|
|
|
|
MARCO POLO E LA VIA DELLA SETA
|
|
|
LA VIA DELLA SETA, MARCO POLO IN CINA |
|
|
|
MARCO POLO, LA VITA:
Grande viaggiatore italiano, nato a Venezia o a Curzola nel 1254, morto a
Venezia l'8 gennaio 1324. Marco Polo aveva quindici anni quando intraprese
con il padre Nicolò e lo zio Matteo un lungo viaggio nelle regioni
asiatiche.
Nel 1271 partirono da Venezia diretti alla corte del Gran Khan. Passarono
attraverso l'Anatolia e il Caucaso, il regno di Mosul e di Baghdad, quello
di Tauris, la Persia, il Pamir, Kashagor, Kotar, Cherchen, Lop e il grande
deserto mongolico. Gran parte di queste contrade furono note agli europei
solo nel secolo XIX. Arrivati, dopo un viaggio di tre anni e mezzo, alla
corte del Gran Khan, vi vennero accolti con grandissimi onori.
Il giovane Marco, apprese le principali lingue del vasto regno, ebbe dal
sovrano numerosi incarichi che gli dettero modo di visitare regioni
completamente sconosciute e di spingersi anche nella provincia del Tibet,
dove si dedicò all'esplorazione vera e propria. Passati diciassette anni
alla corte del sovrano cinese si offerse, insieme al padre e allo zio, di
accompagnare la principessa Cogatin che doveva andare sposa al principe
Argun di Persia.
I Polo partirono nel 1292 con quattordici navi e seicento uomini,
costeggiarono la Cina, l'Indocina, la Malesia, Sumatra, l'India meridionale,
le coste persiane e giunsero a Hormuz. Dopo un viaggio di quasi tre anni,
Marco Polo fece ritorno a Venezia nel 1295. Nel 1298, mentre era imbarcato
su una galera veneziana alla battaglia di Curzola, venne fatto prigioniero e
fu tradotto a Genova. In carcere dettò i ricordi del suo viaggio al compagno
di cella, Rusticiano de' Balsani da Pisa, che li scrisse in un francese
pieno di spropositi, con il titolo di Livres des Merveilles du Monde. Tale
opera, conosciuta poi come Il Milione, ebbe grande successo in tutta Europa
e fu per lungo tempo la più importante fonte di notizie sull'Asia Orientale.
Per questo motivo Marco Polo venne chiamato l'Erodoto del Medioevo, il
creatore della moderna geografia dell'Asia.
Il viaggio di Marco Polo attraverso l'Asia centrale, la Cina e il sud-est
asiatico rappresenta l'esperienza centrale della sua vita. Marco Polo nasce
a Venezia nel 1254, da Niccolò Polo, il quale, nel 1261, parte con il
fratello Matteo per portare un carico di pietre preziose nei territori
attorno al basso corso del Volga. Partono da Soldaia (l'odierna Sudak), si
fermano a Sarai (oggi Astrakan), in seguito a Bolgara (capitale dei Bulgari
del Volga), a Bucara ( capitale del regno di Ciagatai sotto il Kan Buraq) e
giungono infine a Ciandu (Shang-tu) dove fanno la conoscenza di Kublai,
quinto Gran Kan dei Mongoli (dopo Cinghiscan, o Gengiscan, capostipite della
dinastia). Nel 1269, i fratelli tornano a Venezia dal quindicenne Marco. Due
anni dopo, il giovane Polo partirà con il padre e lo zio verso l'Asia
centrale. Arrivati a Chemenfu ( vale a dire Ciandu, residenza estiva di
Kublai), dopo la consegna da parte di Niccolò e Matteo di alcune lettere del
papa Gregorio X, il padre di Marco dichiara che il giovane è suo figlio e
servitore del Gran Signore. Marco dimostra di essere un ragazzo valente e
intelligente: si appropria con facilità "dei costumi tartari, della lingua e
della scrittura di quelle regioni", durante i viaggi compiuti per lo
svolgimento dei compiti che gli sono affidati osserva, raccoglie
informazioni per soddisfare la propria curiositas e l'ansia di conoscere, ma
anche perché ha capito che lo stesso Gran Kan è più interessato alle
"notizie sugli usi e costumi di quei paesi che delle ambascerie mandate così
lontano".
"Dopo essere rimasti alla corte del Gran Kan per tutto il tempo che avete
udito, Nicolò, Matteo e Marco Polo decisero di ritornare al loro paese. Più
volte domandarono il permesso al Gran Kan con persuasive parole; ma egli li
amava tanto, ed era così lieto di averli presso di sé, che per nulla al
mondo li avrebbe lasciati partire". Dopo essere riusciti a convincere il
Gran Kan, nel 1295, i Polo tornano in patria, avendo svolto la loro ultima
missione: accompagnare la principessa Cocacin, figlia di Kublai, nel paese
di Argon, Ilkan di Persia. Bolgana, la moglie di questi, anch'essa parente
del Gran Kan, era morta ed il re, dovendosi risposare, aveva pregato il gran
Kan di mandargli una dama della stessa stirpe della regina. I fratelli Polo
e Marco accompagnarono dunque la principessa Cocacin da Giava alla Persia in
un viaggio di diciotto mesi. Arrivati in Persia trovarono il re Argon morto.
La giovane dama andò in sposa a Chiacatu, figlio di Argon.
A Venezia, Marco Polo rimase coinvolto in uno scontro con navi mercantili
genovesi o, secondo altre fonti, nella battaglia di Curzola: fu fatto
prigioniero dai genovesi e, in carcere, nel 1298, conobbe Rustichello da
Pisa, al quale dettò il racconto del suo viaggio, originariamente intitolato
Divisament dou monde, la descrizione del mondo. Rustichello era un
cantastorie di favole medievali, ed era dunque abituato ad arricchire la
narrazione introducendo particolari fantastici come mostri, avvenimenti
miracolosi o leggendari e descrizioni di cruente battaglie. Può darsi che
parte dell'immaginario mondo dello scrittore Rustico sia entrato nella
"descrizione del mondo" di messer Marco, ma ciò che il Veneziano ha visto
deve essergli sembrato più grande e strabiliante di qualunque altra cosa al
mondo, e tale devono averla immaginata i contemporanei che hanno potuto,
grazie al Milione, far viaggiare la fantasia attraverso contrade in cui,
secondo messer Marco, pascola l'unicorno. Ancora, può essere che il giovane
viaggiatore abbia frainteso qualcosa, o che, non avendo capito, si sia dato
spiegazioni che vanno aldilà del reale, ma viveva d'altronde in un'epoca che
condannava le streghe e credeva a chissà quante altre a cose cui noi,
attraverso gli occhi delle scoperte scientifiche e del razionalismo, abbiamo
smesso di credere.
Marco Polo rimane comunque un uomo dotato di una straordinaria memoria che
gli ha permesso di ricordare e di raccogliere in un libro, il Milione, le
merveilles, meraviglie, del mondo, il riassunto di un viaggio durato
ventisei anni. Fra l'altro il nome che oggi usiamo è posteriore alla
stesura: risale al periodo in cui Marco ricominciò a lavorare al suo libro
e, fra le varie aggiunte e cambiamenti, cambiò anche il nome. Il "Milione"
deriva dal secondo nome del ramo dei Polo, Emilione.
Marco viene liberato nel 1299 e fa ritorno a Venezia dove, nello stesso
anno, sposa Donata Badoèr dalla quale ha tre figlie, Fantina, Bellella e
Moreta. Muore nel 1324, a settant'anni. Fra i suoi beni, oltre a proprietà,
stoffe e oggetti orientali, vengono ritrovate le piastre d'oro che il Gran
Kan consegnava a quelli che viaggiavano per lui, affinché fosse loro
consegnato tutto il necessario per il viaggio attraverso le sue infinite
terre.
"Ora che vi ho narrato il prologo è venuto il momento di passare al libro
vero e proprio. E qui lo comincio." Marco Polo, infatti, ci racconta nei
primi diciannove capitoli il viaggio del padre e dello zio, il loro ritorno
a Venezia con l'incarico di chiedere al papa Clemente l'invio di "cento
uomini savi" nelle terre del Gran Kan per istruire i popoli di quei luoghi
sulle cose della religione cristiana. La madre del Gran Kan, infatti, era di
religione cristiana. Marco Polo ci dice che il Gran Signore non si
professava credente di alcuna religione per non creare scompiglio
all'interno
delle sue terre, abitate da credenti di più religioni: cristiani nestoriani,
di rito greco, georgiani e giacobini, maomettani ( o saraceni) cioè
musulmani, cui Marco polo è ostile per ragioni politiche e religiose, e
idolatri, cioè buddisti e induisti; altrimenti, come Marco Polo sottolinea,
Kublai avrebbe aderito alla religione materna"perché, dice, essa non
comanda cosa che non sia piena di ogni bontà e santità". Il Papa Clemente
era però morto in quei mesi. I Polo aspettarono tre anni l'elezione del
nuovo Papa ma dovettero poi ripartire. Portarono con loro alcune lettere
della Santa Sede che certificavano che il compito non era stato svolto
poiché il Papa non era ancora stato rieletto. In questi capitoli, Marco Polo
ci racconta anche del suo arrivo a Ciandu e del ritorno a Venezia. Dopodiché
inizia l'ordinata descrizione delle terre che ha visitato ( o di cui ha
sentito parlare da persone fidate: la Russia, la provincia di Oscurità, cioè
la Siberia, Zanzibar e il Giappone).
Visitate la grande e la piccola Armenia, la Turcomannia (cioè la Turchia),
il regno di Mosul (in Iraq) e la Giorgiania, messer Marco si ferma a Baldac,
l'odierna Baghdad, dove vive il califfo dei musulmani. A Baldac è fiorente
il commercio di tessuti preziosi come le sete, i broccati, i damaschi e i
cremisini intessuti d'oro e le perle. Vi vivono uomini di scienza che, con
il loro studio, permettono gli scambi culturali. Baldac era all'epoca
culturalmente più vivace di molte città europee. Marco Polo arricchisce la
narrazione con aneddoti come questo: l'Ilkan Alau, dopo aver conquistato con
molta fatica la città, vide che il Califfo dei Saraceni conservava in una
torre enormi quantità di oro, argento e altre ricchezze. Chiuse il Califfo
nella torre senza cibo né acqua: suo unico cibo sarebbe stato l'oro che
tanto bramava. Dopo quattro giorni il Califfo morì. Quello fu l'ultimo
Califfo di Baghdad. A Baldac risiedeva anche un vescovo cristiano.
Il viaggio continua attraverso la Persia, divisa in otto regni: regno di
Casvin, di Curdistan, di Lor, di Sulistan, di Isfaan, di Serazi, di Soncara
e Turocain. In Persia vivono splendidi cavalli e asini. Si passa poi a Balc
( l'odierna Balkh in Afganistan ) dove Alessandro sposò la figlia di Dario.
Alessandro Magno attraversò questi territori nella sua avanzata verso il
centro dell'Asia, e ancora al tempo di Marco Polo tutti i re della provincia
di Balascian ( l'odierno Badakhshan ) vengono chiamati Zulcarnein, che, in
arabo, significa "bicorne", come veniva chiamata l'immagine di Alessandro
Magno sulle monete. Tappa seguente è il Chescimur ( cioè il Kashmir),
regione attualmente divisa tra l'India e il Pakistan, sede di numerosi
conflitti. Gli abitanti sono idolatri e sono in grado di controllare il
tempo con la magia; le donne sono molto belle. Vi sono molti monasteri
buddisti dove vivono i monaci. Qui si commercia il corallo.
Samarcanda, nell'Uzbekistan, era governata dal nipote del Gran Kan. A causa
dei cattivi rapporti fra i due, spesso insorgevano sanguinosi litigi e
guerre. Gli abitanti erano sia musulmani che cristiani. La città era molto
grande e ricca, con stupendi giardini pieni di piante. Quando Ciagatai, re
della città prima dell'arrivo di Marco Polo, si era convertito al
cristianesimo, gli abitanti cristiani della città, per festeggiare, avevano
costruito una chiesa in onore di S.Giovanni Battista. Per costruire la
colonna centrale di questa chiesa avevano utilizzato una pietra sacra ai
musulmani. Questi, dopo la morte di Ciagatai, pretesero fermamente la
restituzione della pietra. Dato che senza quel pilastro la chiesa sarebbe
crollata, i cristiani piansero e pregarono molto. Nel giorno fissato per la
restituzione, per miracolo, la struttura della chiesa rimase in piedi
nonostante la rimozione del pilastro.
Per proseguire il loro viaggio attraverso l'Asia centrale, i viaggiatori
sono costretti ad attraversare il deserto del Gobi, che Marco Polo chiama
deserto di Lop (vicino alla città di Lop, oggi
Charklik, nei pressi del lago Lop Nur, che non ha una sede fissa ma occupa
uno spazio che varia secondo il regime dei fiumi che lo alimentano) o Gran
Deserto. Marco Polo ci dice che si impiega un anno ad attraversarlo. Il cibo
e l'acqua sono scarsissimi e si rischia di perdersi a causa di allucinazioni
e spiriti maligni ingannevoli.
Si passa poi nella provincia di Tangut, corrispondente al Turkestan cinese,
in cui si trova la città di Saciu (Sha-Chou). Gli abitanti sono perlopiù
idolatri, ma vi sono anche cristiani nestoriani e musulmani. Si occupano di
coltivare il terreno, molto fertile, con cereali ma non di commercio. Gli
idolatri hanno l'usanza di cremare i loro morti. I parenti del defunto
accompagnano la salma in una lunga processione e addobbano il luogo attorno
alla pira con sete preziose. Bruciano anche cibo, vino e immagini di denaro,
cavalli e montoni: credono che nell'aldilà il morto riceverà gli stessi
onori che ha ricevuto nel giorno del funerale. Per decidere il giorno in cui
celebrare un funerale (o un matrimonio) gli idolatri si affidano ad alcuni
astrologi che leggono i segni delle stelle e in base a questi consigliano il
giorno adatto.
Marco Polo si sofferma sulle città di Ciandu e di Cambaluc, residenza estiva
del Gran Kan la prima, sua corte la seconda. Come abbiamo detto, Ciandu, o
Chemenfu, corrisponde a Shang-tu. Il palazzo estivo del Gran Signore è
immerso in un grande giardino ricco di alberi e ruscelli. Il Gran Kan è
solito andare a caccia fra questi alberi: gli animali che usa più spesso per
cacciare sono i girifalchi, che fa addestrare. Il palazzo ha molte stanze,
fatte di marmo e pietra; le stanze sono tutte riccamente decorate d'oro.
Attorno al Gran Kan si riuniscono astrologi e incantatori che sono in grado
di rendere bello il tempo "con la loro forza di incantamento".
La "grande città di Cambaluc", da Khan balik, città del Kan, è oggi
Pechino. Ha dodici grandi porte dalle quali partono molte strade, in grado
di raggiungere ogni parte del regno. Poiché la città è la sede della corte
del Gran Kan, vi confluiscono mercanti da ogni parte del mondo. Qui sono
arrivati, infatti, i Polo. Vi arrivano perle e gemme dall'India e "gli
oggetti più strani e preziosi dal Catai e dalle altre province", per non
parlare della seta (mentre scarseggiano lino, cotone e canapa). "Non è da
stupire dunque se Cambaluc è l'immenso emporio che abbiamo descritto".
Fra le tante cose che stupiscono messer Marco ma non noi, c'è la moneta
usata dal Gran Kan: estremamente moderno, il Gran Signore "fa spendere carta
invece di moneta", cioè usa la cartamoneta piuttosto che i metalli preziosi
coniati. I "foglietti" del Gran Kan hanno un valore fisso, mentre le monete
cambiano potere d'acquisto a seconda della quantità di metallo prezioso
contenuta. Il Gran Kan può far stampare infiniti "foglietti" per facilitare
il commercio senza temere l'inflazione.
Prima di passare alla descrizione delle province più interne delle terre di
Kublai, Marco Polo si dilunga nella descrizione delle usanze del Gran Kan il
suo modo di andare a caccia, di amministrare il regno, i suoi collaboratori,
i suoi figli, le sue mogli, la disposizione a tavole dei componenti della
famiglia secondo l'importanza, i suoi nemici, le feste per il suo compleanno
e per il capodanno, i motivi per cui non è un credente di alcuna religione e
la descrizione dei suoi palazzi.
Le province centrali dei domini del Gran Kan sono: Catai, Mangi, Cuncun,
Sindufu, Tebet, Gaindu, Caragian, Zardandan, Bangala, Caugigu, Aniu,
Toloman e Ciugiu. C'è poi la descrizione di contrade che non riguardano la
via della seta o che Marco Polo non ha visitato personalmente (ma ne ha
sentito parlare da persone fidate) come l'India, le isole del sud-est
asiatico Giava e Sumatra, il Giappone (negli anni in cui Marco Polo
percorreva l'Asia centrale il Gran Kan ordinava di conquistare il "Cipangu"
per ben due volte; in entrambi i casi la spedizione non ebbe un buon esito),
la Russia, la Siberia, i territori dell'Orda d'Oro, Zanzibar, Mogadiscio e
altre. Possiamo però soffermarci sulla descrizione di alcune province.
Il Catai, la Cina del Nord, il cui nome deriva dai Khitan, popolazione
altaica, è la provincia in cui si trova Cambaluc. Vi si pratica il
commercio, specialmente nella capitale. Il Mangi, la Cina del sud, ha come
capitale Chinsai. La popolazione è idolatra e vive grazie all'agricoltura
(vi crescono lo zenzero,il frumento, il riso e altri cereali), alle arti e
al commercio. Chinsai significa "città del cielo"; la città è molto ricca:
infatti ha un perimetro di cento miglia ed è attraversata da canali e strade
vastissime. Vi sono dodicimila ponti di pietra e di legno. Nelle dieci
piazze e nelle grandi strade si tiene il mercato dove gli abitanti
"comprano ogni cosa buona, ogni specie di vettovaglie:caprioli, cervi,
daini, lepri, conigli, pernici, fagiani, francolini, coturnici, galline,
capponi e infinite oche .vi sono poi le macellerie di animali grossi . tutte
le specie di erbe e frutti, pere grandissime . e al loro tempo pesche gialle
e bianche molto delicate". Per non parlare di spezie, gioielli, perle, pepe
e vino di riso: Marco Polo è seriamente impressionato da tale abbondanza di
merci. Vi vivono anche medici, astrologi e artigiani.
Il Tebet (cioè il Tibet) è una regione devastata dalla guerra di Mongu Kan.
Gli abitanti sono "gente idolatra, fieramente cattiva", perché rubano e
uccidono senza considerarlo una colpa. Le uniche attività praticate sono
l'allevamento
e poca agricoltura. Nella contrada vivono strane bestiole, che gli abitanti
chiamano "gudderi", che fanno un muschio molto profumato. La provincia è
arretrata. Non si usano, infatti, né la cartamoneta né la moneta di metallo,
ma il sale. I vestiti sono fatti di pelli di animali o di tessuti
grossolani. Gli abitanti parlano il Tebet, loro lingua d'origine, e non il
Tartaro. In alcune zone di questa vastissima provincia, però, vi sono città
e castelli dove si pratica il commercio ( si producono tessuti di pelo di
cammello e di seta intrecciata d'oro, che si trova nel letto dei fiumi, e
spezie che Marco Polo non aveva mai visto). Si radunano qui "i migliori
astrologi di tutte le province circostanti" che fanno magie tanto
strabilianti che Marco si rifiuta di parlarne per non spaventare la gente
del nostro paese.
Il Tebet è solo un esempio della varietà delle terre Gran Kan. I domini del
Gran Signore si estendono in lungo e in largo per tutta l'Asia, non solo
quella centrale; vanno ben oltre i territori toccati dalla via delle seta e
quindi questo non è il luogo per riassumerli tutti.
Non si può negare che la storia del giovane Veneziano che a soli diciassette
anni aveva già visitato, o era in procinto di visitare, la maggior parte del
mondo allora conosciuto è davvero strabiliante. E' molto più strabiliante
pensare che questo giovane ha poi messo per iscritto, con uno stile molto
catalogico, tutto ciò che ha visto, indirizzandolo ai suoi contemporanei,
come possiamo vedere nei punti in cui egli si rivolge a loro, per spiegarsi
meglio o per avvisarli dell'omissione di qualche informazione che potrebbe
spaventarli. Marco Polo tiene i suoi lettori per mano in questo grande
viaggio attraverso l'Asia. E i lettori si lasciano condurre senza fare
resistenze, impegnandosi per capire i punti più difficili o strani e per
superare i problemi legati alla traduzione. Infatti manca l'originale del
Milione e per questo ogni nuova versione o traduzione è riprodotta sulla
"copia della copia ." senza possibilità di confronto con un testo primo.
Molti nomi propri hanno "lettura incerta" e a molti toponimi non corrisponde
un punto esatto sulla cartina geografica. Il fato ha voluto che il Milione
fosse "il Grande Testo Morto", come lo chiama Giorgio Manganelli nella sua
prefazione al "Milione" edito da "Editori Riuniti". Nelle sue innumerevoli
traduzioni ( il testo franco-italiano, la versione del copista Grégoire,
quella toscana, veneta, di frate Francesco Pipino da Bologna, del Ramusio e
il codice zeladiano) l'Asia perfetta di Marco Polo diventa incerta e
sfuggente. L'originale di ciò che Marco ha visto è sparito per sempre:
l'Asia,
in continuo movimento, ha fatto in modo che non rimanesse memoria di alcun
attimo rimasto uguale per sempre.
LA VIA DELLA SETA:
Fra Oriente e Occidente.Un filo sottile che univa Pechino al Mar
Mediterraneo.Un canale di transito di idee e culture.
Dal 53 a.C. ad oggi, per venti secoli ambasciatori e missionari, guerrieri e
navigatori hanno percorso il cammino che parte dal Medio Oriente, passa per
Baghdad, Samarcanda, attraversa la Cina e si conclude a Luoyang.
Un itinerario oggi conosciuto come "via della seta", definizione usata dal
geografo e geologo tedesco Ferdinand von Richthofen nell'introduzione
all'opera Tagebücher aus China, pubblicata a Berlino nel 1907. Infatti fu
proprio la seta, il prezioso e fin dall'inizio costosissimo tessuto
dall'origine avvolta di mistero, a permettere che gli scambi commerciali di
profumi, spezie, oro, pelli, metalli, porcellane, medicinali cominciassero a
fiorire. Grazie al viaggio di numerosi mercanti, anche i Romani vennero a
contatto con la seta, che chiamavano "serica", perché fabbricata dal lontano
popolo dei Seri, come a Roma venivano chiamati i cinesi. Attraverso quello
stesso percorso, intorno alla metà del I secolo dopo Cristo, il buddismo
fece il suo ingresso in Cina.
La via della seta è costretta a numerose diramazioni a causa delle
innumerevoli barriere poste dalla natura, che ne ostacolano la linearità.
Infine, il clima molto rigido d'inverno e torrido d'estate nelle depressioni
del deserto del Takla Makan, metteva a dura prova gli uomini e gli animali,
che avrebbero poi dovuto affrontare gli aspri passi del Pamir per scendere
lungo le valli del Pakistan a dell'Afghanistan. Inoltre, le carovane
correvano un serio pericolo, poiché erano esposte agli attacchi degli
Xiongnu, una popolazione di bellicosi nomadi del Nord che assaliva i
viaggiatori che si avventuravano in quelle zone deserte.
Il declino della "via della seta" cominciò con la concorrenza di una nuova
arteria commerciale più rapida e sicura della via di terra: l'India e la
Cina venivano raggiunte via mare.
Quante persone all'anno chiedono di percorrere la "via della seta"?
Qui da me non molte, perché noi siamo una piccola associazione, però gli
italiani che in un anno chiedono di percorrere la via della seta saranno
100- 200, non di più. Il maggior tour operator organizzatore del percorso è "Avventure nel mondo", cui si aggiungono le varie agenzie specializzate come
KEL 12 e KAILAS : in Italia ci sono tante agenzie finalizzate a questo tipo
di viaggio un po' avventuroso, perché la via della seta è una cosa
abbastanza particolare, non è il turismo classico.
2. Qual è l'itinerario migliore?
La zona più bella ed interessante è quella di Samarcanda, soprattutto perché
ha un suo fascino. Dunque, per me i punti turistici più frequentati sono
Samarcanda ed il territorio del Karakorum. Quest'ultimo perché, essendo una
zona di montagna, è possibile collegarlo al discorso del trekking e degli
8000. Il tratto cinese, che io sappia, non è molto richiesto; invece è assai
frequentato il tratto centrale. L'unico posto del Medio Oriente dove si può
passare senza problemi è la Giordania con Petra, città molto visitata dai
turisti. La Siria, l'Iraq, l'Iran non sono consigliati. Poi c'è gente che
ci va ugualmente, però spesso si sente di turisti sequestrati da
guerriglieri locali, che hanno capito che questi sono una fonte di guadagno,
perché per lasciarli andare i governi pagano.
- Per cui si potrebbe partire dall'Italia in aereo.
Io, per farla bene tutta, la farei via terra: si potrebbe passare dalla
Croazia, fino al Bosforo, attraversare la Turchia, oppure passare sopra,
perché vicino alla Turchia c'è la zona critica dell'Asia Centrale. Sarebbe
bello passare per il Tigri e l'Eufrate, però adesso è improponibile.forse
per chi volesse partire in questo periodo bisognerebbe saltare il primo
pezzo e partire dopo l'Iran, quindi la prima località da visitare sarebbe
Samarcanda.
Prima o poi la vado a fare in moto. Questo sarebbe un bel modo per farla,
insomma non è proprio come la macchina o andare a piedi.
- Cosa ci dovrebbe andare nella valigia da una persona che percorre
la via della seta?
Prima di tutto nessuna valigia, si parte con uno zaino dove va messo il
minimo indispensabile per i ricambi, che si lavano lungo il percorso; giacca
a vento, perché si passa in luoghi dove fa molto freddo; un coltellino; una
pila; in più ,solitamente, io preparo una busta dove infilo oggetti sempre
utili come scotch, spilli, aghi, un pezzo di corda, un elastico; pantaloni
lunghi, non bisogna prendere il sole perché fa male, dunque coperti;
maglietta; sicuramente un cappello; abbigliamento sia leggero che pesante;
guanti; sacco a pelo: lo zaino non deve pesare più di 9- 10 chili, perché se
no è faticoso da portare. Penso che non ci sia bisogno della tenda: si può
trovare ospitalità presso la gente del posto, in pensioni, alberghi,
maggiormente sicuri rispetto a dormire in una tenda in mezzo ad un posto
deserto, perché i predoni del deserto ci sono. Perciò è consigliabile anche
non partire da soli, è meglio andare almeno in due. Ci si può incamminare
anche senza guida perché, secondo me, se si studia bene il percorso si può
girare anche autonomamente. Se una persona è un viaggiatore che si sa
muovere lo sa fare sia a Milano, sia a Katmandu, è la stessa cosa: ci si
deve saper muovere, sentirsi a casa in ogni posto.
3. Qual è il costo medio?
Ci vogliono all'incirca 3500euro, ma proprio stando al minimo e comprando il
minimo indispensabile per pagare i trasporti e mangiare. Inoltre, si passa
la notte dove capita perché molto spesso si trova ospitalità dalle persone
del posto, ovviamente dormendo per terra col sacco a pelo.
4. Che mezzi di trasporto è preferibile usare?
I mezzi di trasporto sono tra i più disparati: si può partire o con una
spedizione propria, soldi (tanti soldi), un fuori strada, una gip perché ci
sono strade non asfaltate soprattutto in Afganistan e Samarcanda; oppure,
se si vuole farla autonomamente, si viaggia con i mezzi che si trovano sul
percorso come corriere e passaggi della gente del posto, proprio come i
viaggi di una volta,"sai quando parti ma non sai quando e se arrivi perché è
abbastanza pericoloso.
- quanto ci vuole?
Di preciso non lo so, dipende soprattutto dal modo in cui la si fa e dai
mezzi di trasporto: secondo me per farla tutta ci vogliono almeno due mesi
se va bene.
5. Mezzi di trasporto a confronto tra il viaggio del passato e il
viaggio di oggi
La differenza sta nel fatto che oggi ci sono i motori e corriere che
uniscono diverse tappe, invece una volta si andava a piedi, col cammello,
coi cavalli.
- ma oggi, chi è avventuroso potrebbe ancora farla col cammello?
Volendo sì.infatti anche in Europa c'è, ad esempio, il cammino di Stevenson,
che parte in Francia (nella zona delle Sevenne) ed è organizzato con i muli.
Questo cammino l'aveva fatto a suo tempo Stevenson (scrittore dell'Isola del
tesoro, Dr. Jakyle e Mr. Hyde) con un mulo e adesso ci sono delle
organizzazioni che lo ripropongono. Però fare la via della seta con un
cammello.magari ci si può aggregare a delle carovane (soprattutto vicino
all'Afganistan) che percorrono tappe di questa via. Sono nomadi, gente del
posto che si sposta ancora così. Ovviamente si deve stare attenti perché
molto spesso succede che ti rubano tutto.non sono tutti così, però anche tra
di loro ci sono dei ladri.
6. Perché percorrere la via della seta: lo scopo di oggi a
confronto con quello del passato.
Nel passato la via della seta era percorsa per motivi commerciali, invece,
oggi come oggi è solo per puro turismo: l'aspetto commerciale non esiste
più, perché con i mezzi odierni sarebbe assurdo. Quindi è percorsa solo per
turismo e per mettersi alla prova: un certo tipo di turista compie questo
viaggio anche per riscoprire sé stesso e per vedere cosa riesce a fare con
il minimo indispensabile.
7. Che tipo di viaggiatore percorre la via della seta?
Una persona che abbia voglia di abbandonare tutti i comfort della vita
moderna e ritornare ad arrangiarsi con ciò che trova lungo il percorso:
mangia quello che trova e cerca aiuto nelle persone che incontra. E' un
percorso che non può fare chiunque, bisogna essere prima di tutto
viaggiatori dentro, bisogna sapersi muovere.
I VIAGGIATORI:
L'antica via della seta: da Antiochia sull'Oronte in Siria, passando per
Baghdad e attraversando la Persia e l'Asia Centrale fino ad Alexandria
sull'Oxus e Alexandria Escata ("l'estrema"). Una terra con incomparabili
bellezze, come la valle del Badagshan che traboccante di lapislazzuli
preziosi.
Questa via è percorsa da Stefano Malatesta e dai cammelli battriani ("Il
cammello battriano", Neri Pozza editore 1998) che seguono l'intrico di
percorsi che dal Pakistan porta nel Turkestan cinese, lo Xinjiang. E in
mezzo l'Hindukush, con i suoi cafiri dagli occhi azzurri e cafiri rossi sul
versante afgano. Selvatici, pagani, schivi. Un libro, questo, che combina
descrizioni dettagliate del tragitto e interessanti e divertenti aneddoti e
osservazioni dello "scrittore-viaggiatore". Da leggere!
Stefano Malatesta scrive racconti di viaggio e articoli d'arte e letteratura
per la Repubblica, quotidiano per conto del quale ha seguito come inviato la
guerra Iran-Iraq e in Libano, la rivoluzione in Nicaragua e per Panorama il
golpe di Pinochet in Cile.
Per Neri Pozza ha pubblicato Il Grande Mare di Sabbia (2001) e Il napoletano
che domò gli afgani (2002), oltre al vincitore del premio Settembrini 2000
Il cane che andava per mare e altri eccentrici siciliani (2002,Tascabili
Neri Pozza).
Riassunto:
Dunhuang era la tappa iniziale della Via della Seta per chi veniva dalla
Cina e quella finale per chi partiva dal Mediterraneo. Per arrivarci e
raccontare la storia di questa cultura e di come venne saccheggiata dagli
archeologi predoni, Stefano Malatesta ha seguito le antiche strade
carovaniere, sulle tracce di geografi, avventurieri, esploratori, briganti,
pellegrini, attraversando l'Hindukush, il Karakorum, il Pamir. È stato a
Kashgar, il più grande, leggendario mercato dell'Asia Centrale e nelle valli
paradisiache dell'Himalaya dov'è nato il mito di Shangri-là. Ha incontrato i
cafiri dagli occhi azzurri e i nomadi kirghisi che cacciano con le aquile.
Le descrizioni e le osservazioni del nostro scrittore-viaggiatore, integrate
con resoconti di spedizioni, memorie, testi tra l'avventura e il saggio, tra
la storia e l'antropologia, fanno di questo libro un moderno Milione.
I giudizi della stampa:
"Pochissimi libri di viaggio, in questi ultimi anni, hanno le doti del
Cammello battriano: la sobrietà, la scrupolosa precisione del linguaggio; la
lunga preparazione che s'intravede dietro ogni itinerario; l'assenza di toni
sdolcinati; la giusta dose di humour."Sandro Viola
Altri libri sulla Via della Seta:
Cristina DI BELGIOIOSO. VITA INTIMA
E VITA NOMADE IN ORIENTE
Helmuth von Moltke. una guerra da turchi
Gérard de Nerval. VIAGGIO IN ORIENTE
Arminius Vambéry. UN FALSO DERVISCIO A SAMARCANDA
Giorgio BETTINELLI. IN VESPA Da Roma a Saigon
Robert BYRON. LA VIA PER L'OXIANA
William Dalrymple. IL MILIONE
Alexandra David-Neel. VIAGGIO DI UNA PARIGINA A LHASA
Guido GOZZANO. AL SOLE DELL'INDIA
D. Guidi. SCORCIATOIA PER IL NIRVANA. VIAGGIO SUL KAILASH, MONTAGNA SACRA
DEL TIBET
Pico Iyer. C'ERA UNA VOLTA L'ORIENTE
Ella Maillart. LA VIA CRUDELE: DUE DONNE IN VIAGGIO DALL'EUROPA A KABUL
Melania G. Mazzucco. lei cosi' amata
Annemarie Schwarzenbach. DALLA PARTE DELL'OMBRA
L'itinerario qui proposto parte da Dunhuang e giunge a Kashgar, perciò è
interamente compreso in terra cinese.
DUNHUANG E LE GROTTE DI MOGAO
La città- oasi di Dunhuang giace in una pianura irrigata che viene coltivata
a cotone. Il vero interesse di questo luogo così affascinante sono le grotte
di Mogao, sicuramente uno dei momenti più significativi del viaggio. Le
grotte illustrano la storia ininterrotta della pittura cinese lungo un arco
di quasi mille anni, dal IV secolo d.C. fino ai tempi della conquista
mongola (1277). Da non perdere l'escursione alla porta di Giada, a 70 km
dalla città.
TURFAN
E' al centro dell'omonima oasi, costituisce un'ottima base per una sosta.
Merita una visita anche per il geniale sistema di irrigazione composto da
centinaia di canali sotterranei che coprono un'area di svariati chilometri e
consentono la coltivazione dell'uva.
GAOCHAN
A qualche chilometro da Turfan, le rovine di Gaochan, ai piedi delle
spettacolari Montagne Fiammeggianti, offrono un'idea di cosa doveva essere
questa prefettura fondata sotto la dinastia Tang nel 640 d.C.
LE GROTTE DEI MILLE BUDDHA DI BEZEKLIK
57 grotte scavate ed affrescate tra le dinastie Sui e Yuan nella gola di
Murtuk. Le pareti sono coperte di raffigurazioni murali nelle quali è
evidente, oltre a quella buddista, anche l'influenza manichea. Purtroppo
alcune sono state distrutte dal fanatismo musulmano.
DA URUMCHI A KASHGAR
Il nostro percorso prosegue fino a raggiungere Urumchi, di cui si possono
ammirare il museo e, nella città vecchia, numerose piccole moschee e bazar.
Un padiglione nello stile tipico dei giardini cinesi e una pagoda,
raggiungibili inerpicandosi lungo un'interminabile scalinata, troneggiano
sulla Montagna Rossa, da cui si gode un'ottima vista sulla città.
L'itinerario continua inoltrandosi nel Taklamakan fino a raggiungere, di
oasi in oasi, Kashgar.
KASHGAR
Il momento più suggestivo e pieno di folklore, in questa cittadina
tranquilla sei giorni su sette, è il mercato, immancabilmente presente tutte
le domeniche. Il mercato di Kashgar non è solo il più grande di tutta l'Asia
Centrale, ma è anche qualcosa di assolutamente diverso e sorprendente: il
paesino cambia completamente volto riempendosi fino al delirio di merci,
uomini ed animali.
Una piccola gita da fare assolutamente è alla magnifica tomba del principe
Apak Hoja, a cinque maglia a nord- est dalla città.
LE CITTA:
PETRA:
PETRA : CITTA' NELLA ROCCIA
La Giordania è ricca di tesori archeologici, ma il più grande è la
particolare città di Petra, costruita in pietra rosa e rossa.
Petra,antica città nell'attuale Giordania sud occidentale,poco distante dal
villaggio di Wadi Musa (Valle di Mosè),è famosa per i suoi grandiosi resti
archeologici. La città è situata nella regione di Edom,tra il Mar Morto e il
golfo di Aquaba,all'incrocio tra le importanti rotte carovaniere che
collegano l'Oriente con il Mar Mediterraneo.
Tra il IV secolo a.C. e il II secolo d.C. fu la capitale dei Nabatei.Grazie
ai frammenti delle loro ceramiche,sappiamo che erano artisti,mentre antichi
manoscritti li descrivono come mercanti. Entrambe le qualità hanno
caratterizzato l'architettura degli edifici di Petra,una meravigliosa serie
di templi,tombe e altre costruzioni scolpite nella roccia. Dalla loro base
ben nascosta dominarono le vie dei commerci dell'antica Arabia, riscuotendo
pedaggi e offrendo rifugio alle carovane cariche di spezie indiane e di
sete, di avorio africano e pelli di animali.
Passata sotto il dominio romano nel 106 d.C.,Petra continuò a prosperare nel
II e nel III secolo avviandosi tuttavia verso un inevitabile declino.
Si può dire che in questa città ogni colpo di pala porti alla luce un
reperto archeologico. Infatti in questi ultimi anni sono avvenuti molti
ritrovamenti,soprattutto lungo il Siq che col passare degli anni era stato
sepolto sotto la sabbia e i detriti alluvionali.
Nel 1998 una squadra archeologica ha rimosso le macerie dal fondo del
Siq,riportando alla luce la pavimentazione originale e le caratteristiche
più antiche delle pareti di roccia.
Il Siq,allora come oggi,correndo fra due pareti di roccia era la principale
via di accesso a Petra.
Proprio quando uno inizia a chiedersi se mai finirà il Siq ecco comparire al
fondo della stretta gola la sagoma del monumento più importante e bello di
Petra, il Tesoro (Khazneh). Come tutti i monumenti di Petra, scavati nella
roccia, l'elemento più affascinante è la facciata alta 40 metri
Il Siq Il Khazneh (il Tesoro) maestoso edificio
intagliato nella roccia rosa
Girando la città si scoprono vari sentieri più o meno scoscesi che rivelano
centinaia di edifici, facciate, tombe, terme, camere funerarie, templi e
suggestivi disegni e bassorilievi.
Stupende le tante alture di cui è costituita la città, non tanto per le
tombe, le più belle sono nella parte bassa, quanto per i panorami che
potrete ammirare durante la camminata. I sentieri sono spettacolari e i
passaggi più difficili facilitati da scalini scavati nella roccia.
Due panorami dalle alture di Petra
Affascinanti sono anche i wadi che dal centro di Petra si estendono in tutte
le direzioni.Un tempo questi letti asciutti dei fiumi erano rotte
carovaniere lungo le quali un tempo veniva trasportato l'incenso dall'Oman a
Gaza e altre merci di grande valore.
Negli ultimi anni migliaia di turisti sono venuti a visitare questa
splendida città.
La Giordania ora è impegnata in una difficile sfida:deve trovare il modo per
far si che questo turismo di massa non rovini le caratteristiche che rendono
Petra una città particolarissima e senza uguali al mondo ,tanto da far
girare le scene finali di "Indiana Jones e l'Ultima Crociata", il mitico
film di Spielberg con Harrison Ford e Sean Connery.
Il primo a scoprire la città fu l'esploratore svizzero J.L.Burckhardt nel
1812.
PALMIRA:
Fondata secondo la tradizione da Salomone, re d'Israele. Prospera stazione
carovaniera sulla strada tra l'Eufrate e il Mediterraneo, nel I secolo a.C.
Palmira divenne un avamposto romano e una grande città-stato dell'impero nel
I secolo d.C., raggiungendo la massima potenza sotto Odenato e Zenobia.
Alleatosi a Roma, Odenato riconquistò le posizioni strappate ai romani da
Shapur I, re della Persia dal 241 al 272 d.C. Assunto il potere in seguito
all'assassinio di Odenato, Zenobia tentò di estendere l'influenza di Palmira
in Asia Minore e in Egitto, ma fu sconfitta dall'imperatore Aureliano, che
nel 272 la catturò e rase al suolo la città. In seguito Palmira fu presa
dagli arabi e saccheggiata da Tamerlano.
1)Zenobia
Zenobia , Settima(III secolo).Regina di Palmira . Fu la seconda moglie del
signore di Palmira Odenato ,che quando morì,forse,non fu estranea . Rimasta
vedova trasformò il suo stato in una monarchia,nominò suo figlio Vaballato
Augusto e accrebbe i propri domini con l' occupazione dell'Egitto .
L'imperatore
Gallineo fu costretto a riconoscere il suo potere,ma Aureliano,sconfitte le
sue truppe ad Antiochia e a Emesa , conquistò Palmira.La regina e il suo
figlio furono imprigionati.Furono risparmiati e venne assegnata a loro una
rendita,la villa Adriana presso Tivoli. Morì a Tivoli .
2)La gemma del deserto siriano
Il luogo in cui sorse Palmira diventò un importante crocevia al centro del
deserto siriano. La posizione geografica vantaggiosa favorì la vocazione del
commercio nell'area.La città siriana divenne importante sotto il punto di
vista commerciale soprattutto sotto il dominio romano,che iniziò dal 62 a.C
per opera di Pompeo.
Il commercio carovaniero palmireno riforniva il mondo occidentale e Roma con
merci di lusso .In questa zona si commerciavano spezie, pietre e metalli
preziosi e tessuti pregiati. I prodotti si trasportavano attraverso vie
carovaniere,fiumi e mari .I mercati di Palmira arrivarono addirittura in
Egitto ,in Spagna e in Gallia.
3)Città ricca e splendida
La grande via carovaniera arrivata in città, diventava una grande e
splendida strada colonnata che divideva in due parti il centro cittadino.La
strada era decorata da un ampio portico,alto una decina di metri , le cui
colonne mantenevano con l'aiuto di mensole 1000 statue,che rappresentavano i
personaggi più importanti di Palmira.Superato il colonnato c'è il grande
tempio di Bel.
Il tempio di BEL sorgeva in una delle aree più antiche della città, era
stato eretto al centro di un ampio recinto sacro (205 x 210 m), circondato
da un colonnato e da un muro.
Sappiamo da fonti storiche che il tempio fu fondato nel 32 d.c.
Sopra il tetto del tempio si innalzava una terrazza,decorata da quattro
torri angolari. All'interno c'erano le statue del dio BEL e quella della
triade Bel,Aglibol,Yarhibol.
Inoltre bisogna ricordare altre grandi opere come le terme di Diocleziano,il
senato,il serraglio e l' agorà. L' agorà, in una città commerciale come
Palmira, è molto importante perché era la sosta dei convogli.
4) IL GRANDE TEMPIO DI BEL
Il tempio di Bel (o Baal ) si trovava in una delle aree più antiche di
Palmira (Siria).Il tempio era stato costruito al centro di un ampio cortile
colonnato.La costruzione che sorgeva su un alto podio , aveva l' accesso su
uno dei lati lunghi (circa 205 m ) ed era decorato da maestose colonne con
capitelli corinzi rifiniti in bronzo dorato.
Un' antica iscrizione testimonia che fu fondato il 6 aprile del 32 d.c. e
fu consacrato tra il 32 e il 38 d.c.
Sopra al tetto del tempio si innalzava una terrazza, ornata da 4 torrette
di forma angolare, il tutto decorato da pinnacoli triangolari.
All' interno del tempio una singolare ripartizione della cella presentava
due nicchie ove c'erano la statua processionale del dio Bel e quella della
triade Bel ,Aglibol e Yarhibol.
Con l'avvento della religione islamica il tempio di Bel fu trasformato in
una moschea e al suo interno trovarono alloggio i poveri abitanti di
Palmira fino al 1930 circa.
-IL TETRAPILO E LA PIAZZA DI PALMIRA
Tetrapilo = antico monumento romano di forma cubica,con un'entrata per
ognuno dei quattro lati.
Il tetrapilo di Palmira ( costruito nel II sec. d.c. ) è formato da quattro
piedistalli che reggono quattro colonne in granito rosa,provenienti
dall'Egitto.
In principio ogni piedistallo sosteneva una statua .Esso era situato al
centro di una piazza ovoidale, che si trovava all'estremità ovest della via
colonnata di Palmira.
Non lontano dal tetrapilo sorgeva l' agorà,un ampio spazio rettangolare
lungo 84x71 metri circondato da portici colonnati in stile corinzio. In
origine,più di 200 statue raffiguranti militari,personaggi importanti e
dignitari decoravano le colonne e le nicchie della piazza.
BAM: LA FORTEZZA D'ARGILLA
Percorrendo la Via della seta è inevitabile non passare da Bam o perlomeno
sentirne parlare. Non passa di certo inosservata un'enorme fortezza
costruita interamente in argilla, fondata oltre millecinquecento anni fa dai
re Sassanidi come fortino su una delle vie carovaniere. Gran parte degli
edifici e delle mura ancora in piedi risalgono però al periodo dei Safavidi,
tra il 1500 e il 1722 quando a Bam vivevano oltre 10 mila persone. Le
sorgenti dell'oasi assicuravano acqua, i palmeti la frescura, le case di
fango una vita anche piacevole tra tappeti e merci esotiche che transitavano
da Oriente ad Occidente, e viceversa. Nel '72, però, tutto cambiò in modo
assai brusco. Dal deserto orientale arrivarono orde di cavalieri che
strinsero d'assedio la città, attaccarono le mura, abbatterono le porte e
portarono morte e distruzione tra quelle viuzze strette, nei giardini
interni. Ammazzarono e rubarono, poi tornarono tra le loro montagne con
donne e ricchezze. Dopo molti anni di silenzio che coprirono le rovine di
Bam gli abitanti sopravvissuti tornarono a ricostruire le case incendiate e
sgretolate, a ripiantare orti e giardini, ad allevare animali: ripresero a
vivere. La vita trascorse tranquilla fino al 1810, quando la guerra tornò a
seminare morte. Da Occidente (dalle regioni dello Shiraz) giunsero feroci
bande di predoni che attaccarono Bam. Fu un colpo durissimo e i
sopravvissuti abbandonarono per sempre la città devastata e ormai esposta a
tutte le insidie. Se non con le armi, non si poteva vivere più a Bam e fu
per questo che i governanti persiani trasformarono la vecchia città in
fortezza e attrezzarono una caserma nel castello, che è stata attiva fino
agli anni Trenta dello scorso secolo.
Poi, circa cinquanta anni fa, il governo iraniano decise di salvare la città
di fango avviando un restauro che ha interessato esclusivamente la fortezza
vera e propria e gli edifici adiacenti al castello. Fino a due anni fa il
resto era completamente sgretolato.
Con questi restauri la città aveva assunto un aspetto singolare. Sembrava
quasi che un invasore, dopo aver in parte distrutto le difese perimetrali,
si fosse infiltrato nei vicoli distruggendo tutto ciò che trovava sul
cammino ma che non fosse riuscito ad entrare nella fortezza.
Proprio a Bam fu girato il film "il deserto dei Tartari", diretto da Valerio
Zurlini, tratto da un capolavoro di Dino Buzzati. Buzzati non visitò mai la
città ma quella fortezza e quel deserto sono molto simili a come lo
scrittore li aveva immaginati e descritti.
UN DESTINO PREVEDIBILE MA INEVITABILE
Il 26 dicembre 2003 (erano quasi le 5 e mezza del mattino quando la terra ha
cominciato a tremare) una scossa sismica superiore ai sei gradi della scala
Richter ha distrutto la fortezza di Bam. Il bilancio è stato catastrofico. I
morti sono stati più di 20000, circa 50000 i feriti dei quali molti erano in
condizioni disperate. Il giorno del terremoto il numero delle vittime
aumentava regolarmente ogni ora e la situazione era disperata. Il giorno
dopo la tragedia Mhoammed Khatami ha detto: "Il disastro che ci ha colpito è
troppo grande e non possiamo farvi fronte con le nostre risorse. Sono ben
accetti gli aiuti provenienti da tutti i Paesi del mondo, tranne che da
Israele.". Molte nazioni non hanno esitato ad inviare aerei carichi di
squadre di soccorso e beni di prima necessità. Dall'Italia sono partite
medicine, tende, coperte, generatori di corrente e depuratori d'acqua
potabile. L'UE ha stanziato 800 mila euro in aiuti d'emergenza. Perfino gli
USA, che hanno rotto le relazioni diplomatiche con l'Iran nel 1979, dopo la
presa di ostaggi all'ambasciata americana a Theran, hanno offerto
"assistenza umanitaria". Il presidente Bush, dal suo ranch, ha mandato un
messaggio all'Iran: "Il pensiero dei cittadini americani è con le vittime e
le loro famiglie. Siamo pronti ad aiutare il popolo iraniano.
Molte sono state le immagini tragiche che ci sono giunte dalla televisione e
tutti noi italiani, tramite il versamento di un contributo proposto dai
telegiornali o grazie alle associazioni di volontariato, abbiamo potuto
portare, anche se in piccola parte, un aiuto a quelle persone che hanno
vissuto direttamente la catastrofe.
RICOSTRUIRLA O LASCIARLA COSÌ?
Questo è forse uno dei dilemmi più problematici riguardanti la fortezza.
Bisogna riportarla al suo stato originario o lasciarla com'è, tentando di
conservarla per il resto dei suoi giorni? Sull'argomento vi sono opinioni
contrastanti. Giuseppe Proietti, direttore generale per l'archeologia del
ministero ha affermato: "La scuola italiana è sempre molto scettica nelle
ricostruzioni quando non sono certi materiali e forme. Ma forse, a Bam,
qualcosa è possibile ricostruire integrando le lacune. L'importante è
rendere la parte ricostruita riconoscibile. Dopo eventi di questo genere non
c'è una regola da seguire: si procede in maniera diversa a seconda dei casi.
Chi vorrebbe una ricostruzione com'era e dov'era è l'ex sottosegretario
Vittorio Sgarbi. "Ricostruiamo la città nel deserto di Bam. La cittadella
non è stata completamente distrutta. È rimasto lo scheletro ed alcune parti
sono perfettamente riconoscibili. Un accurato restauro potrebbe far
risplendere di nuova luce il fantasma di Bam. Il restauro potrebbe essere
affidato all'esperto Paolo Marconi. I lavori di consolidamento e restauro
dovrebbero essere effettuati senza stravolgere tecniche, impasti, materiali.
Come in passato bisognerebbe utilizzare terra cruda, fango, argilla".
Secondo il professore del Politecnico di Milano potrebbero essere
ricostruite le mura crollate. Sostiene, infatti, che per noi occidentali
ricostruire è falsificare, ma per la cultura locale le cose ricostruite con
le loro mani, che portano rughe secolari, e usando gli stessi materiali dei
loro padri non sono falsificazioni, bensì conservano il carisma
dell'originalità,
perché non c'è stata interruzione di tradizione.
Il problema, però, di maggior rilievo è la situazione dei superstiti. Senza
casa, acqua, cibo e quasi tutti privati di uno o più familiari. Si spera che
gli aiuti da parte delle nazioni siano continui perché non bastano pochi
giorni per sotterrare una difficoltà così evidente.
Perciò non dimentichiamoci della regione della fortezza nel deserto che
Marco Polo nel Milione descrisse così:
"(.) Quivi nasce le pietre che si chiamano turchese in grande quantità, che
si cavano de le montagne; e ànno vene d'acciaio e d'andanico assai. Lavorano
bene tutte le cose da cavalieri, freni, selle e tutte le arme e arnesi. Le
loro donne lavorano tutte cose a seta e ad oro, a uccelli e a bestie
nobilmente (.). Ne le montagne di questa contrada nasce li migliori falconi
e li più volanti nel mondo (.): niuno uccello no li campa dinanzi.
TEHERAN
La città di Teheran, capoluogo di provincia e capitale dell'intero Paese, si
estende su di una vasta superficie a partire dal limite meridionale delle
montagne dell'Alburz. Situata ad un'altitudine di 1191 metri la città è
spesso molto fredda in inverno -la neve è un fenomeno tutt'altro che
straordinario-, d'estate invece le precipitazioni sono rare e si raggiungono
temperature fin troppo elevate. La primavera e l'autunno sono generalmente
periodi abbastanza gradevoli.
Teheran conta attualmente oltre 10 milioni di abitanti. Divenuta capitale
alla fine del XVIII secolo, ha conosciuto a partire dagli anni 50, con la
crescente prosperità dovuta in gran parte al boom del petrolio, uno sviluppo
senza precedenti, marcato dalla costruzione di autostrade e di palazzi a
molti piani, nonché dal flusso inarrestabile di persone provenienti dalle
parti rurali del Paese.
Poche sono comunque le tracce che testimoniano i due secoli di vita della
città come capitale, al punto che ad ogni costruzione avente più di 50 anni
viene attribuito valore storico. In effetti, da due secoli a questa parte,
essa è cresciuta all'insegna della più totale assenza di un gusto
architettonico: sovraffollamento costante ed evidente mancanza di progetti
urbanistici adeguati non possono fare a meno di colpire spiacevolmente il
visitatore. Altro dato negativo è la pesante coltre di smog che vi ristagna
sopra in maniera permanente, alla formazione della quale contribuisce in
modo determinante il traffico spaventoso che intasa ogni giorno le sue
strade. Ma, malgrado tutto il trambusto e la frenesia che la caratterizzano,
Teheran merita di essere visitata per più di una ragione. Innanzi tutto per
la sua numerosissima e composita popolazione: ogni città, ogni etnia
dell'Iran vi è rappresentata con le sue particolari tipologie somatiche e
culturali. I suoi abitanti sono estremamente amichevoli ed ospitali verso
gli stranieri, senza però essere mai invadenti. Qui inoltre vi sono alcuni
tra i più ricchi e famosi musei di tutto il Paese, che di sicuro meritano
una visita. Non si può tralasciare poi il Bazar, che si estende nel cuore di
Teheran, vera e propria città nella città. Infine, potranno contribuire a
far apprezzare i lati positivi della città anche i suoi buoni alberghi,
l'infinita varietà dei ristoranti e tutte le strutture che sono
all'avanguardia rispetto agli standard delle province.
Per imparare ad orientarsi in una città vasta e con pochissimi punti di
riferimento come Teheran ci vuole veramente molto tempo, anzi si può dire
che perdercisi almeno una volta è inevitabile. Se si viaggia soli, diventano
a questo punto indispensabili una buona piantina della città, una bussola e
magari la conoscenza di alcune frasi in persiano per essere in grado di
chiedere alcune informazioni e capire le risposte. La "stella polare" di
Teheran, comunque, sono le cime montuose dell'Alburz che si innalzano alle
sue spalle e, ovunque ci si trovi, permettono di individuare il nord.
Ufficialmente il centro della città è la Meidun-e Emam Khomeini (Piazza Imam
Khomeini). Sebbene molti uffici statali si trovino ancora intorno a questa
piazza, negli ultimi decenni tutta la zona è diventata sempre più cadente e
fuori moda. I quartieri residenziali e commerciali più eleganti si sono
gradualmente spostati verso nord e si può dire che, in sostanza, a Teheran
non esiste più un centro vero e proprio. La città è divisa in due dalla
Kheyabun-e Vali-ye Asr che si estende da nord a sud per alcuni chilometri e
dalla Kheyabun-e Enghelab che corre da ovest ad est partendo dal monumento
Azadi. La prima cosa della città che vedono i viaggiatori arrivati in aereo
è la grande Meidun-e Azadi sovrastata dal monumento Azadi, a forma di Y
rovesciata. Da qui si può raggiungere il centro in un'ora circa seguendo la
via principale che va da ovest ad est, la già citata Kheyabun-e Enghelab. I
quartieri residenziali si trovano tutti nella parte settentrionale di
Teheran: più ci si avvicina alle pendici dell'Alburz più gli edifici sono
eleganti e viene spontaneo osservare che l'arteria che attraversa la città
da est a ovest - Kheyabun-e Enghelab - opera una divisione di classi
altrettanto netta.
Nel centro della città, poco lontano dalla Meidun-e Emam Khomeini e prossima
all'incrocio della Kheyabun-e Enghelab con la Kheyabun-e Vali-ye Asr, merita
di essere visitata la Kheyabun-e Ferdosi rinomata per i suoi negozi di
tappeti ed artigianato pregiato. La capitale vanta numerosi bellissimi
parchi e giardini, assai puliti e ben curati, la magior parte dei quali si
trova a nord rispetto al centro. Tra i parchi pubblici più belli ricordiamo
il Park-e Sai, alla fine del viale Vali-ye Asr, ombroso di alti alberi e con
vista sulle montagne dell'Elburz ed il vasto Park-e Mellat, uno dei più
frequentati.
Il cuore della vita commerciale di Teheran, e quindi dell'Iran, la piazza in
cui vengono stabiliti i prezzi dei generi di prima necessità è il Bazar.
Collocato in pieno centro, di fronte alla Meidun-e Emam Khomeini, esso è una
vera e propria 'città nella città. Il Bazar è suddiviso in 'strade' e in
ognuna di esse si svolge un tipo di commercio diverso: avremo così la strada
del rame, dell'oro, delle spezie e dei tappeti, per citarne solo alcune.
Benché il Bazar di Teheran non sia mai stato un gioiello dal punto di vista
architettonico, non si può lasciare la città senza avere camminato almeno
per qualche ora per le sue caotiche stradine. Al suo interno il Bazar
comprende più di una dozzina di moschee, pensioni, banche, una chiesa,
numerosi punti di ristoro ed una caserma dei pompieri.
MUSEI
Muze-ye Iran-e Bastan
Il Museo Archeologico dell'Iran si trova in Kheyabun-e Shahid Yarjani. Si
tratta senza dubbio del più bel museo del Paese, data la quantità e qualità
delle testimonianze esposte provenienti da ogni parte dell'Iran. Al piano
terra sono esposti reperti appartenenti esclusivamente all'epoca
preislamica: notevoli il bassorilievo della sala delle udienze, appartenente
al Tesoro di Persepoli, che raffigura il re Dario I e risale al VI sec. a.
C. e, ancora da Persepoli, la famosissima iscrizione di Dario in tre lingue,
persiano antico, accadico ed elamita. Al primo piano troviamo, tra l'altro,
bassorilievi in stucco del IX secolo, porte di legno intagliato risalenti
all'XI secolo e numerosi codici miniati.
Muze-ye Abgine
Situato sul lato orientale della Kheyabun-e 30 Tir, il 'Museo del vetro e
della ceramica dell'Iran' è uno dei più interessanti musei di Teheran, sia
come monumento storico sia per la collezione degli oggetti esposti.
Costruito intorno al 1910, esso è l'esempio più notevole di architettura del
periodo cagiaro in tutto il Paese. Visitando questo museo è possibile
ripercorrere la storia dell'arte vetraria e della ceramica fin dalle
origini, risalenti rispettivamente a 5.000 e 10.000 anni fa.
Muze-ye Farsh
Il museo dei tappeti, che si trova all'angolo nord-ovest del Park-e Laleh,
ospita più di cento esemplari provenienti da tutto il Paese che testimoniano
la produzione di tappeti a partire dal XVIII secolo, con qualche esempio più
antico. Pur non essendo vastissima, la collezione compensa in qualità ciò
che non possiede in quantità ed è una tappa obbligata per gli amanti dei
tappeti.
Muze-ye Javaherat
I gioielli della corona iraniana sono conservati nel caveau della Bank Melli
Iran, in Kheyabun-e Ferdosi. Fra i tesori spiccano il trno del pavone
incrostato di 26.000 gemme ed il globo terrestre di oro massiccio tempestato
di più di 50.000 pietre preziose.
Madrase va Masjed-e Sepahsalar
Costruita tra il 1878 e il 1890 sotto la dinastia dei Cagiari, la Moschea di
Sepahsalar nonché Collegio teologico, rappresenta uno degli esempi più
pregevoli di architettura persiana di fine ottocento, con decorazioni su
piastrelle particolarmente sfarzose. E' situata sulla Meidun-e Baharestan.
Aramgah-e Emam Khomeini L'ultima dimora dell'Imam Khomeini è uno degli
edifici più imponenti della storia moderna dell'Islam. Il tempio sorge lungo
la strada che collega Qom e Teheran.
Cartina Fisica:
Home
Viaggi
Info
Affari
Geografia
Città
Prodotti
Storia
Arte e letteratura
E-mail
Teheran oggi:
La fine di Reza Palhevi
Teheran, novembre 1979. Questa DATA è lo spartiacque della storia recente
dell'Iran. Infatti, dopo una lunga permanenza al trono, il popolo iraniano
decide di cacciare lo scià di Persia Reza Palhevi III e opta per
l'introduzione di una repubblica islamica, con un regime teocratico retto da
una Guida Suprema e con alcune istituzioni democratiche che prevedono
l'elezione popolare del parlamento e del presidente della repubblica.
Quindi, l'Iran, per decenni fedele alleato degli Stati Uniti decide di
cambiare e, pur senza passare al campo nemico comunista, si schiera
decisamente nel campo dei "nemici" degli USA. Sempre nello stesso mese
alcuni studenti islamici penetrano nella sede dell'ambasciata americana a
Teheran e vi tengono rinchiusi 50 ostaggi per più di un anno.
La rivoluzione iraniana ebbe, quindi, sin dai suoi primi giorni un carattere
decisamente anti- americano e anti- occidentale. Il principale ispiratore
della rivoluzione era un ulema (cioè esperto dei principi della scienza
islamica), esiliato dallo scià in Europa per le sue posizioni anti-
governative, Ruhollah Khomeini. Dopo la cacciata dello scià Khomeini tornò
in Iran e guidò fino alla sua morte (avvenuta nel 1989) la politica
iraniana, mandando a morte gli oppositori del suo regime e gettando il paese
in una grave situazione di isolamento internazionale.
Sunniti e sciiti
La rivoluzione khomeinista ha trasformato l'Iran in una repubblica
sottoposta alla legge islamica, rompendo cosi con la tradizione, considerata
blasfema, della casa regnante che fondava piuttosto il proprio potere nella
tradizione della Grande Persia di Ciro il Grande. Fu proprio la decisione di
Reza Palhevi di proclamarsi a Persepoli, nel 1971, re dei re e capo supremo
degli ariani, investito del potere direttamente da Dio, a scatenare la prima
serie di rivolte che ne causarono la caduta. La rivoluzione islamica
considerava la pretesa di Palhevi una autentica bestemmia e perciò punibile
con la morte.
A questo proposito giova ricordare che la grande maggioranza degli iraniani
appartiene alla confessione musulmana sciita, opposta alla più diffusa
confessione sunnita. La differenza tra le due confessioni si fa normalmente
risalire alla fase immediatamente successiva alla morte di Maometto quando,
per questioni di successione, si verificarono delle spaccature tra i
sostenitori delle opposte fazioni che si contendevano il titolo di legittimo
successore del Profeta. Si arrivò a una guerra tra le due fazioni che si
concluse con la sconfitta degli sciiti a Kerbala nel 681. Gli sciiti si
ritirarono nell'attuale Iran e, in gruppi più ridotti, in Libano, Iraq,
Siria e Asia centrale mentre la confessione sunnita si diffuse rapidamente a
seguito delle conquiste arabe prima, e turche poi.
Gli sciiti hanno una visione profondamente diversa dell'Islam rispetto ai
loro correligionari sunniti; per loro il buon musulmano deve lottare contro
le ingiustizie, i privilegi e l'oppressione dei poteri costituiti. Al
contrario, i sunniti rappresentano il partito della consuetudine (sunna
significa consuetudine) e si collocano in una posizione di assoluta
obbedienza nei confronti del potere che risulta essere meritevole della più
assoluta fedeltà. Quindi, non è errato affermare che fu la stessa origine
dell'Islam sciita a provocare la caduta dello scià di Persia, ormai
delegittimato agli occhi degli stessi iraniani.
La guerra contro l'Iraq e l'11 settembre
La guerra scatenata nel 1980 dall'Iraq di Saddam Hussein contro l'Iran per
la supremazia nell'area medio- orientale rappresentò un grave colpo per
l'economia iraniana già piegata dalle radicali trasformazioni imposte dalla
rivoluzione. Eppure, nonostante la guerra, le oscillazioni del prezzo del
petrolio e le continue repressioni interne contro gli oppositori del regime,
l'Iran riuscì a resistere agli assalti iracheni e ad arrivare ad una tregua
nel 1988 che mantenne sostanzialmente inalterate le posizioni dei
contendenti.
L'Iran non subì particolari conseguenze dalla prima guerra del golfo contro
l'Iraq, nel 1991, che lasciò Saddam Hussein al suo posto, ma a seguito degli
attacchi terroristici contro gli Stati Uniti del 2001 e le successive guerre
in Afghanistan e Iraq, la posizione internazionale di Teheran ha subito
delle profonde modifiche.
Nella lotta mondiale contro il terrorismo scatenata dal presidente americano
Bush, l'Iran è stato inserito nell'ormai famoso "asse del male", insieme a
Siria, Corea del nord, cioè stati "canaglia", pericolosi per gli interessi
americani e occidentali nel mondo. Ciò, nonostante l'Iran si sia decisamente
schierato a fianco della coalizione contro il terrorismo e abbia fornito
delle importanti informazioni agli Stati Uniti riguardanti pericolosi
terroristi internazionali. Addirittura, l'Iran ha mantenuto una benevola
tolleranza nei recenti avvenimenti bellici in Iraq, chiudendo gli occhi di
fronte alle palesi violazioni americane dello spazio aereo e navale
iraniano. Ma l'Iran rimane, per le strategie della Casa Bianca, un
pericoloso nemico, non solo per il suo regime antidemocratico, ma anche per
il recente piano di sviluppo nucleare che Teheran ha adottato.
La vittoria americana contro il dittatore iracheno ha radicalmente
modificato la posizione dell'Iran che si trova, ora, a dover affrontare la
presenza forte degli Stati Uniti in un paese confinante. Già prima dello
scoppio delle ostilità in Iraq, l'Iran aveva cercato di tutelarsi da una
eventuale supremazia americana puntando sulla conclusione di due importanti
accordi: un'alleanza difensiva con alcuni stati del Caucaso e un accordo
commerciale con l'Unione Europea.
Il primo accordo prevedeva la conclusione di una alleanza difensiva con
alcuni stati del Caucaso, in particolare Armenia, Azerbaijan e Georgia che
sarebbe stata estesa anche a Russia e Turchia. Questo era il senso del
viaggio che il ministro degli esteri iraniano aveva effettuato, ad aprile,
in Armenia. Tuttavia, pur apprezzando l'offerta del governo iraniano, i
ministri dei tre paesi caucasici coinvolti hanno rigettato il progetto,
preferendo puntare al rafforzamento delle loro relazioni con la NATO e con
gli Stati Uniti, partner più affidabili nel rafforzamento dei progetti di
sicurezza dell'area.
Il fallimento del progetto di alleanza iraniano, l'inizio delle ostilità in
Iraq e il crescente malcontento popolare verso i programmi di riforma del
presidente Khatami hanno spinto Teheran a puntare su un modello di difesa
basato sugli armamenti nucleari. E' iniziata cosi, una corsa al riarmo da
parte dell'Iran che ha sollevato preoccupazioni e malumori in tutta la
comunità internazionale.
Il progetto di Teheran è semplice: dotare il paese di armamenti nucleari in
modo da respingere un eventuale primo attacco da parte americana e, allo
stesso tempo, ridurre il budget normalmente riservato alle spese militari
convenzionali e utilizzare il risparmio di spesa per migliorare le
condizioni sociali di vasti strati di popolazione, riducendo cosi le
proteste popolari. Però, cosi facendo, il governo rischia di distruggere un
paziente lavoro di ricostruzione della credibilità internazionale del paese,
iniziato dal presidente Khatami. L'Unione Europea, infatti, sta pensando di
congelare le discussioni relative all'accordo commerciale con l'Iran, molto
vantaggioso per Teheran, mentre gli Stati Uniti stanno alzando il livello di
guardia e parlano ormai apertamente di "pericolo iraniano".
Le mancate promesse di Khatami
Il moderato Khatami è stato eletto alla presidenza della repubblica nel
1997, sull'onda di un entusiasmo popolare quale mai si era visto dai tempi
della cacciata dello scià. Khatami rappresentava l'elemento di frattura con
il regime dittatoriale teocratico e di contrapposizione all'ala più radicale
dei partiti religiosi, ma si trattava di una frattura "morbida" rispetto
all'establishment religioso. Khatami si rendeva conto che le sue possibilità
di successo nelle riforme risiedevano nel formale rispetto del sistema
teocratico istituito da Khomeini e protetto dai guardiani della rivoluzione,
i pasdaran, custodi gelosi della purezza dell'insegnamento khomeinista.
Khatami è riuscito ad introdurre delle modifiche sostanziali relative alla
condizione delle donne e alla libertà di stampa e opinione, ma non è
riuscito a farsi attribuire maggiori poteri, contro gli ayatollah. Infatti,
due proposte di legge in materia sono state bloccate dalle autorità
religiose proprio perché considerate contrarie al regime.
Le promesse di Khatami avevano reso possibile una riconciliazione fra i vari
gruppi di opposizione al regime che, pur controllando ufficialmente il
parlamento e la presidenza, di fatto sono soffocati dai movimenti ultra-
reazionari; ma il fallimento di Khatami ha riacceso i contrasti, al punto
che i gruppi in questione non sono nemmeno riusciti ad accordarsi sulla
convocazione di un congresso comune. Ciò facilita naturalmente l'azione dei
religiosi che sperano in un ulteriore approfondimento della frattura tra i
movimenti riformisti più moderati, come l'Associazione del clero militante e
il Kargozaran e quelli più violenti, come il Mosharekat, guidato dal
fratello di Khatami e apertamente accusato di voler dominare il movimento
riformista.
La situazione è ulteriormente aggravata dalla presenza di altri gruppi di
opposizione alla politica degli ayatollah, come il Mujahidin-e-Khalq o
Mujahideen del popolo, con sedi sparse in mezza Europa. Il Mujahideen, pur
godendo di un notevole supporto al di fuori dell'Iran, non è riuscito a
coagulare attorno a sé il consenso necessario per formare una vera
alternativa al governo iraniano. I suoi membri sono stati accusati di aver
ricevuto finanziamenti dal nemico storico del popolo iraniano, Saddam
Hussein e perciò non sono ben considerati neppure dalle frange più
estremiste dei gruppi di opposizione, nonostante le recenti tragiche
manifestazioni di protesta inscenate in molte città europee.
Teheran oggi
L'Iran sta probabilmente vivendo uno dei periodi più delicati della sua
recente storia. Mentre il governo si sforza di presentare al mondo la parte
pacifica e riformista, di fatto deve fare i conti con una situazione
internazionale molto negativa. Gli Stati Uniti sono alle porte e non hanno
fatto mistero della loro volontà di vedere un cambio di regime a Teheran,
come ha dimostrato il presidente Bush appoggiando apertamente le
manifestazioni studentesche. Ai propri confini l'Iran deve fare i conti con
una serie di stati che sono alleati o stretti collaboratori degli Stati
Uniti e la stessa Europa non vede di buon occhio il programma nucleare
iraniano.
Sul piano interno stanno continuando gli scontri con gli studenti che
chiedono maggiore democrazia e controllo sull'operato dei propri governanti.
In questo senso significativo è il manifesto firmato da 248 intellettuali,
giornalisti e pubblici funzionari che chiedono il riconoscimento del diritto
del popolo di controllare l'operato dei loro governanti, in particolar modo
della Guida Suprema della repubblica, un religioso teoricamente eletto dai
rappresentanti del popolo, ma di fatto assolutamente indipendente. Ma la
destra religiosa è ancora molto potente in vasti strati dell'establishment
politico ed economico e una larga parte della popolazione preferisce
continuare a vivere sotto la legge islamica che tentare l'avventura
democratica. A Teheran si sono addirittura formati dei gruppi spontanei di
vigilantes, di solito giovani studenti, che aggrediscono, con il benevolo
appoggio della polizia e dell'esercito, i loro colleghi che manifestano per
la democrazia e la libertà. Ciò ha spinto un gruppo di parlamentari iraniani
(166 su un numero totale di 290 parlamentari) ad adottare una risoluzione di
condanna delle violenze degli estremisti ultra- religiosi, accusati di voler
gettare discredito sul movimento studentesco. Gesto nobile, di estremo
coraggio tenuto conto della situazione iraniana in cui anche i più
elementari diritti del cittadino vengono impunemente calpestati dagli
sgherri del regime. Come i recenti arresti ordinati dalla magistratura di
regime a carico di esponenti riformisti in vista delle manifestazioni
annunciate per il 9 luglio, quarto anniversario dell'assalto della polizia a
un dormitorio universitario che ha provocato i primi violenti scontri con i
manifestanti. Gli arresti sono stati ordinati sulla base di prove
artificialmente costruite dalla magistratura che però rischiano di mandare a
morte parecchie persone se verrà ufficialmente formalizzata nei loro
confronti l'accusa di "aver dichiarato guerra a Dio".
Un cambio di regime a Teheran, quindi, sebbene auspicabile, non è
attualmente fattibile, anche perché gli eventuali successori al potere, tra
i quali vi è lo stesso figlio dello scià deposto, non godono di vasto
consenso popolare.
In definitiva risulta molto difficile prevedere l'esito delle contestazioni
giovanili di Teheran. Molto dipenderà dalla situazione internazionale; per
evitare di dover combattere su due fronti, interno ed esterno, il regime
iraniano potrebbe essere costretto a fare delle concessioni alle esigenze di
democrazia della popolazione. Ciò rappresenterebbe un piccolo successo, una
goccia nel mare, ma permetterebbe di provocare nel regime una piccola
spaccatura, destinata ad allargarsi sempre di più.
RUHOLLAH M. KHOMEINI:
Nato nel 1902, è lui la guida della rivolta sciita iraniana contro lo scià
Reza Pahlevi. Studiò nella città
santa di Qom
e assistette alla profanazione della moschea di Fatima ad opera del
fondatore della stessa dinastia dei Pahlevi, Reza Khan, nel 1927. Sempre in
opposizione alla occidentalizzazione dell'Iran, l'Imam già capiva quali
danni sociali avrebbe potuto creare uno shock tecnologico, per non parlare
poi della perdita delle radici culturali che si sarebbero confuse in mezzo a
tanta "modernità".
Tutto ha inizio nel 1935, quando lo Scià Reza Shah accusato di germanofilia,
e dopo avere coinvolto il Paese nella seconda guerra mondiale, abdicò in
favore del figlio Mohammad Reza, ritirandosi di fronte alla duplice
occupazione anglo-russa. Cessata l'occupazione, l'Iran ebbe inizialmente una
ripresa costituzionale e di libertà democratiche, subito soppresse però da
Mohammad Reza. Ma una sorta di unanimità nazionale si costituì sul problema
dell'indipendenza economica, culminata nella nazionalizzazione del petrolio
e nel conflitto con la Gran Bretagna (1950-51). La vittoria ottenuta dal
primo ministro M.H. Mussadeq (1951/53) con l'estromissione degli inglesi
apriva nuove possibilità. Una grave crisi politica generata dal contrasto
tra lo scià e il primo ministro si concluse nella primavera del 1953 con la
caduta di Mussadeq: lo scià Mohammad Reza cominciò così ad assumere un ruolo
sempre più attivo nell'amministrazione dello stato grazie al cospicuo aiuto
finanziario degli stati Uniti, in modo che l'Iran fu posto in condizioni di
superare le gravi difficoltà finanziarie, poi ancor più sistemate grazie
agli introiti derivanti dal petrolio. Nel complesso, dunque, si può dire che
a quell'epoca l'Iran aveva senza dubbio un orientamento decisamente
filo-occidentale.
Per altri versi, però, i cambiamenti avvenuti nella società iraniana erano
del tutto insoddisfacenti. Ad esempio, la sperequazione sociale tendeva ad
aumentare, escludendo dai profitti non solo gli strati popolari e la classe
operaia, ma anche i ceti medi, professionisti e commercianti, già privati
dell'accesso a qualsiasi forma di potere decisionale. A tutto ciò faceva
riscontro una durissima repressione sulla vita culturale e politica del
Paese da parte dello Scià. A partire dal 1977 si verificò una forte crescita
del movimento di opposizione al regime, la cui direzione venne rapidamente
conquistata dai religiosi sciiti dell'Ayatollah Khomeini che, a seguito
della sua attività di opposizione era stato precedentemente arrestato ed
espulso. Trovato rifugio in Francia, da lì continuava a produrre discorsi
che poi faceva pervenire nel suo Paese, a sostegno di coloro che,
dall'interno, lottavano contro il regime dispotico dei Pahlevi.
Nell'autunno 1978, nonostante sanguinose repressioni, lo scià si vide
costretto a lasciare l'Iran mentre l'esercito si disgregava. Nel 1979 lo
scià venne definitivamente deposto e Khomeini poté così insediare una
Repubblica islamica. Il suo ritorno fu salutato da esplosioni di gioia tra
gli sciiti. L'ayatollah nominò un governo provvisorio e assunse la direzione
effettiva del Paese. Il 1° aprile, a seguito di referendum, fu proclamata la
Repubblica Islamica dell'Iran e in dicembre un altro referendum approvò una
nuova costituzione che prevedeva una guida religiosa del paese (tale carica
fu attribuita a vita a Khomeini).
Intanto, nel settembre 1980 l'Iraq diede inizio alle ostilità contro l'Iran,
riaprendo antiche questioni territoriali. L'offensiva venne bloccata e diede
origine ad un sanguinoso conflitto terminato solo nel 1998. All'interno del
Paese, intanto, le elezioni del 1980 videro la vittoria del Partito
repubblicano islamico (PRI). Le elezioni legislative del 1984 sancirono il
carattere di stato a partito unico ormai assunto di fatto dall'Iran, ma nel
1987 anche il PRI veniva sciolto dall'Ayatollah Khomeini, che dichiarava
esauriti i suoi compiti.
Dal 1988 pertanto, le elezioni videro la partecipazione di candidati non più
legati a vincoli di partito, anche se facenti parte a gruppi e correnti
diverse nell'ambito del regime islamico. Le elezioni presidenziali
dell'agosto 1985 confermarono capo dello stato Ali Khamenei (eletto per la
prima volta nel 1981); nel 1989 questi succedeva a Khomeini, morto in
giugno, quale guida religiosa del Paese, e, alla presidenza della
Repubblica, veniva eletto A. RafsanJani. Una riforma costituzionale,
approvata tramite referendum nello stesso anno, aboliva la carica di primo
ministro e rafforzava i poteri presidenziali.
I negoziati di pace tra Iran e Iraq, avviati dopo il cessate il fuoco
dell'agosto 1989, rimasero di fatto bloccati fino all'agosto 1990, quando la
crisi internazionale apertasi con l'occupazione del Kuwait da parte
dell'esercito iracheno induceva Baghdad a riconoscere la sovranità iraniana
su alcuni territori. Ciò consentì la riapertura di relazioni diplomatiche
fra i due paesi nel settembre del 1990. A partire dal 1997 la carica di
presidente della Repubblica è ricoperta da Mohammad Khatami.
XI'AN
Xi'an Hsian o Sian è una città della Cina centrorientale. Capitale della
provincia di Shanxi (Shensi), è il centro culturale e industriale della
valle del fiume Wei-Ho, ricca regione agricola. Negli anni Cinquanta ebbe
inizio la rapida industrializzazione della città;le attività locali
comprendono industrie tessili, metalmeccaniche, siderurgiche, chimiche e
grafiche; vi si produce porcellana. E' sede dell'università Jiaotong, di un
politecnico, di istituzioni culturali e biblioteche. E' servita da un
aeroporto. Tra i monumenti di maggiore interesse si ricordano la tomba, di
recente ritrovamento, del primo imperatore della Cina, Shi Huangdi, il museo
della provincia di Shanxi, pagode risalenti al VII secolo, la grande moschea
musulmana Qingzhen e le mura cittadine risalenti alla dinastia Ming. Xi'an,
una delle più antiche città della Cina, fu capitale delle dinastie Chou,
Qin, della prima dinastia Han, degli imperatori Sui e, con il nome di
Changan, fu la capitale e la fiorente meta delle rotte commerciali dell'Asia
centrale sotto i Tang. Abbandonata come capitale dopo la caduta della
dinastia Tang, attraversò un lungo periodo di declino che durò fino alla
dinastia Ming. Nel 1936 il leader nazionalista cinese Chiang Kai Shek venne
rapito e tenuto prigioniero a Xi'an sino a che acconsentì a unirsi ai
comunisti in un fronte unico contro i giapponesi.
Shi Huangdi (259-210 a.C.) fu il primo imperatore della Cina e fondò la
dinastia Qin. Salì al trono dello stato feudale di Qin nel 246 a.C.,
completò il processo di unificazione iniziato dai suoi predecessori
sottomettendo agli altri stati e autoproclamandosi imperatore della Cina
ne1221. Dopo aver cacciato i nobili dalla capitale e aver tolto loro ogni
potere, suddivise il paese in 36 regioni, retta ognuna da un governatore. Il
potere fu centralizzato tramite un sistema monetario unificato, una lingua e
una legislazione comuni a tutto l'impero; per difendere il territorio dalle
incursioni degli Unni, venne iniziata la costruzione dei primo tratto della
Grande Muraglia. Alla morte, nel 240 a.C., il primo imperatore fu sepolto
nei pressi dell'odierna Xi'an in un mausoleo simbolicamente difeso da un
esercito di 6000 guerrieri di terracotta a grandezza naturale.
L'armata di terracotta fu scoperta a Qin nel 1974 da alcuni contadini che
stavano scavando un pozzo. Le statue si trovavano in una camera sotterranea,
rivolte verso est e pronte al combattimento. Rappresentano probabilmente
persone esistite nella realtà, e sono accompagnate da carri reali con
briglie di bronzo e cuoio, e oggetti di giada e osso. Le armi comprendono
archi, frecce, lance e spade di una lega che si è mantenuta incredibilmente
lucida e tagliente. La tomba risale a circa 2100 anni fa e pare contenesse
oggetti funebri che coprivano un'area di 50 km2 , come affermano anche
scritture cinesi che descrivono un grande palazzo costruito sotto un tumulo
per ospitare l'imperatore morto. La tomba vera e propria non è ancora stata
dissotterrata, ma altri ritrovamenti comprendono una serie di grandi
bronzi - i più antichi conosciuti in Cina - e oltre settanta sepolture.
La Grande Muraglia cinese si snoda per circa 6000 km nella zona
settentrionale e nordoccidentale della Cina, da Qinhuang, sul golfo di Bo
Hai, a est, fino alle vicinanze di Gaodai, nella provincia del Gansu, a
ovest, con una ramificazione interna che corre verso sud dalle vicinanze di
Pechino fino quasi ad Handan. E' l'unica costruzione dell'uomo visibile
dallo Spazio, La porzione più estesa, di circa 2000 km, fu edificata durante
il regno del primo imperatore cinese Shi Huangdi, a partire dal 220 a.C.
ca., precedentemente erano state erette fortificazioni minori. Nei secoli
seguenti, specie durante la dinastia Ming, si riedificarono in muratura i
precedenti terrapieni e la Grande Muraglia fu estesa seguendo il corso dei
fiumi e conformandosi al profilo delle montagne e delle vallate. Nella zona
orientale per molte centinaia di chilometri la fortificazione è rimasta
intatta.
I MEZZI DI TRASPORTO:
LE CAROVANE
ü Gli ostacoli naturali
Quella che anticamente veniva chiamata la "Via della seta", era in realtà
formata da un'insieme di piste carovaniere che attraversava montagne, steppe
e deserti, con delle diramazioni che si infittivano man mano ci si
avvicinava all'occidente: qui infatti gli stati erano già più numerosi e
piccoli, e le condizioni ambientali permettevano ai viaggiatori di scegliere
tra diversi itinerari.
Spesso queste vie, poco più che semplici sentieri, dovevano essere
ri-tracciate dai viaggiatori perché cancellate dalla pioggia o dalla neve.
Per i mercanti non era semplice affrontare un viaggio lungo queste piste.
Uno dei problemi maggiori era costituito dagli ostacoli naturali.
I sentieri lungo la montagna , ad esempio, erano stretti e scoscesi,
difficili da seguire per uomini e animali, soprattutto con maltempo.
Nei deserti invece era facile perdere l'orientamento, si rischiava di essere
sorpresi da tempeste di sabbia e le condizioni climatiche erano difficili:
caldo di giorno e freddo di notte. Era in ogni caso consigliabile viaggiare
nottetempo, in modo da potersi orientare con le stelle.
Un altro ostacolo naturale era rappresentato dai corsi d'acqua, che erano
attraversabili solo grazie ad un ponte o ad un guado.
ü Composizione della carovana
Anticamente le carovane erano composte da circa 100-500 persone.
Era infatti consigliabile spostarsi in gruppo e armati, poiché le piste
carovaniere erano frequentate da briganti e saccheggiatori .
Per percorrere il tragitto dallo Xi' an al Mar Nero una carovana impiegava
teoricamente otto mesi. Ma la distanza compiuta in un giorno dipendeva dal
mezzo di trasporto utilizzato.
A cavallo si possono percorrere da 30 a 50 Km al giorno, mentre in nave da
170 a 250 Km in 24 ore. I viaggiatori però il più delle volte camminavano a
fianco degli animali, i quali portavano le merci.
Così una carovana di cavalli o di muli, dove i viaggiatori camminano con un
passo regolare, percorreva 4Km/h e la media giornaliera, camminando 10h al
giorno, è di circa 25-30 Km.
In una carovana potevano esserci diversi animali da trasporto : buoi,
cavalli, muli, yack, cammelli e dromedari.
I DROMEDARI ED I CAMMELLI
I cammelli della Battriana furono addomesticati da popolazioni nomadi
dell'Asia
Centrale, mentre i dromedari dagli Arabi, forse nel II millennio a.C..
Questi animali detti "navi del deserto", possono percorrere lunghe distanze
in luoghi secchi ed aridi, rimanendo anche per giorni senza bere e
mangiando poco.
I dromedari, adatti ai deserti caldi, possono resistere sino a 17 giorni
senza acqua, cibandosi solo di erbe secche. Questo grazie alle cavità
presenti nel loro stomaco, che sfruttano come "magazzino" di cibo e acqua.
Un'altra importante riserva è situata nella gobba sotto forma di grassi.
Le lunghe ciglia proteggono gli occhi dei cammelli dalle tempeste di
sabbia; quest'animale poteva fornire inoltre ai viaggiatori latte e lana.
Il suo unico difetto è di mal sopportare il freddo.
A questi climi ed alle grandi altitudini erano più adatti invece i cammelli
della Battriana, dal pelo lungo, utilizzati dalla parte orientale della via
della seta, dal deserto del Taklimakan al Pamir, essi possono portare fino
a 150Kg di merce.
I muli ed i dromedari erano invece utilizzati nella parte occidentale della
via.
Sia i cammelli sia i dromedari, sono inoltre capaci di trasportare carichi
più pesanti dei cavalli su tragitti più lunghi : arrivano infatti a percorre
50Km al giorno.
GLI YACK
Lo yack è l'animale ideale per attraversare l'altopiano del Pamir; e questo
è dovuto sia per il suo carattere che per la sua conformazione fisica : è
perseverante, relativamente docile, flessibile, resistente al freddo e ai
malesseri dovuti all'altitudine e al freddo, grazie al cuore e ai polmoni
particolarmente sviluppati.
Può trasportare sino a 130 Kg di merce.
In ultimo lo yack fornisce latte e il suo sterco seccato era utilizzato
per accendere falò con i quali i mercati potevano riscaldarsi o cuocere il
cibo.
I CAVALLI
Il cavallo è un'animale molto importante nella storia culturale cinese,
infatti nella mitologia corrisponde al drago, ed è quindi associato al fuoco
ed al simbolo maschile yang.
Fu addomesticato in Cina all'epoca neolitica e la nascita della cavalleria
risale all'incrocio di tre razze : Han, Mongola e Katka.
Inizialmente i cavalli erano piccoli di struttura , più simili ai poney. Il
passaggio ai cavalli più grandi si deve ad una vicenda storica.
In origine infatti il commercio della seta veniva praticato solo tra la
frontiera orientale e quella occidentale dell'Impero cinese. Poi, siccome
delle tribù del Xiongnu valicavano la grande muraglia per assalire le
carovane, l'Imperatore Wou Ti della dinastia Han estese le sue linee
difensive per proteggere le carovane e si alleò con popolazioni dell'Asia
Centrale, prolungando sino in quei luoghi le vie commerciali per tenere
sotto controllo le piccole tribù.
L'imperatore si procurò inoltre tramite l'ambasciatore Zhang Qian, i
Tianma, detti "cavalli celesti", vale a dire cavalli abbastanza alti e
robusti da poter portare un'armatura, che erano allevati oltre i monti Tian
Shan, nella valle del Ferghana.
LE VIE MARITTIME
Le vie marine attraverso le quali veniva trasportata la seta, sviluppatesi a
partire dal II secolo a.C., furono considerate fino all'inizio dell'epoca
moderna le più rapide e più comode, ma non le meno pericolose.Viaggiando per
mare infatti bisognava stare attenti ai venti,alle correnti marine e
soprattutto ai pirati, che assalivano le navi nei mari della Cina, nel golfo
del Bengala o lungo le coste arabe e africane.Restavano comunque molto
vantaggiose per la minor durata del viaggio:ci volevano circa otto mesi per
andare dalla Cina all'Egitto e ritorno, navigando sia di giorno che di
notte.Tra i vari tipi di imbarcazioni la più diffusa nel Mediterraneo era la
galera, che era stretta, bassa e rapida, ma non poteva trasportare grandi
carichi in quanto i rematori occupavano molto spazio all'interno della nave.
I velieri a chiglia tonda erano più adatti al trasporto di grandi quantità
di merci, fino a 500 tonnellate. I porti più importanti erano Canton,
Zaitoun, Quinsay in Cina, e Cambay, Thana e Calcutta in India. Le navi di
preferenza circumnavigavano le coste e solo di rado attraversavano il golfo
del Bengala in linea retta. Fino al VII sec. furono delle navi indiane a
trasportare le merci tra Cina e Arabia, ma l'equipaggio era formato
principalmente da Malesi,Coreani e da uomini provenienti dalle isole del
Sud-Est Asiatico. Dal VII sec. in poi si affermarono sempre di più le navi
arabe. |
|
<- Indietro - Continua -> |
|
|
|
|
|
| |