, poco alla volta, tutto il latte freddo. Alla fine unite,
sempre mescolando, anche il latte in ebollizione. Mettere allora sul fuoco
la casseruola col composto appena preparato e senza mai stancarvi di
mescolare, attendere che la crema giunga al punto di ebollizione,
lasciandola poi bollire ancora per circa un paio di minuti. Versare infine
la crema in una terrina, mescolatela nuovamente e fatela poi raffreddare.
Tagliate a fette sottili il pan di Spagna, stendetene una metà su una larga
pirofila che avrete prima spennellato con la crema preparata (vedi foto 1).
Innaffiate le fette di pan di Spagna con un bicchierino di Sambuca e poi
versate la crema dandole una forma a cupola (vedi foto 2), quindi copritela
con le rimanenti fette di pan di Spagna, che inzupperete con l'altro
bicchierino di Sambuca. Montate, a questo punto, gli albumi a neve ferma,
quindi amalgamateli con lo zucchero a velo. Versate gli albumi (mettendone
da parte però 3 o 4 cucchiaiate) sul dolce (vedi foto 3) e stendeteli bene
aiutandovi con una spatola.Mettete il rimanente albume nella tasca da
pasticciere, con bocchetta spizzata quindi decorare a piacere il dolce,
guarnendolo inoltre con le ciliegine candite e spolverizzandolo con lo
zucchero a velo.
Mettete il dolce in forno alla temperatura di 180° e lasciatelo per 20
minuti.
Toglietelo dal forno e fatelo raffreddare prima di servirlo.
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