Nel medesimo istante un novizio, che faceva sentinella ad una qualche
distanza dalle ruine, accorse tutto spaventato.
-Maestro! Maestro! -gridò, -ecco un uncino che viene verso la casa -.
I garduñi, allarmati, portarono la mano al loro pugnale. Il maestro non si
turbò menomamente; ei si volse verso i suoi compagni.
-In ginocchio! Ragazzi -; diss'egli; e guardando la immagine della Vergine,
si mise a recitare devotamente il rosario, al quale risposero in coro le
voci miste degli astanti.
Alcuni minuti dopo, la guardia aprì alquanto la porta, e introdusse la sua
testa all'interno della sala. Mandamiento, senza interrompere la sua
orazione, voltò lentamente la testa verso di lui, e nel bel mezzo di un Ave
Maria gridò allegramente:
-Oh! È Giovacchino, il nostro fido fratello -
Un segno di croce generale pose fine alla incominciata preghiera; tutti si
alzarono. Il Capo di provincia, traendo vivamente la guardia in un canto
della sala,
-Che tu porta -, disse, -fratello Giovacchino? Sei tu sulle tracce di
qualche pericolo per la nostra confraternita? -
-Precisamente no-, rispose l'uncino. -Sai che io fo buona custodia, e che la
mia doppia missione di guardia e famigliare del Sant'Uffizio mi mette in
grado di salvarvi da molte reti -.-
-E' vero, tu sei un buon amico, un fratello affezionato -.-
-Ebbene -, proseguì Giovacchino, -a tua volta il rendermi un servigio,
maestro -.-
-Parla fratello; di che si tratta? --
-Si tratta, in primo luogo -, riprese la guardia, -di rendere ad un mio
parente, sagrestano alle Carmelitane, una borsa che gli è stata rubata
questa mattina -.-
-Avrai questa borsa, o fratello: siamo in grado di soddisfarti su questo
punto. E poi? --
-Poi vi è qualcosa di più serio -, disse l'uncino abbassando la voce: -Si
tratta nientemeno che di oscurare al bisogno due o tre famigliari della
santa Inquisizione -.-
-Fratello! -disse Mandamiento spaventato, -voi abusate della vostra
posizione, domandate cose impossibili -.-
-Impossibili o no, è d'uopo che si facciano -, rispose Giovacchino con
accento fermo.
-Ma, fratello mio, ignorate voi che il santo inquisitore è il nostro cliente
migliore?[49] --
-Non importa, è forza servirmi, o questa sera io non sono più dei vostri -,
disse la guardia.
-Ebbene! Che bisogna fare? -domandò il Capo, vinto da questa minaccia.
-Bisogna darmi subito due o tre bravi provati, ed una mezza dozzina di
novizi per condurli dove mi piacerà, per far loro oscurare chi vorrò,
infine, che obbediscano ai miei ordini come ai vostri -.-
-Tu sei troppo esigente, Giovacchino -.-
L'apostolo li vuole -, replicò in tuono secco la guardia.
-Affrettati dunque, Mandamiento; affrettati, io non ho tempo da perdere -.-
-Poiché l'apostolo il vuole, bisognerà obbedire -, disse il maestro
sospirando; -La sua volontà dev'essere come quella di Dio; perciocché egli
ha suscitato Manofina, e liberato Corpo di ferro dalla gola del lupo: è
desso che ci cura nelle nostre malattie. Sia fatto come tu vuoi,
Giovacchino; prendi i miei due bravi migliori, e ti obbediscano come a me
stesso -.
Nel medesimo tempo, il maestro fe' cenno a Corpo di ferro, gli disse alcune
parole a voce bassa, poi, chiamando Manofina, ingiunse loro di accompagnare
la guardia.
-Io dimenticava di dirti -, aggiunse indirizzandosi a Manofina, -che
t'incarico
di oscurare il giovane Estevan de Vargas: questa operazione ti rimetterà
nelle buone grazie dell'inquisitore, in caso di sconfitta in quella di cui
t'incaricherà
il nostro fratello Giovacchino. Addio, signori, e coraggio! -
I due bravi scelsero, ciascuno dal suo lato, tre novizi accorti e robusti.
-Andate -, disse il maestro facendo un gesto colla mano, -e la Vergine vi
guardi! -
La guardia si mise alla loro testa, e col favore delle tenebre la piccola
truppa uscì senza rumore dall'antro della Garduña.
III. Dolores.
Mentre accadeva nel palazzo della Garduña questa scena terribile ad un tempo
e bizzarra, un'incidente d'altro genere aveva luogo presso il governatore di
Siviglia.
Era una di quelle case andalusiane vaste e comode, rischiarate soltanto da
porte con vetri e da finestre aperte sopra una gran corte piena di fiori.
Al piano superiore di questa casa, che per ordinario serviva di residenza
d'inverno,
a lato di una gran sala ove riunitasi la famiglia, si trovava una cameretta
ammobiliata come la cella di una religiosa. -Un lettuccio bianco e duro,
guarnito di un semplice zanzariere di tela batista, due seggiole di legno
nero intagliato, un inginocchiatoio del medesimo stile, sormontato da un
gran Cristo d'avorio, e finalmente in un incavo o specie di nicchia
praticata nel muro, una piccola Vergine di marmo bianco, preziosa statuetta
dovuta allo scalpello di celebre scultore, dinnanzi alla quale ardeva
incessantemente una lampada di argento dorato, piena del più puro olio
d'oliva.
L'accennata camera era della figlia del governatore. Questa fanciulla,
dell'età
di diciassette anni appena, era lungi dal somigliare alle altre donna
dell'Andalusia.
D'una bellezza semplice e nobile, d'un carattere fermo ed elevato, Dolores
non aveva passati i suoi anni giovanili in quell'oziosaggine mistica che
esalta sì smoderatamente l'immaginazione ed i sensi delle femmine spagnole.
Essa aveva avuto per precettore un fratello di sua madre, uomo sapiente e
grave, che avendo viaggiato lungo tempo in Francia ed in Alemagna, erasi
dilettato di coltivare, di adornare quella brillante intelligenza, di
fortificarla colla filosofia.
Ei non aveva seminato in terreno ingrato: Dolores sarebbe stata, anco ai
nostri giorni, una donna assai considerevole.
Ardente di cuore e d'anima, dotata d'uno squisito giudizio, d'una retta
ragione, d'una volontà energica, essa aveva la fede pura ed illuminata dei
Padri della Chiesa; la sua indulgente carità aborriva da tutti gli errori,
da tutte le crudeltà del fanatismo. Era pia come lo fu Isabella la
Cattolica, quella grande regina la cui dolce e tenera pietà lottò sì lungo
tempo, e con tanto terrore, contro lo stabilimento dell'Inquisizione, e
sempre contro le sue opere[50]. La figlia del governatore seguiva lo spirito
e la morale del Vangelo, cosa pericolosa in quei tempi, nei quali per vivere
in sicurezza bisognava essere, non già discepoli di Cristo, ma creatura
dell'Inquisizione.
Tuttavia, ad onta della sua filosofia, sì avanzata per la sua età,,e
soprattutto per l'epoca in cui viveva, Dolores, fedele alle pratiche
esteriori, Dolores, figlia di buoni cattolici, non aveva attirato su sé
medesima gli sguardi del terribile tribunale.
Il grande inquisitore di Siviglia, Pietro Arbues, sembrava, all'opposto,
distendere come pegno di pace la sua amicizia onnipotente sulla casa del
governatore.
Ricevuto a tutte l'ore in quella famiglia, nella sua doppia qualità di prete
e di capo del tribunale inquisitoriale, Pietro Arbues, allora nell'età delle
passioni ardenti, avendo appena quarant'anni, non aveva potuto vedere la
pura e santa giovane, senza che il dèmone della concupiscenza lo infiammasse
per essa dei più violenti desidèri: ei non aveva potuto vedere, senza
provare un'orribile gelosia, il giovane Estevan de Vargas divenire l'unico
oggetto dell'amore di quella fanciulla; aveva seguito il progresso di questa
passione con un'ardente inquietudine ed un odio tale, che tutta la sua
astuzia di prete inquisitore valeva appena a dissimulare.
Indarno, sotto il velo di una santa e paterna amicizia, aveva egli cercato
di svegliare nell'animo di questa bella giovane dei sentimenti che
corrispondessero a' suoi; indarno aveva provato sovr'essa il fascino del suo
sguardo e della sua bellezza, veramente rimarchevole.
Dolores non aveva mai potuto difendersi d'appresso a lui d'un sentimento i
timore, ch'ella sforzavasi di prender per rispetto; lo sguardo
dell'inquisitore
le cagionava un doloroso turbamento, che la faceva impallidire e tremare.
Pietro Arbues aveva passato quella serata nella sala del governatore.
Verso dieci ore, la giovinetta, inquieta ed agitata, si ritirò nella sua
camera; ne chiuse semplicemente la porta col saliscendi, come aveva
l'abitudine
di fare, non essendovi nulla da temere nella casa di suo padre, ove era
adorata dai suoi servitori. Snodate allora le treccie, lasciò i suoi lunghi
capelli scorrere sulle candide spalle; e inginocchiandosi, si mise a pregare
con fervore.
Ella sfogò così per alcuni minuti il cupo dolore che opprimeva l'anima sua;
poscia, togliendosi dal seno una piccola lettera, la lesse con penosa
avidità.
-E' pur questo -, disse -è pure questo il tuo carattere. Povero Estevan! Io
non mi era dunque ingannata! L'Inquisizione l'odia, ed egli teme di
compromettermi venendo in mia casa. Quel viaggio che mi ha detto essere
indispensabile, non era che un pretesto per allontanarsi di qua per alcuni
giorni; tuttavia ei non può vivere senza vedermi, mi scongiura di recarmi
questa sera appié della Giralda, ove deve aspettarmi; egli morrà se io
ricuso..
-Oh! Sì, egli morrebbe privo di me, ed io pure morrei priva di lui -,
aggiunse asciugandosi una lacrima: -il nostro amore non è di quelli che
l'assenza
può estinguere.
-Oh mio Dio! -continuò, -in qual tempo infelice viviamo, in cui è mestieri
soffocare i più dolci sentimenti della natura! Leggi divine di Cristo, che
siete divenute? Secolo degli Apostoli, in cui due sposi cristiani si amavano
liberamente in Dio, vivevano l'uno per l'altro, e morivano insieme, sei
dunque tu che hai fatto sorgere questo secolo di ferro, in cui non si può
neppure amare Dio, a suo talento? In cui i preti non sono altrimenti i
nostri consolatori, ma i nostri carnefici? In cui l'albero della vita è
divenuto un albero di morte, che stende i suoi rami funebri sul mondo[51]?
O Estevan! Dove fuggire con te sur una terra amica in cui questa lebbra non
sia ancor penetrata! -
E in un accesso di insensata disperazione, la sventurata giovane si torse le
mani, si slanciò verso il Cristo d'avorio che sormontava il suo
inginocchiatoio, e, stringendolo con forza sul suo seno, mormorò con voce
interrotta:
-Tu, che hai tanto sofferto, mio Dio, insegnami a soffrire! -
Bentosto, per una reazione subitanea, proruppe in singulti che straziavano
il cuore, e coprì di lacrime amare l'immagine di colui che aveva invocato.
In quell'istante fu spinta leggermente la porta della sua cella; l'afflitta
Dolores, alzandosi spaventata, indietreggiò fino alla finestra della sua
camera davanti al grande inquisitore stesso, che si avanzava lentamente
verso di essa, vestito della sua lunga tonaca.
Dolores non ebbe la forza di gettare un grido.
-Io turbo le vostre preghiere, fanciulla mia? -disse Pietro Arbues, con
accento dolce.
-Monsignore -, ella disse con voce interrotta, -perché dunque entrate così
di notte nella mia camera? La camera di una fanciulla non dev'esser
sacra? --
-Il grande inquisitore ha ogni potere di dispense -, replicò il
Domenicano. -e voi non fate un peccato ricevendomi nella vostra camera -.-
-Monsignore -, riprese Dolores, rossa di fierezza e d'indignazione, -io non
comprendo queste miserabili arguzie che limitano così a talento di coloro
che ne fanno uso le leggi immutabili della coscienza; che rendono lecito
agli uni ciò che è un delitto per altri: la virtù è una, le sue leggi
debbono essere invariabili ed eterne. Voi siete un uomo, monsignore, ed un
uomo non deve entrare di notte nella camera di una donna, ammenoché non sia
suo marito -.-
-Dolores -, disse l'inquisitore con voce severa, -obliate voi che Cristo ha
detto ai suoi apostoli: - Ciò che voi assolverete sulla terra sarà assoluto
nel cielo; - che ne ha dato ogni potere sulle anime e sui corpi? --
-O monsignore! Non travisate così le parole del Vangelo; il testo ne è sì
chiaro e sì puro, che, meno il caso di cattiva volontà, non v'ha che un solo
modo di comprenderlo, che è lo stesso per tutti, monsignore: per voi
ministro del Dio vivente, come per noi, vostri umili discepoli.
-La lettera uccide e lo spirito vivifica -, replicò l'inquisitore; -e tu sei
bene imprudente, o giovane, osando di parlare così davanti a me. I libri
santi sono un codice sacro, una carta divina, di cui a noi soli è confidata
l'interpretazione; a voi, la passiva esecuzione. Guai a coloro che,
interpretandoli da per sé, senza il nostro soccorso, vogliono fuori di noi
cercare la luce! Guai a quegl'insensati che, camminando senza l'appoggio dei
rappresentanti di Gesù Cristo, cadono nell'errore e nell'eresia! -.-
-Non v'ha eresia a seguire il Vangelo, monsignore! --
-Se tu avessi parlato così davanti ad un altro fuori del grande inquisitore
di Siviglia -, disse Pietro Arbues con uno sguardo terribile, -la giornata
di domani non ti ritroverebbe nella casa di tuo padre; e l'Inquisizione!.--
-io non ho fatto nulla contro l'Inquisizione -, interruppe la fidanzata
d'Estevan
con una voce che si sforzava di rendere sicura; nonostante un invincibile
terrore che la faceva tremare suo malgrado.
Pietro Arbues se ne avvide, e si avvicinò alla giovane, che non poteva più
fare un passo indietro: i suoi piedi toccavano il muro della finestra.
-Dolores -, disse, -tu non sai dunque che io sono tuo amico?--
-O monsignore! Allora ritiratevi, e non abusate della vostra autorità per
violare così la mia dimora. Uscite, monsignore, uscite, io ve lo domando in
ginocchio! -
Pietro Arbues, assorto nella contemplazione di una bellezza così
meravigliosa, sembrava non intendere la sua preghiera: Dolores era là
davanti a lui, coi suoi lunghi capelli sparsi, coperta d'una veste nera, il
cui largo incavo, secondo la moda del tempo, scopriva in una maniera
ammirabile il garbo vezzoso e puro delle sue spalle di marmo. Il suo
personale elevato sembrava ancor più alto e fiero, e lo splendore dei suoi
grandi occhi neri, in cui tutta la vita pareva essersi rifugiata, prestava
un nuovo incanto all'abbagliante pallore del suo viso.
-O fanciulla! -, esclamò il prete, -fanciulla, quanto sei bella, e quanto è
felice Estevan! --
-Monsignore! - prese a dire Dolores, spaventata dalla cinica espressione
degli occhi del Domenicano; -monsignore, sogno io forse? Non siete voi il
più grande inquisitore di Siviglia, il prete del Signore, il custode della
virtù degli altri? -
-No! -gridò il monaco, trasportato dall'ardente passione che lo
divorava; -non v'ha più grande inquisitore, non v'ha più prete: qui non v'è
che Pietro Arbues, che ti ama, Pietro Arbues, che muore di disperazione e
d'amore
-.
Un grido rauco ed inarticolato uscì dal petto della giovanetta, e tutto il
suo corpo divenne freddo come un pezzo di pietra.
L'inquisitore era ai suoi ginocchi; la violenza della sua brutale passione
rendeva orribile in quel momento il suo volto, naturalmente bello e
regolare; ei cercava di afferrare la figlia del governatore. La quale, per
forza del terrore, diveniva così sottile, rasentando il muro, che sembrava
fuggire come un'ombra alle tremanti mani del Domenicano. Tuttavia egli
toccava già l'orlo della sua veste; Dolores, incapace di fare un movimento,
stavasi ferma e come impetrata davanti all'angusta finestra.
Ma siccome nella situazione in cui l'indegno prete l'aveva sorpresa, essa
aveva serbato il Cristo d'avorio stretto al suo seno, nel momento in cui
l'inquisitore,
fatto ardito dal terrore di lei, gettava le braccia attorno alla sua vita,
ella stese verso di lui l'immagine santa con un movimento energico e
spontaneo.
-Pietro Arbues -, esclamò essa, -passa questa barriera se tu l'osi! Prete di
Cristo, ardirai tu sfidare il tuo maestro? -
L'impudico Domenicano abbassò il capo, e indietreggiò: egli ebbe paura!.
quel prete fanatico poteva ben violare, snaturare la legge di Dio, ma non
già profanare un'immagine.
Egli si alzò lentamente, gettò sulla giovinetta uno sguardo pieno d'odio, ed
uscì senza voltarsi indietro.
Dolores strinse di nuovo l'immagine protettrice contro il suo seno.
-O tu, che m'hai salvato -, gridò, -io ti ringrazio! -
La voce lugubre del sereno[52] gridò undici ore e mezzo.
Sebbene spossata, l'amante di Estevan accomodò i suoi capelli sotto un gran
pettine di tartaruga, s'inviluppò in una lunga cappa nera, discese
lentamente le scale di pietra che conducevano alla porta esterna della casa,
e s'incamminò verso la Giralda.
Quando varcava la soglia della sua casa, un'ombra vagante uscì da un'arcata,
ingrandì a poco a poco sul muro di faccia, debolmente illuminato dal
chiarore di un pallido riverbero, e disegnò distintamente il profilo d'un
uomo avvolto in un mantello; Dolores si scosse, ma seguitò il suo cammino
senza fermarsi.
-Bene!- disse l'inquisitore, poiché era desso; -ella è uscita; Enrico farà
il rimanente-.
IV. La Giralda
La piccola truppa, che sotto la condotta di Giovacchino era uscita
dall'antro
della Garduña, seguì in silenzio il capo provvisorio che l'era stato dato. I
bravi davanti, ai due lati di Giovacchino, i novizi indietro, camminando
lungo le case in quelle strade oscure e tortuose, e non parlando come se
tutti quegli uomini fossero stati muti per nascita.
In Francia non si sa far nulla che con grande rumore, ma in Spagna si opera
ben diversamente! Lo Spagnuolo agisce senza parlare, senza dimostrazioni
esteriori, la sua fisionomia non palesa nulla; avresti un bel percuotere
sulla statua, essa non darà che un suono cupo, e non indovineresti mai quali
tempestose sensazioni racchiuda quel petto di marmo.
Colubrina seguiva a pochi passi di distanza, agitata dalla missione segreta
che era stata affidata a Manofina, inquieta per quest'uomo rozzo, che amava,
e forse anco spinta da quell'istinto delle donne che detrae
irresistibilmente laddove v'ha dolore da confortare o pericolo da prevenire.
Giovacchino e la sua truppa camminarono così fino al ponte di Triana,
traversarono ancora alcune strade anguste ed oscure, e giunsero infine
presso la cattedrale, sulla piazza della Spianata. Quel luogo era molto
oscuro; tutti i lumi erano già spenti nelle case attorno alla piazza.
Nel cielo sereno brillavano, è vero, stelle scintillanti; ma quegli astri
raggianti, troppo lontani da noi, giravano taciturni nello spazio, sdegnosi
di lasciare arrivare fin sulla terra la loro splendida luce, della quale
godono, senza dubbio, creature più felici di quelle del nostro misero
pianeta.
Giunto davanti alla cattedrale, Giovacchino fece rannicchiare i due bravi in
un incavo formato da due enormi pilastri; quindi disse alcune parole a bassa
voce ai novizi, che andarono immediatamente a situarsi ai quattro angoli
della Spianata, ove si sdraiarono col ventre a terra, e l'orecchio posto
apposto al suolo per non perdere il più lieve rumore.
Dopo aver così disposto la sua truppa, Giovacchino si diresse verso il
portico della cattedrale, e scelse a sua posta un ricovero sotto questa
massa di pietre.
La sirena, temendo di essere scoperta, prese allora a costeggiare le case
poste attorno alla Spianata, camminando con un passo così leggiero che si
sarebbe detto che fosse portata sopra ali invisibili; poscia, scorrendo fra
gli alberi, si fermò finalmente sotto un enorme arancio presso la fontana.
Al debole rumore che aveva fatto la sirena, un lieve cri-cri, simile a
quello del grillo[53],si fece sentire in un angolo della piazza; ma tutto
essendo bentosto tornato nel più profondo silenzio, Giovacchino comprese che
quello era un falso allarma, e niuno si mosse.
Il quel momento il sereno[54], traversò la Spianata, e fermandosi presso la
fontana, gridò mezzanotte colla sua voce rauca e monotona.
La sirena si scosse.
Mezzanotte!.Era l'ora dei delitti; l'ora in cui la infelice era stata
testimone ed attrice di tanti drammi sanguinosi; l'ora in cui tornavano per
essa le ombre di coloro che aveva veduto morire!
Ebbe paura!.
Il sereno passò. E non s'udì che l'impercettibile rumore delle foglie
dolcemente agitate dal vento.
La sirena s'inginocchiò, e si pose a pregare.
Ma bentosto un passo rapido e leggiero si fe' sentire sulla sabbia nella
direzione della Giralda. Uno dei novizi mandò un cri-cri più acuto del
primo, che fu ben presto ripetuto dagli altri tre.
Giovacchino, Manofina e Corpo di ferro posero la mano sul loro pugnale.
La sirena si alzò, e tese il collo in avanti, cercando di scoprire da qual
parte veniva il pericolo.
In quel momento Dolores traversava la Spianata.
Giunta appié della Giralda, guardò da tutti i lati, e non vedendo alcuno, si
mise a chiamare a voce bassa:
-Estevan! Estevan!.-
Niuno le rispose.
Ma nello stesso momento una giovane donna uscì dalla torre e si gettò tutta
smarrita ai piedi della figlia del governatore.
-Chi siete voi? Che volte da me? -le domandò Dolores.
-Fuggite! Fuggite! -gridò la Graziosa, poiché era dessa; -fuggite, signora,
voi siete tradita, io vi ho ingannata.--
-Ma dov'è Estevan? -domandò la giovinetta riconoscendo la voce di colei che
le aveva portato la lettera supposta del suo fidanzato.
-Io non ne so nulla -, replicò la gitana smarrita; -mi è stato detto:
cammina, ed è stato forza camminare.Poiché io, vedete, io non sono che un
miserabile strumento.Io debbo obbedire sotto pena di essere uccisa.Oh! Ma
quando io vi ho veduta sì nobile e sì bella, ho giurato di salvarvi, dovessi
anco morire. Fuggite dunque, signora, fuggite; io ve ne scongiuro.presto non
vi sarà più tempo.essi vengono.-
Ma Dolores, stupefatta, non pensava al proprio pericolo, non era occupata
che d'Estevan, perseguitato dall'Inquisizione, e la incertezza in cui era la
gettava in angosce ineffabili.
Tutto ad un tratto un sordo rotolío, accompagnato da un lieve scalpitío, si
fece sentire dal alto del fiume.
Il cri-cri dei novizi rimbombante e prolungato, venne a raddoppiare
l'attenzione
dei membri della Garduña.
-Sentite? Sentite? Essi vengono! -esclamò la gitana spaventata, alzandosi e
cercando di trascinar Dolores.
La figlia del governatore la respinse con un gesto energico e pieno di
disprezzo.
-Sii maledetta -, disse, -tu, che hai mentito! -
A queste parole la Graziosa si rifugiò di nuovo nella Giralda; Dolores,
mezza pazza dalla disperazione e dal terrore, si pose a correre verso la
Spianata.
Aveva appena fatto qualche passo, che quattro birri, partiti dai quattro
angoli della piazza, l'afferrarono e la portarono via nelle loro braccia
robuste, senza ch'essa facesse la menoma resistenza, o che avesse la forza
di gridare.
Dopo essersi impadroniti della lor preda, i birri s'incamminarono verso il
Guadalquivir, ove gli attendevano Enrico e Francesco a lato della vettura
inquisitoriale. Questa vettura, singolarmente destinata alle notturne
spedizioni, era una specie di carrozza, le quattro ruote della quale,
inviluppate di pelle grossa e pieghevole, non producevano alcun rumore
girando sul lastrico. Le mule che la trascinavano erano fornite di calzari
da notte[55].
All'ultimo segnale dei novizi, Giovacchino e i due bravi erano usciti dal
loro nascondiglio, e scorrendo lungo le mura della cattedrale, avevano
seguito le traccie dei rapitori.
La sirena li seguiva a passo di lupo.
I novizi, strisciando come serpenti sui piedi e sulle mani, erano in questo
tempo andati innanzi, ed eransi diretti dalla parte della vettura.
Enrico e Francesco vi sorvegliavano; ma quando udirono venire i birri, si
avanzarono d'alcuni passi verso di essi. I novizi, da veri ladri,
profittarono di questa distrazione per tagliare le tirelle e portar via i
muli, che parevano essere stati calzati appositamente per essere rubati.
Era una preda come un'altra.
Da veri figli della Garduña i novizi avevano cominciato dal gettare
prestamente nell'acqua il cocchiere, che li disturbava.
Tutto questo era stato eseguito in meno tempo che non mettiamo a
descriverlo.
-Eccola -, disse Enrico a Francesco, quando furono vicini ai birri che
portavano nelle loro braccia Dolores svenuta.
-Bene -, rispose Francesco con accento burbero. -Tu taci e sbrighiamoci -.-
-Oh! Ora noi l'abbiamo nelle nostre mani -, riprese Enrico con aria di
trionfo.
-Non ancora -, disse Manofina, percuotendo il famigliare nel braccio
sinistro con un colpo vigoroso di pugnale.
Enrico, sorpreso, vacillò per effetto del subitaneo dolore che aveva
sentito; ma, riprendendo tosto coraggio,
-A me! -gridò ai birri, due dei quali, abbandonando subito la figlia del
governatore ai loro compagni, accorsero in aiuto del famigliare.
Francesco non si attendeva questo. Al primo grido del ferito ei si era
slanciato su Manofina. Dal suo lato Enrico, furioso, e non distinguendo i
suoi nemici nell'ombra, si era voltato su Corpo di ferro, ed aveva impegnato
con lui una lotta accanita.
In quel tempo Giovacchino erasi gettato a perseguitare i due birri, i quali,
al rumore del combattimento erano fuggiti verso la vettura; ma dopo avervi
deposta Dolores, si salvarono con tutta la celerità delle loro gambe, senza
attendere l'esito della incominciata lotta.
Giovacchino, diviso fra il desiderio di custodire la figlia del governatore
e quello di soccorrere i suoi fratelli, esitò per alcuni istanti; tuttavia
il suo istinto guerresco vinse: e ritornò verso il luogo del combattimento,
e giunse a tempo per liberare Corpo di ferro, il quale, malgrado il suo
coraggio da leone e la sua forza atletica, penava molto a tenere fronte a
tre nemici in una volta, i due birri, cioè, ed Enrico. Il quale, ad onta
della sua ferita, si difendeva da disperato.
L'arrivo di Giovacchino cangiò la faccia delle cose.
Mentre combattevano, gli agenti della Inquisizione cercavano di guadagnare
il ponte in cui trovatasi la vettura. Dal loro lato i garduñi raddoppiavano
gli sforzi per spingerveli, sicuri che, una volta arrivati colà, si
sarebbero trovati in buon terreno.
Infatti i birri avevano appena messo piede sul ponte di Triana, che i due
garduñi li avevano mortalmente feriti, e gettati nell'acqua. Enrico, già
spossato, era caduto a pochi passi di distanza. Corpo di ferro tornò presso
di lui, e, credendolo morto, lo sollevò nelle sue braccia all'altezza del
parapetto, e lo lanciò nel fiume.
Giovacchino era tornato verso la vettura, confidando che Manofina da solo a
solo con Francesco non avrebbe faticato a sbarazzarsi di lui; però
s'ingannava.
Francesco, vedendosi solo contro il bravo, e comprendendo che era inferiore
di forze a questo feroce garduño, gli aveva gettato al collo un laccio di
seta, chiamato il nodo scorsoio[56].
Era finita per Manofina; il suo coraggio e la sua destrezza divenivano
inutili. Strangolato dal cordone traditore, perdeva a poco a poco il respiro
e le forze. Il pugnale gli sfuggì dalla tremula mano, i suoi occhi rossi e
gonfi si velarono di una nube, e già Francesco alzava la mano sopra di lui
per spacciarlo, quando, colpito egli stesso nel cuore da una lama acuta,
cadde freddo sul luogo.
La Colubrina l'aveva ferito con la sua piccola lama di Andalusia.
La giovine si affrettò di sciogliere il cordone che serrava ancorala gola di
Manofina. Malgrado questo atroce supplizio il bravo era rimasto ritto.
-Brava Colubrina -, diss'egli stringendo vivamente la mano della sirena; -tu
sei una valente e coraggiosa ragazza, ed il maestro ti ricompenserà -.-
-No, è da te solo che io voglio la mia ricompensa -.-
-Da me! -disse il bravo sorpreso; -parla, che vuoi? Perla Madonna dei dolori
io giuro di accordarti ciò che mi domanderai -.-
-Manofina -, disse la giovane, appoggiandosi al braccio lui con un grazioso
movimento di femminile civetteria, -io ti domando la grazia di don Estevan
de Vargas -.-
-Colubrina -, rispose il bravo con tuono di dispiacere, -tu mi domandi una
cosa impossibile.Che t'importa della morte di questo giovane
cavaliere? -aggiunse con aria sospettosa.
-Non bisogna oscurare coloro che si amano -, prese a dire la sirena, -e la
figlia del governatore morrebbe di duolo se le si togliesse il suo
fidanzato, come io sarei morta stasera se ti avessero ucciso, Manofina
mio! --
-Io non posso prometterti questo -, rispose il bravo, intenerito ad un tempo
ed imbarazzato; perocché tradir non voleva ciò che chiamava il suo dovere, e
s'affliggeva pensando di dispiacere a colei che amava.
La sirena abbassò la testa e si mise a piangere.
-Non pianger così, anima mia -, disse il bravo, stringendola con tenerezza
al suo petto: -Vediamo quello che si può fare -.
In questo tempo Giovacchino e Corpo di ferro avevano levata dalla vettura
Dolores, ancora svenuta.
-Che faremo di questa signora? - domandò Manofina, approssimandosi a
Giovacchino.
-Seguiteci e vegliate al grano -, rispose la guardia.
E andando innanzi con Corpo di ferro, Giovacchino s'incamminò verso la casa
dell'Apostolo, situata sull'altra riva del Guadalquivir.
Manofina e la sirena li seguirono a distanza, pronti a difenderli contro
nuove trame dell'Inquisizione.
V. Una cena di monaci
Il palazzo del grande inquisitore Pietro Arbues era un immenso e sontuoso
edifizio, abitato un volta dal re di Siviglia. Traversando magnifici
giardini, ornati dei più bei fiori e degli alberi più rari, si giungeva ad
un padiglione isolato, che altre volte serviva da sala da bagno. Il
voluttuoso Arbues gli aveva dato un altro destino.questo padiglione,
separato dal corpo dell'edifizio principale, e come perduto in un ammasso di
foglie, era il luogo ordinario delle gioconde riunioni del grande
inquisitore e dei suoi favoriti. Vescovi e monaci, persone estremamente
dissolute, sfogavano con trasporto nelle loro notti di orgia l'ardore
brutale che li divorava; gettando lungi da sé, come un abito troppo pesante,
il pastorale e la cocolla, ed allentando la briglia dello spirito di
lussuria, che si esauriva allora in oscene fantasie e licenziose parole, in
incredibili provocazioni, in furfanterie gigantesche, che oltrepassava tutto
ciò che la immaginazione di un laico potrebbe concepire.
Questi monaci riserbavano per le loro cene notturne tutta quella forza che
la continua strettezza della loro vita imprimeva alle loro facoltà morali.
Era un torrente pieno di tutti gli ostacoli che aveva incontrato al suo
passaggio; di tutte le immondizie che la sua impetuosa corrente aveva seco
trascinate; e là pure, in mancanza di altro alimento alla fiamma divoratrice
della loro immaginazione della loro immaginazione, elaboravano le leggi
mostruose della Inquisizione: codice barbaro, al quale ciascun regno
d'inquisitore
aggiungeva alcuni articoli più feroci; mostro schifoso, nato da adulteri
concepimenti, che, simili ai figli d'Anteo, cercavano di detronizzare il
cielo.
Questi uomini avevano tanto bisogno di emozioni divoranti che non trovavano
che nel sangue e negli eccidii una pace al loro insaziabile desiderio di
sensazioni. Il dèmone si era incarnato in essi, e qualsiasi potrebbesi
credere che dopo l'incarnazione di un Dio sotto la figura di cristo, sia
venuta l'incarnazione di tutti gli spiriti infernali nella persona degli
inquisitori.
Alcuni, si dirà, furono di buona fede nel loro fanatismo. Si legga la storia
dell'Inquisizione, e si risponda. Questa mostruosa istituzione, creata dalla
politica dei papi, tollerata, protetta in Spagna dalla politica dei re, non
ha smentito la sua impura sorgente, e gli agenti di un potere iniquo sono
stai iniqui com'esso.
Era mezza notte.
Nel padiglione solitario che apparteneva al palazzo inquisitoriale, in mezzo
ad una sala elegante, stava una tavola sontuosa. La soffitta di questa sala
era ornata di delicati arabeschi, opera preziosa di artisti mori. Sui muri
alcuni affreschi brillanti rappresentavano frutti e fiori di ogni specie,
imitando la natura in modo da renderla gelosa, ed incorniciavano dei quadri
che il gusto artistico degli inquisitori aveva ornato delle scene le più
voluttuose della mitologia pagana.
Era Cilizia seminuda, coricata sopra un letto di fiori, ardente e snervata
ad un tempo, volgendo verso il sole i suoi occhi lucenti di amorose
aspirazioni, Giove, quell'immortale lussurioso, scherzante nelle onde presso
Leda, sotto la forma di un cigno, esprimente nelle attitudini le meno velate
l'ardore dei piaceri che lo divorava; era, finalmente, Venere, quella grande
prostituta, in tutte le fasi della sua vita amorosa e libertina. Sarebbe
stato mestieri essere un santo per rimanere tranquillo in presenza di tutte
queste pitture licenziose, destinate ad alimentare le passioni sensuali dei
signori inquisitori. Un ricco mosaico di marmo formava il pavimento di
questa sala, e sulla tavola che sorgeva nel mezzo, le frutta più rare, le
più squisite vivande riempivano grandi vasi di cristallo di rocca e di
porcellana di China.
Il Xéres, il Tintarrota, il dolce vino di Malaga, il liquore del fico
d'Adamo,
recentemente trasportato dall'America; tutti questi vini ardenti, nati sotto
un cielo di fuoco, circolavano a bizzeffe fra i convitati, vescovi muschiati
e monaci giulivi, presieduti da Sua Eminenza monsignore il grande
inquisitore di Siviglia.
Un'allegria pazza ed alcun poco mistica animava tutti quei visi oscuri ed
ardenti. Gli occhi di Pietro Arbues brillavano specialmente di un fuoco
insolito. Le angoscie del desiderio e della incertezza mescolavano la loro
acredine mordace alla leggiera ebbrezza del grande inquisitore. Le teste
erano esaltate; tuttavia la ragione li governava ancora; ciascuno si teneva
al suo posto, ed una tinta di prudenza monastica velava ancora la libertà
dei discorsi.
Monsignore Arbues si stancò il primo di questo contegno.
-Sapete voi, Padri miei -, esclamò egli con voce leggermente avvinata, -che
il portiere del cielo[57] fabbrica incessantemente nuove chiavi per
guadagnare con più sicurezza le porte di questo bel regno, ed aumentare per
noi le gioie della terra? Ecco la Inquisizione stabilita in Portogallo[58],
e ben presto non vi sarà più un piccolo posto del globo ove non si stenda il
nostro dominio -.-
-Tanto meglio -, disse l'arcivescovo di Toledo; - l'Inquisizione è un
mulino, in cui il cattivo grano che si schiaccia, si cambia per noi in bei
dobloni di Spagna -.-
-E i dobloni in gioie celesti, in festini deliziosi -, disse un priore di
Domenicani dalla faccia lussuriosa e gli occhi infiammati.
-Sì bene -, replicò l'arcivescovo, -che val meglio essere inquisitori, che
papa; e il portiere del paradiso, il quale si dice nostro padrone, non è, in
ultima analisi, che l'intendente dei nostri minuti piaceri -.-
-E poi -, prese a dire un monaco giovane, bello come una ragazza, e favorito
di Pietro Arbues, -è sì vecchio un papa! A che servono i beni di questo
mondo quando non se ne può più godere? --
-Val meglio esser novizio in un convento di Domenicani, non è vero
Josè? -disse il grande inquisitore, accarezzando con la sua bianca mano la
testa del giovane novizio.
-Val meglio esser l'umile schiavo di Vostra Eminenza -, replicò il giovane
religioso con finta umiltà.
-Il papa semina, e noi raccogliamo -, disse scherzosamente l'arcivescovo di
Toledo; -e mentre egli sbadiglia coi suoi cardinali, noi cogliamo ne' campi
di Citèra tutti i bei fiori d'amore che trovansi sotto i nostri passi -.-
-Io non ho neppure la pena d'abbassarmi per prenderli -, rispose il vescovo
di malaga, che era alla festa; -la superiora del convento delle Carmelitane
scalze s'incarica di questa cura per me, e le primizie dei più bei fiori del
suo giardino mi sono da essa medesima offerte -.-
-Io -, disse il priore, -amo molto coglierli da me; quando la mia buona
stella mi conduce al confessionale delle giovani e belle penitenti, è ben
raro che quei fiori se ne ritornino senza essere sfogliati; non fo grazia
che a quelle le quali hanno passato trent'anni. -.-
-Io mi do molto minor pena di questa!-, disse l'arcivescovo di
Toledo; -quando una donna mi piace, la fo in bel modo rapire dalla società
della Garduña.-.-
-Utile istituzione! -prese a dire il grande inquisitore, -e che noi dobbiamo
proteggere con tutte le nostre forze, o signori. Dal giorno in cui la
confraternita della Garduña non esistesse più in Ispagna, addio nostri
piaceri e nostre vendette: bisognerebbe agire noi stessi; e i nostri
interessi sarebbero molto compromessi -.-
-Eh! - sclamò un altro inquisitore, -nessuno vale quanto famigliari del
Sant'Uffizio
per i rapimenti notturni e gli assassinii nascosti. Un famigliare è discreto
come la morte, e può far tutto impunemente, perché la parola Inquisizione è
il garante di tutte le sue azioni: niuno ardisce mormorarne -.-
-Povere genti! -disse Pietro Arbues, chinandosi all'orecchio del novizio, il
cui pallore profondo contrastava colla gaiezza delle sue maniere; -povere
genti! Sono più ebbre di vanità, che dei vini che io prodigo loro -.-
-Così Vostra Eminenza è il padrone di tutti quanti, monsignore -, disse
piano il novizio, -voi sapete conservare la vostra ragione in mezzo
all'orgia,
e fare con sangue freddo tutto ciò di cui essi si vantano nell'ebbrezza -.
Il tumulto dell'orgia copriva questa conversazione fatta abbassando la voce.
-Enrico non viene -, disse l'inquisitore con inquietudine;
-tu non l'hai dunque incontrato al ponte di Triana, Josè? --
-No -, rispose il monaco giovane, -ho giudicato più prudente di lasciarlo
agir solo; ma siate tranquillo, monsignore. Enrico è fedele -.
-Di che parlate dunque, signori? -domandò Pietro Arbues indirizzandosi ai
vescovi di Malaga e di Toledo.
-Monsignore -, disse l'arcivescovo, -noi parlavamo delle belle donne che si
veggono nella vostra città di Siviglia, ed io sosteneva al vescovo di Malaga
che la più bella di tutte è Dolores Argoso, la figlia del governatore -.
Arbues fece un movimento di sorpresa.
-Oh! Quanto a questa -, disse il grasso priore, -è una fortezza
inespugnabile; io l'ho avuta due volte nel confessionale, e sospetto
grandemente ch'ella sia un poco attaccata d'eresia, si pone a discutere come
fosse un discepolo di Lutero -.-
-Che bella eretica da vedersi bruciare! -disse il vescovo di Malaga.
-Dal fuoco dell'amore, voi volete dire, senza dubbio-, replicò l'arcivescovo
di Toledo; -questa sarebbe una conquista degna di Sua Eminenza -.-
-Non avete nulla di più difficile di questo da propormi -, rispose Pietro
Arbues con un sorriso pieno d'orgoglio.
-Sua Eminenza si ricusa -, disse il priore dei Domenicani.
-Io non mi ricuso -, rispose l'inquisitore, volgendo uno sguardo superbo
sull'assemblea; -ma non vorrei veramente fare sì poco per piacervi, o Padri
miei -.-
-Ci contentiamo di questo! -gridarono in coro tutti convitati.
In quel momento una grossa portiera di seta si aprì nel fondo della sala, ed
un famigliare si avvicinò al grande inquisitore.
-Monsignore -, disse, -Enrico domanda d'essere introdotto presso Vostra
Eminenza -.
Un sorriso di trionfo apparve sul viso di Pietro Arbues.
-Signori! il diavolo ha soddisfatti i vostri desidéri; ora vedrete la figlia
del governatore -. Poi, volgendosi verso il famigliare, -Enrico può
entrare -, disse.
Il famigliare disparve.
Tutti gli occhi si diressero verso l'ingrasso della sala del festino.
-Monsignore -, continuò Arbues, volgendosi all'arcivescovo di Toledo, -io vi
chieggo cento giorni d'indulgenza per questo buon Enrico, che ci conduce la
figlia del governatore; è il più valente servo della santissima
Inquisizione -.
Quando Arbues terminava queste parole, la portiera si alzò nuovamente e il
buon Enrico, pallido, sanguinolento, bagnato, entrò, ma solo, e appena in
forze per sostenersi.
-Che cos'è questa? -disse l'inquisitore sorpreso.
-Monsignore -, rispose il famigliare con voce debole, -tutti i nostri birri
sono stati uccisi, la figlia del governatore ci è stata rapita, ed io con
gran pena mi sono salvato a nuoto per venire a rendervi conto della mia
missione -:
Tutti circondarono Enrico, il quale raccontò allora con accento fievole gli
avvenimenti della sera.
Durante questo racconto, gli occhi del grande inquisitore scintillavano di
collera.
-Dunque siete stati tutti egualmente vili? -disse infine con un sarcasmo
spaventevole.
-Noi abbiamo fatto tutto quello che abbiamo potuto per eseguire i voleri di
Vostra Eminenza, -replicò timidamente Enrico.
-E Francesco?- domandò Pietro Arbues.
-Morto! Monsignore; morto come gli altri, - rispose il famigliare, che
ignorava la fuga dei due primi birri.
-Tu sei un miserabile!- gridò l'inquisitore con accento terribile. -Esci
dalla mia presenza, e non ricomparirvi mai più.-
Enrico, indebolito dalla perdita di sangue, dal bagno imprevisto nel
Guadalquivir, dalle emozioni della serata, Enrico non poté resistere a
quest'ultimo
colpo: vacillò e cadde privo di sensi.
Pietro Arbues suonò, due domestici comparvero.
-Portate via quest'uomo, - disse con indifferenza.
Poscia volgendosi a' suoi convitati:
-A tavola, signori! E terminiamo la notte come l'abbiamo incominciata.-
I monaci ed i vescovi ripresero i loro posti, e gl'inebrianti liquori
circolarono di nuovo.
Pietro Arbues aveva la rabbia nel cuore, che esalava la gioia pazza in
parole vive e mordaci.
Josè, suo favorito, lo riguardava con imperturbabile attenzione; il novizio
era più pallido del consueto, e il suo occhio nero e fiammeggiante
risplendeva di cupa ironia.
-Josè, - disse Arbues, chinandosi all'orecchio del favorito, -ecco una
serata che costerà caro al governatore di Siviglia.-
Un pensiero d'amara gioia brillò sulla fronte del novizio, ma fu
impercettibile per l'inquisitore.
L'orgia si prolungò fino al mattino[59]
VI. La casa dell'eretico:
La casa dell'Apostolo era una certosa isolata, nel mezzo d'un giardino
rustico, bagnato dalle onde del Guadalquivir. L'Apostolo era uno di quei
monaci predicatori e confessori, i quali benché seguissero liberamente la
regola dell'ordine che avevano abbracciato, non appartenevano ad alcuna
corporazione religiosa.
Quel monaco era il medesimo che abbiamo già veduto alla taverna della
Graziosa.
Aveva scelto quell'umile ritiro, ove si riposava dalle sue fatiche, e che
per la sua lontananza dalla città e la sua vicinanza al fiume aveva mille
volte servito di rifugio alle vittime dell'Inquisizione.
Era il giorno successivo a quello in cui tanti avvenimenti avevano avuto
luogo.
Dolores era sola nella camera che le serviva d'asilo. La notte cominciava a
cadere, e coprendo gli oggetti di un pallido colore, dava al fiume l'aspetto
di una larga striscia di seta.
Malgrado la forza del vento che soffiava al di fuori, Dolores aprì la
finestra, e colla sua candida mano dividendo i lunghi capelli che le
velavano il viso, offrì la sua fronte nuda ed ardente a quel soffio
pungente e ghiacciato.
Cupo dolore opprimeva l'anima sua; i suoi occhi erano gonfi di lagrime, e
vene turchine solcavano quel pallido volto.
Invano nel dolore profondo che la divorava aveva ricorso alle consolazioni
della preghiera; l'angelo che porta ai piedi di Dio l'espressione ardente
dei nostri dolori, e ci riporta in cambio lacrime che consolano, aveva
indarno agitate le sue ali sulla fronte di Dolores; l'angoscia mortale della
sua anima non aveva potuto essere sollevata. Quella fanciulla dal cuore
forte, dalle retta e severa ragione, di cui tutta la fede riposava sui
principii più puri della morale evangelica; quella ingenua entusiasta, che
voleva trovare Dio nel sacerdote, il sacerdote che per essa non era un uomo,
ma un essere trasformato; quell'amante, esaltata da ogni perfezione ideale,
poetica nell'amore e nella religione, non aveva potuto scorgere, senza
orrore profondo, l'abisso di lussuria e d'ipocrisia ove s'immergevano, nel
nome di Cristo, color che si dicevano suoi ministri.
Il dubbio, questa piaga divoratrice quasi incurabile, che spesso non si
arresta che dopo aver tutto devastato, il dubbio aveva sfiorito l'animo di
Dolores, e gonfio il cuore di quel veleno mortale, il cui contatto brucia e
divora.
-E che!-diceva a sé stessa con grande amarezza, -son questi adunque i
rappresentanti del Salvatore? I depositari della legge? Oh! Se Gesù ha una
volta cacciato dal tempio i profanatori, non può oggi bandire i preti
inquisitori? La fiamma dei roghi che accendono non si volgerà contro i
medesimi per divorarli?-
Una collera ardente e santa bolliva nel cuore della giovinetta; guardava il
cielo sì tranquillo, che non era commosso dalle angosce della terra; e
pensando alla sua impotenza ed al terribile potere della Inquisizione,
domandava a sé medesima con terrore se Dio si prendeva pensiero delle sue
creature. Essa era giunta a formulare i suoi dubbi, e da quel punto
all'incredulità
non v'è che un passo. Del rimanente, e' fa mestieri il notarlo,quell'epoca
di terrori e di persecuzioni fu la più feconda in sétte diverse ed assurde.
Ciascuno voleva crearsi una fede alla sua maniera, non potendo contentarsi
di quella fede barbara, crudelmente imposta dalla tortura e dalle fiamme.
Infatti, la sola cosa, cui poteva far credere l'Inquisizione era l'inferno
ch'essa aveva trasportato sulla terra.
-Gesù! Gesù!- diceva la povera disperata, -tu, che non hai saputo che amare
e benedire, perché soffri i delitti di questi carnefici?-
-Per purificare i buoni,- le rispose una voce dolce e grave.
E, volgendo la testa dal lato donde la voce partiva, Dolores credette di
vedere la figura di Gesù Cristo stesso, tanto v'era mansuetudine e forza in
quella testa che raggiava come aureola.
Era quella dell'Apostolo.
-Oh Padre mio!-esclamò la giovane cadendo in ginocchio davanti a lui; -Padre
mio, sostenetemi, perché io vacillo, e l'anima mia spaventata non può più
credere che al male. Il dèmone non s'è egli fatto padrone di questo mondo
per cacciarne il vero Iddio?-
-Figlia!-disse l'Apostolo, ponendo la sua mano sulla fronte ardente della
giovinetta come fatto avrebbe Gesù medesimo, -quando mai la forza può essere
abbattuta dalla debolezza? Non è il male che è debole ed il bene che è
forte?-
-No,- rispose essa con voce alterata, -il male è forte; perciocché sono i
cattivi che opprimono ed i buoni che soffrono.-
-Cristo pure ha sofferto, ed era forte; perciocché egli era Iddio! Non sei
dunque cristiana tu, che rinneghi Cristo?-
-Oh Padre mio! Perdonate,- disse la giovane; -io non ho la forza dei
martiri, e la felicità mi sembra un diritto dell'uomo.-
-La felicità! E qui, - disse l'Apostolo, ponendosi la mano sul cuore.
-No, -gridò la giovinetta con disperazione; -questo asilo neppure è
inviolabile per gl'inquisitori.-
-Possono essi reprimere le pulsazioni o accelerarne i moti?-replicò
l'Apostolo;
-possono cacciare una immagine diletta, o fugarne la fede dei padri tuoi?
Non senti in te quella forza sovrumana dell'anima che ti dice: - Cammina,
non temer niente, ama e credi? - Si può rompere il corpo, ma ciò che ama in
noi è impedibile, ma il soffio eterno non muore!-
-Oh! Grazie, grazie,-riprese Dolores, baciando le mani dell'uomo di Dio, e
coprendole con le sue lagrime; -grazie a voi, che consolate, a voi che
assomigliate a Dio.-
L'Apostolo sciolse le sue mani da quelle di Dolores; la sua dolce umiltà non
poteva accettare quella testimonianza di rispetto, direi quasi di
adorazione, che i monaci di Spagna ricevevano non come omaggio, ma come
tributo.
-Oh!- proseguì Dolores, che comprese il suo pensiero, -voi siete umile e
forte, e voi credete; io pure dunque debbo credere, io, debole donna
perseguitata.-
-Si, tu devi credere, figlia mia, credere e soffrire senza mormorare;
perocché tu sei un'anima eletta. Armati dunque di forza e di costanza, e se
Dio ti destina a novelle prove, di', come quella vittima grande che morì per
la sua dottrina:- Sia fatta la tua volontà e non la mia.--
-Oh! Chi siete voi!-domandò la giovinetta, -chi siete voi, Padre mio, voi
che rendete al cuore la speranza e l'energia? Ditemi il vostro nome,
affinché io possa ripeterlo nelle mie preghiere!-
-Io sono un umile servitore di Dio, e mi chiamo Giovanni,-rispose
l?Apostolo; quando ti sentirai debole, o fanciulla, invoca il nome di Cristo
e non il mio, perocché egli solo comparte la forza e la consolazione. Ma si
fa tardi,- proseguì -è ora di rientrare in casa di tuo padre. Vieni, io sarò
la tua guida, e se mai tu soffri, se hai bisogno d'appoggio, ti ricorda
quest'umile dimora: essa è ognora aperta a coloro che piangono.-
Dolores alzò verso il cielo uno sguardo ardente e rassegnato.
-Io vi seguo, o Padre mio,- ella disse, e riguardando un'ultima volta quella
casa benedetta che l'aveva ricovrata, s'inviluppò nella sua cappa ed uscì
col monaco.
Camminarono lungo tempo l'uno a lato dell'altra, senza dire una parola.
Vaghi presentimenti agitavano l'animo della fanciulla: quella fronte, poco
innanzi pura e serena, piegava sotto il peso dell'uragano che aveva turbata
la sua felicità.
Le donne più forti d'animo e di principi han sempre nel cuore un lato
debole; la potenza di soffrire che è in esse, rende talora impotenti tutti
gli argomenti della ragione e della filosofia; esse non sanno, come l'uomo,
indurare contro gli avvenimenti. La loro natura entusiasta e febbrile, che
le rende in qualche momento sì forti, ricusa loro quel coraggio energico che
soffre con pazienza, che sa attendere e respingere un urto continuo: elleno
s'irritano; si esaltano, e nella forza delle loro sofferenze, una sola cosa
la calma, le lacrime; una sola le consola, l'amore.
Ricondotta a sentimenti più docili dalle parole consolanti dell'Apostolo, la
figlia del governatore versava abbondanti lacrime, e il suo amore per
Estevan si risvegliava più forte dell'intenso suo dolore. Inquieta per esso,
varcava rapidamente lo spazio, impaziente di giungere presso suo padre, che
forse aveva riveduto il suo fidanzato. Ma perseguitata sempre del terrore
della Inquisizione, sognava di fuggire con Estevan e suo padre sur una terra
lontana, in quella Alemagna in cui la tolleranza e la libertà regnavano, in
cui potrebbe senza tema seguire le aspirazioni del suo cuore e della sua
coscienza. Poscia gettava uno sguardo doloroso attorno a sé, ammirava il suo
bel cielo di Spagna, sì dolce e sì puro, e involontariamente fremeva al
pensier di fuggirlo; essa penava nell'idea di un cielo oscuro, di un suolo
coperto di neve.
L'Apostolo la lasciò intieramente in balia dei suoi sogni dolorosi, immerso
com'era egli stesso in gravi meditazioni.
Si avvicinavano al palazzo del governatore. La giovinetta mandò un grido di
gioia riconoscendo la strada in cui era la sua dimora.
Raddoppiò il passo, trascinando il monaco che la seguiva.
-Oh padre mio, - ella disse -io lo rivedrò!-
Dolorose non ardì pronunziare il nome di Estevan.
Ella si avanza.
Ma perché il lampione che brilla tutte le sere sulla facciata del suo
palazzo non è stato acceso? La porta per ordinario aperta, resiste ai suoi
sforzi.
Picchia.nessuno!.chiama col loro nome i servitori più affezionati.niuna voce
risponde alla sua.
Un silenzio spaventevole regna in quella casa.-
Si direbbe una di quelle dimore in cui, durante una epidemia, tutti gli
abitanti sono morti senza soccorsi, e che non è stata ancora riaperta per
paura del contagio.
Dolores, smarrita, tremante per un terrore inesplicabile, batte a colpi
raddoppiati coi suoi pugni la porta insensibile, i chiodi di ferro della
quale ammaccavano le sue mani delicate.
-Padre mio! Padre mio!-gridò con voce desolata.
Nessuno!.
L'Apostolo indovinò la verità; si avvicina alla giovinetta pronto ad
offrirle i conforti, ben persuaso che ne avrebbe bisogno.
Dolores guarda attorno a sé con ismarrimento. Ai suoi gridi alcune porte si
sono alquanto aperte.
-Padre mio! Che è stato di mio padre?-esclamò l'infelice.
Ma niuno le ha risposto.
-E' la figlia del governatore, che è stato arrestato quella mattina per
ordine del grande Inquisitore,- hanno detto alcune voci, e le porte si sono
richiuse, e ciascuno si è allontanato dalla fanciulla come se fosse
appestata.
Ma Dolores ha inteso la parola inquisitore, ed è stata illuminata da una
luce terribile. Suo padre è nelle prigioni dell'Inquisizione, e siccome
agl'infelici
inquisiti l'orribile tribunale non lascia niente, la casa del governatore è
chiusa, i suoi beni son confiscati: non rimane all'infelice sua figlia che
l'elemosina!.l'elemosina
che si ricuserà forse alla figlia d'un eretico.
Dolores non piange più; niun lamento esce dalla sua bocca; i suoi occhi son
divenuti asciutti ed urenti; un amaro sorriso contrae le sue labbra
scolorate.
Si avvicina al monaco, lo afferra per la manica del suo vestito, come
volesse attaccarsi a lui, suo ultimo rifugio; poi con voce breve ed
ininterrotta:
-Padre mio,-ella disse ecco il mio Oliveto, pregate Dio che abbia pietà di
me.-
L'Apostolo si attendeva un dolore meno rassegnato. Ad onta della sua
profonda conoscenza del cuore umano, non aveva compreso che un colpo
terribile ed imprevisto abbatte lo spirito e lo piomba in una atonia che non
gli lascia la forza di soffrire. Colpita in ciò che aveva di più caro,
colpita dall'Inquisizione,cotesto tormentatore tanto spietato, quanto
l'inferno,abbattuta
sotto il terribile pensiero che niuna speranza le rimaneva, Dolores non
aveva più la forza di lagnarsi; non poteva che dire, come Gesù, con la
certezza di non essere esaudita: Mio Dio! Allontanate da me questo calice.
L'Apostolo non le parlò; in quel momento terribile qualunque parola sarebbe
stata impotente. Le prese dolcemente il braccio, che passò sotto il suo, e
guidandola come timido fanciullo, riprese il cammino della sua dimora.
La giovinetta non si volse neppure per gettare un ultimo sguardo sul suo
palazzo; abbassò la testa sul petto, e seguitò senza far parola la sua
guida. Avevano appena fatti alcuni passi nella strada, che nell'oscurità
urtarono in un uomo che con la spada alla mano si difendeva contro un altro
uomo in una lotta accanita.
Destata dal suo letargo, la figlia del governatore mandò un grido acuto,
riconoscendo quell'uomo.
-Estevan!-
-Dolores!-
Gridarono nel medesimo tempo, tanto è irresistibile quella potenza
d'attrazione,
quel fluido invisibile, magnetico, che circola attorno a noi al solo
avvicinarsi dell'oggetto amato, che l'aria la quale vibra attorno di lui, ci
fa tosto riconoscere.
Dolores trascinò Estevan.
La lotta cessò un istante; una giovane, sospesa al braccio dell'altro
combattente, che portava il vestimento dei figli della Garduna, sembrava
voler strappargli il pugnale di mano, e con suppliche ardenti domandargli
una grazia che non voleva accordare.
-Io non posso! Ti dico,-gridò ad un tratto quell'uomo con voce vibrante e
concentrata; -non posso, Colubrina; ho promesso di ucciderlo e bisogna che
muoia.-
Proferendo queste parole, lo strano gruppo si trovò vicino all'Apostolo, che
si era avanzato d'alcuni passi, allarmato da quell'incidente.
La giovine lo riconobbe. Senza lasciare il braccio dell'uomo che teneva
sempre serrato con una stretta vigorosa malgrado i suoi sforzi per
isciogliersi cadde ai piedi dell'Apostolo.
-Oh! Padre mio.-ella disse, -impedite a Manofina di uccidere quel giovane!
Non abbiamo assai di delitti come questi?-
-L'Apostolo!- disse il bravo, che lo riconobbe; e curvò umilmente la testa
davanti all'uomo di Dio.
-Manofina,- disse il monaco, che conosceva tutti quegli uomini per
nome, -Manofina, chi ti ha dato la missione di uccidere?-
-La Società della Garduna, Padre mio, alla quale io appartengo anima e
corpo; il mio mestiere è di battezzare e d'oscurare, come il vostro è di
confessare e di predicare. Lasciatemi dunque fare le mie faccende, e non
eclissare il danaro che mi si da per quest'oggetto.-
-Manofina,- disse il monaco, -credi tu in Gesù Cristo?-
Il bravo s'inchinò a questo sacro nome.
-Senza dubbi, reverendo: io sono un buon cattolico, ed è perciò che voglio
fare il mio mestiere in coscienza. La giustizia prima di tutto; ho promesso
di uccidere e bisogna che uccida.-
-Colui che uccide con la spada morirà per la spada.- proseguì
l'postolo. -Manofina, in verità io te lo dico, il mestiere che fai è un
mestiere di
sangue, e Gesù ha orrore del sangue, figlio mio!-
-E se io rinunzio a questo mestiere, Padre mio, l'Inquisizione, che non
vorrò più servire, mi farà bruciare come eretico, o mi costringerà ad uscire
dalla Spagna, come fa di tutti quei poveri Moreschi che se ne vanno a
migliaia da Siviglia. Allora che avverrà di questa donna, che è mia e cui do
da vivere?-
-Chi importa?- esclamò la sirena, intenerita dalla dolce parola
dell'Apostolo;
-è meglio morire che vivere di tal guisa.-
-Ma la mia confraternita,- riprese il bravo, -posso io abbandonarla?-
-No,- disse il monaco, troppo filosofo per credere che si potesse così in un
istante staccare quell'uomo rozzo dalle abitudini della sua vita. -No, tu
non lascerai la confraternita della Garduna; ma siccome una buona azione fa
perdonare molti delitti, non t'impiegherai, d'ora innanzi, che a salvare le
vittime dell'Inquisizione.-
-Ma io ingannerò,- disse il bravo, sempre attaccato colla sua singolare
probità e fedeltà cavalleresca agli statuti dell'Ordine.
-L'intenzione fa tutto,- replicò il monaco; -non avrai tu l'intenzione di
far bene? Non farai, infatti, del bene?-
L'Apostolo, quel leale e bravo difensore del Vangelo, usava a malincuore
questa sottigliezza, divenuta poi l'arme di un Ordine celebre[60], il mezzo
col quale esso ha posto sossopra il mondo. E sparso per tutto il veleno
della ipocrisia; ma certamente, se mai la sottigliezza, fu santa e permessa,
era bene in quel momento in cui l'uomo di Dio riuniva tutte le sue forze
persuasive onde evitare mali innumerevoli col suo ascendente sopra un solo
uomo.
Il bravo l'ascoltava con raccoglimento; un dubbio lo molestava ancora.
-E voi, Padre mio,- disse finalmente, mi assolverete da tutte le infedeltà
commesse verso al mia confraternita? A questo patto io farò tutto ciò che
vorrà Vostra Beatitudine, perché voi solo sarete responsabile della salute
dell'anima mia, ed essa non può trovarsi meglio che fra le vostre mani.-
-Io ti benedirò tutte le volte che salverai una vittima, e ti assolvo di
tutte le uccisioni che tu non commetterai. Va in pace, figlio mio, e Dio ti
guidi.-
Il bravo cadde alle ginocchia dell'Apostolo, a lato della sirena, e le loro
teste s'inchinarono insieme sotto le mani riunite per benedirli.
-Ei ci ha sposati,- disse a voce bassa la sirena mentre si alzava.
E quella zingara vagabonda, sola come l'uccello dei boschi, senz'altra guida
fuor che gl'istinti della sua selvaggia natura, trasalì di una emozione
casta e religiosa; essa vedeva il cielo nell'amore, la consacrazione del più
puro sentimento dell'anima.
Ad alcuni passi di distanza Estevan e la figlia del governatore confondevano
il loro dolore e le loro lacrime; la gioia di ritrovarsi aveva almeno recato
questo sollievo alla loro disperazione, di potere, cioè, spandersi al di
fuori. La speranza, una speranza triste, fuggitiva e lontana, la speranza
che non abbandona mai l'amore, sorrideva loro nel mezzo di quel cielo
oscuro.
-Vedi,- disse la sirena, il cui istinto femminile aveva tutto
compreso, -vedi, Manofina, quanto saremmo infelici se, invece di ritrovare
il suo bel fidanzato, questa povera signorina avesse urtato nel suo
cadavere.-
-Colubrina,- disse il bravo, -mi sembra che la voce dell'Apostolo m'abbia
dato una seconda vita, e che io non sia più lo stesso uomo di questa
mattina.
Gesù! Quante persone debbo salvare per cancellare tutto il sangue che ho
versato! Vedo bene che bisognerà lasciare la società della Garduna.-
-L'Apostolo ha detto che una buona azione fa perdonare molti delitti,-
rispose la sirena; -sii dunque tranquillo, anima mia, e non t'inquietare del
resto, Sua reverenza s'è incaricata della cura della tua anima, e se noi
lasciamo la Garduna, il buon Dio, che nutrisce gli animali, nutrirà pure due
creature cristiane.-
Il bravo e la sua compagna si allontanarono.
Estevan e Dolores avevano tutto obliato per piangere insieme.
-Venite, figli miei,-disse l'Apostolo; - penseremo domani a scegliere un
ritiro per la mia figlia Dolores:-
-Padre mio,- disse Estevan, -bisogna pensare, io credo, a fuggire questa
disgraziata terra di Spagna, che divora i suoi figli più puri.-
-Fuggire quando mio padre è prigioniero!- gridò Dolores. -Estevan! L'avete
voi potuto pensare?-
-Ma voi perderete senza frutto,- disse il giovane; -voi partirete sola,
Dolores, ed andrete ad aspettarmi fuori dalla Spagna, mentre io impiegherò
il mio credito e le mie dovizie per salvare vostro padre:-
-Salvare i vivi!-disse il monaco a bassa voce, -quando l'Inquisizione non
rispetta neppure le ceneri dei morti!-
-Tacete padre mio,- rispose Estevan che l'aveva inteso; -non togliamo ogni
speranza a questa sventurata fanciulla.-
-Io non lascerò la Spagna che con mio padre,- disse risolutamente la figlia
del governatore.
-Povera fanciulla!-pensò l'Apostolo commosso. - hai tu pure una di quelle
anime fatte per l'abnegazione, le quali conducono sempre al Calvario.-
-Figlia mia,- egli disse, -domani vi condurrò al convento delle
Carmelitane.-
-Estevan,- disse piano la giovinetta, -guardati! L'Inquisizione ha gli occhi
su di te.-
Erano giunti alla casa dell'Apostolo; Dolores entrò per prima, Estevan si
fermò fuori, non osando varcarne la soglia.
-Venite tutti e due, figli miei,- disse il Francescano; -passeremo insieme
la notte a pregare; venite perché domani è d'uopo che vi lasciate.-
Estevan li seguì in silenzio.
La porta si chiuse dietro di essi.
VII. Estevan de Vargas
Undici anni circa avanti all'epoca in cui accadevano tutte queste cose,
aveva avuto luogo l'avvenimento del cardinale Alfonso Manriquez, arcivescovo
di Siviglia, al posto eminente d'inquisitor generale di Castiglia. Già da
lungo tempo, sotto il regno di predecessori di Manriquez, l'odio degli
Spagnoli contro il Sant'Uffizio erasi vivamente scoppiato in ardite
cospirazioni, in rivolte continue, in lagnanze veementi, formulate altamente
e recate fino al tribunale dei papi, di cui la vil compiacenza e l'interesse
particolare, coadiuvati dalla debolezza egoistica dei re, rimasero
impassibili innanzi alle miserie della Spagna.
L'Inquisizione la coprì impunemente di roghi, spopolò le città, isterilì le
campagne, privandole delle braccia che le coltivavano, ed un paese ricco,
cavalleresco, amante delle arti, della libertà, della gloria, ridusse in
vaste catacombe, ove l'aspetto dei morti spaventa i viventi, in una arena
vergognosa ove si cadeva senza combattere, ove la mano infamante del
carnefice gettava l'infamia sulla fronte dei più puri, ad un cenno di quel
déspota terribile che portava una corona di fiamme ed uno scettro di ferro.
Ma mentre la vile politica dei re lasciava decimare di tal guisa questo bel
regno, alcuni nobili spagnoli dal cuore pieno d'energia e ardente d'amore
per la libertà, protestavano altamente, con pericolo della loro vita, contro
le iniquità del tribunale della Inquisizione[61].
Nel numero di questi eroici difensori dei diritti dell'umanità trovavansi
nobili castigliani, sapienti e santi vescovi, ed anco alcuni membri del
consiglio di Castiglia. La Spagna era allora in istato d'insurrezione
permanente; ma questa generosa crociata contro l'Inquisizione, non essendo
sostenuta dai re, e non potendo esserlo efficacemente dal popolo, curvato
sotto il giogo del fanatismo e troppo ignorante allora per comprendere la
sua vera forza, rimaneva impotente a distruggere l'idra divoratrice. E tutto
si limitava ad alcune inefficaci misure, ad ingannevoli sevizie, ottenute a
gran fatica contro alcuni inquisitori troppo audaci. Così ventisei anni
avanti, Filippo I aveva sospeso dalle sue funzioni il grande inquisitore
Deza e il suo amico l'inquisitore di Cordova, Lucero, la cui orribile
crudeltà dichiarava quasi tutti gli accusati, che confessassero o no,
colpevoli di reticenza, e li faceva quindi condannare[62] come falsi
penitenti. Fra i signori spagnuoli contrari all'Inquisizione il giovane
Estevan de Vargas si era fatto distinguere per l'asprezza della sua
indignazione. Discendeva da una di quelle famiglie moresche, le quali dopo
la conquista di Granata avevano volontariamente abbracciato il
cristianesimo[63]. Giovane ardente, passionato, Estevan possedeva quella
bellezza maschia che rivela più l'energia dell'intelligenza che la forza del
corpo. La sua carnagione bruna, di un'estrema finezza aveva quei toni dorati
la cui vaga trasparenza lascia appena indovinare, sotto la rete delicata
delle vene, la circolazione rapida di un sangue ricco ed ardente.
Il suo occhio nero per ordinario dolce e tranquillo., scintillava al più
piccolo moto dell'animo. Aveva quel personale alto, snello e grazioso
proprio delle belle razze moresche; e sulla pallida fronte i capelli neri e
lucenti gettavano la loro ombra e coronavano quella vezzosa testa, fatta per
portare una corona d'oro, o piuttosto di lauro: perché Estevan aveva la
poesia che incanta, l'eloquenza che persuade e trasporta, e la sua potente
filosofia era degna del maestro che aveva seguito.
Estevan erasi nutrito del Vangelo.
Senza abbandonarsi ad alcuna setta particolare, senza adottare le dottrine
di Lutero e di Melantone, senza divenire anabattista o illuminato
(alumbrato), eccessi tutti che gli sembravano egualmente assurdi, Estevan
aveva regolato la sua vita colla pura morale di Cristo; la sua filosofia era
la carità, la carità eccessiva; le sue pratiche, la carità, sempre, sotto
tutte le forme; il suo culto, Iddio, Iddio grande e puro, Iddio scevro di
tutte le passioni umane, Iddio sorgente della vita, che prodiga all'uomo
beni senza misura, e non esige in ricambio che un amore simile al suo,
indulgente ai cattivi e soccorrevole a tutti; e per tutta glorificazione,
una vita pura, amante ed affezionata.
Tutto il resto non era, agli occhi di Estevan, che giuochi più o meno
frivoli, o mezzi vergognosi e colpevoli.
La sublimità dell'anima sua, la profondità delle sue convinzioni,
l'eloquenza
della sua parola davano al giovane filosofo quella potenza di fascinazione
che trascina le masse. Alla sua voce il popolo esaltato sarebbesi sollevato
come per incanto, ed avrebbe fatto tremare il terribile tribunale. Suo
padre, membro del Consiglio di Castiglia nel 1502, aveva colla sua
coraggiosa opposizione favorito lo stabilimento di quella Giunta conosciuta
sotto il nome di Congregazione Cattolica[64], destinata a reprimere gli
eccessi e riparare le ingiustizie dell'indegno Lucero[65]. Disgraziatamente,
questa misura tarda e incompleta non fu che una tregua ingannevole accordata
agli Spagnuoli dall'Inquisizione, idra mostruosa, le cui teste rinascevano
sempre dopo essere state tagliate.
Il giovane Vargas, divenuto uomo, aveva a lottare contro i medesimi abusi e
forse anco contro maggiori.
Quale impero un uomo come Estevan aveva dovuto prendere sopra un'anima come
quella di Dolores! L'amore puro, l'amore completo non nasce nelle anime
volgari; l'amore di un essere forte per un essere mediocre non è più amore
vero, diviene allora errore o debolezza. Ma quella fusione perfetta di due
anime che le fa vivere della stessa vita, soffrire degli stessi tormenti,,
che unisce i desiderii e le volontà di maniera che sembra non esistere più
che un solo essere in due individui, quell'amore si forma soltanto nelle
anime sorelle, uguali, legate da una perfetta unità.
Forte per natura, dotata di un candore sublime, idolatra del vero, che
rigetta con orrore qualsiasi massima falsa o vile, qualsiasi azione
attaccata da simulazione o di menzogna, Dolores aveva in Estevan quella fede
cieca che nasce da ammirazione profonda. L'elevazione del loro spirito, le
crudeli peripezie della loro esistenza, ancora si giovane, le loro tendenze
religiosamente filosofiche, e l'ammirabile purezza dei loro cuori avevano,
per così dire, spiritualizzato il loro amore.
Promessi l'uno all'altra dal volere dei loro parenti, eglino sentivano che
la loro unione non dipendeva dal consenso degli uomini; che già per una
convenzione tacita ed inviolabile le loro anime erano sposate l'una
all'altra,
e che la morte stessa non potrebbe separarle. Così il loro amore era in
apparenza tranquillo; attendevano con gioia, ma senza turbamento ed
impazienza, l'epoca che renderebbe perfetta la loro unione in faccia al
mondo. Sentivano che questa consacrazione poteva aumentare la loro felicità;
ma questa felicità l'attendevano in calma, tanto lo spirito dominava in essi
la materia.
Durante la giornata che Dolore aveva passato nella casa dell'Apostolo, essa
gli aveva candidamente raccontato la sua vita, la sua infanzia religiosa, la
sua giovinezza pura ed illuminata, il suo amore per il nobile Estevan.
E l'Apostolo, uomo di cuore ardente, pieno d'indulgenza, in cui forse il
ridicolo misterioso di un casto amore rotto dalla mano degli uomini o da
quella della morte aveva solamente cambiato il nome, ed ora si chiama
carità; l'Apostolo commosso da quella tenera confessione, non aveva esitato
a dire al giovane:
-Entra in casa mia con la tua fidanzata; l'amore puro non offende Dio né il
cielo. E' un omaggio reso alla sua onnipotenza.-
E quando essi furono riuniti tutti e tre in quell'umile dimora, le cui
bianche pareti non avevano altro ornamento che l'immagine di colui che morì
sul Calvario;
-Figliuolo miei,-disse il frate, -benedite Dio che vi colpisce; le
persecuzioni dei malvagi sono tante corone per l'altra vita. Beati coloro
che passano sulla terra pregando e piangendo!-
-Padre mio,- replico il giovane, -le vostre parole sono sante e
confortevoli, ed io adoro, come voi, la mano che si aggrava sopra di noi, ma
noi altri giovani dalla vita forte e piena di gagliardia, noi, cavalieri
spagnuoli, i cui padri hanno sempre lealmente servito la religione cristiana
o l'hanno volontariamente abbracciata con fede e convinzione; noi fedeli,
osservatori della legge di Cristo, legge di amore e indulgenza, potremmo
noi, senza esser vili, sopportare il giogo di un potere iniquo, che nel nome
di Dio sfida impunemente tutte le leggi divine ed umane? La rivolta contro
di essi non è un dovere?-
L'Apostolo rimase alcuni istanti senza rispondere: sembrava riflettere
profondamente.
-Figliuol mio,- disse finalmente, -io credo che il potere inquisitoriale sia
un abuso che bisogna combattere colla spada della parola, con la logica, con
la verità e non con la insurrezione figlia della collera e dell'odio, e
perciò cieca, passionata, senza regola, senza freno, senza misura, che va
sempre troppo lungi, e troppo presto si arresta; poca acqua gettata sopra un
immenso incendio, che, in luogo d'estinguerlo, irrita il furor delle
fiamme.-
-Si!- gli rispose Estevan con un atto energico, -ma alla bocca eloquente si
pone una sbarra, si soffoca la verità sotto i catenacci, e la logica... OH
Padre mio! Voi sapete bene quanto sono abili a combatterla. Il cupo genio
dell'Inquisizione l'estingue sotto i nodi delicati di sottigliezze d'ogni
genere, e sotto la stretta di fuoco dell'assolutismo: essi uccidono tutti
con questa frase: -Nel nome di Dio,- e il popolo ignorante china la testa.
Egli teme di divenire sacrilego rivoltandosi.-
-Il popolo soffre,- disse l'Apostolo; -perché in tutti i tempi la sua forza
è la rassegnazione; quando, troppo stanco del giogo, si rivolta e lo scuote,
a che gli serve ciò? A cambiar di padrone, ecco tutto. Il suo sangue e i
suoi sforzi non servono che ai potenti, ai capi della rivolta; quanto a lui
rimane sofferente e schiavo.-
-Padre mio,- disse Estevan con voce grave, -quando i capi sono puri, il
popolo è felice; la sventura non è nell'obbedienza, è nell'odio per colui
che comanda.-
-Senza dubbio,- rispose l'Apostolo, -perché colui che è degno di comandare
si fa volontariamente fratello ed eguale di coloro che gli obbediscono; non
resta loro superiore che per la intelligenza...è il pilota che tiene il
timone per assicurare la salvezza dell'equipaggio.-
-Padre,-interruppe la giovinetta, -che hanno di comune un capo che governa
per diritto o per scelta e questo barbaro potere che nel nome di Dio spopola
la Spagna e la cuopre di gramaglie?-
-Dolores,- replicò vivamente Estevan, -se colui che governa fosse un buon
pastore, non lascerebbe tosare il suo gregge da avidi speculatori che
addentrano le cesoie fin sotto la carne per aver la lana ed il sangue delle
pecorelle. La tolleranza del re per l'Inquisizione non è che il calcolo di
un'avara politica. E' la sete dell'oro che copre il regno di roghi.-
L'Apostolo alzò gli occhi al cielo e due sante lacrime scesero lungo le sue
pallide guance.
-Figlio mio,- disse, -Iddio illuminerà il re sui loro veri interessi, e
toccherà il loro cuore di una compassione efficace. La voce dei predicatori
del Vangelo finirà per essere intesa; molti fra essi, con un coraggio
eroico, un coraggio tanto grande quanto quello che arma la mano di una
spada, salgono sul pulpito, ed esclamano contro gli errori del fanatismo, e
con pericolo di loro vita predicano la dottrina di Cristo nella sua purezza
e semplicità primiera. Speriamo in essi, figlio mio; la forza delle
convinzione è più potente di quella delle armi, e il giorno del trionfo per
i veri cristiani non è forse lontano.-
-Padre, - disse Estevan, -voi ci raccomandate la pazienza e la
rassegnazione, e pertanto io vi ho inteso nelle nostre chiese elevar la
vostra voce eloquente contro gli Scribi e i Farisei dei nostri giorni,
perocché io non m'inganno;-proseguì considerando la nobile fisionomia
dell'Apostolo,
-voi siete uno di quei coraggiosi atleti che fin sotto la scure del
carnefice lottano con la parola e coll'opre contro i discepoli di Domenico
di Guzman, quel fanatico di cui la corte di Roma ha fatto un santo.-
-Io sono il più umile dei servitori di Dio,- rispose il monaco con vera
umiltà, -e quanto alla corona dei santi Dio solo la conferisce, che legge
nel fondo dei cuori.-
-Io sono cristiano,- rispose il frate; -ogni controversia mi sembra un
sacrilegio verso quella legge sì semplice, sì umile, sì dolce che ci ha
portato Gesù. A forza di dommatizzare uno si perde in tenebre
incomprensibili, e la fede, la carità, che sono la base del nostro culto,
s'intiepidiscono
e si snaturano; perocché qualunque disunione trascina seco rancore o dubbio.
La religione cristiana è sì sempilce! Perché seminarla di difficoltà d'ogni
sorta? Perché soprattutto porla al servizio delle umane passioni?-
-Padre,- disse Estevan, -la vostra religione è la mia e quella di Dolores:
ecco perché ci ragguardano come eretici.-
-Cristo pure fu condannato come empio e bestemmiatore. Di che vi lamentate?
È bello soffrire per la sua dottrina.-
Dolores ascoltava con rapimento quei due uomini di una fede sì pura, e il
timore dell'Inquisizione, che l'aveva tanto tormentata, cancellavasi davanti
a quei sublimi pensieri che fortificavano il suo coraggio.
Passarono di tal guisa quella notte crudele che ai giovani fidanzati aveva
recati cangiamenti sì deplorevoli nel loro destino. L'Apostolo li consolava
o pregava con essi, ed inspirando loro rassegnazione, dava maggior forza
alla loro speranza.
Una generosa emozione febbrile agitava le vene della fanciulla, la quale
avrebbe in quel momento sofferto il martirio con gioia, se con la morte
avesse potuto salvare i suoi fratelli, rendere la calma e la libertà alla
Spagna.
Verso il mattino una luce pallida mischiava già gl'incerti suoi colori al
limpido chiarore della lampada che ardeva nella camera; fu battuto piano
alla porta.
Estevan e Dolores trasalirono involontariamente.
-Non temete nulla,- disse l'Apostolo, -è senza dubbio un nostro amico.-
Egli aprì.
Un monaco giovane, vestito di una cocolla di stamigna nera, serrata alla
vita, e un cordone bianco si gettò fra le braccia dell'Apostolo, e posando
la testa sul seno di lui:
-E' tuo figlio,- disse, -che ha bisogno di te.- -Sii il benvenuto,- disse
l'apostolo
baciandolo in fronte come avrebbe fatto una madre, -parla figlio mio, e
dimmi che ti conduce.-
Il fraticello si assise.
-Parla, figlio mio,- ripetè l'Apostolo mostrando i fidanzati, -sono due
fratelli, due amici; parla, che vuoi?-
-Padre,- disse il monaco, io ho voluto mettere in pratica le lezioni che tu
mi hai date; ho pensato, come te, che non bisognava contentarsi della
predicazione, e che alla cura delle anime bisogna aggiunger quella del
corpo. Aiutato dai doni di alcune anime pie, e grazie alla sublime rinunzia
di alcuni giovani illustri, la cui anima calorosa e piena d'amore non ha
trovato che vuoto nelle gioie della terra, io ho formato una congregazione
numerosissima, animata dal solo desiderio d'essere utile ai suoi simili e di
soccorrere le loro miserie. Per le nostre cure uno spedale è stato stabilito
in Cadice[66] destinato a raccogliere i figli sofferenti di Gesù Cristo. Noi
li cureremo con le nostre mani, e procureremo, sanando il corpo, di medicare
eziandio le ferite dell'anima.-
-Tu hai avuto un pensiero santo,- disse l'Apostolo; -la vita è bella quando
ha sì nobil scopo.-
-Mio caro maestro,- proseguì il fraticello, -una sola cosa m'imbarazza. I
dolori dell'umanità sì numerosi e sì varii! Quale specie di miserie
cercheremo di sollevare?-
-Figlio mio,- rispose l'Apostolo, -fra i figli sofferenti di Gesù Cristo ve
ne sono alcuni, i cui mali, lungi dall'essere un oggetto di pietà per i loro
simili, divengono, al contrario, un oggetto d'odio e di disprezzo, la
società intiera li respinge, e, lungi di affievolire o di sollevare le loro
sofferenze corporee, essa aggiunge ancora i suoi dolori, i dolori morali,
mille volte più crudeli. Sono questi che bisogna compiangere, questi che
bisogna raccogliere e consolare[67].-
-Oh padre!- gridò il discepolo, -la sapienza è in te e la carità parla per
la tua bocca. Tu hai troncato le mie incertezze.-
-Sì, fra gli sfortunati noi sceglieremo i più sofferenti, tutti coloro che
niuno ardisce avvicinare, e appresteremo loro tanto più di consolazioni e di
gioia, quanto più sono stanchi e più disperati. Grazie, o mio maestro; i
nostri poveri malati ti benediranno perocché tu sei loro padre[68].
Quindi essi parlarono insieme ancor lungo tempo, quantunque avessero passata
la notte senza sonno, il fervore che li animava, li rendeva poco sensibile
alle fatiche del corpo. Il fraticello sottomise a quegli di cui era
discepolo, gli statuti dell'Ordine che voleva fondare; ne discussero insieme
la giustezza, il numero, l'utilità, e i due giovani fidanzati trassero dal
loro conversare questa conclusione, giusta e vera, che cioè, tutta la
pratica della religione cristiana consiste in questo solo precetto: amatevi
gli uni gli altri.
Così fu fondato quell'Ordine celebre che esiste ancora ai nostri giorni
sotto il nome di Ospitalieri di san Giovanni; perché il fratello altri non
era che quel grande predicatore conosciuto poi sotto il nome di san Giovanni
di Dio. Questa volta almeno Roma fece giustizia, accordandogli la corona dei
santi, che la Spagna gli aveva da lungo tempo decretata.
La campana del mattino suonò l'Angelus.
Dolore e il suo fidanzato si unirono ai due monaci in quella preghiera.
Il giorno compariva.
-Figli miei,- disse l'Apostolo, -è d'uopo che vi diciate addio. Questa
mattina condurrò la fanciulla nel chiostro per attendervi in pace la volontà
del cielo. Quanto a voi, o giovane, sapete il mio ritiro; io vi ripeto ciò
che ho detto ieri alla vostra fidanzata: -La mia casa è aperta sempre a
coloro che piangono.--
Dolores alzò verso il cielo uno sguardo pieno di dolorosa rassegnazione.
Estevan non parlò; ma il pallore del suo viso tradiva i combattimenti
dell'animo
suo. Strinse con forza la mano della sua fidanzata, tese l'altra
all'Apostolo,
che li riguardava con tenera compassione, e partì pronunciando questa sola
parola:
-Coraggio!-
Una lacrima scese sulla pallida guancia della figlia del governatore.
L'Apostolo
uscì col suo diletto discepolo.
Egli tornò a capo d'alcuni minuti; aveva legato i suoi sandali, e la sua
mano destra si appoggiava sopra un bastone di faggio.
Dolores era inginocchiata davanti all'immagine del Salvatore.
All'avvicinarsi
del monaco volse la sua testa verso di lui; vedendolo pronto a partire, si
alzò subitamente, e soffocando un sospiro doloroso che gonfiava il suo
petto, -Padre,- disse, -io sono pronta a seguirvi.-
VIII. MANOFINA.
La figlia del governatore è rimasta sotto la guardia del suo santo
conduttore. Torniamo a Manofina, che abbiamo lasciato sotto l'impressione di
una nuova conversione.
Il bravo riprese lentamente colla sua compagna il cammino del palazzo della
Garduna. Il loro tragitto fu silenzioso; solamente ad intervalli Manofina
comprimeva con ardore il braccio della sirena, che si appoggiava al suo, e
con questa muta stretta cercava d'invigorirsi nella risoluzione che aveva
presa.
Giunsero così alle rovine che servivano d'ingresso alla strana dimora di
Mandamiento.
Una debole luce rischiarava l'interno della sala, che a quell'ora era quasi
deserta. Nessuno dei membri della confraternita era ancora tornato dalle
spedizioni notturne. Solo il maestro attendeva, assiso sopra un avanzo di
colonna troncata, contando con occhio avido un pugno di dobloni; qua e là
alcune vecchie coperte avevano disteso il loro grembiule sul suolo , e
dormivano su quella sottil materassa un sonno profondo e tranquillo.
Avvertito dal rumore dei passi della giovane coppia che si avanzava
nell'ombra,
il maestro alzò subito la testa, e vedendo il bravo, esclamò con aria di
giubilo: -Oh! è Manofina: sempre il primo nelle faccende. Don Estevan de
Vargas?...-
-Sta bene quanto voi e me,- rispose il bravo con cupa voce.
-Per san Giacomo,- gridò Mandamiento, -gli stregoni avrebbero rotta la lama
del tuo pugnale nel fodero? ovvero don Estevan possederebbe un talismano che
lo metterebbe al coperto dall'acciaio?-
-Né uno, né l'altro, maestro. Io sono venuto qui per dirvi che sono stanco
di oscurare, e che non faccio più parte della confraternita. Ecco il denaro
che mi avete dato.-
E gettò la borsa ai piedi dell'irritato Mandamiento.
-Mille diavoli!- gridò il maestro, -sei tu che parli, Manofina, o lo spirito
maligno che ha presa la tua forma per ingannarmi?
-Sono io in carne ed ossa, maestro,-replicò il bravo; -io, che vengo a
prender congedo da voi, e per ringraziarvi della protezione particolare di
cui mi avete onorato.-
Mandamiento aggrottò il sopraciglio, e si volse verso la sirena, che stava
dietro al bravo con aria umile e occhi bassi.
-E tu, Colubrina,- disse il maestro, -vuoi tu pure rinunziare ai
divertimenti ed ai benefizii del mestiere per seguire questo pazzo, che non
avrà più altro pane da darti che la melopia[69] dei monaci?-
-Io vi rinunzio,- rispose la donna avvicinandosi a colui che amava.-
-Razza di matti!- mormorò il maestro.
Manofina non rispose.
Mandamiento, essendosi alzato dispettosamente dal suo seggio di pietra, si
mise a camminare a gran passi per la sala, mormorando parole non
intelligibili. Era l'ora in cui rientravano d'ordinario i membri della
confraternita; venivano a render conto al capo del risultato delle loro
rispettive missioni. Appoco appoco la sala si riempì di gente; il maestro
sempre assorto ne' suoi pensieri, non aveva ancora guardato né fatto parola
ad alcuno.
Finalmente l'assemblea fu completa; non mancavano che alcuni apprendisti,
personaggi di poca importanza. Tutte le dignità dell'Ordine erano riunite, i
quali rimarcarono che Mandamiento, assorto nelle sue idee spiacevoli, non
pensava ad essi, come se fossero stati dell'altro mondo. Corpo di ferro si
avvicinò al capo, e, tirandolo dolcemente per la manica della sua camicia:
-Maestro,- disse, -tutti i tuoi figli hanno compiuto la loro missione.-
-No, non tutti,- gridò il maestro, gettando un cupo sguardo su Manofina, che
si teneva a distanza, al lato della sirena.
Tutti gli occhi si diressero verso il bravo rinnegato. Manofina non abbassò
gli occhi, guardò i suoi compagni con aria perfettamente tranquilla, e non
rispose.
-Che vuol dir ciò?- esclamarono gli altri; -è possibile maestro?-
-Si,- riprese Mandamiento con voce solenne; -un garduno non ha compiuta la
sua missione; la società perde ad un tratto uno de'suoi più validi sostegni,
e questa vile defezione ci reca grandi sventure.-
-Si,- proseguì il maestro, designando con un gesto Manofina e la sua
compagna che sembravano impassibili, -l'ordine perde in essi due dei suoi
figli migliori; ma perde di più, perde la sua riputazione di probità, la sua
rinomanza, finora senza taccia, acquistata con tanti lunghi e perigliosi
servigi[70]. Che diranno i nobili signori? che diranno le belle dame? che
dirà soprattutto il clero, nostra miglior clientela? che diranno i
Domenicani, che hanno riempito i nostri scrigni di dobloni? Noi passeremo in
tutto il regno dell'Andalusia per miserabili scrocconi che prendono denaro
per oscurare, e che non oscurano. Ci paragoneranno alle guardie che si
pagano per arrestare i ladri, e che non arrestano che le persone oneste, o a
quei monaci senza fede che si fanno pagare dieci volte una messa di cui non
dicono neppure la metà.-
-Comprendete voi, fratelli,-continuò il maestro, animandosi progressivamente
al suono delle sue parole, -comprendete voi in qual collera entrerà il
grande inquisitore quando saprà che un oscuramento da lui comandato non è
stato eseguito? e monsignore arcivescovo non dirà pure che siamo vili e
ladri? e noi perderemo la protezione di don Pietro Peladeras y Martinez y
Cabrera el Colmilludo[71], protettore del nostro Ordine, e lanternaio del re
nostro signore don Carlo, che Dio guardi. Oh Manofina! Manofina! ritorna in
te stesso, e ripara un momento di debolezza.-
L'assemblea avea ascoltato questo strano discorso con profonda stupefazione.
Dopo che Mandamiento ebbe cessato di parlare, alcuni soffietti ipocriti si
approssimarono a Manofina.
-Fratello,- gli dissero, -non è possibile che tu ci abbandoni, non è vero?-
-E' fatto,- rispose il bravo con accento breve.
Da un altro lato, due coperte delle più vecchie e delle più ributtanti si
erano avvicinate alla sirena, e con dolci parole e con lusinghe avvelenate
cercavano di ricondurla sulla primiera vocazione.
-E' inutile,- ella rispose; -quel che è detto è detto; noi non cambieremo
risoluzione.-
-Manofina scroccone,- esclamò un bravo promosso il giorni innanzi.
-Manofina non è uno scroccone,- rispose quegli, -ha reso il denaro che aveva
ricevuto; ma dichiara davanti a tutti che il mestiere gli dispiace, e che
rinunzia ai suoi titoli ed ai suoi privilegi.-
Manofina parlava con voce tranquilla: non era più quell'uomo turbolento del
giorno innanzi, avido di azioni perigliose ed orribili, era uomo forte o
coraggioso, convertito dalle parole dell'Apostolo, amante tuttora dei
pericoli, ma non dei pericoli senza scopo; tutto il suo ardore bellicoso si
volgeva adesso contro gli oppressori dei deboli, contro gli sbirri della
Inquisizione.
-Alla tigre! alla tigre![72]- sclamò il nuovo graduato.
-Fratello,- replicò severamente il maestro, -la confraternita della Garduna
non ha mai rilasciato alla tigre di Siviglia i suoi figli anche i più
colpevoli. Se sono deboli, buoni a nulla o malaccorti, li degrada o li
rimanda; se sono traditori li oscura; ma non incarica mai compar Matteo[73]
di vendicarla.
-Maestro,- disse Manofina, -la confraternita non abbandona i suoi figli, e i
suoi figli neppure la tradiranno; non avrà mai nulla a temere.-
-Figliuol mio,- replicò il maestro intenerito, -perché vuoi abbandonarci?
hai da lagnarti di me? puoi ancora riparare al tuo sbaglio.-
-Mai,- rispose Manofina in tono risoluto.
-Sai tu,- rispose Mandamiento irritato, -che ogni membro infedele merita una
punizione??-
-Ogni membro infedele incorre nella degradazione; degradatemi dunque e tutto
sia finito.-
-Tu devi sapere che vi sono certi casi in cui si oscura ,- replicò
severamente Mandamiento.
-Non si oscurano che i traditori, ed io non sono un traditore.-
-Ma...-
-Ma si potrebbe temere che io lo divenissi, vuoi dire, e allora mi si
oscurerebbe, non è vero?- aggiunse il bravo con aria di diffidenza. -Ebbene!
io consiglio a colui che sarà incaricato di questa missione di dire
devotamente il suo confiteor; perché per la barba del re! avrà un osso duro
da rodere. Il mio pugnale non sarà più all'ordine di chichessia, ma sarà
sempre pronto a difendermi.-
La sfida di Manofina colpì l'amor proprio di alcuni fratelli , i quali
portarono la mano al loro pugnale. La sirena, a cui quell'atto non era
sfuggito, serrò convulsivamente il manico della sua laminetta andalusiana.
Il bravo promosso il giorno innanzi si avvicinò allora a Manofina con aria
beffarda, e gli disse a voce bassa:
-Io non avrei mai creduto che tu potessi aver paura, Manofina!-
Il convertito sorrise sdegnosamente.
-Che fate voi là,- gridò il maestro; -non sapete che non si parla a voce
bassa durante le sedute solenni?-
-Io diceva a Manofina,- replicò il nuovo graduato, -che è un peccato che sia
divenuto così poltrone; perché io sostengo che è la paura che gli ha
impedito di fare il suo dovere.-
Queste parole erano appena pronunziate, che il bravo promosso il giorno
avanti, trasportato come da un vortice dal più vigoroso schiaffo applicato
dalla mano del terribile Manofina, era andato a cadere ai piedi di
Mandamiento.
Venti pugnali brillarono nel momento sopra alla testa di Manofina.
Ma egli senza sconcertarsi, avvolse il suo mantello intorno al suo braccio
sinistro, afferrò il suo pugnale con la destra, e ponendosi in attitudine di
atleta pronto a tutti sfidare, attese col pié fermo gli assalitori.
La sirena, vedendolo in quell'atto, avvolse pure la sua mantiglia attorno al
suo braccio sinistro, e ponendosi dietro al bravo, attese col pugnale alzato
coloro che avessero potuto assalire il suo amante per di dietro.
Niuno ardì fare un moto.
-Ebbene,- disse Manofina, -questo è tutto?-
-Avanzatevi dunque, poltroni!- gridò la Colubrina con gli occhi scintillanti
come quelli di una tigre; -avanzatevi per vedere se abbiamo dimenticato di
battezzare!-
Mandamiento rimase impassibile.
Il bravo, che già una volta era stato rovesciato, si rialzò furioso come un
lupo colpito da una freccia, e si lanciò sopra Manofina, ma, con gran
dispiacere dell'assemblea, cadde di nuovo sul terreno. Manofina coprendogli
la faccia col suo braccio sinistro, gli aveva dato nello stesso tempo un
calcio vigoroso che lo aveva rovesciato addirittura.
Gli altri membri della Garduna non si erano mossi.
-Signori, voi siete una massa di vili,-gridò Manofina: -voi volete lasciarmi
oscurare da un giovane pollo che ha più ardore che esperienza.- -Manofina,-
disse allora il maestro, -questo giovane pollo, come tu lo chiami, ha
diritto ad una riparazione, e tu sei troppo bravo per ricusargliela.-
-Io sono pronto a dargli tutte le soddisfazioni possibili, ma in regola, e
da solo a solo.-
-La Colubrina ti aiuterà,- risposero gli altri scherzando.
-La Colubrina si terrà tranquilla come un morto,- rispose il bravo; -fate
come essa, e lasciate, fra questo giovane e me, regolare in pace i nostri
conti.-
-All'opera figliuoli,- gridò Mandamiento, -ed ogni pugnale rientri nel
fodero.-
-E voi, signore Gancino, - aggiunse egli volgendosi verso un giovane garduno
che gli serviva di paggio, -andate a fare la guardia e gracchiate[74] al
minimo atomo di pericolo che vedrete avvicinarsi al corso d'acqua.-
L'inviato partì.
Si fece un grande cerchio d'uomini e di donne nella sala della Garduna; il
bravo e Manofina, armati tutti e due dei loro enormi coltelli
d'Albacete[75],
si avanzarono nel mezzo di quel cerchio.
E questo è un fatto che confuta vittoriosamente la qualificazione di
traditori data agli Spagnuoli dagli stranieri, che le persone della più
bassa estrazione, la feccia della popolazione, scrocconi, ladri, diffamati,
forzati liberati ed altri portano in questo genere di combattimenti un
lealtà, un generosità cavalleresca che non si potrebbe aspettare da esseri
così abietti. Non vi è esempio che un baratero[76], abbia colpito il suo
avversario dopo che questi abbia dichiarato di non potere o di non volere
più battersi. Se uno dei due combattenti non ha più mantello, l'altro si
spoglia del suo, e si serva del suo braccio nudo per parare i colpi. Questa
generosità è tanto più rimarchevole in quanto queste persone si battono più
sovente per inezie, per qualche soldo, e spesso anche per meno[77].
Le armi dei due garduni si trovarono ad essere esattamente della medesima
lunghezza, le loro lame affilate erano della medesima larghezza. Questo
esame finito, i combattenti avvolsero il loro mantello attorno al braccio
sinistro a guisa di scudo; poscia si posero fieramente l'uno in faccia
all'altro.
Così appostati attesero il segnale.
-Avanti dunque!- A questo grido, i due avversari si lanciarono l'uno verso
l'altro,
curvandosi, raddrizzandosi, torcendosi come serpenti, gettandosi indietro
per saltare di nuovo con slancio più sicuro ad assaltare il nemico. In quei
movimenti rapidi ed imprevisti, che non hanno altro scopo che di allucinare
il proprio avversario, affinché non possa sicuramente dirigere i suoi colpi,
Manofina, più tranquillo e più esercitato, aveva un incontestabile
vantaggio.
Il giovane bravo, stordito dalla collera, furioso di perseguitare un'ombra
che incessantemente gli sfuggiva, si lancia disperato su Manofina,
trascurando di difendersi per attaccare, ed offrendo venti volte il suo
petto al coltello micidiale.
La Colubrina seguiva con uno sguardo scintillante, e col petto affannoso
quell'atroce combattimento, che teneva tutti gli animi in sospensione.
Alcuni degli assistenti pregavano fra sè per il giovane bravo che vedevano
già steso morto nella polvere. Il maestro taceva, il suo viso era
impassibile.
Il giovane garduno, già stanco, si affannava a seguitare quella maniera
imprudente di combattere; venti volte il pugnale di Manofina aveva lambito
il suo petto; ma Manofina, che non voleva ucciderlo, prese il momento in cui
il suo avversario si gettava sopra di lui con la mano orizzontale, col
coltello diretto verso il suo petto, e rialzando prontamente il braccio
sinistro, con un colpo violento e non preveduto mandò il pugnale del giovane
a rotolare ai piedi del maestro.
-Bravo! bravo!-si gridò da tutte le parti; -bravo, Manofina, tu sei degno
ancora d'essere dei nostri!--Grazie, fratelli,-rispose l'amante della
sirena: -grazie, la vostra approvazione mi basta.-
-Sei veramente prode, Manofina,- disse il vinto, porgendogli la mano.
Manofina strinse cordialmente la mano che cercava la sua. Poscia,
avanzandosi verso Mandamiento: -Ora, maestro,- disse, -terminiamo il
cerimoniale affinché io sia libero.-
Mandamiento comprese che ogni tentativo sarebbe stato inutile per cambiare
la risoluzione del bravo; il maestro levò fuori il suo pugnale, ne appoggiò
la punta sul suolo, e piegando fortemente la lama, la ruppe e ne rimise i
pezzi a Manofina, il quale gli diede il suo in cambio.
Per quest'atto il bravo rimaneva degradato e indegno di dividere le gesta
della Garduna e di contribuire alla sua gloria.
Mandamiento prese in seguito il bravo per la mano e lo condusse davanti a
un'immagine
della vergine; là Manofina, inginocchiatosi, pronunziò la formola seguente:
-Per i dolori di Maria e per il sangue del suo Figliuolo, versato per noi,
giuro di non tradir mai la confraternita della Garduna né alcuno dei
fratelli dell'ordine: di non divenir mai membro della giustizia, a
detrimento dei fratelli garduni e di non adoperar mai il mio pugnale contro
alcuni di essi se non per legittima difesa...Iddio mi aiuti secondo la
sincerità del mio giuramento e mi punisca se io vi manco:-
-Amen!-risposero in coro tutti i membri presenti inginocchiati dietro il
bravo.
Terminata quella ridicola cerimonia, Manofina prese il braccio della sua
compagna, e gettando uno sguardo d'addio ai suoi antichi compagni, uscì
dall'antro
della Garduna deciso di non più rientrarvi.
-Fratelli,- sclamò il maestro dopo che Manofina fu partito, -Noi faremo una
nuova messa alla Madonna dei sette dolori affinché ci mandi un degno
successore di questo povero ragazzo sviato, che ci ha testé abbandonati.-
IX. Il favorito dell'inquisitore.
Era il giorno successivo all'orgia.
Potevano essere dieci ore del mattino; l'inquisitore si era alzato allora.
Il suo viso portava ancora le traccie degli stravizi della notte precedente,
e di quel sonno intempestivo che affatica e consuma le forze in luogo di
ripararle. Pietro Arbues era di un livido pallore.
All'eccitazione nervosa, cagionata dalla intemperanza, si aggiungevano le
agitazioni di una passione contrariate, una collera sorda contro gli agenti
dei suoi delitti. Enrico specialmente eccitava al più alto grado il suo
risentimento: la selvaggia passione dell'inquisitore si esaltava per tutti
gli ostacoli che erano venuti a rovesciare i suoi progetti. Il colore
bilioso di Pietro Arbues si mischiava a momenti con macchie violette: il suo
grand'occhio d'un turchino cupo, diveniva giallo come quello di una tigre, e
il suo profilo d'aquila, violentemente contratto. esprimeva una ferocia
spaventevole.
Si avvicinò ad un braciere che ardeva nel mezzo della camera e presentò le
sue mani intirizzite a quel calore benefico; aveva freddo: la violenza delle
sue sensazioni riconcentrava nel cervello tutto il calore vitale.
-Dolores!- esclamava, -Dolores!-
La sua immaginazione esaltata gli rappresentava come in uno specchio magico
la bellezza sovrumana della figlia del governatore ; trasalì sulla seggiola,
e i denti gli si serrarono in un'accesso d'indomabile frenesia.
-Oh quanto era bella!- continuò Pietro Arbues, irresistibilmente
perseguitato dalla immagine della giovinetta, -quanto era bella in quel suo
terrore! Oh averla vista così presso di me...averla tenuta qui in mio potere
senza temere né la sua collera, né le sue grida!...ciò sarebbe avvenuto
senza la viltà d'Enrico....-vile schiavo, ei non sa che adulare e non
servire; razza maledetta, che bacia la polvere dei nostri sandali e
indietreggia dinnanzi al pericolo quando si tratta di soddisfarci.
-Ma che?-proseguì il feroce inquisitore, alzando fieramente la testa, -non
sono io qui il padrone, e non posso ottener con la forza ciò che l'astuzia
non ha potuto fare?-
-Olà!- disse, avvicinandosi ad una portiera di seta che lo separava da
un'anticamera
ove stavano i famigliari di servizio, -facciasi venire il mio segretario...-
Il segretario accorse.
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