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MILITARISMO DELL'ANTICA ROMA - ALIMENTAZIONE, CIBI E RICETTE

STRUTTURA MILITARE - L'ALIMENTAZIONE DELL'ANTICA ROMA
 
 

MILITARISMO IL TEMPO DELLA FALANGE Quando la rottura (che nel caso della leggenda di Romolo fu tragica) trovò il suo compimento, prese l'avvio la progressiva trasformazione del contadino romano in soldato. Tale trasformazione sarà accompagnata, come in parallelo, da quella del possidente agrario in comandante militare e quindi in uomo politico e amministratore di città. Il primitivo esercito romano era formato da gruppi di combattenti che appartenevano alle grandi famiglie aristocratiche (gentes), in grado di pagarsi carri, cavalli, armi di ferro, nonché di disporre di un certo seguito di clienti, bisognosi di protezione ma anche capaci di seguire quelle famiglie nel corso delle guerre per conquistare terre e città. I combattimenti non si svolgevano a cavallo ma a piedi: i cavalli servivano per spostarsi velocemente sul luogo dello scontro. Questo ovviamente non vuol dire che non esistesse nel primitivo esercito la cavalleria, ma semplicemente che lo scontro decisivo avveniva tra fanti, che rappresentavano il cosiddetto "esercito degli opliti schierati a falange" (1). L'uso intelligente della cavalleria avverrà solo nel corso delle guerre puniche. Il comandante dell'esercito era il re, coadiuvato da un generale (magister populi), il quale nominava un proprio sottoposto: il magister equitum. Intorno al VI sec. a.C., sotto il regno di Servio Tullio, l'esercito di Roma e di altre città sotto la sua influenza si organizza in modo rigoroso: tutti gli uomini (quindi non solo gli aristocratici di nascita) in grado di pagarsi un armamento completo di metallo (scudo, corazza, schinieri, elmo, lancia e spada) e disposti a combattere insieme con disciplina, potevano aspirare non solo a una spartizione del bottino ma anche a un controllo politico della città. Era nato l'esercito su base censitaria e nel contempo una strategia di tipo politico-militare. Quelli che erano inferiori a un certo censo (i cosiddetti proletarii, perché censiti solo per la prole) potevano combattere solo con armi rudimentali, fuori dallo schieramento della falange e dalla possibilità di ottenere ruoli politici di rilievo. L'ordinamento politico-istituzionale fu una conseguenza di quello militare. Infatti dall'esercito riunito per combattere si sviluppò il comizio centuriato, un'assemblea cittadina fondata sulle centurie, l'unità base della legione. Composta inizialmente di 3.000 e poi di 6.000 uomini, la legione non era più comandata dal re, dopo il crollo della monarchia, ma da due consoli. La cavalleria che l'affiancava aveva 300 unità per legione. Una centuria era generalmente composta di 100 uomini, agli ordini di un ufficiale: il centurione. Forse quando le legioni divennero due, ogni centuria comprendeva solo 50 uomini. Nei comizi centuriati i ceti benestanti disponevano sempre di più voti, coi quali potevano eleggere i magistrati, i comandanti militari e dichiarare la guerra o la pace. Si votava infatti per centurie, non individualmente, e i più ricchi erano distribuiti in un maggior numero di centurie. Queste assemblee si tenevano fuori dalla linea sacra della città, il pomerio, al cui interno non si potevano portare armi. Le proposte venivano presentate dai magistrati e i cittadini si limitavano a votarle, senza neppure discuterle. Ecco il diagramma in cui si rappresenta il tipo e il numero di centurie che ciascuna classe di cittadini doveva fornire in caso di guerra: I censimenti venivano fatti ogni cinque anni. I cittadini venivano divisi in cinque classi, di cui le prime quattro includevano quelli con patrimoni compresi tra i 100.000 e gli 11.000 assi. Nell'ultima era i proletarii. A parte venivano censiti i fabri, cioè i tecnici necessari, e i trombettieri. Ecco una tabella relativa ai cittadini romani censiti come abili alle armi: Anni393-392340-339329294-293288-287280-279276-275 Censiti152.573165.000150.000262.321272.000287.222271.224 Durante la guerra decennale contro Veio, conclusasi nel 396 a.C., fu introdotto il soldo, un contributo dei cittadini alle spese di vestiario e di armamento dei soldati. Ogni romano diventava abile alle armi praticamente a 17 anni, quando indossava la toga virile ed entrava a far parte degli iuniores, dove vi restava fino a 46 anni, dopodiché apparteneva ai seniores, cioè alla riserva, richiamabile per una guerra in casi di particolare pericolo. Ma esisteva anche una chiamata di emergenza detta tumultus che avveniva a prescindere totalmente dal censo. I plebei spesso rifiutavano le continue chiamate alle armi, poiché dalle conquiste realizzate ricevevano solo le briciole e le famiglie rimaste in patria facilmente cadevano vittime dei debiti, senza considerare che, una volta entrato nell'esercito, il plebleo perdeva automaticamente tutti i diritti faticosamente acquisiti con le lotte di classe: poteva p.es. essere messo a morte per indisciplina, senza alcun processo. La disciplina era un aspetto fondamentale dell'organizzazione militare. Ogni soldato prestava un solenne giuramento al suo comandante: la parola sacramentum, con cui si designava questo atto di totale fiducia e sottomissione, implicava l'idea della punizione severa per chi trasgrediva le regole. Manlio Torquato nel 340 a.C. mise a morte il figlio solo perché aveva ingaggiato un duello individuale (vincendolo) senza la sua autorizzazione. Esempi come questo se ne possono fare tanti e non a caso già a partire dal II sec. a.C. i giovani romani cominciavano a manifestare una certa insofferenza per la leva militare. [1] In battaglia ogni legione si schierava su tre linee: hastati, che avevano il compito di scagliare la lancia per scompigliare le file nemiche; principes, i soldati migliori che intervenivano subito dopo per lo scontro decisivo; triarii, che costituivano il rinforzo in caso di necessità. LA STRUTTURA TATTICA Nel corso della guerra contro i sanniti, intorno al 340 a.C., i romani sostituirono la rigida falange oplitica, di derivazione macedone, capace solo d'una grande forza d'urto ma tatticamente poco manovrabile, con l'ordinamento per manipoli, che resterà la struttura fondante dell'esercito romano per alcuni secoli, fino all'adozione delle coorti. L'equipaggiamento del soldato ora consisteva in una spada da punta e da taglio, una corazza, l'elmo e gli schinieri, una lancia da getto (pilum), mentre quella da urto (hasta) viene lasciata solo alla terza fila dello schieramento (i triarii) e, particolare importante, si sostituisce lo scudo rotondo di bronzo con uno rettangolare in legno. Anche l'ordine delle schiere fu modificato: praticamente i manipoli delle prime due linee (principes e hastati) si schierarono su un fronte di 12 uomini per una profondità di 10, quindi un totale di 120 uomini. In combattimento le centurie di ogni legione si disponevano in numero di 20 per linea, cioè in 10 manipoli di 120 uomini ciascuno. La legione era composta in genere di circa 4.000 uomini, ma poteva arrivare anche a 6.000. Il manipolo aveva il vantaggio di poter combattere da solo, a condizione che vi fosse grande coesione e prontezza. L'armamento era uguali per tutti. L'esercito romano era molto forte non solo a motivo della capacità di risolvere prontamente i limiti tattici e strategici, ma anche perché era un esercito di cittadini, non di mercenari, ed era anche un esercito di alleati (latini e italici, almeno sino al II sec. a.C., poi chiunque poté diventare alleato). Agli alleati spesso venivano assegnati compiti specifici sulla base delle loro abilità o specialità tradizionali: p.es. i cretesi venivano impiegati come arcieri, gli spagnoli come frombolieri ecc. Gli alleati conservavano un'autonomia formale nella politica interna, ma dovevano rinunciare a una politica estera indipendente, anche perché tutto il loro potenziale bellico (auxilia) doveva essere messo a disposizione di Roma. Il che non sempre veniva accettato tranquillamente, come p.es. testimonia la rivolta di gran parte degli alleati nel 90 a.C. Non a caso i romani si guardavano bene dal creare reparti militari etnicamente omogenei. Le truppe ausiliarie raddoppiavano gli effettivi di una legione, al punto che tra romani e alleati il potenziale umano mobilitabile era di circa 800-900.000 soldati (circa il 6-7% degli arruolabili era annualmente sotto le armi). Di regola le legioni, almeno fino al II sec. a.C., non superavano mai le quattro unità (due per console), ma in alcuni momenti delle guerre puniche arrivarono oltre 20 (con la promessa della libertà si arruolarono persino gli schiavi). I consoli comandarono sulle legioni solo fino al I sec. a.C., dopodiché vennero sostituiti dai tribuni, per soddisfare meglio le esigenze di eserciti divenuti molto più grandi; a loro volta i tribuni sceglievano i centurioni, responsabili della disciplina, dell'addestramento e del comando di ogni centuria. Il centurione veniva scelto sulla base dell'esperienza e della capacità di comando. La sua origine sociale in genere era modesta. La lunga permanenza dei militari all'estero ebbe due effetti inevitabili: l'aumento dell'importanza dei contingenti alleati; la nascita delle prime colonie di veterani, che contribuì alla romanizzazione delle province. Durante la fase espansionistica il soldato prendeva un denario al giorno e partecipava, in misura crescente del suo grado, alla spartizione del bottino. Un centurione poteva arrivare a più di 100 denari al mese; un tribuno a più di 200. Quanto più militava nell'esercito, tanto più la terra lavorata in Italia veniva abbandonata e tra i lavoratori agricoli aumentava la proletarizzazione dei ceti più deboli. LE TRUPPE AUSILIARIE Le truppe ausiliarie dell'esercito romano erano costituite da contingenti non in possesso della cittadinanza romana, almeno nella fase repubblicana. Nel 90-88 a.C., dopo la rivolta di gran parte degli alleati (guerra sociale), la cittadinanza venne estesa a tutti gli italici, il che dava loro diritto di prestare servizio nella legione. Questi contingenti potevano essere costituiti da elementi mercenari oppure di foederati, provenienti da quei popoli liberi che vi erano obbligati sulla base di patti di mutua alleanza con Roma. Ma soprattutto erano genti sconfitte militarmente (quindi in primis le popolazioni italiche), costrette, a titolo di tributo, a offrire un certo numero di contingenti armati. Gli italici (in qualità di socii) avevano autonomia amministrativa e, sul piano meramente locale, anche politica, ma la loro politica estera e militare dipendeva strettamente da quella romana. Essi fornivano soprattutto reparti di cavalleria: una specialità trascurata nell'ordinamento militare di Roma. Ma fornivano anche reparti di fanteria leggera, in quanto quella pesante era tipica della legione. Gli auxilia svolgevano inoltre funzioni di supporto come ad es. l'esplorazione, la ricerca, la presa di contatto con l'avversario, la costruzione di fortilizi difensivi... Quando l'impero romano raggiunse, verso la fine del periodo repubblicano, la sua massima espansione, i contingenti alleati furono tratti prevalentemente dalle popolazioni barbariche. Dalla fine del I sec. d.C. gli auxilia saranno qualitativamente di poco inferiori alle legioni. Il primo imperatore a offrire loro, ormai reclutati in servizio permanente e non più solo in occasione di campagne militari, una paga mensile e un equipaggiamento uniforme, fu Augusto, il quale stabilì anche che rimanessero di stanza nella loro regione di reclutamento, ad eccezione del comando delle singole unità, che veniva sempre affidato a ufficiali superiori romani (tribuni), scelti inizialmente tra i giovani figli dei senatori, nell'espletamento del primo degli incarichi militari tipico della loro carriera politica, e successivamente, dopo le riforme di Claudio, tra l'ordine equestre. Ai tempi di Traiano gli auxilia erano divenuti così importanti che nella guerra in Dacia furono proprio loro a sostenere i principali scontri col nemico. Nella Colonna Traiana i legionari, essendo considerati delle truppe specializzate, vengono ritratti non tanto nei combattimenti (a meno che il loro intervento non fosse assolutamente necessario), quanto nelle mansioni tecniche o logistiche. La ferma di un ausiliario durava da 25 a 28 anni. Si prestava servizio in unità di fanteria, la cui formazione prendeva il nome di coorte, con effettivi che potevano andare da 500 uomini (le centurie di 82-83 fanti ciascuna) a 1.000 (dieci centurie di 100 fanti). A dir il vero quando la coorte fu inventata da Gaio Mario i manipoli erano soltanto tre, per un totale di 300 uomini. Le coorti di fanteria potevano essere integrate con elementi di cavalleria: p.es. sei centurie da 65 fanti e quattro torme da 30 cavalieri, oppure 10 centurie da 76 fanti ciascuna e sei torme di 42 cavalieri ciascuna. Invece le unità di cavalleria pura (le ali) erano composte, a seconda dei casi, di 16 torme da 32 cavalieri o da 24 torme da 42 cavalieri. Le coorti, a seconda della tipologia, erano comandate o da un prefetto o da un tribuno. I ranghi dell'ufficialità inferiore erano costituiti da centurioni e decurioni. Un ausiliario, come paga, prendeva tre volte meno di un legionario, ma alla fine della sua carriera gli veniva assicurata la cittadinanza romana, a lui e alla sua discendenza legittima. Verso gli ultimi del I sec. d.C. si crearono i "numeri", cioè quei reparti militari la cui consistenza non superava le 500 unità. Questo permetteva di arruolare facilmente gli elementi barbarici, che all'interno dell'esercito romano conservavano la propria lingua, la propria uniforme, le proprie armi, il proprio modo di combattere. Alla fine diventeranno loro i veri auxilia. Adriano istituzionalizzò i "numeri" e il loro impiego crebbe tanto che alle soglie dell'età diocleziana costituirono il fulcro di un esercito completamente imbarbarito. Non dimentichiamo inoltre che nel 212 d.C., con la Constitutio Antoniniana dell'imperatore Caracalla, la cittadinanza romana venne estesa a tutti i sudditi, rompendo così, definitivamente, quella differenza di rango tra legioni e auxilia. LA GERARCHIA DELL'ESERCITO ED I GENERALI Al tempo dei primi grandi generali romani, come Mario, Silla, Pompeo e Cesare, l'esercito continuava a essere riservato ai cittadini, ma, a partire dalla seconda guerra punica, fu abbattuto in misura consistente il livello minimo di censo necessario per essere arruolati nelle legioni: da 11.000 a 4.000 assi, praticamente potevano arruolarsi anche i cittadini quasi poveri. A dir il vero già Gaio Mario, in occasione della guerra giugurtina (111-105 a.C.), aveva deciso di arruolare nella legione anche i volontari di estrazione proletaria. D'altra parte le continue guerre avevano prodotto una crescente proletarizzazione dei ceti contadini tradizionali e una loro conseguente urbanizzazione, senza considerare che i ceti più abbienti tendevano a sottrarsi alla leva, in quanto le esigenze della politica estera prevedevano sui campi di battaglia decine di migliaia di uomini per molti anni di seguito. Già ai tempi di Mario e Silla era apparso molto chiaro che eserciti di grandi dimensioni avevano bisogno di comandanti sperimentati, mossi da ambizioni non solo militari ma anche politiche. E questa esigenza determinerà, con Cesare e soprattutto con Augusto, la nascita di istituzioni politiche propriamente imperiali. Lo stesso soldato, non potendo contare su fortune personali, tendeva progressivamente a fare della guerra una professione e a considerare come punto di riferimento il proprio generale e non più il governo cittadino, ovviamente sempre nella speranza di poter un giorno tornare a vivere su un pezzo di terra godendosi la meritata pensione. Gli stessi generali favorirono così tanto i loro veterani da finire col rompere i rapporti col senato. Cesare arrivò persino a insediarli stabilmente nelle province e anche Ottaviano sfruttò nella stessa maniera le terre conquistate in Egitto. Fu soprattutto la concessione della cittadinanza agli italici dopo la guerra sociale del 90-88 a.C. che permise di soddisfare tutte le maggiori esigenze delle grandi compagne militari di Silla, Pompeo, Cesare, Antonio e Ottaviano. Alla fine delle guerre civili le legioni erano diventate più di 50 e ognuna di esse disponeva di circa 6.000 uomini (praticamente il 10% della popolazione italiana, al tempo di Augusto, era sotto le armi). A partire da Augusto l'imperatore era diventato il capo supremo di tutti gli eserciti e ben difficilmente un generale vittorioso avrebbe potuto aspirare a un dominio anche politico. Senonché proprio sotto Augusto si abbandonò la politica di conquista, preferendo fare dell'impero un organismo chiuso da frontiere, diviso dal mondo esterno. Quanto, in questa decisione di Augusto, di limitarsi a consolidare le conquiste già realizzate, contribuì la disfatta di alcune sue legioni nelle campagne germaniche, è facile capirlo, e la storia politico-militare dell'impero, d'altra parte, gli dette ragione, visto che il suo ordinamento rimase in vigore sino al III secolo. Egli, nello stesso tempo, ridusse le legioni a 28 (divenute poi 25 dopo la disfatta di Teutoburgo), le stanziò stabilmente nelle province e istituì un tesoro militare con cui pagare, in denaro o in terre, i premi di congedo. L'area geografica di reclutamento delle legioni si era estesa alle stesse province, tanto che alla fine del II sec. solo una minoranza di legionari proveniva dall'Italia. E il legionario, considerando la precarietà in cui vivevano tanti strati sociali nell'Italia imperiale, non se la passava male: è vero che doveva restare sotto le armi per un periodo molto lungo (anche fino a 28 anni), ma è pur vero che percepiva una paga annuale di 200 denari, godeva di un prestigio sociale indiscusso e di una sicurezza che andava ben oltre il periodo di leva. Di regola non poteva sposarsi, però poteva vivere con una o più donne (almeno a partire da Settimio Severo), da cui poteva avere dei figli, benché solo il legionario fruiva della cittadinanza romana. I figli di queste unioni di fatto potevano essere legittimati secondo il "diritto delle genti", per cui potevano anche ereditare, se pagavano una tassa del 5% sull'eredità. In ogni caso, una volta andato in congedo, al legionario veniva data facoltà di legittimare una delle unioni contratte durante il servizio militare. In tal caso i figli ricevevano la cittadinanza romana, ma solo se nati dopo il riconoscimento. Gli stessi soldati, privi di tale cittadinanza, l'acquistavano in automatico al momento del congedo. Nei primi secoli dell'impero i legionari erano almeno 160.000, e altrettanti gli ausiliari, su una popolazione di circa 50 milioni di abitanti. Ogni soldato, a qualunque grado appartenesse, era libero di venerare i propri dèi, specie a partire dal momento in cui il reclutamento avveniva su base locale, per aree geografiche (da Adriano in poi), e il soldato poteva vivere, di regola, là dove era stato arruolato. Tuttavia, ogni soldato era tenuto a prestare un certo culto anche all'imperatore, il che era un ostacolo insormontabile a quanti professavano religioni ebraico-cristiane. Solo nel 314 il concilio di Arles tolse ufficialmente ai cristiani il divieto di servizio nell'esercito pagano. L'ESERCITO BARBARICO L'esercito imperiale, tranne i rari casi di Traiano e Settimio Severo, non condusse mai campagne di conquista, ma si limitò a svolgere compiti di difesa, di romanizzazione e urbanizzazione delle aree provinciali, di promozione dei ceti meno abbienti, in quanto diede ai soldati la possibilità di una certa emancipazione sociale e ai generali la possibilità di diventare imperatori. Gli eserciti stanziati nelle province per lunghi anni si legarono molto strettamente ai loro generali, tant'è che la presa del potere attraverso l'esercito, dopo l'esempio di Settimio Severo, fu una prassi costante del III secolo. Quando le risorse economiche imperiali diminuivano, l'esercito cercava di garantire per sé una parte cospicua: di qui i frequenti e abbondanti donativi da parte degli imperatori, i saccheggi di ricche città (come p.es. Aquileia nel 238) e le continue vessazioni ai danni delle campagne. L'esercito era diventato una struttura privilegiata, costosa (lo stipendio dei militari era di tutto rispetto), pur con una base demografica modesta rispetto alle esigenze di sicurezza, tant'è che le invasioni di Quadi e Marcomanni, sotto Marco Aurelio, mostrarono che lo sfondamento delle frontiere non era cosa impossibile. Come noto, ai tempi della fase repubblicana il politico era a un tempo soldato e magistrato (e spesso anche sacerdote). Viceversa, con la nascita dell'impero il principe si serviva dei senatori per governare le province dove erano stanziate le legioni. Un senatore era il comandante di ogni legione. I comandi militari servivano ai senatori per acquisire ancora più potere, prestigio, ricchezze. Col passare del tempo, soprattutto in virtù della professionalizzazione della carriera militare, i comandi delle legioni venivano sempre più affidati all'ordine equestre, e proprio da questo ordine, non più quindi dal rango senatorio, finiva coll'emergere il nuovo imperatore. Sul piano militare gli equites avevano più esperienza dei senatori e spesso erano favorevoli a processi politici assolutistici, che permettessero di aumentare il loro potere. Viceversa, la classe senatoria non amava mettere in discussione i privilegi acquisiti secoli prima. Difficilmente un senatore avrebbe accettato l'idea che un governo imperiale potesse essere conquistato e mantenuto con il solo aiuto dell'esercito. Di fatto però la tendenza era proprio questa, al punto che divenne una prassi consueta quella di arruolare, nelle file dell'esercito, gruppi di barbari stanziati entro i confini in virtù di specifiche intese o addirittura esterni all'impero. Questo scollamento tra aspetti militari e politici fece sì che durante la crisi del III secolo i grandi comandanti provinciali si trasformassero facilmente in usurpatori. Diocleziano (284-305), che ovviamente non poteva più mettere in discussione né l'autonomia dell'apparato militare né il suo carattere professionalizzante, escogitò l'idea di suddividere le province in piccole unità amministrative, onde evitare la concentrazione del potere nelle mani di un solo governatore. Nello stesso tempo decise di affidare il potere civile delle province a uomini di varia provenienza, ma sempre più funzionari imperiali che grandi notabili: il che non faceva certo piacere alla vecchia aristocrazia senatoria. Questo in sostanza significava che all'esercito, i cui effettivi erano stati raddoppiati, giungendo a mezzo milione (il 10% di tutta la popolazione dell'impero), veniva sì riconosciuta ampia autonomia, ma a condizione che non si mettesse in discussione quella politica e amministrativa dei funzionari. In un certo senso le legioni, nella loro organizzazione classica, furono smantellate. I reparti, generalmente di mille uomini, chiamati limitanei (da limes, confine), dovevano distinguersi sulla base dell'armamento e dei compiti: p.es. i cavalieri mori, gli arcieri africani, i cavalieri catafratti di derivazione partica... I limitanei potevano essere di cavalleria o di fanteria, o reparti specializzati di estrazione provinciale o barbarica (i cosiddetti numeri). Esisteva anche un nucleo di soldati che formava l'esercito a disposizione dell'imperatore, una sorta di protezione personale: i comitatenses, anch'essi divisi per mille. Moltissimi di questi soldati erano di origine barbara, anche perché la leva era molto dura e spesso lontana dai centri urbani più significativi dell'impero, per cui la renitenza tendeva ad aumentare, incoraggiata altresì dai grandi proprietari terrieri, che avevano continuamente bisogno di manodopera e che preferivano pagare un tributo monetario pur di tenersela. Gli elementi barbarici dell'impero o comunque quelli meno romanizzati divennero una parte così significativa dell'esercito che giunsero anche a posizioni di comando, come p.es. Stilicone (1), un generale vandalo di Teodosio. Costantino fece crescere i comitatenses al punto che arrivarono ad essere quasi la metà degli effettivi dell'intero esercito imperiale. I reparti non solo erano specializzati ma venivano anche reclutati tra gli elementi migliori sul piano fisico e sociale, erano inoltre pagati meglio dei limitanei e avevano particolari privilegi (p.es. l'esenzione fiscale), senza considerare che potevano alloggiare in prossimità dei centri urbani e naturalmente potevano essere comandati da generali di origine barbara. Le tribù barbare assunsero un'importanza così grande che dopo la battaglia di Adrianopoli (378), in cui cadde lo stesso imperatore Valente, i Goti vincitori ottennero di essere stanziati tutti all'interno dei confini imperiali e qui iniziarono a romanizzarsi. Ormai qualunque tendenza aristocratica di opporsi all'integrazione coi barbari andava ritenuta del tutto antistorica, e infatti questa politica senatoria subì uno smacco clamoroso proprio col sacco di Roma, compiuto dai Visigoti di Alarico nel 410. L'occidente era destinato a veder nascere i regni romano-barbarici. Viceversa in oriente i bizantini riuscirono a tener lontane dai confini le tribù barbariche o comunque a conviverci più o meno pacificamente per un altro millennio, conservando le strutture romane, soggette agli influssi del mondo ellenico e a quello culturale del cristianesimo. Costantino aveva perfettamente capito che se si voleva continuare la civiltà greco-romana in nome del cristianesimo bisognava anzitutto spostare la capitale a Bisanzio (cosa che fece già nel 330), e la storia s'incaricò di dargli ragione. [1] Stilicho Flavius (360-5 ca-408), vandalo di origine ma romano di educazione, fu l'ultimo grande difensore dell'impero romano d'occidente dalle grandi invasioni barbariche. Grazie a una fortunata missione alla corte persiana, acquistò grande favore presso l'imperatore Teodosio, raggiungendo una posizione preminente a corte, tanto che Teodosio verso il 392 gli affidò il comando supremo delle armate imperiali. Quando Teodosio morì a Milano nel 395, Stilicone divenne tutore del figlio di lui, Onorio, cui era stato affidato il governo della parte occidentale dell'impero, mentre ad Arcadio quella orientale. Stilicone si trovò costretto a fronteggiare varie tribù barbariche, tra cui i visigoti che, scontenti della Tracia (loro assegnata da Teodosio dopo la sconfitta di Adrianopoli), avevano preso a saccheggiare e occupare alcuni territori della Grecia, dell'Epiro e persino del nord Italia. Stilicone ebbe la meglio, costringendo i visigoti a ripiegare oltre le Alpi e promettendo loro la conquista dell'Illiria, oggetto di disputa tra le due parti dell'impero. Quando nel 407 i visigoti tornarono a minacciare nuovamente l'Italia, in quanto non avevano ottenuto l'Illiria, Stilicone indusse l'imperatore Onorio ad accettare il tributo, ma così facendo si attirò l'odio dell'intera amministrazione romana e soprattutto del senato di Roma, che lo accusò di complicità col nemico. Stilicone fu eliminato in una rivolta militare a Ravenna, dopo un processo sommario, e i visigoti ne approfittarono immediatamente per scendere in Italia e saccheggiare la stessa Roma nel 410. Col bottino trafugato cercarono d'imbarcarsi per l'Africa, ma le loro navi furono travolte in una tempesta nello stretto di Messina, e il loro capo, Alarico, morì presso Cosenza. Gli ultimi visigoti finirono a cavallo dei Pirenei. La capitale dell'impero d'occidente fu trasferita a Ravenna. LA DISFATTA DI TEUTOBURGO La disfatta di Teutoburgo fu una delle tre più clamorose sconfitte dell'esercito romano, preceduta solo da quella di Canne, al tempo di Annibale, e seguita solo da quella di Adrianopoli del 378. Le legioni di Publio Quintilio Varo si trovavano, il 9 d.C., nel cosiddetto Saltus Teutoburgensis, una foresta montuosa della Bassa Sassonia, oggi chiamata "della Lippe". I principali nemici dei romani, i cherusci, che alcuni anni prima avevano subìto gravi sconfitte da parte dell'imperatore Tiberio, si erano stabiliti in quella zona, occupando entrambe le sponde del fiume Weser. Durante i mesi estivi era del tutto normale disporre lo spostamento di truppe romane nel cuore della Germania, ma questa volta Varo aveva un'altra ragione: le sue tre legioni (XVII, XVIII e XIX) dovevano anche dimostrare la forza di Roma dinanzi a popolazioni non ancora del tutto sottomesse, come appunto i cherusci. Il suo predecessore, Saturnino, era stato più accorto, perché considerava poco adatta una tattica del genere con popolazioni numericamente forti, agguerrite e gelose della propria autonomia. Varo però preferiva sempre agire con spietata durezza: già in Siria, quand'era stato governatore, aveva fatto crocifiggere duemila ribelli. Egli peraltro contava sull'appoggio dei nobili o di quelli che potevano vantare stirpi gloriose, promettendo loro cariche di prestigio e ricchezze: in particolare gli erano vicini Segeste e Arminio (quest'ultimo aveva già comandato truppe ausiliarie dell'esercito romano). Verso la metà di settembre le legioni si mossero verso la foresta. Arminio garantiva per la sicurezza, ma Segeste cominciò a sospettarlo di tradimento. Le spie romane mandate in perlustrazioni riferirono di aver avvistato numerosi germani in zona, ma Varo continuò ad aver fiducia in Arminio. Il 21 settembre iniziò lo scontro, che si protrasse per tre giorni consecutivi. Varo comandava una forza di oltre 20.000 uomini, militari di professione ben addestrati ed equipaggiati, decisamente superiori, sulla carta, ai 15.000 cherusci, cui si aggiunsero alcune migliaia di marsi e catti. I germani avevano alcuni vantaggi di non poco conto: conoscevano perfettamente la foresta, avevano lance e spade molto lunghe, disponevano di alcune unità di cavalleria. Il regista di questa imboscata fu lo stesso Arminio, che fece attaccare le legioni da tutte le parti, anche in maniera disordinata, per poterle completamente disorientare: i germani utilizzarono i nascondigli delle pendici boscose, bloccarono i passaggi convogliando la battaglia verso le paludi e le barriere montuose, sfruttarono a fondo la fitta vegetazione. Non ci fu nulla da fare per i romani, non si salvò nessuno, neppure Varo. La sconfitta fu talmente grande che Roma decise di abbandonare una parte della Germania, utilizzando il Reno come confine naturale dell'impero. Nel 14-16 Germanico volle vendicare gli sconfitti attaccando i cherusci sul Weser, ma, nonostante i successi iniziali, fu richiamato in patria. Ormai l'impero non aveva più le forze per organizzare grandi opere di conquista e di espansione. LA STRUTTURA DELL'ACCAMPAMENTO ROMANO MILITARE L'accampamento militare (castrum) era di pianta rettangolare o quadrata con lati lunghi circa 500 m., circondata da un fossato (fossa) profondo circa 2 m. e da un terrapieno sormontato da una palizzata (vallum), tagliati da due strade perpendicolari, il decumanus (da est a ovest) e il cardo (da nord a sud), al cui incrocio vi era il pretorium, la tenda del comando. La via praetoria (dalla porta pretoria D sino alla porta decumana B) portava al quartiere del comandante. Invece la via principalis (che andava dalla porta A sino alla B) portava agli uffici del tribuno e del prefetto. Il terreno veniva scelto possibilmente nei pressi di un fiume e si faceva in modo che ogni campo disponesse di bagni, magazzini, stalle, spazi aperti per parate e addestramenti; fuori del campo si potevano costruire anche anfiteatri. Le tende erano in genere per otto militari; ovviamente per gli ufficiali e i sottoufficiali erano previsti alloggi più ampi. All'esterno i fossati erano difesi da pali acuminati conficcati verso l'alto e inclinati in avanti. Alcune porte erano protette da torri di guardia. Quando l'accampamento era fisso, le tende venivano sostituite da case in muratura e il terrapieno da mura robuste (moenia). Il soldato passava in questi accampamenti anche fino a 28 anni della propria vita. Poiché una legione contava circa seimila uomini, questi campi facilmente si trasformavano in piccole città, attorno alle quali si creava una vita collaterale, fatta di mercanti, artigiani, donne. Proprio da questi insediamenti nacquero importanti città come p.es. Torino, Verona, ma anche Chester, York in Inghilterra, ecc. L'ALIMENTAZIONE DEGLI ANTICHI ROMANI Fino a sera i Romani mangiavano solo poche cose, rapidamente. La cena era il pasto più importante per loro. I ricchi, infatti, cominciavano la cena alle tre del pomeriggio, andando avanti sino al calar della notte. Ogni convitato stava steso sul letto da pranzo e prendeva le pietanze con le mani. Durante i banchetti, gli invitati ricevevano offerte di cibo da portare con sé a casa. I poveri, dal momento che non avevano un posto nelle loro insulae dove cucinare i loro alimenti, si nutrivano nelle taverne, dove i ricchi non andavano mai. La taverna era la sala da pranzo del povero, vi aleggiavano odori pesanti ed era possibile ordinare un bicchiere di vino miscelato con acqua bollente, salsicce all'aglio, piselli fritti o bolliti, pane plebeo. Bastavano due assi per poter mangiare in ogni momento del giorno, oppure per portare a casa dei piatti preparati. La plebe romana e gli schiavi trovavano qui il loro unico pasto caldo della giornata. I principali alimenti dei romani erano radici, cipolle, cavoli, lattuga, porri tritati, fave, ceci, lupino, sesamo e cereali. Con il frumento facevano semole e farina, spesso consumate sotto forma di pappe. Il pane non veniva impastato tutti i giorni e assomigliava a delle gallette. Si mangiava spesso pesce di mare conservato sotto sale. La carne, rara, era riservata ai ricchi e a quelli che potevano cacciare. I Rromani non apprezzavano ciò che crocchiava sotto i denti. Preferivano vivande bollite e morbide, budini, cibi tritati accompagnati da molta salsa. Andavano pazzi per le erbe aromatiche e per il pepe e le spezie. Aggiungevano dappertutto del garum, un tipo di salsa a base di pesce fermentato. Senza questo, del resto, le semplici focacce di cereali o di lupino sarebbero state davvero insipide! IL BANCHETTO Banchetto quale imago mundi: a tutti gli effetti, i riti della tavola nel mondo antico ci appaiono come rispecchiamento di una personale rappresentazione del mondo. Anche il numero degli invitati è sottoposto ad una intenzionale euritmia: non meno delle Grazie, non più delle Muse, vale a dire da tre a nove. Il gesto più ovvio della sussistenza discopre gradatamente pretestuose complicanze e si rivela codice simbolico incentrato su prestabiliti ritmi, cifre, superstizioni e soprattutto angosce. Le abitudini conviviali dei romani fanno parte di quel quotidiano perduto che effonde radici nel meraviglioso, perciò una ricostruzione dei riti legati al cibo, oltre ad essere territorio della storia sociale, si configura come contributo della storia della mentalità. A tavola, ciascuno continua ad essere più che mai ciò che è: le sollecitazioni aspre, piccanti, dolci o salate, offerte al palato, sembrano confacenti agli umori del corpo, tanto da esaltarne i temperamenti. Nessuna sospensione delle personali convinzioni filosofiche da parte di certi commensali, pertanto, come attesta Gellio, l'aristotelico pervicace non perderà nemmeno a tavola l'occasione di professare la propria dottrina, comprovando, mediante le parole dell'autorevole maestro, il danno arrecato al fisico dall'acqua gelata. D'altra parte la mensa e l'assunzione del cibo sono ascrivibili alla sfera del sacro; poiché ogni pasto è una cerimonia, nulla deve profanare o interrompere il suo svolgersi. Anche i discorsi negativi devono essere evitati o almeno prontamente esorcizzati: "Incendia inter epulas nominata aquis sub mensam profusis abominamur" (Plinio, Naturalis historiae libri, XXVIII, 26) Così l'aver parlato di incendi, può essere scongiurato versando acqua sotto il tavolo. Senza contare i pessimi auguri determinati dal fatto di spazzare il pavimento, quando qualcuno si allontana dal banchetto, o di togliere il portavivande, mentre un commensale sta bevendo: "Recedente aliquo ab epulis simul verri solum aut bibente conviva mensam vel repositorium tolli inauspicatissimum iudicatur". (Plinio, ibidem). Nel contesto della mensa alcuni oggetti assumono valenze magiche, perciò, prima di accostarsi alla tavola, vige l'usanza di togliersi anelli e cinture, che simboleggiano i cerchi magici a delimitazione degli spazi posseduti dalle presenze demoniache. Le lucerne non devono essere spente a conclusione del pasto, per non disperdere la sacralità del fuoco. Scopae è strumento bivalente: purifica, ma allo stesso tempo rischia di allontanare i geni protettori della casa. Oltre tutto gli avanzi servono da nutrimento alle anime dei morti e nei tempi più antichi i resti del cibo erano portati in offerta sulle tombe. Nella dimensione simbolica del dono si spiega dunque la rappresentazione musiva pavimentale di certe nature morte, che effigiano proprio gli avanzi. Molte delle credenze romane affondano le loro radici in paure talmente profonde, ma inconsciamente condivisibili da parte dell'animo umano, da essere tramandate anche a distanza di secoli. Ad esempio, l'avvertenza di sminuzzare sempre i gusci delle uova, dopo averle consumate, ha un singolare rispecchiamento in un timore superstizioso diffuso in alcuni paesi dell'Italia: agli inizi del XX sec., si attribuiva alle "streghe" il sinistro potere di compiere malie proprio con i gusci delle uova. Ogni gesto dell'uomo romano aspira a stabilire una perfetta armonia con le forze del cosmo, pertanto le sale tricliniari devono essere ubicate in modo da seguire un corretto orientamento rispetto al sole: esposte ad ovest d'inverno, per sfruttare la luce pomeridiana; rivolte ad est in primavera e autunno, per catturare i raggi diretti del sole nascente e risultare perciò temperate al momento del pranzo; posizionate a nord in estate, allo scopo di offrire frescura e piacevolezza ai commensali. "Triclinia verna et autumnalia ad orientem; tum enim praetenta luminibus adversus solis impetus progrediens ad occidentem efficit ea temperata ad id tempus, quo opus solitum est uti. Aestiva ad septentrionem, quod ea regio, non ut reliquae per solstitium propter calorem efficiuntur aestuosae, ea quod est aversa a solis cursu, semper refrigerata et salubritatem et voluptatem in usu praestat" (Vitruvio, De architectura, VI, 4, 2). LA TAVOLA La mensa possiede altresì una valenza estetica: alcuni hanno l'abitudine di allestire il triclinio in una galleria di quadri, altri in un deposito della frutta: "quod spectaculum datur ab arte, cur non quod natura datum utantur in venustate disposita pomorum" (Varrone, De re rustica, I, 59, 2). Nessuna meraviglia se certi ospiti si servono di ciò che la natura offre in una bella esposizione di frutta, anch'essa vera e propria opera d'arte, per rallegrare gli animi dei convitati. A volte una pioggia di petali di fiori cade dall'alto, mentre dal pavimento esala l'aroma dell'infuso di verbena. L'attenzione nei confronti dei profumi e delle spezie odorose è oltretutto da intendersi come codice comunicativo della familiarità oppure dell'inimicizia. Il sistema alimentare costituisce una pratica culturale, che sottolinea le disparità su piccola o grande scala, e dunque svela le ineguaglianze sociali oppure etniche. Ad esempio l'intolleranza dei Romani, nei confronti dei barbari, si estrinseca persino nell'avversione verso il loro modo di cucinare, per via dello sgradevole odore di burro rancido, largamente impiegato dai Germani. La negazione del "diverso" appare marcata anche in termini olfattivi perché, a seconda dei casi, il pranzo può rappresentare l'espressione oppure l'antitesi del proprio mondo. La tavola è assimilata all'ara sacrificale e alla terra feconda, in quanto offre i cibi e tale prerogativa la rende in grado di riunificare le forze spirituali che rischiano di disperdersi o che si contrastano. Il 22 febbraio si svolgono le Caristia, feste istituite per ristabilire la concordia nell'ambito dei nuclei familiari e proprio per questo riservate solo ai parenti più stretti, durante le quali si celebra il banchetto sacro: "Convivium etiam sollemne maiores instituerunt idque Caristia appellaverunt" (Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri, II, 1, 8) . Peraltro la tavola è posta al centro della sala, in quanto rispecchia la credenza nella centralità della terra rispetto all'intero universo. Si stabilisce in tal modo una fitta rete di parallelismi tra micro e macro cosmo. L'esempio più eclatante è documentato dalla cena di Trimalcione, per la quale il cuoco ha allestito una ricostruzione delle costellazioni celesti, ponendo ogni cibo in analogia con le prerogative dei diversi segni zodiacali: "Rotundum enim repositorium duodecim habebat signa in orbe disposita, super quae proprium convenientemque materiae structor imposuerat cibum" (Petronio, Satyricon, 35, 2). Quadranti magici proteggono le mense più antiche e sulle focacce di farro, adibite al medesimo uso dei piatti, si tracciano le linee corrispondenti alle ripartizioni del cielo: simbolici cardo e decumano di un piccolo possesso spaziale. Eppure, quando la fame urge e non c'è più nulla da consumare anche le mense sono addentate, come racconta Virgilio, a proposito dei Troiani appena sbarcati sulle coste laziali: Consumptis hic forte aliis, ut vertere morsus / exiguam in Cererem penuria adegit edendi / et violare manu malisque audacibus orbem / fatalis crusti patulis nec parcere quadris" (Virgilio, Aeneis, VII, vv.112-115). Col passare dei secoli, i rituali divergono rispetto alla sacralità delle origini e il banchetto diviene occasione per trasformarsi in teatro della crudeltà, come testimonia Elio Lampridio nella biografia di Antonino Eliogabalo. L'imperatore fa sedere i commensali di bassa condizione su cuscini pieni d'aria, che sono improvvisamente sgonfiati, in modo da costringere l'ospite a mangiare sotto il tavolo, oppure ai suoi parassiti imbandisce una cena con cibi fatti di cera, di legno, di avorio o di altri materiali, riproducenti alla perfezione le vivande che egli stesso assapora e, parossismo della beffa, obbliga i malcapitati a lavarsi le mani tra una portata e l'altra: "Parasitis in secunda mensa saepe ceream cenam, saepe ligneam, saepe eburneam, aliquando fictilem, nonnumquam vel marmoream vel lapideam exhibuit, ita ut omnia illis exhiberentur videnda de diversa materia, quae ipse cenabat, cum tantum biberent per singula fercula et manus, quasi comedissent, lavarent" (Elio Lampridio, Antoninus Heliogabalus, 25, 9) FONTI LATINE La parca mensa del contadino (Virgilio, 1 Egloga vv. 80-82) "...sunt nobis midia poma castaneae molles et pressi copia lacti". La misura nel mangiare e nel bere (Celso) "...cibus e salsamentis oleribus, similibusque rebus melius incipit, tum caro assumendo est quae assa optima, aut elixa est. Condita omnia duabus de causis inutilia sunt: quoniam et plus propter dulcedinem assumitur et tamen aegrius conquitur; seconda mensa bono stomacho hihil nocet, in imbecillo coacescit. Post multas potiones, quae aliquantum sitim excesserunt, nihil edendum est. Ubi expletus esy aliquis facilius concoquit si quid assunsit, potione aquae frigidae includit, tum panlisper invigilat, deunde bene dormit. Si quis interdim se impluvit, post cibum neque frigori, neque aestui, neque labori se debet committere". Un detto proverbiale (da una satira di Orazio) "Ab ovo usque ad mala". Doveri della contadina (M. Porcio Catone, De agricoltura) "Vilicae quae sunto officia, curato faciat. Ne nimium luxuriosa sit. Ad cenam neque eat neve ambulatrix sit. Munda sit, focum purum circudersum cotidie, priusquam cubitum eat, habeat. Kalendis, Idibus, Nonis, festus dies cum erit, coronam in focum iudat, per eosdem dies Lari familiari procopia supplicet. Cibum familiae curet uti coctum habeat, gallinas nmltas et ova uti habeat. Píra arida, sorba, ficos, uvas passas, sorba in sopra et pira et uva in doliis et mala strutea, uvas in venaciis et in urceis in terra obrutas et nuces prenestinas recentes in urceo in terra obrutas habeat. Mala Scantiana in doliis et alia quae condi solent et silvatica, haec omnia quotannis diligenter uti condita habeat. Farinam bonam et far sustile sciat facere ". Le triglie costano care (Giovenale, Satira XI) "Etiam quum piscis emetur, tibi gobio tantum ne mullum, cum sit in loculis". Il banchetto alla reggia di Didone (Virgilio, Eneide, dal libro 1°, versi scelti) "Dant manibus formuli, lymphas Cererenique canistris expediunt tonsisque ferunt mantelia villis. Quìnquaginta intus famulae, quibus ordine longam cura penum struere et flaminis adolere penatis; Centum aliae totidemque pares aetate ministri, qui dapibus mensas onerent et pocula ponant... Postquam prima quies opulis mensaeque remotae crateras magnos statunvit et vina coronant. It strepitus tectis vocemque per ampli volutant atria, dependent lychini laquearibas aureis incensi et noctem flammis funalia cincunt. Hic regina...implevit mero pateram... tum facta silentia tectis... Juppiter... lume laetum Tyriis diem...Troiaque profectis esse velis nostrasque huius memínisse minores Adsit laetitiae Bacchus dator et bona June; et vos coetum, Tyrii, celebrate faventes". "...odio i lussi persiani..." (Orazio, Ode I, n. 38) "Persicos odi, puer, adparatus, displicent nexae philyra coronae... Simplici myrto nihil adlabores sedulus curo, neque te ministrum dedect myrtus neque me sub arta vite bibentem". "Quando si ha fame si mangia anche il piatto" (Virgilio, Eneide, libro VII) "Aenas primique duces et pulcher Julus corpora sub ramis deponunt arboris altae, institueruntque dapes ed adorea liba per herbam subiciunt epulis (sic Juppiter ipse monebat) et Cereale solum pomis agrestibus augent. Consumptis hic forte aliis, ut vertere morsus exiguam in Cererem penuria adegit edendi, et violare manu malisque andacibus orbem fatalis crusti patulis nec parcere quadiis: - Heus, etiam mensas consumimus - inquit Julius, nec plura, adludens ". ( ) non leggere le parole tra parentesi, in quanto si riferiscono ad episodi precedenti o posteriori al brano. "...abbiamo mele mature, castagne dolci ed abbondanza di cacio". "Il pranzo comincia meglio dalle salse, dai legumi e simili cibarie, poi si deve mangiare la carne che è ottima arrostita o lessata. Tutti gli aromi sono inutili per due ragioni: perché si mangia di più a causa della saporosità e perché più a fatica si digerisce. La seconda portata per nulla nuoce ad uno stomaco buono, produce acidità nel debole. Dopo molte bevande che hanno alquanto tolto la sete non si deve mangiar nulla. Quando uno è sazio più facilmente digerisce se ha preso qualche pozione, se chiude con una bevanda di acqua fresca, allora per un po' sta sveglio, poi dorme bene. Se uno durante il giorno si è abbuffato, dopo il cibo non devesi esporre né al caldo né al freddo né alla fatica". "Dall'uovo alle mele"(cioè da principio del pranzo alla frutta, ossia dal principio alla fine). "Fa in modo che la contadina adempia ai suoi doveri. Non sia troppo spendacciona. Non vada a cena fuori, e non sia gironzolona. Sia pulita, lasci ogni giorno il focolare pulito e accuratamente spazzato prima di andare a letto. Alle calende, alle idi e alle none, quando sarà festa, metta una corona sul focolare e in quei giorni sacrifichi al Lare familiare secondo le possibilità. Si preoccupi di tener pronto il cibo per tutta la famiglia. Abbia molte galline e molte uova. Tenga in serbo pere, sorbe, fichi, uva passa, sorbe nel mosto cotto, pere e uva nei vasi, e mele cotogne, uva in vinacce conservata in orci sotterrati e noci prenestine dell'annata conservate in un orcio sotterrato. Quanto alle mele scanziane (di una zona della Campania) alle selvatiche ed alle altre che si devono conservare nei vasi, abbia cura ogni anno di metterle in conserva con diligenza. E sappia fare la farina buona e il farro sottile". "Anche quando compri il pesce non bramar la triglia se nel borsellino hai soltanto un ghiozzo". "I servi danno l'acqua alle mani, porgendo tovaglioli finissimi, e tolgono dai cesti il pane. Nell'interno lavorano cinquanta ancelle, cui spetta preparare con ordine la lunga serie dei cibi e onorare i Penati bruciando primizie. Altre cento fanciulle e cento valletti di pari età assicurano il servizio alle mense, portando i cibi in tavola, disponendo le coppe e versando da bere. Appena finito il banchetto, i valletti levarono i cibi dalle mense e vi posero quindi vasi colmi di vino sino all'orlo. Il palazzo rimbomba di gioioso strepito e i convitati fan risuonare le voci per le stanze spaziose; lampade accese pendono dai soffitti dorati, le fiamme delle torce vincono la notte. Allora la regina chiede di riempire di vino la coppa e si fa dovunque silenzio: Giove (dice) consenti che questo giorno sia lieto per i Tiri e per gli esuli troiani, che i nostri discendenti ne serbino memoria. Ci assistano Bacco, creatore di gioia, e Giunone e voi cartaginesi con animo lieto celebrate il convito!" "Odio i lussi persiani, mi urtano le corone intessute con fili di tiglio. Non m'importa che tu t'affatichi solerte ad aggiungere qualche cosa al semplice mirto, né a te che mesci sconviene il mirto né a me che bevo sotto un alto pergolato". "Enea, i capi supremi e il bello Julo distendono i corpi sotto i rami di un alto albero e preparano i cibi e mettono sull'erba focacce di grano come fossero tavole (così Giove stesso consigliava) e i deschi fatti di cereali colmano di frutta. Consumati qui (per caso) quei cibi, allorché la penuria del mangiare li spinse a volgere i morsi sui sottili piatti disseccati, fatti con acqua e farina e a spezzare con la mano (e con audaci malizie) l'orlo del pane (fatale) e a non risparmiare i grossi pezzi: -"Ahimè, noi mangiamo anche le mense - disse Julo, scherzando e poi tacque". IL RITO DEL CUOCO Il rito del pasto ha dunque una sua valenza spettacolare che Eliogabalo ha enfatizzato all'eccesso, perché osservare chi mangia o chi è impedito a farlo equivale ad assistere alla messa in scena di certe passioni, avidità, bramosie, incontinenze e persino impudicizie. Ma per la verità nel pasto si esalta anche un'altra valenza spettacolare che ha alle spalle un regista chiamato cuoco, sopraffino prestigiatore di sostanze, forme, profumi e colori. Gli antichi romani non hanno un cuoco fisso alle loro dipendenze, ma lo affittano in base alle esigenze. Le modalità di contrattazione, che si svolgono al mercato, sono vivacemente descritte in una commedia di Plauto: Pseudulus. Non manca, in questo caso, una parodia della sacralità, perché Plauto sa ben smascherare, grazie alle parole del cuoco millantatore, la paradossale ossessione di voler rispecchiare nei comportamenti degli dei ogni passione umana. CUOCO: Appena tutte le casseruole bollono, le scoperchio; e l'odore sale in cielo con i piedi a bilanciere. BALLIONE: L'odore con i piedi a bilanciere? CUOCO: Che stupido! mi sono imbrogliato. BALLIONE: E allora? CUOCO: Con le braccia a bilanciere, volevo dire; con quell'odore Giove ci fa banchetto ogni giorno. BALLIONE: E se tu non cucini, come fa a mangiare Giove? CUOCO: Va a letto senza cena. (Plauto, Pseudulus, Atto III, scena 2^, vv.840-846, a cura di G. Augello, UTET, Torino, 1968) Virtuosi della cucina, i cuochi dell'età imperiale sanno manipolare così bene le materie prime, da poterle servire in tavola sotto l'apparenza di cibarie sempre diverse. L'ospite ignaro corre il rischio di mangiare zucca per antipasto, per primo piatto, per secondo, terzo e dessert. Ricavate dalla zucca sono infatti le lenticchie, i funghi, i pesci e persino la coda di tonno: "Hinc exit varium coco minutal, / ut lentem positam fabamque credas; / boletos imitatur et botellos, / et caudam cybii brevesque maenas" (Marziale, Epigrammata, XI, 31, vv. 11-14). Eppure, tra tanta passione per il cibo, non manca un invito al vegetarianesimo d'ispirazione pitagorica, invito dettato soprattutto da una forma di rispetto nei confronti degli altri esseri viventi, che meritano d'essere risparmiati, vista la profusione di messi e frutta a disposizione dell'uomo: "Parcite, mortales, dapibus temerare nefandis / corpora! sunt fruges, sunt deducentia ramos / pondere poma suo tumidaeque in vitibus uvae; / sunt herbae dulces, sunt, quae mitescere flamma / mollirique queant, nec vobis lacteus umor / eripitur nec mella thymi redolentia flore; / prodiga divitias alimentaque mitia tellus / suggerit atque epulas sine caede et sanguine praebet" (Ovidio, Metamorphoseon, XV, vv. 75-82). Un invito tuttavia disatteso dai più, che invece fanno a gara per gustare le prelibatezze offerte dagli animali esotici o pregiati: pavone di Samo, francolino di Frigia, ostriche, murene, gru ed altri, copiosamente citati nei testi di Orazio, Apuleio o Plinio. Ma in epoca tardo-imperiale l' eccessiva frollatura della carne, il suo consumo quotidiano e l'abuso d'aceto costituiscono una minaccia per una dieta sana, così come la cottura dei cibi nelle pentole di piombo; molti nostalgici del tempo antico notano infatti che le abitudini mangerecce si sono progressivamente trasformate in analogia con altri pericolosi stravizi. Se è vero che ogni testo si presta a molteplici livelli interpretativi e fornisce indizi di vario grado, persino il De re coquinaria di Apicio non si configura unicamente quale accattivante manuale di gastronomia, ma è interpretabile anche come specchio della realtà sociale, che consente di recepire, attraverso le sofisticate evoluzioni del gusto, la progressiva implosione del sistema romano: nell'ossessione della tavola si consuma l'esistenza di chi vuole fagocitare la vita nello stesso momento in cui ingurgita cibo. E veramente un'intera civiltà precipita nella voragine di quella grande gola, "peragrantis gulae", che va per il mondo alla ricerca dei sapori e disprezza ciò che è facilmente raggiungibile: "per luxum animi parata atque facilia fastidientis per inprobam satietatis lasciviam"(Gellio, Noctes Atticae, VI, 16, 6). COME SI CUCINA IL CINGHIALE M. Gavio Apicio, vissuto nel I secolo sotto Tiberio, consumò in gozzoviglie la maggior parte del suo ricchissimo patrimonio e finì per uccidersi nel timore di non poter più accontentare la sua gola come avrebbe desiderato. Ci lasciò però un trattato, De re coquinaria giuntoci rimaneggiato), che ha interessanti ricette. 1) Aper ita conditur: spongiatur, et sic aspergitur ei sal et cuminum frictum, et sic manet. Alia die mittitur in furnum. Cum coctus fuerit, perfunditur piper tritum, mel, liquamen et passum 2) Aliter in apro: aqua marina cum ramulis lauri aprum elixas quousque madescat. Corium ei tolles. Cum sale, sinapi, aceto inferes. 3) Aliter in apro: teres piper, ligusticum, origanum, bacas myrtae exenteratas, coriandrum, cepas; suffundes mel, vinum, liquamen, oleum modice; calefacies, amulo obligas. Aprum in furno coctum perfundes. Hoc et in omne genus carnis ferinae facies. 4) In aprum assum iura ferventia facies sic: piper, cuminum frictum, apii semen, mentam, thymum, satureiam, cneci flos, nucleos tostos, vel amygdala tosta, mel, vinum, liquamen, acetum et oleum modice. 5) Ius frigidum in aprum elixum: piper, ligusticum, cuminum, anethi semen et thymum, origanum, silfi modicum, erucae semen plusculum, suffundes merum, condimenta viridia modica, cepam, ponticas, vel amygdala fricta, dactylum, mel, acetum, merum modícum, liquamen, oleum. 6) Aliter ius in apro: teres piper, ligusticum, origanum, apii semen, laseris radícem, cuminum, feniculi semen, rutam, liquamen, vinum passum; facíes ut ferveat; cum ferbuerit, amulo obligas; aprum intro foras tanges et inferes. Le carni costituivano il piatto forte della cucina dei ricchi romani. La selvaggina poi era sempre una cosa ghiotta. La si cucinava spesso appena cacciata, con salse e spezie piccanti. Ecco alcune delle ricette, che Apicio ci tramanda, per gustare il cinghiale. 1) Il cinghiale si cucina così: si lava con una spugna, lo si cosparge di sale e di cumino abbrustolito e così lo si lascia. Il giorno dopo si mette in forno. Una volta cotto, lo si cosparge di miele, salsa (fatta di pesce) e vin santo. 2) Altra ricetta: lessa il cinghiale in acqua marina con ramoscelli di lauro, finché si imbeva tutto. Toglierai la cotenna e lo porrai in tavola con senape, sale e aceto. 3) Altra ricetta per il cinghiale: triterai pepe, ligustro, origano, bacche di mirto sgusciate, coriandolo, cipolle; versaci sopra miele, vino salsa (di pesce), non necessariamente olio; scaldalo e legalo con amido. Versa il tutto sul cinghiale cotto al forno. Farai questo per ogni genere di selvaggina. 4) Per il cinghiale arrosto farai questa salsa bollente con pepe, cumino arrosto, seme di sedano, menta, timo, santoreggia, fiore di cartamo, semi tostati, mandorle tostate, miele, vino, salsa (di pesce) poco olio e aceto. 5) Salsa fredda per cinghiale bollito: pepe, ligustro, cumino, seme di aneto, timo, origano, un po' di silfo (?), un po' di seme di ruga, verserai dentro un po' di "odori", cipolla, nocciole o mandorle tostate, datteri, miele, aceto, salsa (di pesce), olio. 6) Altra salsa per il cinghiale: triterai pepe, ligustro, origano, seme di sedano, radice di laserpizio (?), cumino, seme di finocchio, ruta, salsa (di pesce) vin santo; fai bollire il tutto. Quando sarà bollito legalo con amido. Bagna il cinghiale di fuori e di dentro. LA SALATURA (Catone, De Agricultura, 162, 1-3) Pernas sallire sic oportet in dolio aut in seria. Cum pernas emeris, ungulas earum praecidito. In fundo dolii aut seriae sale sternito, deinde pernam ponito et sale obruito totam. Deinde alteram insuper ponito, eodem modo obruito. Caveto ne caro carnem tangat. Ita omnes obruito. Ubi iam omnes composueris, sale insuper obrue, ne caro appareat; aequle facito. Ubi iam dies quinque in sale fuerint, eximito omnes cum suo sale. Quae tum summae fuerint, imas facito eodemque modo obruito et componito. Post dies omnino duodecim pernas eximito et salem omnem detergeto et suspendito in vento biduum. Die tertio extergeto spongea bene, perungito oleo et aceto commixto, suspendito in carnario. Nec tinia nec vermes tangent. I cosci devono così essere salati nella botte o nel vaso. Prese le zampe taglia le unghie; (metti) mezzo moggio di sale romano (salgemma) pestato in ciascun (coscio). In fondo alla botte o al vaso spargi il sale, quindi posaci il coscio, la pelle rivolta all'ingiù, lo coprirai tutto di sale. Quindi poserai sopra un altro prosciutto, nello stesso modo lo coprirai, guarda che la carne non tocchi la carne. Così li coprirai tutti. Quando già tutti li avrai riuniti, metti sopra il sale, così che la carne ne sia coperta: pareggialo. Quando saranno stati cinque giorni nel sale li toglierai tutti con il loro sale, quelli che erano in alto li metterai in basso e allo stesso modo li coprirai di sale e li metterai a strati. Dopo dodici giorni togli i cosci e ripuliscili dal sale e per due giorni appendili all'aria. Il terzo giorno pulisci bene con una spugna, ungi di olio ed appendili ad affumicare. Il terzo giorno staccali, ungili bene di olio e aceto mescolati, e appendili nella dispensa della carne: non li toccheranno più né la muffa, né i vermi. ALCUNE RICETTE DELL'ANTICA CUCINA ROMANA Cucina dè Roma Ricette di casa nostra per tutti i buongustai... Abbiamo creato questo ricettario per far conoscere la tradizione culinaria Romana e far apprezzare le ricette in esso contenute cucinate da noi quotidianamente. A presto e...Buon Appetito !!!! A chi può far piacere inviare commenti, consigli, altre ricette romane e per ulteriori spiegazioni mettiamo a disposizione una casella email Bucatini alla Amatriciana Ingredienti per 4 persone bucatini gr.400 guanciale affumicato gr.100 pancetta tesa gr.40 6 pomodori ( maturi ) pecorino romano sale, pepe cipolla olio d'oliva vino Vino consigliato: 40/45 minuti Tempi di preparazione: rosatello Cerveteri PREPARAZIONE: Tagliare a fettine fine mezza cipolla, tagliare a cubetti sia il guanciale che la pancetta, lavare i pomodori e asciugarli, quindi tagliarli a pezzi. COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. In un tegame mettere un po' d'olio di oliva e far scaldare bene, aggiungere la cipolla e far imbiondire, quindi aggiungere il guanciale e la pancetta, lasciare appena scottare versare 1/4 di bicchiere di vino bianco e far evaporare. Regolare di sale e aggiungere un pizzico di pepe, mescolare bene il tutto con un cucchiaio di legno che sarà lasciato dentro la pentola durante tutta la cottura, coprire con il coperchio. N.B. Il sugo deve cuocere a fuoco basso per circa 30 minuti. Scolare i bucatini e aggiungerli al sugo insieme al pecorino romano. Servire nei piatti e .. BUON APPETITO!!! Spaghetti (o rigatoni) alla carbonara Ingredienti per 4 persone spaghetti o rigatoni gr.400 guanciale o pancetta di maiale gr.120 3 uova, sale, pepe cipolla pecorino romano gr. 100 Vino consigliato: 30 minuti Tempi di preparazione: bianco di Frascati PREPARAZIONE: Tagliare la pancetta a dadini, sbattere le uova e aggiungere sale, pepe e un po' di pecorino grattugiato. Tagliare la cipolla a fettine fine. COTTURA:Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. Pochi minuti prima di calare la pasta, in un tegame mettere l'olio di oliva a scaldare aggiungere la cipolla e far imbiondire e poi anche la pancetta a rosolare. Scolare la pasta, versarla nel tegame, aggiungere SUBITO le uova sbattute e amalgamare velocemente il tutto.Servire nei piatti ben caldo e aggiungere altro pecorino grattugiato a piacere . BUON APPETITO!!! Spaghetti cacio e pepe Ingredienti per 4 persone spaghetti gr. 400 pecorino romano gr. 200 una noce di burro sale, pepe Vino consigliato: 40/45 minuti Tempi di preparazione: bianco Marino PREPARAZIONE E COTTURA: Cuocere gli spaghetti, scolarli non completamente lasciandoli leggermente brodosi. Aggiungere la noce di burro abbondante pecorino romano grattugiato e pepe. Amalgamare il tutto e...BUON APPETITO!!! Spaghetti aglio, olio e peperoncino Ingredienti per 4 persone spaghetti gr. 400 aglio, olio, sale peperoncino prezzemolo fresco Vino consigliato: bianco Frascati Tempi di preparazione: 15/20 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. 6/7 minuti prima di scolare la pasta mettere in un tegame l'olio, l'aglio e peperoncino ad imbiondire scolare gli spaghetti e versarli nel condimento, girare bene e aggiungere il prezzemolo. BUON APPETITO!!!! Tagliatelle alla carrettiera Ingredienti per 4 persone tagliatelle gr. 400 funghi secchi gr. 40 olio d'oliva aglio ventresca di tonno gr. 100 peperoncino pomodoro gr. 500 Vino consigliato: bianco Frascati Tempi di preparazione: 30/35 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Mettere i funghi secchi a bagno in acqua tiepida per farli rinvenire e poi scolarli con un passino. Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. In un tegame mettere l'olio a scaldare aggiungere l'aglio tagliato a fette non troppo piccole e far imbiondire, aggiungere i funghi poi il tonno, il peperoncino, il pomodoro e regolare di sale. Lasciare restringere bene. Scolare la pasta e aggiungerla al condimento. Servire subito e... BUON APPETITO!!! Fettuccine alla papalina Ingredienti per 4 persone fettuccine larghe gr. 400 prosciutto crudo gr. 100 burro gr. 100 panna gr. 50 cipolla piselli 125 gr. parmigiano gr. 100 2 uova olio, sale, pepe Vino consiglito: bianco Ariccia Tempi di preparazione: PREPARAZIONE: Tagliare a striscette il prosciutto, tagliare a fettine fine la cipolla, sbattere le uova con un pizzico di sale. Grattugiare il parmigiano. COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. In un tegame far sciogliere il burro, aggiungere la cipolla, il prosciutto a striscette, i piselli e anche le uova sbattute, unire il parmigiano grattugiato, regolare di sale e pepe fino a formare una salsa compatta. Aggiungere la panna. Scolare la pasta e amalgamarla nel tegame con il condimento. BUON APPETITO!!! Fettuccine alla Ciociara Ingredienti per 4 persone fettuccine gr. 400 sugo di carne in umido prosciutto crudo gr. 100 funghi gr. 70 piselli 1 scatola olio, aglio, sale, pepe parmigiano grattugiato q.b. prezzemolo fresco Vino consigliato: bianco di Colleferro Tempi di preparazione: 40/45 minuti PREPARAZIONE: Tagliare a striscioline il prosciutto crudo. In un pentolino mettere l'olio e il prosciutto a far rosolare, aggiungere i piselli e far cuocere per 15/20 minuti. *In un altro tegame far rosolare 1 spicchio d'aglio con un po' d'olio aggiungere i funghi e far cuocere per 15/20 minuti. Salare a piacere e grattugiare il parmigiano. COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. Una volta cotti aggiungere i funghi ai piselli e del sugo in umido preparato precedentemente. Scolare la pasta e aggiungerla al condimento e mantecare il tutto. Aggiungere il parmigiano grattugiato e una spruzzata di prezzemolo fresco. BUON APPETITO!!! *N.B. Lo spicchio d'aglio va tolto prima della fine della cottura dal pentolino con i funghi. Pasta e fagioli Ingredienti per 4 persone fagioli freschi gr. 400 pasta corta da minestrone gr. 200 cotiche di prosciutto gr. 100 (in alternativa pancetta o guanciale) pomodori maturi gr. 250 (scolati) sedano, cipolla prosciutto crudo gr. 50 olio, sale, pepe Vino consigliato: Colli A lbani Tempi di Preparazione: circa 2 ore PREPARAZIONE E COTTURA: Far lessare i fagioli in acqua e sale per circa 1 ora e mezza. Mezz'ora prima della fine della cottura aggiungere le cotiche tagliate a pezzi. In un tegame mettere l'olio, cipolla tritata e aggiungere il prosciutto, il sedano a pezzetti e i pomodori e far cuocere il tutto per 20 minuti a fuoco lento aggiungere sale e pepe q.b.; aggiungere il composto 1/4 d'ora prima della fine della cottura dei fagioli. Quindi aggiungere la pasta, far addensare e terminare la cottura. Servire caldo e ... BUON APPETITO!!! N.B. A seconda dei gusti aggiungere parmigiano o pecorino grattugiati. Pasta e ceci Ingredienti per 4 persone ceci secchi gr. 250 pasta corta da minestrone gr. 250 pomodoro gr. 100 (scolati) olio, sale, pepe rosmarino, aglio PREPARAZIONE: Mettere a bagno i ceci una notte prima in abbondante acqua leggermente salata. COTTURA: Mettere in una pentola 1 litro, 1 litro e mezzo di acqua e quando bolle aggiungere sale, rosmarino, il pomodoro e l'aglio tagliato a fettine ed i ceci. Far cuocere il tutto per circa 1 ora, aggiungere quindi la pasta e terminare la cottura. BUON APPETITO!!! N.B. a chi piace può fare un soffritto con della pancetta a dadini, un po' di conserva di pomodoro e pepe e aggiungerlo prima di fine cottura ai ceci insieme alla pasta. Pasta alla checca Ingredienti per 4 persone farfalle gr. 400 mozzarella gr. 200 caciotta romana dolce gr. 100 4 pomodori maturi basilico, olio d'oliva sale, pepe Vino consigliato: bianco frizzantino di Velletri Tempi di preparazione: 15/20 minuti PREPARAZIONE: Tagliare a dadini la mozzarella, la caciotta romana e i pomodori. COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. In un piatto mettere la mozzarella e la caciotta romana, i pomodori, il basilico fresco olio d'oliva, sale e pepe. Scolare la pasta e versarla nella terrina con il condimento e mescolare bene. BUON APPETITO!!! N.B. Adagiare il piatto con il composto al posto del coperchio della pentola della pasta per farlo riscaldare per tutta la durata della cottura della pasta. Penne alla arrabbiata Ingredienti per 4 persone penne gr. 400 pomodoro gr. 500 aglio, olio prezzemolo fresco peperoncino Vino consigliato: rasatello di Cisterna Tempi di preparazione: 40/45 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Portare ad ebollizione la pentola per la cottura della pasta. In un tegame mettere l'olio e l'aglio, tagliato a fettine non troppo fine ad imbiondire, aggiungere il peperoncino in abbondanza poi il pomodoro e far cuocere per circa 30 minuti. Regolare di sale. Scolare la pasta e versarla nel sugo ben caldo. Servire nei piatti cospargendo con prezzemolo fresco. BUON APPETITO!!! Minestre con il battuto Ingredienti per 4 persone pancetta magra gr. 50 aglio, sedano pomodoro gr. 100 (scolati) prezzemolo carota pasta corta gr. 200 parmigiano grattugiato Vino consigliato: bianco di Frascati Tempi di preparazione: 30/40 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: In un tegame far colorire la pancetta a cubetti, a fuoco basso, con uno spicchio di aglio, un cucchiaio di prezzemolo, 2 gambi di sedano, i pomodori e 2 carote. Regolare di sale e far cuocere per 20 minuti solo alla fine aggiungere la minestra preparata in precedenza a piacere vostro. BUON APPETITO!!! BREVE NOTA: il battuto e' un condimento antico che nella cucina romana classica e' usato in quasi tutte le minestre e zuppe. Quadrucci e piselli Ingredienti per 4 persone piselli gr. 300 quadrucci all'uovo gr. 300 guanciale o pancetta gr. 100 pomodoro gr. 200 (scolato) olio, sale, pepe Vino consigliato: bianco di Capena Tempi di preparazione: 35/40 minuti PREPARAZIONE:Tagliare la pancetta a dadini. COTTURA: In un tegame mettere dell'olio a far colorire con la pancetta. Aggiungere il pomodoro, acqua a sufficienza e far cuocere per 10 minuti. Aggiungere i piselli scolati, sale e pepe q.b. e quando saranno cotti, dopo circa 20 minuti, aggiungere i quadrucci all'uovo per terminare la cottura, servire calda. BUON APPETITO!!! Stracciatella Ingredienti per 4 persone 2 uova 4 cucchiai di parmigiano 1 litro di brodo Vino consigliato: bianco di Marino Tempi di preparazione: 30 minuti circa PREPARAZIONE: Sbattere le uova con un pizzico di sale e aggiungere il parmigiano grattugiato. COTTURA: Preparare il brodo, aggiungere le uova sbattute e amalgamare molto velocemente con un frustino. Se si preferisce, prima di aggiungere le uova, mettere della pastina (circa gr. 200) tipo quadrucci all'uovo e soltanto dopo aggiungere le uova. BUON APPETITO!!! Foto primi piatti Foto secondi piatti Foto contorni e dolci Abbinamenti consigliati Pollo con peperoni Ingredienti per 4 persone pollo a pezzi Kg 1 peperoni arrostiti gr. 500 salsa di pomodoro gr. 300 aglio, sale, pepe olio d'oliva 1/2 bicchiere di vino bianco Vino consigliato: bianco Frascati Tempi di preparazione: 50 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: In un tegame insieme all'olio d'oliva mettere l'aglio ad imbiondire, aggiungere i pezzi di pollo e farli rosolare. Regolare di sale e pepe, aggiungere il mezzo bicchiere di vino bianco. Quando sarà evaporato aggiungere la salsa di pomodoro e i peperoni già arrostiti e tagliati a strisce. Far insaporire per circa 15 minuti a fuoco vivace. BUON APPETITO!! Filetti di baccalà Ingredienti per 4 persone filetti di baccalà gr. 800 farina gr. 300 sale, olio d'oliva Vino consigliato: bianco di Montecompatri Tempi di preparazione: 30 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: In una ciotola preparare una pastella composta di farina , acqua e sale. Mescolare con un cucchiaio di legno, deve risultare omogenea e senza grumi. Lasciarla riposare per circa 10 minuti. Mettere una padella con l'olio d'oliva sul fuoco a scaldare, quindi passare i filetti di baccalà nella pastella e subito cuocerli nell'olio ben caldo. BUON APPETITO!!! Abbacchio o capretto arrosto Ingredienti per 4 persone carne di agnello o capretto Kg 1 olio d'oliva, rosmarino, aglio sale, pepe patate gr.500 mezzo bicchiere di vino rosso Vino consigliato: rosso Acilia Tempi di preparazione: 2 ore circa PREPARAZIONE E COTTURA: Sistemare il pezzo di carne in una teglia unta d'olio e cosparsa sul fondo di sale, aggiungere il mezzo bicchiere di vino e 4 spicchi d'aglio ai lati della teglia, leggermente schiacciati con le mani e con tutta la buccia. Tagliare le patate a spicchi grossi, lavarle e asciugarle e sistemarle intorno alla carne.Condire con sale, pepe, olio, qualche ciuffetto di rosmarino.Passare in forno a 200/220° per circa 2 ore, finché la carne sia ben dorata (controllare di tanto in tanto la cottura).Circa a metà cottura girare bene il tutto. *** Anticamente si cospargeva la carne di strutto. Abbacchio o capretto brodettato Ingredienti per 4 persone agnellino da latte Kg 1 prosciutto gr. 100 cipolla, sale, pepe olio d'oliva, prezzemolo farina, maggiorana 3 uova, vino bianco succo di limone Vino consigliato: Zagarolo Tempi di preparazione: 1 ora e 30 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Far colorire a fuoco moderato la carne a pezzi in un tegame con olio d'oliva prosciutto tagliato a dadini e mezza cipolla tritata regolare di sale. Quando la carne sarà cotta, dopo circa 40 minuti, far addensare unendo un cucchiaio di farina, mescolando e bagnando con mezzo bicchiere di vino. Quando il vino sarà evaporato coprire con acqua calda, aggiungendone ancora se si asciuga troppo, facendo cuocere a fuoco basso e con il coperchio. Si dovrà ottenere, a cottura ultimata, una salsa densa. Poco prima di portate in tavola versare sulla carne 2 o 3 rossi d'uovo sbattuti e diluiti con succo di limone, prezzemolo e maggiorana tritati. Mescolare e far addensare sempre a fuoco basso. Servire questo piatto caldissimo. BUON APPETITO!!! Costolette "scottadito" Ingredienti per 4 persone Costolette di abbacchio olio d'oliva sale, pepe un limone tagliato a spicchi Vino consigliato: Monteporzio Catone Tempi di preparazione: 10/15 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Allineare sulla gratella le costolette unte con un po' d'olio e condire con sale e pepe. Farle cuocere da una parte e dall'altra e servirle subito ancora caldissime. N.B. Lo spicchio di limone va sistemato sul piatto. BUON APPETITO!!! *** Questo piatto, famoso nel Lazio, rivela più di ogni altro l'antica origine e la semplicità della tradizione gastronomica di questa regione. Fritto alla romana Ingredienti per 4 persone 2 carciofi cervella di abbacchio gr. 100 animelle d'abbacchio gr. 100 fegato di vitello gr. 100 mozzarella gr. 100 ortaggi di stagione gr. 100 olio d'oliva farina gr. 300, sale 3 uova sbattute Vino consigliato: Marino Tempi di preparazione: 30/35 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Il tradizionale fritto misto alla romana è un piatto gustoso, raffinato e variato a seconda degli ingredienti di stagione. Gli ingredienti tagliati a pezzetti si passano prima nella farina e poi nell'uovo sbattuto (ricordarsi di mettere il sale). N.B. Le cervella e le animelle andranno prima pulita e bollite in acqua e aceto. La mozzarella può sostituire le cervella e le animelle. I carciofi possono essere sostituiti da altri ortaggi: cavolfiori, melanzane, filetti di zucchine, cardi, ovoli affettati. BUON APPETITO!!! Saltimbocca alla romana Ingredienti per 4 persone fettine di vitello sottili gr. 500 prosciutto crudo gr. 200 burro, salvia sale, pepe Vino consigliato: Cerveteri Tempi di preparazione: 15/20 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Spianare le fettine e posare su ognuna una foglia di salvia fresca e una fettina di prosciutto crudo che fermerete con uno stecchino.Far colorire la carne in una padella con un pò di burro sciolto, sale e pepe.Far cuocere a fuoco vivace per pochi minuti. Appena la carne avrà preso colore rigirarla e disporla su un piatto. Aggiungere al fondo di cottura un cucchiaio di acqua e una noce di burro. Appena il burro sarà liquefatto versare la salsa sulla carne. Servire i saltimbocca caldissimi. BUON APPETITO!!! Pajata in umido Ingredienti per 4 persone intestino di bue di vitello o agnello Kg 1 carote, sedano e cipolla sale, vino bianco salsa di pomodoro gr. 300 Vino consigliato: Frascati Tempi di preparazione: 2 ore circa PREPARAZIONE E COTTURA: La pajata è una parte dell'intestino di bue, del vitello o dell'agnello. Tagliarla a pezzetti e legare le estremità con un filo formando delle ciambelline. Far colorire la carne in un trito di sedano, carote e cipolle tagliati finemente bagnarla con un bicchiere di vino, quando il vino sarà evaporato aggiungere il pomodoro e regolare di sale. Far cuocere a fuoco basso per circa 2 ore aggiungendo acqua finché non si formerà un sugo denso e saporito con il quale si potrà anche condire la pasta. Pasta consigliata: rigatoni. BUON APPETITO!!! Coda alla vaccinara Ingredienti per 4 persone coda di vaccina Kg 1 sedano, cipolla, carota, aglio olio d'oliva, sale pepe, prezzemolo vino rosso mezzo bicchiere salsa di pomodoro gr. 300 Vino consigliato: Velletri Tempi di preparazione: 2 ore e 15 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Far colorire la carne in un tegame con: l'olio e un trito di cipolla, sedano, carota, aglio e prezzemolo, tagliati finemente . Regolare di sale e pepe. Quando la carne sarà colorita versare il 1/2 bicchiere di vino rosso e non appena sarà evaporato aggiungere la salsa di pomodoro. Aggiungere sempre acqua e far cuocere a fuoco basso e con il coperchio per circa 2 ore fino a che il sugo diventi denso. BUON APPETITO!!! Trippa Ingredienti per 4 persone trippa Kg. 1 (possibilmente già precotta) cipolla, sedano, carota mentuccia romana fresca olio, sale, pepe pecorino romano grattugiato sugo d'umido gr. 300 Vino consigliato: Zagarolo Tempi di preparazione: 40/45 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Tagliare a pezzetti la trippa già lessa, In un tegame insieme all'olio d'oliva mettere carota, sedano e cipolla tagliate grossolanamente e far rosolare per pochi minuti. Quindi aggiungere il sugo in umido di carne di manzo (oppure preparato con dei pezzi di prosciutto crudo) alla trippa, regolare di sale e pepe. Far cuocere il tutto per circa 30 minuti a fuoco basso con il coperchio. Servire calda con aggiunta di mentuccia romana fresca e pecorino grattugiato. BUON APPETITO!!! Frittata con zucchine Ingredienti per 4 persone 6 uova 2 zucchine olio, sale guanciale gr. 20 salsa di pomodoro 2 cucchiai Vino consigliato: Colli Albani Tempi di preparazione: 15/20 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Lavare le zucchine, asciugarle e tagliarle a fettine sottili e farle rosolare in una padella con olio d'oliva e guanciale tagliato a dadini. Aggiungere i 2 cucchiai di salsa di pomodoro e far addensare. Sbattere in una terrina le uova e condirle con sale e pepe. Non appena la salsa sarà addensata aggiungere le uova sbattute e far cuocere bene la frittata da entrambi i lati. BUON APPETITO!!! Seppie in umido Ingredienti per 4 persone seppie Kg. 1 salsa di pomodoro gr. 200 cipolla, aglio prezzemolo olio d'oliva, sale, pepe 1/2 bicchiere di vino bianco 2 alici sott'olio Vino consigliato: Colonna Tempi di preparazione: 45 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Sciacquare e pulire bene le seppie e tagliarle a strisce grossolanamente. Far colorire uno spicchio di aglio in un tegame con l'olio e mezza cipolla tritata e 2 alici fatte a pezzetti. Aggiungere mezzo bicchiere di vino e quando sarà parzialmente evaporato, la salsa di pomodoro e le seppie. Regolare di sale e pepe. Far cuocere a fuoco basso e con il coperchio per 30 /35 minuti circa. A cottura ultimata il sugo dovrà risultare denso,aggiungere il prezzemolo fresco. BUON APPETITO!!! Coratella con carciofi Ingredienti per 4 persone 4 carciofi coratella d'agnello gr. 500 olio d'oliva sale, pepe, limone Vino consigliato: Frascati Tempi di preparazione: 40/45 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Tagliare a spicchi i carciofi e farli cuocere in padella con un cucchiaio di olio d'oliva per circa 20/25 minuti. Se durante la cottura dovessero colorirsi troppo bagnarli con un po' d'acqua. Regolare di sale e pepe. Unire i carciofi alla coratella, che si sarà fatta cuocere a parte con un po' olio per circa mezz'ora, ed aggiungere a fine cottura, il sugo di mezzo limone. Far cuocere il tutto per altri 10 minuti. Il composto dovrà risultare né troppo asciutto né troppo molle. BUON APPETITO!!! "Coppiette" al sugo Ingredienti per 4 persone polpa di manzo tritata gr. 300 aglio, prezzemolo maggiorana, prosciutto noce moscata, sale, pepe grasso di prosciutto olio d'oliva, pomodoro uova, pan grattato parmigiano grattugiato Vino consigliato: Marino Tempi di preparazione: 30/35 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Queste polpette si possono preparare con carne cruda o con carne bollita. In entrambi i casi formare un composto di carne tritata, grasso di prosciutto, aglio prezzemolo, maggiorana noce moscata, mollica di pane bagnata d'acqua e poi strizzata, uova, parmigiano grattugiato. Formare con le mani bagnate le polpette, passarle nel pan grattato e friggerle. Allinearle in un tegame su uno strato di sugo d'umido i di sugo "finto", preparato con pomodoro, cipolla, sedano, carota, brodo, sale e pepe, e far sobbollire per qualche minuto. BUON APPETITO!!! Baccalà alla trasteverina Ingredienti per 4 persone baccalà già ammollato gr. 800 farina bianca gr.200 cipolle affettate gr. 400 1 spicchio di aglio leggermente schiacciato 1 acciuga dissalata e diliscata 1 cucchiaio di capperi sciacquati 1 cucchiaio di uvetta ammollata 1 cucchiaio di pinoli 1 cucchiaio di prezzemolo tritato olio d'oliva 1 spruzzata di succo di limone sale, pepe Vino consigliato: bianco dei Castelli Romani Tempi di preparazione: 20/25 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Sciacquare il baccalà, asciugatelo e tagliatelo a pezzi; infarinateli, scuotendo per togliere l'eccesso di farina e friggeteli in qualche cucchiaio di olio. Quando saranno dorati e croccanti da ambo le parti, scolateli e teneteli al caldo. Nello stesso condimento aggiungere ancora un po' d'olio e fatevi imbiondire lo spicchio d'aglio; toglietelo, poi appassitevi le cipolle con un pizzico di sale mettendo il coperchio. Aggiungete quindi i capperi, l'uvetta ammollata in acqua tiepida e i pinoli; fare sciogliere, fuori dal fuoco, l'acciuga. Ricoprire il fondo di una teglia con questo composto e disponetevi sopra i pezzi di baccalà irrorandoli con l'olio del sugo. Infornare a 220° per qualche minuto, togliere la teglia dal forno, distribuire il prezzemolo tritato, spruzzate con succo di limone e servire subito. BUON APPETITO!!! *** E' una preparazione particolarmente gustosa anche senza uvetta e pinoli. Lumache di San Giovanni Ingredienti per 4 persone 48 lumache con il guscio olio d'oliva 2 spicchi d'aglio acciughe sott'olio 1 scatola di pomodori pelati da gr. 500 un pizzico di peperoncino rosso mentuccia romana fresca sale, pepe Vino consigliato: Fiorano bianco Tempi di preparazione: 5 ore PREPARAZIONE E COTTURA: Se acquistate le lumache la preparazione è: immergerle prima in abbondante acqua fredda, scolatele e rimettetele quindi in un recipiente con sale grosso, aceto e un po' di farina; lasciatele spurgare per circa 2 ore scuotendole di tanto in tanto.Lavatele ancora in abbondante acqua ripetendo più volte il lavaggio. Scolatele, mettetele in una casseruola, coprite con dell'acqua fredda e fate prendere l'ebollizione a fuoco basso. Appena le lumache usciranno dal guscio fatele cuocere per circa 8 minuti a fuoco vivo. Scolatele e passatele sotto l'acqua fredda. Rimettetele in una casseruola, ricopritele abbondantemente di acqua e vino bianco in dosi uguali, aggiungetevi 8 gr. Di sale grosso per ogni litro di liquido, delle carote tagliate grossolanamente, cipolla e degli spicchi d'aglio e pepe in grani.Portate ad ebollizione a fuoco moderato e mantenete la cottura per circa 2 ore / 2 ore e mezza a seconda della grandezza delle lumache. Quando saranno cotte scolatele, togliete le lumache dal guscio, e eliminate la parte nera che si trova all'estremità. Ponete in un tegame dell'olio e fate soffriggere l'aglio, appena sarà dorato toglietelo, unite le acciughe e schiacciatele con un cucchiaio di legno, aggiungere i pomodori spezzettati, regolare di sale e pepe rigirare e far addensare leggermente la salsa, unite la mentuccia e il peperoncino lasciate insaporire per 5 minuti, aggiungete le lumache e lasciatele cuocere a fuoco moderato per circa 30 minuti. Servite in tavola e ..BUON APPETITO!!! *** Se le lumache vengono raccolte in giardino è necessario innanzitutto spurgarle rinchiudendole per 2 / 3 giorni in un recipiente dove possa entrare l'aria e mettendo loro a disposizione qualche foglia di insalata, un po' di mollica di pane bagnata nell'acqua e poi strizzata. Bruschetta alla romana Ingredienti per 4 persone 4 fette di pane casereccio (meglio se del giorno prima) 2 spicchi di aglio schiacciato 4 cucchiai di olio d'oliva sale, pepe Vino consigliato: Frascati Tempi di preparazione: 5/10 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Fate abbrustolire da ambo le parti le fette di pane casereccio su una graticola, poi strofinate accuratamente con gli spicchi di aglio schiacciato, quindi adagiatele su un piatto, conditele con sale e generoso pepe nero macinato al momento, irroratele con profumato olio d'oliva e servitele ben calde. BUON APPETITO!!! Crostini filanti alle alici Ingredienti per 4 persone mozzarella gr. 320 burro gr. 160 alcune fette di pane casereccio 3 alici dissalate mezzo bicchiere di latte poco sale, pepe Vino consigliato: Frascati Tempi di preparazione: 30 minuti PREPARARIONE E COTTURA: Ritagliate a fettine uniformi sia la mozzarella che il pane, spolverizzate leggermente con una presa scarsa di sale (tenendo conto delle acciughe salate) e di pepe macinato al momento, poi infilzatele, alternandole su quattro spiedini di ferro badando che ciascuna fettina di mozzarella risulti bene aderente al pezzetto di pane e terminando con quest'ultimo ogni spiedino. Appoggiate le estremità degli spiedini sui bordi di una teglia rotonda, in modo che rimangano sollevati dal fondo del recipiente. Fateli cuocere poi in forno ben caldo per 20 minuti, pennellandoli o irrorandoli con burro fuso. Quando i crostini incominceranno ad essere dorati in modo uniforme, fate fondere dolcemente in un tegamino il burro rimasto con tre filetti di acciuga dissalati e sminuzzati. Lasciate sciogliere bene, a calore basso, rigirando con il cucchiaio di legno, poi diluite il composto con mezzo bicchiere di latte caldo. Date un'ultima mescolata alla saletta, quindi versatela sui crostini, che avrete già disposto in un piatto di portata riscaldato. BUON APPETITO!!! Contorni Piselli al guanciale Ingredienti per 4 persone piselli romaneschi freschi Kg. 1 guanciale gr. 200 cipolla, olio d'oliva sale, pepe brodo 1 bicchiere Vino consigliato: Colli Albani Tempi di preparazione: 25/30 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Versare i piselli sgranati in un tegame in cui sarà stata fatta appassire nell'olio la cipolla, condire con sale e pepe e qualche cucchiaio di brodo. Far cuocere per 15 minuti, aggiungere il guanciale tagliato a dadini e lasciar cuocere ancora per altri 5 minuti con il coperchio e il cucchiaio di legno infilato nel tegame. BUON APPETITO!!! *** I piselli romaneschi dolcissimi così preparati si servivano anticamente con crostini di pane fritto. Carciofi alla romana Ingredienti per 4 persone 4 carciofi grandi 1 limone prezzemolo olio d'oliva aglio, mentuccia romana sale, pepe Vino consigliato: Colli Albani Tempi di preparazione: 1 ora e 15 minuti PREPARAZIONE E COTTURA:Pulire bene i carciofi togliendo la parte più dura e tagliando il gambo a 4 cm dalla testa. Aprire i carciofi e togliere il fieno al centro e farcirli con un trito di prezzemolo aglio, mentuccia fresca, olio, sale e pepe. Sistemarli capovolti in una pirofila dai bordi alti in modo che stiano bene attaccati, salarli, coprirli d'acqua e aggiungere qualche cucchiaio di olio. Cuocere in forno a 160° per circa 1 ora.Servirli anche freddi. BUON APPETITO!!! *** Alcune ricette indicano di aggiungere un pò di vino bianco secco verso fine cottura. Possono essere cotti anche sul fornello e comunque saranno pronti quando l'acqua si sarà completamente ritirata. Misticanza Ingredienti per 4 persone vari tipi di insalate a scelta olio d'oliva sale, pepe aceto o succo di limone Tempi di preparazione: 5 minuti PREPARAZIONE : La difficoltà sta nel fatto di procurarsi i vari tipi di insalate: una mescolanza di lattughe cerfoglio, ruchetta, caccialepre, valeriana, barba di frati, indivia, cicorie ecc..A queste insalate si possono unire pezzettini di finocchio, di cipolla fresca, di ravanelli, di cuori di carciofo. Si condisce il tutto con olio d'oliva sale e aceto o succo di limone. BUON APPETITO!!! **** Anticamente questa misticanza la portavano a casa i frati passando a chiedere l'obolo alle famiglie. Nel XIII secolo questo piatto era conosciuto nel Lazio come insalata di mescolanza. Pomodori di riso Ingredienti per 4 persone pomodori maturi tondi n. 8 riso 4 cucchiai aglio, prezzemolo basilico, origano sale, pepe olio d'oliva qualche patata Vino consigliato: Velletri Tempi di preparazione: 1 ora PREPARAZIONE E COTTURA: Lavare e tagliare i pomodori in senso orizzontale lasciando la parte inferiore più grande in modo che la parte superiore faccia da coperchio. Svuotarli e mettere la polpa tritata in una insalatiera. Alla polpa unire aglio e erbe aromatiche tritate, sale, pepe, olio d'oliva, frullare il tutto, e mescolarvi il riso precedentemente lessato in acqua e sale. Riempire con questo composto i pomodori che si saranno sistemati in una teglia da forno unta d'olio. Coprire i pomodori con la loro stessa parte superiore (la calotta) e mettere degli spicchi di patata cruda tra un pomodoro e l'altro. Aggiungere sopra dell'olio e infornare a forno caldo per 45 minuti a 170°. Sono buoni sia caldi che freddi. BUON APPETITO!!! *** Nel Lazio è un tipico piatto estivo. Zucchine ripiene Ingredienti per 4 persone zucchine 8 polpa di manzo gr. 200 2 uova mollica di pane salsa di pomodoro olio d'oliva noce moscata sale, pepe parmigiano grattugiato Vino consigliato: rosso Montecompatri Tempi di preparazione: 1 ora PREPARAZIONE E COTTURA: Mescolare la carne con il parmigiano, le uova gli aromi, la mollica di pane bagnata e strizzata, regolare di sale. Farcire con il composto le zucchine svuotate e farle rosolare in un tegame con olio d'oliva a fiamma bassa. Aggiungere qualche cucchiaio di salsa di pomodoro diluita con un pò di acqua tiepida salare e cuocere a fiamma bassa a tegame coperto. Servire le zucchine sia calde che fredde. Se le zucchine sono grandi possono essere tagliate a pezzi prima di svuotarle. BUON APPETITO!!! Peperoni ripieni Ingredienti per 4 persone 8 peperoni polposi 3 panini raffermi tonno sott'olio gr. 200 olive nere n. 16 sale, pepe olio d'oliva Vino consigliato: Olevano Tempi di preparazione: 50 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Riempire i peperoni tagliati a metà con un preparato formato di pane bagnato e strizzato tonno sbriciolato, olive snocciolate e tritate, sale e pepe. Sistemare i peperoni in una teglia da forno unta d'olio e cuocerli per 40 minuti a 170°. Si servono sia caldi che freddi. BUON APPETITO!!! Cicoria strascinata Ingredienti per 4 persone cicoria selvatica Kg 1 aglio, sale, pepe olio d'oliva Vino consigliato: Marino Tempi di preparazione: 25 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Lavare bene la cicoria, lessarla e regolare di sale, scolare e "ripassare" in padella la cicoria , con olio d'oliva e aglio. Mescolare, aggiungere il pepe (o peperoncino) e far insaporire per 5 minuti a fuoco vivo. Servire la cicoria calda. BUON APPETITO!!! Funghi arrosto Ingredienti per 4 persone 4 cappelle grandi di porcini aglio, prezzemolo olio di oliva sale , pepe Vino consigliato: Frascati Tempi di preparazione: 25 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Sistemare uno strato di funghi in una teglia da forno, cospargere di sale, pepe e un trito di aglio e prezzemolo,aggiungere un filo di olio. Mettere la teglia in forno caldo a 170° per circa 20 minuti. I funghi così preparati si possono cuocere anche alla griglia. BUON APPETITO!!! Fagioli con le cotiche Ingredienti per 4 persone fagioli (cannellini) gr. 300 pomodori pelati gr. 200 prosciutto crudo gr. 50 cotiche di prosciutto gr. 200 aglio, cipolla olio d'oliva prezzemolo basilico sale, pepe Vino consigliato: Colonna Tempi di preparazione: 25/30 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Far colorire in un tegame un trito di prosciutto , aglio, prezzemolo, basilico e cipolla. Unire i pomodori pelati spezzettati, salare e insaporire con il pepe. Aggiungere i fagioli le cotiche che precedentemente saranno state lessate per 15 minuti con un pò della loro acqua. Incoperchiate e cuocere per circa 20 minuti BUON APPETITO!!! *** Se si usano fagioli secchi si devono lasciare a bagno 1 notte prima di lessarli. Fiori di zucca fritti Ingredienti per 4 persone fiori di zucca n. 8 mozzarella gr. 100 prosciutto gr. 50 o alici 1 uovo farina, sale olio d'oliva farina gr.200 Vino consigliato: Zagarolo Tempi di preparazione: 20/25 minuti PREPARAZIONE E COTTURA:Togliere ai fiori di zucca il pistillo, lavarli e riempirli con un pezzetto di mozzarella e uno di prosciutto, o (alici) immergerli in una ciotola larga in cui si sarà preparata una pastella elastica (farina, acqua, sale e l'uovo sbattuto) con un cucchiaio sollevarli delicatamente e friggerli in olio bollente, farli asciugare su carta assorbente e portarli subito in tavola o tenerli in caldo nel forno. BUON APPETITO!!! Dolci Bignè di San Giuseppe Ingredienti: farina gr. 250 zucchero semolato gr. 25 8 uova burro gr. 150 olio d'oliva Vino consigliato: moscato di Frascati Tempi di preparazione: 1 ora e 30 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Far bollire in un tegame un quarto di litro d'acqua, il burro, lo zucchero, un pizzico di sale. Togliere la pentola dal fuoco e unirvi tutta in una volta la farina mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Rimettere sul fuoco mescolando continuamente finché il composto asciugato, si staccherà dalle pareti. Ritirare il tegame dal fuoco, far intiepidire e unire una alla volta le uova. Far riposare l'impasto che dovrà risultare morbido. Friggere i bignè versandoli a cucchiaini in abbondante olio d'oliva e cuocendone pochi per volta. Farli asciugare su carta assorbente. Sistemarli a piramide su un piatto e spolverarli di zucchero a velo. Si servono anche ripieni di crema o di ricotta lavorata con zucchero, crema di latte liquore, secondo la più antica tradizione romana. BUON APPETITO!!! Maritozzi con la panna Ingredienti farina gr. 300 uva passa gr. 100 zucchero semolato gr. 50 pinoli gr. 50 cedro candito gr. 50 pasta da pane gr. 50 olio d'oliva sale, 2 uova Vino consigliato: Vinsanto Tempi di preparazione: 1 ora PREPARAZIONE E COTTURA: Lavorare la pasta da pane con 100 gr. di farina, un pizzico di sale, un cucchiaio di olio e un uovo intero. Farne una palla metterla in una ciotola e coprire con un tovagliolo. Far lievitare in luogo tiepido per 4 ore. Rimettere quindi la pasta sulla spianatoia, unire la rimanente farina gr. 40 d'olio, lo zucchero, il sale e l'altro uovo. Impastare incorporandovi un pò di acqua calda (l'impasto dovrà risultare morbido).Unire l'uvetta, fatta rinvenire in acqua tiepida e poi asciugata su un canovaccio, i pinoli, il cedro tritato. Lavorare a lungo la pasta, formare i panini, farli lievitare ancora per 6 ore poi cuocerli per 15 minuti nel forno caldo a 180°. Farcirli a piacere con panna o ricotta "inzuccherata". BUON APPETITO!!! *** Erano i dolci tradizionali della Quaresima e venivano offerti con del vino bianco. Frittelle zuccherate Ingredienti: (per 30 frittelle) pasta da pane gr. 100 farina gr. 150 acqua tiepida 1 bicchiere sale, olio d'oliva zucchero a velo gr. 50 qualche mela Vino consigliato: moscato di Frascati Tempi di preparazione: 30/35 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Lavorare la pasta di pane per 20 minuti con farina e un pizzico di sale e acqua tiepida. Formare una pasta vellutata ed elastica e farla riposare in luogo tiepido coprendo con un panno per circa 7 ore. Quando sarà di nuova lievitata prenderne dei pezzi grandi come noci con le dita bagnate, schiacciare dando forma di una ciambellina e far dorare in olio caldo. Asciugare su carte da pane e portare in tavola calde cosparse di zucchero. In mancanza di pasta da pane formare in una insalatiera una pastella molto stretta con le uova, latte, farina e una punta di lievito in polvere. Immergere le fette di mele e far dorare in padella girando le frittelle per farle dorare dalle due parti. BUON APPETITO!!! Gelato di ricotta Ingredienti: ricotta gr. 500 5 uova zucchero semolato gr. 100 rum o cognac Vino consigliato: Fontana Candida Tempi di preparazione: 15/20 minuti PREPARAZIONE: Mescolare in una terrina i tuorli e lo zucchero fino ad ottenere un composto cremoso. Unirvi il liquore e la ricotta passata al setaccio. Versare il composto in uno stampo foderato di carta oleata o da frigorifero e lasciarlo in frigo per almeno 3 ore. Capovolgere lo stampo su un piatto da portata. Il segreto di questo dolce è nella ricotta che deve essere freschissima. BUON APPETITO!!! Zuppa dolce romanaIngredienti (per 4 persone) 1 trancio di pan di Spagna di gr. 600 zucchero semolato gr. 200 zucchero a velo gr. 300 6 uova farina gr. 100 latte 1 litro 2 bicchierini di Sambuca 12 ciliegine candite per decorare Vino consigliato: moscato di Frascati Tempi di preparazione: 45/50 minuti PREPARAZIONE E COTTURA: Mettere mezzo bicchiere di latte a scaldare in una casseruola; versare in un'altra casseruola i tuorli d'uovo (tenendo da parte l'albume), lo zucchero semolato e la farina. Sbattete il composto con una frusta aggiungendo, poco alla volta, tutto il latte freddo. Alla fine unite, sempre mescolando, anche il latte in ebollizione. Mettere allora sul fuoco la casseruola col composto appena preparato e senza mai stancarvi di mescolare, attendere che la crema giunga al punto di ebollizione, lasciandola poi bollire ancora per circa un paio di minuti. Versare infine la crema in una terrina, mescolatela nuovamente e fatela poi raffreddare. Tagliate a fette sottili il pan di Spagna, stendetene una metà su una larga pirofila che avrete prima spennellato con la crema preparata (vedi foto 1). Innaffiate le fette di pan di Spagna con un bicchierino di Sambuca e poi versate la crema dandole una forma a cupola (vedi foto 2), quindi copritela con le rimanenti fette di pan di Spagna, che inzupperete con l'altro bicchierino di Sambuca. Montate, a questo punto, gli albumi a neve ferma, quindi amalgamateli con lo zucchero a velo. Versate gli albumi (mettendone da parte però 3 o 4 cucchiaiate) sul dolce (vedi foto 3) e stendeteli bene aiutandovi con una spatola.Mettete il rimanente albume nella tasca da pasticciere, con bocchetta spizzata quindi decorare a piacere il dolce, guarnendolo inoltre con le ciliegine candite e spolverizzandolo con lo zucchero a velo. Mettete il dolce in forno alla temperatura di 180° e lasciatelo per 20 minuti. Toglietelo dal forno e fatelo raffreddare prima di servirlo.

 
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