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MARCO POLO E LA VIA DELLA SETA

LA VIA DELLA SETA, MARCO POLO IN CINA
 
Marco Polo
 

MARCO POLO, LA VITA:

Grande viaggiatore italiano, nato a Venezia o a Curzola nel 1254, morto a Venezia l'8 gennaio 1324. Marco Polo aveva quindici anni quando intraprese con il padre Nicolò e lo zio Matteo un lungo viaggio nelle regioni asiatiche. Nel 1271 partirono da Venezia diretti alla corte del Gran Khan. Passarono attraverso l'Anatolia e il Caucaso, il regno di Mosul e di Baghdad, quello di Tauris, la Persia, il Pamir, Kashagor, Kotar, Cherchen, Lop e il grande deserto mongolico. Gran parte di queste contrade furono note agli europei solo nel secolo XIX. Arrivati, dopo un viaggio di tre anni e mezzo, alla corte del Gran Khan, vi vennero accolti con grandissimi onori. Il giovane Marco, apprese le principali lingue del vasto regno, ebbe dal sovrano numerosi incarichi che gli dettero modo di visitare regioni completamente sconosciute e di spingersi anche nella provincia del Tibet, dove si dedicò all'esplorazione vera e propria. Passati diciassette anni alla corte del sovrano cinese si offerse, insieme al padre e allo zio, di accompagnare la principessa Cogatin che doveva andare sposa al principe Argun di Persia. I Polo partirono nel 1292 con quattordici navi e seicento uomini, costeggiarono la Cina, l'Indocina, la Malesia, Sumatra, l'India meridionale, le coste persiane e giunsero a Hormuz. Dopo un viaggio di quasi tre anni, Marco Polo fece ritorno a Venezia nel 1295. Nel 1298, mentre era imbarcato su una galera veneziana alla battaglia di Curzola, venne fatto prigioniero e fu tradotto a Genova. In carcere dettò i ricordi del suo viaggio al compagno di cella, Rusticiano de' Balsani da Pisa, che li scrisse in un francese pieno di spropositi, con il titolo di Livres des Merveilles du Monde. Tale opera, conosciuta poi come Il Milione, ebbe grande successo in tutta Europa e fu per lungo tempo la più importante fonte di notizie sull'Asia Orientale. Per questo motivo Marco Polo venne chiamato l'Erodoto del Medioevo, il creatore della moderna geografia dell'Asia. Il viaggio di Marco Polo attraverso l'Asia centrale, la Cina e il sud-est asiatico rappresenta l'esperienza centrale della sua vita. Marco Polo nasce a Venezia nel 1254, da Niccolò Polo, il quale, nel 1261, parte con il fratello Matteo per portare un carico di pietre preziose nei territori attorno al basso corso del Volga. Partono da Soldaia (l'odierna Sudak), si fermano a Sarai (oggi Astrakan), in seguito a Bolgara (capitale dei Bulgari del Volga), a Bucara ( capitale del regno di Ciagatai sotto il Kan Buraq) e giungono infine a Ciandu (Shang-tu) dove fanno la conoscenza di Kublai, quinto Gran Kan dei Mongoli (dopo Cinghiscan, o Gengiscan, capostipite della dinastia). Nel 1269, i fratelli tornano a Venezia dal quindicenne Marco. Due anni dopo, il giovane Polo partirà con il padre e lo zio verso l'Asia centrale. Arrivati a Chemenfu ( vale a dire Ciandu, residenza estiva di Kublai), dopo la consegna da parte di Niccolò e Matteo di alcune lettere del papa Gregorio X, il padre di Marco dichiara che il giovane è suo figlio e servitore del Gran Signore. Marco dimostra di essere un ragazzo valente e intelligente: si appropria con facilità "dei costumi tartari, della lingua e della scrittura di quelle regioni", durante i viaggi compiuti per lo svolgimento dei compiti che gli sono affidati osserva, raccoglie informazioni per soddisfare la propria curiositas e l'ansia di conoscere, ma anche perché ha capito che lo stesso Gran Kan è più interessato alle "notizie sugli usi e costumi di quei paesi che delle ambascerie mandate così lontano". "Dopo essere rimasti alla corte del Gran Kan per tutto il tempo che avete udito, Nicolò, Matteo e Marco Polo decisero di ritornare al loro paese. Più volte domandarono il permesso al Gran Kan con persuasive parole; ma egli li amava tanto, ed era così lieto di averli presso di sé, che per nulla al mondo li avrebbe lasciati partire". Dopo essere riusciti a convincere il Gran Kan, nel 1295, i Polo tornano in patria, avendo svolto la loro ultima missione: accompagnare la principessa Cocacin, figlia di Kublai, nel paese di Argon, Ilkan di Persia. Bolgana, la moglie di questi, anch'essa parente del Gran Kan, era morta ed il re, dovendosi risposare, aveva pregato il gran Kan di mandargli una dama della stessa stirpe della regina. I fratelli Polo e Marco accompagnarono dunque la principessa Cocacin da Giava alla Persia in un viaggio di diciotto mesi. Arrivati in Persia trovarono il re Argon morto. La giovane dama andò in sposa a Chiacatu, figlio di Argon. A Venezia, Marco Polo rimase coinvolto in uno scontro con navi mercantili genovesi o, secondo altre fonti, nella battaglia di Curzola: fu fatto prigioniero dai genovesi e, in carcere, nel 1298, conobbe Rustichello da Pisa, al quale dettò il racconto del suo viaggio, originariamente intitolato Divisament dou monde, la descrizione del mondo. Rustichello era un cantastorie di favole medievali, ed era dunque abituato ad arricchire la narrazione introducendo particolari fantastici come mostri, avvenimenti miracolosi o leggendari e descrizioni di cruente battaglie. Può darsi che parte dell'immaginario mondo dello scrittore Rustico sia entrato nella "descrizione del mondo" di messer Marco, ma ciò che il Veneziano ha visto deve essergli sembrato più grande e strabiliante di qualunque altra cosa al mondo, e tale devono averla immaginata i contemporanei che hanno potuto, grazie al Milione, far viaggiare la fantasia attraverso contrade in cui, secondo messer Marco, pascola l'unicorno. Ancora, può essere che il giovane viaggiatore abbia frainteso qualcosa, o che, non avendo capito, si sia dato spiegazioni che vanno aldilà del reale, ma viveva d'altronde in un'epoca che condannava le streghe e credeva a chissà quante altre a cose cui noi, attraverso gli occhi delle scoperte scientifiche e del razionalismo, abbiamo smesso di credere. Marco Polo rimane comunque un uomo dotato di una straordinaria memoria che gli ha permesso di ricordare e di raccogliere in un libro, il Milione, le merveilles, meraviglie, del mondo, il riassunto di un viaggio durato ventisei anni. Fra l'altro il nome che oggi usiamo è posteriore alla stesura: risale al periodo in cui Marco ricominciò a lavorare al suo libro e, fra le varie aggiunte e cambiamenti, cambiò anche il nome. Il "Milione" deriva dal secondo nome del ramo dei Polo, Emilione. Marco viene liberato nel 1299 e fa ritorno a Venezia dove, nello stesso anno, sposa Donata Badoèr dalla quale ha tre figlie, Fantina, Bellella e Moreta. Muore nel 1324, a settant'anni. Fra i suoi beni, oltre a proprietà, stoffe e oggetti orientali, vengono ritrovate le piastre d'oro che il Gran Kan consegnava a quelli che viaggiavano per lui, affinché fosse loro consegnato tutto il necessario per il viaggio attraverso le sue infinite terre. "Ora che vi ho narrato il prologo è venuto il momento di passare al libro vero e proprio. E qui lo comincio." Marco Polo, infatti, ci racconta nei primi diciannove capitoli il viaggio del padre e dello zio, il loro ritorno a Venezia con l'incarico di chiedere al papa Clemente l'invio di "cento uomini savi" nelle terre del Gran Kan per istruire i popoli di quei luoghi sulle cose della religione cristiana. La madre del Gran Kan, infatti, era di religione cristiana. Marco Polo ci dice che il Gran Signore non si professava credente di alcuna religione per non creare scompiglio all'interno delle sue terre, abitate da credenti di più religioni: cristiani nestoriani, di rito greco, georgiani e giacobini, maomettani ( o saraceni) cioè musulmani, cui Marco polo è ostile per ragioni politiche e religiose, e idolatri, cioè buddisti e induisti; altrimenti, come Marco Polo sottolinea, Kublai avrebbe aderito alla religione materna"perché, dice, essa non comanda cosa che non sia piena di ogni bontà e santità". Il Papa Clemente era però morto in quei mesi. I Polo aspettarono tre anni l'elezione del nuovo Papa ma dovettero poi ripartire. Portarono con loro alcune lettere della Santa Sede che certificavano che il compito non era stato svolto poiché il Papa non era ancora stato rieletto. In questi capitoli, Marco Polo ci racconta anche del suo arrivo a Ciandu e del ritorno a Venezia. Dopodiché inizia l'ordinata descrizione delle terre che ha visitato ( o di cui ha sentito parlare da persone fidate: la Russia, la provincia di Oscurità, cioè la Siberia, Zanzibar e il Giappone). Visitate la grande e la piccola Armenia, la Turcomannia (cioè la Turchia), il regno di Mosul (in Iraq) e la Giorgiania, messer Marco si ferma a Baldac, l'odierna Baghdad, dove vive il califfo dei musulmani. A Baldac è fiorente il commercio di tessuti preziosi come le sete, i broccati, i damaschi e i cremisini intessuti d'oro e le perle. Vi vivono uomini di scienza che, con il loro studio, permettono gli scambi culturali. Baldac era all'epoca culturalmente più vivace di molte città europee. Marco Polo arricchisce la narrazione con aneddoti come questo: l'Ilkan Alau, dopo aver conquistato con molta fatica la città, vide che il Califfo dei Saraceni conservava in una torre enormi quantità di oro, argento e altre ricchezze. Chiuse il Califfo nella torre senza cibo né acqua: suo unico cibo sarebbe stato l'oro che tanto bramava. Dopo quattro giorni il Califfo morì. Quello fu l'ultimo Califfo di Baghdad. A Baldac risiedeva anche un vescovo cristiano. Il viaggio continua attraverso la Persia, divisa in otto regni: regno di Casvin, di Curdistan, di Lor, di Sulistan, di Isfaan, di Serazi, di Soncara e Turocain. In Persia vivono splendidi cavalli e asini. Si passa poi a Balc ( l'odierna Balkh in Afganistan ) dove Alessandro sposò la figlia di Dario. Alessandro Magno attraversò questi territori nella sua avanzata verso il centro dell'Asia, e ancora al tempo di Marco Polo tutti i re della provincia di Balascian ( l'odierno Badakhshan ) vengono chiamati Zulcarnein, che, in arabo, significa "bicorne", come veniva chiamata l'immagine di Alessandro Magno sulle monete. Tappa seguente è il Chescimur ( cioè il Kashmir), regione attualmente divisa tra l'India e il Pakistan, sede di numerosi conflitti. Gli abitanti sono idolatri e sono in grado di controllare il tempo con la magia; le donne sono molto belle. Vi sono molti monasteri buddisti dove vivono i monaci. Qui si commercia il corallo. Samarcanda, nell'Uzbekistan, era governata dal nipote del Gran Kan. A causa dei cattivi rapporti fra i due, spesso insorgevano sanguinosi litigi e guerre. Gli abitanti erano sia musulmani che cristiani. La città era molto grande e ricca, con stupendi giardini pieni di piante. Quando Ciagatai, re della città prima dell'arrivo di Marco Polo, si era convertito al cristianesimo, gli abitanti cristiani della città, per festeggiare, avevano costruito una chiesa in onore di S.Giovanni Battista. Per costruire la colonna centrale di questa chiesa avevano utilizzato una pietra sacra ai musulmani. Questi, dopo la morte di Ciagatai, pretesero fermamente la restituzione della pietra. Dato che senza quel pilastro la chiesa sarebbe crollata, i cristiani piansero e pregarono molto. Nel giorno fissato per la restituzione, per miracolo, la struttura della chiesa rimase in piedi nonostante la rimozione del pilastro. Per proseguire il loro viaggio attraverso l'Asia centrale, i viaggiatori sono costretti ad attraversare il deserto del Gobi, che Marco Polo chiama deserto di Lop (vicino alla città di Lop, oggi Charklik, nei pressi del lago Lop Nur, che non ha una sede fissa ma occupa uno spazio che varia secondo il regime dei fiumi che lo alimentano) o Gran Deserto. Marco Polo ci dice che si impiega un anno ad attraversarlo. Il cibo e l'acqua sono scarsissimi e si rischia di perdersi a causa di allucinazioni e spiriti maligni ingannevoli. Si passa poi nella provincia di Tangut, corrispondente al Turkestan cinese, in cui si trova la città di Saciu (Sha-Chou). Gli abitanti sono perlopiù idolatri, ma vi sono anche cristiani nestoriani e musulmani. Si occupano di coltivare il terreno, molto fertile, con cereali ma non di commercio. Gli idolatri hanno l'usanza di cremare i loro morti. I parenti del defunto accompagnano la salma in una lunga processione e addobbano il luogo attorno alla pira con sete preziose. Bruciano anche cibo, vino e immagini di denaro, cavalli e montoni: credono che nell'aldilà il morto riceverà gli stessi onori che ha ricevuto nel giorno del funerale. Per decidere il giorno in cui celebrare un funerale (o un matrimonio) gli idolatri si affidano ad alcuni astrologi che leggono i segni delle stelle e in base a questi consigliano il giorno adatto. Marco Polo si sofferma sulle città di Ciandu e di Cambaluc, residenza estiva del Gran Kan la prima, sua corte la seconda. Come abbiamo detto, Ciandu, o Chemenfu, corrisponde a Shang-tu. Il palazzo estivo del Gran Signore è immerso in un grande giardino ricco di alberi e ruscelli. Il Gran Kan è solito andare a caccia fra questi alberi: gli animali che usa più spesso per cacciare sono i girifalchi, che fa addestrare. Il palazzo ha molte stanze, fatte di marmo e pietra; le stanze sono tutte riccamente decorate d'oro. Attorno al Gran Kan si riuniscono astrologi e incantatori che sono in grado di rendere bello il tempo "con la loro forza di incantamento". La "grande città di Cambaluc", da Khan balik, città del Kan, è oggi Pechino. Ha dodici grandi porte dalle quali partono molte strade, in grado di raggiungere ogni parte del regno. Poiché la città è la sede della corte del Gran Kan, vi confluiscono mercanti da ogni parte del mondo. Qui sono arrivati, infatti, i Polo. Vi arrivano perle e gemme dall'India e "gli oggetti più strani e preziosi dal Catai e dalle altre province", per non parlare della seta (mentre scarseggiano lino, cotone e canapa). "Non è da stupire dunque se Cambaluc è l'immenso emporio che abbiamo descritto". Fra le tante cose che stupiscono messer Marco ma non noi, c'è la moneta usata dal Gran Kan: estremamente moderno, il Gran Signore "fa spendere carta invece di moneta", cioè usa la cartamoneta piuttosto che i metalli preziosi coniati. I "foglietti" del Gran Kan hanno un valore fisso, mentre le monete cambiano potere d'acquisto a seconda della quantità di metallo prezioso contenuta. Il Gran Kan può far stampare infiniti "foglietti" per facilitare il commercio senza temere l'inflazione. Prima di passare alla descrizione delle province più interne delle terre di Kublai, Marco Polo si dilunga nella descrizione delle usanze del Gran Kan il suo modo di andare a caccia, di amministrare il regno, i suoi collaboratori, i suoi figli, le sue mogli, la disposizione a tavole dei componenti della famiglia secondo l'importanza, i suoi nemici, le feste per il suo compleanno e per il capodanno, i motivi per cui non è un credente di alcuna religione e la descrizione dei suoi palazzi. Le province centrali dei domini del Gran Kan sono: Catai, Mangi, Cuncun, Sindufu, Tebet, Gaindu, Caragian, Zardandan, Bangala, Caugigu, Aniu, Toloman e Ciugiu. C'è poi la descrizione di contrade che non riguardano la via della seta o che Marco Polo non ha visitato personalmente (ma ne ha sentito parlare da persone fidate) come l'India, le isole del sud-est asiatico Giava e Sumatra, il Giappone (negli anni in cui Marco Polo percorreva l'Asia centrale il Gran Kan ordinava di conquistare il "Cipangu" per ben due volte; in entrambi i casi la spedizione non ebbe un buon esito), la Russia, la Siberia, i territori dell'Orda d'Oro, Zanzibar, Mogadiscio e altre. Possiamo però soffermarci sulla descrizione di alcune province. Il Catai, la Cina del Nord, il cui nome deriva dai Khitan, popolazione altaica, è la provincia in cui si trova Cambaluc. Vi si pratica il commercio, specialmente nella capitale. Il Mangi, la Cina del sud, ha come capitale Chinsai. La popolazione è idolatra e vive grazie all'agricoltura (vi crescono lo zenzero,il frumento, il riso e altri cereali), alle arti e al commercio. Chinsai significa "città del cielo"; la città è molto ricca: infatti ha un perimetro di cento miglia ed è attraversata da canali e strade vastissime. Vi sono dodicimila ponti di pietra e di legno. Nelle dieci piazze e nelle grandi strade si tiene il mercato dove gli abitanti "comprano ogni cosa buona, ogni specie di vettovaglie:caprioli, cervi, daini, lepri, conigli, pernici, fagiani, francolini, coturnici, galline, capponi e infinite oche .vi sono poi le macellerie di animali grossi . tutte le specie di erbe e frutti, pere grandissime . e al loro tempo pesche gialle e bianche molto delicate". Per non parlare di spezie, gioielli, perle, pepe e vino di riso: Marco Polo è seriamente impressionato da tale abbondanza di merci. Vi vivono anche medici, astrologi e artigiani. Il Tebet (cioè il Tibet) è una regione devastata dalla guerra di Mongu Kan. Gli abitanti sono "gente idolatra, fieramente cattiva", perché rubano e uccidono senza considerarlo una colpa. Le uniche attività praticate sono l'allevamento e poca agricoltura. Nella contrada vivono strane bestiole, che gli abitanti chiamano "gudderi", che fanno un muschio molto profumato. La provincia è arretrata. Non si usano, infatti, né la cartamoneta né la moneta di metallo, ma il sale. I vestiti sono fatti di pelli di animali o di tessuti grossolani. Gli abitanti parlano il Tebet, loro lingua d'origine, e non il Tartaro. In alcune zone di questa vastissima provincia, però, vi sono città e castelli dove si pratica il commercio ( si producono tessuti di pelo di cammello e di seta intrecciata d'oro, che si trova nel letto dei fiumi, e spezie che Marco Polo non aveva mai visto). Si radunano qui "i migliori astrologi di tutte le province circostanti" che fanno magie tanto strabilianti che Marco si rifiuta di parlarne per non spaventare la gente del nostro paese. Il Tebet è solo un esempio della varietà delle terre Gran Kan. I domini del Gran Signore si estendono in lungo e in largo per tutta l'Asia, non solo quella centrale; vanno ben oltre i territori toccati dalla via delle seta e quindi questo non è il luogo per riassumerli tutti. Non si può negare che la storia del giovane Veneziano che a soli diciassette anni aveva già visitato, o era in procinto di visitare, la maggior parte del mondo allora conosciuto è davvero strabiliante. E' molto più strabiliante pensare che questo giovane ha poi messo per iscritto, con uno stile molto catalogico, tutto ciò che ha visto, indirizzandolo ai suoi contemporanei, come possiamo vedere nei punti in cui egli si rivolge a loro, per spiegarsi meglio o per avvisarli dell'omissione di qualche informazione che potrebbe spaventarli. Marco Polo tiene i suoi lettori per mano in questo grande viaggio attraverso l'Asia. E i lettori si lasciano condurre senza fare resistenze, impegnandosi per capire i punti più difficili o strani e per superare i problemi legati alla traduzione. Infatti manca l'originale del Milione e per questo ogni nuova versione o traduzione è riprodotta sulla "copia della copia ." senza possibilità di confronto con un testo primo. Molti nomi propri hanno "lettura incerta" e a molti toponimi non corrisponde un punto esatto sulla cartina geografica. Il fato ha voluto che il Milione fosse "il Grande Testo Morto", come lo chiama Giorgio Manganelli nella sua prefazione al "Milione" edito da "Editori Riuniti". Nelle sue innumerevoli traduzioni ( il testo franco-italiano, la versione del copista Grégoire, quella toscana, veneta, di frate Francesco Pipino da Bologna, del Ramusio e il codice zeladiano) l'Asia perfetta di Marco Polo diventa incerta e sfuggente. L'originale di ciò che Marco ha visto è sparito per sempre: l'Asia, in continuo movimento, ha fatto in modo che non rimanesse memoria di alcun attimo rimasto uguale per sempre.

LA VIA DELLA SETA:


La via della seta

Fra Oriente e Occidente.Un filo sottile che univa Pechino al Mar Mediterraneo.Un canale di transito di idee e culture. Dal 53 a.C. ad oggi, per venti secoli ambasciatori e missionari, guerrieri e navigatori hanno percorso il cammino che parte dal Medio Oriente, passa per Baghdad, Samarcanda, attraversa la Cina e si conclude a Luoyang. Un itinerario oggi conosciuto come "via della seta", definizione usata dal geografo e geologo tedesco Ferdinand von Richthofen nell'introduzione all'opera Tagebücher aus China, pubblicata a Berlino nel 1907. Infatti fu proprio la seta, il prezioso e fin dall'inizio costosissimo tessuto dall'origine avvolta di mistero, a permettere che gli scambi commerciali di profumi, spezie, oro, pelli, metalli, porcellane, medicinali cominciassero a fiorire. Grazie al viaggio di numerosi mercanti, anche i Romani vennero a contatto con la seta, che chiamavano "serica", perché fabbricata dal lontano popolo dei Seri, come a Roma venivano chiamati i cinesi. Attraverso quello stesso percorso, intorno alla metà del I secolo dopo Cristo, il buddismo fece il suo ingresso in Cina. La via della seta è costretta a numerose diramazioni a causa delle innumerevoli barriere poste dalla natura, che ne ostacolano la linearità. Infine, il clima molto rigido d'inverno e torrido d'estate nelle depressioni del deserto del Takla Makan, metteva a dura prova gli uomini e gli animali, che avrebbero poi dovuto affrontare gli aspri passi del Pamir per scendere lungo le valli del Pakistan a dell'Afghanistan. Inoltre, le carovane correvano un serio pericolo, poiché erano esposte agli attacchi degli Xiongnu, una popolazione di bellicosi nomadi del Nord che assaliva i viaggiatori che si avventuravano in quelle zone deserte. Il declino della "via della seta" cominciò con la concorrenza di una nuova arteria commerciale più rapida e sicura della via di terra: l'India e la Cina venivano raggiunte via mare. Quante persone all'anno chiedono di percorrere la "via della seta"? Qui da me non molte, perché noi siamo una piccola associazione, però gli italiani che in un anno chiedono di percorrere la via della seta saranno 100- 200, non di più. Il maggior tour operator organizzatore del percorso è "Avventure nel mondo", cui si aggiungono le varie agenzie specializzate come KEL 12 e KAILAS : in Italia ci sono tante agenzie finalizzate a questo tipo di viaggio un po' avventuroso, perché la via della seta è una cosa abbastanza particolare, non è il turismo classico. 2. Qual è l'itinerario migliore? La zona più bella ed interessante è quella di Samarcanda, soprattutto perché ha un suo fascino. Dunque, per me i punti turistici più frequentati sono Samarcanda ed il territorio del Karakorum. Quest'ultimo perché, essendo una zona di montagna, è possibile collegarlo al discorso del trekking e degli 8000. Il tratto cinese, che io sappia, non è molto richiesto; invece è assai frequentato il tratto centrale. L'unico posto del Medio Oriente dove si può passare senza problemi è la Giordania con Petra, città molto visitata dai turisti. La Siria, l'Iraq, l'Iran non sono consigliati. Poi c'è gente che ci va ugualmente, però spesso si sente di turisti sequestrati da guerriglieri locali, che hanno capito che questi sono una fonte di guadagno, perché per lasciarli andare i governi pagano. - Per cui si potrebbe partire dall'Italia in aereo. Io, per farla bene tutta, la farei via terra: si potrebbe passare dalla Croazia, fino al Bosforo, attraversare la Turchia, oppure passare sopra, perché vicino alla Turchia c'è la zona critica dell'Asia Centrale. Sarebbe bello passare per il Tigri e l'Eufrate, però adesso è improponibile.forse per chi volesse partire in questo periodo bisognerebbe saltare il primo pezzo e partire dopo l'Iran, quindi la prima località da visitare sarebbe Samarcanda. Prima o poi la vado a fare in moto. Questo sarebbe un bel modo per farla, insomma non è proprio come la macchina o andare a piedi. - Cosa ci dovrebbe andare nella valigia da una persona che percorre la via della seta? Prima di tutto nessuna valigia, si parte con uno zaino dove va messo il minimo indispensabile per i ricambi, che si lavano lungo il percorso; giacca a vento, perché si passa in luoghi dove fa molto freddo; un coltellino; una pila; in più ,solitamente, io preparo una busta dove infilo oggetti sempre utili come scotch, spilli, aghi, un pezzo di corda, un elastico; pantaloni lunghi, non bisogna prendere il sole perché fa male, dunque coperti; maglietta; sicuramente un cappello; abbigliamento sia leggero che pesante; guanti; sacco a pelo: lo zaino non deve pesare più di 9- 10 chili, perché se no è faticoso da portare. Penso che non ci sia bisogno della tenda: si può trovare ospitalità presso la gente del posto, in pensioni, alberghi, maggiormente sicuri rispetto a dormire in una tenda in mezzo ad un posto deserto, perché i predoni del deserto ci sono. Perciò è consigliabile anche non partire da soli, è meglio andare almeno in due. Ci si può incamminare anche senza guida perché, secondo me, se si studia bene il percorso si può girare anche autonomamente. Se una persona è un viaggiatore che si sa muovere lo sa fare sia a Milano, sia a Katmandu, è la stessa cosa: ci si deve saper muovere, sentirsi a casa in ogni posto. 3. Qual è il costo medio? Ci vogliono all'incirca 3500euro, ma proprio stando al minimo e comprando il minimo indispensabile per pagare i trasporti e mangiare. Inoltre, si passa la notte dove capita perché molto spesso si trova ospitalità dalle persone del posto, ovviamente dormendo per terra col sacco a pelo. 4. Che mezzi di trasporto è preferibile usare? I mezzi di trasporto sono tra i più disparati: si può partire o con una spedizione propria, soldi (tanti soldi), un fuori strada, una gip perché ci sono strade non asfaltate soprattutto in Afganistan e Samarcanda; oppure, se si vuole farla autonomamente, si viaggia con i mezzi che si trovano sul percorso come corriere e passaggi della gente del posto, proprio come i viaggi di una volta,"sai quando parti ma non sai quando e se arrivi perché è abbastanza pericoloso. - quanto ci vuole? Di preciso non lo so, dipende soprattutto dal modo in cui la si fa e dai mezzi di trasporto: secondo me per farla tutta ci vogliono almeno due mesi se va bene. 5. Mezzi di trasporto a confronto tra il viaggio del passato e il viaggio di oggi La differenza sta nel fatto che oggi ci sono i motori e corriere che uniscono diverse tappe, invece una volta si andava a piedi, col cammello, coi cavalli. - ma oggi, chi è avventuroso potrebbe ancora farla col cammello? Volendo sì.infatti anche in Europa c'è, ad esempio, il cammino di Stevenson, che parte in Francia (nella zona delle Sevenne) ed è organizzato con i muli. Questo cammino l'aveva fatto a suo tempo Stevenson (scrittore dell'Isola del tesoro, Dr. Jakyle e Mr. Hyde) con un mulo e adesso ci sono delle organizzazioni che lo ripropongono. Però fare la via della seta con un cammello.magari ci si può aggregare a delle carovane (soprattutto vicino all'Afganistan) che percorrono tappe di questa via. Sono nomadi, gente del posto che si sposta ancora così. Ovviamente si deve stare attenti perché molto spesso succede che ti rubano tutto.non sono tutti così, però anche tra di loro ci sono dei ladri. 6. Perché percorrere la via della seta: lo scopo di oggi a confronto con quello del passato. Nel passato la via della seta era percorsa per motivi commerciali, invece, oggi come oggi è solo per puro turismo: l'aspetto commerciale non esiste più, perché con i mezzi odierni sarebbe assurdo. Quindi è percorsa solo per turismo e per mettersi alla prova: un certo tipo di turista compie questo viaggio anche per riscoprire sé stesso e per vedere cosa riesce a fare con il minimo indispensabile. 7. Che tipo di viaggiatore percorre la via della seta? Una persona che abbia voglia di abbandonare tutti i comfort della vita moderna e ritornare ad arrangiarsi con ciò che trova lungo il percorso: mangia quello che trova e cerca aiuto nelle persone che incontra. E' un percorso che non può fare chiunque, bisogna essere prima di tutto viaggiatori dentro, bisogna sapersi muovere. I VIAGGIATORI: L'antica via della seta: da Antiochia sull'Oronte in Siria, passando per Baghdad e attraversando la Persia e l'Asia Centrale fino ad Alexandria sull'Oxus e Alexandria Escata ("l'estrema"). Una terra con incomparabili bellezze, come la valle del Badagshan che traboccante di lapislazzuli preziosi. Questa via è percorsa da Stefano Malatesta e dai cammelli battriani ("Il cammello battriano", Neri Pozza editore 1998) che seguono l'intrico di percorsi che dal Pakistan porta nel Turkestan cinese, lo Xinjiang. E in mezzo l'Hindukush, con i suoi cafiri dagli occhi azzurri e cafiri rossi sul versante afgano. Selvatici, pagani, schivi. Un libro, questo, che combina descrizioni dettagliate del tragitto e interessanti e divertenti aneddoti e osservazioni dello "scrittore-viaggiatore". Da leggere! Stefano Malatesta scrive racconti di viaggio e articoli d'arte e letteratura per la Repubblica, quotidiano per conto del quale ha seguito come inviato la guerra Iran-Iraq e in Libano, la rivoluzione in Nicaragua e per Panorama il golpe di Pinochet in Cile. Per Neri Pozza ha pubblicato Il Grande Mare di Sabbia (2001) e Il napoletano che domò gli afgani (2002), oltre al vincitore del premio Settembrini 2000 Il cane che andava per mare e altri eccentrici siciliani (2002,Tascabili Neri Pozza). Riassunto: Dunhuang era la tappa iniziale della Via della Seta per chi veniva dalla Cina e quella finale per chi partiva dal Mediterraneo. Per arrivarci e raccontare la storia di questa cultura e di come venne saccheggiata dagli archeologi predoni, Stefano Malatesta ha seguito le antiche strade carovaniere, sulle tracce di geografi, avventurieri, esploratori, briganti, pellegrini, attraversando l'Hindukush, il Karakorum, il Pamir. È stato a Kashgar, il più grande, leggendario mercato dell'Asia Centrale e nelle valli paradisiache dell'Himalaya dov'è nato il mito di Shangri-là. Ha incontrato i cafiri dagli occhi azzurri e i nomadi kirghisi che cacciano con le aquile. Le descrizioni e le osservazioni del nostro scrittore-viaggiatore, integrate con resoconti di spedizioni, memorie, testi tra l'avventura e il saggio, tra la storia e l'antropologia, fanno di questo libro un moderno Milione. I giudizi della stampa: "Pochissimi libri di viaggio, in questi ultimi anni, hanno le doti del Cammello battriano: la sobrietà, la scrupolosa precisione del linguaggio; la lunga preparazione che s'intravede dietro ogni itinerario; l'assenza di toni sdolcinati; la giusta dose di humour."Sandro Viola Altri libri sulla Via della Seta: Cristina DI BELGIOIOSO. VITA INTIMA E VITA NOMADE IN ORIENTE Helmuth von Moltke. una guerra da turchi Gérard de Nerval. VIAGGIO IN ORIENTE Arminius Vambéry. UN FALSO DERVISCIO A SAMARCANDA Giorgio BETTINELLI. IN VESPA Da Roma a Saigon Robert BYRON. LA VIA PER L'OXIANA William Dalrymple. IL MILIONE Alexandra David-Neel. VIAGGIO DI UNA PARIGINA A LHASA Guido GOZZANO. AL SOLE DELL'INDIA D. Guidi. SCORCIATOIA PER IL NIRVANA. VIAGGIO SUL KAILASH, MONTAGNA SACRA DEL TIBET Pico Iyer. C'ERA UNA VOLTA L'ORIENTE Ella Maillart. LA VIA CRUDELE: DUE DONNE IN VIAGGIO DALL'EUROPA A KABUL Melania G. Mazzucco. lei cosi' amata Annemarie Schwarzenbach. DALLA PARTE DELL'OMBRA L'itinerario qui proposto parte da Dunhuang e giunge a Kashgar, perciò è interamente compreso in terra cinese. DUNHUANG E LE GROTTE DI MOGAO La città- oasi di Dunhuang giace in una pianura irrigata che viene coltivata a cotone. Il vero interesse di questo luogo così affascinante sono le grotte di Mogao, sicuramente uno dei momenti più significativi del viaggio. Le grotte illustrano la storia ininterrotta della pittura cinese lungo un arco di quasi mille anni, dal IV secolo d.C. fino ai tempi della conquista mongola (1277). Da non perdere l'escursione alla porta di Giada, a 70 km dalla città. TURFAN E' al centro dell'omonima oasi, costituisce un'ottima base per una sosta. Merita una visita anche per il geniale sistema di irrigazione composto da centinaia di canali sotterranei che coprono un'area di svariati chilometri e consentono la coltivazione dell'uva. GAOCHAN A qualche chilometro da Turfan, le rovine di Gaochan, ai piedi delle spettacolari Montagne Fiammeggianti, offrono un'idea di cosa doveva essere questa prefettura fondata sotto la dinastia Tang nel 640 d.C. LE GROTTE DEI MILLE BUDDHA DI BEZEKLIK 57 grotte scavate ed affrescate tra le dinastie Sui e Yuan nella gola di Murtuk. Le pareti sono coperte di raffigurazioni murali nelle quali è evidente, oltre a quella buddista, anche l'influenza manichea. Purtroppo alcune sono state distrutte dal fanatismo musulmano. DA URUMCHI A KASHGAR Il nostro percorso prosegue fino a raggiungere Urumchi, di cui si possono ammirare il museo e, nella città vecchia, numerose piccole moschee e bazar. Un padiglione nello stile tipico dei giardini cinesi e una pagoda, raggiungibili inerpicandosi lungo un'interminabile scalinata, troneggiano sulla Montagna Rossa, da cui si gode un'ottima vista sulla città. L'itinerario continua inoltrandosi nel Taklamakan fino a raggiungere, di oasi in oasi, Kashgar. KASHGAR Il momento più suggestivo e pieno di folklore, in questa cittadina tranquilla sei giorni su sette, è il mercato, immancabilmente presente tutte le domeniche. Il mercato di Kashgar non è solo il più grande di tutta l'Asia Centrale, ma è anche qualcosa di assolutamente diverso e sorprendente: il paesino cambia completamente volto riempendosi fino al delirio di merci, uomini ed animali. Una piccola gita da fare assolutamente è alla magnifica tomba del principe Apak Hoja, a cinque maglia a nord- est dalla città. LE CITTA: PETRA: PETRA : CITTA' NELLA ROCCIA La Giordania è ricca di tesori archeologici, ma il più grande è la particolare città di Petra, costruita in pietra rosa e rossa. Petra,antica città nell'attuale Giordania sud occidentale,poco distante dal villaggio di Wadi Musa (Valle di Mosè),è famosa per i suoi grandiosi resti archeologici. La città è situata nella regione di Edom,tra il Mar Morto e il golfo di Aquaba,all'incrocio tra le importanti rotte carovaniere che collegano l'Oriente con il Mar Mediterraneo. Tra il IV secolo a.C. e il II secolo d.C. fu la capitale dei Nabatei.Grazie ai frammenti delle loro ceramiche,sappiamo che erano artisti,mentre antichi manoscritti li descrivono come mercanti. Entrambe le qualità hanno caratterizzato l'architettura degli edifici di Petra,una meravigliosa serie di templi,tombe e altre costruzioni scolpite nella roccia. Dalla loro base ben nascosta dominarono le vie dei commerci dell'antica Arabia, riscuotendo pedaggi e offrendo rifugio alle carovane cariche di spezie indiane e di sete, di avorio africano e pelli di animali. Passata sotto il dominio romano nel 106 d.C.,Petra continuò a prosperare nel II e nel III secolo avviandosi tuttavia verso un inevitabile declino. Si può dire che in questa città ogni colpo di pala porti alla luce un reperto archeologico. Infatti in questi ultimi anni sono avvenuti molti ritrovamenti,soprattutto lungo il Siq che col passare degli anni era stato sepolto sotto la sabbia e i detriti alluvionali. Nel 1998 una squadra archeologica ha rimosso le macerie dal fondo del Siq,riportando alla luce la pavimentazione originale e le caratteristiche più antiche delle pareti di roccia. Il Siq,allora come oggi,correndo fra due pareti di roccia era la principale via di accesso a Petra. Proprio quando uno inizia a chiedersi se mai finirà il Siq ecco comparire al fondo della stretta gola la sagoma del monumento più importante e bello di Petra, il Tesoro (Khazneh). Come tutti i monumenti di Petra, scavati nella roccia, l'elemento più affascinante è la facciata alta 40 metri Il Siq Il Khazneh (il Tesoro) maestoso edificio intagliato nella roccia rosa Girando la città si scoprono vari sentieri più o meno scoscesi che rivelano centinaia di edifici, facciate, tombe, terme, camere funerarie, templi e suggestivi disegni e bassorilievi. Stupende le tante alture di cui è costituita la città, non tanto per le tombe, le più belle sono nella parte bassa, quanto per i panorami che potrete ammirare durante la camminata. I sentieri sono spettacolari e i passaggi più difficili facilitati da scalini scavati nella roccia. Due panorami dalle alture di Petra Affascinanti sono anche i wadi che dal centro di Petra si estendono in tutte le direzioni.Un tempo questi letti asciutti dei fiumi erano rotte carovaniere lungo le quali un tempo veniva trasportato l'incenso dall'Oman a Gaza e altre merci di grande valore. Negli ultimi anni migliaia di turisti sono venuti a visitare questa splendida città. La Giordania ora è impegnata in una difficile sfida:deve trovare il modo per far si che questo turismo di massa non rovini le caratteristiche che rendono Petra una città particolarissima e senza uguali al mondo ,tanto da far girare le scene finali di "Indiana Jones e l'Ultima Crociata", il mitico film di Spielberg con Harrison Ford e Sean Connery. Il primo a scoprire la città fu l'esploratore svizzero J.L.Burckhardt nel 1812. PALMIRA: Fondata secondo la tradizione da Salomone, re d'Israele. Prospera stazione carovaniera sulla strada tra l'Eufrate e il Mediterraneo, nel I secolo a.C. Palmira divenne un avamposto romano e una grande città-stato dell'impero nel I secolo d.C., raggiungendo la massima potenza sotto Odenato e Zenobia. Alleatosi a Roma, Odenato riconquistò le posizioni strappate ai romani da Shapur I, re della Persia dal 241 al 272 d.C. Assunto il potere in seguito all'assassinio di Odenato, Zenobia tentò di estendere l'influenza di Palmira in Asia Minore e in Egitto, ma fu sconfitta dall'imperatore Aureliano, che nel 272 la catturò e rase al suolo la città. In seguito Palmira fu presa dagli arabi e saccheggiata da Tamerlano. 1)Zenobia Zenobia , Settima(III secolo).Regina di Palmira . Fu la seconda moglie del signore di Palmira Odenato ,che quando morì,forse,non fu estranea . Rimasta vedova trasformò il suo stato in una monarchia,nominò suo figlio Vaballato Augusto e accrebbe i propri domini con l' occupazione dell'Egitto . L'imperatore Gallineo fu costretto a riconoscere il suo potere,ma Aureliano,sconfitte le sue truppe ad Antiochia e a Emesa , conquistò Palmira.La regina e il suo figlio furono imprigionati.Furono risparmiati e venne assegnata a loro una rendita,la villa Adriana presso Tivoli. Morì a Tivoli . 2)La gemma del deserto siriano Il luogo in cui sorse Palmira diventò un importante crocevia al centro del deserto siriano. La posizione geografica vantaggiosa favorì la vocazione del commercio nell'area.La città siriana divenne importante sotto il punto di vista commerciale soprattutto sotto il dominio romano,che iniziò dal 62 a.C per opera di Pompeo. Il commercio carovaniero palmireno riforniva il mondo occidentale e Roma con merci di lusso .In questa zona si commerciavano spezie, pietre e metalli preziosi e tessuti pregiati. I prodotti si trasportavano attraverso vie carovaniere,fiumi e mari .I mercati di Palmira arrivarono addirittura in Egitto ,in Spagna e in Gallia. 3)Città ricca e splendida La grande via carovaniera arrivata in città, diventava una grande e splendida strada colonnata che divideva in due parti il centro cittadino.La strada era decorata da un ampio portico,alto una decina di metri , le cui colonne mantenevano con l'aiuto di mensole 1000 statue,che rappresentavano i personaggi più importanti di Palmira.Superato il colonnato c'è il grande tempio di Bel. Il tempio di BEL sorgeva in una delle aree più antiche della città, era stato eretto al centro di un ampio recinto sacro (205 x 210 m), circondato da un colonnato e da un muro. Sappiamo da fonti storiche che il tempio fu fondato nel 32 d.c. Sopra il tetto del tempio si innalzava una terrazza,decorata da quattro torri angolari. All'interno c'erano le statue del dio BEL e quella della triade Bel,Aglibol,Yarhibol. Inoltre bisogna ricordare altre grandi opere come le terme di Diocleziano,il senato,il serraglio e l' agorà. L' agorà, in una città commerciale come Palmira, è molto importante perché era la sosta dei convogli. 4) IL GRANDE TEMPIO DI BEL Il tempio di Bel (o Baal ) si trovava in una delle aree più antiche di Palmira (Siria).Il tempio era stato costruito al centro di un ampio cortile colonnato.La costruzione che sorgeva su un alto podio , aveva l' accesso su uno dei lati lunghi (circa 205 m ) ed era decorato da maestose colonne con capitelli corinzi rifiniti in bronzo dorato. Un' antica iscrizione testimonia che fu fondato il 6 aprile del 32 d.c. e fu consacrato tra il 32 e il 38 d.c. Sopra al tetto del tempio si innalzava una terrazza, ornata da 4 torrette di forma angolare, il tutto decorato da pinnacoli triangolari. All' interno del tempio una singolare ripartizione della cella presentava due nicchie ove c'erano la statua processionale del dio Bel e quella della triade Bel ,Aglibol e Yarhibol. Con l'avvento della religione islamica il tempio di Bel fu trasformato in una moschea e al suo interno trovarono alloggio i poveri abitanti di Palmira fino al 1930 circa. -IL TETRAPILO E LA PIAZZA DI PALMIRA Tetrapilo = antico monumento romano di forma cubica,con un'entrata per ognuno dei quattro lati. Il tetrapilo di Palmira ( costruito nel II sec. d.c. ) è formato da quattro piedistalli che reggono quattro colonne in granito rosa,provenienti dall'Egitto. In principio ogni piedistallo sosteneva una statua .Esso era situato al centro di una piazza ovoidale, che si trovava all'estremità ovest della via colonnata di Palmira. Non lontano dal tetrapilo sorgeva l' agorà,un ampio spazio rettangolare lungo 84x71 metri circondato da portici colonnati in stile corinzio. In origine,più di 200 statue raffiguranti militari,personaggi importanti e dignitari decoravano le colonne e le nicchie della piazza. BAM: LA FORTEZZA D'ARGILLA Percorrendo la Via della seta è inevitabile non passare da Bam o perlomeno sentirne parlare. Non passa di certo inosservata un'enorme fortezza costruita interamente in argilla, fondata oltre millecinquecento anni fa dai re Sassanidi come fortino su una delle vie carovaniere. Gran parte degli edifici e delle mura ancora in piedi risalgono però al periodo dei Safavidi, tra il 1500 e il 1722 quando a Bam vivevano oltre 10 mila persone. Le sorgenti dell'oasi assicuravano acqua, i palmeti la frescura, le case di fango una vita anche piacevole tra tappeti e merci esotiche che transitavano da Oriente ad Occidente, e viceversa. Nel '72, però, tutto cambiò in modo assai brusco. Dal deserto orientale arrivarono orde di cavalieri che strinsero d'assedio la città, attaccarono le mura, abbatterono le porte e portarono morte e distruzione tra quelle viuzze strette, nei giardini interni. Ammazzarono e rubarono, poi tornarono tra le loro montagne con donne e ricchezze. Dopo molti anni di silenzio che coprirono le rovine di Bam gli abitanti sopravvissuti tornarono a ricostruire le case incendiate e sgretolate, a ripiantare orti e giardini, ad allevare animali: ripresero a vivere. La vita trascorse tranquilla fino al 1810, quando la guerra tornò a seminare morte. Da Occidente (dalle regioni dello Shiraz) giunsero feroci bande di predoni che attaccarono Bam. Fu un colpo durissimo e i sopravvissuti abbandonarono per sempre la città devastata e ormai esposta a tutte le insidie. Se non con le armi, non si poteva vivere più a Bam e fu per questo che i governanti persiani trasformarono la vecchia città in fortezza e attrezzarono una caserma nel castello, che è stata attiva fino agli anni Trenta dello scorso secolo. Poi, circa cinquanta anni fa, il governo iraniano decise di salvare la città di fango avviando un restauro che ha interessato esclusivamente la fortezza vera e propria e gli edifici adiacenti al castello. Fino a due anni fa il resto era completamente sgretolato. Con questi restauri la città aveva assunto un aspetto singolare. Sembrava quasi che un invasore, dopo aver in parte distrutto le difese perimetrali, si fosse infiltrato nei vicoli distruggendo tutto ciò che trovava sul cammino ma che non fosse riuscito ad entrare nella fortezza. Proprio a Bam fu girato il film "il deserto dei Tartari", diretto da Valerio Zurlini, tratto da un capolavoro di Dino Buzzati. Buzzati non visitò mai la città ma quella fortezza e quel deserto sono molto simili a come lo scrittore li aveva immaginati e descritti. UN DESTINO PREVEDIBILE MA INEVITABILE Il 26 dicembre 2003 (erano quasi le 5 e mezza del mattino quando la terra ha cominciato a tremare) una scossa sismica superiore ai sei gradi della scala Richter ha distrutto la fortezza di Bam. Il bilancio è stato catastrofico. I morti sono stati più di 20000, circa 50000 i feriti dei quali molti erano in condizioni disperate. Il giorno del terremoto il numero delle vittime aumentava regolarmente ogni ora e la situazione era disperata. Il giorno dopo la tragedia Mhoammed Khatami ha detto: "Il disastro che ci ha colpito è troppo grande e non possiamo farvi fronte con le nostre risorse. Sono ben accetti gli aiuti provenienti da tutti i Paesi del mondo, tranne che da Israele.". Molte nazioni non hanno esitato ad inviare aerei carichi di squadre di soccorso e beni di prima necessità. Dall'Italia sono partite medicine, tende, coperte, generatori di corrente e depuratori d'acqua potabile. L'UE ha stanziato 800 mila euro in aiuti d'emergenza. Perfino gli USA, che hanno rotto le relazioni diplomatiche con l'Iran nel 1979, dopo la presa di ostaggi all'ambasciata americana a Theran, hanno offerto "assistenza umanitaria". Il presidente Bush, dal suo ranch, ha mandato un messaggio all'Iran: "Il pensiero dei cittadini americani è con le vittime e le loro famiglie. Siamo pronti ad aiutare il popolo iraniano. Molte sono state le immagini tragiche che ci sono giunte dalla televisione e tutti noi italiani, tramite il versamento di un contributo proposto dai telegiornali o grazie alle associazioni di volontariato, abbiamo potuto portare, anche se in piccola parte, un aiuto a quelle persone che hanno vissuto direttamente la catastrofe. RICOSTRUIRLA O LASCIARLA COSÌ? Questo è forse uno dei dilemmi più problematici riguardanti la fortezza. Bisogna riportarla al suo stato originario o lasciarla com'è, tentando di conservarla per il resto dei suoi giorni? Sull'argomento vi sono opinioni contrastanti. Giuseppe Proietti, direttore generale per l'archeologia del ministero ha affermato: "La scuola italiana è sempre molto scettica nelle ricostruzioni quando non sono certi materiali e forme. Ma forse, a Bam, qualcosa è possibile ricostruire integrando le lacune. L'importante è rendere la parte ricostruita riconoscibile. Dopo eventi di questo genere non c'è una regola da seguire: si procede in maniera diversa a seconda dei casi. Chi vorrebbe una ricostruzione com'era e dov'era è l'ex sottosegretario Vittorio Sgarbi. "Ricostruiamo la città nel deserto di Bam. La cittadella non è stata completamente distrutta. È rimasto lo scheletro ed alcune parti sono perfettamente riconoscibili. Un accurato restauro potrebbe far risplendere di nuova luce il fantasma di Bam. Il restauro potrebbe essere affidato all'esperto Paolo Marconi. I lavori di consolidamento e restauro dovrebbero essere effettuati senza stravolgere tecniche, impasti, materiali. Come in passato bisognerebbe utilizzare terra cruda, fango, argilla". Secondo il professore del Politecnico di Milano potrebbero essere ricostruite le mura crollate. Sostiene, infatti, che per noi occidentali ricostruire è falsificare, ma per la cultura locale le cose ricostruite con le loro mani, che portano rughe secolari, e usando gli stessi materiali dei loro padri non sono falsificazioni, bensì conservano il carisma dell'originalità, perché non c'è stata interruzione di tradizione. Il problema, però, di maggior rilievo è la situazione dei superstiti. Senza casa, acqua, cibo e quasi tutti privati di uno o più familiari. Si spera che gli aiuti da parte delle nazioni siano continui perché non bastano pochi giorni per sotterrare una difficoltà così evidente. Perciò non dimentichiamoci della regione della fortezza nel deserto che Marco Polo nel Milione descrisse così: "(.) Quivi nasce le pietre che si chiamano turchese in grande quantità, che si cavano de le montagne; e ànno vene d'acciaio e d'andanico assai. Lavorano bene tutte le cose da cavalieri, freni, selle e tutte le arme e arnesi. Le loro donne lavorano tutte cose a seta e ad oro, a uccelli e a bestie nobilmente (.). Ne le montagne di questa contrada nasce li migliori falconi e li più volanti nel mondo (.): niuno uccello no li campa dinanzi. TEHERAN La città di Teheran, capoluogo di provincia e capitale dell'intero Paese, si estende su di una vasta superficie a partire dal limite meridionale delle montagne dell'Alburz. Situata ad un'altitudine di 1191 metri la città è spesso molto fredda in inverno -la neve è un fenomeno tutt'altro che straordinario-, d'estate invece le precipitazioni sono rare e si raggiungono temperature fin troppo elevate. La primavera e l'autunno sono generalmente periodi abbastanza gradevoli. Teheran conta attualmente oltre 10 milioni di abitanti. Divenuta capitale alla fine del XVIII secolo, ha conosciuto a partire dagli anni 50, con la crescente prosperità dovuta in gran parte al boom del petrolio, uno sviluppo senza precedenti, marcato dalla costruzione di autostrade e di palazzi a molti piani, nonché dal flusso inarrestabile di persone provenienti dalle parti rurali del Paese. Poche sono comunque le tracce che testimoniano i due secoli di vita della città come capitale, al punto che ad ogni costruzione avente più di 50 anni viene attribuito valore storico. In effetti, da due secoli a questa parte, essa è cresciuta all'insegna della più totale assenza di un gusto architettonico: sovraffollamento costante ed evidente mancanza di progetti urbanistici adeguati non possono fare a meno di colpire spiacevolmente il visitatore. Altro dato negativo è la pesante coltre di smog che vi ristagna sopra in maniera permanente, alla formazione della quale contribuisce in modo determinante il traffico spaventoso che intasa ogni giorno le sue strade. Ma, malgrado tutto il trambusto e la frenesia che la caratterizzano, Teheran merita di essere visitata per più di una ragione. Innanzi tutto per la sua numerosissima e composita popolazione: ogni città, ogni etnia dell'Iran vi è rappresentata con le sue particolari tipologie somatiche e culturali. I suoi abitanti sono estremamente amichevoli ed ospitali verso gli stranieri, senza però essere mai invadenti. Qui inoltre vi sono alcuni tra i più ricchi e famosi musei di tutto il Paese, che di sicuro meritano una visita. Non si può tralasciare poi il Bazar, che si estende nel cuore di Teheran, vera e propria città nella città. Infine, potranno contribuire a far apprezzare i lati positivi della città anche i suoi buoni alberghi, l'infinita varietà dei ristoranti e tutte le strutture che sono all'avanguardia rispetto agli standard delle province. Per imparare ad orientarsi in una città vasta e con pochissimi punti di riferimento come Teheran ci vuole veramente molto tempo, anzi si può dire che perdercisi almeno una volta è inevitabile. Se si viaggia soli, diventano a questo punto indispensabili una buona piantina della città, una bussola e magari la conoscenza di alcune frasi in persiano per essere in grado di chiedere alcune informazioni e capire le risposte. La "stella polare" di Teheran, comunque, sono le cime montuose dell'Alburz che si innalzano alle sue spalle e, ovunque ci si trovi, permettono di individuare il nord. Ufficialmente il centro della città è la Meidun-e Emam Khomeini (Piazza Imam Khomeini). Sebbene molti uffici statali si trovino ancora intorno a questa piazza, negli ultimi decenni tutta la zona è diventata sempre più cadente e fuori moda. I quartieri residenziali e commerciali più eleganti si sono gradualmente spostati verso nord e si può dire che, in sostanza, a Teheran non esiste più un centro vero e proprio. La città è divisa in due dalla Kheyabun-e Vali-ye Asr che si estende da nord a sud per alcuni chilometri e dalla Kheyabun-e Enghelab che corre da ovest ad est partendo dal monumento Azadi. La prima cosa della città che vedono i viaggiatori arrivati in aereo è la grande Meidun-e Azadi sovrastata dal monumento Azadi, a forma di Y rovesciata. Da qui si può raggiungere il centro in un'ora circa seguendo la via principale che va da ovest ad est, la già citata Kheyabun-e Enghelab. I quartieri residenziali si trovano tutti nella parte settentrionale di Teheran: più ci si avvicina alle pendici dell'Alburz più gli edifici sono eleganti e viene spontaneo osservare che l'arteria che attraversa la città da est a ovest - Kheyabun-e Enghelab - opera una divisione di classi altrettanto netta. Nel centro della città, poco lontano dalla Meidun-e Emam Khomeini e prossima all'incrocio della Kheyabun-e Enghelab con la Kheyabun-e Vali-ye Asr, merita di essere visitata la Kheyabun-e Ferdosi rinomata per i suoi negozi di tappeti ed artigianato pregiato. La capitale vanta numerosi bellissimi parchi e giardini, assai puliti e ben curati, la magior parte dei quali si trova a nord rispetto al centro. Tra i parchi pubblici più belli ricordiamo il Park-e Sai, alla fine del viale Vali-ye Asr, ombroso di alti alberi e con vista sulle montagne dell'Elburz ed il vasto Park-e Mellat, uno dei più frequentati. Il cuore della vita commerciale di Teheran, e quindi dell'Iran, la piazza in cui vengono stabiliti i prezzi dei generi di prima necessità è il Bazar. Collocato in pieno centro, di fronte alla Meidun-e Emam Khomeini, esso è una vera e propria 'città nella città. Il Bazar è suddiviso in 'strade' e in ognuna di esse si svolge un tipo di commercio diverso: avremo così la strada del rame, dell'oro, delle spezie e dei tappeti, per citarne solo alcune. Benché il Bazar di Teheran non sia mai stato un gioiello dal punto di vista architettonico, non si può lasciare la città senza avere camminato almeno per qualche ora per le sue caotiche stradine. Al suo interno il Bazar comprende più di una dozzina di moschee, pensioni, banche, una chiesa, numerosi punti di ristoro ed una caserma dei pompieri. MUSEI Muze-ye Iran-e Bastan Il Museo Archeologico dell'Iran si trova in Kheyabun-e Shahid Yarjani. Si tratta senza dubbio del più bel museo del Paese, data la quantità e qualità delle testimonianze esposte provenienti da ogni parte dell'Iran. Al piano terra sono esposti reperti appartenenti esclusivamente all'epoca preislamica: notevoli il bassorilievo della sala delle udienze, appartenente al Tesoro di Persepoli, che raffigura il re Dario I e risale al VI sec. a. C. e, ancora da Persepoli, la famosissima iscrizione di Dario in tre lingue, persiano antico, accadico ed elamita. Al primo piano troviamo, tra l'altro, bassorilievi in stucco del IX secolo, porte di legno intagliato risalenti all'XI secolo e numerosi codici miniati. Muze-ye Abgine Situato sul lato orientale della Kheyabun-e 30 Tir, il 'Museo del vetro e della ceramica dell'Iran' è uno dei più interessanti musei di Teheran, sia come monumento storico sia per la collezione degli oggetti esposti. Costruito intorno al 1910, esso è l'esempio più notevole di architettura del periodo cagiaro in tutto il Paese. Visitando questo museo è possibile ripercorrere la storia dell'arte vetraria e della ceramica fin dalle origini, risalenti rispettivamente a 5.000 e 10.000 anni fa. Muze-ye Farsh Il museo dei tappeti, che si trova all'angolo nord-ovest del Park-e Laleh, ospita più di cento esemplari provenienti da tutto il Paese che testimoniano la produzione di tappeti a partire dal XVIII secolo, con qualche esempio più antico. Pur non essendo vastissima, la collezione compensa in qualità ciò che non possiede in quantità ed è una tappa obbligata per gli amanti dei tappeti. Muze-ye Javaherat I gioielli della corona iraniana sono conservati nel caveau della Bank Melli Iran, in Kheyabun-e Ferdosi. Fra i tesori spiccano il trno del pavone incrostato di 26.000 gemme ed il globo terrestre di oro massiccio tempestato di più di 50.000 pietre preziose. Madrase va Masjed-e Sepahsalar Costruita tra il 1878 e il 1890 sotto la dinastia dei Cagiari, la Moschea di Sepahsalar nonché Collegio teologico, rappresenta uno degli esempi più pregevoli di architettura persiana di fine ottocento, con decorazioni su piastrelle particolarmente sfarzose. E' situata sulla Meidun-e Baharestan. Aramgah-e Emam Khomeini L'ultima dimora dell'Imam Khomeini è uno degli edifici più imponenti della storia moderna dell'Islam. Il tempio sorge lungo la strada che collega Qom e Teheran. Cartina Fisica: Home Viaggi Info Affari Geografia Città Prodotti Storia Arte e letteratura E-mail Teheran oggi: La fine di Reza Palhevi Teheran, novembre 1979. Questa DATA è lo spartiacque della storia recente dell'Iran. Infatti, dopo una lunga permanenza al trono, il popolo iraniano decide di cacciare lo scià di Persia Reza Palhevi III e opta per l'introduzione di una repubblica islamica, con un regime teocratico retto da una Guida Suprema e con alcune istituzioni democratiche che prevedono l'elezione popolare del parlamento e del presidente della repubblica. Quindi, l'Iran, per decenni fedele alleato degli Stati Uniti decide di cambiare e, pur senza passare al campo nemico comunista, si schiera decisamente nel campo dei "nemici" degli USA. Sempre nello stesso mese alcuni studenti islamici penetrano nella sede dell'ambasciata americana a Teheran e vi tengono rinchiusi 50 ostaggi per più di un anno. La rivoluzione iraniana ebbe, quindi, sin dai suoi primi giorni un carattere decisamente anti- americano e anti- occidentale. Il principale ispiratore della rivoluzione era un ulema (cioè esperto dei principi della scienza islamica), esiliato dallo scià in Europa per le sue posizioni anti- governative, Ruhollah Khomeini. Dopo la cacciata dello scià Khomeini tornò in Iran e guidò fino alla sua morte (avvenuta nel 1989) la politica iraniana, mandando a morte gli oppositori del suo regime e gettando il paese in una grave situazione di isolamento internazionale. Sunniti e sciiti La rivoluzione khomeinista ha trasformato l'Iran in una repubblica sottoposta alla legge islamica, rompendo cosi con la tradizione, considerata blasfema, della casa regnante che fondava piuttosto il proprio potere nella tradizione della Grande Persia di Ciro il Grande. Fu proprio la decisione di Reza Palhevi di proclamarsi a Persepoli, nel 1971, re dei re e capo supremo degli ariani, investito del potere direttamente da Dio, a scatenare la prima serie di rivolte che ne causarono la caduta. La rivoluzione islamica considerava la pretesa di Palhevi una autentica bestemmia e perciò punibile con la morte. A questo proposito giova ricordare che la grande maggioranza degli iraniani appartiene alla confessione musulmana sciita, opposta alla più diffusa confessione sunnita. La differenza tra le due confessioni si fa normalmente risalire alla fase immediatamente successiva alla morte di Maometto quando, per questioni di successione, si verificarono delle spaccature tra i sostenitori delle opposte fazioni che si contendevano il titolo di legittimo successore del Profeta. Si arrivò a una guerra tra le due fazioni che si concluse con la sconfitta degli sciiti a Kerbala nel 681. Gli sciiti si ritirarono nell'attuale Iran e, in gruppi più ridotti, in Libano, Iraq, Siria e Asia centrale mentre la confessione sunnita si diffuse rapidamente a seguito delle conquiste arabe prima, e turche poi. Gli sciiti hanno una visione profondamente diversa dell'Islam rispetto ai loro correligionari sunniti; per loro il buon musulmano deve lottare contro le ingiustizie, i privilegi e l'oppressione dei poteri costituiti. Al contrario, i sunniti rappresentano il partito della consuetudine (sunna significa consuetudine) e si collocano in una posizione di assoluta obbedienza nei confronti del potere che risulta essere meritevole della più assoluta fedeltà. Quindi, non è errato affermare che fu la stessa origine dell'Islam sciita a provocare la caduta dello scià di Persia, ormai delegittimato agli occhi degli stessi iraniani. La guerra contro l'Iraq e l'11 settembre La guerra scatenata nel 1980 dall'Iraq di Saddam Hussein contro l'Iran per la supremazia nell'area medio- orientale rappresentò un grave colpo per l'economia iraniana già piegata dalle radicali trasformazioni imposte dalla rivoluzione. Eppure, nonostante la guerra, le oscillazioni del prezzo del petrolio e le continue repressioni interne contro gli oppositori del regime, l'Iran riuscì a resistere agli assalti iracheni e ad arrivare ad una tregua nel 1988 che mantenne sostanzialmente inalterate le posizioni dei contendenti. L'Iran non subì particolari conseguenze dalla prima guerra del golfo contro l'Iraq, nel 1991, che lasciò Saddam Hussein al suo posto, ma a seguito degli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti del 2001 e le successive guerre in Afghanistan e Iraq, la posizione internazionale di Teheran ha subito delle profonde modifiche. Nella lotta mondiale contro il terrorismo scatenata dal presidente americano Bush, l'Iran è stato inserito nell'ormai famoso "asse del male", insieme a Siria, Corea del nord, cioè stati "canaglia", pericolosi per gli interessi americani e occidentali nel mondo. Ciò, nonostante l'Iran si sia decisamente schierato a fianco della coalizione contro il terrorismo e abbia fornito delle importanti informazioni agli Stati Uniti riguardanti pericolosi terroristi internazionali. Addirittura, l'Iran ha mantenuto una benevola tolleranza nei recenti avvenimenti bellici in Iraq, chiudendo gli occhi di fronte alle palesi violazioni americane dello spazio aereo e navale iraniano. Ma l'Iran rimane, per le strategie della Casa Bianca, un pericoloso nemico, non solo per il suo regime antidemocratico, ma anche per il recente piano di sviluppo nucleare che Teheran ha adottato. La vittoria americana contro il dittatore iracheno ha radicalmente modificato la posizione dell'Iran che si trova, ora, a dover affrontare la presenza forte degli Stati Uniti in un paese confinante. Già prima dello scoppio delle ostilità in Iraq, l'Iran aveva cercato di tutelarsi da una eventuale supremazia americana puntando sulla conclusione di due importanti accordi: un'alleanza difensiva con alcuni stati del Caucaso e un accordo commerciale con l'Unione Europea. Il primo accordo prevedeva la conclusione di una alleanza difensiva con alcuni stati del Caucaso, in particolare Armenia, Azerbaijan e Georgia che sarebbe stata estesa anche a Russia e Turchia. Questo era il senso del viaggio che il ministro degli esteri iraniano aveva effettuato, ad aprile, in Armenia. Tuttavia, pur apprezzando l'offerta del governo iraniano, i ministri dei tre paesi caucasici coinvolti hanno rigettato il progetto, preferendo puntare al rafforzamento delle loro relazioni con la NATO e con gli Stati Uniti, partner più affidabili nel rafforzamento dei progetti di sicurezza dell'area. Il fallimento del progetto di alleanza iraniano, l'inizio delle ostilità in Iraq e il crescente malcontento popolare verso i programmi di riforma del presidente Khatami hanno spinto Teheran a puntare su un modello di difesa basato sugli armamenti nucleari. E' iniziata cosi, una corsa al riarmo da parte dell'Iran che ha sollevato preoccupazioni e malumori in tutta la comunità internazionale. Il progetto di Teheran è semplice: dotare il paese di armamenti nucleari in modo da respingere un eventuale primo attacco da parte americana e, allo stesso tempo, ridurre il budget normalmente riservato alle spese militari convenzionali e utilizzare il risparmio di spesa per migliorare le condizioni sociali di vasti strati di popolazione, riducendo cosi le proteste popolari. Però, cosi facendo, il governo rischia di distruggere un paziente lavoro di ricostruzione della credibilità internazionale del paese, iniziato dal presidente Khatami. L'Unione Europea, infatti, sta pensando di congelare le discussioni relative all'accordo commerciale con l'Iran, molto vantaggioso per Teheran, mentre gli Stati Uniti stanno alzando il livello di guardia e parlano ormai apertamente di "pericolo iraniano". Le mancate promesse di Khatami Il moderato Khatami è stato eletto alla presidenza della repubblica nel 1997, sull'onda di un entusiasmo popolare quale mai si era visto dai tempi della cacciata dello scià. Khatami rappresentava l'elemento di frattura con il regime dittatoriale teocratico e di contrapposizione all'ala più radicale dei partiti religiosi, ma si trattava di una frattura "morbida" rispetto all'establishment religioso. Khatami si rendeva conto che le sue possibilità di successo nelle riforme risiedevano nel formale rispetto del sistema teocratico istituito da Khomeini e protetto dai guardiani della rivoluzione, i pasdaran, custodi gelosi della purezza dell'insegnamento khomeinista. Khatami è riuscito ad introdurre delle modifiche sostanziali relative alla condizione delle donne e alla libertà di stampa e opinione, ma non è riuscito a farsi attribuire maggiori poteri, contro gli ayatollah. Infatti, due proposte di legge in materia sono state bloccate dalle autorità religiose proprio perché considerate contrarie al regime. Le promesse di Khatami avevano reso possibile una riconciliazione fra i vari gruppi di opposizione al regime che, pur controllando ufficialmente il parlamento e la presidenza, di fatto sono soffocati dai movimenti ultra- reazionari; ma il fallimento di Khatami ha riacceso i contrasti, al punto che i gruppi in questione non sono nemmeno riusciti ad accordarsi sulla convocazione di un congresso comune. Ciò facilita naturalmente l'azione dei religiosi che sperano in un ulteriore approfondimento della frattura tra i movimenti riformisti più moderati, come l'Associazione del clero militante e il Kargozaran e quelli più violenti, come il Mosharekat, guidato dal fratello di Khatami e apertamente accusato di voler dominare il movimento riformista. La situazione è ulteriormente aggravata dalla presenza di altri gruppi di opposizione alla politica degli ayatollah, come il Mujahidin-e-Khalq o Mujahideen del popolo, con sedi sparse in mezza Europa. Il Mujahideen, pur godendo di un notevole supporto al di fuori dell'Iran, non è riuscito a coagulare attorno a sé il consenso necessario per formare una vera alternativa al governo iraniano. I suoi membri sono stati accusati di aver ricevuto finanziamenti dal nemico storico del popolo iraniano, Saddam Hussein e perciò non sono ben considerati neppure dalle frange più estremiste dei gruppi di opposizione, nonostante le recenti tragiche manifestazioni di protesta inscenate in molte città europee. Teheran oggi L'Iran sta probabilmente vivendo uno dei periodi più delicati della sua recente storia. Mentre il governo si sforza di presentare al mondo la parte pacifica e riformista, di fatto deve fare i conti con una situazione internazionale molto negativa. Gli Stati Uniti sono alle porte e non hanno fatto mistero della loro volontà di vedere un cambio di regime a Teheran, come ha dimostrato il presidente Bush appoggiando apertamente le manifestazioni studentesche. Ai propri confini l'Iran deve fare i conti con una serie di stati che sono alleati o stretti collaboratori degli Stati Uniti e la stessa Europa non vede di buon occhio il programma nucleare iraniano. Sul piano interno stanno continuando gli scontri con gli studenti che chiedono maggiore democrazia e controllo sull'operato dei propri governanti. In questo senso significativo è il manifesto firmato da 248 intellettuali, giornalisti e pubblici funzionari che chiedono il riconoscimento del diritto del popolo di controllare l'operato dei loro governanti, in particolar modo della Guida Suprema della repubblica, un religioso teoricamente eletto dai rappresentanti del popolo, ma di fatto assolutamente indipendente. Ma la destra religiosa è ancora molto potente in vasti strati dell'establishment politico ed economico e una larga parte della popolazione preferisce continuare a vivere sotto la legge islamica che tentare l'avventura democratica. A Teheran si sono addirittura formati dei gruppi spontanei di vigilantes, di solito giovani studenti, che aggrediscono, con il benevolo appoggio della polizia e dell'esercito, i loro colleghi che manifestano per la democrazia e la libertà. Ciò ha spinto un gruppo di parlamentari iraniani (166 su un numero totale di 290 parlamentari) ad adottare una risoluzione di condanna delle violenze degli estremisti ultra- religiosi, accusati di voler gettare discredito sul movimento studentesco. Gesto nobile, di estremo coraggio tenuto conto della situazione iraniana in cui anche i più elementari diritti del cittadino vengono impunemente calpestati dagli sgherri del regime. Come i recenti arresti ordinati dalla magistratura di regime a carico di esponenti riformisti in vista delle manifestazioni annunciate per il 9 luglio, quarto anniversario dell'assalto della polizia a un dormitorio universitario che ha provocato i primi violenti scontri con i manifestanti. Gli arresti sono stati ordinati sulla base di prove artificialmente costruite dalla magistratura che però rischiano di mandare a morte parecchie persone se verrà ufficialmente formalizzata nei loro confronti l'accusa di "aver dichiarato guerra a Dio". Un cambio di regime a Teheran, quindi, sebbene auspicabile, non è attualmente fattibile, anche perché gli eventuali successori al potere, tra i quali vi è lo stesso figlio dello scià deposto, non godono di vasto consenso popolare. In definitiva risulta molto difficile prevedere l'esito delle contestazioni giovanili di Teheran. Molto dipenderà dalla situazione internazionale; per evitare di dover combattere su due fronti, interno ed esterno, il regime iraniano potrebbe essere costretto a fare delle concessioni alle esigenze di democrazia della popolazione. Ciò rappresenterebbe un piccolo successo, una goccia nel mare, ma permetterebbe di provocare nel regime una piccola spaccatura, destinata ad allargarsi sempre di più. RUHOLLAH M. KHOMEINI: Nato nel 1902, è lui la guida della rivolta sciita iraniana contro lo scià Reza Pahlevi. Studiò nella città santa di Qom e assistette alla profanazione della moschea di Fatima ad opera del fondatore della stessa dinastia dei Pahlevi, Reza Khan, nel 1927. Sempre in opposizione alla occidentalizzazione dell'Iran, l'Imam già capiva quali danni sociali avrebbe potuto creare uno shock tecnologico, per non parlare poi della perdita delle radici culturali che si sarebbero confuse in mezzo a tanta "modernità". Tutto ha inizio nel 1935, quando lo Scià Reza Shah accusato di germanofilia, e dopo avere coinvolto il Paese nella seconda guerra mondiale, abdicò in favore del figlio Mohammad Reza, ritirandosi di fronte alla duplice occupazione anglo-russa. Cessata l'occupazione, l'Iran ebbe inizialmente una ripresa costituzionale e di libertà democratiche, subito soppresse però da Mohammad Reza. Ma una sorta di unanimità nazionale si costituì sul problema dell'indipendenza economica, culminata nella nazionalizzazione del petrolio e nel conflitto con la Gran Bretagna (1950-51). La vittoria ottenuta dal primo ministro M.H. Mussadeq (1951/53) con l'estromissione degli inglesi apriva nuove possibilità. Una grave crisi politica generata dal contrasto tra lo scià e il primo ministro si concluse nella primavera del 1953 con la caduta di Mussadeq: lo scià Mohammad Reza cominciò così ad assumere un ruolo sempre più attivo nell'amministrazione dello stato grazie al cospicuo aiuto finanziario degli stati Uniti, in modo che l'Iran fu posto in condizioni di superare le gravi difficoltà finanziarie, poi ancor più sistemate grazie agli introiti derivanti dal petrolio. Nel complesso, dunque, si può dire che a quell'epoca l'Iran aveva senza dubbio un orientamento decisamente filo-occidentale. Per altri versi, però, i cambiamenti avvenuti nella società iraniana erano del tutto insoddisfacenti. Ad esempio, la sperequazione sociale tendeva ad aumentare, escludendo dai profitti non solo gli strati popolari e la classe operaia, ma anche i ceti medi, professionisti e commercianti, già privati dell'accesso a qualsiasi forma di potere decisionale. A tutto ciò faceva riscontro una durissima repressione sulla vita culturale e politica del Paese da parte dello Scià. A partire dal 1977 si verificò una forte crescita del movimento di opposizione al regime, la cui direzione venne rapidamente conquistata dai religiosi sciiti dell'Ayatollah Khomeini che, a seguito della sua attività di opposizione era stato precedentemente arrestato ed espulso. Trovato rifugio in Francia, da lì continuava a produrre discorsi che poi faceva pervenire nel suo Paese, a sostegno di coloro che, dall'interno, lottavano contro il regime dispotico dei Pahlevi. Nell'autunno 1978, nonostante sanguinose repressioni, lo scià si vide costretto a lasciare l'Iran mentre l'esercito si disgregava. Nel 1979 lo scià venne definitivamente deposto e Khomeini poté così insediare una Repubblica islamica. Il suo ritorno fu salutato da esplosioni di gioia tra gli sciiti. L'ayatollah nominò un governo provvisorio e assunse la direzione effettiva del Paese. Il 1° aprile, a seguito di referendum, fu proclamata la Repubblica Islamica dell'Iran e in dicembre un altro referendum approvò una nuova costituzione che prevedeva una guida religiosa del paese (tale carica fu attribuita a vita a Khomeini). Intanto, nel settembre 1980 l'Iraq diede inizio alle ostilità contro l'Iran, riaprendo antiche questioni territoriali. L'offensiva venne bloccata e diede origine ad un sanguinoso conflitto terminato solo nel 1998. All'interno del Paese, intanto, le elezioni del 1980 videro la vittoria del Partito repubblicano islamico (PRI). Le elezioni legislative del 1984 sancirono il carattere di stato a partito unico ormai assunto di fatto dall'Iran, ma nel 1987 anche il PRI veniva sciolto dall'Ayatollah Khomeini, che dichiarava esauriti i suoi compiti. Dal 1988 pertanto, le elezioni videro la partecipazione di candidati non più legati a vincoli di partito, anche se facenti parte a gruppi e correnti diverse nell'ambito del regime islamico. Le elezioni presidenziali dell'agosto 1985 confermarono capo dello stato Ali Khamenei (eletto per la prima volta nel 1981); nel 1989 questi succedeva a Khomeini, morto in giugno, quale guida religiosa del Paese, e, alla presidenza della Repubblica, veniva eletto A. RafsanJani. Una riforma costituzionale, approvata tramite referendum nello stesso anno, aboliva la carica di primo ministro e rafforzava i poteri presidenziali. I negoziati di pace tra Iran e Iraq, avviati dopo il cessate il fuoco dell'agosto 1989, rimasero di fatto bloccati fino all'agosto 1990, quando la crisi internazionale apertasi con l'occupazione del Kuwait da parte dell'esercito iracheno induceva Baghdad a riconoscere la sovranità iraniana su alcuni territori. Ciò consentì la riapertura di relazioni diplomatiche fra i due paesi nel settembre del 1990. A partire dal 1997 la carica di presidente della Repubblica è ricoperta da Mohammad Khatami. XI'AN Xi'an Hsian o Sian è una città della Cina centrorientale. Capitale della provincia di Shanxi (Shensi), è il centro culturale e industriale della valle del fiume Wei-Ho, ricca regione agricola. Negli anni Cinquanta ebbe inizio la rapida industrializzazione della città;le attività locali comprendono industrie tessili, metalmeccaniche, siderurgiche, chimiche e grafiche; vi si produce porcellana. E' sede dell'università Jiaotong, di un politecnico, di istituzioni culturali e biblioteche. E' servita da un aeroporto. Tra i monumenti di maggiore interesse si ricordano la tomba, di recente ritrovamento, del primo imperatore della Cina, Shi Huangdi, il museo della provincia di Shanxi, pagode risalenti al VII secolo, la grande moschea musulmana Qingzhen e le mura cittadine risalenti alla dinastia Ming. Xi'an, una delle più antiche città della Cina, fu capitale delle dinastie Chou, Qin, della prima dinastia Han, degli imperatori Sui e, con il nome di Changan, fu la capitale e la fiorente meta delle rotte commerciali dell'Asia centrale sotto i Tang. Abbandonata come capitale dopo la caduta della dinastia Tang, attraversò un lungo periodo di declino che durò fino alla dinastia Ming. Nel 1936 il leader nazionalista cinese Chiang Kai Shek venne rapito e tenuto prigioniero a Xi'an sino a che acconsentì a unirsi ai comunisti in un fronte unico contro i giapponesi. Shi Huangdi (259-210 a.C.) fu il primo imperatore della Cina e fondò la dinastia Qin. Salì al trono dello stato feudale di Qin nel 246 a.C., completò il processo di unificazione iniziato dai suoi predecessori sottomettendo agli altri stati e autoproclamandosi imperatore della Cina ne1221. Dopo aver cacciato i nobili dalla capitale e aver tolto loro ogni potere, suddivise il paese in 36 regioni, retta ognuna da un governatore. Il potere fu centralizzato tramite un sistema monetario unificato, una lingua e una legislazione comuni a tutto l'impero; per difendere il territorio dalle incursioni degli Unni, venne iniziata la costruzione dei primo tratto della Grande Muraglia. Alla morte, nel 240 a.C., il primo imperatore fu sepolto nei pressi dell'odierna Xi'an in un mausoleo simbolicamente difeso da un esercito di 6000 guerrieri di terracotta a grandezza naturale. L'armata di terracotta fu scoperta a Qin nel 1974 da alcuni contadini che stavano scavando un pozzo. Le statue si trovavano in una camera sotterranea, rivolte verso est e pronte al combattimento. Rappresentano probabilmente persone esistite nella realtà, e sono accompagnate da carri reali con briglie di bronzo e cuoio, e oggetti di giada e osso. Le armi comprendono archi, frecce, lance e spade di una lega che si è mantenuta incredibilmente lucida e tagliente. La tomba risale a circa 2100 anni fa e pare contenesse oggetti funebri che coprivano un'area di 50 km2 , come affermano anche scritture cinesi che descrivono un grande palazzo costruito sotto un tumulo per ospitare l'imperatore morto. La tomba vera e propria non è ancora stata dissotterrata, ma altri ritrovamenti comprendono una serie di grandi bronzi - i più antichi conosciuti in Cina - e oltre settanta sepolture. La Grande Muraglia cinese si snoda per circa 6000 km nella zona settentrionale e nordoccidentale della Cina, da Qinhuang, sul golfo di Bo Hai, a est, fino alle vicinanze di Gaodai, nella provincia del Gansu, a ovest, con una ramificazione interna che corre verso sud dalle vicinanze di Pechino fino quasi ad Handan. E' l'unica costruzione dell'uomo visibile dallo Spazio, La porzione più estesa, di circa 2000 km, fu edificata durante il regno del primo imperatore cinese Shi Huangdi, a partire dal 220 a.C. ca., precedentemente erano state erette fortificazioni minori. Nei secoli seguenti, specie durante la dinastia Ming, si riedificarono in muratura i precedenti terrapieni e la Grande Muraglia fu estesa seguendo il corso dei fiumi e conformandosi al profilo delle montagne e delle vallate. Nella zona orientale per molte centinaia di chilometri la fortificazione è rimasta intatta. I MEZZI DI TRASPORTO: LE CAROVANE ü Gli ostacoli naturali Quella che anticamente veniva chiamata la "Via della seta", era in realtà formata da un'insieme di piste carovaniere che attraversava montagne, steppe e deserti, con delle diramazioni che si infittivano man mano ci si avvicinava all'occidente: qui infatti gli stati erano già più numerosi e piccoli, e le condizioni ambientali permettevano ai viaggiatori di scegliere tra diversi itinerari. Spesso queste vie, poco più che semplici sentieri, dovevano essere ri-tracciate dai viaggiatori perché cancellate dalla pioggia o dalla neve. Per i mercanti non era semplice affrontare un viaggio lungo queste piste. Uno dei problemi maggiori era costituito dagli ostacoli naturali. I sentieri lungo la montagna , ad esempio, erano stretti e scoscesi, difficili da seguire per uomini e animali, soprattutto con maltempo. Nei deserti invece era facile perdere l'orientamento, si rischiava di essere sorpresi da tempeste di sabbia e le condizioni climatiche erano difficili: caldo di giorno e freddo di notte. Era in ogni caso consigliabile viaggiare nottetempo, in modo da potersi orientare con le stelle. Un altro ostacolo naturale era rappresentato dai corsi d'acqua, che erano attraversabili solo grazie ad un ponte o ad un guado. ü Composizione della carovana Anticamente le carovane erano composte da circa 100-500 persone. Era infatti consigliabile spostarsi in gruppo e armati, poiché le piste carovaniere erano frequentate da briganti e saccheggiatori . Per percorrere il tragitto dallo Xi' an al Mar Nero una carovana impiegava teoricamente otto mesi. Ma la distanza compiuta in un giorno dipendeva dal mezzo di trasporto utilizzato. A cavallo si possono percorrere da 30 a 50 Km al giorno, mentre in nave da 170 a 250 Km in 24 ore. I viaggiatori però il più delle volte camminavano a fianco degli animali, i quali portavano le merci. Così una carovana di cavalli o di muli, dove i viaggiatori camminano con un passo regolare, percorreva 4Km/h e la media giornaliera, camminando 10h al giorno, è di circa 25-30 Km. In una carovana potevano esserci diversi animali da trasporto : buoi, cavalli, muli, yack, cammelli e dromedari. I DROMEDARI ED I CAMMELLI I cammelli della Battriana furono addomesticati da popolazioni nomadi dell'Asia Centrale, mentre i dromedari dagli Arabi, forse nel II millennio a.C.. Questi animali detti "navi del deserto", possono percorrere lunghe distanze in luoghi secchi ed aridi, rimanendo anche per giorni senza bere e mangiando poco. I dromedari, adatti ai deserti caldi, possono resistere sino a 17 giorni senza acqua, cibandosi solo di erbe secche. Questo grazie alle cavità presenti nel loro stomaco, che sfruttano come "magazzino" di cibo e acqua. Un'altra importante riserva è situata nella gobba sotto forma di grassi. Le lunghe ciglia proteggono gli occhi dei cammelli dalle tempeste di sabbia; quest'animale poteva fornire inoltre ai viaggiatori latte e lana. Il suo unico difetto è di mal sopportare il freddo. A questi climi ed alle grandi altitudini erano più adatti invece i cammelli della Battriana, dal pelo lungo, utilizzati dalla parte orientale della via della seta, dal deserto del Taklimakan al Pamir, essi possono portare fino a 150Kg di merce. I muli ed i dromedari erano invece utilizzati nella parte occidentale della via. Sia i cammelli sia i dromedari, sono inoltre capaci di trasportare carichi più pesanti dei cavalli su tragitti più lunghi : arrivano infatti a percorre 50Km al giorno. GLI YACK Lo yack è l'animale ideale per attraversare l'altopiano del Pamir; e questo è dovuto sia per il suo carattere che per la sua conformazione fisica : è perseverante, relativamente docile, flessibile, resistente al freddo e ai malesseri dovuti all'altitudine e al freddo, grazie al cuore e ai polmoni particolarmente sviluppati. Può trasportare sino a 130 Kg di merce. In ultimo lo yack fornisce latte e il suo sterco seccato era utilizzato per accendere falò con i quali i mercati potevano riscaldarsi o cuocere il cibo. I CAVALLI Il cavallo è un'animale molto importante nella storia culturale cinese, infatti nella mitologia corrisponde al drago, ed è quindi associato al fuoco ed al simbolo maschile yang. Fu addomesticato in Cina all'epoca neolitica e la nascita della cavalleria risale all'incrocio di tre razze : Han, Mongola e Katka. Inizialmente i cavalli erano piccoli di struttura , più simili ai poney. Il passaggio ai cavalli più grandi si deve ad una vicenda storica. In origine infatti il commercio della seta veniva praticato solo tra la frontiera orientale e quella occidentale dell'Impero cinese. Poi, siccome delle tribù del Xiongnu valicavano la grande muraglia per assalire le carovane, l'Imperatore Wou Ti della dinastia Han estese le sue linee difensive per proteggere le carovane e si alleò con popolazioni dell'Asia Centrale, prolungando sino in quei luoghi le vie commerciali per tenere sotto controllo le piccole tribù. L'imperatore si procurò inoltre tramite l'ambasciatore Zhang Qian, i Tianma, detti "cavalli celesti", vale a dire cavalli abbastanza alti e robusti da poter portare un'armatura, che erano allevati oltre i monti Tian Shan, nella valle del Ferghana. LE VIE MARITTIME Le vie marine attraverso le quali veniva trasportata la seta, sviluppatesi a partire dal II secolo a.C., furono considerate fino all'inizio dell'epoca moderna le più rapide e più comode, ma non le meno pericolose.Viaggiando per mare infatti bisognava stare attenti ai venti,alle correnti marine e soprattutto ai pirati, che assalivano le navi nei mari della Cina, nel golfo del Bengala o lungo le coste arabe e africane.Restavano comunque molto vantaggiose per la minor durata del viaggio:ci volevano circa otto mesi per andare dalla Cina all'Egitto e ritorno, navigando sia di giorno che di notte.Tra i vari tipi di imbarcazioni la più diffusa nel Mediterraneo era la galera, che era stretta, bassa e rapida, ma non poteva trasportare grandi carichi in quanto i rematori occupavano molto spazio all'interno della nave. I velieri a chiglia tonda erano più adatti al trasporto di grandi quantità di merci, fino a 500 tonnellate. I porti più importanti erano Canton, Zaitoun, Quinsay in Cina, e Cambay, Thana e Calcutta in India. Le navi di preferenza circumnavigavano le coste e solo di rado attraversavano il golfo del Bengala in linea retta. Fino al VII sec. furono delle navi indiane a trasportare le merci tra Cina e Arabia, ma l'equipaggio era formato principalmente da Malesi,Coreani e da uomini provenienti dalle isole del Sud-Est Asiatico. Dal VII sec. in poi si affermarono sempre di più le navi arabe.

 
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